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Jaco Pastorius Una vita infranta A. D. (2009)

Jaco Pastorius Una Vita Infranta

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Nessun uomo dovrebbe vivere senza aver sperimentato almeno una volta la sana anche se noiosa solitudine di una dimora tra i boschi, scoprire di dover dipendere solo da se stessi, e per questo tirar fuori la vera forza interiore. J. Kerouac

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A. D. (2009)

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A. D.

Jaco Pastorius

Una vita infranta

"Solo coloro che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo

lo cambiano davvero" Einstain A.

Nessun uomo dovrebbe vivere senza aver sperimentato almeno

una volta la sana anche se noiosa solitudine di una dimora

tra i boschi, scoprire di dover dipendere solo da se stessi,

e per questo tirar fuori la vera forza interiore.

J. Kerouac

1a edizione : gennaio 2009

Copyryght @ by A. D. - E’ vietata la riproduzione,anche se parziale.

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Ho cominciato a bere, a bere esageratamente ed ho perso il mio lavoro, mia moglie se ne è andata; nulla contava più per me a parte il bere mattina,pomeriggio e sera. Dalla mattina alla sera ero sempre ubriaco. Era terribile. Un giorno ho capito che stavo per morire e questo pensiero mi faceva sentire felice,non mi spaventava affatto. Volevo che succedesse molto presto. Così ho cercato la morte. E’ la verità! Ho cominciato a cercare la morte. Litigavo con la polizia, molestavo la gente, i miei vicini; mi picchiavano, mi ferivano, io dormivo nei portoni ed ero sempre negli ospedali perché mi picchiavano a sangue, niente, continuavo a vivere. A casa come un cane randagio mi leccavo le ferite, ma poi continuavo a vivere. Pero' avevo paura di buttarmi sotto un treno,dalla finestra, insomma di questo avevo paura. Un giorno ero su un treno completamente ubriaco, ero sporco, puzzavo, il treno era pieno ed ho cominciato a dare fastidio a tutti, urlavo, bestemmiavo e sapete: guardavo me stesso ed ero soddisfatto del mio stato di degrado, sì soddisfatto. Soltanto una cosa desideravo davvero: che qualcuno esasperato mi afferrasse e mi buttasse giu’ dal treno in corsa, volevo che il mio cervello si spappolasse sui binari. No, nessuno fiatava, giravano lo sguardo e rimanevano in silenzio a parte una donna che era con una bambina di cinque anni. Ho sentito la bambina dire “mamma quel signore è pazzo, ho paura” e quella donna risponderle “no, non è pazzo sta solo tanto male”……… io dovevo morire, solo, in mezzo ai rifiuti, ma non sono morto perché una sola persona, una sola è stata meno superficiale di tutte le altre e non mi ha lasciato morire nel degrado e nella solitudine. Ora è tutto! (Tratto da "Twelve Angry Men" di Reginald Rose)

E’ ancora tangibile il successo mondiale che Jaco aveva raggiunto e che ancora mantiene Ho cercato per mesi documenti, notizie, curiosità, eventi e tutto quello che poteva servire a tracciare un profilo “veritiero” su Pastorius detto Jaco., ci sono numerosissimi blog, forum, siti a lui dedicati. Questo “Portrait of Jaco: Una vita infranta” è un tentativo per testimoniare il contagio musicale che ancora oggi trasmette, la sua bravura e la sua unicità anche se triste come finale. Questo libro, non vuol essere un saggio, quello lo ha già scritto Bill Milkowski confessandovi di non averlo letto (volutamente), perché volevo conoscere a fondo la psicologia di Jaco Pastorius senza farmi influenzare da chi sicuramente lo conosceva meglio di me, volevo farmene una mia idea scrivendo (ascoltando tutta la sua discografia in mio possesso) e darla a tutti coloro che ancora lo seguono o che si avvicinano a lui, cioè volevo scrivere una “Webiografia”, facilitare il compito a chi vuole conoscerlo, trovare quasi tutto raccolto in una sola Webiografia…..la prima mai scritta, dove le singole testimonianze sono i vari pezzetti che la compongono: ognuno di essi contribuisce alla realizzazione dell’insieme ed individualmente ne danno una descrizione particolare e soggettiva.

La vita di Jaco raccontata da un fan appassionato, che ha cercato di raccogliere i racconti, le curiosità, gli incontri di tutti quelli che lo amavano e che ancor oggi lo amano.

Ma iniziamo la storia.

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La fine del grande bassista Jaco Pastorius arrivò la notte del 12 settembre 1987, nella sua Fort Lauderdale. Quella sera, dopo aver interrotto più volte un concerto di Santana al Sunrise Music Theatre ed esserne stato allontanato, vagò per tutta la notte, approdando infine all’ingresso del Midnight Bottle Club, un locale alla periferia della città. Nonostante l’entrata fosse riservata ai soli soci del club, Jaco voleva assolutamente entrarvi: i suoi ripetuti tentativi furono però interrotti definitivamente dal proprietario del locale Luc Havan, esperto di arti marziali, che lo atterrò con diversi colpi di karate. Quando la polizia arrivò sul posto Jaco steso a terra, era ancora vivo, con il cranio fratturato e con gravi ferite. Con queste tre colonne in un piccolo articolo fu segnalato l’accaduto: “Jaco Pastorius,35 anni, rinomato bassista Jazz“. A Wilton Manor, in Florida, una piccola città vicino a Fort Lauderdale, un detective descrive la morte di un ex bassista jazz del gruppo Weather Report come un omicidio” - newspaper report

“Odio le persone che affermano che Jaco è morto di droga o alcol. Egli è stato assassinato! E credo che dal profondo del mio cuore che sarebbe stato sufficiente un giorno di trattamento per il suo disturbo bipolare per tornare nuovamente se stesso. Purtroppo, questa possibilità non gli è stata concessa . " - [Tracy Pastorius]

“ Jaco fu picchiato a morte da un buttafuori, al Midnight Bottle Club. Il club era di proprietà della famiglia del buttafuori Luc Havan. Jaco era ubriaco e voleva entrare nel locale, ma non glielo ha consentito . Il buttafuori si è innervosito perché Jaco tirava calci sulla porta per entrare ma lui lo ha cacciato fracassandogli il cranio”, (è’ il commento di Tracy, pubblicato fa sul sito: jacopastorius.com/forum.) Jaco non tentò nemmeno di lottare - fu una esecuzione. La polizia, accorsa sul posto, trovò Jaco riverso a terra in una pozza di sangue con il cranio fracassato e varie emorragie interne. Alle 4:20 del mattino fu portato al Broward County Hospital già in coma , e dopo nove giorni di coma il 21 settembre fu dichiarato clinicamente morto al sopraggiungere di un ictus. Dal momento che non era sposato, i suoi poveri genitori hanno dovuto prendere la decisione di disattivare il mantenimento in vita. E 'stata una terribile notte. Sul certificato di morte fu scritto "causa:omicidio" Pastorius morì a soli 35 anni ed il mondo della musica perse uno dei più talentuosi bassisti della sua storia.

Luc Havan fu arrestato per omicidio di secondo grado e condannato a ventidue mesi di carcere e cinque anni di libertà vigilata. Dopo quattro mesi fu rilasciato per buona condotta. Tuttavia, la contea di Broward D.A. in seguito ha negoziato l’omicidio di primo grado con l’omicidio colposo. Luc Haven (il buttafuori) è stato tenuto solo 4 mesi in carcere. Ingrid, la seconda moglie di Jaco, affermò: “Luc Haven ha trascorso un mese in carcere per ciascuno dei figli di Jaco lasciatosi alle spalle”.

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Ma chi era Jaco Pastorius? Perché dopo 21 anni dalla sua morte ancora se ne parla e lo si rimpiange?

John Francis Pastorius III nato a Norristown -Pennsylvania, il 1° dicembre del 1951. A sette anni si trasferì con la madre e due fratelli più giovani a Fort Lauderdale in Florida. . Suo padre Jack era un batterista e cantante, il nonno un batterista: Jaco è immerso nella musica da sempre. Cresce concentrato e appassionato, dedicandosi a musica e sport; eclettico, geniale, scherzoso, interessato a tutti i tipi di musica, attento alla spiritualità delle cose. Jimi Hendrix ed Elvis Presley, Stravinsky e Max Roach, i Beatles e gli standards del jazz, Cannonball Adderley e i Rolling Stones, un immenso rispetto della tradizione jazzistica ed un approccio di "fusione" ed apertura mentale massima. L'amore per la musica caraibica lo sviluppò lavorando su navi da crociera nella Florida del sud e in crociere settimanali in Messico, Giamaica, Haiti, Bahamas. I suoni caraibici, le percussioni cubane e soprattutto il rhythm’n’blues della penisola influirono sul piccolo “Jacko” (come veniva chiamato), che si dedicava alla musica suonando la batteria, sulle orme del padre, batterista jazz. A 13 anni (siamo nel 1964) però si ruppe il polso giocando a football, altra sua grande passione, e passò al basso elettrico: Imparò a suonare anche il pianoforte, il sassofono e la chitarra, ascoltando musicisti locali in Florida, come il leggendario sassofonista e trombettista Ira Sullivan. Il suo primo gruppo, i Sonics, lo formò proprio a quest'età. A 15 anni (1966) suonava la batteria in un gruppo che faceva covers di Aretha Franklin, Wilson Pickett e James Brown, i "Las Olas Brass", una band di ottoni di 9 elementi e quando fu sostituito da Rich Franks gli si offrì l'opportunità di imbracciare il basso elettrico. I progressi furono incredibili: il fratello Rory racconta che già a 16 anni (1967) Jaco era il miglior bassista elettrico nella Florida del sud, ed a 17 (1968) era già il miglior bassista in tutta la Florida. Aveva già tra le dita i semi di quello che sarebbe diventato "Continuum"; una delle sue migliori composizioni.Nel frattempo il primo strumento comprato a 13 anni in un mercatino dell’usato per 15 dollari, lo sostituirà a 19 anni (1970) con un Fender Jazz Precision del ’62, che priverà dei tasti e ridipingerà con vernice impermeabile per barche, convertendolo in fretless (senza tasti) e dotandolo di un suono profondo e vibrante. All'età di diciotto anni, la compagna Tracy gli dà notizia di essere incinta e sorge la necessità di un lavoro regolare. Poco prima che nasca Mary, Pastorius rischia grosso investendo tutti i risparmi già destinati alle spese ospedaliere per l'acquisto di un amplificatore che gli serve per lavorare nei locali; la buona sorte è dalla sua, visto che comincia subito una fortunata attività che lo porta ad affiancare artisti importanti in giro per la Florida e per i Carabi. Jaco sfrutta abilmente la caratteristica dello strumento che al tempo stesso può esserne limite e forza: rimanere sulle stesse posizioni il più a lungo possibile, spostandosi poi sulla tastiera in senso sia orizzontale sia verticale. Infine, ha dalla sua una lettura della partitura scorrevole acquisita sul campo, che lo aiuta molto a lavorare da turnista [2]. Gli anni ’70 segnano il vero e proprio prologo dell’epopea musicale americana, con l’utilizzo dei sintetizzatori nasce il genere elettronico della melodia che insieme agli eccessi degli interpreti e del mutamento sociale in corso diventano sempre più comportamenti imitati dalla gente. Importante contributo allo sviluppo della musica elettronica e del linguaggio musicale lo hanno dato i musicisti di jazz. La storia vuole che fosse il tastierista austriaco Joe Zawinul ad utilizzare un piano Fender nel gruppo dell'altosassofonista Julian “Cannonball” Adderly e che il trombettista Miles Davis alla vista di questo gruppo “live” aquistasse un piano elettrico per il suo pianista Herbie Hancock, dando inizio a un processo irreversibile di contaminazione timbrica nel jazz ed a tempi brevi i destini di alcuni di questi musicisti si incontreranno.

Intanto Jaco continuava a fare gavetta in altri complessi jazz locali come, “Soul Incorporated”, “Woodchuck”(un trio con Billy Burke all'organo Hammond e Bob Herzog alla batteria), poi gli "Uptown Funk All-stars", la soul-band "Tommy Strand & the Upper Hand", i "C.C. Riders" di Wayne Cochran una big band di 14 elementi, esercitandosi durante i viaggi delle band fra le città della Florida”. I direttori musicali di quest’ultimo ensemble restarono stupiti dalla tecnica e dal groove del giovanissimo bassista, che vedeva aumentare la sua fama e i suoi ingaggi. Già nel 1972 Jaco era assolutamente diverso dagli altri bassisti, sia per la straordinaria abilità tecnica acquisita che per la freschezza e novità delle sue idee.

Nel 1973 Jaco torna in Florida, impegnandosi in interminabili gigs al Bachelor's III, un nightclub a Miami, accompagnando ospiti del calibro dei Temptations, Nancy Wilson, Frankie Avalon, Blood Sweat & Tears. Nel frattempo, suonava jazz in quartetto con Ira Sullivan al Lion's Share. L'incontro con Paul Bley, nel 1973 a un concerto del pianista, fu determinante: insieme a Pat Metheny (che Jaco aveva incontrato all'Università di Miami, dove aveva un corso come docente di basso) e al batterista Bruce Ditmas, realizzò una serie di

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concerti free la cui testimonianza è in un disco del 1974, "Jaco", recentemente reimmesso sul mercato discografico. Nel 1975, grazie a Bobby Colomby, il batterista dei Blood Sweat & Tears, Jaco firma un contratto per il suo debutto discografico, con un cast di musicisti stellare: Herbie Hancock, Don Alias, Lenny White, David Sanborn, i Brecker Brothers fra gli altri. Poi, in tour nell'area di Boston in trio con Metheny e Moses.

Il suo balzo definitivo sarà nel 1976, quando debutterà da solo. Infatti è in quest’anno che la casa discografica Epic lancia sul mercato un disco di uno sconosciuto con la sua foto in copertina. Faccia da scugnizzo, provocatoria, braccia incrociate, sorriso appena accennato, un indiano americano che aspetta la reazione di chi lo ascolterà. Bastano pochi secondi e la puntina del giradischi invia agli altoparlanti la voce di uno spirito d'incredibile originalità, dalla musicalità audace e irrispettosa dei generi, con un'individualità assolutamente irripetibile. Imitabile, sì: oggi non c'è jingle commerciale o bassista in erba che non s'ispiri più o meno chiaramente alle frasi di Jaco. Uno dei pochi musicisti moderni ad essere conosciuto e riconosciuto già solo col suo nome. E mentre "Donna Lee", un classico del bebop, inventato da Charlie Parker e Miles Davis, invadeva la stanza assieme allo sguardo della foto, che sembrava dire "Beh? Che ne dici?" (basso elettrico e congas, nient'altro), era netta la sensazione che qualcosa di nuovo stava succedendo. Mai sentito un basso elettrico suonare in quel modo, mai sentito un basso cantare così, mai ascoltata un'interpretazione così aggressiva e moderna di un pezzo degli anni '40. Una rivelazione, da uno sconosciuto..Come quelli che ascoltavano per la prima volta Parker e Dizzy Gillespie nella 52nd Street nel 1945, o quelli che videro nel 1967 il concerto di Jimi Hendrix. La sua mano è riuscita a fondere jazz, musica classica, R&B, rock, reggae, pop e punk. La sua incredibile innovazione si può paragonare a quella di Hendrix con la chitarra, Armstrong con la tromba e Parker col sassofono. E come se non bastasse, pochi mesi dopo un giovane chitarrista si affacciava alla scena musicale col suo disco di debutto, "Bright Size Life" (ECM, 1976, registrato in Germania a Ludwigsburg), in trio con Jaco e Bob Moses alla batteria. È Pat Metheny, con un favoloso disco di jazz moderno, ancora oggi ispirato e stimolante, con Pastorius letteralmente scatenato e concentratissimo a sviluppare dal suo basso l'immensa tavolozza di colori e suoni che aveva inventato. Il suono di un'epoca, una generazione che cambia. Jaco e JONI MITCHELL

La canadese Joni Mitchell e’ stata la figura femminile di maggior rilievo dei primi anni settanta, una delle artiste piu’ influenti della storia americana (tra le sue eredi Rickie Lee Jones). Ha attraversato la musica americana partendo dal folk acustico, passando per il pop e il jazz. Dopo una gavetta tra café canadesi e locali statunitensi nei quali germogliava e veniva alla luce una nuova generazione di musicisti folk, Joni Mitchell ottiene il successo commerciale alla fine degli anni sessanta. Col passare del tempo, il folk verrà sempre più relegato al passato per dar spazio a nuove sonorità vicine al blues e al jazz che la porteranno a collaborazioni prestigiose con artisti del calibro di Jaco Pastorius Pat Metheny, Herbie Hancock, Michael Brecker e il grande Charles Mingus.

Il rapporto con John Guerin termina, così come il tour, e Joni comincia a frequentare la casa sulla costa di Neil Young, sperando di vivere nuove esperienze e con una voglia crescente di viaggiare. Nella casa di Young arrivano due amici intenzionati ad attraversare in auto tutto il paese sino al Maine: Joni decide di unirsi a loro e una volta arrivata a destinazione ritorna indietro da sola. Joni Mitchell racconta: "Scrivevo i brani mentre viaggiavo da sola in macchina attraverso gli Stati Uniti, per questo motivo non c'è il pianoforte in queste canzoni." Le canzoni di cui parla Joni sono quelle che, assieme ad alcune già presentate live nel 1976, andranno a formare l'album Hejira. Joni registra l'album nell'estate 1976 con la band che l'accompagnava dal 1973, ma il suono che ottiene non la soddisfa più. Desiderava delle atmosfere che riflettessero lo spirito delle canzoni concepite "on the road". Dopo aver terminato le registrazioni dei nove brani che compongono Hejira, un amico le presenta un giovane e talentuoso bassista, Jaco Pastorius. Joni entra immediatamente in sintonia con il suo peculiare stile: per anni era andata alla ricerca di un suono simile e sentire Pastorius suonare è l'avverarsi di un sogno. Il basso di Jaco viene sovrainciso su quattro delle nove canzoni di Hejira, (Coyote, Hejira, Black Crow, Refuge In The Roads) e l'album viene pubblicato il 22 novembre del 1976.

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Pochi giorni dopo i componenti di The Band danno inizio al loro concerto d'addio e Joni Mitchell partecipa all'evento, assieme a Bob Dylan,Van Morrison, Neil Young, Eric Clapton e altri artisti di spicco. Il tutto viene registrato dall'abile cinepresa di Martin Scorsese e dopo un anno e mezzo trasformato nel celebre film-documentario The Last Waltz. In questa occasione Joni si esibisce cantando nei cori di Helpless di Neil Young e poi, accompagnata da The Band, suona Coyote, Shadows and Light e Furry Sings the Blues. Hejira viene salutato come un ritorno alla lucidità da parte della Mitchell, rassicurando così critica e pubblico. Il disco arriva alla tredicesima posizione della Billboard chart e diventa disco d'oro dopo solo tre settimane di vendita. Nell'estate del 1977 Joni comincia a lavorare a quello che sarà il suo unico doppio album in studio. Disposta a rischiare per portare a termine il contratto con l'Asylum, raggruppa alcune canzoni scartate dai precedenti progetti e le rielabora con la collaborazione della band che aveva partecipato ad Hejira (compreso Jaco Pastorius) con l'aggiunta del batterista Don Alias e il sassofonista Wayne Shorter. Pubblicato nel dicembre 1977 col titolo Don Juan's Reckless Daughter, il lavoro è un tripudio di sperimentalismo, improvvisazione jazz, ritmi tribali e melodie oniriche (da ricordare Paprika Plains, un pezzo della durata di 17 minuti che ripercorre un sogno fatto dalla Mitchell). Ciononostante, il doppio LP riuscì a raggiungere la posizione 25 della Billboard chart e divenendo disco d'oro in tre mesi. Alcuni mesi dopo l'uscita di Don Juan's Reckless Daughter, Joni viene contattata dal grande jazzista Charles Mingus, rimasto colpito dal suo coraggio artistico. Mingus desidera la sua collaborazione nell'interpretazione musicale dell'opera Quattro quartetti di T.S. Eliot. Questa richiesta di Mingus porterà il decisivo cambiamento nella musica di Joni Mitchell, segnando ancora una volta una rottura col passato e con le aspettative del pubblico e della critica. Nel gennaio 1979, Mingus muore prima di vedere l'album completato, anche se aveva già sentito e approvato tutti i testi scritti da Joni eccetto quello per God Must Be a Boogie Man. Dopo aver rivisto le versioni definitive delle canzoni, Joni intraprende l'arduo compito di scegliere una band adatta ad eseguire quel particolare tipo di musica. Alla fine scarta l'idea di una band acustica, nonostante quello fosse il desiderio del compianto Mingus e si serve di una formazione comprendente: Herbie Hancock alle tastiere, Wayne Shorter al sassofono, Don Alias alle percussioni, Peter Erskine alla batteria e Jaco Pastorius al basso.

Jaco compositore arrangiatore

Il primo aprile del 1976 Jaco fa ufficialmente parte del gruppo di jazz moderno più importante degli ultimi 30 anni: i Weather Report, con Joe Zawinul alle tastiere, Airto Moreira alle percussioni, Peter Erskine alla batteria e Wayne Shorter al sassofono. Nella sua audizione, si presentò a Zawinul e Shorter come "il più grande bassista elettrico del mondo", e suonò "Cannonball", un omaggio di Zawinul stesso al suo primo "datore di lavoro", Julian Cannonball Adderley (altosassofonista morto nel 1975), contribuendo anche con una sua composizione, "Barbary Coast", che subito diventò il suo biglietto da visita. Con Heavy Weather", il disco più famoso dei Weather Report, Jaco inventa il banco di prova di tutti i bassisti elettrici moderni, "Teen Town", oltre a linee di basso imperdibili in "Birdland" e "Havona". Ma oltre ad inventare grooves incredibili e contagiosi, Jaco non ha mai smesso di considerarsi un compositore: pensava, suonava e scriveva in termini orchestrali, e questa è forse la sua caratteristica più unica. Un'estetica crossover, come si direbbe oggi. E ogni occasione è buona per fondere generi e reinventarsi: da "Sophisticated Lady" di Duke Ellington a "Chromatic Fantasy" di Bach, da "Blackbird" dei Beatles a "Giant Steps" di Coltrane, da "The Chicken" al reggae di "I shot the sheriff". Da non dimenticare le favolose collaborazioni con Joni Mitchell ("Mingus" e il live "Shadows and Light", del 1979), e le puntatine europee col trombonista Albert Mangelsdorff, nel 1980.

Per Pastorius in particolare è un periodo intensissimo, sul lato professionale e privato: si sposa con Ingrid a luglio, segue Joni Mitchell e la sua superband per il Mingus Tribute Tour nei due mesi successivi [37], si esibisce in solo presso i Berlin Jazz Days ai primi di novembre [38]. Eppure secondo Ingrid, che in questi anni lo segue regolarmente anche on the road, troppe cose cominciano a non andare: nella parte finale del tour con Joni Mitchell, Jaco prende spesso a bere assieme agli altri membri della band e - ma questo Ingrid non può dirlo con certezza perché non l'ha visto con i suoi occhi - sicuramente continua a tirare della coca. Lei era già al corrente del fatto che suo marito sniffasse da qualche tempo, ma per quanto la riguardava la cosa non aveva ancora causato particolari stranezze.

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Ad opinione di uno dei medici del Bellevue Hospital, un ospedale psichiatrico di New York che verso la metà degli anni ottanta vedrà Jaco Pastorius ospite forzato, l'abuso di alcool e droga va interpretato a posteriori come un sintomo di automedicazione per la sindrome maniaco-depressiva di cui soffre. È importante ricordare che ancora alla fine degli anni settanta quella stessa manic depression che era stata cantata da Jimi Hendrix appare una malattia semisconosciuta, per la quale medici e ricercatori non hanno delle terapie efficaci. Oggi è risaputo che si tratta generalmente di una patologia di tipo genetico, le cui prime avvisaglie cominciano a manifestarsi per gli uomini fra i venticinque e i trentacinque anni. Ingrid conferma che Jaco aveva cominciato a bere all'incirca all'età di venticinque anni, forse non è un caso; la miscela con la cocaina, seguita a ruota, comincia a causare effetti nefasti e crescenti così come la riduzione dei tempi intercorrenti tra fasi maniacali e altre depressive, che si fanno cicliche. La parabola discendente che nessuno avrebbe mai immaginato comincia a diventare per Pastorius un'ipotesi tutt'altro che remota [39]. Nel 1981 Jaco decide di modernizzare e recuperare la tradizione delle big bands, registrando "Word of Mouth", un disco fresco e sorprendente, con uno strano inizio, "Crisis", una specie di "Guernica" con i suoni al posto dei colori. Due anni dopo, "Invitation", un disco live della big band. Ottimi dischi, ma un flop di vendita, cosa che scoraggiò molto Jaco, e segnò l'inizio della crisi. Anche il suo successivo progetto, "Holyday for Pans", non era esattamente quello che la Warner Bros. Records si aspettava da lui: ruppero il contratto prima che il progetto fosse finito. Di più: le registrazioni furono rubate da un "amico" di cui Jaco si fidava, e che le vendette ad una casa discografica giapponese.

Dal 1982 le cose cominciarono ad andare male. Tournèes in tutto il mondo, Montreux, Canada, Italia… e l'inizio della "sindrome della rockstar". Un successo mondiale ottenuto troppo in fretta, il panico di dover superare sempre sé stesso, un'insicurezza di base che lo portò progressivamente all'uso di droghe e ad un'aggressività intollerabile, fino alla sua Waterloo.

Jaco ed i Weather Report

(tratto on line da:http://italia.allaboutjazz.com/ di Francesco Cisternino- qui liberamente adattato)

Anche se l'intera storia dei Weather Report occupi la bellezza di circa quattordici anni, noi presteremo attenzione solo ai dischi realizzati fra il 1976 e il 1982, vale e cioè il periodo in cui la band ha potuto annoverare nelle sue formazioni il più grande bassista elettrico di tutti i tempi, Jaco Pastorius. Si racconterà di come questultimo, vero protagonista della trattazione, abbia edificato una nuova estetica per il suo strumento, come abbia inventato per esso una tecnica e una profondità inedite. C'è una svolta nella carriera di Pastorius, un cambio improvviso che gli permetterà di girare il mondo e giungere alla piena maturità artistica: è l'incontro con Joe Zawinul, che avviene alla Gusman Philharmonic Hall di Miami una sera in cui il nostro è impegnato a dirigere la big band della Scuola di Musica dell'Università [3]. Dopo la performance è previsto un set dei Weather Report, immensa band di jazz elettrico di quegli anni; Jaco, che li conosce poco e li apprezza ancora meno, va via prima che comincino a suonare e quando torna a prendersi lo strumento viene presentato al leader che, di pessimo umore, non lo sta tanto a sentire. In ogni caso i due scambiano qualche parola, il giorno dopo Pastorius lo raggiunge in albergo per portargli delle sue registrazioni. Zawinul ha poi modo di apprezzare la registrazione di Pastorius della parkeriana "Donna Lee" e, scambiando il fretless per una chitarra, rimane così incuriosito da chiedergli se sia in grado di suonare anche il basso elettrico! [Nota 4] Ora ci spostiamo al dicembre del 1975, presso il Devonshire Sound di North Hollywood, in piena registrazione del nuovo disco dei Weather Report Black Market. C'è il valido apporto dell'ingegnere del suono Ron Malo, a lungo in forze alla Motown e specializzato in black music; produzione e arrangiamenti spettano a Zawinul, la coproduzione è di Wayne Shorter. Poco prima della pausa natalizia la band ha registrato una buona parte del materiale, manca poco per finire; ma subito dopo le vacanze il bassista elettrico Alphonso Johnson decide di abbandonare la band per intraprendere un suo progetto con Billy Cobham e George Duke. Zawinul mette dunque alla prova Pastorius con il brano "Cannonball", omaggio al grande sassofonista scomparso pochi mesi prima. Il provino va benissimo, Zawinul e Shorter gli chiedono se

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vuole unirsi al gruppo; Pastorius accetta e fa anche in tempo a contribuire con un brano, "Barbary Coast", da lui composto per il disco che adesso si può dire del tutto concluso. Dal primo aprile del '76 Jaco è membro dellla band. Black Market è un album molto riuscito per via di un'imprevista coerenza interna e soprattutto per le varie personalità che riesce a mettere in luce: l'estro raffinato di Wayne Shorter, la pragmaticità di Zawinul, la possente tempra del percussionista peruviano Alex Acuna, oltre che il raffronto fra Johnson e Pastorius e quello più sottile fra i batteristi Chester Thompson e Narada Michael Walden. Ascoltando attentamente i brani si riusciranno a distinguere le differenze stilistiche fra Johnson e Pastorius: il primo è più metronomico, può vantare una sobrietà spiccata nel fraseggio, spesso costruito su brevi riff che si ripetono ciclicamente e un uso accorto degli intervalli di ottava; il secondo segue sì come un'ombra la pulsazione del brano ma si permette con insolenza di girargli attorno irregolarmente, simulando delle finte mediante piccole anticipazioni e ritardi. Quella di dominare il tempo anzichè piegarvisi nella maniera succube tipica del rock è una caratteristica dei musicisti R'n'B e Funk, fra i quali Pastorius è specificamente annoverabile. A dimostrazione vi è anche il suono del suo strumento, sul quale comunque ritorneremo: niente effetti tipo wah wah, fuzztone, overdrive eccetera, vale a dire tutti quei pedali utilizzati dai bassisti e dai chitarristi rock per apportare più grinta al suono dei loro strumenti. Il sound di Jaco è il più lineare e pulito possibile. Si segnala il digital delay MXR usato nei soli durante i concerti; in studio, l'effetto simil-phaser che di tanto in tanto si riscontra pare che provenga da una sovraincisione dello strumento. Dal momento del suo ingresso nella band, il basso va ad assumere un doppio ruolo di accompagnamento e solista che pregiudica l'introduzione di una chitarra, strumento fondamentale nel filone del jazz-rock in cui i Weather Report di questo periodo vengono inseriti con qualche difficoltà. La band, ora quintetto con Shorter, Zawinul, Pastorius, Acuna ed il nuovo percussionista Manolo Badrena intraprende il tour promozionale e nel luglio dello stesso anno, in occasione della partecipazione al Jazz Festival di Montreaux, registra un disco live oggi introvabile [10] con alcuni brani dall'ultimo disco ("Gibraltar", "Cannonball", la title track "Black Market") e due spazi solistici separati per i soli di basso e di pianoforte. Si concentri a questo punto l'attenzione su di un particolare non secondario all'interno della storia del gruppo. Per merito di un bassista che nei fatti si va a profilare come un frontman, i Weather Report perdono quell'alone di mistero che soprattutto all'inizio li caratterizzava e cambiano radicalmente la propria immagine. La presenza fisica imponente di Pastorius, i capelli neri e lunghi fino alle spalle, un abbigliamento tendenzialmente sportivo con sprazzi hippie uniti a gesta funamboliche sul palcoscenico e atteggiamenti da star concorrono col tempo a costruire una figura del personaggio che ha poco a che vedere con l'immaginario collettivo del musicista di jazz di questi anni. Questo coefficiente di sex appeal misto a innegabile carisma contribuisce alla schiera di "tutto esaurito" nei concerti e alle vendite di dischi nell'ordine di centinaia di migliaia di copie. Così lo tratteggia il critico inglese Brian Glasser: egli portò una visual bravura (sic) alle esibizioni dal vivo della band che ebbero l'effetto di attrarre nuove tipologie di fan, soprattutto i bianchi americani più giovani, i quali riconobbero in Pastorius qualcosa di simile agli eroi del rock quali Jimi Hendrix e Pete Townshend [11]. Quelli indicati da Glasser sono proprio i fan che questa band e la sua casa discografica, la Columbia, stanno cercando da tempo e che finalmente riescono a trovare.

Heavy Weather (1977) vede approdare i Weather Report ad una nuova fase in cui sono in grado di congiungere la propria abilità strumentale con una dimensione elettronica consapevole anche se non priva di ingenuità, in un momento in cui una parte della vena aurea post-Davis del jazz elettrico si sta cominciando ad esaurire, qualcuno comincia a ripetersi (i Return to Forever in particolare) e qualcun altro pensa addirittura di convertirsi all'acustico: è il caso, ad esempio, di John McLaughlin e dei suoi Shakti. Pastorius è tra i responsabili della svolta e nel disco è autore di due brani, "Havona" [per una trascrizione di questo brano Allegato 1 pagg.1] e "Teen Town" [per una trascrizione di questo brano allegato 2 pagg.1-2] nel quale suona anche la batteria; è inoltre coproduttore dell'album al fianco di Zawinul, dal quale apprende i segreti dell'editing in post produzione entrando in sintonia con l'assunto studio-as-instrument [allegato 3 - scheda tecnica sulle tecniche di registrazione adottate da Zawinul] che per i WR si è già concretizzato con risultati

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eccelsi.

Soffermiamoci ora su alcuni punti di forza del disco: innanzitutto si registra una prova magistrale della sezione ritmica con Pastorius, Acuna e il nuovo percussionista Manolo Badrena al meglio della forma in una miscela sofisticata che, come ha correttamente rilevato Vincenzo Martorella [12], allude con lucidità alla black music. Inoltre, si registrano un paio di innovazioni importanti: da un lato l'ulteriore spinta elettronica dovuta alle tastiere di Joe Zawinul e dall'altro dei temi molto piacevoli, facili al primo ascolto (ma non semplici, puntualizza bene ancora Martorella) che conferiscono ai brani una sorta di 'radiogenicità'. Basti pensare a "Birdland", brano arcinoto dedicato all'omonimo jazz club di New York nel quale Zawinul aveva suonato pressoché tutte le sere tra la fine degli anni cinquanta e l'inizio dei sessanta [13]: la melodia, briosa e frizzante, si ferma nella mente e non va più via. Il brano diventa un vero e proprio hit, viene suonato dai dj nei club ed entra nelle heavy rotation delle radio; aggiungiamo anche che qualche tempo dopo farà guadagnare alla band una candidatura per il Grammy come migliore composizione strumentale. Nelle settimane successive all'uscita nei negozi, Heavy Weather riesce a raggiungere la trentesima posizione nella classifica stilata da Billboard: per un disco di jazz è un risultato gigantesco. Sebbene una parte della critica lo abbia accolto con favore - basti pensare alle cinque stellette di Downbeat per opera di Neil Tesser, che definisce l'album "un tour de force dell'arrangiamento" [14] , le opinioni negative non sono mancate. Più di qualcuno ha parlato di compromessi col mercato, di musica commerciale: ma questi sono dettagli scarsamente significanti. Il mezzo milione di copie vendute nel giro di pochi mesi sono un meritato successo per la qualità della musica; in termini di vendite, i Weather Report giungono con questo disco all'apice di una parabola in regolare ascesa fin dal primo album. Si provi adesso a prestare attenzione ad uno dei due brani dell'album scritti da Pastorius, "Teen Town": una breve rullata introduce l'ingresso di un riff della durata di quattro battute, suonato all'unisono da tastiere e sax soprano ad imitare una specie di sirena; su di un tappeto costruito da lunghe note alle tastiere e dai sedicesimi al charleston semiaperto sul levare a tempo piuttosto veloce (128), si profilano tre differenti episodi variamente intermezzati in cui il basso è sempre protagonista assoluto [15]. Il primo è un lungo tema di sapore bop, scorrevolissimo, incentrato nel registro medio acuto dello strumento. Si ripete due volte in maniera pressoché identica, con al fianco rari interventi di sax soprano. Dopo il rientro del riff ed un altro episodio in cui il basso suona delle crome su accordi di dominante che non risolvono creando alta tensione, il picco cade a singhiozzi su di un nuovo solo quasi scarno costruito sulla base del tema precedente, poche note disseminate in gruppi che si rarefanno sempre più fino ad un sussulto finale, che chiude di colpo il brano in maniera imprevedibile. Qualche nota a margine. La prima è sul Pastorius batterista, che sfoggia un linguaggio fresco, duttile, che tradotto in colore si direbbe rosso sgargiante; il suono della cassa riecheggia come fosse un vecchio cartone percosso senza pietà. La seconda è una piccola storia da raccontare. Teen Town era un locale di Pompano Beach, nei pressi di Fort Lauderdale, dove Pastorius andava a ballare quando aveva tredici anni. Un giorno, pensava, suonerò io la batteria in questo posto. In una delle rare interviste racconta che questo brano è la rappresentazione dei suoi sentimenti da ragazzino: hai tredici anni, vuoi attaccare bottone con le ragazze, viaggi con la fantasia in quel posto. (...) E alla fine il brano diventa quasi misterioso perché stai cominciando a crescere... è tutto lì! [16]. Fama e successo crescono a dismisura per Pastorius, mentre al contrario la sua vita privata incorre in grossi intoppi: dopo lunghissime assenze da casa perché in tour con Weather Report, Herbie Hancock, Joni Mitchell il rapporto con Tracy si fa difficile. In uno dei rari passaggi a Fort Lauderdale in cui si ferma per un concerto al Players Club con un paio di vecchi amici, viene presentato a Ingrid Hornmuller, dalle origini per metà tedesche e per l'altra indonesiane; ne rimane affascinato, la corteggia in maniera aperta ma lei pare tentennare al suo interessamento, essendo ben consapevole del fatto che lui sia sposato [17] . Di un altro abbandono andiamo ora a parlare, quello del bravo batterista e percussionista Alex Acuna che lascia i Weather Report creando un vuoto presto colmato da un giovane musicista davvero promettente, Peter Erskine. Già membro dell'orchestra di Stan Kenton a soli diciotto anni, Erskine può vantare una formazione

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musicale rigorosa che gli ha permesso di raggiungere una preparazione tecnica solida e una lettura a vista invidiabile, affiancata da una pronunciata versatilità d'ascolto. Dalla classica alla contemporanea, dal pop al rock, Erskine sintetizza linguaggi diversi attraverso una personalità musicale eclettica e quasi omnidirezionale: non c'è da meravigliarsi nel sapere che si sia cimentato anche con Ionisation di Edgard Varèse. È Jaco Pastorius il responsabile del suo ingresso nella band, lo ha apprezzato in un locale di Miami mentre suonava nella band di Maynard Ferguson; i Weather Report lo accolgono soddisfatti e confidano in lui per completare quel progetto che si è in parte realizzato con le registrazioni di cui alle puntate precedenti, vale a dire abbandonare tendenzialmente l'idea di una sezione ritmica latineggiante per spostarsi verso un'interpretazione elettronica del bebop. L'accoglienza che i giornalisti gli riservano non è però delle più idilliache: durante la conferenza stampa d'apertura del tour in quel di Tokyo, una domanda impertinente di un giornalista - "Lei ha suonato con Stan Kenton e Maynard Ferguson. Ora, cosa le dà il diritto di suonare con i Weather Report?" - rischia di metterlo in imbarazzo, ma Zawinul è abile a sufficienza per glissare [18]. Quelli che seguono sono mesi molto impegnativi per tutta la band, che dopo cinque settimane passate nel Paese del Sol Levante - sei serate delle quali solo nella capitale, dove riscuotono regolarmente un successo incredibile - arrivano in Australia, poi alle Hawaii. Trascorrono gran parte del tempo insieme, inclusi quei momenti pochi momenti liberi in cui fanno i turisti e girano le città; il gruppo accentua quella forte identità e sicurezza di sè che lo contraddistingue, non sempre positivamente. Erskine raggiunge una buona intesa personale con Pastorius, pur con tutti i limiti di quest'ultimo. Il suo umorismo e gli scherzi sono spesso piuttosto grevi, specie quando è in compagnia del milord mancato Zawinul; non ci vuole molto perché Erskine cominci a notare che il suo comportamento si fa davvero molto strano. Forse vuole superare in millanterie e ubriacature varie Zawinul, fatto sta che quel modo di fare che inizialmente può apparire divertente comincia a farlo riflettere. Il troppo bere ha un effetto nefasto su di lui, gli fa perdere la lucidità che tutti avevano conosciuto. In Jaco Pastorius non è di certo mai mancata una componente tesa all'eccesso, in abbinamento ad un ego straripante; però all'inizio, racconta Erskine, questi suoi momenti di esagerazione erano sempre seguiti da un "rimpicciolimento", per così dire, come se volesse far capire agli altri dell'essersi reso conto di quanto faceva. Ma presto, le linee di confine fra i diversi momenti cominciano a confondersi [19]. Alan Howarth, che per tanti anni ha seguito la band in studio e in tour in qualità di tecnico delle tastiere, descrive come paterna la figura di Zawinul nei confronti di Pastorius, sebbene quest'ultimo non l'abbia mai ammesso apertamente. A suo dire, molta della parte più sfrenata di Jaco veniva tenuta sotto controllo dal leader del gruppo[20]. C'è chi dice che sia stato proprio Zawinul ad introdurlo alla sua prima rovina, l'alcool. Molti anni dopo la giornalista Anil Prasad ha posto al presunto responsabile questa domanda, il quale ha risposto stizzito che offrire un drink a qualcuno (per giunta quasi astemio, aggiungiamo noi) non vuol dire indurlo all'etilismo [21]. Non sappiamo se Zawinul possa avere delle responsabilità superiori a quella che ammette; di certo vi è che la confidenza con l'alcool da parte di Pastorius andrà ad aumentare in preoccupante continuazione così come quella con la cocaina, che prende a sniffare spesso e volentieri. A fine agosto dello stesso anno arrivano dieci giorni di meritata pausa durante la quale Zawinul e Pastorius mixano le tracce dell'ultima fatica discografica del gruppo, Mr. Gone, riuscendo a ultimare i lavori in tempo utile. Subito dopo sono nuovamente pronti per cominciare il tour europeo. La data di apertura è prevista per il 14 settembre ad Amsterdam, ma già cinque giorni prima il gruppo arriva con lo staff tecnico per sistemare al meglio ogni cosa. Poco dopo arriva anche Ingrid, che seguirà Jaco e la band nel corso del tour Seguono altre settimane di date [22], per poi ritornare negli USA dove li aspetta un'altra, brevissima settimana libera che precede ancora sette settimane filate di promozione del disco in giro per gli States, poi forse qualche data a Cuba... Durante il tour, Chris Albertson ha modo di vedere la band in un concerto a New York e però rimane disgustato dal protagonismo di Pastorius, che manda in visibilio il pubblico con movenze a suo dire quasi clownesche. "Non ho mai avuto una gran considerazione del Pastorius bassista, e ancora meno del Pastorius pagliaccio, ma il pubblico lo divorava dimostrando, credo, che la marijuana (si sentiva abbondantemente nell'aria) sia la migliore amica del musicista mediocre. Più Pastorius balzava qui e lì, più il pubblico applaudiva e quando ha sbattuto il suo basso per terra saltandoci sopra, ho pensato che l'intero palazzo venisse giù" [23]. Jaco mima un pò Jimi Hendrix, un pò John Belushi senza trascurare movenze da teatro kabuki. Il suo strano ancheggiare manda in delirio il pubblico, ma fa inorridire i critici e non ci vuol molto perchè questo modo di fare diventi per lui una costante.

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Prima o poi doveva accadere, non c'è da meravigliarsi: Tracy chiede il divorzio e l'affidamento dei due figli. Secondo quanto ricostruisce Bill Milkowski, Jaco incappa in una profonda depressione che viene alleviata solo da alcool e coca in dosi massicce [24]. Preso da questi pensieri, non tiene conto correttamente degli affari, lamentandosi in un'intervista [25] di non avere un contratto regolare: è un pessimo produttore di sè stesso, come tanti altri colleghi. Sta pensando al secondo disco solista per il quale ha già raccolto materiale sufficiente, ma non ha ancora il tempo per lavorarci su. Solo verso gennaio del '79 forse ci sarà una pausa. Un successo di vendite non lontano dal precedente accoglie il nuovo Mr. Gone (1978), che raggiunge quota 52 nelle classifiche di Billboard permettendo ai Weather Report di conquistare un altro disco d'oro. In classifica e nelle airplay delle radio jazz d'America, il disco contende il successo con Me, Myself an Eye di Charles Mingus, Summer Knows di Art Farmer e Carmel di Joe Sample. Molti critici disapprovano in pieno, riconoscendolo come un corpo estraneo da assimilare piuttosto al pop o al rock. Downbeat gli dà il minimo del punteggio, una sola stella su cinque, liquidandolo in malo modo ma viene immediatamente subissata di lettere provenienti da avversari e sostenitori della band. È il critico berlinese Joachim Ernst Berendt a raccontarlo [26]. Ecco cosa si diceva nella recensione: "I Weather Report hanno fatto al jazz degli anni settanta quello che Paul Whiteman aveva fatto negli anni venti (...) Come Whiteman, hanno sovraorchestrato il loro sound. Mentre l'orchestra di Whiteman ha fatto del jazz una musica alla saccarina, i Weather Report hanno fatto di un sound audace una musica plastificata (...) Chi non si accolla più rischi non ha niente da perdere ma nemmeno da guadagnare". Le ragioni di tanto sconcerto non sono difficili da trovare: le tastiere di Zawinul la fanno da padrone, in un'atmosfera sperimentale e fantasiosa. Certo, i suoni che oggi ascoltiamo nel disco qualche volta ci fanno sorridere. Ma si tratta di prove ed errori su macchine talora limitate le cui possibilità vengono rivoltate in tutte le maniere immaginabili: Rhodes 88, Oberheim Poliphonic e il già noto Arp 2600, un piccolo sintetizzatore modulare monofonico, capace cioè di suonare una nota per volta, difficile da utilizzare ma capace di prestazioni estremamente interessanti. E poi c'è il Prophet 5, prodotto dalla Sequential Circuit dal 1978, che risulta essere uno tra i primi sintetizzatori polifonici in circolazione ed ancora i Mu-Tron Bi-Phase e Mu-Trone Volume Wah [27]. La difficoltà di programmazione e di sviluppo non impensierisce Zawinul, che prende facilmente confidenza con questi strumenti-rompicapo le cui particolarissime caratteristiche permettono possibilità timbriche finora abbastanza inedite nel jazz. Anche i metodi di composizione in studio cambiano radicalmente: con Wayne Shorter molto impegnato in progetti al di fuori della band, una buona parte delle composizioni e dei materiali del disco vengono fuori dal cilindro di Zawinul, il quale riutilizza le idee messe in cantiere in quel periodo per un personale progetto solista e registrate con un multitraccia nel suo studio casalingo. I pezzi vengono successivamente riascoltati, selezionati, trascritti nota per nota e poi sottoposti ad editing; è inevitabile che l'apporto collettivo venga meno in maniera drastica e la personalità di Zawinul diventi straripante. Shorter assume un ruolo secondario, tant'è che qualche critico malevolo riferisce proprio alla sua latitanza il titolo del disco. Anche Pastorius ne esce a tratti ridimensionato, sebbene molto meno del collega più anziano. Basti pensare alla title track, nella quale il basso elettrico è semplicemente silente; al suo posto si ascolta il basso sintetizzato dell'Oberheim Poliphonic. Solo nella parte conclusiva lo strumento di Pastorius entra timidamente, suonando le medesime note ma ad un'ottava più acuta quasi ad ammortizzarlo e a conferirgli una sorta di rotondità addizionale. Nei dischi successivi accadrà altre volte e la cosa lascerà Pastorius particolarmente contrariato. Sciogliere il dubbio sul fatto che Mr. Gone sia un disco di jazz piuttosto che pop è piuttosto agevole, a patto di muoverci congiuntamente da quella che potrebbe anche essere una definizione accettabile per il jazz [28], ossia considerarlo un canone di trattamento: in questo senso, i metodi di composizione e di arrangiamento così come l'orchestrazione alla radice di questo album non paiono allontanarsi eccessivamente dagli stilemi conosciuti e accettati sinora. Al contrario l'organico di base annovera molti strumenti elettronici precedentemente poco frequentati, ma se un'ideologia retriva del suono bastasse a porre delle perplessità sul genere di appartenenza, l'omnidirezionalità del jazz che fin dalle sue origini ha accolto gli strumenti più disparati con risultati sicuramente disuguali si troverebbe ancora in discussione. Appare dunque saggio in questi casi limitare il giudizio a termini artistici e non sforare in giudizi universali su ciò che è jazz e ciò che non lo è. Lo stesso discorso vale per i filoni del soul jazz, jazz funk fino all'acid jazz che fu ingrediente importante nella musica degli anni novanta e pur rimanendo relegato alle riviste di rock e pop music per la

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consueta spocchiosità dei puristi di ogni tipo i quali, guarda caso, mai riescono a spiegare che cosa vi sia di puro in musica. Una rivista deve tenere ben conto degli umori dei propri lettori ed è sicuramente per questa ragione che, dopo i fatti raccontati in precedenza, Downbeat spedisce il giornalista Larry Birnbaum a sentire che cos'ha da dire la band. L'intervista viene pubblicata in ben quattro pagine del numero del febbraio del 1979 sotto un titolo inequivocabile, "I Weather Report rispondono ai detrattori" [29]. Gli animi accesissimi di Zawinul e Pastorius di fronte ad un cronista che in questa occasione non brilla per perspicacia fanno sì che l'incontro sia uno scambio gratuito di incomprensioni ed esagerazioni pittoresche: "chiunque dà una sola stelletta ad un disco così non può che essere un pazzo!", dice Zawinul senza tanti eufemismi. E però vengono fuori un paio di spunti interessanti: quando Birnbaum racconta di essere rimasto colpito nella performance della sera prima da un heavy rock feel della sezione ritmica, viene prontamente bloccato. Non è rock, risponde Pastorius, è Rhythm & Blues. Spiega che l'R&B ha un'anima nera e che per tutta la sua vita lui non ha suonato nient'altro che musica con quell'anima. Zawinul conferma e allinea il tiro, aggiungendo che certi brani dei WR mantengono la forza del R&B ma reinterpretandone completamente i ritmi, come "River People". Che non si parli di rock, per favore.

"River People" era stata composta da Pastorius quattro anni prima, durante una vacanza in barca alle Everglades da dedicarsi alla pesca e al relax con un paio di amici. La gente del fiume di cui parla il brano è quella che vive in quei posti, che entra a piedi nudi nel fango: il lungo tema suonato in apertura del brano vuole rendere proprio questa idea. I primi accordi delle tastiere, in strati che riproducono una sezione di fiati, introducono l'arrivo dell'alba, della luce che cresce sempre più su di una cassa in quarti, sino ad un bang! dal quale è già pieno giorno, con un groove ballabile dall'andamento lento e trascinato che potrebbe non terminare mai, il charleston sui sedicesimi nei quali è ben scandito il levare. È il proseguire del giorno, dei momenti più divertenti e piacevoli della giornata. Nella parte finale del brano arriva il solo di Zawinul, che con i suoi marchingegni riproduce prima un simil-trombone e poi una specie di organo. Il brano, interamente scritto come peraltro buona parte del disco, viene arrangiato durante un periodo in cui Pastorius si è appena rotto un polso: i due musicisti registreranno poi le rispettive parti di basso e tastiere, cui vengono successivamente sovraincise le parti di batteria, timpani, voce del solo Pastorius e il poco evidente sax soprano di Shorter. In un'intervista di qualche tempo addietro, Julie Coryell aveva chiesto a Jaco come si potesse etichettare il genere di musica da lui suonato [30]: la risposta era stata quantomai enigmatica, punk jazz. Pastorius racconta in una successiva conversazione con un altro giornalista che in Florida vengono chiamati punk i ragazzi di strada particolarmente svegli e furbi, che hanno coraggio a sufficienza per difendersi da soli. Niente a che vedere, dunque, con il filone che contemporaneamente si va sviluppando in Inghilterra [31]. Ma "Punk Jazz" è anche il titolo di un brano da lui composto apposta per questo disco, sarà bene ascoltarlo con attenzione. Anche questa composizione è quasi completamente scritta: ancora una volta i protagonisti sono il basso, che nella lunga introduzione si dimena come un serpente e le tastiere, a tratti semoventi, altrove portanti, entrambi impegnati in un cammino lento e parallelo nel quale si guardano costantemente, lanciandosi delle occhiate talvolta accomodanti, altre quasi sospettose. Il charleston regolarmente in levare di Tony Williams sottolinea quest'andamento a passi lenti, regolarmente intervallati, sul quale si staglia un solo magico di Shorter al sax soprano. Il brano è una miscela esplosiva, tutto il disco lo è pur nella sua stranezza congenita. L'indiscutibile genialità di Zawinul, che pure incappa in qualche abbaglio elettronico, è l'ingrediente principale di una svolta coraggiosa nella carriera artistica della band, che si troverà davanti una scelta difficile: proseguire su di un sentiero accidentato e incerto o fare un passo indietro, ritornando a soluzioni più tradizionali e correggendo uno squilibrio evidente ma che in verità non si è rivelato funesto per la qualità della musica. Mr. Gone si chiude con "And Then", un brano sinuoso che improvvisamente implode in una canzone splendida e originale per struttura e arrangiamento, con le voci di Deniece Williams e del popolarissimo cantante degli Earth, Wind & Fire, Maurice White. Qualche lettore si sarà già posto delle domande su di un aspetto che non abbiamo ancora trattato, il suono del basso di Pastorius. I modelli utilizzati in studio sono, come già detto, il Fender Jazz Bass Standard del 1962 senza tasti ed un altro -con i tasti- del 1960, entrambi con corde Rotosound Superwound che, secondo quanto

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asserisce il diretto interessato, brillano soprattutto per gli armonici; successivamente Pastorius ha utilizzato anche dei modelli più recenti, usati in particolare nelle prove a casa. Egli dichiara anche in un'intervista di non avvalersi di alcun amplificatore: preferisce collegare direttamente lo strumento al banco, mantenendo una fedeltà rigorosa alle sue splendide sonorità [31]. Dal vivo si affida a due vecchi amplificatori Acoustic 360 che mantiene a lungo perché non distorcono mai il suono. Utilizzando un solo pick up passivo sullo strumento, il segnale di uscita relativamente lieve lo costringe ad alzare molto il gain del canale, pur mantenendo poi un volume del master che si aggira non oltre il tre [32]. Nonostante le molteplici offerte di endorsement, vale a dire le proposte che le aziende offrono ai musicisti famosi per utilizzare più o meno in esclusiva i loro prodotti in cambio di congrue quantità di denaro, Pastorius non abbandona gli strumenti che conosce per altri modelli; diventerà però endorser proprio per la Acoustic, ma ne parleremo in un'altra occasione. I fasti dell'ennesimo tour mondiale della band vengono fissati in un doppio album, 8:30, realizzato con le registrazioni del gennaio e febbraio del 1979 ed entra nei negozi di dischi a dicembre. In classifica costringe A Taste for Passion di Jean-Luc Ponty a scalare di una posizione, ma viene presto incalzato da American Garage del Pat Metheny Group e dai nuovi album di Miles Davis e di Sonny Rollins, rispettivamente Circle in the Round e Don't Ask. 8:30 deve essere una raccolta di sole esecuzioni di brani dal vivo, ma il caso vuole che per via di un errore dei tecnici in fase di masterizzazione venga cancellata una versione tratta dall'editing di due take differenti del brano "Mr. Gone". Il termine della consegna dei nastri è vicinissimo, per cui la band registra in fretta e furia un altro paio di brani, "Sightseeing" di Shorter e "Brown Street" [33] di Shorter e Zawinul, che andranno fortunosamente ad aggiungersi a "8:30" e "The Orphan", nella quale figurano ospiti dieci membri del West Los Angeles Christian Academy Children's Choir. L'album è il più infiammato apogeo artistico dei Weather Report che si possa immaginare: innanzitutto perché il quartetto - formato, ricordiamolo, da Zawinul, Shorter, Pastorius e Erskine con l'aggiunta sporadica di Erich Zawinul alle percussioni - è al massimo della forma, forte di un interplay che non ha eguali nel jazz elettrico di quegli anni. In secondo luogo, perché le registrazioni dal vivo stanno a documentare l'energia travolgente che la band riesce a sprizzare sul palco, soprattutto quando rilegge magistralmente brani già celebri come "Scarlet Woman", "Teen Town" e "A Remark You Made" [34]. Altrettanto leggendari sono i due lunghi soli rispettivamente di basso e di sax tenore: entrambi raggiungono delle vette incredibili, con un Pastorius visionario che, partendo dalle note di "Donna Lee" e "Giant Steps" di John Coltrane, parafrasa acidamente il riff hendrixiano di "Third Stone from the Sun", spostandosi poi d'improvviso sulle prime note della sua "Portrait of Tracy" per arrivare ad una follia sonica composta da armonici artificiali ed effetti Larsen - per intenderci, i fischi laceranti ottenuti avvicinando i microfoni ai diffusori, in modo da far entrare il suono in una sorta di circolo senza uscita - culminante con uno slang [35] pauroso, causato forse da un lancio violento del basso per terra. Questo assolo non ha niente a che vedere con quelli tipici del jazz: ne viene fuori un'anima ineditamente rockeggiante di Pastorius, che da questo momento viene ancora più associato al re indiscusso dei deliri solistici sul palco, Jimi Hendrix. Al contrario di Pastorius, Shorter si mantiene su stilemi molto più tradizionali, dando attraverso quella splendida voce strumentale scura al punto giusto che lo ha sempre contraddistinto una lezione a chi lo pensava ormai in disparte nella band. Dal canto suo, l'esplosivo Zawinul appare in forma dietro alle sue tastiere chilometriche, alle quali si è ora aggiunto un Quadra bass ed un Korg vocoder. Dal punto di vista orchestrale, è importante notare come si venga a ridurre in generale lo squilibrio che lo vedeva preminente in Mr. Gone a favore di una componente maggiormente dialogica riscontrabile, ad esempio, nel lungo scambio di idee che la batteria intraprende con il sax tenore nella traccia d'apertura del primo disco, "Black Market". In altri momenti l'integrazione del gruppo raggiunge il massimo, come nel visionario medley fra "Badia" (già presente in Tale Spinnin') e "Boogie Woogie Waltz" (da Sweetnighter). Non si dimentichi poi un ascolto accorto dei temi inediti presenti nel lato B del secondo disco, i quali suscitano interesse perché caratterizzati da un linguaggio che, inventando una nuova etichetta di quelle che tanto piacciono ai critici più funesti, potremmo chiamare electrobop. Una concezione piuttosto innovativa e però non ancora efficacemente definita, visto che in "Brown Street" come in "Sightseeing" i Weather Report sembrano incappare in qualche fatica, esclusion fatta invece per Erskine che si trova perfettamente a suo agio con questo come con qualsiasi altro stilema [36]. Tant'è che nel corso di tutto il disco egli spinge come un treno in corsa, dimostrando maturità e freschezza allo stesso tempo e concedendosi inoltre virtuosismi

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immanenti al tessuto sonoro che con lui non guastano affatto. Il 1979 si rivela quindi un anno irripetibile per i Weather Report, culminato in un Grammy Award per 8:30 nella categoria "Miglior Album Jazz-Rock". Torniamo ora ai fatti del 1979. Qualche mese prima Pastorius ne aveva combinata una piuttosto grossa che ci constringe a fare un passo indietro, alla fine di febbraio.

Un trio composto da Tony Williams, John McLaughlin e Jaco Pastorius è a New York, intento in prove dagli esiti soddisfacenti. Stanno registrando un brano per Mingus, ma nel disco non comparirà per volere della Mitchell. Il guitar hero McLaughlin aveva già avuto modo di instaurare un buon affiatamento con Pastorius sin dai tempi di un tour di fine '76 che aveva visto gli Shakti al fianco dei Weather Report; durante le prove le due band interagivano spesso, dando luogo a curiose fusioni che lo stesso McLaughlin ricorda positivamente a distanza di anni. E dunque il Trio of Doom, questo il nome della formazione, ha una buona opportunità per un concerto al Karl Marx Theatre di Havana (Cuba), in occasione di una specie di festival previsto per i giorni 2, 3 e 4 del mese successivo; tra i vari ospiti figurano anche gli stessi Weather Report. La band ha in scaletta tre brani, ciascuno dei quali porta la firma di uno dei componenti. Il supertrio desta in tutti i presenti molta curiosità e interesse. La performance comincia con "Dark Prince", un blues veloce in Do minore ricco di accordi alterati composto da McLaughlin; ma poco dopo l'attacco del brano, arrivano i guai: Jaco abbassa improvvisamente il volume degli altri strumenti per alzare a dismisura il suo e comincia a suonare in La maggiore uscendo dai binari, mentre gli altri due membri del gruppo si guardano attoniti senza capire la ragione del gesto. Eppure alle prove era andato tutto magnificamente. La stessa cosa avviene per il brano di Williams, "Para Oriente": Jaco fa uno show tutto suo dimenticandosi dei colleghi, che ormai si ritrovano in alto mare. Come è facile immaginare, la band dà una pessima prova di sè, purtroppo documentata anche su disco [40]; Williams e McLaughlin si sentono profondamente amareggiati, quest'ultimo ha successivamente un pesante diverbio con Pastorius che è letteralmente fuori di testa. Il batterista della band, che subito dopo il concerto era riuscito a contenere la rabbia in un brutto silenzio, esce dalla sala infuriato dopo aver mandato in pezzi la batteria. A quel punto McLaughlin si rende ben conto che il fallimento della serata dipende solo dalla mente di Jaco, ormai incontrollabile. Lo aveva già visto in condizioni scioccanti almeno un anno prima, in un club al Seventh Avenue South di New York. Completamente ubriaco, con gli occhi da pazzo scatenato: un'altra persona [41]. Nell'estate di quell'anno i Weather Report presentano molti brani inediti in tantissime serate, tra le quali i prestigiosi festival jazz di Berkeley (fine maggio), Montreaux (metà giugno), Playboy a Hollywood Bowl [42] assieme ad un nuovo acquisto su segnalazione dello scopritore di talenti Pastorius: è Robert Thomas Jr., un percussionista ventitreenne afroamericano di Miami quantomeno atipico. Stanco di insegnare karate, costui aveva tentato di trasferire le tecniche della disciplina alle percussioni, dando luogo ad un approccio originale che aveva sperimentato al fianco di musicisti quali Zoot Sims, Art Blakey, Ahmad Jamal, Roland Hanna. Il suo linguaggio risulta essere antitetico rispetto a quello dei classici percussionisti latinoamericani, visto che Thomas mette da parte qualsiasi clave per concentrarsi su ritmiche bebop che sviluppa avendo cura di non scadere nella banalità nè tantomeno nella pervasività.

All'interno dell'economia del gruppo riesce a fornire un supporto efficacissimo tanto alle intricate ritmiche escogitate da Zawinul quanto all'intenso lavoro di Erskine, con il quale sviluppa presto un'intesa brillante. Vista la buona accoglienza del pubblico riservata ai brani nuovi, al management viene l'idea di inserirli nel nuovo album sotto forma di registrazioni dal vivo: in due serate da due set ciascuna la band si esibisce al Complex di Los Angeles, ma gravi carenze organizzative concorrono al mezzo fiasco dei quattro concerti. Sala in parte vuota, una performance non tra le più brillanti; pessimi presupposti per un disco, tant'è che i relativi materiali avranno alla fine provenienza eterogenea: una delle tracce di Joe Zawinul, "Madagascar", è tratta da un concerto ad Osaka, la title-track "Night Passage" è invece frutto di un complicatissimo taglia e incolla da varie take in studio [43]. Cinque brani su otto del nuovo album portano la firma di Zawinul, inclusi i due appena indicati; uno a testa per Shorter con "Port of Entry"] e per Pastorius con "Three Views of a Secret". Ancora una volta, Zawinul e

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Pastorius curano la post produzione dietro al banco di mixaggio. L'album compare sul mercato nel febbraio del 1980 al fianco di 80/81 di Pat Metheny, Mr. Hands di Herbie Hancock, Carnaval degli Spyro Gyra e del davisiano Directions, riuscendo comunque a riscuotere un successo soddisfacente di pubblico e critica. Non sono in pochi a riconoscere in Night Passage un cambio radicale del percorso artistico della band, visto che gli influssi dellla popular black music vengono cancellati da un allineamento all'ondata neobop di questi anni [Nota 44]. Però, attenzione: se certi brani sembrano effettivamente procedere verso questa strada ("Night Passage", "Fast City" e "Dream Clock"), il resto del disco viaggia su altri binari. "Forlorn" comincia con un glissato acido alla Pink Floyd subito accompagnato sui quarti dal basso e da accordi sommessi alle tastiere; un timbro irriconoscibile raddoppiato all'unisono dal sax presenta e ripresenta un riff paranoico, ogni volta con variazioni sensibili che rimangono sospese nel nulla. Compare il tempo tenuto lievemente sul ride, si procede immobili fino a quando un breve fraseggio del basso, una nuova riproposizione del riff completamente sfigurato si blocca per lasciare il posto a due colpi incrociati di cassa e rullante. È forse il segno di una svolta; e invece no, ancora il temino terribile sotto il quale riaffiorano questi glissati ascendenti che sembrano scomparire una, due volte fino a prendere il sopravvento e chiudere in dissolvenza inquietante un brano che lascia l'ascoltatore a bocca aperta. Traccia successiva, ancora quei glissati su di una lunga nota del basso: che voglia ricominciare da capo? E invece parte di colpo "Rockin' in Rhythm", ben nota composizione di Duke Ellington che qui figura in una versione irriverente, velocissima, una specie di tour de force in cui il walking bass accompagna splendidamente prima i tre temi distinti AA, BB, C1 e C2, poi un effervescente solo di sax tenore che pare sgomitare con le tastiere e alla fine la ribalta di queste ultime. A poche battute di raccordo generale seguono delle cascate discendenti del pianoforte elettrico, cui segue il riff principale del brano che fa ripartire i temi nella medesima sequenza fino a chiudersi di colpo. Sintetizziamo a questo punto le considerazioni sull'album focalizzando il fatto che il suo punto di forza è un'omogeneità eterodossa, secondo la quale varie vie vengono sviluppate in maniera parallela: una vuole essere più stabile delle altre, quella neobop di cui sopra; un'altra, quella electro di "Forlon", prosegue la scia aperta dal brano "Mr. Gone" comparso sull'omonimo album e pare semplicemente una fumeria elettronica di Zawinul; altre sono diretta espressione del passato che non si può cancellare d'un colpo, come il fiammeggiante e tormentato ritorno alla black music della lunga "Madagascar"; ma l'ultima, la più bella di tutte, è quella di "Three Views of a Secret", l' ultima composizione di Pastorius nella storia dei Weather Report. Secondo quanto ricorda Ingrid[Nota 45], Jaco compone "Three Views of a Secret" proprio nei giorni in cui si trasferisce a casa sua, con il nuovo Prophet 5 appena arrivato; inizialmente il nuovo brano dovrebbe chiamarsi come lei, un pò come era capitato in passato con la sua prima moglie cui aveva dedicato "Portrait of Tracy". Poi un certo imbarazzo di Ingrid induce Jaco a cambiare titolo, rubandolo peraltro ad un vecchio brano del suo maestro di arrangiamento quando era nella band di Wayne Cochran, Charlie Brent. Il brano, una ballad in tre quarti, è chiaramente suddiviso in tre sezioni A, B, C: in A compare subito il primo tema di sedici misure alla tonalità di Mi maggiore, che viene ripetuto due volte alla stessa maniera, tenue sugli armonici del basso al di sopra di un tappeto di tastiere non troppo appariscente. Il tempo è tenuto solo sul ride, in maniera delicata. La successiva sezione B1 si apre invece in Re bemolle, con un bel solo di sax tenore che dura per ventiquattro misure; una modulazione in Si conduce ad un secondo tema di otto misure, i cui frammenti vengono a scambiarsi fra sax e tastiere. Si prende fiato per un istante per poi giungere a C, tonalità di Re bemolle, costituita da una cellula tematica di quattro misure ripetute altrettante volte in cui sax e tastiere eseguono all'unisono il medesimo glissando discendente, mentre il basso si sofferma sulle fondamentali Re bemolle, Mi, Si, Fa e la batteria assume violentemente corpo, facendosi quasi rabbiosa per poi calmarsi solo alla fine e cedere il posto ad una nuova sezione B2. Essa si distingue da B1 perché oltre alla modulazione in Si ve n'è un'altra alla tonalità di Re maggiore, suddivisa in due sottoparti: nella prima, della durata di ventiquattro misure, ascoltiamo il solo di tastere di Zawinul; nella successiva il secondo tema si ripete per altre trentadue misure, sempre scambiato fra sax tenore e tastiere. Il brano si chiude con la riproposizione di A, in cui però il tema figura al sax con piccole, regolari variazioni. Dopo ventitrè misure, il brano si chiude d'improvviso.

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Il paziente lettore potrà utilizzare questa analisi in maniera proficua confrontando la presente versione del brano con quella registrata dall'autore con i Word of Mouth: il raffronto è strabiliante per il modo in cui Pastorius reincastra i temi, affidandoli a nuovi strumenti dell'orchestra e... ma di questo parleremo in un'altra occasione. Intanto, non possiamo eludere qualche dettaglio stilistico del brano che rappresenta una sintesi perfetta del percorso artistico di Pastorius: un gusto delicato per l'utilizzo degli armonici, i temi cantabili e intriganti e la strutturazione formale semplice combinata ad un calibratissimo meccanismo di modulazioni anche all'interno delle singole sezioni, che portano il brano da una regione tonale ad un'altra senza che l'ascoltatore se ne accorga troppo. Quest'ultima, sia detto per inciso, è una caratteristica che Pastorius ha introdotto nel mondo musicale dei Weather Report in esatta antitesi ai parametri compositivi di Zawinul, che invece si sposta a fatica verso tonalità lontane. "Three Views of a Secret" è la perla del disco e il suo ascolto ripetuto più volte non stanca proprio in virtù della profondità compositiva magistrale che Pastorius gli ha conferito. Al disco segue a giugno un tour promozionale in Giappone, durante il quale uno Jaco Pastorius in preda al delirio causa disastri a dismisura. La presenza di Ingrid non serve affatto a mantenerlo calmo; al contrario, i violenti litigi terminano regolarmente con Jaco da solo, che beve in continuazione e sniffa quantità di coca inimmaginabili. Certe volte alla sera è così a pezzi che quasi non riesce a suonare; ad Osaka, ad esempio, finisce sbronzo marcio a metà mattina e Zawinul comincia seriamente a pensare di cacciarlo via. In qualche modo si va avanti, i successivi concerti sono perlopiù in giro per gli Stati Uniti con le consuete tappe al Playboy Jazz Festival di metà giugno e la partecipazione al Cannonball Adderley Jazz Festival di Tallahassee ai primi di ottobre, cui si aggiunge il 13 di agosto una puntatina a Rio de Janeiro dove si svolge l'edizione brasiliana del Monterey Jazz Festival [46]. Per il bassista di Fort Lauderdale è comunque arrivato il momento per concretizzare un progetto parallelo ai Weather Report, del quale parla da tempo [47]. Spostiamoci per un attimo all'agosto del 1980: Pastorius e l'ingegnere del suono Peter Yanilos lavorano alacremente ai nuovi brani di un disco pensato per una big band da costruire man mano. La produzione è complessa e costosa, ma la Warner Bros gli ha assicurato un contratto cospicuo pur di strapparlo alla Columbia, con la quale rimarrà comunque legato ancora per qualche tempo [48]. Parallelamente prosegue nel partecipare alle prove del nuovo album dei Weather Report, che avvengono nei mesi successivi presso la casa di Zawinul a Los Angeles. Pastorius è distratto e svogliato, non ne vuole sapere di imparare a memoria l'enorme quantità di musica scritta e arrangiata dal leader della band; appena può, corre al telefono per chiamare il management e chiedere più soldi, più soldi ancora. Brutte liti che contribuiscono ad arroventare un clima già da qualche tempo surriscaldato, come abbiamo potuto intuire. Racconta Erskine che poco prima di partire per il tour, Pastorius ha pronte le prime tracce del suo progetto con i Word of Mouth delle quali è orgogliosissimo e con una certa ansia fa ascoltare uno dei brani migliori, "Liberty City", a Zawinul.

La risposta è sprezzante: restituendogli le cuffie, questi bolla malamente il brano come "una cagata da big band di una high school": Pastorius rimane atterrito, il giudizio inaspettato da parte del suo maestro/amico fraterno - se non paterno, come abbiamo visto - diventa origine di una delusione acuta e forse addirittura concausa delle crisi depressive sempre più terribili che lo colpiscono malamente [49]. Il tour successivo è l'ultimo dei Weather Report in questa formazione e comincia di nuovo in Giappone, nel maggio del 1981; tutta la stampa e la critica specializzata arriva in massa per il concerto d'apertura di Tokyo, curiosissima di ascoltare le nuove composizioni. Pastorius inizia al meglio: rischia l'arresto non appena mette piede in aereoporto per non meglio specificabili atti osceni sull'aereo. Non conosce bene i brani e pensa di risolvere il problema piazzando le partiture sui monitor e sul pavimento; ma ciò non toglie che il concerto sia comunque un disastro totale, simile per esito a quello descritto con il Trio of Doom a Cuba. Prende a suonare in maniera distratta, quasi a caso, manda in rovina la serata con i fischi laceranti dei microfoni del suo strumento davanti ai coni delle casse, nel più completo sgomento dei presenti. All'uscita dal palco nel backstage, si fa in modo che Zawinul e Pastorius non si incrocino per evitare le botte: i due lasciano il luogo del concerto su macchine separate, l'uno in preda all'ira più accesa, l'altro ubriaco perso. Il leader della band decide di intraprendere subito le ricerche per un nuovo bassista, ma la mattina seguente Pastorius si presenta mogio mogio alla porta della sua camera, chiedendo perdono per la malefatta. Zawinul accetta le scuse, lo invita a rimettersi sui binari perché i concerti ancora da fare sono tanti: ed infatti Jaco si mette subito a

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studiare tutti i brani riprendendo il controllo di sè e permettendo che il tour prosegua con ottimi risultati. Qualche giorno dopo, la stampa viene invitata nuovamente ad un concerto sostitutivo del primo e in maniera sottile ma efficace si invitano i giornalisti a soprassedere sulla disfatta di cui sopra [50]. Zawinul e Shorter da una parte, Pastorius dall'altra proseguono tristemente una vita on the road da "separati in casa": Howarth ricorda addirittura che nel dopo concerto i primi si trovano insieme al bar a scambiare due chiacchere davanti ad un drink, il secondo si chiude in camera e da lì non si muove [51]. Dopo un'ottima apparizione al Playboy Jazz Festival all'Hollywood Bowl alla seconda metà di giugno, cominciano presto le registrazioni per l'album presso lo studio Power Plant di New York. Tutti i brani sono di Zawinul, eccetto "When It Was Now" che porta la firma di Shorter e due brani collettivi, "Dara Factor One" e "Dara Factor Two". Questi ultimi due sono il frutto di una lunga session a più riprese, costruite attorno ad un groove e ad una melodia di base distinguibili entrambe al primo ascolto. L'album esce nell'aprile del 1982, alle prese in classifica e negli airplay con Wynton Marsalis e il suo album omonimo, Off Ramp di Pat Metheny, As We Speak di David Sanborn e poi We Want Miles di Miles Davis. Non è che questo nuovo album, dal titolo Weather Report come il primissimo pubblicato dalla band in tutt'altra formazione, sia del tutto scadente: c'è qualcosa da salvare, come la traccia d'apertura "Volcano for Hire" , la ballad "Speechless", la non disprezzabile suite dal titolo "N.Y.C.". Ma è davvero troppo poco. È possibile ascoltare chiaramente quanto la carica che la band poteva vantare in passato si sia assopita per non dire quasi spenta, quanto la musica sia in fondo trita e ritrita. Quanto Jaco Pastorius sia lontano con la mente. La seguente recensione di Gene Kalbacher rende bene l'idea del disco: I Weather Report offrono una buona e una cattiva notizia ai seguaci della fusion migliore: la buona è che Zawinul, l'imperioso tastierista, si è fatto valere ancora come l'autore principale dei brani. La cattiva è che le sue composizioni non sono all'altezza delle precedenti. (...) "Dara Factor One", che apre il lato B e "Dara Factor Two" che lo chiude sono le tracce più convincenti dell'album. Nell'ultima, Zawinul e Shorter conversano concisamente senza sovrapporsi l'un l'altro e, cosa degna di interesse, il bassista Jaco Pastorius dà prova di riuscire ad ascoltare bene tanto quanto suona. Seleziona i suoi spazi e riduce al minimo i funambolismi. I fan appassionati dei Weather Report non troveranno niente in questo LP di così elettrizzante come poteva essere "Birdland", ma c'è abbastanza per giustificare un ascolto ripetuto e gratificante. [52] È la fine dei Weather Report in questa formazione: il primo ad andare via è Robert Thomas jr., poi è il turno di Pastorius che, impegnatissimo con il tour promozionale in Giappone del suo album con i Word of Mouth, sceglie la strada che più lo stimola in questo momento. Peter Erskine lascia anch'egli il suo posto per andare a sostituire Steve Gadd negli Steps Ahead (già Steps), una formazione che comprende nomi del calibro di Michael Brecker e Mike Mainieri destinata a divenire una sorta di perno centrale nel contesto del jazz elettrico degli anni Ottanta. Erskine prosegue comunque una collaborazione con i Word of Mouth, che si rivela subito particolarmente fortunata. Una quantità esagerata di inchiostro riempie le cronache delle riviste specializzate di questo periodo in merito alla separazione di Jaco Pastorius dal gruppo. L'ipotesi più probabile è quella riportata da Zawinul, secondo la quale al bassista viene concessa un'aspettativa di un anno da dedicare ai suoi progetti solisti; le intenzioni sarebbero addirittura quelle di far beneficiare dell'anno sabbatico tutti i membri della band, perché possano anche loro mantenere i loro percorsi individuali ma l'idea viene presto revocata per via di impegni contrattuali ineludibili. Per questa ragione Zawinul e Shorter si trovano ad avere bisogno d'improvviso di un musicista affidabile con cui proseguire il loro percorso musicale ed economico intensissimo, fatto di sessioni in studio, nuovi album, tour promozionali e così via in continua rotazione, con tregue ridotte al lumicino [53]; decidono pertanto di assumere un nuovo bassista, oltre che un nuovo batterista. E però non è difficile immaginare il fatto che il continuo aggravarsi dei problemi personali di Pastorius fossero andati a sollecitare questa soluzione. A dimostrazione dell'ipotesi di una separazione soft arriverebbe l'intervista rilasciata quasi tre anni dopo da Jaco Pastorius a Bill Milkowski per Guitar Player: "Non ho mai lasciato del tutto i Weather Report. Ancora oggi suono in giro la nostra musica. E se loro mi chiameranno fra una settimana o fra un anno, se funziona, ritorno. Ma per adesso è solo l'incompatibilità dei tempi che ci divide" [54] . Volontà e intenti a parte, Pastorius e Zawinul si rivedranno ancora pochissime volte, l'ultima delle quali ad un concerto in solo di

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quest'ultimo alla Carnegie Hall. In quell'occasione Zawinul reincontra il Jaco Pastorius "buono", quello gentile e lucido che lo aiuta durante il sound check e che ancora oggi non smette mai di ricordare, in ogni intervista in cui venga citato il suo nome [55]. Quello che era diventato sempre più difficile da trovare, e che qualcuno aveva sperato fino all'ultimo di riavere. L'eredità del musicista di Fort Lauderdale è riconoscibile per un semplicissimo dato di fatto: Jaco Pastorius è il basso elettrico. Egli sta al suo strumento come Louis Armstrong alla tromba, invitiamo chiunque a dimostrare il contrario. Su delle basi preesistenti preziose ma ancora immature quali erano quelle dello strumento alla metà degli anni sessanta, Pastorius ha sviluppato una tecnica e uno stile che hanno liberato il basso dalle gabbie cui era stato relegato in maniera quasi inamovibile. Doverose eccezioni vanno fatte per musicisti del calibro di Stanley Clarke, il più volte citato Alphonso Johnson, Marcus Miller e ancor più per Steve Swallow, il quale ha da sempre intrapreso una percorso talmente personale da risultare inimitabile. I più o meno grandi bassisti che si sono alternati in questi vent'anni hanno preso moltissimo da Jaco. Qualcuno lo ha idolatrato da giovane per poi rinnegarlo, ma poco importa: le orecchie ben allenate non intendono bugie musicali. Pastorius ha proseguito dunque la sua carriera capitanando i Word of Mouth per un paio d'anni e con loro ha pubblicato pochissimi dischi di ottima qualità, in cui il ruolo della big band assume un profilo del tutto particolare perchè costruito attorno al basso elettrico. Ha portato avanti collaborazioni con altri musicisti di alterno interesse.

Ma un carattere difficile ed una condotta di vita sempre più rischiosa lo ha portato nel giro di pochi anni alla totale dissoluzione artistica e personale: è morto a soli trentacinque anni, in circostanze violente e solo dopo aver conosciuto l'amarezza della solitudine, l'umiliazione della permanenza forzata in un ospedale psichiatrico, la vita da barbone per le strade. Tanti racconti che riguardano fatti e misfatti degli ultimi anni della sua vita alimentano centinaia di pagine web ed una biografia da prendere con una certa cautela; in riferimento a quest'ultima, lo scambio di accuse fra il compilatore del volume Bill Milkowski e la famiglia Pastorius si è rivelata un raro esempio di squallore: l'uno accusa gli altri di approfittare in malo modo dei diritti sull'eredità di Jaco, costoro rispondono giudicando la biografia inattendibile. Nel 1982, Jaco lasciò i Weather Report.

La discografia ufficiale dei Weather Report in cui figura Jaco Pastorius: 1976. Black Market ,1977. Heavy Weather,1978. Mr. Gone,1979. 8:30,1980. Night Passage, 1982. Weather Report - Tutti i titoli sono pubblicati da Columbia/Sony Music.

Per i fans questa era l' occasione per sentirlo come arrangiatore a capo di un ' orchestra di ben 20 elementi che includeva corni francesi e steel drums. Nei Weather Report, Zawinul aveva fatto un po' da padre riuscendo a tenere Jaco in riga. Ora, trovandosi da solo, piombò in un ciclo di auto-distruzione. Amici e musicisti cominciarono a preoccuparsi seriamente sulla salute mentale di Jaco durante il disastroso tour in Giappone nell' 82 con la Word of Mouth band. Erskine ricorda, "La word of mouth era una grande band. Suonavano alcuni dei migliori musicisti di New York in quella band, ma Jaco sembrava stesse sabotando completamente il gruppo a destra e a sinistra. Dirigeva il tutto abbastanza bene,anche gli arrangiamenti di tutte le sezioni, ma durante gli show succedevano cose dell' altro mondo.Quelle poche volte che era sobrio suonava in maniera incredibile, ma quando arrivava sul palco completamente ubriaco con la faccia pasticciata con pennarelli, facendo capriole e correndo per tutto il palco era veramente una cosa triste da vedersi. Nel suo sguardo si riusciva a capire che tutto girava per il verso sbagliato."

Sempre durante il tour in Giappone, Jaco fu arrestato per aver guidato una moto nudo per le strade di Tokio. Nel 1983, a Rimini, durante un tour in Italia con la Word of Mouth band, cadde da un balcone di un albergo, precipitando da 6 metri , rompendosi un polso e 3 costole fratturate. Al Playboy Jazz Festival del 83 ,fu trascinato giù dal palco dopo aver causato un tumulto. L' estate del 1986 fu un incubo che culminò col ricovero di Jaco al reparto psichiatrico del Bellevue Hospital di New York, dove ci rimase per 6 settimane. Gli fu diagnosticato una forte depressione con sbalzi di umore e atteggiamenti paranoici. Una volta uscito riprese l’abuso di alcol e droga e spesso si aggirava per le vie della Grande Mela scalzo e ubriaco, molestando e insultando i passanti. Le stranezze e gli insulti gli alienarono la simpatia dei

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discografici e degli impresari, che non erano più disposti a concedergli date e luoghi dove esibirsi: Il sindacato dei musicisti spesso assente, l’industria musicale irriconoscente verso uno dei suoi membri, assistenza medica troppo costosa per i ceti medi. Questo sistema fece naufragare Jaco. La situazione era così disperata, al punto tale, che era difficile lamentarsi in qualsiasi direzione. Nonostante gli aiuti di amici come Bob Bobbing (uno dei più accreditati studiosi di Pastorius), Othello Molineaux e Peter Erskine, la parabola discendente di Pastorius era inarrestabile. Othello Molineaux, virtuoso musicista di steel plans ricorda, "Mi trasferii a Ney York nel 1985. In quel periodo Jaco si aggirava per Washington Square Park, passando da un casino all' altro.Cercai di aiutarlo in qualunque modo possibile ma aveva totalmente perso il controllo; il suo senso distruttivo era troppo forte. Rimasi in contatto con Jaco sperando che fosse possibile fare qualcosa per farlo tornare indietro, ma vedendolo si capiva chiaramente che il suo spirito non c'era più, era come un guscio svuotato.La sua anima che per anni lo aveva protetto quando si aggirava senza dormire per giorni interi, non c'era più.Alla fine lasciò che questa forza vitale se ne andasse." Jaco continuò a vagabondare, lasciando che dentro di lui quella energia si spegnesse progressivamente, nella attesa struggente di una fine ormai prossima.

Chissà cos'altro avrebbe potuto fare, quanto ancora avrebbe saputo rinnovarsi. Quel che ha lasciato può comunque darci la dimensione di un genio assoluto della musica, un innovatore, un precursore, un folle, ma prima di tutto un musicista vero. "Era così fortemente connesso con il cielo e la terra - racconta la moglie in una intervista - che ho sempre visto lui come un condotto tra entrambi, mentre esprimeva i suoi segreti attraverso la sua musica” Joni Mitchell disse una volta, “lui è la faccia dell'uomo sulla Luna". “devo dire che l'ultima volta che mi sono emozionato e commosso è stato al concerto di Toots Thielemansn, l'anno scorso(2003)- racconta Gianluca Rienzi in una intervista a jazzitalia ……... mi ha molto toccato anche il suo ricordo di Pastorius, quando durante il brano "Three views of a secret", si è fermato ed ha detto: "molti considerano Jaco un pazzo visionario, ricordate che per scrivere un pezzo così non si può essere pazzi!" . Jaco Pastorius, Diamante Pazzo della chitarra basso, un innovatore fragoroso, un genio, un fuoco divampante.Addio Jaco Ringrazio coloro i quali mi hanno permesso di raccogliere informazioni utili al racconto: in particolare lo immenso mondo “WEB”, (enciclopedia infinita) e tutti i suoi protagonisti. Questo libretto, è dedicato a tutti coloro che (protagonisti e fans) amano il jazz, ma in modo particolare è dedicato al grandissimo Jaco Pastorius.

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Note: 1. Per le note biografiche si è fatto riferimento alle seguenti fonti: "Jaco Pastorius" di J. Bradford Robinson, voce biografica del New Grove Dictionary of Jazz, Macmillan Reference Ltd. 1988 e 2001; "Jaco Pastorius: the Florida flash" di Neil Tesser, Downbeat, 27/I/1977; intervista a Pastorius del 1977 inclusa nel volume Jazz-Rock Fusion - The people, the music di Julye Coryell e Laura Friedman, Dell, 1978; "Portrait of Jaco" di Steve Rosen, 1978. Ad eccezione della voce biografica del Grove, tutti i documenti sono reperibili nelle pagine del sito web www.jacopastorius.com

2. Una tecnica che Pastorius non ha invece mai utilizzato è quella dello slap, che consiste nel tirare violentemente le corde in rapida successione per ottenere dei suoni molto definiti e di grande impatto. Questa tecnica venne sviluppata con abilità da Larry Graham, storico bassista degli Sly and the Family Stone, e successivamente da Stanley Clarke e da Mark King della pop band Level 42. 3. Presso quella scuola Pastorius ha l'insegnamento del corso di basso per un semestre; dirige inoltre la big band e cura per essa gli arrangiamenti. Cfr. "Jaco Pastorius" di J. Bradford Robinson, op. cit. e "Jaco's Forecast is Sunny" di Jack Zink, Fort Lauderdale News,1977, giorno e mese di pubblicazione sconosciuti; reperibile presso il sito www.jacopastorius.com 4. Questa ricostruzione dell'accaduto è stata realizzata attraverso il confronto dei ricordi in merito alla vicenda di Pastorius (cfr. l'intervista "Jaco Pastorius: the Florida Flash", op. cit.) e di Zawinul (cfr. l'intervista contenuta nell'ottimo volume monografico In a Silent Way. A portrait of Joe Zawinul di Brian Glasser, Sanctuary Publishing Limited, 2001, pag. 182-4 - per leggere una recensione di questo libro clicca qui). 5. Per una sintesi breve ma molto indicativa sul percorso artistico del personaggio, si veda "Joe Zawinul: Austrian Folk and Weathered Funk" di Mike Zwerin, Luglio 1998, reperibile alla pagina web www.culturekiosque.com/jazz/miles/rhemile15.htm 6. Cfr. Jazz-Rock: a History di Stuart Nicholson, Schirmer Books, 1998, pagg. 163-4. Il volume è la più esaustiva e aggiornata storia del jazz elettrico nelle sue varie forme esistente sul mercato; a Jaco Pastorius e i WR sono dedicate le pagine 173-80. 7. Al proposito, è utile notare il fatto che sia stato Johnson e non Pastorius ad introdurre nella band le sonorità del basso senza tasti, che possiamo già ascoltare nel brano "The Man in the Green Shirt" (Tale Spinnin', Columbia, 1975). 8. Cfr. "Weather Report" di Barry Kernfeld, voce del The New Grove Dictionary of Jazz, Macmillan Reference Ltd, 1988. Per un profilo critico accurato sulla produzione della band nelle sue varie formazioni, si veda il capitolo "The Mysterious Travellers" in Jazz-Rock: a History, op. cit., pagg. 158-183. 9. Per un profilo sintetico ma efficace sul musicista, si veda la voce "Wayne Shorter" del CD Rom Il Jazz, a cura di Marcello Piras, Editori Riuniti, 1998.

10. Il titolo completo è Weather Report Live in Montreaux, Four Aces 1976. Dalla medesima performance è stato tratto un rarissimo video, oltre che la versione di "Rumba Mama" presente su Heavy Weather. Cfr. "An Interview with Alex Acuna", www.zawinul.freeweb.supereva.it/articles/acuna.htm?p 11. Cfr. In a Silent Way, op. Cit., pag. 191-2. 12. Cfr. Storia della Fusion di Vincenzo Martorella, Ed. Castelvecchi, 1998. Le citazioni che seguono provengono da questo volume, pagg. 50-51. Dello stesso autore si veda anche l'ottimo "Canta il corpo elettrico", "Alias" (supplemento del sabato de "il manifesto"), 2/IX/2000 13. Cfr. Il Nuovo Libro del Jazz dal New Orleans al Jazz Rock di Joachim Ernst Berendt, ed. it. a cura di Giuseppe Barazzetta, Ed. Vallardi, 1986, pag. 432. 14. Cfr. le note di copertina a cura di John Ephland presenti sulla ristampa del cd, scritte nell'Aprile 1997. 15. Zawinul fa notare in un'intervista che l'intera linea di basso del brano è raddoppiata dal suo Oberheim al fine di aumentarne l'attacco. Cfr. In a Silent Way, op. Cit., pag. 198 16. Cfr. L'intervista a Jaco Pastorius di Clive Williamson per BBC Radio, settembre 1978, reperibile su www.jacopastorius.com 17. Cfr. "An Interview with Ingrid Pastorius" di Marco Piretti, pubblicato alla pagina web www.zawinulfans.org/engindex.htm ,"Jaco Pastorius: Tempest in a Bass" di Bob Blumenthal, Rolling Stone, 5/V/1977 e infine The Extraordinary and Tragic Life of Jaco Pastorius di Bill Milkowski, Backbeat Books, 1996, trad. it. pubblicata da Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri. Questo volume è l'unica biografia di Pastorius attualmente in commercio

18. Cfr. "My conversation with Peter Erskine" di Fred Jung, Febbraio 2000, pubblicata nel Webmagazine All About Jazz alla pagina wwww.allaboutjazz.com/IVIEWS/perskine.HTM 19. cfr. "Requiem for Jaco" di Bill Milkowski, Musician, Dicembre 1987 e "My conversation with Peter Erskine", op. Cit. 20. Cfr. In a Silent Way, op. Cit, pag. 193-4. 21. L'intervista è consultabile nel sito web www.innerviews.org che raccoglie una parte delle interviste della Prasad. 22. Per la precisione, 43 date in 45 giorni complessivi.

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23. La testimonianza di Albertson è reperibile presso la pagina web: wwww.allaboutjazz.com/REVIEWS/r0177_017.htm 24. Cfr. The Extraordinary and Tragic Life of Jaco Pastorius, op. Cit., pag. 84-5. 25. Cfr. l'intervista di Clive Williamson, op. Cit. 26. Cfr. Il Nuovo Libro del Jazz dal New Orleans al Jazz Rock, op. cit., pag. 432. Il frammento della recensione di Downbeat è ripreso da questo volume 27. La breve descrizione degli strumenti proviene da Storia della fusion, op. cit.; si veda anche la pagina web: www.binkie.net/zawinul/Keyboards.html 28. Una definizione vera e propria del jazz è forse impossibile da formulare. Per avvicinarsi alle ragioni di tale difficoltà, si legga la voce "Jazz" di Max Harrison dal New Grove - Dictionary of Music and Musicians, Macmillan, 1980.

29. "Weather Report Answers Its Critics" di Larry Birnbaum, Downbeat, Febbraio 1979. 30. Cfr. Jazz-Rock Fusion - The people, the music, op. cit. 31. Cfr. "Jaco Pastorius: the Musician Interviewed" di Damon Roerich, Musician, n° 26, 1980. 32. Cfr. l'intervista a Clive Williamson, op. cit. 33. Cfr. "Portrait of Jaco", op. cit. 34. Nell'ultimo brano indicato Pastorius non suona, sostituito dal basso sintetizzato dell'Arp Quadra di Zawinul: il motivo, stando a quanto racconta quest'ultimo, è che il musicista non si è presentato alle registrazioni a causa di un arresto per eccesso di velocità. Cfr. In a Silent Way, op. Cit, pag. 213 e segg. e l'intervista "25 anni con Zawinul" di Fabio di Biagio, reperibile alla pagina web: www.zawinulfans.org/itaindex.htm Pare utile far notare come nel disco non vi sia alcun titolo tratto dal contestato "Mr. Gone". 35. La trascrizione e l'analisi del solo, che non a caso si intitola "Slang", sono reperibili nel volume A Portrait of Jaco: The Solos Collection di Sean Malone e sono state entrambe ripubblicate alla pagina web www.fenderplayersclub.com/pdfs/artist_lessons/jaco.pdf 36. È però doveroso ricordare che i due brani vennero registrati in fretta per rispettare un impegno contrattuale. Cfr. 9. In a Silent Way, op. cit., pag. 214.

37. Cfr. la rubrica "Soundings" di Ira Sabin, Jazz Times, Luglio 1979 che riporta tutte le date del tour che vede la Mitchell al fianco di Wayne Shorter, Lyle Mays, Don Alias, Pat Metheny, Peter Erskine, Emil Richards e naturalmente Pastorius. 38. Cfr."Jazz Echo - Publication of the International Jazz Federation Inc.", October 1979, Vol. 9 n° 42, pag. 12. 39. Cfr. "A Conversation with Ingrid Pastorius" di Wally Breese, 21 marzo 1988, reperibile alla pagina web: www.jonimitchell.com/Ingrid98.html 40. Havana Jam, VV.AA., pubblicato prima in 2 LP nel 1979 (CBS PC2 36053), poi nel '97 in 2 CD (Sony SRCS 9159/60). 41. Tutta la vicenda è raccontata in "John McLaughlin. Past, present & future" di Bill Milkowski, Jazz Times, Agosto 1992. Anche reperibile su www.cs.cf.ac.uk/Dave/mclaughlin/art/present.html 42. Cfr. la rubrica "Soundings" a cura di Ira Sabin dei numeri di maggio, giugno, luglio di Jazz Times, 1979. 43. Curiosamente, il tempo della batteria nel corso del brano va leggermente ad aumentare, cosa che non lascia molto soddisfatto il batterista. Cfr. In a Silent Way, op. Cit., pag. 214-220. 44. Si confronti ad es.Il Nuovo Libro del Jazz dal New Orleans al Jazz Rock , op. Cit., pag. 433.

45. Cfr. "An Interview with Ingrid Pastorius", op. Cit. 46. Cfr la rubrica "Soundings" di Ira Sabin, Jazz Times nei mesi di maggio, giugno, luglio e agosto del 1980. 47. Cfr. "Portrait of Jaco", op. cit. 48. L'album, dal titolo Word of Mouth, comparirà sul mercato nell'ottobre del 1981, in concomitanza con l'uscita dalle classifiche di Night Passage, con risultati di vendite inferiori alle aspettative. 49. Cfr. "The Extraordinary andTragic Life...", op. Cit., pagg.103-104. 50. Cfr. "The Extraordinary and Tragic Life...", op. Cit., pagg. 103-107 e "In a Silent Way", op. Cit., pagg. 223-5. 51. "In a Silent Way, op. Cit., pagg.194.

52. Recensione di Gene Kalbacher apparsa su CMJ - New Music Report, Febbraio 1983. Anche consultabile alla pagina web: www.cmj.com/articles/display_article.php?id=8542 53. Cfr. "Venticinque Anni con Zawinul", op. cit. e "An Interview with Ingrid Pastorius", op. cit. 54. "Bass Revolutionary" di Bill Milkowski, Guitar Player, Agosto 1984 55. "The dialects of jazz" di James Woodward, DownBeat, Aprile 1988

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Interviste di parenti ed amici

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Un'intervista con Ingrid Pastorius (19 giugno 2000) (Courtesy http://www.zawinulfans.org/italiano/ingrid.htm -di Marco Piretti). La famiglia Pastorius ha recentemente lanciato il suo sito ufficiale www.jacop.net o www.jpastorius.net.

E' un evento importante per tutti noi, ammiratori di Jaco ed amanti della sua musica. In occasione di questa buona notizia, Ingrid Pastorius (la vedova di Jaco) ha accettato di rispondere ad alcune nostre domande:

D.Sig.ra Pastorius, può dirci qualcosa circa il suo primo incontro con Jaco ?

R.Mi ero appena trasferita da mio fratello Paul a Fort Lauderdale, e dal momento che lui era un musicista locale, batterista per la precisione (Word of Mouth, Birthday Concert), era solito farmi sapere di alcuni dei concerti migliori nei dintorni. Un giorno ho sentito Paul, e qualche altro amico, ed alcuni musicisti parlare di Jaco. C'era questa diceria che circolava per la città… si poteva sentirne l'energia… Questa eccitazione per l'attesa, che si verificava ogni volta che Jaco era vicino casa, significava che si sarebbe sicuramente esibito da qualche parte, ad un certo punto, ma non si sapeva mai quando, o dove. Allora tutti stavano continuamente sperando ed augurandosi di vederlo. Credetemi quando dico che avreste potuto sentire il ronzìo… Era al Players Club, Jaco si esibì con Alex Darqui (tastiere) e Rich Franks (batteria). Rich, tra parentesi, era quello che sostituì Jaco alla batteria, quando era alla Las Olas Brass Band, durante il periodo del Teen Town.

D.Qual era il comportamento di Jaco nella sua vita privata, a casa e con la famiglia ?

Jaco, per prima cosa, era un uomo che adorava i suoi figli, e li ha sempre fatti sentire speciali. Credeteci o no, era uno che sapeva come rilassarsi, e quando era in giro, non vedeva l'ora di tornare a casa e falciare l'erba del prato. Questo potrebbe suonare come buffo, ma è vero, amava le gite, quindi siamo stati spesso in campeggio, a fare delle escursioni, in spiaggia o in barca. Faceva da sé molte delle manutenzioni della casa, lavori sull'impianto elettrico, pittura o riparazioni. Durante il tour con Joni [Joni Mitchell, ndr] Lyle Mays gli insegnò a fare dei giochi di prestigio… Questo diventò uno dei suoi passatempi preferiti; si assicurava di avere delle palle con lui quasi ovunque fosse.

D.Quando Jaco non era in tour, a casa, spendeva molto tempo suonando lo strumento ?

R.Non sono sicura di cosa potrebbe essere considerato suonare molto lo strumento, ma sì, lo suonava spesso. A volte stava giorni senza suonare il basso, poi poteva suonarlo per molte ore ininterrottamente, raramente con un amplificatore, ma sempre stava dando lo spettacolo della sua vita…. Altri giorni lavorava prevalentemente sul suo Prophet 5, o sul pianoforte, componendo o registrando sul suo quattro tracce.

D.Sappiamo che Jaco amava la musica di Zawinul fin dal periodo di Cannonball Adderley. Pensa che Jaco fosse influenzato dalla musica di Cannonball ?

R.Non posso dirlo con certezza, ma dirò che era influenzato da qualsiasi cosa da cui fosse attratto, sicuramente si possono sentire, ed ascoltare molte delle sue influenze, ed "groove" di Cannonball, credo, era lì…

D.Può dirci qualcosa circa il primo incontro tra Jaco e Joe Zawinul ?

R.Non c'ero quando è avvenuto, ma quello che ho sentito riguarda l'insistenza di Jaco affinché Joe ascoltasse il nastro avuto da Jaco dalla sua prima sessione di registrazione. Successe che i Weather Report fossero in città in quel momento, e Joe con riluttanza accettò di incontrarsi con lui. Dopo aver ascoltato, Joe gli chiese se potesse suonare anche il basso elettrico, allora Jaco lo informò che era proprio quello che aveva appena ascoltato. Credo che questo fosse l'inizio di "Weather Report: The Jaco Years".

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D.Cosa può dirci delle relazioni tra Jaco e Zawinul ? Qualcuno ha asserito che Zawinul fosse come un padre per lui, e che la partenza di Jaco dai Weather Report lo avrebbe lasciato privo di questo importante punto di riferimento. Qual è la sua opinione su questo ?

R.Non sono sicura di chi intendi fosse lasciato privo di un importante punto di riferimento, ma se stai parlando di "Zawa-head" (il modo con cui Jaco lo chiamava) [si potrebbe tradurre: "il capo-Zawinul", ndr], allora potrei dire che potrebbe esserlo stato. Secondo me, dopo che Jaco li ha lasciati, i WR non sono più stati gli stessi. Forse "il figlio" ha avuto bisogno di uscire fuori e vedere il mondo musicale attraverso i suoi occhi, ma so che Jaco ha sempre considerato sé stesso il "terzo membro" della band, e per il futuro pensava di "tornare a casa" un giorno o l'altro. Peccato che questo non sia mai avvenuto. I WR sono ancora il mio gruppo jazz/fusion preferito, nessuno ha mai saputo avvicinarsi a loro, ed è così anche per i miei figli Julius e Felix, che ascoltano quasi tutti i giorni i WR di quel periodo.

D.E le relazioni con gli altri membri della band, per esempio Wayne Shorter ?

R.Agli occhi (ed alle orecchie) di Jaco non c'era nessun altro sassofonista che rispettase più di Wayne. Lui e Wayne avevano rapporti molto affabili, e Jaco si sentì sempre vicino a lui ed alla sua famiglia.

D.Nel 1977, dopo un solo anno di permanenza nel gruppo, Jaco era già co-produttore dell'album dei WR "Heavy Weather", che cambiò realmente la storia della fusion…

R.Sono felice che tu la metta in questi termini; sicuramente sembrò così a molta gente. Jaco era un autodidatta, non soltanto sul suo strumento, o nella composizione, ma anche nello studio di registrazione. Quest'uomo sapeva come lavorare, e lo faceva bene.

D.Può darci qualche informazione in più circa la genesi delle composizioni di Jaco in Heavy Weather, "Teen Town" e "Havona" ?

R."Teen Town" era un riferimento a questo club per adolescenti a Fort Lauderdale, Florida, dove Jaco era solito suonare quand'era un teenager. Penso che lui ricordasse con molto affetto quel periodo. "Havona" prese il nome dalla lettura di Jaco di Urantia. Nel libro, Havona era un posto particolare. Entrambe queste composizioni avvennero prima che lo incontrassi.

D.E poi il periodo di "Mr. Gone", immaginiamo che lo stress fosse alto, a causa dell'alto numero di concerti…

R."Mr. Gone", non il preferito per alcuni, ma penso che ci sia più di quanto possa sembrare. Per me, personalmente, "Mr. Gone" è allo stesso livello di "Heavy Weather". In più ha "Punk Jazz" e "River People", niente di meglio di ciò, anche se forse sono parziale perché ho avuto la fortuna di incontrare Jaco in questo tour. Penso che fecero qualcosa come 43 concerti in 45 giorni…

D.L'album 8:30 fu registrato nel Gennaio e Febbraio 1979. Può dirci qualcosa di più su questo periodo, e sull'idea di registrare un album dal vivo ?

R.Sì, da quello che ricordo, tutti loro [i WR, ndr] furono soddisfatti delle loro prestazioni durante quel tour, e le registrazioni dal vivo furono fatte. Inoltre registrarono gli stessi brani in studio a Los Angeles, on approssimativamente un centinaio di amici e membri della famiglia presenti. Credo che alcuni di noi fossero alquanto felici di aver assistito ad un concerto privato dei WR, incredibile !

D.Avrebbe qualche dettaglio per noi circa la genesi del pezzo "Three Views of a Secret" ?

R.Devo dire che questo pezzo è uno dei miei favoriti, bene, il preferito…. Jaco si era da poco trasferito nel mio piccolo appartamento, e presto da quel momento in poi ricevette il Prophet 5 che aveva ordinato, che rimpiazzò l'ingombrante Oberheim. E' allora che "Three Views" nacque. Inizialmente partorì con il mio nome, ma all'epoca trovai spiacevole l'idea. Non mi pento di avergli fatto cambiare il titolo, semplicemente

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mi piace il nome del brano com'è adesso. Veramente, penso che abbia "rubato" il titolo dal suo amico chitarrista Charlie Brent….

D.Qual è la sua opinione a proposito dell'interruzione delle relazioni musicali tra Zawinul e Jaco, e della partenza di Jaco dai Weather Report ?

D.Per me, personalmente, fu una triste circostanza, per il fatto che credo essi stessero facendo della bellissima musica… e, per me come ascoltatrice, ho sentito che fosse una perdita. So che Jaco ebbe il bisogno di cambiare la propria direzione, e "Word of Mouth" era qualcosa che volle realmente fare. Ricordo come fosse pieno di speranze che Joe e Wayne, le sue guide, apprezzassero quello che aveva fatto con questo disco.

D.Dopo la separazione dai WR, le relazioni con Zawinul continuarono ?

R.Non credo che si videro molto tra loro, ma certamente Jaco amava Joe e Wayne, e chissà cosa ci sarebbe stato in serbo per loro se le cose non fossero andate come andarono….

D.E poi l'esperienza di Jaco come solista e band leader. Nell'album "Word of Mouth" Jaco suona una canzone dei Beatles, "Blackbird". A Jaco piacevano i Beatles ?

R.Jaco, secondo la mia opinione, era uno spontaneo e grande band leader, capace di tirar fuori il meglio dai musicisti. Sì, credo che Jaco ascoltò i Beatles, gli piacevano e li rispettava. Era veramente afflitto quando John morì.

D.Nel 1986 Jaco fu in tour con Bireli Lagrene. Può dirci qualcosa circa i rapporti di Jaco con questo fantastico chitarrista ?

R.Non so molto circa dei rapporti in sé, ma non ho dubbi che Jaco amò Bireli, come uomo e come musicista. Credo che Lagrene sia uno dei migliori, e mi sarebbe piaciuto aver visto maggiori collaborazioni. Bireli è un amico personale mio e dei gemelli [Felix e Julius Pastorius, ndr].

D.Negli ultimi anni della sua vita, Jaco ebbe un periodo psicologicamente molto difficile; secondo la sua opinione (immaginiamo che sia molto difficile rispondere a questa domanda), quali furono le cause di questo ?

R.Ci furono molte cause, alcune molto difficili da capire, ma vorrei dire, il fattore più importante è che Jaco era un uomo buono, nel completo senso della parola. Era affabile, ed amava la gente, tutta la gente… "portava il suo cuore sulla camicia", e per un artista del suo calibro, era spesso vulnerabile all'industria della musica. Penso che questa l'abbia mangiato, e poi sputato via… Spesso si sentì ferito da questo. Tristemente egli aveva anche una disposizione ad una condizione mentale, depressione maniacale bipolare, che era scatenata dallo stress, e dall'auto-medicazione attraverso alcool e droghe. Dato che la malattia non era così nota come adesso, l'aiuto arrivò troppo tardi.

D.Quali sono le cose che ricorda più volentieri di Jaco ?

R.La sua spontaneità riguardo tutto. Era così fortemente connesso con il cielo e la terra… e davvero ho sempre visto lui come un condotto tra entrambi, mentre esprimeva i suoi segreti attraverso la sua musica. Come Joni disse una volta, lui è la faccia dell'uomo sulla Luna.

D.Sappiamo che suo figlio Felix ha recentemente suonato con il gruppo di Robert Thomas. Avremo un nuovo Pastorius al basso, grande !

R.Sì !! Grazie. Attualmente, Bobby e Felix hanno formato una band insieme. State attenti ! :o)

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Allora, grazie ancora Ingrid, e molta molta fortuna ai tuoi progetti futuri !!

Intervista a Bob Bobbing

(courtesy of http://www2.unicatt.it/pls/unicatt/mag_gestion_cattnews.vedi_notizia?id_cattnewsT=8364) “In realtà, Jaco era assolutamente impopolare nella zona di Fort Lauderdale prima che diventasse famoso. In quegli anni nessuno voleva neppure uscire con lui. Dicevano tutti che era nevrotico ed egocentrico. Non amavano il suo aspetto, i vestiti che indossava, il fatto che fosse l’unico bianco a suonare in un quartiere di colore come Liberty City. Era, in parte, una questione razziale, ma anche l’invidia giocava il suo ruolo. Jaco era davvero un escluso fino a quando non usci il suo primo disco. Poi, tutti volevano conoscerlo”. (Bob Bobbing in “Jaco Pastorius, la straordinaria e tragica vita del più grande bassista del mondo”, di Bill Millkowski) Bob Bobbing è oggi uno dei più accreditati studiosi di Pastorius e possiede una vasta collezione di materiale del primo Jaco. Seguì l’amico in tutta la sua fase di formazione, quando Jaco girava feste e piccoli festival e non era ancora nessuno. Bobbing conosce molti particolari della vita privata che altri non conoscono, e soprattutto ebbe un rapporto con Jaco che nessun altro avrebbe avuto. Nell’intervista Bobbing spiega alcuni retroscena interessanti. D.Ricordi di quando hai incontrato Jaco per la prima volta? La prima volta che ho posato lo sguardo su Jaco è stata nel nel 1968. È successo sulla spiaggia di Fort Lauderdale, a sud di Las Olas Boulevard, ed eravamo nel periodo della pausa primaverile del college. Lui stava suonando in una band composta da 10 fiati. Suonavano soul alla grande per i ragazzi del college. Avrei scoperto solo più tardi che era uno dei primi, se non il primissimo concerto pubblico nel quale Jaco suonava il basso. Stava suonando un Fender Jazz ancora munito di pick guard (supporto di plastica che protegge lo strumento dall’attrito col plettro) e la sua mano scivolava sullo strumento all’altezza del collo. Niente di più lontano dallo stile per il quale oggi è da tutti ricordato. Ad ogni modo la band, chiamata “The Las Olas Brass” stava suonando già da tempo, si possono ricordare pezzi come “Hold on I’m comin”, “Mustang Sally”, “Midnight hour” e la canzone che ho sentito per prima, “Barefootin”. Niente di particolare, ma stavano suonando alla grande e i ragazzi del college amavano la band. Sarebbero passati solo pochi mesi e poi avrei incontrato Jaco effettivamente. E’ successo ad un provino per una band chiamata “the Cousins”. D.Jack Pastorius, il padre di Jaco, era un buon musicista e un uomo molto carismatico. Cosa ricordi di lui? Quanto Jack ha influenzato Jaco? Jaco aveva i geni di Jack, e si vedeva. La figura di suo padre è stata importantissima per lui, Jack ha contribuito tantissimo alla sua formazione musicale, Jaco è stato influenzato tantissimo da lui. Jack Pastorius era un cantante/batterista professionista: crescere in un ambiente dove tuo padre, tutti i giorni, potrebbe trovarsi ad ascoltare jazz o a suonarlo con alcune delle migliori big band del momento non può che segnare profondamente un giovane apprendista musicista, figuriamoci uno come Jaco! Inoltre un personaggio tanto estroverso come il padre l’avrebbe influenzato comunque. Jack, chiamato comunemente “Mr. Entertainment” o Mr. Swing”, aveva un modo di suonare geniale, la sua musica seguiva dei ritmi coinvolgenti. Jaco, in definitiva, ereditò molti tratti della personalità del padre secondo me, sia come persona che come musicista. D.Sua madre Stephanie, la sue compagne di vita Tracy, Ingrid, Terry: potresti stilare una lista della loro importanza nella vita di Jaco? Stephanie visse nell’ossessione di dover controllare tutto e questa cosa le derivò dalla sua occupazione al Bendix Corp (industria di elettronica ed elettrodomestici americani). Per lei ogni cosa aveva il suo posto, e fu molto severa. Tracy Lee, anche lei proveniente da una famiglia di musicisti, fu la prima ragazza di Jaco ai tempi dell’high school, la sua prima moglie e la madre dei suoi primi due bambini John e Mary. Tracy appoggiava Jaco al 100% e la sua dolcezza lo rese un uomo attaccato alla famiglia nel momento in cui lui ne ebbe più bisogno. Tutto questo nel momento di maggior creatività musicale di Jaco, quando lui stava sviluppando il suo tipico stile e stava componendo quei brani che poi sarebbero diventati i suoi classici. “Portrait of Tracy”, una ballata melodica fantastica, è il perfetto esempio di quel periodo. Ecco, nella rottura con Tracy, alla quale ha fatto seguito il divorzio, è iniziato il declino di Jaco.

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Per me Ingrid, la sua seconda moglie, significò poco nella vita artistica di Jaco ma gli diede due bellissimi gemelli, Felix e Julius. In Terry Nagel invece Jaco trovò la sua controparte. Verosimilmente Jaco e Terry trascorsero gli ultimi anni insieme in un turbinio di su e giù emotivi. Jaco compose la canzone “Teresa” in suo onore. Jaco chiamò Terry “Teresa Pastorius” fino al giorno della sua morte. D. Hai davvero registrato le prime esibizioni di Jaco con un registratore a cassetta? Diventai molto amico di Jaco nel biennio 1967/68, quando non aveva molti amici intimi. Fu perché registrai molte delle prime performance di Jaco. Pensare di aver registrato le sue prime avventure musicali, con molte delle sue composizioni assolutamente originali, è straordinario. Bisogna tenere a mente che Jaco non aveva alcuna notorietà, di alcun tipo: eravamo due ragazzi che uscivano insieme e si divertivano. In ogni caso fu la sua bravura che fece aumentare i miei sforzi per le registrazioni. D. Raccontaci qualcosa della famosa audizione al Kane’s cousins’, quando tu fosti selezionato al posto di Jaco. Ho prodotto un’audiobiografia, “Portrait of Jaco – The Early Years”, che include una completa retrospettiva sui primi anni in 80 pagine. Include anche l’episodio del Cousins’. Quell’audizione fu un episodio abbastanza stupefacente. Jaco suonò molto bene, anche se scelsero me. In ogni modo “Portrait of Jaco” è un resoconto veritiero e accurato delle prime esperienze di Jaco e spiega le sue radici di musicista. Il suo balzo definitivo sarà nel 1976, quando debutterà da solo.

D. Jaco ha lavorato con tanti grandi musicisti, con quale ha avuto più feeling? Forse Joni Mitchell? E’ molto difficile rispondere poiché l’avventura di Jaco coi Weather Report è sicuramente molto nota. Erano un gruppo fantastico, capitanato da musicisti immortali come Joe Zawinul e Wayne Shorter. Ma dopo aver detto questo bisogna senza dubbio ricordare come la collaborazione fra Jaco e Joni Mitchell sia stata assolutamente determinante. Il suono del basso fretless di Jaco riusciva a fondersi benissimo con la raffinata voce di Joni, e loro componevano mettendoci una passione incredibile. Naturalmente Joni ha avuto una parte importante in questo processo. Ma fu incredibile come Jaco riuscì a viaggiare nella musica di Joni. Insieme arrivarono alla perfezione, per quanto mi riguarda. E se si vuole analizzare davvero il loro lavoro insieme, c’è più Jaco negli album di Joni Mitchell che in qualsiasi altro, è stata secondo me la sua collaborazione migliore. Bellezza allo stato puro. Subito dopo esser stato incaricato da Sony/Bmg di produrre la raccolta definitiva su Jaco in 2 cd “The Essential Jaco Pastorius”, che è stata realizzata nel Luglio del 2007, ho capito che c’era ancora un gran disco su Jaco da far uscire. Ovvero un cd che includeva solo il lavoro di Joni e Jaco insieme, un insieme di classici possibilmente intitolato “Kindred Spirits” oppure solo “Kindred”, una parola che altro non è che una frase che Joni stessa spesso usò, per definire la spettacolare empatia fra lei e Jaco, quando lei contribuì al mio box audio sulla biografia dei primi anni di Jaco, “Portrait of Tracy – The early years”. Tra l’altro, facendo quest’intervista, mi è tornato in mente che devo sentire al più presto Joni e il suo entourage per realizzare questo sogno. D. Cosa pensi dell’amicizia fra Jaco e Joe Zawinul? R. Non ho vissuto direttamente lo sviluppo della loro amicizia, quindi nel corso del tempo mi sono fatto un’opinione tutta mia. Durante la mia ricerca per “Portrait of Jaco” ho intervistato due volte di persona, nella sua casa di Malibu, Joe Zawinul ed inoltre sono a conoscenza di ciò che mi raccontò Jaco nel corso degli anni. Ora, quindi, mi sento davvero qualificato per rispondere a questa domanda. Mi viene da dire che era un rapporto “intenso”. Joe Zawinul è una delle persone più iperattive che abbia mai incontrato, e trovo in Jaco una personalità speculare. Loro due erano capaci di essere degli uomini estremamente intensi, la loro chimica viveva di incredibili esplosioni creative. Allo stesso tempo avevano degli “ego” smisurati, ed erano molto competitivi fra di loro. Ma sempre con grande rispetto reciproco, erano grandi amici. Joe Zawinul poteva occasionalmente diventare antipatico e meschino, e la cosa spesso cozzava col lato sensibile e quasi insicuro di Jaco. Se vogliamo dirla tutta, Joe così riusciva a vincerla su Jaco. Non abbassava mai la guardia, ed era così incentrato su sé stesso che qualche volta non riusciva ad aiutarlo. Jaco rispettava Joe quasi come un padre e si rivolgeva a lui per avere la sua approvazione. Questa pratica sarebbe diventata controproducente con l’andare del tempo. Jaco voleva impressionare Joe.

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D. Una sola domanda sulla morte di Jaco. Sindacato dei musicisti spesso assente, industria musicale irriconoscente verso uno dei suoi membri, assistenza medica troppo costosa per i ceti medi: che parte hanno giocato questi fattori in relazione alla sua scomparsa?

R. Il sistema fece naufragare Jaco. La situazione di Jaco era così disperata che era difficile lamentarsi in qualsiasi direzione. Fu quasi impossibile aiutarlo verso la fine. Io e molti altri ci provammo. D. Qual è il più bel ricordo del tuo amico Jaco?

R. Risale a quando eravamo ragazzi nel sud della Florida. In pochi hanno conosciuto il vero Jaco. La sua natura timida e gentile, la sua personalità innocente e carismatica. Si scherzava praticamente ad ogni passo insieme. Lui aveva un gran senso dell’umorismo, ovvero la cosa che amo più ricordare. In quei giorni di sole a Fort Lauderdale eravamo felici, ci rilassavamo, la vita scorreva placidamente e non c’erano parassiti attorno a Jaco Pastorius. Ci divertivamo sulla spiaggia, suonavamo alla grande nei clubs di sera, praticavamo sport e guardavamo tv insieme. Quello fu un periodo davvero speciale, prima che tutto si capovolgesse. Jaco sarebbe ritornato a Fort Lauderdale nel 1987 e avrebbe cercato rifugio all’Holiday Park, dove aveva lasciato tanti ricordi di giorni passati a giocare e a fare sport, principalmente da bambino. Ma Jaco non ha potuto rimettere il genio nella bottiglia. Non c’era più tempo per tornare indietro. Ma John Francis Pastorius III ha fatto due grandi regali al mondo intero: la sua musica straordinaria e il suo esempio di vivere in un vortice totalizzante, nel bene e nel male.

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INTERVISTA a Faso (bassista): Jaco Pastorius, il marziano del basso elettrico

(a cura: Carlo Melato)

Faso, bassista di Elio e le Storie Tese, del Trio Bobo e fondatore della Biba Band, tributo ai Weather Report, ci ha gentilmente concesso un'intervista per cercare di capire la rivoluzione compiuta da colui che si definiva "il più grande bassista del mondo". D. Come hai scoperto Jaco Pastorius? R. L’ho ascoltato per la prima volta da ragazzo, a casa del mio insegnante di chitarra (come molti bassisti sono partito dalla chitarra, mentre al basso ci sono arrivato più tardi grazie a un trasloco…). Ero abituato a cose forse più semplici, ma artisticamente molto valide, come Beatles, Deep Purple, Led Zeppelin e Pink Floyd, ma ero curioso di sapere quali fossero i punti di riferimento del mio maestro. Mi ricordo ancora che ascoltava i Weather Report e i Gentle Giant. Comunque mi fece sentire River People dall’album "Mr.Gone" dei Weather Report, pezzo con un famoso riff di basso.

Rimasi un po’ spiazzato dall’ascolto perché non ero abituato alla musica solo strumentale, ma in quella sede feci finta di apprezzare. Appena uscito andai a comprare un altro album di quel gruppo, trovando: "8.30". Ricordo che l’ascoltai dall’inizio alla fine senza capirci niente. Molto perplesso lo lasciai lì. Dopo un po’, una minaccia di “rinvio a settembre” della mia insegnante di disegno mi costrinse a mettermi di buzzo buono a fare le tavole per quattro giorni di fila. Mentre disegnavo ascoltavo i miei pochi dischi. Dopo aver ascoltato quelli a me più familiari misi a ripetizione "8.30". Al quinto ascolto mi è arrivato e sono letteralmente impazzito! Mi chiedevo chi fosse questo bassista (fino ad allora ero convinto che il basso facesse tutt’altre cose) e chi suonasse in questo gruppo pazzesco. Dopodiché ho cercato di allargare la mia discografia, anche se non era facile come oggi, che è possibile scaricare dischi da internet, perché bisognava andare dal negoziante “coi danè” (come dicono a Milano) o al massimo farsi fare la “cassettina” da qualche amico. Poi ho comprato "Heavy Weather", probabilmente l’album più famoso, che contiene pezzi leggendari come

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Birdland, o Teen Town dello stesso Jaco. D. Da questa scoperta è arrivata la decisione di abbandonare la chitarra per il basso? R. Non è andato proprio così. Un giorno trovai un basso elettrico in una soffitta. Sembrerà strano ma non ero felice, perché una volta aperta la custodia avrei preferito trovare una chitarra elettrica. Nel gruppettino che avevo messo in piedi, avevo imposto di suonare il basso a un amico che aveva solo una chitarra con le corde di nylon. Visto che questo aveva parecchie difficoltà e dovevo continuamente spiegargli come si usava, a forza di «aspetta, ti faccio vedere io… aspetta, ti faccio vedere io…» mi son ritrovato a suonare il basso. D. Jaco Pastorius è il tuo bassista riferimento? R. Jaco è il bassista che più mi ha spronato a migliorare. Tiravo giù dai dischi le sue frasi, le sue linee. Per poterle suonare però bisognava essere tecnicamente molto preparati, altrimenti non avevi chances. Era stimolante. Poi ho scoperto anche altre cose. Lui è stato per il basso ciò che Jimi Hendrix è stato per la chitarra. Prima di lui nessuno suonava così. Una specie di messia, o di marziano. Era anche un grande compositore, basta ascoltare Three wiev of a secret. È unico, tant’è che lo “Jachismo”, come lo chiamo io, può diventare una malattia. Visto che ha influenzato intere generazioni di bassisti, puoi trovare sempre chi prova a suonare come lui. Magari bassisti che stanno accompagnando qualche canzoncina e col basso fretless (senza tasti), iniziano a combinarne di tutti i colori. Fa sorridere, ma ci sono passato anch’io. D.Come sei guarito dallo “Jachismo”? R. La cosa fondamentale per ogni musicista è trovare il proprio suono. In questo caso il problema vero è che si può suonare alla Jaco solo nella musica che suonava lui e non in altre situazioni. I grandi della musica sono quelli che hanno una loro personalità, non quelli che vanno a 200 all’ora, anche se alcuni lo pensano. Ad esempio, i giovani chitarristi al seguito di una masnada di babbei che fanno miliardi di note. In giro è pieno di questi santoni del genere “pirotecnico”. Ho avuto anch’io 15 anni e mi ricordo che per i supervirtuosi perdevo la testa. Negli anni però capisci che un assolo di Gilmour dei Pink Floyd vince rispetto ai vari “mitragliatori” senza cuore. Jaco era una meravigliosa stella, capace di suonare anche a 200 all’ora, ma sempre con trovate geniali e un gusto strepitoso. Sapeva anche fare una nota sola, con un gusto strepitoso. Per la novità che portava molti lo hanno frainteso, della serie “si può fare casino anche con il basso…”. Non è così. Se si ascolta l’album "Mingus" di Joni Mitchell, il suo modo di accompagnare la voce fa scuola. D. Era unico anche nella sua “pazzia” e nei suoi atteggiamenti sul palco… R. Di lui amo anche questo approccio. Spesso i jazzisti si portano dietro una cappa di seriosità assolutamente immotivata. Quell’incupimento che sembra voler dire «stiamo suonando cose che neanche vi immaginate…». E dire che se si guardano i concerti jazz nell’America di un po’ di anni fa si vede il pubblico in visibilio e i musicisti sul palco che scherzano e si divertono. Ho letto che Jaco spargeva il borotalco sul palco per fare gli arrivi in scivolata e la trovo una cosa bellissima. D. Come sono cambiati i Weather Report con l’ingresso di Jaco Pastorius nel 1976? R. Quando è entrato lui il sound è cambiato. Collaborava con Zawinul anche in maniera conflittuale, ma si interessava dei vari aspetti del disco: dagli arrangiamenti al suono. Questo non deve togliere a Zawinul il fatto di essere stato un uomo che ha avuto alcune visioni musicali prima di chiunque altro, che hanno anticipato tantissime cose che sono andate avanti parecchi anni dopo. L’album “I sing the body eletric” del 1972 fa l’effetto di “Arancia meccanica” nel mondo cinema. Ci sento le radici di tutto l’acid jazz che è venuta dopo. Per non parlare delle influenze etniche che adesso sono più che una moda, quasi un obbligo. Nel pezzo Badia da “Tale Spinnin'” (1975) c’è già tutto questo. Trent’anni dopo sembra che se non fai il pezzo etnico sei uno sfigato e ti propinano queste cose, dal valore artistico di un Buddha Bar, anche nella

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peggiore delle spiagge. Tutto già stato fatto da Zawinul, basta ascoltare l’album “The Immigrants” dello Zawinul Syndicate. Di questo musicista, purtroppo scomparso, ho una stima enorme, tant’è che da lui prendevo le linee di basso, anche se suonava le tastiere. La formazione Zawinul, Pastorius, Shorter, Eskine io e Paolo Costa la chiamamo “la Nazionale”. Sono pazzeschi e all’avanguardia. Dall’altra parte c’erano i vari Chick Corea Elektric Band, che seppur bravissimi erano però “la nazionale degli stacchi fusion” della serie “guarda come siamo bravi…”. Il motto dei Weather Report era invece “sempre in solo, mai in solo”. Improvvisiamo l’atmosfera del brano che stiamo suonando, ma nessuno fa un solo, in senso stretto.Nessuno è sul palco per dimostrare quanto è bravo. Il risultato è fantastico. La fusion di quel periodo invece proponeva pezzi che erano il pretesto per assoli di 10 minuti. D. Qual è la discografia consigliata per chi volesse avvicinarsi e scoprire Jaco Pastorius? R. Consiglierei l’album "Mingus" di Joni Mitchell soprattutto a chi non è abituato ai dischi strumentali. Qui c’è una cantante bravissima e un bassista disumano. Senza dubbio dei Weather Report: "Heavy Weater", "Mr. Gone" e "Night Passage". Uno a scelta dei tre, sono in ordine di difficoltà. Oppure anche Weather Report, l’ultimo disco in cui c’è Jaco, con l’incredibile Vulcano for hire. Consiglio anche "Invitation", disco dal vivo di Pastorius con la divertente Chicken, il suo pezzo più suonato. Si trova sempre un bassista che vuole fare il fenomeno e dice «facciamo Chicken» e prova a suonarla come lui. _______________________________________________________________________________________

GLI INCONTRI con Jaco : PATRICK DJIVAS

Yan Patrick Erard Djivas è un bassista e compositore italiano. È uno dei componenti della Premiata Forneria Marconi.(courtesy http://www.pfmpfm.it/pfmpfm/singoli/patrik.htm#INCONTRI )

Gli incontri fondamentali nella mia vita di musicista furono tre. Il primo fu con il primo chitarrista degli Area, Johnny Lambizzi, un essere assurdo ma che suonava in un modo divino. Mi insegnò parecchi esercizi che uso tuttora. Fu una vera rivelazione per la mia tecnica. Sono molto dispiaciuto che non esistano registrazioni degli Area con Johnny. Gli altri due incontri avvennero più o meno contemporaneamente: Leo Fender e Jaco Pastorius. Questi tre amici hanno avuto una grande importanza per me, quindi sono grato a PFM perché mi ha permesso di incontrarli.

Quello con Jaco fu un incontro fondamentale. Ci incontrammo in un albergo frequentato quasi esclusivamente da musicisti, il Sunset Marquis di L.A. che si trovava in una perpendicolare di Sunset Boulevard chiamata Alta Loma. Il nostro pezzo "Alta Loma 5 till 9" arriva proprio da quello che succedeva in quell'albergo dalle cinque del pomeriggio alle nove della mattina seguente, in contrapposizione a Mrs.9 till 5 che parla invece della vita di un impiegato dalle nove alle cinque.Quando ho conosciuto Jaco era nel più bel momento della sua vita. Era appena entrato nei Weather Report e suonava come una bestia. Passavamo ore, uno di fronte all'altro, a suonare "our ass off", come diceva sempre, nella mia camera su un piccolo ampli blu con un trabiccolo dei miei per potere collegare due bassi. Inutile dirvi la libidine per un bassista suonare con Pastorius! Dopo i primi tempi però, il fatto di avere di fronte a me il più grande bassista di tutti i tempi divenne meno importante, perché Jaco era diventato un mio amico. Lui parlava sempre. A volte tornava in albergo alla quattro di notte dopo una session o una gig e veniva a bussare alla mia porta. Mi diceva: "Ma non vorrai mica dormire, i musicisti hanno così poco tempo per parlare!" E allora giù di sport, di filosofia spicciola, di tramonti che Jaco adorava), fino a tarda mattinata,

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quando andavamo a dormire. Ogni giorno eravamo sempre un più stravolti. (Nella foto Jaco Pastorius, Carlo Massarini ed io: mitici anni settanta!)

GLI INCONTRI/Testimonianze con Jaco : Maurizio Rolli ;( [email protected])

(courtesy http://www.jazzitalia.net/recensioni/moodswings.asp)

"Essere Jaco". Questo è il sogno di qualsiasi bassista elettrico minorenne ad un certo punto del suo iter di studi. A dispetto di una vita dissennata, il fascino che il mito di Jaco Pastorius esercita sui suoi eredi è ancora oggi enorme. Probabilmente si rivelerà impossibile avere un altro personaggio così influente e innovativo su questo strumento. Rendersi conto di non poter essere un altro Jaco è la prima cosa che un bassista deve fare; e quanto è dura spesso la realtà. Uccidere i sogni di un artista rischia, spesso, di condizionarne, e non in meglio, la qualità della produzione. Questo progetto nasce per tenere vivo il ricordo delle opere, a mio parere, più interessanti e, proprio per questo sottovalutate di Jaco. Spinto dai sogni dei miei allievi, lo scorso anno, ho organizzato, il 1° Dicembre, una jam session con un tema preciso: Jaco Pastorius. Questa speciale festa di compleanno (questa era la ricorrenza) era corredata da proiezione di video e concerti, torta di compleanno offerta dai gestori del locale (il Kabala di Pescara) e esibizione di una schiera di bassisti elettrici tutti impegnati nel rendere omaggio al loro maestro di tutti. Il grande successo di pubblico ma, soprattutto, il grande coinvolgimento emotivo dei partecipanti mi ha fatto riflettere su quanto effetto abbiano la figura e la musica di Jaco sui musicisti attuali e (perché no?) futuri. La creazione di una Orchestra era l'altro mio grande sogno… fare la somma dei miei propositi per tenere desto lo spirito del fanciullo quasi sopito in me è stato quasi inevitabile. La complicità manifestatami da Michael Manring, Fabrizio Bosso e Diana Torto, subito da me coinvolti, di fronte al mio smodato e fanciullesco entusiasmo mi ha dato una grande spinta per trovare la forza di mettermi a scrivere, arrangiare e, talvolta, comporre il materiale per un grande organico con grosse difficoltà di sopravvivenza. L'esperienza vissuta con l'IS ensemble di Paolo Damiani (attuale direttore dell'Orchestra Nazionale di Francia) è stata la mia palestra per ciò che riguarda la scrittura per organici inusuali, ma rimane, in me, un pizzico di timore reverenziale nell'accostarmi ad una musica che non avrebbe bisogno alcuno di revisioni (se non per via del fatto che calzare le scarpe del Bassista elettrico più importante della storia del Jazz può sembrare presuntuoso e irriverente). Il rispetto delle partiture originali e la salvaguardia della mia personalità musicale sono le due apparentemente contrastanti direttive che mi sono posto come condizione per la riuscita di questo tributo. Non una revisione irriguardosa di musica che non ne ha bisogno nè una mera interpretazione di "cover" che soddisfino solo l'Ego degli strumentisti, ma un omaggio dovuto ad un musicista che ha condizionato il mio (e non solo) percorso musicale e un tentativo di confermare la cosa più importante che Jaco, e insieme a lui i più grandi della storia, ci hanno insegnato: perseguire la ricerca di un linguaggio personale, cercare il rischio, l'avventura e lottare contro gli stereotipi nel tentativo di creare una musica fresca e capace di stimolare la curiosità dell'ascoltatore e soddisfare chi non si accontenta dei luoghi comuni. In questo modo l'omaggio a Jaco Pastorius diviene un omaggio ai grandi che a questa ricerca hanno dedicato la vita. Non solo abili improvvisatori ma grandi ricercatori. Questo è il messaggio che con questo omaggio cerco di mandare soprattutto ai miei studenti: se vuoi imitare Jaco non imitare le sue frasi o il suo suono ma cercane uno altrettanto personale anche a rischio di non piacere. A mio parere questo spirito è l'unica cosa che accomuna Armstrong a Jaco e a Coltrane, a Parker, a Bill Evans, a Miles, ad Hendrix a Django Reinhardt ecc... Non imitare le frasi ma la filosofia di coloro che hanno segnato la nostra musica. Solo così ne terremo vivo lo spirito e daremo un giusto riconoscimento al lavoro di quelli che ci hanno preceduto e che spesso hanno pagato con la vita la dissociazione dalla standardizzazione e dal mercato musicale che la nutre. Forse omaggiare lo spirito, e non le note, è il modo migliore di prolungare l'esistenza di coloro che, un pezzo alla volta, hanno contribuito a "inventare" una musica che, benchè lontana geograficamente dalle nostre

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radici, ha conquistato un posto rilevante nella nostra cultura. Forse questa è l' unica via per non smettere di "sognare di essere J.a.c.o.".

Intervista a Maurizio Rolli (Jazzconvention Musicista, arrangiatore – 2002)

(courtesy http://www.jazzconvention.net/)

Una big band per celebrare Jaco Pastorius: questa l'idea che ha portato il bassista (contrabbassista, compositore, arrangiatore, etc.- i titoli non mancano !) Maurizio Rolli a sfornare MoodSwing, un album accattivante suonato (ottimamente) da musicisti d'eccezione. Diretta dal M° Alfredo Impullitti, la A.m.p. Big Band (dove A.m.p. sta per Accademia Musicale Pescarese), annovera figure di spicco come Fabrizio Bosso, Samuele Garofoli (tromba), Paolo Corsi (batteria), Angelo Canelli (pianoforte), per citare solo qualcuno dei tanti nomi di un ensemble raffinato costituito da elementi che siamo abituati a vedere come grandi solisti, ognuno nelle rispettive formazioni (Diana Torto, Gianluca Esposito, e tutti gli altri), e che per l'occasione sono stati riuniti dallo stesso Rolli per dar vita insieme a due stars internazionali (Mike Stern e Michael Manring) ad un disco che si presenta come un tributo al celebre bassista scomparso. Fra gli undici pezzi presentati, quattro sono dello stesso Pastorius (Three views of a secret, Teen Town, Havona e Continuum), mentre fra i restanti (tutti classici di Parker, Mingus, ed Invitation di B. Kaper) figurano una "firma" di Mike Stern (Wing and Prayer), un originale di Simona Capozucco (presente nel disco come vocalist), ed una composizione dello stesso Maurizio Rolli, al quale, come di consueto, abbiamo rivolto qualche domandina per "scavare" nel sostrato della sua produzione. D. Come e quando è nato il progetto per l'album Moodswing ? R. Non so esattamente quando, ma forse nel momento in cui Stefano Zenni mi ha procurato la Biografia scritta da Bill Milkowski. Dopo averla letta mi ha …contagiato. Ha risvegliato entusiasmi sopiti che risalgono alla mia adolescenza, periodo in cui Jaco era un mito inarrivabile nella mia fantasia. E questi entusiasmi, che durano ancora oggi, nei confronti del personaggio mi hanno dato la forza di affrontare un lavoro enorme che nella progettazione e nella realizzazione è durato un intero anno. D. Il disco si presenta con la partecipazione di numerosi "grossi calibri" (due nomi per tutti: Michael Manring e Mike Stern). Come è avvenuta la scelta dei musicisti e che difficoltà hai incontrato (se ce ne sono state) per la formazione dell'ensemble ? R. Io e Michael siamo molto amici e quando gli ho proposto l'idea del duetto (che poi si è trasformato in trio) mi ha risposto "non vedo l'ora". Sapere di avere la complicità di uno dei miei musicisti preferiti (e allievo di Pastorius) è stato uno stimolo importante nell'avviare il processo di "costruzione" del progetto. Mike Stern invece l'ho contattato ad un concerto esattamente un anno prima di iniziare a registrare. Ci ha presentato un amico comune, Marcello Fagnani, e quando gli ho chiesto di collaborare al progetto che stavo tentando di costruire lui mi ha detto "grazie per avermelo chiesto!"…. da quel momento ero incastrato. 10 anni fa avevo un gruppo che suonava quasi solo brani di Stern e scherzando io promettevo a tutti che un giorno avremmo fatto un cd con Mike…. Tutti gli appartenenti a quella band hanno collaborato al cd ed è stata la realizzazione di un sogno (infantile)… Se avessi sbagliato non avrei avuto più una seconda chance per coinvolgere Mike in un mio progetto quindi ero obbligato a dare il massimo…. E' stato il progetto più faticoso (ma entusiasmante) della mia carriera. Alla fine la complicità musicale è stata perfetta e Stern ha aggiunto un tocco di pathos a tutto il progetto che a mio parere è determinante… Ho imparato molto nel collaborare con lui e spero di poterlo fare ancora. Le difficoltà nell'assemblare l'organico sono state molte. La Big band stabile è formata da 23 musicisti ed ho scoperto che una gestione democratica del progetto non sarebbe possibile ed ho dovuto tramutarmi in una specie di padre/padrone che decide le sorti di tutti…. È una responsabilità molto grande che ha richiesto spesso decisioni dolorose per la salvaguardia del progetto nei confronti degli interessi personali del singolo. Comunque un equilibrio è stato raggiunto e ora la big band è pronta ad affrontare concerti in… ognidove. D. Con questo nuovo lavoro hai riscosso un notevolissimo successo di pubblico e di critica (leggere la

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recensione di Antongiulio Zimarino per credere). Te lo aspettavi ? R. Diciamo che ci speravo. Quando passi tanto tempo a lavorare su un progetto il minimo che vorresti è che sia visibile a tutti… subito dopo vorresti che piaccia a tutti. Non sempre è possibile ma devo dire che finora quelli a cui non è piaciuto non me lo hanno detto per cui non ho ancora ricevuto riscontri negativi. D. Il lavoro di "adattamento" dell'opera di Pastorius al tuo organico secondo la tua personale visione musicale ha costituito senza dubbio un punto di cruciale importanza, considerando che si tratta pur sempre di un tributo al celebre bassista scomparso. Gran parte del successo ottenuto, d'altro canto, è dovuto proprio alla qualità di tale lavoro. Che direttive hai seguito nello sviluppo delle tue idee ? R. L'idea di base è stata di omaggiare Jaco con la mia musica e con un tipo di tributo che altri non potessero "inflazionare". Mi spiego meglio; la musica Jazz sta vivendo un momento, commercialmente parlando, di stasi. L'ascoltatore è distratto da mille proposte tutte simili e questo affollamento rende difficilissimo rendere visibile un prodotto discografico a meno di investimenti pubblicitari notevoli o sovraesposizioni sui canali ufficiali che sono però possibilità date a pochi. Negli ultimi anni ho notato una tendenza al tributo, alla rilettura e alla riproposizione di opere celebri della storia della musica eseguite in maniera più o meno creativa. Fatto sta che, a causa di anniversari veri o presunti, c'è stato un proliferare di progetti dedicati a Gershwin, a Mingus, a Ellington ecc. avvenuti tutti nello stesso momento e che erano composti tutti dagli stessi brani, tutti urlanti al capolavoro ma che alla fine somigliavano tutti. Ideare un tributo a Jaco voleva dire per me combattere questa tendenza commerciale con le sue stesse armi… Pastorius è un musicista spesso sottovalutato o dimenticato dalla storia del Jazz "ufficiale". La critica spesso lo sottovaluta perché se è vero che ha letteralmente inventato uno strumento, si tratta di uno strumento di scarso valore jazzistico (… non per me!). Ha avuto, per i bassisti la stessa importanza di Coltrane per i sassofonisti ma la sua unica colpa è stata di suonare lo strumento sbagliato. Ero sicuro che un tributo a Pastorius siffatto sarebbe stato singolare e unico sul mercato nell'anno che intercorre tra il suo 50mo compleanno e il 15mo anniversario della morte semplicemente perché i bassisti interessati alla realizzazione di un idea simile si sarebbero eventualmente concentrati sul lato strumentale mentre gli arrangiatori, compositori, autori ecc. hanno sempre sottovalutato Jaco come Musicista e quindi non si sarebbero interessati alla sua produzione per orchestra che io trovo estremamente interessante. Avevo la possibilità di mettere su un progetto, programmato con largo anticipo, che sarebbe stato sicuramente originale, non inflazionato eppure in qualche modo "familiare". Non credo che ci sarebbe stato lo stesso interesse attorno al progetto se fosse stato composto esclusivamente da mie musiche, anche se debbo dire che in alcuni casi rivendico la paternità di partiture in cui Pastorius è solo un pretesto in cui "filtro" i temi di Jaco attraverso la mia idea di musica molto più "europea". Il tutto senza trascurare il rispetto della partitura originale e la devozione obbligata verso un musicista che ha inventato il mio strumento. D. Quanto è stata importante per te, come musicista, la figura di Jaco Pastorius, e che tipo di studio consiglieresti ai tuoi allievi riguardo questo "autore" ? R. E' stato sicuramente molto importante, qualsiasi bassista ti risponderebbe nello stesso modo, ma la cosa più importante è sicuramente affrancarsi dal suo modello, salvare i concetti importanti ma non scimmiottarlo. Nella mia testa gira spesso una immagine di Jaco che viene rifiutato da un locale che non vuole dargli "gigs" e mentre questo avviene, in sottofondo suona una band in cui il bassista suona, magari male, la sua musica e le sue frasi. Questa è una situazione che troppo spesso si verifica; troppe volte si legge di musicisti originali criticati e di "copie" mitizzate. E' difficile, d'altra parte, consigliare ad un allievo di liberarsi di modelli troppo ingombranti a favore di una onestà intellettuale che purtroppo non paga. Personalmente ritengo che studiare i grandi e poi affrancarsene sia una strada onesta e conveniente artisticamente (ed è il mio obiettivo), ma non me la sento di dire che questo debba valere per tutti perché trovo che non sia conveniente in termini di successo personale. Non credo che sia un buon momento per essere originali…. Ad esempio nel pop abbiamo le nostre italianissime versioni di Sting, J.Cocker, Noah, W.Houston, Springsteen e compagnia cantando, che raccolgono successi di vendita talvolta superiori all'originale, ora chi glielo dice a quelli che stanno sbagliando? D. Fra i vari pezzi del disco compaiono una tua composizione originale, dal titolo "D-Jaco", ed un brano, "Portrait of Lucy", scritto da Simona Capozucco, vocalist e tua allieva. Un personalissimo omaggio a

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Pastorius, o un semplice e spontaneo inserimento ad hoc di due partiture già pronte ? R. Le due composizioni sono assolutamente nuove e dedicate al "Maestro" e, nel caso di Simona, ad una amica. Le citazioni contenute nel brano di Simona sono tratte, sia nel titolo che nella sostanza, con abili parafrasi sia dialettiche che musicali, dal celebre solo di Jaco intitolato "Portrait of Tracy "e dedicato alla sua prima moglie. Per ciò che riguarda il mio brano, invece, la dedica, come è scritto anche nel booklet del cd, è rivolta a tutti quei musicisti che io associo un po' ai "poeti maledetti" del periodo del simbolismo Francese (Baudelaire, Rimbaud, Verlaine, Proust ecc.) cioè tutti quelli che hanno prodotto frutti eccezionali con la propria arte a dispetto di una vita dissennata partendo quindi da Hendrix (il modello di riferimento di Jaco) e procedendo a ritroso fino a Coltrane, Evans, Parker, Reinhardt etc. In questo contesto, prendere in prestito una melodia di John Lewis, (morto il giorno che abbiamo iniziato le registrazioni) dedicata a Django Reinhardt, altro personaggio mitico del mondo degli strumenti a corde mi ha permesso di giocare un po' con le parole e dedicare un brano a tre musicisti contemporaneamente. D. Hai incontrato particolari difficoltà per la registrazione del disco, oppure hai trovato da subito il giusto feeling fra i numerosi musicisti che hanno preso parte al progetto e le cose sono andate immediatamente per il verso giusto ? R. Mettere insieme tutti quei solisti è complicato, c'è bisogno che tutti siano convinti della bontà dell'operazione e si fidino dell'unico che si prende la responsabilità della riuscita. Debbo dire che in alcuni momenti non è stato facile… Anche se i problemi che ho avuto raramente sono stati musicali ma più di carattere personale… (La convivenza è un'arte difficile…) Debbo aggiungere che questo cd è stata l'occasione di riunire la maggior parte dei miei amici nel progetto più impegnativo ed importante della mia carriera e che, nonostante alcuni momenti difficili, devo ringraziare tutti quelli coinvolti per la fiducia che hanno avuto in me, per avermi dedicato il loro tempo e, soprattutto, il loro talento. D. C'è un pezzo al quale sei particolarmente legato, e, se sì, perché ? R. Certo, "D-Jaco" è il mio preferito. Credo che sia la cosa migliore che ho registrato ma, soprattutto, è la mia musica, dedicata a Jaco, e suonata da Mike Stern… E' la realizzazione di un sogno che nessuno mi potrà togliere. Tra molti anni, qualunque cosa succeda, ripensare al momento in cui tutto è avvenuto, al modo, all'eccezionalità del momento e al fatto che uno dei miei Musicisti preferiti (se non il preferito), il chitarrista di Miles Davis, uno degli innovatori del suo strumento, sia venuto fin qui per registrare la mia musica rendendogli pienamente onore, mi riempirà il cuore di gioia. D. Questo disco avrà un seguito, e quali saranno i tuoi progetti per il futuro ? R. Questo disco deve averlo. Domenico Di Gregorio (il produttore) mi ha detto di cominciare a pensare al prossimo e io ci sto pensando. Al momento sto progettando una produzione con Otmaro Ruiz (pianista del gruppo di J.McLaughlin e di D.Reeves oltre che di Alain Caron e innumerevoli altri) e una con gli "Archivi sonori" (il mio gruppo da ormai 10 anni) oltre ad una nuova produzione "Orchestrale" … alla lunga mi piacerebbe scrivere un concerto per i miei "bassi" in cui ogni movimento sia eseguito con un basso diverso per Famiglia (Contrabbasso o Basso elettrico) numero di corde (4,5,6) e caratteristiche (fretless o fretted). D. Prevedi dunque, per il futuro, altre uscite con l'ensemble di MoodSwing e con questo tipo di scelte musicali, o ti impegnerai maggiormente su altri fronti ? R. Questa formazione è, in questo momento la cosa più stimolante con cui posso lavorare e cercherò di farla durare il più a lungo possibile … certo in Italia non è proprio semplice far sopravvivere una big band e nella mia città è ancora più difficile visto che le "autorita locali" sembrano "sorde" a qualsiasi sollecitazione quando non sono sorde in senso assoluto. Per il resto gli "Archivi sonori" e il quintetto di Diana Torto (con cui registrerò a breve termine un cd) sono i progetti in cui mi sento più personalmente coinvolto, ma ho la fortuna di collaborare a progetti molto interessanti ultimamente come: la "Missa" di Alfredo Impullitti (con cui stiamo progettando un trio insieme a Pierre Favre), un trio con Paolo Giordano, un gruppo di Flamenco con Francesco Ciancetta e gli "Image" di Mauro Campobasso… Sicuramente dimentico qualcosa ma si può

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ovviare consultando la mia pagina web all'indirizzo www.mauriziorolli.com.

D. Possiamo dare qualche data ? R. E' tutto rimandato a questa estate, con la stagione dei festival. Il cd è uscito un po' tardi perché potesse essere utile ad una promozione nella stagione invernale. Alcuni contatti con Festival importanti sono già avviati ma è un po' presto per parlarne. Ultimo rimando è alla pagina delle recensioni, a cura di Antongiulio Zimarino, corredata dagli opportuni preascolti (Moodswings) mentre ulteriori informazioni sul disco e sulla attività di Maurizio Rolli sono reperibili all'indirizzo: www.mauriziorolli.com.

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Jaco Pastorius (di Pier Paolo Farina Courtesy http://www.storiadellamusica.it/)

Il Mozart del basso elettrico fu lanciato nel firmamento musicale dal suo primo produttore Bobby Colomby (già batterista nei Blood, Sweat & Tears), il quale ne venne in contatto del tutto casualmente: una sera in un bar di New York Colomby stava cercando di rimorchiare una bionda, quando questa saltò su a dire d’essere sposata ad un certo Jaco Pastorius, “il miglior bassista del mondo”. Più per desiderio di farla contenta e di rivederla che per altro, Colomby acconsentì a fare per il giorno dopo un’audizione a questo sconosciuto musicista.

Jaco gli si presentò scalzo, in braghe e canottiera, con un pallone da basket sotto il braccio ed il basso (quello: Fender Jazz, coi tasti rimossi e rivestito di spessa vernice protettiva per imbarcazioni) appeso alle spalle con una cordicella. Il produttore trattenne a stento un sorriso di scherno mentre gli mostrava l’amplificatore a cui collegarsi, esortandolo a fargli vedere quanto fosse bravo…

Un minuto dopo era con gli occhi fuori dalle orbite e i peli ritti sulla nuca, lo sconosciuto e trasandato giovanotto gli stava squassando cuore, cervello e convinzioni musicali con la più terrificante sequela di note, suoni e grooves mai sentita prima, e mai ipotizzabile su di un basso elettrico che si potesse immaginare. Colomby si fece subito in quattro per convincere i dirigenti della Epic ad ingaggiare Jaco e investire sulla sua musica, i più riottosi di loro vennero convinti semplicemente portando il bassista a suonare sotto il loro naso.

Le reazioni potevano andare dall’”Oh mio dio!” al ”Non ci posso credere!” ed il contratto per produrre quest’album fu pronto in un amen. La casa discografica si riservò di fare le cose in grande, offrendo e talvolta imponendo al bassista prestigiosi partners musicali, ma qui non ce n’è per nessuno: il brillante pianoforte di Herbie Hancock, le robuste voci soul di Sam&Dave, il sax di Michael Brecker, le percussioni dell’amico Don Alias, l’orchestra, tutto viene spazzato via dallo tsunami bassistico che si infrange, attraverso questo disco, sulle coste del mondo musicale conosciuto.

La combinazione di energia, inventiva, perfetto timing, capacità di concentrazione improvvisativa, chiarezza di idee per quanto riguarda il suono, si unisce alle badilate di innovazione apportate dall’uso intensivo dei bicordi e degli accordi, dal “tiro” mortifero dei grappoli di sedicesimi (note cortissime) cosparsi di “dead notes” (corda pizzicata colla mano destra mentre la sinistra la tiene smorzata, atona), dal sovrumano controllo ed efficacia degli armonici (note prodotte appoggiando il dito su di una corda e rilasciandolo senza avere premuto sulla tastiera), all’ineguagliabile canto dello strumento nei rivolti più lenti e atmosferici, capace di librarsi in note lunghe e sostenute, rilasciando una liricità e una voce che nessuno era mai stato prima in grado di liberare .

Oltre che i suoi partners, la carica di innovazione timbrica, ritmica, armonica e melodica di Jaco riesce in questo disco ad offuscare persino il resto delle altre sue virtù, e cioè il fatto di essere grande compositore, ottimo tecnico del suono, notevole arrangiatore (suoi gli arrangiamenti orchestrali di un paio di pezzi) e questo malgrado che nell’ultimo brano non vi sia neanche una nota di basso!

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Due volte ho avuto il piacere di ammirare il più grande bassista di tutti i tempi sul palco, naturalmente coi Weather Report. Se della seconda occasione (1981) serbo un ricordo piacevole ma ordinario, essendo Jaco già strafamoso ed in notevole celebrazione di se stesso, grazie a tutta una serie di “numeri” circensi fatti ad uso e consumo della platea e comunque intercalati dal suo consueto apporto al gruppo, ho però della prima occasione un’indelebile ed emozionante memoria: si era allo stadio di Bologna, estate 1976. Gran kermesse jazz rock con in apertura Tony Esposito, a seguire il gruppo di Zawinul e come gran finale la Billy Cobham & George Duke Band, formazione nuova di zecca con nelle sue file il bassista Alphonse Mouzon appena uscito proprio dai Weather. Non sapevo chi avesse preso Zawinul al suo posto, e non ero d’altronde a conoscenza di questo disco, uscito qualche mese prima.

Ebbene, partono a suonare i Weather e dopo due minuti eccomi con gli occhi fuori dalle orbite e il formicolio alla schiena, esattamente come il buon Bobby Colomby l’anno prima, a disputarmi lì in tribuna col mio amico Paolo l’unico binocolo disponibile, tenuto quasi costantemente a fuoco su quell’omino lontano alla sinistra di Wayne Shorter, in canottiera, bragoni e capelli unti, con un basso sbrecciato che fa perfetto pendant con il suo aspetto.

Ma è lui che tira fuori questi suoni? Ma come fa? Ma chi diavolo è? Ma quanto è bravo?! Questo viene da Marte! Io e Paolo eravamo colle lacrime agli occhi mentre nel vecchio stadio si librava una “pacca” sovrumana, i Report andavano come missili, e quando rallentavano il biondino straccione faceva partire delle note grosse lunghe e sinuose come pitoni, di una musicalità pazzesca e nuova.

Ancora mi commuovo al ricordo del personale benvenuto ricevuto dalla musica di Jaco Pastorius, il Diamante Pazzo della chitarra basso, un innovatore fragoroso, un genio, un fuoco divampante e come sempre succede assai presto estintosi (1987). Ora dall’anno scorso Jaco è stato raggiunto, dovunque lui sia, anche dal vecchio compare Zawinul, e allora chissà quanti peli dritti nel loro paradiso.

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La musica di JACO PASTORIUS per orchestra (Luigi Onori) http://www.widesound.it/

Roma - La Palma - 30 novembre 2001 Three Views of a Secret - con il suo coinvolgente crescendo orchestrale e vocale - è stato forse il momento più emozionante di un recital dedicato alla figura di Jaco Pastorius, il bassista che ha ridisegnato la fisionomia del suo strumento e regalato al jazz-rock un repertorio di composizioni di alto livello. Il concerto fa parte della rassegna Panorama italiano che sta proponendo nello spazio jazz de La Palma musicisti di differenziata notorietà ma di indubbio valore. Il bassista (acustico ed elettrico), compositore e arrangiatore Maurizio Rolli appartiene a questa schiera e suo è il progetto-tributo a Pastorius che ha preso corpo in un bell'album editato da una giovane e coraggiosa etichetta, la Wide Sound. Rolli ha portato a Roma la sua A.M.P. Big Band proprio per presentare il Cd Moodswings. Pregevole in studio (ospiti Mike Stern e Michael Manring), il repertorio si è rivelato addirittura superiore nell'esecuzione dal vivo, forte del calore e dell'entusiasmo dell'orchestra diretta in modo inappuntabile da Alfredo Impullitti (altro nuovo talento del jazz italiano, come testimonia la sua articolata Missa, incisa per la Soul Note). Rolli ha, peraltro, creato un organico in cui si fondono jazzisti ben noti con giovani promettenti, ottenendo un riuscito dosaggio tra professionalità e passione. Nella A.M.P. Big Band erano, tra gli altri, presenti la vocalist Diana Torto, Achille Succi (sax alto e clarinetto basso), Giancarlo Esposito (sax soprano) e Claudio Corvini (tromba) ma la carta vincente del gruppo è proprio il collettivo. Nei due set del recital sono stati presentati Teen Town (arrangiato da Emanuele Friello), Continuum ed Havona (arrangiati da Rolli); D-Jaco del contrabbassista; Donna Lee di Charlie Parker, Invitation (un brano eseguito da Pastorius nell'album The Birthday Concert).

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In tutti i brani si è riusciti a conservare l'energia del piccolo gruppo, la novità strumentale di Pastorius ma anche il suoi respiro compositivo, che spesso è lasciato in ombra. Ad esempio in Havona, dopo una vertiginosa introduzione di sax soprano, è il tema ad emergere, seguito dalla presenza forte del basso elettrico in una funzione di accompagnamento già gravida di solismo (e spazio solistico c'è anche per il chitarrista Giancarlo Alfani). In Continuum Maurizio Rolli ha mantenuto inizialmente l'arrangiamento originale per poi "deviare - secondo le sue parole - verso una composizione che fosse differente dalla prima nei caratteri fondamentali: armonia modale e non tonale, melodia esposta dalla voce (soprano) e non dal basso e leit-motif ricorrente nelle varie sezioni dell'orchestra". In realtà è proprio nelle composizioni non virtuosistiche e strumentali come questa che emerge il talento di Pastorius, la sua capacità di disegnare melodie ampie. D-jaco è un omaggio di Maurizio Rolli al bassista elettrico ma anche a Django Reinhardt e a John Lewis (il titolo e la melodia echeggiano il suo celebre Django). L'atmosfera crepuscolare e malinconica, la delicatezza del tema, la poeticità del suo sviluppo appaiono degno coronamento di un progetto discografico e di un concerto davvero valido che si è chiuso non su queste note melanconiche ma sull'onda di un trascinante e sanguigno funky. Un plauso all'orchestra e a Rolli che ha avuto l'utopistico coraggio di portare avanti un'impresa artisticamente e logisticamente non facile.

"Jaco ha aperto la porta e noi siamo entrati" Intervista a Saturnino (17/11/2008) Saturnino Celani, in arte semplicemente Saturnino, è uno dei bassisti italiani di maggior talento. Fa parte da anni della band che accompagna fedelmente Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti. E’ un ragazzo del ’69 che ha legato indissolubilmente la sua vita al basso elettrico. E’ cresciuto a pane e Stanley Clarke, a biscotti e Marcus Miller, a pasta e Jaco Pastorius. “Che artista Jaco – ci confida con emozione Saturnino -. E’ riuscito a portare il basso ad un lirismo melodico incredibile, sconosciuto in precedenza. Il basso elettrico nasce ovviamente come strumento di accompagnamento, tutti i più grandi interpreti del basso elettrico, fino a quel momento, non avevano aggiunto niente di decisivo. Lui invece ne ha stravolto il modo di suonarlo, arrivando a livelli impensabili. Jaco Pastorius ha fatto commuovere contemporaneamente strumento e ascoltatore, e questo è un primato incredibile.” La generazione di Saturnino ha vissuto sia l’ascesa che la caduta di Jaco Pastorius. In Italia il personaggio fece breccia dal primo momento. “In Italia fu accolto come un autentico profeta. Il suo approccio alla musica, per noi avidi di conoscenza, rappresentò un nuovo punto di partenza. Io acquistai un suo metodo in cassetta ed ho voluto sempre seguire il senso della sua interpretazione, non copiarla. Perché vedi, l’Italia e il mondo in generale sono pieni di bassisti da me definiti “pastorizzati”, quelli che copiano restringendo il loro campo d’azione a quello che vedono, replicando il suono senza interpretarlo. Bisogna capire il messaggio di Jaco, non fermarsi all’albero abbattuto quando invece c’è una foresta che sta crescendo. Jaco ha voluto caricare il mondo con un’energia alternativa”. Saturnino vide Pastorius dal vivo e ne rimase impressionato. “Dal vivo era una forza della natura, io assistetti ad un suo concerto nel 1982, a Bologna. I suoni, l’esecuzione, la vitalità sul palco: Pastorius, anche se in leggera flessione (aveva da poco lasciato i Weather Report, ndr), mostrava comunque di essere un musicista superiore. Ma si vedeva che soffriva già, durante quel concerto perse la pazienza ed iniziò a fare botte col batterista nel bel mezzo dello show. Questo era Jaco, una specie di Schumacher costretto a guidare una Panda su un tracciato da rally. Senza regole, senza controllo”. Pastorius suonava un basso “fretless”, ovvero un basso con una tastiera liscia, senza tasti di riferimento per le note e un suono simile a quello di un contrabbasso. “Un basso ‘fretless’ è uno strumento di ottima fattura – spiega Saturnino - . Anzi, di grande fattura. E’ un gioiello che tu suoni sapendo di dover raggiungere la perfezione del suono, o almeno di avvicinarla. Il ‘fretless ti permette un procedimento musicale particolare: si parte da un’idea di suono, si crea una melodia e a questa melodia si cerca di dare un ritmo. Ma non è il ritmo il passaggio di maggiore difficoltà per chi suona un basso del genere: le note dolenti arrivano col timbro e l’intonazione. Bisogna stare attenti: dita mosse sulla tastiera con imprecisione possono far venire fuori delle note sbagliate. Per suonare un fretless bisogna essere bravi e, ripeto, bisogna interpretare il suono con grande creatività”. Il suono di un basso fretless si avvicina a quello di un contrabbasso. “Pastorius aveva modificato in maniera così efficace il suo Fender Jazz – spiega Saturnino – che ormai dallo strumento fuoriusciva un suono come quello di un contrabbasso. Un suono caldo, pastoso, che faceva rimanere a bocca aperta”. Secondo Saturnino pochi altri bassisti sono stati come lui. “Ne ricordo pochi con quella genialità. Il primo dei mostri sacri è Stanley Clarke, che ha introdotto il canto abbinato al basso. Le sue orme, ma con un

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altro stile, sono state ripercorse da Mark King con i Level 42. Poi certo, grandi musicisti come Marcus Miller e Percy Jones (anche lui suonava un fretless, ndr) vanno sicuramente ricordati, ma pochissimi sono stati come Jaco, forse nessuno”. E Victor Wooten, profetizzato da molti come il nuovo Pastorius? “Senza dubbio bravo, ma non potrà mai avere lo stesso carisma di Jaco. Gli mancano i canoni estetici, la fisiognomica e l’intepretazione scenica. Jaco era superiore anche in questo”. E’ inevitabile, anche con Saturnino, non toccare il delicato tema del periodo 81-87, quello del declino. “Un po’ tutti hanno le loro colpe per quanto riguarda la morte di Jaco. Forse maggiormente l’industria discografica del tempo, che lo ha abbandonato quando non portava più soldi come prima. Paradossalmente ora la stessa industria discografica è debitrice nei confronti di Jaco, il quale ha lasciato un tesoro musicale immenso”. Saturnino aggiunge un interessante riflessione sul concetto di “equilibrio” dell’artista. “Jaco ad un certo punto della sua vita non è riuscito a rimanere in equilibrio. Quando si precipita bisogna essere forti, Pastorius non riuscì a fronteggiare la pressione. Mi viene in mente Marco Pantani, che condusse una vita fatta di energia incredibile poi venuta improvvisamente a mancare. Mi viene in mente il film “Dreamgirls”, che documentava il crollo di un uomo dello spettacolo messo sotto pressione. Sono situazioni insostenibili: arrivano prima le cicatrici, che sono gli autografi di Dio sulla tua pelle, poi c’è il silenzio”. Saturnino ricorda bene anche la figura di Joe Zawinul, tastierista e leader dei Weather Report e mentore di Jaco, deceduto un anno fa. “Lo vidi per l’ultima volta poco tempo fa al Blue Note a Milano, nella sua formazione che comprendeva anche il percussionista Jorge Bezerra. Era un uomo di una grandezza unica per quanto riguardava il punto di vista compositivo. Sapeva come ottenere il meglio da se stesso, anche con tastiere standard, senza particolari modifiche, sapeva tirare fuori un suono magico. Jaco ne ha subito l’influenza in maniera chiara”. Saturnino conclude ricordando il suo pezzo preferito, e lo dedica a Jaco. “Amo tantissimo ‘Invitation’, un brano che sviluppa una vera poesia del suono. Lui era così: declinava in versi la musica. In tutte le sue canzoni è più che visibile un’anima bianca e nera, senza mezze misure. L’enfasi di ‘Invitation’ fotografa al meglio il suo carattere, una specie di fiume in piena che amava la vita e i suoi eccessi”. http://www2.unicatt.it/pls/unicatt/mag_gestion_cattnews.vedi_notizia?id_cattnewsT=8366

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Gli armonici e la Fusion

Jaco, il basso e gli armonici

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Jaco ha ridisegnato il ruolo del basso elettrico nella musica moderna, dandogli caratteristiche tonali ed articolazioni innovative, facendolo suonare come una chitarra elettrica e come un contrabbasso, inventando un suono immensamente lirico e profondo. Una volta ha detto: "Il basso canta… Devi solo sapere esattamente dove toccare le corde, e quanta pressione applicare con le dita. Devi imparare a sentirlo. E poi, semplicemente, il basso canta", ed è sorprendente il fatto che queste parole le aveva dette, 250 anni prima, Johann Sebastian Bach a proposito dell'organo. Jaco introdusse anche nuovi "colori", grazie all'utilizzo degli armonici (la sua "Portrait of Tracy" è un capolavoro ineguagliato), e, come Eberhard Weber in Europa, ha dato al basso un nuovo ruolo melodico, suonando delicati temi o frammenti tematici con espressività e leggerezza. Ma ha anche sviluppato all'estremo, grazie ad un virtuosismo incredibile, gli aspetti ritmici dell'accompagnamento, a livelli di complessità e "ferocia" mai raggiunti prima, inventando riffs ormai leggendari, suonati a velocità stupefacenti e con articolazione perfetta (le semicrome di Jaco sono ormai una leggenda). Tutti i bassisti moderni hanno Jaco come punto di riferimento ed ispirazione continua: Alain Caron, Marcus Miller, Stanley Clarke, Victor Wooten, Jimmy Haslip, Victor Bailey, Richard Bona, solo per fare i nomi più importanti. Il fenomeno Jaco è ancora sulla cresta dell'onda: basta pensare ai numerosi bootleg di concerti registrati a New York, in Italia, e al recupero di prove in studio, di takes non autorizzate, di registrazioni private. L'eredità di Jaco è enorme, ed il cambiamento imposto dalla sua creatività alla musica degli ultimi 30 anni, sia al ruolo del basso elettrico che alle concezioni moderne dell'accompagnamento, è riscontrabile in qualsiasi genere musicale. Un genio che, semplicemente, non si è adattato alla scena in cui viveva, ma ha creato la sua propria strada. Da solo.

Conosciuto come "Jaco", uno dei più grandi bassisti della musica contemporanea stile Fusion, Jazz e Funky. Nonostante la brevità della sua carriera, ha determinato una rivoluzione totale per quanto riguarda il suo strumento: con il suo stile particolare è riuscito a caratterizzare il basso come solista, e ridefinire il ruolo del basso elettrico nella musica, suonando simultaneamente melodie, accordi, armonici ed effetti percussivi. Per numerosi bassisti (dal pop all'heavy metal) è un importante punto di riferimento.

Al fine di interpretare meglio l’artista, è bene fare una parentesi sulla tecnica degli armonici e del loro utilizzo (bibliogr.3). Ogni bassista, anche alle prime armi, si è trovato alle prese con i “famigerati” armonici, basta pensare alla prima volta che il nostro insegnante ci ha fatto accordare lo strumento, al fastidio che proviamo nel momento in cui stoppiamo le corde per le risonanze oppure, perché no, anche agli esasperanti fischi provenienti dall’amplificatore del nostro chitarrista… La tecnica degli armonici ed il loro effettivo utilizzo è sempre stato limitato ad una ristretta fascia di musicisti, i più sperimentatori e per così dire “estremi” (ma non per questo migliori degli altri). Questo perché il range di frequenze di questi suoni è strettamente diverso da quello del basso comunemente usato nel rock. Quanti di voi e dei vostri colleghi si sono fatti ingannare dalle preziose linee di Pastorius in un pezzo come “Birdland” dei Weather Report, pensando che lui suonasse i “pedali bassi” e che ci fosse un chitarrista a suonare il celebre tema? Persino Joe Zawinul dopo che Pastorius gli fece sentire il suo demo (che era sostanzialmente il suo primo album solista con “Portrait of Tracy”, “Continuum”, etc.) pensò che Jaco non suonasse il basso elettrico ma un upright bass oppure un basso tre-quarti come peraltro faceva Stanley Clarke chiedendogli al momento dell’ingaggio (dopo Alphonso Johnson): “Hey Kid, do you play electric bass too?” (Ehi ragazzo, te suoni anche il basso elettrico?). Molti pensano che gli armonici siano utilizzati soltanto da quei bassisti che in qualche modo rientrano nella fascia dei “virtuosi”, senza considerare che con gli armonici si possono creare degli accordi che possono essere accompagnati con pedali bassi, e quindi (anche se sembra un po’ pretenzioso) che si può creare in determinate circostanze anche del buon groove, o quantomeno, dare dei colori particolari alle solite linee di basso. Jaco Pastorius è stato uno dei primi maestri degli armonici naturali, che forse ancora oggi avrebbe tanto da dire. Quando anche i più grandi musicisti dell’epoca sentirono per la prima volta dei pezzi come “Portrait of Tracy” oppure “Okonkolé Y Trompa”, rimasero sbalorditi dal suono di Jaco, senza neanche comprenderne perfettamente il livello tecnico-esecutivo. Ciò è successo perché per la prima volta il basso elettrico aveva una timbrica e faceva fuoriuscire dei colori e delle frequenze mai sentite. Leggendo l’introduzione di Herbie Hancock al primo CD di Jaco, si nota che la prima cosa che sottolinea di lui è che “è abile nel produrre dei suoni sul basso che sono una sorpresa totale…non solo per le singole note, ma anche per gli accordi, gli

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armonici…”. La funzione del basso ha cambiato rotta: non più solo strumento accompagnatore, ma anche solista, e lo ha fatto grazie a dei “fenomeni” quali Stanley Clarke e Jaco Pastorius, i quali comunque erano sempre alla ricerca di escamotages per variare ed ampliare il range di frequenze dello strumento che fino a quegli anni non era stato così sfruttato a pieno. La tecnica di base per suonare gli armonici naturali è piuttosto semplice, tuttavia richiede applicazione e studio per ottenere discreti risultati. Le dita della mano sinistra devono essere precise e sicure, non devono tremare. Bisogna essere perfettamente coscienti di quale sia la parte del dito a sfiorare la corda (la punta del dito è meglio indicata, dato che si riesce a sapere con più precisione dove si sta sfiorando la corda). Basta posizionare le proprie dita sulla corda rispettivamente ai punti del manico in cui si essi si formano e pizzicare con un tocco ben potente della mano destra. Quest’ultima deve essere posizionata (per avere un suono standard e far fuoriuscire gli armonici con più volume) nella parte più vicina al ponte (dove peraltro suonava di norma Jaco per ottenere un suono più incisivo, corposo e con grande attacco anche in finger-style); se la mano destra pizzica la corda verso la metà, questa potrebbe battere contro i tasti e smorzare la sua ondulazione, cosa non molto positiva per qualsiasi utilizzo degli armonici, anche per accordare. Naturalmente tutto ciò non vale anche per altre tecniche bassistiche in cui si cerca apposta un suono elettrico dove le corde vibrano contro i tasti. Pastorius ha inventato un metodo per gli armonici artificiali(col pollice): Jaco utilizzava il suo celebre pollice ricurvo per produrre il fulcro e pizzicava la corda con l’indice e il medio, ma non è escluso l’utilizzo anche dell’anulare per tenere la mano più rilassata e non torcerla in modo particolare (su questo Pastorius era agevolato per la sua mano che aveva una conformazione molto particolare che gli consentiva di suonare bene gli armonici anche solo con le prime due dita in finger-style). Raccontava il mitico Joe Zawinul: "Jaco poteva afferrare una palla da basket con una sola mano e aveva un pollice pensile che nel suonare gli accordi, lo aiutava molto. Era un atleta fenomenale: studiava tantissimo il suo strumento e poteva suonare linee velocissime a lungo, senza mai stancarsi. Non ho mai visto nessuno capace di fare altrettanto". La parte esterna sinistra del pollice (la stessa che viene usata nello slap per percuotere la corda) si deve appoggiare sulla corda e spostarsi appena questa viene pizzicata, proprio come viene fatto dalle altre dita quando facciamo gli armonici naturali. Bisogna però porre molta attenzione a questo spostamento poiché è molto difficile far uscire un armonico artificiale con buona intensità. Per questo mi raccomando per le prime volte di mantenere ben teso e dritto il pollice e non piegare assolutamente l’ultima falange, così si ripone più forza in esso e quindi più controllo (non bisogna comunque irrigidire tutto il pollice, deve essere ben pronto a muoversi appena suonata la corda). Ci sono ancora altre tecniche per approfondire l’argomento “armonici artificiali”. La prima, che possiamo trovare (anche questa!) in Pastorius e precisamente in Portrait of Tracy, consiste nel produrre gli armonici artificiali esclusivamente con la mano sinistra. Jaco ad esempio, per ottenere un armonico di Eb, teneva premuto con l’indice il 2° tasto della corda di La e allungava la sua grandissima mano fino ad arrivare al 6° tasto della stessa corda, che col mignolo toccava facendo emettere al basso quel famoso suono che forse nessuno è mai riuscito a rifare come lui. Questo espediente (ed altri costruiti nello stesso modo) è stato utilizzato perché spesso la mano sinistra, quando suoniamo gli armonici naturali, si trova in posizioni particolari del manico per cui non può fare dei salti lunghissimi, ma il motivo essenziale sta nel fatto che non è sempre così semplice far uscire dallo strumento queste note ben nitide. La nota finale di Portrait of Tracy è un difficilissimo accordo armonico artificiale costruito sul 9° tasto, dove il pollice si deve porre in corrispondenza del 13°: l’intervallo tra i due tasti è di 4 tasti, la nota dell’armonico al 4° tasto è una terza maggiore dalla tonica, ciò che ne viene fuori è una accordo formato da Db Eb Ab. (tratto online da: Armonici Basso di Donato [email protected])

Qualunque persona si volesse avvicinare all'affascinante, intrigato, vitale ed energetico mondo del Jazz non può fare a meno di iniziare ascoltando i primi albori della musica di New Orleans di Joe “King” Oliver e Luis Armstrong, passando per le Big Band di Duke Ellinghton , finendo poi per farsi letteralmente catturare dalla spericolatezza melodica del sassofono di Charlie Parker. Ma l'ultima spregiudicata e inconfondibile tappa di questo sterminato mondo musicale deve inevitabilmente arrivare all'ascolto di quei “Guru” musicali che hanno letteralmente stravolto il modo di pensare e suonare jazz, aprendo la strada ad un nuovo e

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inesplorato sentiero della musica (chiamata Fusion) che fa della contaminazione del jazz con altri stili e dell'uso di strumenti elettrici le sue principali caratteristiche. Alcuni dei più importanti protagonisti di questa svolta stilistica sono senza dubbio Miles Davis, Chick Corea, Joe Zawinul e Jaco Pastorius. Quest'ultimo lasciando nel mondo della musica un immenso vuoto colmato in parte da una sua produzione musicale veramente ricca, destinata a resistere al tempo. In neanche trent'anni di vita musicale Jaco ha letteralmente rivoluzionato il modo di suonare il suo strumento, il basso elettrico, dando così un eccezionale contributo e aprendo le porte al mondo della musica moderna. Jaco Pastorius è stato per il basso elettrico quello che Jimi Hendrix è stato per la chitarra elettrica, Maradona per il pallone: uno straordinario innovatore che ha saputo unire l'eccezionale abilità nel suonare ad una incredibile sapienza compositiva che ha fatto di Jaco un grande musicista a 360°. Infatti, il talento di questo ragazzo non va solamente analizzato nell'ambito del suo strumento, dove lui stesso si definì (concordemente con il pubblico) come il più grande bassista del mondo, ma anche nei suoi lavori come compositore. Egli riuscì brillantemente a ridefinire la disciplina della Fusion, del Rock e del R&B. Ogni bassista vede in lui e nelle sue partiture musicali una fonte inesauribile di sfumature, idee e spunti preziosi per esplorare e conoscere a fondo il basso e la musica. La sua vita, come una cometa, bruciò velocemente ma con una tale intensità da lasciare indelebilmente il segno. Come tutti i grandi musicisti fu acclamato per il suo genio e per la sua follia che lo rendeva col passare degli anni sempre più protagonista di storie bizzarre e stravaganti, sopra e fuori dal palco. In tutta la Florida discografici, musicisti, ma anche gente della strada, sanno raccontare riguardo a Jaco una storia o un aneddoto di pura follia che contribuisce a creare intorno a lui una sorta di leggenda: un vero e proprio mito. Jaco Pastorius era un selvaggio contenitore di energia pura, capace di vivere tra i campi da basket, la spiaggia e i locali dove suonava jazz anche ventiquattr'ore al giorno, senza mai riposarsi, sempre in costante attività. Il suo stile era frenetico, dinamico, così colmo di pathos che chi suonava con lui inevitabilmente veniva catturato e conquistato dal personaggio e dalla sua musica.Univa stili diversi modellando ritmiche e melodie di brani famosi “sporcando” il jazz con il funky, la musica caraibica e il rock. Storiche sono le sue I Shot the Sheriff di Bob Marley, Purple Haze e Third Stone from the Sun di Jimi Hendrix, the Chicken dal groove stampo James Brown, Blackbird dalle armonie pop dei Beatles. La vera e propria consacrazione nel mondo della musica è sicuramente dovuta al suo primo album da solista (“Jaco Pastorius” del 1976) e dal successo mondiale dei Weather Report nel quale Jaco immergeva il suo inconfondibile basso in un contesto musicale dove spiccavano altri due grandi rivoluzionatori: Joe Zawinul alle tastiere e Wayne Shorter al sax. I Weather Report vengono considerati la prima vera band stellare del palcoscenico Jazz-Fusion e i loro brani Birdland e Teen Town sono ormai divenute pietre miliari del jazz. Quando Jaco entra a far parte dei Weather Report, la band acquista non solo un artista di spessore e di sbalorditiva tecnica. Il timbro del suo basso fretless (senza cioè le barrette metalliche che segnano i capotasti sul manico dello strumento), in aggiunta alle sue dinamiche inusuali e alle sue intuizioni ritmiche e melodiche, incide fortemente sul sound del gruppo e sulla sua stessa identità artistica come dimostrato nell'album Heavy Weather. Vinse numerosi riconoscimenti musicali in tutto il mondo e le copertine delle riviste di jazz non pubblicavano che la sua foto, sempre ritratto con un'aura di mistica energia unita ad una spavalderia di chi sapeva di essere veramente sul tetto del mondo. La seconda metà degli anni settanta segnano la coronazione definitiva di Pastorius e dei Weather Report nel panorama Jazz mondiale, ma gli anni ottanta dimostrarono in modo cinico come la fortuna e la fama possano velocemente girare le spalle. Jaco è arrivato al successo con una velocità ed una intensità tale da non riuscire a reggere le pressioni dei media e del suo ego schiacciante che lo hanno portato, con l'aggiunta del costante uso di droga e alcool, a vivere gli ultimi anni bui della sua esistenza vagando come un barbone abbandonato da tutti nelle strade di Fort Lauderdale, elemosinando qualche dollaro, nell'ombra del mito di Jaco Pastorius.

Il suo carattere eccentrico e pieno di incontrollabili sbalzi d'umore, dati dalla depressione e dall'uso di stupefacenti, fecero sì che Jaco tagliasse tutti i ponti con gli amici e i colleghi, rimanendo sempre più solo. Molti si chiedono ora, se fosse ancora in vita, dove sarebbe potuto arrivare con la sua creatività e quali orizzonti musicali avrebbe potuto esplorare. Purtroppo un tragico evento ha messo fine alle sofferenze di un grande genio impazzito, ma le forti emozioni che ci ha regalato e sempre ci regalerà la sua musica, quelle, resteranno eterne. (di Luca Lorenzo Pagani pubblicato http://www.aurorarivista.it/)

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Fusion (Courtesy: http://web.tiscalinet.it/brunop/storia_del_jazz.htm )

Fusion è la definizione di un genere musicale coniato alla fine degli anni settanta e diffusosi nel corso degli anni ottanta per indicare le numerose forme di contaminazione musicale tra generi diversi. Viene utilizzato anche per indicare le musiche che nel decennio precedente venivano classificate come jazz-rock.

Questo stile coniuga (fonde) stilemi tipici del jazz ad una strumentazione tipicamente rock dove gli strumenti elettrici, le tastiere e la strumentazione elettronica in generale hanno un ruolo predominante nel determinare il suono. La contaminazione avviene anche a livello stilistico, sia nell'accompagnamento, dove linee tipicamente funk tendono a sostituirsi ai più tradizionali accompagnamenti jazz, sia, più in generale, nella struttura del pezzo.

Rispetto al jazz rock, suo antesignano, la fusion è quindi caratterizzata da sonorità più morbide e leggere, spesso considerate easy listening (facile ascolto), in quanto più vicine alla struttura armonica di un brano pop piuttosto che jazz.

Molti critici ritengono che le prime incisioni fusion siano Hot Rats di Frank Zappa (1969) ed il doppio album Bitches Brew di Miles Davis (1970). Tra i protagonisti che seguirono, uno dei gruppi più rappresentativi di questo genere sono i Weather Report di Wayne Shorter e del tasterista austriaco Joe Zawinul, band fondata in Australia nel 1969 anche se è ancora caratterizzata da un jazz-rock ibrido. Ma a definire nel modo migliore il termine "fusion" è il celebre Spectrum di Billy Cobham considerato pioniere poiché è il primo album fusion con un chitarista rock, Tommy Bolin.

A metà degli anni settanta il genere, ancora in forma prevalente di jazz rock, raggiunge una maturità e diffusione ormai planetaria : accanto ai mostri sacri d'oltre oceano spiccano anche musicisti europei,

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eccellenti virtuosi, quali il violinista francese Jean Luc Ponty (in realtà di formazione Davisiana), il suo connazionale e batterista Pierre Moerlen (Pierre Moerlen's Gong), gli inglesi, ex Canterburiani, Soft Machine e i giapponesi Casiopea ; in questa fase di transito, iniziano a farsi strada artisti che, intuendo le potenzialità commerciali del genere, propongono composizioni via via più semplici o quanto meno più orecchiabili, in grado di arrivare anche ad un pubblico non necessariamente di estrazione jazz . I raffinati The Crusaders (celebre la loro Street Life), il tastierista brasiliano Eumir Deodato, già attivo da diversi anni con un jazz (bossa) rock piuttosto accattivante ed immediato e, ancor di più, un suo collega di strumento, l’americano Jeff Lorber, influenzeranno ulteriormente lo scenario futuro. Addirittura, a quest’ultimo si deve, probabilmente, l’adozione ufficiale del termine fusion, inserendolo, nel 1977, nel nome della sua band, "The Jeff Lorber Fusion". Anche il il cantante italo canadese Gino Vannelli e il celebre chitarrista Carlos Santana con alcuni suoi lavori, contribuiranno non poco alla diffusione della fusion tra il grande pubblico.

Molte le formazioni che si sono cimentate con questo genere, sia capeggiate da nomi famosi come gli Headhunters di Herbie Hancock, i Tribal Tech di Scott Henderson e Gary Willis, Chick Corea (con i Return to Forever e la Elektric Band), John McLaughlin e la sua Mahavishnu Orchestra, sia completamente nuove, come gli Yellowjackets, Spyro Gyra, Uzeb, Steps Ahead, Chuck Mangione, e poi altri musicisti che tra collaborazioni e esperienze da leader hanno reso popolare una branca importante della musica jazz, tra i quali vanno senz'altro ricordati Pat Metheny, Mike Stern, John Scofield, Marcus Miller e Allan Holdsworth. A molti di questi musicisti si deve il merito di aver saputo ricondurre questa forma più moderna e commerciale del jazz allo spirito iniziale, salvandolo da una certa banalizzazione e riconferendogli una dignità strumentale e compositiva più autenticamente jazz. Tant'è vero che in taluni casi si parla più propriamente di jazz fusion.

I pionieri del jazz-rock italiano furono gli Area (1972), i Perigeo (1972), Arti & mestieri (1974) e i Napoli Centrale (1975). Degni di nota artisti successivi che segnarono la "svolta" fusion in Italia, tra cui alcuni lavori di Roberto Gatto (1980), i Lingomania (1984), Gianluca Mosole (1985), Francesco Bruno (1987) e l'ottimo Nico Stufano. La Turin Jazz Rock School è una delle etichette italiane di artisti appartenenti al genere che ha avuto negli ultimi anni significativi riscontri a livello internazionale con artisti quali Arti & Mestieri, Esagono, Venegoni & co, Beppe Crovella, Furio Chirico, Paolo Ricca Group, Mass media, Combo Jazz, Freelance, Marco Gallesi, Ebano, Enrico Cresci.

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Jaco Pastorius Discography Discografia completa Da leader: Jaco Pastorius (1976), Word of mouth (1981), Twins I & II (1983) pubblicato in Giappone, Invitation (1983), album antologico con brano tratti da Twins I e II con i Weather Report: Black market (1976), Heavy weather (1977), Mr. Gone (1978), 8:30 (1979), Night passage (1980), Weather report (1982), Havana Jam I e II (1979) raccolte di brani di diversi artisti collaborazioni: con Joni Mitchell: Hejira (1976), Don Juan’s reckless daughter (1977), Mingus (1979), Shadows and light (1979); con Little Beaver: Party down (1974) Jaco appare nei credits come Nelson “Jacko” Padron; con Paul Bley: Pastorius, Metheny, Ditmas, Bley (1974); con Pat Metheny: Bright size life (1975); con Ira Sullivan: Ira Sullivan (1975); con Albert Mangelsdorff: Trilogue-live! (1976); con Al di Meola: Land of the midnight sun (1976); con Airto: I’m fine, how are you (1977); con Herbie Hancock: Sunlight (1978), Mr.Hands (1980); con Ian Hunter: All-american alien boy (1976) nell’ultima traccia dell’album suona anche la chitarra; con Tom Scott: Intimate strangers (1978); con Flora Plurim: Everyday everynight (1978); con Cockrell & Santos: New beginnings (1978); con Michael Colombier: Michael Colombier (1979); con Bob Mintzer: Source (1982); con Randy Bernsen: Music for planets, people & washing machines (1984), Mo’wasabi (1986), Paradise citizens (1988); con i Deadline: Down by law (1985); con Brian Melvin: Night food (1985), Jazz street (1986) pubblicato postumo nel 1989, Nightfood (1986) pubblicato postumo nel 1988, Standards zone (1986) pubblicato postumo nel 1990; con Jimmy Cliff: Cliff Hanger (1985); con Mike Stern: Upside downside (1986); con Bireli Lagrene: Stuttgart aria (1986), Live in Italy (1986) pubblicato postumo nel 1990. Pubblicazioni postume: Live in New York City, Vol 1: punk jazz (1990) registrazioni del 1985, Live in New York City, Vol 2: trio (1991) registrazioni del 1985, Live in New York City, Vol 3: promise (1991) registrazioni del 1985, Live in New York City, Vol 4: trio 2 (1992) registrazioni del 1984/85, Honestly (1990) performance da solista registrata in Italia nel 1986, Blackbird (1991) registrazioni live del 1984, PDB (1989) registrazioni live del 1986, Natural (1988) jam session in studio registrata nel 1985, Essence (1988) registrazioni del 1984, The bithday concert (1985) registrazioni del 1981, Live in New York City, Vol. 5: Raca (1997), Live in New York City, Vol. 6: Punk Jazz 2 (1999), Live in New York City, Vol. 7: History (1999), Broadway Blues (1998) registrato nel 1986, Golden Roads (1997), A good stitch for golden roads (1997), Heavy’n Jazz (1992), Curtain Call (1996), Best Improvisation (1997) Raccolte uscite postume: This Is Jazz 10 - Weather Report (1996), Jaco Pastorius - Le demi-dieu de la basse (1997), This Is Jazz 40 - Weather Report - The Jaco years (1998), Jaco Pastorius - Rare collection (1999), Weather Report - The collection 1977-80 (2001), Weather Report - Live & unreleased (2002) registrazioni dal 1975 al 1983, Weather Report - The best of Weather Report (2002), Punk Jazz: The Jaco Pastorius anthology (2003) registrazioni dal 1968 al 1986, Portrait of Jaco - the early years (2003) registrazioni dal 1968 al 1978, Weather Report - Forecast: tomorrow (2006) 3 CD+DVD, Jaco Pastorius - The early years recordings (2006) registrazioni dal 1968 al 1974, Introducing Jaco Pastorius (2006), Ultimate Jaco Pastorius (2007), The essential Jaco Pastorius (2007).

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Dettagli Discografia

Discografia anno:1968-1974

Portrait of Jaco-The Early Years .... Holiday Park Records .... delayed Discografia anno:1971

Georgie Leonard .... un singolo (45 rpm) registrato c/o Criteria Studios nel 1971 .... Jaco "allegedly" suona su : Ernie the Nark (introvabile al momento)

Discografia anno:1974

Little Beaver - Party Down .... Cat .... LP .... Jaco è nominato nell’LP originale come: Nelson (Jocko) Padron Little Beaver - Party Down .... COL 5432 (1993 CD release) .... different cover design .... una traccia: I Can Dig It Baby con: Willie Hale, Robert Ferguson, Latimore, Timmy Thomas, Glen "Zeke" Holmes, Willie Clarke, Robert Ferguson Pastorius, Metheny, Ditmas, Bley - Jaco .... Improvising Artists .... original LP Pastorius, Metheny, Ditmas, Bley .... Improvising Artists 123846-2 .... differente cover design Vashkar, Poconos, Donkey, Vampira, Overtoned, Jaco, Batterie, Kong Korn, Blood con: Pat Metheny, Bruce Ditmas, Paul Bley

Discografia anno:1975

Ira Sullivan .... A&M/Horizon .... LP .... Jaco suona il basso acustico su una traccia: Portrait of Sal La Rosa con: Ira Sullivan, Joe Diorio, Steve Bagby, Don Alias This album in its entirety is "LP only" ma la sola traccia di Jaco è disponibile nella collection "Rare Collection" (1999 release) Pat Metheny - Bright Size Life .... ECM 1073 (1976 release) Bright Size Life, Sirabhorn, Missouri Uncompromised, Midwestern Nights Dream, Unquity Road, Omaha Celebration, Round Trip/Broadway Blues con: Pat Metheny, Bob Moses Pat Metheny - Works II (compilation) .... ECM (1988 release).... Jaco suona su due re-released tracce da Bright Size Life: Sirabhorn, Unquity Road

Discografia anno:1976

Jaco Pastorius .... Epic EK 33949 Donna Lee, Come On Come Over, Continuum, Kuru/Speak Like A Child, Portrait Of Tracy, Opus Pocus, Okonkole y Trompa, (Used to be a) Cha-Cha, Forgotten Love con: Don Alias, Randy Brecker, Ron Tooley, Peter Graves, David Sanborn, Michael Brecker, Howard Johnson, Herbie Hancock, Narada Michael Walden, Sam & Dave, Alex Darqui, Lenny White, Bobby Economou, Michael Gibbs, David Nadien, Harry Lookofsky, Paul Gershman, Joe Malin, Harry Cykman, Harold Kohon, Selward Clarke, Manny Vardi, Julian Barber, Charles McCracken, Kermit Moore, Beverly Lauridsen, Wayne Shorter, Othello Molineaux, Leroy Williams, Peter Gordon, Hubert Laws

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Al Di Meola - Land of the Midnight Sun .... Columbia CK34074 .... Jaco suona solo su una traccia: Suite-Golden Dawn con : Al DiMeola, Alphonse Mouzon, Mingo Lewis, Barry Miles

Ian Hunter - All-American Alien Boy .... Columbia CK 34142 .... CD import for the U.S. market ....Jaco suona su tutte le tracce, suona il basso e la chitarra solista sull’ultima traccia. Letter To Brittania From The Union Jack, All American Alien Boy, Irene Wilde, Rape, You Nearly Did Me In, Apathy 83, God (Take 1) con:

• Ian Hunter: Lead vocals, Rythm guitar, Piano, Backing vocals • Chris Stainton: Piano, Organ, Mellotron, Bass guitar on "Restless Youth" • Jaco Pastorius: Bass guitar, Guitar on "God (take 1)" • Aynsley Dunbar: Drums • Gerry Weens: Lead guitar • David Sanborn: Alto Sax • Dominic Cortese: Accordion • Cornell Dupree: Guitar on "Letter to Brittania From the Union Jack" • Don Alias: Congas • Arnie Lawrence: Clarinet • Dave Bargeron: Trombone • Lewis Soloff: Trumpet • Freddie Mercury: Backing vocals on "You Nearly Did Me In" • Brian May: Backing vocals on "You Nearly Did Me In" • Roger Taylor: Backing Vocals on "You Nearly Did Me In" • B Segarini: Backing vocals • A Sutton: Backing vocals • G Kantor: Backing vocals • E Dickens: Backing vocals

Joni Mitchell - Hejira .... Asylum 1087-2 Joni Mitchell - Hejira .... remastered 1997, marked "HDCD" .... Jaco suona su Quattro tracce: Coyote, Hejira, Black Crow, Refuge In The Roads con: Joni Mitchell, Bobbeye Hall, Abe Most, Larry Carlton, John Guerin, Chuck Findley, Tom Scott

Joni Mitchell - Misses (compilation) .... Reprise (1996 release).... Jaco suona su una traccia re-released : Hejira Weather Report - Black Market .... Columbia CK 34099 .... available on CD, but not as a Columbia/Legacy re-master (?) .... Jaco suona su due tracce: Cannonball, Barbary Coast con: Joe Zawinul, Wayne Shorter, Chester Thompson, Alejandro Neciosup Acuna, Narada Michael Walden,Alphonso Johnson Weather Report - Roxy 5 30 '76 .... bootleg .... JazzMasters JM-010 (Japan) Elegant People, Scarlet Woman, Barbary Coast, Bass Solo, Cannonball, Black Market, 5 Short Stories, Birdland/Rhumba Mama/Bass Solo, Badia/Gibraltar con: Joe Zawinul, Wayne Shorter, Alex Acuna, Manolo Badrena Weather Report - Italian Weather .... bootleg .... live 7/76, Italy Lusitanos, Barbary Coast, Bass Intro, Cannonball, Black Market, Directions, Badia, Gibraltar, Birdland con: Joe Zawinul, Wayne Shorter, Alex Acuna, Manolo Badrena

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Albert Mangelsdorff - Trilogue-Live! .... Pausa (1977 original vinyl LP release), MPS POCJ-2162 (1995 Japan) .... this album is also found in its entirety as part of: Albert Mangelsdorff - three originals .... MPS 519 213-2 (1993 Germany/Japan) .... a three-album Mangelsdorff retrospective on two CDs Trilogue, Zores Mores, Foreign Fun, Accidental Meeting, Ant Steps On An Elephant's Toe con: Albert Mangelsdorff, Alphonse Mouzon Jazz Club: Bass (Various Artists) .... Verve (1989 CD release) .... Jaco suona su una traccia re-released estratta da : Albert Mangelsdorff - Trilogue-Live! Foreign Fun con: Albert Mangelsdorff, Alphonse Mouzon

Discografia anno:1977

Airto - I'm Fine, How Are You? .... Warner Bros. .... Jaco suona basso e percussioni su una traccia::Nativity con: Airto Moreira ; la traccia di Jaco è disponibile nella collection "Rare Collection" (1999 release)

Joni Mitchell - Don Juan's Reckless Daughter .... Asylum 701-2 Joni Mitchell - Don Juan's Reckless Daughter .... remastered 1997, marked "HDCD" Overture-Cotton Avenue, Talk To Me, Jericho, Paprika Plains, The Tenth World, Dreamland, Don Juan's Reckless Daughter, Off Night Backstreet con: Joni Mitchell, John Guerin, Don Alias, Wayne Shorter, Michael Gibbs, Manolo Badrena, Alejandro Acuna, Chaka Khan, Airto Moreira, J.D. Souther, Glenn Frey Weather Report - Heavy Weather .... Columbia CK34418 (first issue CD) Weather Report - Heavy Weather .... Columbia Legacy CK47481 .... 1992 re-master Weather Report - Heavy Weather .... Columbia Legacy Gold CD CK64427 ....1992 re-master Weather Report - Heavy Weather .... Columbia Legacy CK65108 .... 1997 re-master Birdland, A Remark You Made, Teen Town, Harlequin, Palladium, The Juggler, Havona con: Joe Zawinul, Wayne Shorter, Alex Acuna, Manolo Badrena Herbie Hancock – Herbie Hancock with Jaco Pastorius .... BS Music BSCD 10085 - Recorded Live at Ivanhoe Theater – Chicago 16 Febbraio 1977.... Jaco suona tutti e sei i pezzi:Cantaloupe Island,Hang up your hang ups,Maiden voyage,Jaco bass solo,People music,Chameleon con: Herbie Hancock(piano),Bennie Maupin(sax),James Levi(Drums)

This Is Jazz 21 - Sampler .... 1996 Columbia/Legacy .... one re-released track from Heavy Weather: A Remark You Made con: Joe Zawinul, Wayne Shorter, Alex Acuna This Is Jazz 10 - Weather Report .... 1996 Columbia/Legacy .... four re-released tracks from Heavy Weather, Mr. Gone: Birdland, A Remark You Made, Young And Fine, Teen Town con: Joe Zawinul, Wayne Shorter, Alex Acuna, Manolo Badrena, Steve Gadd, Peter Erskine

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Discografia anno:1978

Cockrell & Santos - New Beginnings .... A&M .... LP .... Bud Cockrell è il bassista .... Jaco è uno dei tre chitarristi ritmici su una traccia: I Tried It All con: Bud Cockrell, David Garibaldi, Angelo Rossi, Michael Shelton, Ron Stockert, Ernie Watts Flora Purim - Everyday Everynight .... Warner Bros. VDJ-28062 .... digital remaster CD released in Japan in 1989 .... Jaco suona su quattro tracce, inclusa una sua composizione : "Las Olas", The Hope, Five-Four, Las Olas, Blues Ballad con: Flora Purim, Harvey Mason, Dennis Belfield, Lee Ritinour, David Foster, Michel Colombier, Airto Moreira, David Sanborn, Jay Graydon, Michael Boddicker, Herbie Hancock, una delle tracce di Jaco "The Hope" è disponibile nella collection "Rare Collection" (1999 release) Herbie Hancock - Sunlight .... Columbia or CBS/Sony SRCS 7168 (Japan) .... Jaco suona una sola traccia: Good Question con: Herbie Hancock, Tony Williams, Bill Summers, Raul Rekow, Patrick Gleeson

Tom Scott - Intimate Strangers .... Columbia (LP) .... CD released in Japan, distributed by Sony Music Entertainment(Japan) SRCS 9539 .... Jaco su un breve interludio: Lost Inside The Love Of You (Reprise) con: Tom Scott

Weather Report - Mr. Gone .... Columbia Weather Report - Mr. Gone .... re-mastered in 1991 - ARC/Columbia/Legacy CK 46869 The Pursuit Of The Woman With The Feathered Hat, River People, Young And Fine, The Elders, Mr. Gone, Punk Jazz, Pinocchio, And Then con: Joe Zawinul, Wayne Shorter, Manolo Badrena, Peter Erskine, Jon Lucien, Steve Gadd, Tony Williams, Deniece Williams, Maurice White Weather Report - Live Weather .... bootleg .... Show Company SC-9447-1/2 (Japan) .... live double CD, some tracks without Jaco, sounds like Alphonso Johnson Scarlet Woman, Teen Town, A Remark You Made, Black Market, Gibraltar (misspelled: Gibraltal), Birdland con: Joe Zawinul, Wayne Shorter, Peter Erskine

Discografia anno:1979

Havana Jam .... Columbia .... LP .... 1997 CD release in Japan Weather Report: Black Market .... Trio of Doom: Dark Prince con: Weather Report: Joe Zawinul, Wayne Shorter, Peter Erskine .... Trio Of Doom: John McLaughlin, Tony Williams Havana Jam 2 .... Columbia .... LP .... 1997 CD release in Japan Weather Report: Teen Town .... Trio of Doom: Para Oriente, Continuum con: Weather Report: Joe Zawinul, Wayne Shorter, Peter Erskine .... Trio Of Doom: John McLaughlin, Tony Williams Joni Mitchell - Mingus .... Asylum 505-2 Joni Mitchell - Mingus .... remastered 1997, marked "HDCD" God Must Be A Boogie Man, A Chair In The Sky, Sweet Sucker Dance, The Dry Cleaner From Des Moines, Goodbye Pork Pie Hat con: Joni Mitchell, Wayne Shorter, Herbie Hancock, Peter Erskine, Don Alias, Emil Richards

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Manolo Badrena - Manolo .... A&M .... LP .... Jaco suona su una traccia : The One Thing con: Manolo Badrena This album in its entirety is "LP only" ma la traccia di Jaco è disponibile nella collection "Rare Collection" (1999 release) Michel Colombier .... Chrysalis .... Jaco suona otto trace delle undici totali: Sunday, Dreamland, Overture, Bird Song, Layas, Do It, Spring, The Dancing Bull con: Michel Colombier, Herbie Hancock, Lee Ritenour, Peter Erskine, Larry Carlton, Michael Boddicker, Airto Moreira, Steve Gadd, Ray Parker Jr., Jerry Knight, Tom Scott Until 1999, this had been LP only.... 1999 CD release distributed by "Anthology's" in France .... 3052162. Michel Polnareff - Coucou Me Revoilou (France, 1989 release) .... Epic epc465831-2 .... Jaco suona solo una traccia : Une Simple Melodie con: Michel Polnareff ed altri non elencati; la traccia "Une Simple Melodie" è inoltre disponibile su un doppio CD intitolato "Passè Prèsent " Best of .... Sony Music Entertainment(France) 469261 2.

Weather Report - 8:30 .... Columbia CD 88455 (double CD) Weather Report - 8:30 .... the U.S. re-mastered CD release (1994 Columbia/Legacy) is missing the song "Scarlet Woman" which appears on the original double LP Black Market, Scarlet Woman, Teen Town, A Remark You Made, Slang (Bass Solo), Birdland, Badia/Boogie Woogie Waltz Medley, 8:30, Brown Street, The Orphan, Sightseeing con: Joe Zawinul, Wayne Shorter, Peter Erskine

Joni Mitchell - Shadows and Light .... Asylum 704-2 (1980 release) Nel CD originale USA sono state omesse tre tracce che apparivano nel doppio LP originale: Joni Mitchell - Shadows and Light .... a Japan two-CD release (Electra WPCP-3960-1) contiene la versione intera dell’LP intero doppio originale Joni Mitchell - Shadows and Light .... remastered 1997 .... the full version on two CDs, marked "HDCD" In France They Kiss On Main Street, Edith And The Kingpin, Coyote, Free Man in Paris, Goodbye Pork Pie Hat, The Dry Cleaner From Des Moines, Black Crow, Hejira, Dreamland, God Must Be A Boogie Man con: Joni Mitchell, Don Alias, Pat Metheny, Lyle Mays, Michael Brecker

Discografia anno:1980

Herbie Hancock - Mr. Hands .... Columbia 471240-2 re-mastered for CD in 1992 Herbie Hancock - Mr. Hands .... remastered for a Sony Mastersound release in Japan .... Jaco suona solo una traccia: 4 A.M. con: Herbie Hancock, Harvey Mason, Bill Summers Weather Report - Night Passage .... Columbia CK 36793 Night Passage, Dream Clock, Port Of Entry, Forlorn, Rockin' In Rhythm, Fast City, Three View Of A Secret, Madagascar con: Joe Zawinul, Wayne Shorter, Peter Erskine, Robert Thomas Jr. Weather Report - The Collection 1977-80 .... Castle Communications (England) .... out of print .... re-release of 13 Weather Report tracks from: Heavy Weather, Mr. Gone, 8:30, Night Passage Birdland, Teen Town, The Juggler, The Pursuit Of The Woman With The Feathered Hat, The Elders, Punk

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Jazz, And Then, Black Market (Live), A Remark You Made (Live), Night Passage, Rockin' In Rhythm, Fast City, Madagascar con: Joe Zawinul, Wayne Shorter, Alex Acuna, Manolo Badrena, Peter Erskine, Robert Thomas Jr. Weather Report - Live Passage .... bootleg .... Jazz Masters JM-013-14 (Japan) .... out of print .... live in Boston 1/25/80 .... two CDs 8:30/Sightseeing, Madagascar, Three Views of a Secret, Port of Entry, Dream Clock, Fast City, Bass Solo, Brown Street (mistitled: The Pursuit of the Woman with the Feathered Hat), Forlorn, Rockin' In Rhythm, Birdland con: Joe Zawinul, Wayne Shorter, Peter Erskine, Robert Thomas Jr.

Discografia anno:1981

Jaco Pastorius - Word of Mouth .... Warner Bros. 3535-2 Crisis, Three Views Of A Secret, Liberty City, Chromatic Fantasy, Blackbird, Word Of Mouth, John And Mary con: Don Alias, Jack DeJohnette, Peter Clark Erskine, Herbert Jeffrey Hancock, Paul Hornmuller, Othello Molineaux, Robert Thomas Jr., Leroy Williams, David Bargeron, Roger Bobo, John Clark, David Duke, Bobby Findley, Chuck Findley, Peter Gordon, Tommy Johnson, William Lane, Charles Loper, Waren Luening, Lew McCreary, Jim Pugh, William Reichenbach, Jeff Reynolds, David Taylor, Brad Warnaar, Snooky Young, Michael Brecker, David Breidenthal, Robert Cowart, Howard Johnson, Hubert Laws, Lorin Levee, Tom Scott, Wayne Shorter, Toots Thielemans, James Walker, David Weiss, George Young, Jim Gilstrap, John Lehman, Edie Lehmann, Myrna Matthews, Marti McCall, Petsye Powell, Alfie Silas, Zedric Turnbough, others Jaco Pastorius - The Birthday Concert .... Warner Bros. 9 45290-2 (1995 release) .... also: sample tracks from The Birthday Concert su un cd e sono inclusi alcuni parti del libro su Jaco di Milkowski Soul Intro/The Chicken, Continuum, Invitation, Three Views Of A Secret, Liberty City, Punk Jazz, Reza, Domingo, Amerika con la band: Don Alias Conga Dave Bargeron Trombone, Tuba Dan Bonsanti Saxophone, Woodwind Michael Brecker Sax (Tenor) Randy Emerick Sax (Baritone) Peter Erskine Drums, Liner Notes Kenneth Faulk Trumpet Russ Freeland Trombone Peter Gordon French Horn Peter Graves Trombone (Bass) Mike Katz Trombone Gary Lindsay Saxophone, Woodwind Bob Mintzer Clarinet (Bass), Sax (Soprano), Sax (Tenor) Othello Molineaux Drums (Steel) Brett Murphey Trumpet Brian O'Flaherty Trumpet Jaco Pastorius Bass Jerry Peel French Horn Oscar Salas Percussion

Discografia anno:1982

Jaco Pastorius - Holiday for Pans .... bootleg.... Sound Hills SSCD-8001(1993 Japan) Mysterious Mountain, Elegant People, Good Morning Annya, She's Leaving Home, Holiday For Pans, Giant Steps, City Of Angels, Birth Of Island con: Wayne Shorter, Don Alias, Othello Molineaux, Leroy Williams,

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Mike Gerber, Toots Thielemans, Bobby Economou, Kenwood Denard, Ted Lewand, Peter Graves, Craig Thayler, Michael Gibbs Orchestra, some un-named bassist adding counterfeit bass parts Jaco Pastorius - Full Complete Session from Holiday For Pans (1980-82) .... bootleg.... Sound Hills SSCD-8098-8100 .... 1999 rilasciata in Giappone .... include gli “alternate takes” e delle tracce incomplete.... un set in box di 3 CDs, 3 postcards, ed una t-shirt Village of the Angels, City (Village) Of The Angels, She's Leaving Home, She's Leaving Home, Birth Of Island, Birth Of Island, Birth Of Island, Giant Steps, Mysterious Mountain, Good Morning Anya, Mysterious Mountain, Good Morning Anya, Elegant People, Holiday For Strings, Holiday For Pans Jazz At The Opera House .... prodotto da Conrad Silvert .... Sony SRCS 7068-9 (Japan) .... Jaco non è menzionato nelle credenziali della versione originale dell’LP , ma suona su una traccia: Footprints con: Tony Williams, Charlie Haden, Herbie Hancock, Wayne Shorter, Wynton Marsalis, Bobby Hutcherson Bob Mintzer - Source .... Agharta Bob Mintzer - Source .... Canyon D32Y0048 (1985 Japan) .... Jaco suona in due tracce: I Don't Know, Spiral con: Bob Mintzer, Carla Poole, Manolo Badrena, Frank Malabe, Randy Brecker, Lew Soloff, Alan Ruben, Alan Raph, Tom Malone, Peter Erskine, Don Grolnick, Tom Barney, Bill Washer Weather Report - Weather Report .... Columbia CK 37616 Volcano For Hire, Current Affairs, N.Y.C., Dara Factor One, When It Was Now, Speechless, Dara Factor Two con: Joe Zawinul, Wayne Shorter, Peter Erskine, Robert Thomas Jr. Weather Report -This Is Jazz 40 - The Jaco Years .... Columbia 65451 .... 1998 release .... re-released tracks from: Black Market, Heavy Weather, Mr. Gone, 8:30, Night Passage, Weather Report ('82) Punk Jazz, River People, A Remark You Made, Havona, Three Views Of A Secret, Teen Town, Speechless, Port Of Entry, Barbary Coast, Slang con: Joe Zawinul, Wayne Shorter Tony Williams, Alex Acuna, Peter Erskine Jaco Pastorius - Twins I & II .... Warner Bros. P-11317 and P-11318 (vinyl, Japan) .... due separati LP Jaco Pastorius - Twins I & II .... Warner Bros. Japan WPCR 10609 (1999 release) .... due CD Twins I: Invitation, Soul Intro/The Chicken, Continuum, Liberty City, Three Views of a Secret, Sophisticated Lady Twins II: Amerika, Okonkole' y Trompa, Reza/Giant Steps/Reza, Elegant People, Twins, Pac-Man Blues ('Fannie Mae'), Eleven con: Don Alias, Randy Brecker, Peter Erskine, Bobby Mintzer, Othello Molineaux, Toots Thielemans, Elmer Brown, Forrest Buchtel, Jon Faddis, Ron Tooley, Wayne Andre, David Bargeron, Peter Graves, Bill Reichenbach, Mario Cruz, Randy Emerick, Alex Foster, Paul McCandliss, Peter Gordon, Brad Warnaar

Jaco Pastorius - Invitation .... Warner Bros. 23876 (U.S. compilation of Twins I & II ), on CD as a Japanese Import WB, WPCP 4932 Invitation, Amerika, Soul Intro/The Chicken, Continuum, Liberty City, Sophisticated Lady, Reza/Giant Steps/Reza, Fannie Mae/Eleven con: Don Alias, Randy Brecker, Peter Erskine, Bobby Mintzer, Othello Molineaux, Toots Thielemans, Elmer Brown, Forrest Buchtel, Jon Faddis, Ron Tooley, Wayne Andre, David Bargeron, Peter Graves, Bill Reichenbach, Mario Cruz, Randy Emerick, Alex Foster, Paul McCandliss, Peter Gordon, Brad Warnaar Jaco Pastorius - Le demi-dieu de la basse.... WarnerJazz Italy (1997 release in Italy) .... re-release di 12 tracce estratte da: Word of Mouth, Invitation, The Birthday Concert

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Soul Intro/The Chicken, 3 Views of a Secret, Continuum, Liberty City, Blackbird, Invitation, Word of Mouth, Domingo, Sophisticated Lady, Fannie Mae, Crisis, Punk Jazz

Discografia anno:1984

Jaco Pastorius - Blackbird .... bootleg .... Timeless ALCR-123 (1991 Japan) .... out of print Broadway Blues, Slang, Purple Haze, Fannie Mae, Blackbird, Donna Lee, Continuum, Naima con: Rashied Ali Essence featuring Jaco Pastorius - Last Flight .... bootleg .... DIW 831 (1989 Japan) Universe Is My Home part 1, Universe Is My Home part 2, Galeon con: Carlos Cervantes, Michael Gerber, Delmar Brown, Yaco G. Grau Randy Bernsen - Music for Planets, People & Washing Machines .... AMC (LP with a different cover design), and Zebra ZEBD-5756 .... Jaco suona su due tracce: Olde Hats, Windsong con: Randy Bernsen, Peter Erskine, Othello, Ali, Paul Horn-Muller, Taras Kovayl, Gary Mayone, Robert Thomas Jr., Herbie Hancock, Urzula Dudziak, Michael Urbaniak, Melton Shakir Mustafa

Discografia anno:1985

Brian Melvin's Night Food .... Timeless CDSJP 214 (Japan) Ain't Nothing But A Party, Don't Forget The Bass, Night Food, Zen Turtles, For Max, Poly Wanna Rhythm, Primalass, The Warrior, Continuum con: Brian Melvin, Rick Smith, Jon Davis, Paul Mousavizadeh, Jeff Osammon, Aushim Chaudhuri Deadline - Down by Law .... Celluloid CELD6111 .... Jaco suona solo su una traccia: Makossa Rock con: Manu Dibango, Bernie Worrel, Olu Dara, Steve Turre, Paul Butterfield, Aiyb Dieng, Phillip Wilson, Bill Lawell Pastorius - Live in New York City, Vol. 1: Punk Jazz .... Big World 1001 (1990 release) Donna Lee, Dania, Teen Town, The Chicken, Invitation, N.Y.C. Groove #1, Punk Jazz, Liberty City con: Hiram Bullock, Kenwood Dennard, Alex Foster, Butch Thomas, Delmar Brown, Michael Gerber, Jerry Gonzalez

Pastorius - Live in New York City, Vol. 2: Trio .... Big World 1002 (1991 release) Wipe Out, Straight Life, I Shot The Sheriff, Teen Town, Dear Prudence, Ode To Billie Joe, Continuum, Son Of Creeper, Cissy Strut, Three Views Of A Secret con: Kenwood Dennard, Hiram Bullock Pastorius - Live in New York City, Vol. 3: Promise Land .... Big World 1003 (1991 release) Bass & Percussion Intro, Continuum, N.Y.C. Groove #2, Teen Town, Alfie, Why I Sing The Blues, Promise Land, If You Could See Me Now, Naima con: Kenwood Dennard, Hiram Bullock, Alex Foster, Butch Thomas, Delmar Brown, Jerry Gonzalez, Michael Gerber Pastorius - Live in New York City, Vol. 4: Trio 2 .... Big World 1004 (1992 release) Fannie Mae, Dolphin Dance, Teen Town, Mercy Mercy Mercy, Freedom Jazz Dance, Late Night Talk With You, Equinox, The Medley: Changes, Purple Haze, Simple Song con: Hiram Bullock, Victor Lewis, Steve Ferrone, Kenwood Dennard

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Jaco Pastorius in New York .... bootleg .... Jazz Door Records (1993 release, double CD) .... tracks identical to selections found on Live In New York vol 1-4 Dania, I Shot The Sheriff, Punk Jazz, Promise Land, Teen Town, Dear Prudence, Why I Sing The Blues, N.Y.C. Blues #2, Son Of Creeper, Invitation, Three Views Of A Secret, Naima, Continuum con: Kenwood Dennard, Hiram Bullock, Alex Foster, Butch Thomas, Delmar Brown, Jerry Gonzalez, Michael Gerber Pastorius - Live in New York City, Vol. 5: Raca .... Big World 1005 (1997 release) Blackbird, Continuum, Mood Swings, After You, Sly Shuffle, Raca, Teen Town, Three Women, Good Morning Anya con: Mike Stern, Steve Slagle, Adam Nussbaum Pastorius - Live in New York City, Vol. 6: Punk Jazz 2 .... Big World 1006 (1999 release) Amerika, Beaver Patrol, If You Could See Me Now, Dania, Dolphin Dance, Fannie Mae, Teen Town con: Hiram Bullock, Kenwood Dennard, Alex Foster, Butch Thomas, Jerry Gonzalez, Delmar Brown, Michael Gerber Pastorius - Live in New York City, Vol. 7: History .... Big World 1007 (1999 release) Bass Solo/Amerika, Continuum, Straight Life, Teen Town, Dolphin Dance, Agaya, History, Three Views of a Secret con: Hiram Bullock, Victor Lewis Francisco Mondragon Rio featuring Jaco Pastorius - Natural .... bootleg .... Pulque (vinyl) and DIW 321 (1988 Japan) .... Jaco suona solo su tre delle Quattro trace: Phlegeton, The Foreigner, Leap Frog con: Francisco Mondragon Rio, Yaco G. Grau, Hugh Peterson Jimmy Cliff - Cliff Hanger .... Columbia CK 40002 .... Jaco suona su una traccia: Brown Eyes con: Jimmy Cliff, altri non mensionati musicisti Jimmy Page and Friends - Historic Performances .... bootleg .... Asian Trading KP391462 (1994 release) .... 10/30/85 jam at the Lone Star Cafe, N.Y. .... Jaco è ascoltabile su una traccia: “Jamming” con : Jimmy ed altri non mensionati musicisti Discografia anno:1986

Brian Melvin - Jazz Street .... Timeless CDSJP 258 (1989 release) No Slack, Jazz Street, Miles Mode, Wedding Waltz, Out Of The Night, Drums Of Yadzarah con: Brian Melvin, Rick Smith, Jon Davis, Paul Mousavi, Bill Keaney Brian Melvin's Nightfood - Nightfood .... Global Pacific ZK 40733 (1988 release) .... Jaco suona su cinque tracce: Fever, Dania, Mercy Mercy Mercy, Bahama Mama, Mile's Mode con: Brian Melvin, Bob Weir, Meri Saunders, Andy Narell, Jon Davis, Rick Smith, Tim Hyland, Craig Kilby, Jan Fanucci, Rosie Gaines, Lori Taylor, Paul Mousavi, Bill Keaney Brian Melvin Trio - Standards Zone .... Global Pacific R2 79335 (1990 release) Brian Melvin Trio - Standards Zone .... Venus TKCZ-79003 (1993 Japan) same recording, but with a different cover design Morning Star, Days Of Wine And Roses, Wedding Waltz, Moon And Sand, So What, Fire Water, If You Could See Me Now, Out Of The Night, Tokyo Blues, Village Blues con: Brian Melvin, Jon Davis

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Jaco Pastorius - Broadway Blues .... bootleg .... Jazzpoint (1998 release) .... due CD, uno dei quali contiene una differente versione del pezzo “Teresa” .... March 1986 recording Broadway Blues, Teen Town, Reza, The Days of Wine and Roses, Donna Lee, Jaco Reggae, Bluma, Medley, Teresa con: Bireli Lagrene, Peter Lubke Jaco Pastorius - Honestly solo live .... bootleg .... Jazzpoint jp 1032 (1990 Japan) .... solo basso Part 1-10 Jaco Pastorius - Live in Italy .... bootleg .... Jazzpoint jp 1031 (1991 Japan) Teen Town, I Shot The Sheriff, Continuum, Fannie Mae, Black Market, Satin Doll con: Bireli Lagrene, Thomas Borocz Jaco Pastorius - PDB .... bootleg .... DIW 827 (1989 Japan) .... very poor fidelity, poor mix .... producer: Hiram Bullock Invitation, Three Views Of A Secret, Son Of Creeper, Ode To Billy Joe, Continuum, Dolphin Dance con: Kenwood Dennard, Hiram Bullock Lagrene, Bireli & Jaco Pastorius - Stuttgart Aria .... Jazzpoint jp 1019 (Japan) American Boy, Donna Lee, Stuttgart Aria I, Jaco Reggae, The Chicken, Teresa, Stuttgart Aria II, The Days Of Wine And Roses con: Bireli Lagrene, Vladislaw Sendecki, Jan Jankeje, Peter Lubke, Serge Bringolf Bireli Lagrene - Highlights (compilation) .... Jazzpoint (Japan) 1990 .... two re-released tracks from Stuttgart Aria: Jaco Reggae, Teresa Mike Stern - Upside Downside .... Atlantic 7 81656-2 .... Jaco suona su una traccia : Mood Swings con: Mike Stern, Bob Berg, Steve Jordan la traccia suonata da Jaco è disponibile nella collection "Rare Collection" (1999 release) Randy Bernsen - Mo' Wasabi .... Zebra ZEBD-5857 .... Jaco suona solo su tre tracce: Swing Thing, Jac Attack/Dover Days, Califoric con: Randy Bernsen, Peter Erskine, Toots Thielemans, Taras Kovayl, Ocean Sound Band (Horns), Herbie Hancock, Bobby Economou, Ray Lyon, Gary Mayone, Robert Thomas Jr. Randy Bernsen - Paradise Citizens .... Zebra ZEBD 42132 .... Jaco is heard on one track (CD-only bonus track): "Paradise Citizens", - a musical collage of Jaco and Bernsen excerpts. (a guitar and horn arrangement of Jaco's "Continuum" is also included) Paradise Citizens con: Randy Bernsen, Alex D'Arqui, Mark Griffith, Steve Rucker Jaco Pastorius - Best Works Collection .... bootleg .... Jimco (1992 Japan) .... re-releases from Honestly, Stuttgart Aria, Live In Italy Black Market, Honesty Part 2, Donna Lee, Stuggart Aria, Continuum, Jaco Reggae, Teresa, Honestly Part 9, Teen Town Jaco Pastorius - Best Improvisation .... bootleg .... (1997 Japan) .... re-releases from Honestly, Stuttgart Aria, Live In Italy, Heavy'n Jazz Teen Town, Black Market, Continuum, Donna Lee, Stuttgart Aria II, Teresa, Honestly part 5, Broadway Blues

Jaco Pastorius - Golden Roads .... bootleg .... Sound Hills (1997 Japan) .... 30 min. di improvvisazione basso e tastiera Golden Roads con: Benjamin Germain

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Jaco Pastorius - Una vita infranta di A.D.

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Jaco Pastorius - A Good Stitch For Golden Roads .... bootleg .... Sound Hills (1997 Japan) .... 30 min. di improvvisazioni alla tastiera senza….. basso Golden Roads Jaco Pastorius - Curtain Call .... bootleg .... AHR-2001 (1996 release) .... live trio performance in a small club setting. Speak Like A Child/Invitation, Donna Lee, Solo Medley: Blackbird/Okonkole y Trompa/Continuum/Portrait Of Tracy, John and Mary, Mercy Mercy Mercy, So What/Teen Town con: Brian Melvin, Jon Davis Jaco Pastorius - Heavy'n Jazz .... bootleg .... Jazzpoint jp 1036 (1992 Japan) Broadway Blues, Bluma, Smoke On The Water, The Medley: Purple Haze/Third Stone From The Sun/Teen Town, Star Spangled Banner, Reza, Honestly, Invitation, Jaco Reggae con: Bireli Lagrene, Serge Bringolf other Jazzpoint bootlegs packaged and re-released as double-CDs: Jaco Pastorius - Heavy'n Jazz & Stuttgart Aria .... bootleg Jaco Pastorius - Broadway Blues & Teresa .... bootleg Jaco Pastorius - Live in Italy & Honestly .... bootleg Jaco Pastorius -Rare Collection ... Polydor POCJ-1693 1999 release.... various artists .... several single rare tracks Michel Colombier 'Dreamland" .... Little Beaver "I Can Dig It Baby" .... Manolo Badrena "The One Thing" .... Bob Mintzer "Spiral" .... Airto Moreira "Nativity" .... Ira Sullivan "Portrait of Sal La Rosa" .... Al Manglesdorff "Ant Steps On An Elephant's Toe" .... Mike Stern "Mood Swings" .... Flora Purim "The Hope" …. Michel Polnarieff “ Une simple Melodie”…..Al Di Meola “Golden Dawn 9.48”….Herbie Hancock “4 Am”and “Good Question”,

Discografia anno:1993

Stone Free: A Tribute to Jimi Hendrix .... Reprise 9 45438-2 .... Pat Metheny used sampled Jaco on: Third Stone From The Sun con: Pat Metheny, Matthew Garrison, Jack DeJohnette Other CDs in Japan listed on the Tower Records computer: Jaco Pastorius Miles Mode Jaco Pastorius Standards Jaco Pastorius Best Works (possibly: 1986 Jaco Pastorius Best Works Collection) Be aware that most of these newer CDs are simply re-releases, and not unheard recordings. They are often selected tracks from previous releases, compiled and given a new title for a CD release. NOTE: Many of the mid-'80s Jaco performances have been released in the '90s as "bootlegs" - meaning illegitimately, and without regard for Jaco's family or other musicians performing. Some are haphazard musical performances, and some are poorly recorded. Some offer fresh material, but some are simply re-hashed mid-'80s renditions of the same songs. Please read the discography section in Milkowski's "Jaco" book for important thoughts on this.

This discography chronicles some of Jaco's recording and performance career. It is compiled with completeness and accuracy in mind, and to arrange everything into a chronological order, but NOT to encourage buying bootleg recordings, some of which may disappoint you.

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Singoli (for radio play)

1976 Joni Mitchell - Coyote/Blue Motel Room 1977 Weather Report - Birdland (3:45 version)/Teen Town 1977 Weather Report - Birdland (3:45 version)/Palladium 1977 Weather Report - Birdland (3:45 version)/The Juggler 1977 Joni Mitchell - Jericho/(B side ?) 1978 Weather Report - River People/Birdland (3:45 version) 1978 Weather Report - River People/The Pursuit Of The Woman With The Feathered Hat 1981 WarnerBros. Maxi-Single-LP (promotional copy) John And Mary/Liberty City 1982 Various Artists - Appetizers ... a promo-only jazz sampler (LP) featuring Jaco Pastorius, John McLaughlin, Patti Austin, Lena Horne, Mike Manieri 1984 Deadline - Down By Law .... 12 inch single

Radio Specials

National Public Radio broadcast: We Remember Jaco! The Jaco Pastorius Word of Mouth Big Band from the 1982 performance at the Kool Jazz Festival, New York. Jaco talks briefly with journalist Conrad Silvert. Part of NPR's "JazzSet" series, hosted by Branford Marsalis .... Aired in 1996, 1997 .... This concert was originally recorded for broadcast as part of NPR's "Jazz Alive" series, hosted by Ben Sidran. BBC Radio 3 broadcast: PUNK JAZZ - A Portrait of Jaco Pastorius A study of bass player Jaco Pastorius, featuring rare recordings and interviews with his family and friends. A series of four half-hour shows, aired in 1998

Tributi

1991 ... We Remember Pastorius .... Toshiba EMI TOCJ-5616 .... various artists Teen Town, They Call Him Jaco, If 6 Was 9, John Francis, The Big Burn, Portrait of Tracy, Jaco & Joyce, Bromez Blues, Two Geniuses, Fannie Mae, A View from West Third St. 1992 ... I Remember Jaco - featuring Bob Mintzer .... Novus 63139-2 The Visionary, Three Views of a Secret, The Great Chase, What Might Have Been, Relentless, A Moment of Peace, A Method to the Madness, Truth Bob Mintzer, Joey Calderazzo, Jeff Andrews, Peter Erskine, Frankie Malabe, Michael Formanek 1993 ... Basstorius - music inspired by the genius of Jaco Pastorius ... also known as "Bass Talk III" .... Hot Wire Records .... various artists Laurence Cottle "Notorius" .... T De Winkel & Matteo Garrison "Nude Decending on a Staircase" .... Carlos Benavent "Madrid" .... Randy Bernsen Trio "Yoto" .... Dave LaRue "Juanita" .... Koono "Basstorius" .... Ben Hullenkremer & Kai Eckhardt "The Cat" .... Stefan Rademacher "Tribute" .... Alan Thomson & Dave Lewis "If Only" .... Mo Foster "The Man From The Everglades" .... Christoph Spendel "Mr. Bigband" .... Carlo Mombelli "The Marathon Runner" 1998 ... Who Loves You - A Tribute to Jaco Pastorius .... Victor (JVC) VICJ 60185 .... various artists Third Stone from the Sun, A Remark You Made, Continuum, Jaco, Fall'n Star, Okonkole Y Trompa, Come On Come Over, Three Views of a Secret, Dania, Portrait of Tracy, Song for Jaco - Song for a Friend, A Wing and a Prayer Don Alias, Victor Bailey, Jim Beard, Michael Brecker, Randy Brecker, Hiram Bullock, Steve Cardenas, Joey

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Calderazzo, Michael Davis, Kevin DeSimone, Mark Egan, Peter Erskine, Bill Evans, Steve Gadd, James Genus, Gil Goldstein, Chris Hunter, Jim Hynes, Bob James, Will Lee, Marcus Miller, Bob Mintzer, John Patitucci, David Sanborn, Andy Snitzer, Mike Stern, Jeff 'Tain' Watts, George Whitty 1999 ... Rich Franks, Alex Darqui, John Patitucci - For Our Friend .... Port of Call Records Unit Sketch, Stream, En Debutant, Blow Fish Blues, Antilliar, For Our Friend, Microcosm, Ephesus, Discussions 1, Discussions 2 Rich Franks, Alex Darqui, John Patitucci

Videography '74 Pastorius, Metheny, Ditmas, Bley - video effects * '76 Weather Report - live in Montreux (Montreux Jazz Festival) French TV broadcast '76 Weather Report - live in Montreux - alternate broadcast with a bonus track '77 Weather Report appearance on "Midnight Special" U.S. TV broadcast '78 Weather Report - Rockpalast Germany '78 Weather Report - Reading, PN '78 Weather Report - Washington, D.C. '79 "Berliner Jazztage '79" - "Focus on Jazz" TV broadcast of Jaco's solo performance (Berlin) '79 Weather Report - "Havana Jam" 5 min. montage from a documentary '79 "Havana Jam" ... all-star finale jam with John McLaughlin and others ... 3 min. video clip '79 Joni Mitchell - Shadows and Light (1980 release on Warner Home Video) * '80 Weather Report - Beogradski Jazz Festival '82 Aurex Jazz Festival 1982 (Japan) - Word of Mouth Big Band ... Japanese TV broadcast '82 "Festival International de Jazz de Montreal" (six-piece band at Montreal Jazz Festival, Spectrel Video) * '83 Nice Jazz Festival, France '84 "Live Under The Sky '84" Gil Evans Orchestra with Jaco ... Japanese TV broadcast '85 "Jeff Berlin" (instructional video) ... brief excerpt of Jaco and Jeff soloing on "Invitation" * '85 "So What?" - Jaco Pastorius Band ... Belgium TV broadcast '85 Jaco Pastorius - "Modern Electric Bass" (instructional video) * '96? BET "Jazz Central" broadcast ... Jaco tribute ... host Lee Mergner interviews Bill Milkowski, Marcus Miller, Peter Erskine

• commercially available - there are other audience-shot bootlegs, not listed here

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Composizioni

Questa è una lista di titoli delle sue composizioni insieme ad altre non regisrate direttamente da Jaco ma con i riferimenti per rintracciarli ed ascoltarli:

1976- 6/4 Jam

71+ .... Wallace Roney "Misterios" Amelia Balloon Song .... Gil Goldstein "City of Dreams" Barbary Coast Birth Of Island Blowfish Blues .... Steve Smith/Vital Information "Where We Come From".... "For Our Friend" tribute City Of Angels .... Michel Camilo "On the Other Hand" Come On, Come Over (Herzog/Pastorius) .... "Who Loves You" tribute Continuum .... Randy Bernsen "Paradise Citizens" .... Michael Gerber "This Is Michael Gerber" .... Scott Henderson "Tore Down House" .... "Who Loves You" tribute .... Victor Bailey "Low Blow" Crisis Dania .... "The Manhattan Project" (Lenny White) .... "Who Loves You" tribute Domingo Forgotten Love Good Morning Anya ... Carlos Benavent "Phoenix" Havona .... Othello Molineaux "It's About Time" Honestly (Improvisations) John And Mary .... Anand and Dante "Homegrown" Kuru/Speak Like A Child (Pastorius/Hancock) Las Olas ... Flora Purim "Everyday Everynight" ... Michel Camilo "Suntan". Michael Gerber "This Is Michael Gerber" Liberty City Microcosm .... "For Our Friend" tribute Okonkole Y Trompa .... "Who Loves You" tribute Opus Pocus Portrait Of Tracy .... "We Remember Pastorius" tribute .... "Who Loves You" tribute Punk Jazz Reza River People Soul Intro (from Soul Intro/The Chicken) Teen Town .... "We Remember Pastorius" tribute .... Marcus Miller "The Sun Don't Lie" .... Kenwood Dennard "Just Advance" .... "The Doky Brothers" Teresa Three Views of a Secret .... Bob Mintzer "I Remember Jaco" .... Anand and Dante "Homegrown" .... Gil Goldstein "City of Dreams" .... Bireli Legrene "Acoustic Moments" .... "Who Loves You" tribute .... George Mraz "Bottom Lines" Three Women ... Carlos Benavent "Phoenix" Twins (Used To Be A) Cha-Cha .... Michel Camilo "Suntan" Word Of Mouth

Co-writer, group efforts: American Boy (Lagrene, Pastorius, Sendecki, Jankeje) Dara Factor Two (Zawinul, Shorter, Pastorius, Erskine, Thomas) Jac Attack/Dover Days (Bernsen, Pastorius, Mayonne, Lyon, Yianilos) Stuttgart Aria I & II (Lagrene, Pastorius, Sendecki, Jankeje) L’arrangiamento hornlike phrasing usato nell’album Mingus con Joni Mitchell nel pezzo "The Dry Cleaner From Des Moines" fu usato successivamente in “Word of Mouth” Big Band sul pezzo "Fannie Mae"

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ALLEGATI

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_______________________________________________________________________________________ Scheda tecnica- Jaco Pastorius e i Weather Report (Allegato 3) Joe Zawinul e lo studio-as-instrument

Joe Zawinul aveva acquisito le conoscenze in materia ai tempi della sua collaborazione con Miles Davis: il di lui produttore Teo Macero, infatti, aveva preso ad applicare tutta una serie di tecniche di editing in post-produzione sin dai tempi di Miles Ahead (1957), prendendo le parti e poi giuntandole in modo da costruire delle forme che non esistevano nell'improvvisazione originale. Anche il successivo avvento della registrazione multitraccia, pionieristicamente scoperto da Jimi Hendrix in Axis: Bold As Love (1967), non gli era passato inosservato; e dunque sovraincisioni, "taglia e incolla" da take diverse, frammenti di nastro sommati più volte per creare un loop armonico o ritmico [1] erano divenute delle costanti nel lavoro in studio. Dopo circa quattro-cinque settimane di manipolazione dei nastri, le tracce finali risultavano essere completamente differenti dalle registrazioni originali: il disco diventava il risultato del montaggio, come fosse stato un film. Sebbene vada ascritta a Miles Davis la perspicacia di aver compreso lo straordinario potenziale in termini di innovazione e creatività dell'utilizzo di queste tecniche, il merito fu quasi esclusivamente dell'ottimo Macero [Nota 2] il quale contribuì con i suoi interventi chirurgici a far virare le sonorità volta per volta secondo il volere del compositore e trombettista. Accade dunque che Zawinul, avendo appreso i metodi di lavoro durante le session, li riproduca con successo nel corso delle post produzioni dei dischi dei Weather Report. Tutte le session in studio del gruppo vengono regolarmente registrate con un multitraccia; successivamente, Zawinul e il collaboratore di turno operano sui materiali inventandone una forma, rendendo una cellula di due misure venuta fuori all'improvviso il tema portante del brano o sovraincidendo nuove parti. Note: 1. Quest'ultimo procedimento era ben conosciuto nella musica elettronica, ma non nel mondo del jazz. 2. Cfr. Jazz-Rock: a History, op. Cit., pagg. 99-100 e 176.

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Allegato 2 – pag.1

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Allegato 2 pag.2

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Allegato 1 –pag.1

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Allegato 1 –pag.2

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Continuum

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1979 Tour Shirt (Courtesy http://jonimitchell.com/painter/print.cfm?id=322)

Questo grafico fu disegnato da Joni Mitchell per stamparlo sulle t-shirts per il tour del 1979 con Pat Metheny, Jaco Pastorius, and others

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Jaco scrisse queste note in risposta alle domande di un giovane bassista.

Qui di seguito la lettera che Bill Cork Green scrisse a Jaco

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1978 Down Beat Critics Poll An Exclusive Online Extra (http://www.downbeat.com/default.asp?sect=stories&subsect=story_detail&sid=704) by Down Beat Critics — 8/31/1978

Lista dei vincitori del Down Beat Critics Poll del 1978:

Hall of Fame: Rahsaan Roland Kirk Jazz Artist of the Year: (Not voted on) Jazz Album of the Year: Akiyoshi/Tabackin, Insights (RCA) Big Band: Thad Jones-Mel Lewis Acoustic Jazz Group: Weather Report Alto Saxophone: Phil Woods Tenor Saxophone: Dexter Gordon Baritone Saxophone: Gerry Mulligan Soprano Saxophone: Wayne Shorter Trumpet: Dizzy Gillespie Trombone: Roswell Rudd Clarinet: Anthony Braxton Flute: Hubert Laws Drums: Elvin Jones Percussion: Airto Moreira Vibes: Milt Jackson Acoustic Bass: Ron Carter Electric Bass: Jaco Pastorius Guitar: Joe Pass Piano: Cecil Taylor Organ: Jimmy Smith Electric Keyboard: Joe Zawinul Miscellaneous Instrument: Howard Johnson-Tuba Arranger: Gil Evans Composer: Charles Mingus Record Label: Columbia Male Vocalist: Joe Williams Female Vocalist: Sarah Vaughan Blues Artist: Stevie Wonder Beyond Group: B.B. King Violin: Stephane Grappelli Producer: Norman Granz Reissue Of The Year: Lester Young, The Lester Young Story Vol. II and III (Columbia)

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1979 Down Beat Critics Poll An Exclusive Online Extra (http://www.downbeat.com/default.asp?sect=stories&subsect=story_detail&sid=705) by Down Beat Critics — 8/31/1979 Lista dei vincitori del Down Beat Critics Poll del 1979:

Hall of Fame: Lennie Tristano Jazz Artist of the Year: (Not voted on) Jazz Album of the Year: Charles Mingus, Cumbia And Jazz Fusion (Atlantic) Big Band: Toshiko Akiyoshi/ Lew Tabackin Acoustic Jazz Group: Phil Woods Quartet Alto Saxophone: Phil Woods Tenor Saxophone: Dexter Gordon Baritone Saxophone: Pepper Adams Soprano Saxophone: Wayne Shorter Trumpet: Dizzy Gillespie Trombone: Roswell Rudd Clarinet: Anthony Braxton Flute: Sam Rivers Drums: Elvin Jones Percussion: Airto Moreira Vibes: Milt Jackson Acoustic Bass: Ron Carter Electric Bass: Jaco Pastorius Guitar: Jim Hall Piano: Cecil Taylor Organ: Jimmy Smith Electric Keyboard: Chick Corea Miscellaneous Instrument: Toots Thielemans-Harmonica Arranger: Toshiko Akiyoshi Composer: Charles Mingus Record Label: Inner City Male Vocalist: Mel Torme Female Vocalist: Sarah Vaughan Blues Artist: Stevie Wonder Violin: Stephane Grappelli Producer: Michael Cuscuna Reissue Of The Year: Charlie Parker, The Savoy Sessions (Arista/Savoy)

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Park honoring jazz legend Jaco Pastorius to open Monday to Oakland Park

Oakland Park pleases fans of Jaco Pastorius with a 'thrilling' tribute A ribbon-cutting ceremony for a new park named after jazz legend John Francis "Jaco" Pastorius is to be conducted Monday — an event Pastorius' friends call a great honor. Pastorius' rapid-fire fingering technique and composing talent earned him a reputation in the late 1970s and early '80s as the best jazz bass player in the world. At the peak of his career, he toured with Weather Report, Joni Mitchell, Herbie Hancock, and Blood, Sweat and Tears. He died in 1987 at age 35. Oakland Park, the city where he attended high school, last year decided to name a park after him at 4000 N. Dixie Highway after a group of fans

pushed for it. "It's quite a thrilling thing for any person or family to have this experience in their life," said Ira Sullivan, who decades ago played in a jazz quartet with Pastorius in South Florida nightclubs and other venues. "With art and music and everything else, it does take a while for people to realize greatness." Sullivan and other musicians who played with Pastorius plan to perform a free concert during the park ceremony, which begins at 4:30 p.m. Dec. 1 is Pastorius' birthday. He would have been 57 this year. Some Pastorius fans say they hope the park will raise awareness of the musician, who was born in Pennsylvania and grew up in Broward County, graduating from Northeast High School in 1969. Bob Bobbing, a friend of Pastorius who has pushed to keep his legend alive, said the park was a long time coming. He said it had been frustrating that not enough was being done to remember Pastorius. He wondered whether it was because of Pastorius' headlong fall in his final years. He lived his last years destitute on the streets of Broward and died from injuries suffered in a beating at an after-hours club. His fans say his contributions outweigh his tumultuous last years. In recent weeks, the city has promoted the ceremony by circulating fliers with an iconic silhouette of Pastorius with bass in hand. "I know he'd love it," Bobbing said of the park. "He loved Oakland Park. Those years were all love and positive." By Juan Ortega South Florida Sun-Sentine

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Portrait of Jaco:

Le tue dita enormi toccavano le corde delle emozioni e ogni tuo pensiero si faceva vivo in esse,

la tua anima vide il suono e se ne innamorò, il tuo sguardo aveva l'incantevole superbia

di chi può eseguire il tutto con un dito e il tuo sorriso rivelava l'immortalità di quelle voci,

la tua vita era perfetta, avevi tutto ciò che volevi e chiunque voglia: perché l'hai buttata via?

Hai visto l'infinito attraverso la tua poesia,

hai accarezzato la bellezza con il tuo sorriso, hai toccato la felicità con il suono.

Ogni nota che emanava il tuo cuore è un sorso d'amore da cui fai bere chi ti ascolta,

tu con la tua potenza tra le mani parlavi di svago, tu con il tuo strumento di mistica allegria parlavi di vita,

tu parlavi d'amore, e la tristezza ti raggiungeva quando discutevi di amori dimenticati

ormai bruciati dal tempo e svaniti nel passato ma mai dimenticati.

Hai visto l'infinito attraverso la tua poesia,

hai accarezzato la bellezza con il tuo sorriso, hai toccato la felicità con il suono.

Nelle cinque righe riuscivi a descrivere tre volte lo stesso sentimento,

e ogni volta lo scrutavi sempre diverso e ogni veduta era sempre più intensa,

tu riuscivi ad arrivare in fondo al gioco eterno dell'essere e ogni volta che arrivavi dimenticavi te stesso

fino a non essere più niente, ma le tue parole non le dimenticheranno gli anni

e la superbia se fu un difetto per gli altri per te sia solo un fatto da tralasciare,

ma mai venga oscurata la tua voglia di vita che esiste anche quando il cuore non batte più nel petto

ma nel ricordo e nella tua musica.

Hai visto l'infinito attraverso la tua poesia, hai accarezzato la bellezza con il tuo sorriso,

hai toccato la felicità con il suono.

Yuri85 On line - http://www.nonsolotigullio.com/yuri85/index.php?IDpagina=562

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Foto:Jaco Pastorius con "Las Olas Brass Band" al Teentown, 1967

Foto: Ingrid, Julius e Felix Pastorius

Foto: Ingrid e Jaco Pastorius con Robert Thomas Jr.

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RECENSIONI OPERE JACO PASTORIUS

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Jaco Pastorius: Jaco Pastorius (1976) (Courtesy http://www.metallized.it/recensione.php?id=1737)

Pubblicato nel 1976, anno cruciale per il destino del jazz e per molti musicisti in erba, “Jaco Pastorius” rappresenta una delle più grandi svolte della musica contemporanea; si tratta della prima attestazione ufficiale (esistono rudimentali registrazioni casalinghe di un Jaco ancora imberbe) su disco, della furia creativa e tragicamente smisurata dello stregone del basso di Fort Lauderdale, John Francis Pastorius III. Se Jimi Hendrix avesse incontrato Jaco sulla soglia dello studio di incisione dove è stato registrato questo disco e gli avesse chiesto “Are you Experienced?” probabilmente l’allampanato bassista, col suo tipico accento della Florida e con i capelli fuoriposto, gli avrebbe risposto senza esitazione “Yes, I dig it!”. Autocelebratosi il migliore bassista del mondo infatti, Pastorius è qui colto in uno dei suoi rari momenti di lucidità creativa, forse uno dei migliori di sempre. Seminale e musicalmente ineccepibile, questo album cambierà per sempre le sorti del basso, strumento

non più relegato al mero ruolo di accompagnamento, ma arma di prima linea nel sostenere il ritmo di un brano e se necessario bomba solistica. Lo sgangherato Fender Jazz di Jaco, posto in primissimo piano dal missaggio, accompagna, vocalizza, armonizza, si lancia in assoli infuocati e leggendari. Ascoltando i brani del disco non è difficile immaginare il genio di Fort Lauderdale che, una volta imbracciato il fido Fender Jazz graffiato e malmenato da anni di sudato esercizio, si agita e balla come James Brown. Le note del basso, suonato dalle lunghe dita di Jaco, l’uomo dai pollici snodati (date un’occhiata alle mani di Pastorius nelle foto di repertorio!), trasuda tutta la lezione imparata dai grandi reverendi del passato, dal blues e dal gospel, dal Jazz e infine dallo sporco rock infarcito di feedback professato dal rock-guru Jimi Hendrix. La critica ha infatti accostato più volte quest’ultima icona del rock al bassista di Fort Lauderdale, sottolineando come il lavoro iniziato con la chitarra da Hendrix sia stato continuato sul manico di un basso da Jaco . Fondamentale per comprendere tale fenomeno, questo disco rappresenta chiaramente il primo passo verso la conoscenza dei segreti del “migliore bassista del mondo”. La copertina dell’album già ci indica che siamo al cospetto di un giovane promettente; immortalato in un primo piano in bianco e nero, Jaco, col suo sguardo sornione, ci sorride quasi come se ci volesse dire che è lui il migliore e che non esiste nessun altro che possa utilizzare un basso come fa lui. In effetti è così; lo vediamo però ancora sereno e rilassato, nel pieno della sua gioventù, della sua arte e della sua creatività; qualche anno dopo, oltrepassato l’enorme successo commerciale conquistato con i Weather Report, Jaco non sarà più lo stesso e verrà funestato dalla malattia mentale, complici le droghe e gli eccessi di ogni tipo. Il suo ego magnifico, alterato sia naturalmente che sinteticamente, lo porterà lentamente sulla via dell’autodistruzione, vagando nell’oblio della follia più pura e alternando musica della qualità di un Mozart a scadenti performance da tossico frustrato (provate a leggere i commenti di Mc Laughlin suul’esibizione di Jaco col Trio Of Doom nel famoso concerto “Havana Jam” nel 1979). Viene da chiedersi se in mancanza di tutto questo Jaco non avesse comunque rivoluzionato la musica contemporanea, ma la domanda è la stessa che potremmo porci se stessimo parlando di Hendrix. I geni sono tali e basta, non bisogna interrogarsi troppo. Armato del suo fretless bass Jaco ha creato, con la pubblicazione di questo disco, un nuovo modo di avvicinarsi allo strumento, selvaggio e passionale. Per capire l’importanza di tale musicista ci basta pensare a quanti lo indicano tra le proprie fondamentali influenze. Jaco è diventato una sorta di guida per i musicisti di tutto il mondo e di tutti i generi; Un inaspettato Robert Truijo ha confessato di recente di registrare in studio con una foto di Jaco appesa al diffusore del suo amplificatore. D’altra parte lo stesso Jaco era un personaggio intriso di un’aura mistica e a tratti simile a quella di uno sciamano che, perso nella trance, emette segnali e traccia disegni coi gesti per indicare il futuro alle nuove leve del jazz e del rock. Appeso ad un filo, in bilico tra questo disco e la sua futura insanità, come fece a Rimini nel 78’ cadendo dal cornicione di un hotel prima dell’esibizione di Zawinul, Shorter e Erskine, Pastorius sfodera qui tutto il repertorio di fraseggi e innovazioni sperimentati fin

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dall’adolescenza nell’americanissimo basement di Fort Lauderdale, regalandoci velocissimi lick di basso e linee di accompagnamento così funk da far accapponare la pelle. Fin dal primo brano ci appare chiaro quali siano le intenzioni di Pastorius: sverniciare a colpi di basso i retaggi del passato, introducendo un nuovo e rivoluzionario modo di fare musica. “Donna Lee”, brano composto da Miles Davis, ha allo stesso tempo il sapore di un omaggio ai grandi maestri e dell’arroganza del giovane studentello imberbe che però la sa lunga. Il celebre duetto basso-congas ci introduce nel mondo bizzarro di Pastorius e condensa dentro i suoi 2:28 minuti tutto quello che dovreste imparare sul basso. Don Alias accompagna Pastorius con un tappeto percussivo infinito, degno del più mistico dei suonatori indiani, incendiando con un ritmo tribale e allo stesso tempo raffinatamente smooth le note già calde del fretless di Jaco. Una rinfrescata ce la porta il brano successivo dove compaiono alla voce Sam & Dave, personaggi celebri della dance di inizio anni 70’; le linee funk di Jaco sono superlative e sostengono un ritmo che ammicca alla disco dance commerciale. Senza l’uso di particolari tecniche di cui oggi si abusa volentieri (slapping e popping), il bassista della Florida, con sole due dita sulle corde del basso, incalza la band con passaggi veloci e precisi, carichi di groove e passionalità divertita. Viene da chiedersi cosa avrebbe combinato Jaco se fosse sopravvissuto alla sua follia e fosse venuto a contatto con l’era dello slapping. Pastorius, nel brano seguente, “Continuum”, già sperimentatore di effetti e tecniche percussive innovative, utilizza i fraseggi di basso non solo per reggere l’incalzante motivo di batteria, ma esalta lo strumento portandolo ai vertici del virtuosisimo solistico. Le orecchie dell’ascoltatore avvertono la supremazia del basso e sono mitragliate da una violenta raffica di note a volte gustose e delicate, in altre occasioni violente e passionali. Emergono dal voicing dello strumento senza tasti tutte le influenze del genio incontrastato della fusion anni 70’: Mingus, Telonius Monk, Chet Baker, Miles Davis, tutti riassunti ed elettrificati col feedback di Hendrix e Cream al fine di creare uno stile personale e unico. Nel brano successivo, “Kuru/Speak Like A Child”, fanno capolino le tastiere dell’inossidabile veterano Herbie Hancock e la solida batteria di Bobby Economou, sempre coadiuvata dall’etereo Don Alias alle congas. Jaco dà nuovamente sfoggio delle sue innumerevoli capacità inanellando una nota dietro l’altra all’interno di una ritmica velocissima e confusa, impraticabile per i musicisti meno esperti. Sinceramente ascoltando questo brano viene voglia di riporre lo strumento, ma non dimentichiamo che Jaco è una guida per tutti noi…il brano si protende per ben 7:42 minuti tra ottime climax e rocciosi assoli di piano. Gli archi diretti dal Maestro David Nadian, arrangiati dallo stesso Pastorius, potrebbero essere la colonna sonora di un film metropolitano. “Portrait of Tracy” è una commovente ballata costruita su una vellutata base fatta di armonici artificiali e dedicata al primo e vero amore di Jaco, Tracy, sua involontaria talent-scout; quest’ultima infatti, mentre si trovava nello sgangherato locale Bachelors III di Fort Lauderdale disse al produttore Colomby, capitato lì per caso e che tentava di rimorchiarla, di essere la giovane sposa del migliore bassista del mondo. Colomby si sentì sfidato da tale presuntuosa affermazione, ma con la curiosità alla quale ancora oggi tutti noi musicisti siamo grati, volle comunque conoscere di persona questo presunto genio del basso. Jaco si presentò ovviamente sgangherato, con la sua tipica divisa: tuta da basket, pallone e basso a tracolla. Anni dopo i playground affolati di futuri talenti dell’NBA a New York saranno la sua prima casa, anche quando in preda ad uno dei suoi deliri suonerà all’impazzata l’inno americano per poi gettarsi nell’Hudson, nuotare sino alla statua della Libertà e tornare indietro come nulla fosse. Un mostro di volontà…”Opus Pocus” è un brano esoterico, forse premonitore. Sembra quasi un assaggio delle produzioni del bassista con i Weather Report, gruppo ermetico per eccellenza nella scena fusion di metà anni 70’. Segue ancor più questo tema la suguente “Onkokole Y Trompa”. Con “Used To Be A Cha-Cha” si torna al jazz canonico, con un’ottima jam strumentale impreziosita dagli interventi dei violini di Matthew Raimondi, Max Pollikof e Arnold Black che introducono un assolo di basso destinato e entrare e rimanere per sempre nella storia. Velocissime come sempre, le dita di Jaco percuotono il basso emettendo soffici esplosioni sonore. Gli archi che introducono “Forgotten Love” sembrano quasi riassumere in anticipo tutta la folle disperazione che attanaglierà il genio negli anni futuri, obbligandolo a ripetuti soggiorni in vari ospedali psichiatrici. Il climax iniziale raccoglie tutto l’amore per la vita di Jaco, personaggio sempre attento a tutti, generoso nei confronti di un mondo al quale probabilmente non appartiene. E’raro e di pochi riuscire a trasmettere su un supporto materiale tante e tali emozioni. Nel brevissimo brano finale Pastorius condensa la sua geniale e tragica visione del suo passaggio su questa Terra e lancia forse, con un disperato tentativo, indecifrabile ai più, una richiesta d’aiuto destinata a scomparire nell’etere senza essere ascoltata. La recente ristampa su cd ci offre la possibilità di ascoltare due ottime chicche: una alternate take di “(Used To Be A) Cha-Cha” e una outtake di una jam straordinaria con hancock al piano e Lenny White alla batteria.

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John McLaughlin, Jaco Pastorius & Tony Williams: Trio Of Doom (1979) Courtesy http://www.debaser.it/recensionidb/ID_19246/John_McLaughlin_Jaco_Pastorius__Tony_Williams_Trio_Of_Doom.htm

Recensione di: ghemison , (Tuesday, August 14, 2007)

Il 3 marzo 1979, all'interno del festival Havana Jam (voluto dalla Columbia per gettare un ponte tra l'America e Cuba), vi fu la prima apparizione in pubblico ed anche l'ultima del Trio Of Doom composto da tre immensi musicisti di provenienza jazz ma già affascinati dal rock e dalla sua formazione più rappresentativa, il power trio: John McLaughlin, Jaco Pastorius e Tony Williams, semplicemente chitarra basso e batteria.

Purtroppo l'esibizione non fu delle migliori, o almeno così parve allo stesso McLaughlin: sin dal primo pezzo un sempre più instabile Jaco prende le redini del concerto con un sotterfugio, abbassa il volume allo strumento dei compagni ed alza il suo Fender Jazz Bass Fretless a dismisura conducendo i tre pezzi preparati per l'occasione dove più gli garba e trova affascinante. I tre si rincontrano in studio il week-end successivo ancora

innervositi e dopo una breve jam si salutano. Pur essendo stato pubblicata una compilation resoconto del festival tenutosi all'Avana, in pochi avevano sentito queste tracce: né la casa discografica, né John McLaughlin (l'unico ancora in vita) avena ritenuto necessario pubblicarle. Almeno fino ad ora.

Così finalmente il Trio Of Doom (con un nome del genere non si poteva certo aspirare ad una buona sorte) giunge anche alle nostre orecchie. Ed è un gran bel sentire. Il comportamento del meraviglioso e solipsistico Pastorius non fu proprio uno dei più corretti, ma non si può non apprezzare il risultato: quest'uomo non suona il basso, semplicemente lo fa cantare e noi non possiamo fare altro che ringraziarlo per aver alzato il volume del suo strumento. Jaco tesse groove leggiadri ed irresistibili, ma gli altri non sono da meno: John è quanto mai stiloso e rock, elettrico e swing; Tony è frizzante e pulitissimo, seduto lì dietro la batteria è un continuo fuoco d'artificio, pura maestria pirotecnica.

"Drum Improvisation" è ciò che voleva dire la mia ultima frase ma non credo ci riesca bene quindi ascoltatevela, "Dark Prince" è di una carica immensa mentre si inerpica in territori jazz-rock, "Continuum" è l'apoteosi del groove, mentre "Para Oriente" è straordinariamente rocciosa.

Non sarà un capolavoro, ma è una testimonianza importante e quantomai divertente di un evento unico ed irripetibile: il Trio Of Doom è forse la formazione da sogno e poterla ascoltare da svegli è davvero un'esperienza degna di nota.

Storia del CD “Trio of Doom” John McLaughlin – Jaco Pastorius – Tony Williams (2007) La storia di queste mirabolanti registrazioni è davvero emblematica e può servire come esempio della volatilità della percezione umana e in particolar modo della percezione artistica da parte dei protagonisti stessi del momento esecutivo.

Nel 1979 Jaco Pastorius era all’apice della sua carriera, era solidamente inserito nel supergruppo Weather Report e, secondo il giudizio pressoché unanime di pubblico e critica, era riuscito a mantenere fede alla sua sparata iniziale che lo aveva visto presentarsi a Joe Zawinul affermando di essere il più grande bassista elettrico del mondo. Alcuni segnali lasciavano intravedere pericolose fughe in avanti verso un comportamento ossessivo e schizzato, ma ancora la situazione era abbondantemente sotto controllo.

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Ai primi di marzo era previsto un mega festival Rock e Jazz all’Avana. Un avvenimento decisamente interessante dal punto di vista artistico ma certamente ancora più clamoroso dal punto di vista socio-politico. I Weather Report erano tra i fiori all'occhiello del cartellone e gli organizzatori accettarono la proposta di inserire come side-project anche un nuovo super gruppo: il trio denominato ironicamente ‘Trio of Doom’ che comprendeva, oltre a Pastorius, il chitarrista John McLaughlin e il batterista Tony Williams. Due musicisti molto famosi che erano stati alla corte di Miles Davis in anni decisivi per lo sbocciare della musica jazz-rock. Due musicisti che già avevano vissuto assieme l’avventura, esaltante da un punto di vista artistico e sfortunata da un punto di vista del business, del super gruppo ‘Tony Williams Lifetime’, dove il ruolo di terzo incomodo era ricoperto da Larry Young e dove arrivò, in un secondo tempo, anche il bassista Jack Bruce.

Sulla carta, questo ‘Trio of Doom’ era una idea straordinaria. Tre virtuosi che in quel momento erano praticamente all’apice delle classifiche dei rispettivi strumenti si mettevano assieme e promettevano mirabolanti risultati. In effetti le prove andarono benissimo, ma poi sul palco la follia di Jaco prese il sopravvento e, secondo il racconto di McLaughlin, il concerto, breve anche per esigenze di scaletta del Festival, finì quasi in rissa. Tony Williams in particolare era arrabbiatissimo con il bassista e lo avrebbe volentieri fulminato, non solo con lo sguardo.

La Columbia comunicò immediatamente la propria intenzione di pubblicare un paio di brani e trovò la fiera avversione di McLaughlin che dichiarò: “Per pubblicare quel concerto dovrete passare sul mio cadavere”. Per cui 5 giorni dopo il concerto cubano i tre musicisti si ritrovarono in studio a New York, per registrare nuovamente tre dei cinque brani che erano stati eseguiti dal vivo (in realtà il brano col quale si apriva il concerto era una semplice improvvisazione in solo, senza titolo, del batterista). La Columbia aggiunse applausi posticci e pubblicò questi tre brani lasciando credere che erano quelli registrati dal vivo a L’Avana.

Quasi trent’anni dopo John McLaughlin ha avuto modo di riascoltare i brani dal vivo mai pubblicati e si è accorto che, al di là di qualche libertà che Jaco si prendeva con la tonalità di base dei brani, l’energia sprigionata sul palco era davvero impressionante. Ben felice di poter cambiare opinione ha dato il via libera alla pubblicazione di quegli inediti. Non è stato necessario passare sul suo cadavere, anche se purtroppo si potrebbe dire che involontariamente ci si è trovati a dover passare sui cadaveri dei suoi due compagni di avventura, visto che Jaco è morto nel 1987 e Tony lo ha seguito dieci anni più tardi.

Per l’occasione si è fatto un ottimo lavoro di remix e si sono aggiunti i tre brani in studio, liberati dell’orpello dei finti applausi aggiunti all’epoca della pubblicazione negli album Havana Jam I & II. Nelle operazioni di recupero dei nastri originali sono saltati fuori anche due brevi frammenti inediti dalla seduta in studio dell’8 marzo 1979 e sono stati inseriti in scaletta.

La musica contenuta in questo CD è davvero impressionate. Forte, concreta, determinata. E’ davvero difficile capire perché all’epoca era stata così ferocemente boicottata da McLaughlin e da Tony Williams. Probabilmente l’attitudine un po’ troppo pignola del chitarrista era andata in contrasto con la follia creativa del bassista. E magari la reazione infuriata del batterista (che non ci risulta abbia mai parlato di questo episodio) era stata un po’ esagerata dal racconto di McLaughlin. Storie di ego, si potrebbe dire. E forse non è casuale il fatto che l’album di Tony Williams che marcò la fine dell’avventura del gruppo con McLaughlin e Larry Young si chiamasse proprio Ego. (a cura Maurizio Comandini )

Visita il sito di John McLaughlin – Jaco Pastorius – Tony Williams.

Elenco dei brani: 01. Drum Improvisation; 02. Dark Prince; 03. Continuum; 04. Para Oriente; 05. Are You The One, Are You The One?; 06. Dark Prince; 07. Continuum; 08. Para Oriente; 09. Para Oriente; 10. Para Oriente

Musicisti: John McLaughlin (chitarra); Jaco Pastorius (basso); Tony Williams (batteria).

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Weather Report: Night Passage (1980) http://www.debaser.it/recensionidb/ID_22095/Weather_Report_Night_Passage.htm

Recensione di: Shò , (Wednesday, February 13, 2008) |

Magnifico album, questo "Night Passage" si può a buon diritto considerare la summa di tutte le esperienze musicali assorbite da quei quattro 'ragazzotti' che componevano il nucleo fondamentale dei Weather Report.

Per la cronaca dopo i fasti dell'acclamato "Heavy Weather" ed il gradevole esperimento "Mr. Gone" la band cardine del movimento fusion, composta dai talentuosi Joe Zawinul, Wayne Shorter, Jaco Pastorius e Peter Erskine (rispettivamente tastiere, sax, basso, percussioni) affiancati per l'occasione da un ulteriore percussionista Robert Thomas Jr., si immerge in un lavoro estremamente consapevole, partorendo un'opera matura dalle cadenze soft, e sfoderando, in otto autentiche gemme, una tecnica mista ad una espressività veramente disarmanti. Il tutto è magicamente evidenziato da sonorità morbide e sfumate che

compongono un quadro sofisticato ma allo stesso tempo diretto e coinvolgente.

A fare da apripista è il brano omonimo, caratterizzato da un continuum ritmico discreto nel suo incedere; l'impatto è da subito attutito, le tastiere ed il sax guidano le danze verso un motivo finale accattivante, attraverso una serie di preziose e giocose variazioni sul tema (splendida è l'esecuzione di Jaco, con il basso che ad un certo punto sembra avvolgere completamente gli altri strumenti) che dimostrano quanto i nostri siano in grado di svincolarsi a piacimento dai parametri che definiscono la forma brano, da loro stessi fissati, per poi rituffarvisi spudoratamente come risucchiati da una forza più grande di loro.

Proseguendo nell'ascolto si può bene apprezzare l'equilibrio a livello di dinamiche che caratterizza il corpus dell'intera opera. A brani più intimisti come "Dream Clock", la crepuscolare "Forlon" e la celebre "Three Views Of A Secret" di Pastorius (un trittico semplicemente "da paura"), si contrappongono momenti decisamente sostenuti, di stampo fusion, con passaggi più spiccatamente free - jazz, come la bellissima "Fast City", la divertente "Rockin' In Rhythm" (di Duke Ellington), o la prorompente "Port Of Entry", spesso impreziositi dalle furiose progressioni dei singoli strumentisti (sempre di gran gusto, e mai sfocianti in sterili e freddi tentativi di autocompiacimento).

In questo lavoro denso e suadente trovano spazio anche gli sperimentalismi dell'ultima traccia "Madagascar", in cui si richiamano atmosfere esotiche (quasi da giungla selvaggia); i nostri sembrano divertirsi un mondo, sono fluidi, sembrano voler confessare di aver raggiunto un distacco ed una leggerezza che gli consente di librarsi sulle ali della loro capacità di improvvisazione. Proprio questa fluidità scaturisce in una energia vibrante, principale ragion d'essere e collante di questo autentico capolavoro. Per raggiungere l'equilibrio occorre disciplina ed abbandono. Essenzialmente la disciplina serve per divenire consapevoli e quindi incanalare la creatività, mentre l'abbandono permette al flusso di attraversarti in lungo ed il largo" disse una volta qualcuno di cui non ricordo bene il nome.

Un ultimo pensiero va a Joe Zawinul, scomparso di recente; grande musicista, ottima persona ed una vita dedicata a qualcosa di immenso ed indefinibile: la musica.

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Melvin, Brian (Brian Melvin featuring Jaco Pastorius - Night Food - SJP214

Personnel Brian "Whitey" Melvin - drums, percussion Jaco Pastorius - bass Rick Smith - sax Paul Mousavizadeh - guitar Jeff Osammon - synth Aushim Chaudhuri-Tabla's - bongos Jim Loveless - steel drums

Track Listing 1) Ain't Nothing But A Party (1.45) 2) Don't Forget The Bass (4.46) 3) Night Food (2.50) 4) Zen Turtles (5.23) 5) For Max (4.28) 6) Poly Wanna Rhythm (6.45) 7) Primalass (4.59) 8) The Warrior (11.27) 9) Continuum (6.02)

Recorded at: Poolside Studios, S.F.C.A. Rec date: November Ã’ 17 January 1984/1985

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LIVE in ITALY (1986) http://www.allmusic.com/cg/amg.dll?p=amg&sql=10:axfrxqrgldje Review by Thom Jurek

Recorded during a late tour of Europe, Live in Italy features a trio comprised of Pastorius, guitarist Bireli Lagrene, and drummer Tomas Böröcz. This was the last band that Pastorius played with regularly. In terms of the pure electricity of ideas and fluidity of movement from one phase of a tune to the next, from improvisation to arranged chart, this band was the equal of the trio the artist played in with Pat Metheny and Bob Moses. But this band has a way different vibe: this is a rock band that plays jazz. Lagrene is an improviser who is as versed in heavy metal and the blues as he is in the licks of Charlie Byrd and Wes Montgomery -- as evidenced in the opening "Improvisation n°1," which gives way seamlessly to "Teen Town." Lagrene moves from Steve Vai/Eddie Van Halen hammer-ons to riffing from Deep Purple's "Smoke on the Water" to playing augmented jazz riff chords worthy of both Montgomery and

Jim Hall. The ensuing improvisation and "Teen Town," riff moves Pastorius and Lagrene in to counterpoint with each other and Böröcz playing in between Jaco's accents. The funk groove is deep and wide, and the flow of ideas is fast and furious. On the band's cover of "I Shot the Sheriff," Pastorius leads the melodic line while playing the bassline simultaneously to introduce the cut before Lagrene slips in behind Böröcz to vamp the lyric line extemporaneously and soulfully. Again, the funk simpatico between the Pastorius/Böröcz team is greasy and phat. The wide variety of styles these cats play -- often in a single cut -- is stunning. After the Marley jam comes a gorgeous improv by Pastorius, which leads into Buster Brown's "Fannie Mae," which has Lagrene voicing from Albert and Freddie King, as well as J.B. Lenior. The set ends with a killer, out-for-blood read of "Black Market" and an elegantly soulful, wistfully lyrical take on the Ellington/Mercer/Strayhorn classic "Satin Doll." Both soloists create a deeply moving emotional tapestry in a gentle swing and bluesy vamp in their respective breaks. Of the live postmortem sets out there by this artist, this is only one of two -- the other is Heavy 'n Jazz, also on Jazzpoint -- that has the recorded sound to match the performance.

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Portrait of Jaco – thr early years (2003) Review by Thom Jurek (http://www.allmusic.com/cg/amg.dll?p=amg&sql=10:3bfqxqlaldde)

Simply put, there is nothing remotely like Portrait of Jaco on the market. (And truthfully, it's not even on the market, the only place it can be obtained is direct from holidayparkrecordings.com). This two-CD package is an aural biography, told by Pastorius himself, his father, and the people he came up with and played with throughout his life. It is an obsessive document, created specifically for the collector and fanatic. But it is no mere attempt to pick up some quick cash. Prepared by Bob Bobbing, in full cooperation with the Pastorius family, this is one of the most emotionally moving and aesthetically revealing documents of its kind. It feels honest, errs on the side of too much information, rather than not enough, and unabashedly celebrates the development of a genius in the making. There are two discs and 38 selections. Disc One (entitled "Jocko" -- the original spelling of his name) is an expressionistic aural portrait, with musical selections interspersed with personal reminiscences from his father, Tracy Lee (who has broken her silence on her relationship with the bassist for the first time), his employers, and collaborators, from Ira Sullivan to Tommy Sands to Wayne Cochran. Recordings by Pastorius' first band, Woodchuck, are here, an early bass solo in its entirety, and more. The musical tracks are partial, but the effect -- if you are obsessed with Pastorius enough to be interested in a document like this in the first place -- is riveting. The early recordings of Cochran's C.C. Riders, and with Sullivan, are indeed revelatory of his rapidly developing compositional method and his arpeggiated attack. Disc Two is, in a sense, more of the same, but also the professional musician displaying a prowess that surprises, obviously, even Pastorius himself. The recordings of the Peter Graves Orchestra Pastorius' first compositions reveal a startling view of complex harmony, and the redefined role of the bass in a large ensemble from hard bop to big band ("Domino") to knife-edge funk ("Wiggle Waggle.") In addition, there are his recordings with the steel drum ensemble Othello and Sir Cedric, and early demos from his Criteria recordings, and his audition recordings for Weather Report. Other interview segments include Joe Zawinul, Pat Metheny, Joni Mitchell, Herbie Hancock, and of course, Jaco himself. In addition to the two CDs, there is a lavishly illustrated and exhaustively annotated 80-page companion booklet to round out an already perfect package. Words, music, and a fanatical, loving attention to detail; this is an event in tribute recordings.

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Jaco Pastorius - Invitation (1982) (courtesy Recensioni Jazz http://www.livecity.it/2007/05/07/jaco-pastorius-invitation/ )

Questo disco è la nuova versione rimasterizzata di Invitation (Warner Bros 1983), album originariamente nato come summa dei “momenti clou” di alcuni concerti tenuti da Jaco Pastorius in Giappone e registrati live per intero su due Lp licenziati dall’etichetta giapponese Aurex e intitolati “Twins One and Two”. Questa raccolta racchiude in sé tutto ciò che c’è di grandioso nel contesto tradizionale della big band e aggiunge una lauta parte di vibranti composizioni e arrangiamenti di Jaco. In più mette in risalto l’incredibile interplay delle sue linee di basso che sostengono e duettano vigorosamente con solisti di fama mondiale quali Randy Brecker, Bob Mintzer, Jon Faddis, Othello Molineaux, Toots Thielemans e altri. Si tratta di un Jaco in piena forma e nel pieno controllo della sua visione musicale. In grado di amministrare e guidare

una band con perfetto piglio da big band leader e di coniugare groove funk e dinamiche swing grazie al tipico sound e all’inconfondibile intonazione del suo basso, che si lancia spesso in linee estrose, azzardate, ma sempre ben riuscite, che, di fatto, hanno cambiato il modo di pensare e di suonare di tutti i bassisti elettrici (note di copertina di Mike Chadwick, dj di Jazz Fm)

«Era l’ottobre del 1978, i Weather Report stavano suonando al Manchester Apollo. Quella sera vidi la luce, capii che da quel momento in poi la mia vita non sarebbe stata più la stessa. Ricordo vividamente di aver assistito ad un’interpretazione da parte di Jaco di quel suo ormai celebre brano “Slang” ed essere rimasto completamente ipnotizzato dal suo virtuosismo, dalle sue capacità da showman, dalla sua sicurezza e dalla sua sensazionale inventiva. Non potevo credere ai miei occhi! Jaco Pastorius era veramente un genio puro che impresse il suo marchio indelebile a tutto il sovraffollato mondo musicale. Non c’è altro da dire su Jaco che non sia stato già detto. Ogni musicista che ha lavorato con lui ha espresso la sua opinione. L’incredibilmente perspicace biografia redatta da Bill Milkowski [Jaco Pastorius. La straordinaria e tragica vita del più grande bassista del mondo (Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, 2001)] pone in luce proprio la sua travagliata anima musicale, ma sottolinea anche che essa è sempre stata divisa da una sottile linea demarcativa fra genio e follia. Un qualcosa che noi “poveri mortali” non potremmo mai capire fino in fondo».

Questo afferma Mike Chadwick nelle note di copertina di questo album e si coglie decisamente una forte passione da parte sua verso “il più grande bassista del mondo”. Una passione che non può non essere condivisa, anche solo ascoltando questo disco. L’unico “reperto occidentale” di quella sua tournèe in Giappone, nell’estate del 1982, con la Word of Mouth Big Band (dal titolo del loro primo straordinario album), che includeva fior fiore di jazzisti.

Il doppio Lp che documentò quell’evento, “Twins One and Two”, infatti, uscì solo in Giappone e, purtroppo, ancora oggi è disponibile soltanto su quel mercato. Questa, però, è decisamente una summa interessante per focalizzare l’attenzione sulla bravura tecnica, espressiva, compositiva e arrangiativa di Jaco. Anche perché geni di tal fatta, così straordinari sulle scene così “deprecabili” nella vita quotidiana, si possono valutare solo in situazioni “estreme” come questa.

Racconta Bill Milkowski, nella succitata biografia dedicata a Pastorius, che «nell’estate del 1982, durante il tour giapponese della Word of Mouth Big Band, il comportamento di Jaco diventò ancora più bizzarro. Arrivò ad un punto in cui le sue stravaganti follie, apparentemente intese a divertire e intrattenere, suscitavano reazioni molto diverse, sia da parte dei suoi colleghi che dal pubblico. Alcuni temevano per la sua incolumità, altri invece iniziavano a dubitare della sua sanità mentale».

Questo dal punto di vista umano, ma, per ironia della sorte, dal punto di vista artistico, lo stesso Milkowski ricorda che «anche se il suo atteggiamento diventava sempre più bizzarro e autodistruttivo, Jaco continuava a raccogliere lodi negli Stati Uniti e all’estero. Fu votato miglior bassista jazz nel referendum dei lettori di ‘Guitar Player’ del 1982. Lo stesso anno, lo ‘Swing Journal’ lo nominò ‘Artista jazz dell’anno’, e con quel

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riconoscimento arrivò anche una certa dose di rispetto da parte dei promoters e del suo entourage giapponese». Il fatto di essere l’artista jazz dell’anno in Giappone gli garantì, nonostante le sue pazzie, di poter allestire uno dei migliori spettacoli jazz della propria carriera.

Non importa più di tanto perché si lasciasse andare a queste pazzie, forse era realmente per liberarsi dall’enorme pressione cui era sottoposto in quel periodo. In fondo, era frontman e leader di una sua stabile big band, dopo tanti anni nelle fila dei Weather Report; doveva essere all’altezza della reputazione di “più grande bassista del mondo”; aveva la responsabilità per tutto il tour di badare a sua figlia, Mary, di undici anni; in più la sua ansia era accresciuta dalla gravidanza di Ingrid, sua compagna, che il 9 giugno del 1982 (finalmente) dette alla luce due gemelli, Julius Josef e Felix Xavier. Fu in loro onore che Jaco intitolò il doppio album live che documentava questo suo tour, uscito solo in Giappone, proprio “Twins”.

Ma questo non importa – ripeto – ai fini di una giusta ed equa “critica musicale” di quest’album. Dà forse colore e restituisce un’immagine più umana di questo genio del basso. Un uomo debole e pieno di problemi, dismesso il basso, ma sicuramente un grandissimo jazzista (nel senso più esteso del termine), quando saliva sul palco, imbracciava il suo strumento e la musica partiva. Questo album antologico ne è la prova più evidente. È interessante e giusto raccontare i retroscena di questa ricca tournèe giapponese, ma, più di ogni altra cosa, occorre, per completezza, immergersi nelle note di questo cd. Un disco da antologia, oltre che antologico.

La formazione della Word of Mouth Big Band versione “Live in Japan” comprendeva, come solisti, Don Alias (percussioni), Randy Brecker (tromba), Peter Erskine (batteria, timpani e gong), Bobby Mintzer (sax tenore e soprano), Othello Molineaux (steel drums) e lo special guest Jean “Toots” Thielemans (armonica). In più, nelle fila della big band, erano presenti Elmer Brown, Forrest Buchtel, Jon Faddis [assolo su Reza] e Ron Tooley (trombe); Wayne Andre (trombone), David Bargeron (trombone e tuba), Peter Graves (trombone basso e co-direttore d’orchestra) e Bill Reichenbach (trombone basso); Mario Cruz (sax tenore e soprano, clarinetto, flauto contralto), Randy Emerick (sax baritono, clarinetto, flauto contralto), Alex Foster (sax tenore, contralto, soprano, clarinetto e ottavino/piccolo) e Paul McCandless (sax tenore, oboe, corno inglese); Peter Gordon e Brad Warnaar (corno francese).

Questo esteso ensemble evidenzia un Jaco Pastorius in grande forma, che sfoggia una bravura assoluta sia come bassista, sia soprattutto come arrangiatore di big band. Solo Invitation, infatti, è opera di Bobby Mintzer, gli altri sono tutti arrangiamenti suoi. Un compito nient’affatto facile, pur potendo vantare musicisti di quel calibro. Un lavoro che doveva essere, proprio grazie a/a causa di questi “comprimari”, perfetto e squisito. E lo fu.

Questa band, infatti, - si percepisce sin dalle prime note dell’album - è decisamente affiatata e compie, quasi in simbiosi con il proprio leader, una sorta di excursus lungo l’intera storia musicale di Pastorius. Parte dagli ascolti d’infanzia (Invitation e Giant Steps di John Coltrane) e dai primi brani registrati in adolescenza (Soul Intro/The Chicken), passa per il debutto sulla scena jazz mondiale (Continuum) e giunge fino alle produzioni più recenti del dopo Weather Report (Liberty City).

Le interpretazioni sono tutte impeccabili, sempre guidate dalle linee precise e dinamiche di Jaco, un perfezionista dell’arrangiamento sia in studio sia dal vivo, ai limiti del maniacale. Qualità acquisita, si crede, dal profondo amore e rispetto che aveva per Gil Evans.

L’album si apre con Invitation, che, dopo una breve, fischiettante e marziale intro di batteria, vede Jaco impegnato in un vorticoso walking incastonato perfettamente in un frizzante “shuffle” dell’ottimo Erskine. I fiati dettano il tema in contrappunto, creando un mood imponente. Caleidoscopico il loro interagire. Nella parte centrale, su un mosso tappeto sincopato di batteria e percussioni, prende il via il solo della tromba di Brecker. Un solo “davisiano elettrico” concitato e febbricitante. È Jaco poi a dettare i tempi di rientro in scena della band, riprendendo la prima frase del tema. A questo punto il Fender Jazz continua il suo concitato walking con grande stile, creando un filo conduttore, uno scheletro per i virtuosismi dei vari strumenti a fiato che suonano in contrappunto alle linee solistiche della tromba. Il suo solo è costituito da armonici, arpeggi e scale imbottite di ghost notes, che sistematicamente riprendono alcuni tracciati del tema.

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Jaco, infatti, non era solo un capace e possente bassista ritmico, ma era in grado di sviluppare il suo linguaggio anche attraverso linee bizzose ed incisive, sempre ricche di colore, melodia ed armoniosità. Da notare, quindi, come rilegga a modo suo il tema di questo brano, durante il solo, arricchendolo continuamente di soluzioni armoniche, melodiche e cellule ritmiche. Il tutto con estrema naturalezza e un tocco delicato e cristallino. Nel finale, la band rientra in un complesso e frastagliato 4/4, con chiusura trionfale ed ovazione del pubblico.

Dagli applausi degli spettatori emerge la melodia di Amerika, rivisitazione della celebre “America the Beautiful”. Jaco è da solo sul palco e fornisce prova di enorme sostanza ritmica e pirotecnico colore espressivo tramite un tocco pulito e rotondo, emulando col suo 4 corde un sound da ottone, profondo e intenso. Una vera e propria magia, conclusa poi da una veloce e ironica scala maggiore con quartine ribattute, tipica del gigionesco modus esprimendi di Jaco Pastorius.

I Word Of Mouth riguadagnano il palco e l’attacco deciso di Erskine segna l’inizio di uno dei classici dell’attività live di Jaco: The Chicken. Il brano appartiene a Alfred James Ellis, ma Pastorius vi aggiunge una cadenzata ed entusiasmante introduzione (Soul Intro, appunto) da cui fuoriesce la pentatonica maggiore tipica della figura del basso funky di “The Chicken”. Chi non lo (ri)conosce? Questo brano è forse il più celebre e celebrato fra quelli “pastoriusiani”. Sul suo tema principale, sorretti spesso solo da basso e batteria, quasi tutti i musicisti da jam session si lanciano in spericolati e grintosi soli. Ovviamente questo arrangiamento non è affatto “improvvisato”, ma rende giustizia alla grande perizia arrangiativa di Jaco. Un’interpretazione frizzante e roboante. Non si può star fermi sulla sedia, ma questo vale per tutto l’album. Pensate a chi stava al concerto…! Il solo del sax di Mintzer è colorato e brioso, contrappuntato dagli immancabili interventi degli altri fiati. Le steel drums di Molineaux, che già in precedenza avevano abbozzato un solo di un solo chorus, subito tagliato da una ripresa del tema, sono ora libere di librarsi acquose, insistite e frizzanti. Spettacolari. La tromba “effettata” di Brecker è onirica, ricca di note stridenti e caratterizzata da una sonorità a metà fra l’acustico e l’elettronico. Torna il tema dettato in contrappunto dai fiati e sostenuto dal basso funky e dalla roboante batteria e il brano si conclude in maniera mirabile.

È il momento di Continuum, tratto dal primo album solista del bassista, l’omonimo Jaco Pastorius, che vede il nostro esibirsi per la maggior parte del brano in solitudine. È un brano estremamente sentito e dalla spiccata espressività interpretativa. Un brano quasi mistico, che procede per note suonate all’altezza degli armonici e sospese in aria. Un tappeto delicato arricchito continuamente da dolci ed aggraziati intarsi. Un brano di pura classe, in cui Jaco fa intervenire il resto della band per un finale sfumato e morbido. Lo scroscio di applausi finale è liberatorio e celebrativo di cotanta grazia ed eleganza.

Dalla delicatezza di “Continuum” si passa al jazz à la Pastorius di Liberty City, che inizia con un trascinante funky di soli fiati in contrappunto brioso ed euforico. Tutta la band viene poi coinvolta nella sontuosità e nell’eleganza di questo brano, il cui tema vede la partecipazione anche dell’armonica di “Toots” Thielemans. I fiati arricchiscono la trama in modo esemplare, gli accenti di Brecker e Mintzer vengono sapientemente contrappuntati da Erskine, mentre Molineaux contribuisce a creare l’atmosfera giusta e spensierata per questo pezzo. Allegro e stravagante, tipico della genialità convulsa di Jaco. Un brano frizzante e giocoso in cui trova spazio anche un breve e lirico solo di Toots con l’armonica, accompagnato da percussioni, batteria e basso e contrappuntato da una ridotta sezione di fiati. Un pezzo colorato e fresco. Straordinari i contrappunti fra i fiati, arrangiati ad opera d’arte, con gusto squisito ed euforico interplay. Breve, ma apprezzabile anche il solo delle steel drums, fresche e solari, nonché il finale basato sulla ripetitività tipica dei turnaround, su cui d’altronde è costruito lo stesso tema del brano.

L’ellingtoniana Sophisticated Lady vede come interprete principale l’armonica di Thielemans, che con molta eleganza alterna, in completa solitudine, frasi dolci a frenetiche scale. Interviene poi il basso di Jaco, dando corpo, sostanza e colore al suono dell’armonica con linee soffuse e melodiche, bicordi in slide ed armonici. Un prezioso duetto fra due maestri incontrastati dei loro strumenti, giocato squisitamente fra ritmo e melodia. All’improvviso intervengono i fiati che ripetono l’ultima frase dell’armonica, che, dopo aver dettato il tema principale, continua a portare avanti la melodia in maniera leggiadra e dinamica. Un intervento, quello dei fiati, arioso e liberatorio. Il quadro timbrico assume ora spessore e il tratto del disegno melodico s’arricchisce

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di linee dai colori tenui e cangianti. Il finale poi vede ancora una volta l’armonica di Toots ergersi quale unica ed incontrastata protagonista.

L’eleganza di “Sophisticated Lady” lascia il posto alla più incisiva Reza, brano frastagliato e virtuoso, con vorticosi intermezzi world, cori tribali e sonorità prima africane e poi asiatiche. Lo strumento in primo piano, inizialmente, è la tromba di Faddis, la cui magia e il cui incanto solistico viene poi sostituito dalle voci dei musicisti, voci ricche di stilemi ancestrali, afro e poi orientali. Ma è il basso distorto di Jaco a far capire che il tema di “Reza” si sta trasformando, sta confluendo in “qualcos’altro”. Quel “qualcos’altro” viene prima introdotto dalla figura del basso, non più distorto, del leader e poi dalle steel drums di Molineaux che introducono, senza più ombra di dubbio, il tema della celeberrima Giant Steps di Coltrane. Un’interpretazione frizzante ed accesa che, dopo l’enunciazione del tema, prevede un intenso solo di steel. Solo delicato e fresco, colorato e virtuoso. È ancora una volta poi il basso distorto di Jaco ad irrompere sulla scena, in stile tipicamente punk-jazz, e a riportarci a Reza. La band segue il trascinante impeto del bassista, accodandosi ad un unisono perforante, dalle sonorità concitate, elettriche, quasi acid-progressive.

Il trascinante soul di Fannie Mae presenta a fine concerto un Pastorius anche eccellente interprete vocale. Questa spensierata canzone di Buster Brown e Morgan Robinson spezza un po’ l’atmosfera del concerto per rilassare lo spettatore e divertirlo con il cantato “pseudo-James Brown” dell’incredibile Jaco, i simpatici coretti dei solisti della big band e l’intera sezione fiati che al gran completo mostra uno straordinario impeto e una prodigiosa energia. Da notare anche il tamburellante e dinamico accompagnamento del basso.

Come “Fannie Mae” sfuma arriva la dirompente Eleven, sempre funky/soul, ma questa volta di Gil Evans e Miles Davis, che termina all’improvviso (solo il tema è stato esposto) e chiude così di colpo l’esibizione, lasciando libero sfogo ad una chiassosa standing ovation, in cui i musicisti ringraziano il pubblico giapponese.

Marco Maimeri

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Jaco Pastorius: Holiday for pans (1982) courtesy http://www.debaser.it/recensionidb/ID_11533/Jaco_Pastorius_Holiday_For_Pans.htm

Recensione di: Duane , (Tuesday, July 25, 2006)

Brani: 1) Mysterious Mountain, 2) Elegant People, 3) Good Morning Annya, 4) She's Leaving Home, 5) Holiday For Pans, 6) Giant Steps, 7) City Of Angels, 8) Birth Of Island

con: Wayne Shorter, Don Alias, Othello Molineaux, Leroy Williams, Mike Gerber, Toots Thielemans, Bobby Economou, Kenwood Denard, Ted Lewand, Peter Graves, Craig Thayler, Michael Gibbs Orchestra

Nel 1982 Jaco propose alcuni nastri ai capi della Warner Bros. i quali li giudicarono “esoterici” e privi di grandi aspettative commerciali. Non solo rifiutarono di pubblicare l’album, ma decisero di rescindere anche il contratto a Jaco, finendo per acuire in maniera irreversibile i disturbi maniaco-depressivi che lo affliggevano.

Riposto nel cassetto venne vanamente rispolverato a più riprese negli ultimi anni di vita del nostro, nel tentativo di ottenere la pubblicazione, un nuovo contratto e quindi un improbabile rilancio. La parabola storica di 'Holiday for Pans' è accostabile a quella di molti altri dischi di numerose leggende della musica su cui si è tentato di speculare in ogni modo. Dopo la morte di Jaco, infatti, i nastri finirono nelle mani di Kenny Jackel, tecnico del suono e aspirante impresario, che tentò di venderli a varie etichette statunitensi prima di trovare un’acquirente in Giappone. Una pubblicazione non autorizzata dei nastri avvenne, ma solo dopo aver passato l’onta di squallide sovraincisioni postume di alcune parti di basso.

La versione del disco che ho avuto la fortuna di ascoltare è l’originale, priva di sovraincisioni e composta di otto brani di cui tre composti da Jaco, Good Morning Annya, City of Angels e Birth of the Island, più cinque cover. Numerosi sono gli ospiti, tra i quali spicca il sassofono di Wayne Shorter anche se a farla da padrone è senza dubbio Othello Molineaux, grande amico di Jaco e virtuoso delle steel pans (da cui deriva anche il nome del disco). L’album si apre con un estratto del capolavoro di musica contemporanea di Allan Hovaness, Mysterious Mountain, con un arrangiamento d’archi di Michael Gibbs eseguito da alcuni membri della L.A. Philarmonic; il brano è molto bello e semplicemente commuovente, nonostante la breve durata; rappresenta il perfetto biglietto da visita per un progetto ambizioso e, a parer mio veramente riuscito, degno di un grande musicista e compositore quale era Jaco. Nel brano, e questo è l’unico momento di contatto con quelli della Warner, si cela un retrogusto esoterico che però non fa che accrescere il fascino di una composizione veramente unica.

Segue una toccante rilettura del classico dei 'Weather Report' a firma Shorter, Elegant People; anche se piuttosto calligrafico nella struttura e nella rilettura, il brano viene impreziosito dall’ottimo lavoro di Molineaux e da una grande prova del nostro Jaco. Good Morning Annya è la prima composizione originale dell’album; l’allegra melodia è sorretta dalle steel pans ed accompagnata da una batteria che scandisce un brioso ritmo reggae; questo brano solo apparentemente solare è in realtà velato da una lieve malinconia, specchio dello stato d’animo di un genio tormentato. She’s Leaving Home dei Beatles viene qui presentata in

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una versione fragile e rarefatta, semplicemente splendida, mentre la title track era un ingegnoso adattamento di Jaco dell’agile e famosissimo tema di David Rose, Holiday for Strings. Giant Steps, uno dei capolavori di John Coltrane, era ancora riletta in maniera molto interessante da Othello Molineaux, mentre la successiva City Of Angels era un brano che recava firma Pastorius di impianto più propriamente jazzistico. La fine dell’album era affidata a Birth of Island, un lungo ed interessante tripudio percussivo, figlio di una corale e totalmente improvvisata session con i musicisti partecipanti al resto dell’album.

Il terzo disco in studio di John Francis Pastorius III non ha ancora visto luce ufficialmente, anche se è più che preventivabile la sua pubblicazione in futuro; chi ama Jaco non può rimanere indifferente a questo splendido e toccante progetto il cui traumatico naufragio costituì il punto di non ritorno di questo meraviglioso artista.

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Jaco Pastorius: Word of Mouth (1981)

Courtesy http://www.debaser.it/recensionidb/ID_8112/Jaco_Pastorius_Word_of_Mouth.htm)

Recensione di: ghemison , (Sunday, February 05, 2006) | Voto: ●●●●

Dopo aver dimostrato a Wayne Shorter ed al mondo intero di essere il miglior bassista di sempre Jaco Pastorius decide di dimostrare a se stesso e chiaramente al mondo intero di essere anche un gran compositore. Non uno tra i più grandi di sempre ma uno coi controcazzi. Scrive allora "Word of Mouth" (AD 1981).

Via dunque allo pseudo be-bop di "Crisis" in cui è un basso frenetico a farla da padrone (e curiosità: tutti gli strumenti sono stati registrati singolarmente senza che i musicisti sentissero le parti altrui). A seguire prima lo swing un po' riflessivo di "3 Views of a Secret" e poi quello più gioioso di "Liberty city" che parte come fosse Dizzie Gillespie si crogiola un attimo in un magma funky di basso e percussioni sfida Miles Davis sul suo stesso territorio e finisce in una maniera che più epica non si

può! Undici minuti e mezzo da urlo. Che dire della rilettura della "Chromatic Fantasy" di bachiana memoria? Fantastica con il basso che si inerpica dove nessun altro mai era arrivato ed un susseguirsi di dolci fiati e inaudite cacofonie. In "Blackbird" dei Beatles a regnare incontrastata è l'armonica di Toots Thielemans mentre "Word of Mouth" sfonda ogni muro con un rumorosissimo basso in overdrive ed un vulcanico lavoro di batteria. Chiude l'album l’ambiziosa "John and Mary", dedicata ai figli: inizia glam si tinge di soul con dei meravigliosi vocalizzi e con il sax soprano di Shorter che fa miracoli, per non parlare di Jaco che s'inventa un groove mai sentito prima. Una delle più belle suite jazz mai scritte.

Ed ancora una volta Jaco ebbe ragione.

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Jaco Pastorius: The Birthday Concert (1981)

Courtesy http://www.debaser.it/recensionidb/ID_10546/Jaco_Pastorius_The_Birthday_Concert.htm

Recensione di: AdamWest , (Thursday, June 08, 2006)

Buon compleanno John Francis Pastorius terzo!

Siamo nel 1 dicembre 1981 e a Fort Lauderdale, in Florida, si stanno festeggiando i trent'anni di Jaco Pastorius: il bassista che ha rivoluzionato l'uso del basso nella musica. Pastorius è sempre stato un tipo che amava la popolarità e il mostrare la sua bravura, ecco perché per questo compleanno, poco tempo dopo l'uscita dello spettacolare "Word Of Mouth", è stato organizzato uno spettacolare concerto dove si sono sentiti grandi pezzi composti dal grande Jaco.

La 'Word Of Mouth Big Band', oltre al quintetto composto da Jaco Pastorius al basso, Michael Brecker al sax tenore, Bob Mintzer al sax tenore e soprano e al clarinetto, Don Alias alle congas e Peter Erskine alla batteria è composta da una serie di

accompagnatori che hanno avuto l'onore di fare un caldo augurio di buon compleanno al grande bassista alla fine di tale concerto (oltre al fatto di aver suonato con lui in una serata per lui molto importante). Il concerto comincia con Pastorius che prende parola e saluta pubblicamente sua madre, dopodichè si comincia: un ottimo intro di classico stampo jazz ed ecco che si inizia ad ascoltare la mitica "The Chicken" del grande Jaco e del mitico PeeWee Ellis (famoso bassista di James Brown). Un grandissimo pezzo jazz, energico, virtuoso e carico di quella spavalderia tipica del grande Pastorius che pare trasparire da questo meraviglioso brano. Un grandioso ingresso per la band che riempie gli spettatori di allegria e di emozioni. Alla fine del pezzo John Francis III ci augura una buona serata prima oralmente e poi con lo splendido assolo di basso Continuum, presente anche nell'album esordiente dell'artista, che esprime tutta la controversa passione del festeggiato.

A seguito "Inivtation" di Bronislau Kaper dà un caloroso invito di benvenuto agli spettatori che ben accolgono questo meraviglioso e complesso pezzo fusion di quasi 18 minuti. Spettacolare, in questo caso, l'uso delle congas che riportano alla mente grandi classici come "Black Market" dei Weather Report, che segnò il grande esordio di Pastorius nelle fila della più grande band fusion della storia della musica. Ora vengono i pezzi importanti: "Three Views Of A Secret" fa impazzire gli spettatori e, sinceramente, anche me che la sto ascoltando in questo momento. Il brano è suonato con una pulizia ed una precisione che dimostra la grande classe dei membri della 'Word Of Mouth Big Band'. Assolutamente un pezzo magnifico per passioni, cariche emotive e razionalità.

Subito dopo parte un altro pezzo che fa uscire pazzi tutti quanti: "Liberty City". I fiati trasmettono adrenalina pura all'ascoltatore e il ritmo incalzante fa assaporare il senso di libertà, di allegria e di spensieratezza delle persone che stanno bene con se stesse. A parer mio uno dei più grandi pezzi di Pastorius, anch'esso presente, come il brano precedente, nell'album "Word Of Mouth" uscito nello stesso anno. Un caloroso applauso mostra quanto il pubblico sia contento dell'esibizione della band fino a quel momento. Ecco allora che si presenta un brano veramente POW: Punk Jazz, un jazz marcio, sporco, non perfetto come al solito, privo di metrica, espressione pura senza l'impiccio che possono dare le meticolose regole del classico jazz. Veramente brioso e libero questo pezzo, un altro tra i migliori scritti da Jaco.

Dopo la carrellata dei pezzi più belli di John Francio III ecco il tempo di fare gli auguri al genio del basso: uno splendido riarrangiamento di "Happy Birthday" del maestro Larry Warrilow che vorrete sicuramente mettere sullo stereo nei vostri prossimi compleanni. Veramente favoloso, alla faccia della bat-noia mortale della versione delle sorelle Hill. Chiusa questa parentesi ecco un bellissimo pezzo di puro ritmo latino: "Reza", una favolosa canzone piena di allegria e di passione che ci mostra quanto Jaco fosse ispirato dai ritmi

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latini. Brano passionale anche "Domingo" che mischia la tranquillità e le emozioni dei pezzi lenti con l'allegria e la vitalità dei fiati nei pezzi movimentati: un brano veramente completo e assolutamente favoloso. E dopo l'ennesimo "Good evening" (probabilmente campionato) ed una presentazione della band di circa due minuti e mezzo ecco che Jaco Pastorius chiude il concerto e la giornata del suo compleanno con uno degli assoli di basso più belli che abbia mai fatto, il brano si chiama "Amerika" e uno scrosciante battito di mani del pubblico dimostra l'apprezzamento per la prodezza del grandioso bassista.

È stata senz'altro una gran serata quel primo dicembre dell'ottantuno, e quest'album è sicuramente il ricordo di uno dei più veri e più vicini live al più grande bassista del mondo e della storia.

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Hejira (courtesy http://italy.real.com/music/artist/Joni_Mitchell/releases/Hejira#review

Data di rilascio: 1987

Some records are meant to be listened to, some danced to. Hejira is meant to be absorbed. With doomed Jaco Pastorius making an appearance and Mitchell's usual predilection for putting jazz and folk together in overdrive, this is the singer-songwriter's most adventurous album. If there is a cooler song than "Coyote," we can't find it. - Mike McGuirk

JONI MITCHELL – Shadow and Light (1979)

Joni Mitchell with: Pat Metheny, Jaco Pastorius, Lyle Mays, Michael Brecker Live 1979 Artist: Album: Shadows And Light Track: they kiss on main street (courtesy http://mog.com/gilsmusic/blog/129998)

Wanted to share this with you. I was there. I thought it was 1980 but turns out this show as in 1979 in my hometown of Santa Barbara. I was a young 18 year old kid in the audience. What a show!

What makes this extra special is that her band is none other than the Pat Metheny Group. I had discovered them 2 years earlier in 1977 and was a big fan of theirs. So not only do you have Joni but you have Pat Metheny, Lyle Mays, Jaco Pastorius and Michael brecker backing her up!! What a band and it is incredible for me to see this very show on video. I have the double vinyl live album but nothing like seeing it again!!

(Don't ask me why they start this off with stock footage but eventually it gets to the performance)

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WEATHER REPORT - Heavy Weather (Columbia) 1977 (courtesy http://www.ondarock.it/jazz/recensioni/weather_heavy.htm di Eugenio Zazzara )

Se fino a “Black Market” i Weather Report dimostrarono di essere una band innovativa e originale, benché fenomeno di nicchia, lo straordinario “Heavy Weather” sarà il disco della definitiva consacrazione che permise loro di riscuotere un importante successo commerciale. Due sono stati i fattori che hanno determinato tale successo: la presenza nella tracklist di un brano tanto geniale quanto estremamente orecchiabile come “Birdland” e l’ingresso in pianta stabile nel gruppo dell’enfant prodige Jaco Pastorius. La coppia Shorter/Zawinul, a cominciare da "Black Market", aveva già introdotto elementi di novità nel sound del gruppo: pur restando fermi alcuni capisaldi quali l’approccio elettrico, l’alternanza melodia/ritmo, l’uguale peso delle parti melodiche e soliste, in "Heavy Weather" s’intuisce una leggera semplificazione degli

incastri melodici e delle dissonanze a favore della spontaneità e di una maggiore immediatezza, nonostante l'usuale complessità degli arrangiamenti. L’intervento di modifica più radicale apportato al sound del gruppo è sicuramente la presenza di Jaco Pastorius, musicista provvisto di tecnica sopraffina e capace di rendersi riconoscibile in qualsiasi contesto, garantendo ai comprimari un apporto contemporaneamente melodico e ritmico; il suo estro e la sua tecnica suonano pressoché irriproducibili e arricchirono lo spettro musicale del combo. L'apporto di Pastorius conferì nuovi stimoli a una formula che stava rischiando di anchilosarsi, ma anche allo stesso Jaco, perché i Weather Report furono un trampolino di lancio che rivelarono al mondo il suo splendore. "Heavy Weather" vanta un incipit al fulmicotone: le note d'esordio, affidate al sintetizzatore di Zawinul, cedono il passo agli armonici artificiali di Pastorius nell'ormai celeberrima “Birdland”. L’intero brano si può riassumere in una corsa graduale fatta di deviazioni, discese, risalite e slanci melodici che culmina nel celebre, affabile e indimenticabile tema (anni dopo, i Manhattan Transfert ne avrebbero realizzata una cover che diventerà quasi più famosa dell’originale). Segue “A Remark You Made”, a firma di Zawinul (come la traccia precedente), fra i brani più romantici composti dal tastierista austriaco. Sorretti da una trama di tastiere, sax e basso "fretless" - che assolvono qui il medesimo compito melodico - cesellano linee e armonie; le tastiere fungono dunque da scheletro del brano, mentre sax e basso ne costituiscono muscoli, nervi e tendini. A dominare sono quindi temi e partiture capaci di emozionare: mai un basso era stato più ricco di pathos e sentimento come in questo pezzo. Il magistrale assolo finale di tastiera (suonato naturalmente da Zawinul), è il coronamento di un capolavoro. Il terzo brano è un pezzo famoso quasi quanto “Birdland”. Ad opera di Pastorius, “Teen Town” è ben più di un semplice sfoggio di tecnica trasportata sulle quattro corde; la melodia che sorregge il brano è sognante, sfuggente e l’assolo-tema di Pastorius dimostra l’eccezionalità dell'artista, sia in veste di musicista che di compositore. “Harlequin”, di Shorter, è invece un pezzo enigmatico, quasi cerebrale: il tema consta di una serie di stacchi in battere e levare, seguito da una sezione in cui tastiera e sax si alternano nell’esecuzione di parti allo stesso tempo melodiche e soliste, mentre il basso e la batteria reggono le fila ritmiche. Il tema viene riproposto nel finale con maggior intensità e con un sapore quasi liberatorio.

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Il contributo del batterista Alex Acuna e del percussionista Manolo Badrena al disco consiste nel divertissement di “Rumba Mama”, che apre la seconda parte del disco: una danza tribale dalle ritmiche latino-americane, in cui i due sfoderano la loro tecnica e sembrano anche divertirsi parecchio. A seguire, la samba di “Palladium”, in cui a farla da padrone sono le percussioni di Badrena; il basso crea qui una solida struttura nella quale s'intrecciano misurati interventi ritmici e digressioni soliste delle tastiere. A rimarcare l’orecchiabile tema è il sax di Shorter, l’autore del brano - tra i migliori dell’album. “The Juggler”, di Zawinul, lascia nella bocca dell'ascoltatore un sapore vagamente antico, forse per le singolari frasi di tastiera che lo caratterizzano e per i suoni utilizzati. L'intero brano è avvolto da un’atmosfera mistica e minimale, in cui ogni elemento contribuisce equamente alla sua riuscita; ad avere importanza qui non sono più le sovrapposizioni strumentali, ma i silenzi che sottolineano i passaggi melodici. Un brano tanto particolare quanto affascinante. La chiusura è affidata a una composizione di Pastorius fortemente ritmica: “Havona, la cui introduzione di tastiera preconizza la sensazione di assistere dapprima alla partenza di una locomotiva, poi alla sua corsa. Pastorius è qui micidiale tanto in fase di accompagnamento quanto di solista (anche se, come accade in tutto il disco, riesce a fondere magistralmente le due funzioni, permettendo loro di confondersi con disinvoltura) e individua in Acuna un ottimo supporto. Zawinul e Shorter finiscono quasi per fungere da semplici gregari, i cui interventi sono tuttavia costanti e puntuali (soprattutto quelli di Zawinul, al piano); come in “A Remark You Made”, Shorter divide con Pastorius alcune parti soliste. "Havona" si conclude così com'è iniziata, con la tastiera a scandire le pulsazioni di un album che, oltre a essere tra i più riusciti, è forse quello più importante per la storia e per l'evoluzione della band.

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Don Juan’s reckless daughter * Joni Mitchell-Jaco Pastorius (1977)

(Courtesy http://www.nazioneindiana.com/2007/06/26/cotton-avenue/ di Gianluca Veltri)

La prima volta che metti sul piatto Don Juan’s reckless daughter di Joni Mitchell rimani esterrefatto, impaurito per esserti spinto troppo in là. Da dove arrivano quei suoni? Cosa conteneva quel disco inciso nel 1977 di così meraviglioso e sconcertante? Quali segreti misterici cercava di comunicare? Era nervoso e poetico, l’uno e l’altro all’ennesima potenza. La

chitarra di Joni era ancora più stupefacente del solito, all’apice di un’ingegnosa ricercatezza, traboccava di intervalli armonici sferzanti, pieni di sospensione, di continui intervalli di seconda, i più irrisolti. Le voci stracciavano l’aria in mille frammenti. L’effetto era di grande inquietudine e di spaventosa profondità, come un ottovolante che si addentra nelle viscere della terra. E poi c’era Jaco. Jaco Pastorius. Quando senti Jaco ti tiri i pizzicotti sulla faccia, per chiederti se è tutto vero. È un’assoluta sorpresa per le facoltà percettive. E ti dici quanto quel ragazzo di Fort Lauderdale col fascione sui capelli doveva amare quella donna, per ergerle intorno una fortezza protettiva di suoni esagerati e possenti, per regalarle quelle note, quei grappoli di armonici scampanellanti. Ma anche quanto doveva amare te, per regalarle anche a te, quelle note. Chi ero io per meritare tutto questo? Non ero preparato.

Dieci anni dopo aver suonato nel disco di Cotton Avenue, Jaco sarebbe morto, ammazzato di botte da un buttafuori. Dieci anni dopo, nel 1987, ossia venti anni fa. Non era più una via di cotone, la sua, ma una strada appuntita e vetri e chiodi. Jaco proteggeva Joni, il basso sosteneva la chitarra, creava per lei un tappeto di nodi fioriti da cui era impossibile cadere giù. Joni stendeva le sue corde piene di nervi e genio, ogni canzone un’accordatura diversa alla chitarra. E sotto c’era Jaco, le sue affettuose risposte, le sottolineature commoventi e autorevoli, prepotenti. L’invadenza della sua presenza. Accordi traboccanti di note come lettere d’amore. Il suo sheltering bass. Una gara a chi fa la trovata migliore, senza risparmi. Lei fa finta di fuggire, lui la raggiunge sempre e la avvolge. Jaco Pastorius suonò il suo basso eccessivo e imponente in quattro album di Joni Mitchell, dal 1976 al 1979: Hejira, Don Juan, Mingus e il live Shadows and Light. Chi non conosce questi dischi è baciato dalla fortuna: ha davanti a sé, e non dietro, una delle scoperte più belle e incredibili che gli possano capitare.

Jaco Pastorius aveva un ego smisurato, ma anche un grande amore per la vita. E una fragilità che poco alla volta gli frantumava un pezzetto di se stesso. Nel periodo in cui divise un tratto di strada con Joni Mitchell, Jaco era al suo apogeo: era il bassista dei Weather Report, ci rimase dal 1976 fino al 1982. Dunque, quando realizzò insieme a Joni Mitchell Don Juan’s reckless daughter, nel 1977, a 26 anni, era proprio al centro della sua pienezza creativa e al culmine dell’energia. Jaco si presentava in scena come un pellerossa, con una fascia sui capelli lunghissimi, scalzo, trattando il basso come Jimi Hendrix trattava la chitarra, un simulacro fatto oggetto di riti e di esorcismi. Faceva cospargere il palco di borotalco e pattinava a piedi nudi sul palco. Esprimeva con i suoni del suo strumento un’allusività melodica e poetica senza precedenti per un bassista. Aveva trasferito sulla tastiera del basso fretless un’intera sezione fiati. Ma proprio in quegli anni Jaco, forse vittima delle pressioni intorno a lui, si stava perdendo. Aveva cominciato a bere e a farsi di coca. Il suo comportamento era sempre più imprevedibile: alternava fasi di esaltazione irrefrenabile in cui restava sveglio per tre giorni, a momenti di sconforto e di pianto, nei quali non gli avanzava un grammo di forza. Le sue famiglie – due ex-mogli, quattro figli – gli ricordavano i

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rimorsi e gli errori commessi. Gli fu diagnosticato un disturbo mentale di tipo maniaco-depressivo.

All’epoca di Don Juan Jaco teneva ancora sotto controllo i suoi demoni. Quasi tutti i pezzi del disco sono figli di un intreccio tra chitarra e basso, entrambi ai loro massimi vertici di inventività. La chitarra di Joni lì non è quasi mai autosufficiente, ha bisogno di un vischio armonico protettivo che solo Jaco sa darle. Mai Joni si era affidata tanto a qualcun altro. Si fidò ciecamente del talento di Fort Lauderdale. La title-track del disco, Don Juan’s Reckless Daughter, è fatta di cristalli che tintinnano, campanelli e campanacci liquidi, è un rullo compressore dal groove che ancheggia gioioso. Jaco s’inventa un basso a fionda, che scaglia il verso più lontano possibile a ogni quarto. In Talk To Me invece il basso canta, letteralmente. Tanto che riprodurre la melodia, canticchiarla, significa rifare la parte di basso, mica quella della voce: Jaco è un giaciglio di cuscini in cui si accomoda la chitarra di Joni, in un soffice mare morbido. Jericho è il capolavoro del disco, i suoi attimi di sospensione baciati dalla passione, il suo languore preoccupato. La chitarra si arrampica su intervalli impossibili, il basso irrompe e rimbomba come le trombe che fanno cadere le mura della città biblica. Se dici basso, se lo dici senza ascoltarlo, non puoi capire di cosa si parla quando si parla di Pastorius.

Uscito dai Weather Report, Jaco continuò a suonare con alterne fortune, ma più basse che alte. Sempre più basse, fino a ridursi a una sorta di barbone. La sua fragilità divenne priva di freni, proprio lui che era stato la protezione sicura, lo steccato a prova di caduta per i suoni degli altri. Non c’era nessuno che lo proteggesse da se stesso. Sono innumerevoli e tristi gli episodi della fase finale della sua vita: provocare i passanti abbassandosi i pantaloni, maltrattare il pubblico, correre nudo sulle montagne, raccontare frottole agli amici, attaccare briga. Conobbe il carcere, gli misero la camicia di forza. Che trottola incoerente era diventata la sua vita.

Off Night Backstreet, sul finire di Don Juan, ci regala degli spettacolari armonici di basso a ogni chiusura di strofa. Jaco era il re degli armonici: sapeva trasformare il manico del basso in una scatola magica, ne tirava fuori rotoli lirici di suoni ingombranti e ambigui, pastosi, subliminali. Quelli di Off Night Backstreet sono tra i più belli e allusivi armonici che abbia mai coniato: quelle cascate si sovrappongono a tutti gli altri strumenti, creano una barriera, un muro psicanalitico di sbigottimento.

Nell’estate del 1986 Jaco viveva ormai in un furgone, suonava con il chitarrista gitano Bireli Lagrene o nei campetti di basket e di baseball (a volte ancora da Dio!), cercando la compagnia dei diseredati e dei senzatetto. Non gli basterà la vicinanza dei pochi amici, che tentarono tutto il poco che poterono. Tra questi, oltre al batterista Peter Erskine, anche l’autore della sua biografia, Bill Milkowski, che oggi si addolora per non aver potuto fare di più. Nel 1986 Jaco si avvicinava inesorabilmente verso la fine. Sempre più spesso lo si vedeva vagare come un cane ferito, i denti guasti e un occhio pesto, malvestito. Questo era diventato il meraviglioso mago degli armonici.

L’Overture di Don Juan, seguita da Cotton Avenue, è eseguita da Joni Mitchell con un’accordatura chitarristica inusuale per lei. Suonata a vuoto (ossia senza prendere posizioni con la mano sinistra) sa di Old West al crepuscolo, di corsa all’oro, di un New Mexico rossastro. Ma la scaltra e geniale chitarrista, a vuoto non la suona mai, per non rendere riconoscibile l’accordatura, per non svelare troppo il mood armonico del pezzo, che avanza strascicato e fumoso, affascinante e sfuggente, la batteria spazzolata di John Guerin. E il basso di Jaco, che è come una sezione di fiati, tale è la ricchezza debordante del range timbrico.

Dieci anni dopo quei glissati divini, la notte tra l’11 e il 12 settembre del 1987, Jaco pretende di entrare per forza in un bar malfamato alla periferia di Fort Lauderdale, la sua città, in Florida. Inizia a litigare con il buttafuori del locale, tale Luc Havan, esperto di arti marziali. Jaco al solito provoca, non sa mai quando è il momento di fermarsi. Le prende, brutte. Finisce con la testa fratturata, in una pozza di sangue, sotto i colpi di karate dell’energumeno. Aveva fatto incazzare il tipo sbagliato. Un anonimo mastrolindo fa a pezzi un genio. Dieci giorni dopo, il bassista cessa di vivere: la famiglia ha deciso di staccare i macchinari che lo tenevano ancora appeso a un mondo nel quale Jaco non sapeva più vivere. Ironicamente, il suo cuore continuerà a battere ancora per tre ore, dopo che la spina viene staccata. Il padre commentò con ammirevole humour:

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“Sapevo che Jaco aveva un buon ritmo, ma questo è troppo!”. Un talento irripetibile si spegneva. Il suo biografo Bill Milkowski, autore del libro La straordinaria e tragica vita del più grande bassista del mondo (edito in Italia da Stampa Alternativa), sostiene che proprio quell’ipersensibilità che ha sgretolato Jaco, con il carico di autodistruzione e cupio dissolvi, era la faccia di quella stessa medaglia che dall’altro lato conteneva la sua straordinaria ricettività, l’eccesso creativo e la vitalità, quel talento visionario inedito e insonne. Come dire: senza una deriva così estrema e dolorosa, forse non avremmo neanche avuto quei suoni meravigliosi.

A Joni & Jaco sarebbero bastate tre canzoni per rimanere immortali, lui, lei, loro. Cotton Avenue, Talk to me, Jericho. Stop. Quel ch’era la prima facciata del vinile (doppio) di Don Juan’s reckless daughter. Neanche un quarto d’ora. Troppa grazia.

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IAN HUNTER “All American alien boy” (1976, CBS, LP)

Scritto da Andrea Valentini | (courtesy http://www.blackmilkmag.com/relics-to-die-for-recensioni.html)

Mott e Mott the Hoople. Do you remember, honey? Vi ricordate di questa band? Ok. Lo so. La maggior parte di voi non l’avrà mai voluta neppure ascoltare. E’ un errore comune e potreste essere anche perdonati… MA… è necessario rimediare al più presto.Un uomo o una donna non possono fare a meno di un brano come “The ballad of Mott the Hoople” per potersi definire tali. Altrimenti non valgono mica molto… anzi, nulla. Fate voi.

Dopo i Mott the Hoople, il carismatico cantante Ian Hunter intraprese la carriera solista (che continua tuttora). E che carriera.

Avete abbastanza palle, anima e cuore per ascoltare questa musica? Rispondete. Oh, piccolini… non lo sapete… certo, non avete idea di cosa rispondere. Allora vi serve una descrizione esauriente della materia, vero? I solchi di questo suo secondo album sono un sublimato di rock, rock’n'roll, tristezza strisciante e disillusione. Un Bob Dylan

con gli occhiali a specchio e il chitarrone elettrico, un Blind Lemon Jefferson che cavalca la tigre del glam rock con un piglio punk, senza scadere nel ridicolo. Iniziate a capire?

Ok, un ultimo tentativo per venire incontro alle fascie meno dotate. Avete presente Jeff Dahl? Ecco, io se fossi Ian Hunter lo citerei per plagio di immagine. Per non parlare della musica. Solo che il buon Jeff è più punkettaro, laddove Ian è il progenitore e, per questo, più compassato, emozionale e profondo. Come dite? Non vi servono i progenitori? Perfetto. Ma voi, allora, a cosa servite?

La recensione di Andrea dimentica una cosa importante, tenetevi forte………Jaco Pastorius suona il basso su tutte le tracce e la chitarra solista sull’ultima traccia. Letter To Brittania From The Union Jack, All American Alien Boy, Irene Wilde, Rape, You Nearly Did Me In, Apathy 83, God (Take 1) e guardate un pò chi è nella lista dei vocalist (in rosso):

• Ian Hunter: Lead vocals, Rythm guitar, Piano, Backing vocals • Chris Stainton: Piano, Organ, Mellotron, Bass guitar on "Restless Youth" • Jaco Pastorius: Bass guitar, Guitar on "God (take 1)" • Aynsley Dunbar: Drums • Gerry Weens: Lead guitar • David Sanborn: Alto Sax • Dominic Cortese: Accordion • Cornell Dupree: Guitar on "Letter to Brittania From the Union Jack" • Don Alias: Congas • Arnie Lawrence: Clarinet • Dave Bargeron: Trombone • Lewis Soloff: Trumpet • Freddie Mercury: Backing vocals on "You Nearly Did Me In" • Brian May: Backing vocals on "You Nearly Did Me In" • Roger Taylor: Backing Vocals on "You Nearly Did Me In" • B Segarini: Backing vocals • A Sutton: Backing vocals • G Kantor: Backing vocals • E Dickens: Backing vocals

Non vi sembra eccezionale quali intrecci crea la musica ……………….."Jaco ha aperto la porta e noi siamo entrati"

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Flora Purim - Every Day, Every Night (1978)

Label: Warner Bros. Records Catalog#: BSK 3168

Format: Vinyl, LP, Album Country: US

Released: 1978 Genre: Funk / Soul, Jazz, Latin, Pop Style: Vocal, Fusion, Jazz-Funk, Jazz-Rock, Funk, Latin Jazz

Credits: Acoustic Guitar - Oscar Neves* (tracks: A2, B2) Bass - Alphonso Johnson (tracks: A1) , Byron Miller (tracks: A2, B2) , Jaco Pastorius (tracks: A3, A4, B3, B4) Drums - Airto Moreira (tracks: B3, B5) , Chester Thompson (tracks: A2, B2) , Harvey Mason Electric Piano - George Duke (tracks: A2, B2) , Herbie Hancock (tracks: B3, B6) , Michel Colombier Guitar - Al Ciner (tracks: B2) , George Sopuch (tracks: B2) , Jay Graydon (tracks: A2) , Lee Ritenour Orchestrated By - Michel Colombier Percussion - Airto Moreira , Laudir de Oliveira Piano - David Foster (tracks: A4) , Herbie Hancock (tracks: B3, B4) , Michel Colombier (tracks: A3) Producer - Airto Moreira , Bob Monaco Saxophone - David Sanborn (tracks: A1, A3, B4, B6) , Michael Brecker (tracks: A1, A5) Synthesizer - Michael Boddicker , Michel Colombier Trombone - Raul De Souza (tracks: A1, A2) Trumpet - Randy Brecker (tracks: A1, A5) Vocals - Flora Purim , George Duke (tracks: B1)

Notes:

Tracklisting:

A1 Everyday, Everynight (4:55) A2 Samba Michel (4:08) A3 The Hope (3:39) A4 Five-Four (3:32) A5 Walking Away (4:55) B1 I Just Don´t Know (3:56) B2 In Brasil (3:50) B3 Las Olas (4:23) B4 Blues Ballad (1:54) B5 Overture (2:56) B6 Why I´m Alone (4:39)

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Last Flight Essence Featuring Jaco Pastorius (1984)

Noviembre 19, 2008 a 11:13 pm (Jazz Fusion)

Courtesy http://soulfunkjazz.wordpress.com/

Essence Featuring Jaco Pastorius (1984). Essence was a one-night stand. Recorded in a matter of hours on November 11, 1984, Last Flight comprises three lengthy, loosely structured studio jams. Drummer/percussionist Carlos Cervantes is credited as composer, but, interestingly, his performance is fairly dull and limited. Pianist Michael Gerber is the real standout on these instrumental cuts, along with Jaco Pastorius and flutist Yaco Grau. (Grau performed with Pastorius on Francisco Mondragon Rio’s Natural, recorded just six months after Last Flight.) Pastorius lays down some hot bass licks on “Universe Is My Home, Pt. 1,” stepping up for a frenetic solo near the close, at times accompanied by flute. The 27-minute piece includes a brief foray into “Reza,” a Jaco favorite. Pastorius also tosses in

a few familiar riffs on the final track, “Galeon,” on which Delmar Brown’s synth finally cuts through to the fore. The CD wasn’t released until 1989, two years after Pastorius passed away. It is available only as a Japanese import, and rarely surfaces. As the Pastorius estate has never given permission for its release, nor receives any funds from its sale, Last Flight is considered a bootleg. (AMG). Tracks: 1. The Universe Is My Home, Part. 1 2. The Universe Is My Home, Part. 2 3. Galeon

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Twins Live in Japan 1982 (2 CD)

TWINS LIVE IN JAPAN 1982 (HDCD MASTERING) (JPN)

All Music Guide Review

Originally taped for a Japanese television broadcast, and not intended for sale, Jaco Pastorius Big Band's Twins Live in Japan 1982 bootleg video features great camera work and editing. The performances are uniformly solid, but in a big band setting, only a handful of musicians get to step up for solos. These solos, though, are superior. The featured Word of Mouth players in this 40-minute videotape include Othello Molineaux (steel pans), Bob Mintzer (reeds), Randy Brecker (trumpet), Toots Thielemans (harmonica), and David W. Bargeron (tuba). Molineaux is a standout, soloing often throughout the concert. Pastorius takes center stage on a truncated rendition of "Continuum," and performs a beautiful, languid duet with Thielemans on "Sophisticated Lady." All five compositions on this videotape are included on the recently released Twins Live double CD and its single-disc companion, Invitation. [This is the double-CD version.] ~ David Ross Smith, All Music Guide

Track Listing 1 Invitation 8:31 2 Soul Intro/The Chicken 6:50 3 Continuum 4:30 4 Liberty City 11:37 5 Three Views of a Secret 5:57 6 Sophisticated Lady 7:07 7 (2) Amerika 1:13 8 (2) Okonkole y Trompa 6:55 9 (2) Reza/Giant Steps/Reza 14:49 10 (2) Elegant People 12:44 11 (2) Twins 6:04 12 (2) Pac-Man Blues (Fannie Mae) 2:38 13 (2) Eleven 0:48

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Weather Report – Live unreleased (2002) (courtesy:A.De Pasquale http://www.music-on-tnt.com/recensioni/weather_report_live_and_unreleased.htm)

Live & unreleased, registrazioni inedite dei Weather Report , pubblicate nel 2002, con registrazioni live tra il 1975 e il 1983, che mi aveva colpito già positivamente tempo addietro. poi cerco notizie e recensioni in lingua italica sul web e, curiosamente, non trovo quasi nulla. una brutta, se pur postiva critica qui: http://www.music-on-tnt.com/recensio...unreleased.htm allaboutjazz neanche lo ha recensito (o sono io che non l'ho trovato?). poi diversi siti che il cd lo vendono, niente o poco altro.

ebbene trattasi invece di un grande disco, molto molto interessante, tra le cose migliori dei nostri, con ottime cose all'interno per gli assolo, gli arrangiamenti, le orchestrazioni, l'atmosfera, il sound che riescono a creare. nulla: i jazzofili italiani e i cultori di fusion si sono distratti, peccato perché è un'occasione notevole per rispolverare alcune attudini migliori di certo feeling. immancabile per gli appassionati del genere.

Jaco Pastorius (suona nel CD1sulle tracce: 03 04 05 07 e sul CD2 sulle tracce: 01 03 06 07 08.

Insieme a: :

-Bass - Alphonso Johnson (tracks: 1-01, 1-06, 1-08, 2-05, 2-10) , Victor Bailey (tracks: 1-02, 2-02, 2-04) -Drums - Chester Thompson (tracks: 1-01, 1-06, 1-08, 2-05, 2-10) , Omar Hakim (tracks: 1-02, 2-02, 2-04) , Peter Erskine (tracks: 1-03, 2-03, 2-06 to 2-08) -Keyboards, Vocals - Joe Zawinul (tracks: 1-01 to 1-03, 1-05 to 1-08, 2-01 to 2-08, 2-10) Mixed By - Ivan Zawinul (tracks: 1-2, 1-3, 1-6, 2-1 to 2-4, 2-6 to 2-9) , Jim Anderson (tracks: 1-1, 1-4, 1-5, 1-7, 1-8, 2-5 to 2-10) -Percussion - Jose Rossy (tracks: 1-02, 2-02, 2-04) , Manolo Badrena (tracks: 1-05, 1-07, 2-01, 2-09) , Robert Thomas, Jr. (tracks: 1-03,2-07,2-08) -Percussion, Drums - Alejandro "Alex" Acuña* (tracks: 1-01, 1-05 to 1-08, 2-01, 2-05, 2-09, 2-10) -Producer - Joe Zawinul , Wayne Shorter -Saxophone [Soprano], Saxophone [Tenor] - Wayne Shorter (tracks: 1-01 to 1-03, 1-05 to 1-08, 2-01 to 2-08, 2-10) Fiondarsi a comprare un cd lo stesso giorno in cui ne viene iniziata la distribuzione e tornare con impazienza a casa per ascoltarlo mi fa tornare un po’ adolescente… Peccato poi che il “magic moment” svanisca alla constatazione di avere tra le mani le reliquie di quello che fu uno dei miei gruppi preferiti, purtroppo ormai defunto da quasi vent’anni. Fatto sta che dopo le due ore abbondanti di ascolto di questo Live & Unreleased dei Weather Report l’espressione che si dipinge sul mio viso è simile a quella di un emoticon. Come il titolo del lavoro fa intuire, non si tratta di una clamorosa quanto improbabile riunione: Wayne Shorter e Joe Zawinul, continuano la loro brillante carriera solistica che, tra l’altro, li ha portati ad animare i festival jazz anche italiani della scorsa stagione estiva, Jaco Pastorius continua a deliziare con il suo fretless gli angioletti e buona parte dei musicisti che si sono alternati al cospetto dei Chief Meteorologists li ritroviamo in gruppi di primo piano del panorama jazzistico mondiale. Molto più realisticamente si può intuire che le major discografiche fanno di necessità virtù: più che dilapidare le scarse risorse in nuovi contratti miliardari, si sono messe di buona lena a rastrellare i loro archivi e, dal momento che il pubblico (anche giovane) del jazz non ama generalmente “l’usa e getta” ne consegue che queste operazioni, se ben condotte, sono alla fine paganti per le major ed appaganti per gli appassionati. I fan dei Weather Report hanno particolarmente beneficiato di questa tendenza: da qualche anno è disponibile quasi tutta la loro discografia rimasterizzata, impreziosita da interessanti booklets contenenti

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notizie, interviste e fotografie e su questo scia ci ritroviamo il primo cd doppio (pare ne seguiranno altri due nei prossimi mesi) di materiale live inedito registrato tra il 1975 ed il 1983. I Nostri sono stati un gruppo di gran resa dal vivo: l’energia, le esecuzioni impeccabili e gli arrangiamenti sontuosi di questo doppio lo confermano. Pur coprendo un arco temporale abbastanza lungo è possibile scorgere nelle registrazioni un denominatore comune: certamente Live & Unreleased è molto più jazzy e meno “ruffiano” rispetto ad altre registrazioni live ufficiali e mi riferisco in particolare ad 8:30, il doppio lp live del 1979. Anche le registrazioni “studio” appena antecedenti lo scioglimento, a mio parere, strizzavano eccessivamente l’occhio al funky più commerciale; le medesime versioni live contenute in Live & Unreleased risultano molto godibili anche per i palati più intransigenti nei confronti delle eccessive contaminazioni con l’easy listening. Nel complesso l’apprezzabile rigore interpretativo, l’essenzialità che si esplica nella mancanza di barocchismi e/o di virtuosismi strappa-applausi (di rito nelle performance live), esaltano le complesse strutture tipiche delle composizioni dei W.R e rendono la fruizione di questo lavoro estremamente fluida e coinvolgente. La musica dei W.R. è fatta anche di atmosfere e di suoni particolari. Le fonti di questo inconfondibile sound sono il sax di Shorter, mai ripetitivo e sempre alla ricerca di nuovi percorsi interpretativi, le visionarie tastiere di Zawinul che creano con leggerezza il caratteristico tappeto dagli accenti spesso esotici ed infine il basso di Pastorius. Quest’ultimo, a mio parere, è stata la vera sorpresa del panorama jazzistico del tempo; Pastorius ha fatto assurgere il basso elettrico (fino ad allora relegato ad un ruolo secondario) a livello di strumento solista. Nonostante la sua travagliata esistenza e la sua problematica coesistenza con il resto della band, si conferma, ancora oggi, ineguagliato in velocità, creatività ed in abilità nello sfruttare fino all’ultima armonica del suo fretless. Non occorre dimenticare che a fare pulsare il potente motore del gruppo ritroviamo anche gli altri grandi musicisti che si sono alternati a bordo dell’astronave Weather Report nel corso degli anni: Alphonso Johnson, Omar Hakim, Alex Acuna, Victor Bayley, Chester Tompson, Peter Erskine, Manolo Badrena. Non voglio segnalare alcun brano in particolare: questo doppio è da ascoltare con attenzione ed a volume sostenuto per apprezzare l’energia, la quantità e la qualità del lavoro che c’è dietro. Tranquilli: i vicini apprezzeranno, se non lo faranno urlate loro che state/stanno ascoltando il più grande gruppo di Jazz elettrico di tutti i tempi ! Possiamo infine anche perdonare le fantomatiche “rare photos from the Columbia archives” promesse dal bollino appiccicato sul jewel box di cui non c’è traccia all’interno della copertina. [nota rimasterizzazione a 24 bit ]

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Jaco Pastorius - Una vita infranta di A.D.

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Punk Jazz - The Jaco Pastorius Anthology (2003) (courtesy http://www.debaser.it/recensionidb/ID_896/Jaco_Pastorius_Punk_Jazz__The_Jaco_Pastorius_Anthology.htm)

"Il mio nome è John Francis Pastorius III e sono il più grande bassista del mondo".

È nota l'abitudine delle case discografiche di pubblicare periodicamente antologie o cd postumi di artisti morti tragicamente, sui quali aleggia un'aura di leggenda (Jeff Buckley, Jimi Hendrix ecc). Stavolta è toccato a Jaco Pastorius.

La WB/Rhino ha, infatti, pubblicato un'antologia dedicata al "più grande bassista del mondo", come lui stesso si era definito

dinanzi a Joe Zawinul. Non solo era vero, ma in più Jaco era un compositore capace di sintetizzare generi musicali differenti (Jazz, R&B, Rock, Reggae), fuoriuscendo da etichette e standardizzazioni.

In due cd l'anthology cerca di riassumere il percorso musicale di Jaco: la carriera solista, i successi con Joni Mitchell, le collaborazioni con Pat Metheny, Michel Colombier, Mike Stern, Flora Purim. Tuttavia gli anni trascorsi nei Weather Report trovano solo un accenno con la celebre Birdland. Inoltre, risalta l'assenza di uno dei tanti duetti con Bireli Lagrene.

Come in ogni operazione ben studiata a tavolino, non mancano gli inediti ed una cura maniacale dei dettagli: fotografie, libretto e confezione cartonata faranno la gioia dei feticisti del settore.

Chi ha conosciuto e amato l'originalità e la bellezza del suono di Jaco Pastorius ha un'occasione in più per rimpiangerlo. Chi non lo ha mai sentito potrà sorprendersi dinanzi ai virtuosismi di "Continuum" o alla trasformazione di "Blackbird", emozionarsi ascoltando "Midwestern Nights Dream", lasciarsi trasportare da "Goodbye Pork Pie Hat", per poter infine affermare, senza timore d'esser smentito, che Jaco Pastorius era davvero il più grande bassista del mondo.

Recensione di: Hal , (Thursday, May 15, 2003) |

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Jaco Pastorius - Una vita infranta di A.D.

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di Federico Olmi (courtesy http://www.kalporz.com/)

Sono trascorsi ormai diciassette anni dalla scomparsa di uno dei più telentuosi e innovativi virtuosi del basso elettrico, quel John Francis Pastorius III, detto Jaco, che alla metà degli anni settanta si unì al tastierista Joe Zawinul e al sassofonista Wayne Shorter nel più notevole e allo stesso tempo controverso ibrido della storia della musica cosiddetta leggera: i Weather Report. Se già Arrigo Polillo, nella sua celeberrima monografia sul jazz uscita nell’ormai lontano 1975 – dunque nel

pieno svolgersi degli eventi – aveva risparmiato unicamente la band di Pastorius dal generale anatema scagliato contro la moda degenere del jazz rock elettrico commerciale nato sull’onda della rivoluzione iniziata da Miles Davis, non sembra oggidì poter essere più messo in discussione, nemmeno da parte dei più ardenti puristi, il valore assoluto di uno stile che, senza perdere in rigore e qualità, contribuì a fare da ponte tra due mondi musicali distanti ma non inconciliabili, portando il jazz alle orecchie di un pubblico prima indifferente.

Ora la Moonjune Records esce con una raffinata antologia che meritoriamente raccoglie, perlopiù da dischi preesistenti, brani nella quasi totalità di Pastorius (fanno eccezione “I Can Dig It Baby” e la title track), interpretati da esperti musicisti di varia estrazione tutti accomunati dalla stima e dalla nostalgia non solo per il grande strumentista, ma anche, e forse soprattutto, per il compositore. Ascoltiamo versioni preziose di classici come “Three Views Of A Secret”, eseguita da Hiram Bullock e Bireli Lagrene alle chitarre e impreziosita dal coro uruguaiano Contrafarsa, “Havona”, che bene testimonia il versante rock dell’ispirazione del bassista statunitense, il purissimo jazz acustico di “Dania”, una affascinante versione di “Punk Jazz”, riuscita performance di Gil Goldstein su diversi tipi di fisarmonica a creare effetti quasi chitarristici, il rock funky jazz di “Teen Town”. Non mancano neppure le rarità: su tutte ci piace segnalare soprattutto “Las Olas” – incisa ai tempi unicamente su un disco di Airto Moreira e Flora Purim – una riuscita interpretazione di Michael Gerber e Toninho Horta che mescola arditamente influenze sudamericane e ricordi canterburiani, specialmente nel delizioso vocalizzo di sapore vagamente wyattiano che apre e chiude. L’acustica “Microcosm” è invece eseguita dagli amici Alex Darqui e Rich Franks (quest’ultimo di fatto responsabile, insieme a Rick Kaydes, della “conversione” di Jaco al basso, dopo l’esperienza come batterista) e dal contrabbasso di John Patitucci.

Nella sua globalità, questo affettuoso omaggio costituisce una riuscita e godibile esemplificazione delle molteplici anime musicali di un artista che, sempre in equilibrio al confine fra i generi, ha saputo assurgere a modello e punto di riferimento per colleghi e semplici appassionati.

Track list: 1. Three Views Of A Secret (Hiram Bullock, Bireli Lagrene & Contrafarsa) 2. Las Olas (Michael Gerber) 3. Havona (Othello Molineaux) 4. Continuum (Michael Gerber) 5. I Can Dig It Baby (Grupo del Cuareim) 6. Dania (Michael Gerber Trio) 7. Punk Jazz (Gil Goldstein) 8. Teen Town (Kenwood Dennard) 9. Microcosm (Rich Franks, Alex Darqui, John Patitucci) 10. Good Morning Anya (Zebra Coast) 11. Gospel For J.F.P. III (Trio Fattoruso)

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Jaco Pastorius - Una vita infranta di A.D.

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Jaco Pastorius - The Early Years Recordings (2003)

(Courtesy http://www.jamyourself.com/?op=rs&id=42)

Nascere John Francis Pastorius III, passare alla storia semplicemente come Jaco...Venire alla luce biologicamente in un dicembre del 1951, fare della propria vita un capolavoro decadente; inventare un modo tutto nuovo di suonare il basso, far credere ai comuni mortali di essere un dio sceso in terra;tentare a 36 anni di ribellarsi al NO di un buttafuori di un locale di Fort Lauderdale...e morire per lo stesso stupido tentativo il 21 settembre 1987...

Si può riassumere in poche righe la vita dell'uomo che ha cambiato il jazz...il più grande bassista del mondo. Ma le emozioni che le quattro corde del suo fender jazz fretless( senza tasti) trasmettevano e continuano a trasmettere alla schiera di discepoli...beh nn ci provo neanche a rinchiuderle in un testo scritto...

SACRILEGIO!!!

Per riprovare quelle emozioni esistono i suoi album. Come questo che oggi mi ritrovo a recensire con mio grandissimo piacere e anche un po' di soggezione... L'album ha un titolo esplicativo "The early years recordings", letteralmente "Le registrazioni dei primi anni", quelli in cui Jaco cominciava a dar sfoggio delle sue indiscusse qualità e in cui il suo genio progettava e metteva in pratica tecniche musicali d'avanguardia. Il primo bassista a togliere i tasti al suo basso, l'uomo che ha cambiato per sempre la concezione di uno strumento fino a quel momento sottovalutato, quasi ripudiato da chiunque si apprestasse allo studio della musica... Pastorius ha fatto capire al mondo intero che non bisogna necessariamente essere un chitarrista per far sì che il pubblico ti riservi una standing ovation. Basso è bene...se fretless ancora meglio. Le registrazioni contenute in questa raccolta vanno dal 1969, anno dei primi concerti del maestro, contaminati dall'R&B( come si può sentire da una versione di "The Chicken" unica,) al 1975, anno del suo ingresso nei Weather Report, band che gli darà la meritata fama. Consiglio quest album indubbiamente ai fans, che troveranno delle chicche assolute come un pezzo inedito quale “Long,Long DayBallye De Nina", una live performance di 13 minuti in cui si dà spazio ad alcuni dei suoi famosissimi "assoli infiniti". Questa esclusiva collezione è quasi di importanza storica: racchiude in sè il percorso di formazione di una leggenda, l'evolversi delle sue tecniche di suono e di composizione fino alla re-definizione del ruolo del basso elettrico. O lo ami, o lo odi. Ma non può passare inosservato. (recensito da bertrock

Jaco Pastorius rivive in un cd bootleg

Per molti appassionati di musica jazz fusion, ma anche pop o metal, Jaco Pastorius non è solo un semplice musicista, è "il musicista", sicuramente il migliore bassista di sempre, capace di cambiare il linguaggio del basso elettrico portandolo al ruolo di assoluto protagonista. Jaco Pastorius è prematuramente scomparso nel 1987 e da allora sono uscite molte compilation con i suoi live, ma il cd "The Early Years Recordings" pubblicato da Egea, testimonia i primi anni di attività di Pastorius, a partire dalle prime registrazioni casalinghe fino ai primi brani registrati in studio. Un modo per scoprire il suo percorso artistico tra brani totalmente inediti e collaborazioni con altri giovani promesse divenute poi conferme, come Pat Metheny, Ira Sullivan, Peter Graves, Wayne Cochran e anti altri.

Dopo la prematura scomparsa di Jaco il mercato è stato saturato da innumerevoli registrazioni dal vivo che presumibilmente avevano il pregio di fornire un'ultima opportunità per ascoltare le recentissime grandi prestazioni di questo leggendario musicista. Tuttavia, questi bootleg, per la maggior parte, sono la testimonianza della tragedia del declino artistico di Jaco, consumato dall’alcool e dalle paranoie. Per questo siamo felici di annunciare che finalmente è disponibile l’antologia ufficiale che documenta i primi anni, The

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Early Years, della parabola artistica del grande bassista, ossia gli anni della sperimentazione e della genuina vivacità artistica che lo consacrarono in poco tempo come il più grande bassista elettrico della storia. Riscopriamo, in un viaggio a ritroso, i primi gruppi di Jaco apprezzandone lo stile talvolta acerbo talvolta visionario nella ridefinizione del ruolo del basso elettrico nella storia della musica. All'interno di questa avventura musicale si possono apprezzare le sue primissime registrazioni casalinghe, la sua prima incisione in studio, le performance con la sua prima band, i suoi inizi come solista e soprattutto alcune sue primissime composizioni originali fino a oggi totalmente inedite. Il pregio di questa raccolta è di aver messo in evidenza tutti gli sviluppi significativi e le varie influenze del suo percorso partendo dai primi anni di formazione. Fra le tante, registrazioni con Pat Metheny, Ira Sullivan, Peter Graves, Wayne Cochran e altri.

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Deadline - Down By Law

Label: Celluloid Catalog#: CELD 6111

Format: CD, Album Country: France

Released: 1990 Genre: Electronic Style: Electro, Future Jazz

Credits: Engineer - Robert Musso , Rob Stevens* Engineer [Assistant] - Hahn Rowe Engineer [Assistant], Edited By [Ironic Editing] - Iron Mike Krowiak* Mastered By - Howie Weinberg Mixed By - Robert Musso Other [Administration For Material] - Roger Trilling Written-By - Bill Laswell (tracks: 1, 4, 5) , Manu Dibango (tracks: 1, 2, 4) , Phillip Wilson , Steve Turre (tracks: 2)

Notes: CD re-edition of the 1985 LP Recorded at Evergreen Studio Mastered at Masterdisk

Tracklisting:

1 Afro Beat (6:31)

Bass, Drum Programming [Dmx] - Bill Laswell Congas, Cowbell - Aiyb Dieng Cymbal, Drum Programming [Dmx] - Phillip Wilson Saxophone [Tenor] - Manu Dibango Synthesizer - Bernie Worrell Voice - Manu Dibango

2 Boat Peoples (7:03)

Congas, Cowbell - Aiyb Dieng Cornet, Trumpet [Wood] - Olu Dara Drum Programming [Dmx], Percussion - Phillip Wilson Drum Programming [Dmx], Performer [Ams] - Bill Laswell Performer [Conch Shells], Didgeridoo - Steve Turre Saxophone [Tenor] - Manu Dibango Synthesizer - Bernie Worrell Voice - Manu Dibango

3 Baliphone Dub (4:24)

Bass, Bass [Fuzz] - Jonas Hellborg Drum Programming [Dmx], Electronics [Shortwave] - Bill Laswell Drum Programming [Dmx], Xylophone [Baliphone], Bells - Phillip Wilson Piano [Processed] - Rob Stevens*

4 Makossa Rock (11:06)

Bass - Jaco Pastorius Cymbal, Drum Programming [Dmx], Xylophone [Baliphone], Synthesizer [Bass] - Phillip Wilson

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Didgeridoo - Steve Turre Drum Programming [Dmx], Performer [Ams] - Bill Laswell Harmonica - Paul Butterfield Saxophone [Tenor] - Manu Dibango Synthesizer - Bernie Worrell Talking Drum - Aiyb Dieng Technician [Processing] - Robert Musso

5 Gammatron (5:22)

Bass - Jonas Hellborg Drum Programming [Dmx] - Bill Laswell Percussion [Metals], Kalimba, Drums, Drum Programming [Dmx] - Phillip Wilson

6 Doo Root (3:44)

Electric Piano - Rob Stevens* Percussion [Conch Shells], Didgeridoo - Steve Turre Xylophone [Baliphone], Piano [Processed], Performer [Water Tube], Tom Tom [Floor Toms], Congas, Percussion [Plastic Hammers], Afoxé [Cabassa] -

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Collaborazioni con Jaco

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Herbie Hancock

Biografia

Inizia a studiare pianoforte all'età di 7 anni, e subito si dimostra un bambino prodigio. Nel 1961 Donald Byrd lo invita ad unirsi al suo gruppo a New York, dopodiché l'etichetta Blue Note gli offre un contratto.

Il suo primo album è Takin' Off, del 1962, che diventa un successo commerciale dopo che Mongo Santamaria suona come cover il pezzo Watermelon Man. Nel maggio del 1963, Miles Davis lo chiama per il suo album "Seven Steps to Heaven". Hancock entra così a far parte dello storico quintetto di Davis, dove incontrerà anche Wayne Shorter, Tony Williams e Ron Carter. Durante la permanenza nel quintetto, Hancock continua a lavorare per l'etichetta Blue Note, realizzando capolavori come Maiden Voyage, Cantaloupe Island, e Speak Like A Child. Nel frattempo realizza la musica per il film Blow-Up di Michelangelo Antonioni.

Nel 1968, lasciato il gruppo di Davis, registra per la Warner l'album Fat Albert Rotunda, il suo primo disco squisitamente funky, anche colonna sonora dell'omonimo cartone animato. Nel 1969 forma un sestetto con cui realizza diversi dischi come The Prisoner. In questo periodo incomincia a interessarsi di strumenti elettronici. Gli album per la Warner Bros segnano il definitivo passaggio nella sfera del funky. L'album di transizione è Fat Albert Rotunda al quale seguono Crossing e Sextant (il sound ricorda vagamente Bitches Brew di Miles Davis) per poi passare alla fase funk vera e propria. L'album più significativo è Headhunters nel quale è presente il famoso singolo Chameleon.

Questo periodo continuerà fino agli anni ottanta, data nella quale il continuo zigzagare di Hancock da un genere all'altro lo porterà a seguire due progetti contemporaneamente: uno vicino alla disco e alla musica elettronica (dal quale usciranno album come Future Shock, che contiene il celebre singolo da classifica Rockit, e Perfect Machine) e uno hard-boppistico: la reunion venne formata con gli stessi membri dei primi cd di Hancock: Tony Williams, Ron Carter e Freddie Hubbard. Sempre in questi anni si esibisce con numerosi concerti nel power-jazz trio Hurricane con Billy Cobham e con Ron Carter, riscuotendo un enorme successo.

Gli anni novanta segnarono un nuovo e fertile periodo per il pianista di Chicago: i progetti The New Standards, Gershwin World, Future 2 Future e Directions in Music sono gli album di riferimento delle nuove avventure di Hancock.

Nel febbraio del 2008 il suo River: The Joni Letters, dedicato all'amica cantautrice Joni Mitchell, viene premiato con il Grammy Award come miglior album del 2007.

JOE ZAWINUL - IL "PADRE" DELLA FUSION (di Marco Piretti) Articolo pubblicato sul numero di Agosto 2001 della rivista JazzIt.

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Courtesy:http://www.zawinulfans.org/

Joe Zawinul è stato definito l’unico europeo che sia stato in grado di cambiare la storia del jazz. Nato a Kirkbach, in Austria, il 7 luglio 1932, inizia giovanissimo a suonare la fisarmonica, manifestando immediatamente il suo interesse per la ricerca musicale e modificando il suono dello strumento utilizzando un pezzo di stoffa preso da un vecchio tavolo da biliardo.Dopo aver studiato al Conservatorio di Vienna nei primmi anni ’50, inizia ad esibirsi come pianista insieme a musicisti jazz locali quali Hans Koller, già famoso per le sue precedenti collaborazioni con Dizzy Gillespie, Lee Konitz e Stan Kenton.

Nel 1959 decide di trasferirsi negli USA e sbarca a New York. “Quando arrivai lì” – ricorda Zawinul, intervistato dalla TV tedesca

WDR, “fui ospite alla Berklee School per alcune settimane, avevo vinto una borsa di studio con il giornale Downbeat […]. Ella Fitzgerald stava lavorando al “Domizil” a Boston, e all’epoca stavano costituendo una band che suonasse prima dell’attrazione principale. Il mio insegnante di pianoforte, Ray Santisi, un bravo pianista, mi mandò lì. Cercavano un pianista perché il loro era malato. Allora mi ascoltarono suonare, e presi il lavoro. Il batterista era Jake Hanna […]; dopo la prima parte dello show chiamò Maynard Ferguson e gli disse: ‘Senti, c’è qualcuno che dovresti sentir suonare’. Il pianista di Ferguson doveva lasciare la band per svolgere il suo servizio militare. Il giorno dopo andai a New York in treno per l’audizione all’Apollo Theatre, e ottenni il posto”.

Negli Stati Uniti, dove frequenta principalmente la comunità di colore, in tempi di segregazione razziale, Zawinul viene accolto favorevolmente dall’ambiente ed inizia una serie di collaborazioni importanti. Oltre a Ferguson, una delle più rilevanti è quella con Dinah Washington, all’epoca una delle vocalist più ricercate in assoluto. “Una sera, vivevo nella casa di Slide Hampton a Brooklyn ed era una serata molto calda, mi venne in mente di andare al Birdland, molto strano; feci una doccia rapida e andai. Nel momento in cui aprii la porta del Birdland, Dinah Washington era dall’altro lato della porta, mi guardò e disse: ‘Sei tu quello che ha suonato ad Atlanta?’. Dissi di sì, e fui invitato al Village Vanguard il giorno successivo, dove lei aveva un ingaggio per una settimana. Arrivai lì con il cantante bebop Babs Gonzales, e dopo il primo pezzo Dinah mi chiamò sul palco e mi ingaggiò. Da quel momento suonai con lei per due anni”.

Si tratta di tempi “eroici”, suonare jazz poteva anche essere pericoloso, specie per un bianco che suonava continuamente in locali per soli neri. “Non vivevo mai a contatto con i bianchi, – racconta Joe – ero sempre insieme ai neri, dovevo e volevo farlo. Effettivamente non mi piacevano i bianchi, non avevo molto da spartire con loro visto che ero l’unico bianco in una band di colore. Ho sempre vissuto nei quartieri neri con famiglie nere, mi hanno trattato come un principe, è stato un periodo formidabile per me. Una volta abbiamo suonato in una cittadina del Texas, nessuna strada asfaltata, un po’ come il mio villaggio di origine. […] Il proprietario del club era nero, non avevano la licenza per vendere liquori quindi il pubblico pagava un extra per gli accessori (bicchieri, ghiaccio, soda ecc.) mentre i liquori se li portava da casa (ecco come andavano le cose). Volevo entrare sul palcoscenico quando una donna bianca molto grassa con una pistola sul fianco mi dice: ‘Dove vai amico?’ […] risposi: ‘vado lassù e suono’, ma lei dice: ‘no, non qui’. Devi immaginare la scena, il locale pieno di gente di colore, sei o settecento persone che aspettavano lo show. Allora sono andato nel camerino e ho detto a Dinah cos’era successo, le lei disse: ‘lui non suona, io non canto’. Il proprietario venne giù a pregarci di suonare: ‘Vi prego, distruggeranno il mio club, mi bruceranno la casa!’ Ma Dinah aveva deciso di non cantare così scappammo dalla finestra, e mentre entravamo in macchina ci accorgemmo che già c’erano dei disordini. Distrussero completamente il locale”.

A partire dal 1961, per quasi nove anni, Zawinul entra a far parte della band del sassofonista Julian “Cannoball” Adderley; All'inizio degli anni Sessanta Adderley è uno dei più illustri portavoce di un nuovo genere , più tardi denominato "soul Jazz", che combina la complessità del bebop con il ritmo della musica afroamericana. Si tratta un periodo di grande prolificità artistica e innovazione; Zawinul contribuisce in modo massiccio al successo del gruppo, al quale appartengono anche il bassista Sam Jones, il batterista Louis Hayes ed il flautista Yusef Lateef, oltre che al fratello minore di Adderley, Nat. Alcune sue composizioni, prima di tutte la celeberrima “Mercy, Mercy, Mercy”, ottengono grande successo e notorietà. Il periodo trascorso come sideman nella band di Cannoball risulterà fondamentale per la formazione della sua personalità musicale; oltre a questo tra i due nasce una sincera amicizia. Il rapporto di Zawinul con la comunità nera in quegli anni è importantissimo per la comprensione della sua musica degli anni a venire.

“Suonammo con Cannoball a Baltimora, nel Nord, nel 1961, probabilmente in ottobre, era un club di striptease. Durante il concerto mi accorsi che non c’erano neri seduti tra il pubblico, ma c’era molta gente di colore all’esterno che

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aspettava in piedi. Durante il break, uscii fuori ed ero molto imbarazzato di questo. Andai da Cannon e gli dissi: ‘senti, non m’interessa se mi caccerai fuori o cosa, ma non voglio continuare a suonare qui’. […] Nel frattempo il pubblico iniziava a innervosirsi, il proprietario del locale ci chiese cosa stesse succedendo, e gli dissi: ‘continuiamo a suonare solo se lasci entrare la gente di colore’. Alla fine cedette e disse: ‘va bene, avremo dei problemi stasera, ma aprirò’. In qualche modo fu un trionfo che una cosa del genere accadesse in quel posto. I neri entrarono, vestiti elegantemente, il locale era pieno, suonammo ottima musica, e il pubblico fu beneducato’.

Alla fine degli anni Sessanta Joe Zawinul, ormai uno dei più famosi pianisti del panorama jazzistico mondiale, avvia un rapporto di collaborazione con Miles Davis. All’epoca il trombettista è totalmente dedicato alla costruzione di un nuovo genere, capace di combinare e fondere armonicamente stili diversi quali il jazz, naturalmente, ma anche il soul, il blues ed il rock. Sono gli albori della nuova era della “Fusion”, della quale Zawinul costituisce uno dei veri fondatori. Pietre miliari di questa nuova epoca musicale sono gli album registrati da Davis in questi anni, quali “Bitches Brew” e “In A Silent Way”, non a caso entrambi gli album traggono i loro titoli da composizioni di Zawinul.

In particolare la seconda costituisce senz’altro uno dei suoi capolavori ed una chiara manifestazione della sua grande originalità compositiva; egli stesso sembra prendere atto della raggiunta maturità e decide di incidere il pezzo con Davis piuttosto che con Cannonball. “ Nel dicembre del 1968 tornai per la prima volta a Vienna, con i miei tre bambini, che lasciai dai miei genitori, mentre io e mia moglie dormimmo in albergo. Nevicava e la sensazione di essere ritornato a casa, m'ispirò il brano che scrissi di getto, in due minuti, In A Silent Way, senza il pianoforte, né la carta da musica. Avevo in testa il suono che questo brano doveva avere, un suono immaginario”.

L’arrangiamento imposto da Davis alla sua composizione non soddisfa tuttavia pienamente Zawinul, che ritiene sia giunto ormai il tempo di “mettersi in proprio”. Il carattere dei due musicisti, inoltre, entrambi dotati di forte personalità e propensi alla leadership, non è favorevole allo stabilirsi di un duraturo rapporto musicale.

Nel 1970 così Zawinul pubblica il suo primo (e omonimo) album solista, nel quale ripropone il brano con un diverso arrangiamento. Un altro dei pezzi inclusi nel disco, “Doctor Honoris Causa”, è dedicato a Herbie Hancock che partecipa alle registrazioni suonando un secondo piano elettrico.

In uno solo dei pezzi appare il sassofonista Wayne Shorter. Reduce da una settennale collaborazione proprio con il quintetto di Miles Davis, una formazione storica per la storia del jazz, con la quale si è messo in grande evidenza per le sue abilità di compositore e arrangiatore, Shorter entra in particolare sintonia con Zawinul, tanto che i due decidono di fondare una propria band.

Ricorda Zawinul: “C’era un giovane bassista di Praga, Miroslav Vitous, e formammo rapidamente una band. Iniziammo a suonare un po’, io andai immediatamente da Clive Davis (responsabile della CBS, ndr) e subito ottenni un ottimo contratto. […] Cercavamo di trovare un nome per la band, ed un pomeriggio – sedevamo nella mia music room a New York, Wayne e Miroslav erano lì – dissi: ‘Sentite, dobbiamo avere un nome che la gente ascolta ogni giorno, tipo Daily News’, però non suonava bene. Allora Wayne disse: ‘Weather Report’, e quello fu il nome”.

Quello che i Weather Report hanno rappresentato per la musica moderna è difficile dirlo, sicuramente, quando si parla di jazzrock o di Fusion, è questo il gruppo che viene in mente, quasi come un riflesso condizionato. Osannati dalla critica e un po’ “snobbati” dal grande pubblico nei primi anni di attività, hanno successivamente conosciuto un successo di massa e proprio allora sono stati abbandonati da parte della critica “purista”. Fatto sta che ancora oggi, ascoltandoli, si ha l’impressione che nessuno sia riuscito ad avvicinarsi ai loro livelli. Autori di ben 16 album (se contiamo anche il doppio“Live in Tokyo” inizialmente pubblicato solo in Giappone) in altrettanti anni di attività, i Weather Report hanno esplorato davvero ogni angolo della musica, hanno rifiutato di sottomettersi ad uno stile unico e ripetitivo, hanno realizzato una “musica totale” aperta ad ogni influenza e ad ogni suono.

I primi album sono quelli più legati allo stile dell’era “davisiana” (Weather Report del 1971, I Sing The Body Electric del 1972, Sweetnigher del 1973, nel quale però già si avvertono i primi segni del cambiamento). In questo momento la musica del gruppo è ampiamente improvvisata, anche se sconvolge i canoni tradizionali del jazz fondati sul modello del “tema-assoli-tema”. Il motto del gruppo è giustamente “noi siamo sempre in assolo e mai in assolo”: ogni elemento impegnato senza soluzione di continuità su una base ritmica ed armonica definita.

Il successivo Mysterious Traveller costituisce un netto cambiamento di stile e porta la band a livelli di maggiore attenzione da parte del pubblico. Con l’ingresso del basso elettrico di Alphonso Johnson, si passa

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ad uno stile in cui l’influenza del rock e di sonorità esotiche diventa più sensibile, e la ritmica più serrata ed avvolgente. Il successivo Tale Spinnin’ (1975), che contiene alcune delle migliori composizioni, segna un apparente riallacciamento alle tematiche precedentemente sviluppate. Poi arriva l’incisione del primo “superalbum” della band, Black Market (1976), che per di più vede l’ingresso nella formazione di Jaco Pastorius, bassista dallo stile personalissimo e dalla tecnica rivoluzionaria, non a torto considerato il migliore di tutti i tempi, un personaggio dal quale nessun altro bassista ha in seguito potuto prescindere. Il primo incontro tra i due era avvenuto nell’estate del 1975 durante le prove di un concerto a Miami: “improvvisamente arrivò questo ragazzo dall'aspetto strano, che camminava un po' curvo, - ricorda in proposito Zawinul - totalmente strano, e mi disse: "Signor Zawinul, amo veramente la sua musica, mio padre era un grande ammiratore di Cannonball, ed io sono un grande ammiratore di Cannonball". Ma io non ero proprio dell'umore adatto. Gli risposi: "Davvero? Cos'altro?". "Oh, sì, tra parentesi, il mio nome è John Francis Pastorius III, e sono il più grande bassista del mondo". E non vorrei dirlo, ma gli dissi: "Và a farti fottere da qualche altra parte!". Sai, ero veramente arrabbiato, e non volevo ascoltare un qualsiasi idiota che venisse da me a dirmi cose del genere! Solitamente, quando dico una cosa simile a qualcuno, lui semplicemente se ne va, ma lui se ne stette lì e mi veniva da ridere perché mi guardava con quegli occhi così afflitti, sai. E la giornalista che era con me insisteva e mi disse: "Senti, lui è un po' stravagante ma è un genio come bassista". Allora gli dissi: "Senti, vieni in hotel domani e parleremo. Porta un nastro o qualcosa di simile". Da questo momento inizia un periodo, oltre che di immensa creatività, anche di fama e prestigio: l’album Heavy Weather (1977), nel quale compare tra gli altri il famossissimo brano “Birdland”, viene votato come miglior disco dell’anno negli USA e, pur contenendo solo pezzi strumentali, vende ben 400.000 copie nel solo primo anno di pubblicazione. Il doppio LP dal vivo 8:30 vince il prestigioso Grammy Award come miglior disco del 1979.Night Passage (1980) è l’ultimo LP dell’epoca-Pastorius, anch’esso un capolavoro, sebbene Jaco appaia anche nel successivo Weather Report – Record (1982) nel quale ormai la formazione è al canto del cigno. Pastorius, desideroso di continuare in proprio la sua carriera musicale, abbandona i Weather Report e per un attimo si pensa di chiudere per sempre il gruppo.

Poi arrivano invece i contatti con il batterista Omar Hakim, considerato da Zawinul “un vero genio”, e di seguito con il giovanissimo bassista Victor Bailey, diciannovenne all’epoca, ed i due membri “storici” dei WR, Zawinul appunto e Shorter, decidono di proseguire.

Ed è una fortuna, perché la band ritrova momenti di grande espressività e creatività, riuscendo ancora una volta a regalare incisioni di grande spessore quali Procession (1983), Domino Theory (1984) e Sportin’ Life (1985), che è l’ultimo vero album dei Weather Report, intesi come sodalizio tra Joe Zawinul e Wayne Shorter. Nel successivo This Is This, uscito nel 1986, Zawinul, che ha sempre costituito l’anima più profonda del gruppo, ha già deciso di accentuare nella sua musica le influenze esotiche ed africane, ed ha introdotto un nuovo strumento, la chitarra elettrica, suonata nell’occasione da Carlos Santana, che di fatto emargina quasi completamente il sassofono di Shorter. E’ dunque finita l’epoca dei Weather Report. Vale la pena ricordare che fino a quel momento il gruppo è stato votato dal prestigioso staff di Downbeat come migliore band per 15 anni consecutivi, mentre Zawinul ha vinto il premio come miglior tastierista per 21 volte negli ultimi 23 anni.

E’ stato detto che Joe Zawinul abbia sistematicamente compiuto degli errori a livello di strategia commerciale nei momenti più importanti della sua carriera. Forse l’affermazione è un po’ esagerata, tuttavia contiene degli elementi di verità, e di certo dimostra la preponderanza dell’interesse del musicista per la ricerca e l’innovazione piuttosto che l’attenzione ai gusti del pubblico. Qualcosa di simile si era verificata già con i Weather Report, quando, nel 1978, subito dopo il successo clamoroso di Heavy Weather, era stato pubblicato un album difficile, sperimentale, dominato dai sintetizzatori come Mr. Gone. Così l’inizio del dopo-WR è segnato da iniziative “controcorrente”. Dapprima l’album Dialects (1985), troppo incentrato sui timbri digitali per incontrare il consenso del pubblico, che pur si aspettava molto dal primo lavoro solista di Joe Zawinul dal 1970. Successivamente la formazione dei Weather Update, nella quale appaiono “vecchi” componenti dei WR come Peter Erskine, Robert Thomas Jr. e Victor Bailey, affiancati dal chitarrista Steve Khan, che si dimostra per varie ragioni ben lontana dal raggiungere le performances della precedente band e che si esaurisce rapidamente dopo poco più di un anno di attività.

Joe Zawinul saprà continuare a produrre una musica di grande valore, saprà innestarsi nuovamente nel suo abituale ruolo di innovatore, soltanto sottoponendo a profonda revisione i propri canoni espressivi. Nella sua

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musica saranno sempre più presenti influenze esotiche, la sua ispirazione sarà sempre più tratta da una molteplicità di linguaggi musicali abilmente dissezionati e riassemblati in un mix assolutamente coerente.

La “svolta” diviene più percettibile nel 1988, quando esce il primo album (intitolato The Immigrants) della sua nuova (ed attuale) band, i Zawinul Syndicate, inizialmente caratterizzata dalla presenza del chitarrista Scott Henderson e di un altro bassista fenomenale, lo statunitense Gerald Veasley, virtuoso del basso a sei corde e dotato di grandissime doti ritmiche ed armoniche.

Dopo altre due opere importanti create durante la collaborazione con Veasley, Black Water (1989) e Lost Tribes (1992), Zawinul si dedica principalmente a frequentissimi concerti dal vivo, nonostante la sua età non più giovanissima, non disdegnando alcune collaborazioni in materia di musica classica con il pianista viennese Friedrich Gulda. Nel 1996 pubblica ben due dischi, uno con i Syndicate (My People, che riceve una nomination al Grammy come miglior album World Music), l’altro è addirittura una sinfonia, la prima sinfonia della World Music forse, scritta interamente da Zawinul e suonata da un’orchestra sinfonica, Stories Of The Danube.

Potrebbe sembrare il coronamento di una carriera incredibile, l’ora della pensione, insomma… e invece inizia per Zawinul un momento di intensissima attività dal vivo, con 80-90 concerti l’anno, assieme ai Zawinul Syndicate che, tra il 1996 e il 1999, sfoggiano musicisti di grandissimo rilievo internazionale, quali i batteristi Paco Sery e Kharim Ziad, i bassisti Victor Bailey (ex-Weather) e Richard Bona, i chitarristi Gary Poulson e Amit Chatterjee, il percussionista Manolo Badrena, anche lui nei Weather dal 1976 al 1978.

A sugello di questa incredibile stagione di musica, i Syndicate realizzano un doppio album dal vivo, World Tour, nel 1998, nel quale è possibile cogliere l’energia di una musica totalmente suonata, ed a livelli decisamente alti.

Attualmente Joe Zawinul, 68 anni, continua senza sosta la sua attività musicale, sempre con risultati assolutamente rilevanti. Nel 1999 ha composto un album, a scopo benefico, dedicato al campo di concentramento austriaco di Mauthausen. Nel corso del 2000 ha continuato il suo tour con i Syndicate, rinnovati dalla presenza del nuovo batterista, l’americano Nathaniel Townsley, esibendosi, oltre che negli USA, in America Latina, Europa ed Australia. Parallelamente è stato pubblicato un video, “Two Years with the Zawinul Syndicate” (AZ-IZ Music Productions) che documenta i tour mondiali del gruppo degli anni 1997-98, davanti e dietro le quinte.

Nell’agosto dello stesso anno ha presentato una variante ai Syndicate, un nuovo gruppo denominato “Zawinul Special Project”, con la partecipazione della vocalist Maria Joao e del virtuoso della fisarmonica Lelo Nika. E’ stato inoltre protagonista della manifestazione “La Notte della Taranta” a Melpignano (LE), nel corso della quale ha diretto un’orchestra locale ed ha tenuto a registrare alcuni suoni di strumenti a percussione tradizionali.

Per l’anno in corso è previsto un tour europeo dei Syndicate che saranno dotati di un nuovo bassista, Etienne M’Bappé, anche lui appartenente al gruppo di musicisti afro-francesi dal quale Zawinul ha già in passato più volte attinto (oltre a Bona ricordiamo il batterista Karim Ziad che lo ha accompagnato nei tour del 1998 e 1999), oltre alla pubblicazione di un nuovo album che dovrebbe essere pubblicato nel prossimo autunno.

Da segnalare, infine, la pubblicazione della prima biografia autorizzata di Joe Zawinul, scritta dall’esperto musicale Brian Glasser e pubblicata, per ora soltanto in Inglese, dalla casa editrice Sanctuary Publishing. Si tratta di un libro ben fatto e molto interessante, il primo tentativo di ricostruire in modo sistematicola storia di questo musicista per il quale la parola “leggendario” non sembra, per una volta, inappropriata.

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Mike Stern

Una tecnica imponente che unisce l'intensità del be-bop con il lirismo melodico ed assicura a Mike Stern di occupare la vetta tra i chitarristi jazz e fusion.

Biografia

Mike Stern ha costruito la sua carriera negli anni ‘70 e nei primi anni ‘80 suonando con Blood, Sweat & Tears, Billy Cobham e in particolare con Miles Davis ed ha dimostrato di essere un innovatore oltre che un musicista apprezzato dai colleghi e dai fan. Come ha affermato Guitar World: “Uno dei veri grandi chitarristi della sua generazione.” Nato nel 1953, Mike Stern ha cominciato a suonare la chitarra a 12

anni sotto l'influenza blues e rock di B B King, Clapton e Hendrix. Ha frequentato il Berklee College of Music di Boston all'inizio degli anni ‘70 e frequentando gli ambienti jazz di Wes Montgomery e Jim Hall ha acquisito il suo stile distintivo. Nel 1976, seguendo il consiglio di Pat Metheny, suo compagno di studi a Berkeley, Stern suona per due anni con i Blood, Sweat & Tears registrando due album. Dopo un periodo di collaborazione con il gruppo di Billy Cobham ha partecipato ad una tourné con Miles Davis nel 1981 ed ha partecipato a tre album tra cui l'album di ritorno al live di Davis, We Want Miles. Dopo quest'esperienza Mike si è unito nuovamente a Davis nell'85 dopo un periodo di tour con il gruppo ’ Word Of Mouth di Jaco Pastorius, quindi ha lavorato con il maestro del sax soprano David Sanborn e, più tardi, con il vibrafonista Mike Mainieri e con il sassofonista Michael Brecker. Il 1986 vede Stern al suo album di debutto Upside Downside, realizzato in collaborazione con Sanborn, Pastorius e con il batterista Dave Weckl. Successivamente Mike è stato membro del quintetto di Michael Brecker e ha costituito un gruppo itinerante con Bob Berg, con il batterista Dennis Chambers e il bassista Lincoln Goines, e si è unito alla Brecker Brothers Band nel 1992, un gruppo che ha guadagnato crescente popolarità negli anni successivi. Nel frattempo il successo di Stern con il suo album è tanto sorprendente da fargli guadagnare il premio come miglior chitarrista Jazz dell'anno e la nomination per Is What It Is e Between The Lines. I suoi ultimi successi - Play nel 1999 e Voices nel 2001 - sono ampiamente riconosciuti come i suoi lavori più corposi: il primo è un lavoro "a sei corde" con gli amici John Scofield e Bill Frisell, il secondo è caratterizzato da uno stile lirico e melodico con influenze musicali da tutto il mondo.

Nato a Boston il 10 gennaio del 1953, Mike Stern è uno dei chitarristi di primo piano della storia musicale moderna. Cresciuto Washington, è ritornato a Boston per studiare alla rinomata università di “Berklee college of music”, dove ha conosciuto Pat Metheny e Mick Goodrick. Sotto consiglio dello stesso Metheny, suo compagno di studi, nel 1976 suona per due anni con i Blood, e nel 1978, incontra Billy Cobham, grandissimo batterista e nome illustre del panorama jazz rock. La vera svolta nella sua vita artistica si verifica nel 1981, quando viene reclutato da Miles Davis, con cui lavora per tre anni incidendo gli album “Man with the horn”, “Star People” e “We Want Miles”. Nel 1983 incontra il bassista Jaco Pastorius, con cui compie un tour di un anno. Il 1986 è l'anno del debutto discografico con “Upside Downside”, cui partecipano molti dei musicisti con cui Stern ha collaborato fino a quel momento: Bob Berg, Dave Weckl, David Sanborn e Jaco Pastorius.

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Nel 1993 “Guitar Player Magazine” lo nomina miglior chitarrista. Nell’ultimo decennio, grazie alla sua attività discografica, che spazia dal jazz classico alla fusion, si è conquistato tre nomination ai Grammy Award con gli album “Is what it is”, “Between the lines” e “Voices”.

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Joni Mitchell Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Joni Mitchell, pseudonimo di Roberta Joan Anderson, (Fort Macleod, Alberta, 7 novembre 1943) è una cantautrice e pittrice canadese considerata tra le più rilevanti della storia della musica.

Dopo una gavetta tra café canadesi e locali statunitensi nei quali germogliava e veniva alla luce una nuova generazione di musicisti folk, Joni Mitchell ottiene il successo commerciale alla fine degli anni sessanta. Col passare del tempo, il folk verrà sempre più relegato al passato per dar spazio a nuove sonorità vicine al blues e al jazz che la porteranno a collaborazioni prestigiose con artisti del calibro di Pat Metheny, Jaco Pastorius, Herbie Hancock, Michael Brecker e il grande Charles Mingus.

Joni Mitchell non è solo nota per la sua musica e i suoi testi estremamente ricercati e poetici, ma anche per la sua passione e talento per le arti pittoriche. È lei stessa infatti a dire: "Sono prima di tutto una pittrice, poi una musicista...". Grazie a questo suo talento è lei a curare la grafica e le copertine dei propri album, utilizzando per la maggior parte

delle volte dei quadri ma spesso anche delle elaborazioni fotografiche.

La strada verso il jazz (1976 - 1977) Il rapporto con John Guerin termina, così come il tour, e Joni comincia a frequentare la casa sulla costa di Neil Young, sperando di vivere nuove esperienze e con una voglia crescente di viaggiare. Nella casa di Young arrivano due amici intenzionati ad attraversare in auto tutto il paese sino al Maine: Joni decide di unirsi a loro e una volta arrivata a destinazione ritorna indietro da sola. Joni Mitchell racconta: "Scrivevo i brani mentre viaggiavo da sola in macchina attraverso gli Stati Uniti, per questo motivo non c'è il pianoforte in queste canzoni." Le canzoni di cui parla Joni sono quelle che, assieme ad alcune già presentate live nel 1976, andranno a formare l'album Hejira. Joni registra l'album nell'estate 1976 con la band che l'accompagnava dal 1973, ma il suono che ottiene non la soddisfa più. Desiderava delle atmosfere che riflettessero lo spirito delle canzoni concepite "on the road". Dopo aver terminato le registrazioni dei nove brani che compongono Hejira, un amico le presenta un giovane e talentuoso bassista, Jaco Pastorius. Joni entra immediatamente in sintonia con il suo peculiare stile: per anni era andata alla ricerca di un suono simile e sentire Pastorius suonare è l'avverarsi di un sogno. Il basso di Jaco viene sovrainciso su quattro delle nove canzoni di Hejira, e l'album viene pubblicato il 22 novembre. Pochi giorni dopo i componenti di The Band danno inizio al loro concerto d'addio e Joni Mitchell partecipa all'evento, assieme a Bob Dylan,Van Morrison, Neil Young, Eric Clapton e altri artisti di spicco. Il tutto viene registrato dall'abile cinepresa di Martin Scorsese e dopo un anno e mezzo trasformato nel celebre film-documentario The Last Waltz. In questa occasione Joni si esibisce cantando nei cori di Helpless di Neil Young e poi, accompagnata da The Band, suona Coyote, Shadows and Light e Furry Sings the Blues. Hejira viene salutato come un ritorno alla lucidità da parte della Mitchell, rassicurando così critica e pubblico. Il disco arriva alla tredicesima posizione della Billboard chart e diventa disco d'oro dopo solo tre settimane di vendita. Durante il 1976 la sua voce è corteggiata dal caposcuola Jon Hiseman, che la convince a far parte della nuova progressive band Colosseum II. Nel primo album Strange new flash, l'apporto della jazz-vocalist canadese è notevole. Insieme alla maestria di Gary Moore, Don Arey, Marke Clarke e l'alienante Hiseman, completano un album di elevata caratura compositiva e tecnica. L'anno successivo, impegni d'oltreoceano costringono la cantante a congedarsi, lasciando dietro di sé l'unico album di successo dei tre prodotti dal gruppo.

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Nell'estate del 1977 Joni comincia a lavorare a quello che sarà il suo unico doppio album in studio. Disposta a rischiare per portare a termine il contratto con l'Asylum, raggruppa alcune canzoni scartate dai precedenti progetti e le rielabora con la collaborazione della band che aveva partecipato ad Hejira (compreso Jaco Pastorius) con l'aggiunta del batterista Don Alias e il sassofonista Wayne Shorter. Pubblicato nel dicembre 1977 col titolo Don Juan's Reckless Daughter, il lavoro è un tripudio di sperimentalismo, improvvisazione jazz, ritmi tribali e melodie oniriche (da ricordare Paprika Plains, un pezzo della durata di 17 minuti che ripercorre un sogno fatto dalla Mitchell). Ciononostante, il doppio LP riuscì a raggiungere la posizione 25 della Billboard chart e divenendo disco d'oro in tre mesi. Alcuni mesi dopo l'uscita di Don Juan's Reckless Daughter, Joni viene contattata dal grande jazzista Charles Mingus, rimasto colpito dal suo coraggio artistico. Mingus desidera la sua collaborazione nell'interpretazione musicale dell'opera Quattro quartetti di T.S. Eliot. Questa richiesta di Mingus porterà il decisivo cambiamento nella musica di Joni Mitchell, segnando ancora una volta una rottura col passato e con le aspettative del pubblico e della critica. La sofisticata signora del jazz (1978 - 1980) L'intenzione di Mingus era quella di riassumere il testo dell'opera di Eliot per poi comporre una partitura per orchestra, basso e chitarra. Joni avrebbe dovuto cantare alternandosi al narratore della storia. La Mitchell accetta inizialmente il progetto, ma desiste dopo aver letto l'opera; sarebbe stato più semplice riassumere la Bibbia, dice. Dopo alcune settimane Mingus la contatta per dirle che ha composto, espressamente per lei, sei melodie (provvisoriamente intitolate da Mingus Joni I-VI) per le quali avrebbe dovuto scrivere e cantare i testi. Joni accetta la sfida e si reca a New York, al Regency Hotel dove Mingus alloggia. Il jazzista, affetto da tempo dalla Sclerosi laterale amiotrofica che lo costringe su una sedia a rotelle, trascorre insieme alla Mitchell lunghi pomeriggi discutendo sulla musica che volevano ottenere. Joni segue poi Mingus e la moglie Sue in Messico, dove il maestro intende incontrare dei santoni che secondo lui potrebbero aiutarlo nella guarigione dalla terribile malattia. Nel gennaio 1979, Mingus muore prima di vedere l'album completato, anche se aveva già sentito e approvato tutti i testi scritti da Joni eccetto quello per God Must Be a Boogie Man. Dopo aver rivisto le versioni definitive delle canzoni, Joni intraprende l'arduo compito di scegliere una band adatta ad eseguire quel particolare tipo di musica. Alla fine scarta l'idea di una band acustica, nonostante quello fosse il desiderio del compianto Mingus e si serve di una formazione comprendente: Herbie Hancock alle tastiere, Wayne Shorter al sassofono, Don Alias alle percussioni, Peter Erskine alla batteria e Jaco Pastorius al basso. All'inizio del maggio 1979 Joni si esibisce assieme ad altri artisti di fronte al Campidoglio a Washington D.C. per un'iniziativa benefica contro l'uso indiscriminato dell'energia nucleare. Sempre a maggio lei e la band eseguono tutte le canzoni composte assieme a Mingus al UC Jazz Festival a Berkley. In giugno viene pubblicato l'album Mingus che debutta alla posizione 17 della Billboard chart, ma non ottiene praticamente alcun passaggio radiofonico. Mingus è inoltre l'unico album della Mitchell a non aver venduto almeno mezzo milione di copie. Nell'estate dello stesso anno Joni e la band (con anche i due giovanissimi Michael Brecker e Pat Metheny) iniziano il tour di supporto all'album Mingus che dura sei settimane e si conclude con cinque spettacoli al Greek Theater di Los Angeles. Queste esibizioni vengono registrate e filmate. A tour ultimato Joni passa circa un anno sui nastri dei concerti, creando un doppio album live e un film-concerto, entrambi intitolati Shadows and Light. Il doppio album, pubblicato nel settembre 1980, comprende anche una cover di Why Do Fools Fall in Love, vecchio successo di Frankie Lymon and The Teenagers. Shadows and Light è un live epocale, che vede Joni Mitchell all'apice della forma e che regala momenti indimenticabili quali la performance di Goodbye Pork Pie Hat, Amelia, Dreamland e Coyote.

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BIRELI LAGRENE Biografia (www.ponderosa.it/downloads/0000/0014/bireli_lagrene_bio_ita.pdf) (foto : http://www.spaghettitaliani.com/Musica/MusicCenter.php?as=Bireli%20Lagrene) A detta di John McLaughlin, Bireli Lagrene è un fenomeno della chitarra . Scoperto all’ inizio degli anni Ottanta, questo ragazzo prodigio ha saputo doppiare abilmente il capo della maturità musicale, affermandosi di giorno in giorno come un musicista impareggiabile nel mondo della chitarra come in quello del jazz, dove è ormai un personaggio di riferimento. La sua storia comincia in Alsazia dove nasce nel 1966 da una famiglia di musicisti. Iniziato prestissimo da suo padre e poi seguito dal fratello, Bireli sorprende per la sua precocità. Tanti rimarranno stregati dal suo fascino, tra questi Matelot Ferrè, compagno di Django Reinhard. Django in quegli anni è il grande affare di Bireli, che segue il maestro nota per not a. Quando ero un bambino mettevo un suo disco ancora e ancora fino a quando non riuscivo a riprodurlo perfettamente. Poi ho capito che rispettare i grandi chitarristi è molto meglio che imitarli . Quando si tratta di Bireli infatti, il virtuosismo non è nulla senza la freschezza dell_ ispirazione, è questa la lezione imparata da Django e che rieccheggia nei suoi primi album. Il primo, pubblicato nel 1980 Route to Django , presto seguito da Bireli Swing 81 e Bireli Lagrene 15; triologia in forma di manifesto libero secondo l’ etimol ogia stessa di “gipsy” : uomo libero. E così anche il jazz per Bireli si confonde in questa libertà originale, una libertà che non ha limiti, Django mi ha aiutato ad andare a vedere quello che accade altrove , spiega Bireli.

Se prima di tutto Bireli è figlio di Django, e se in ogni caso è stato segnato dall’ influenza di Wes Montgomery e George Benson, è a Jaco Pastorius e i Weather Report che deve gran parte della propria emancipazione musicale. A partire dal 1986 colui che già aveva collaborato con partners del calibro di Stephane Grappelli e Larry Coryell si butta a capofitto nell_ avventura fusion, moltiplicando le esperienze e gli incontri. Esita anche sullo strumento da adottare (sotto l’ influenza di Pastorius si era avvicinato al basso), ma è infine la chitarra a catturarlo definitivamente per un periodo di ricerca nel quale costruisce uno stile abbagliante, dimostrando incredibili capacità di adattamento, con un talento nell_ improvvisazione che lo porta tra i più grandi. Lo troviamo quindi al fianco di John McLaughlin, Paco de Lucia, Al Di Meola, Jack Bruce e Ginger Baker, per la reunion dei Cream con Stanley Clark, Miroslav Vitious, Lenny Whita, Mike Stern, senza contare due album registrati live con lo stesso Pastorius. Negli anni Novanta, il disco _ Acoustic Moments_ rappresenta sia la

perfetta sintesi d i questo percorso sia una pausa, prima della consacrazione ai classici che Bireli otterrà suonando Standards e con il Live in Marciac del 1994, osannati dalla critica. L’ ingresso di questo chitarrista nell’ etichetta Dreyfus Jazz corrisponde al suo riconoscimento sulla scena nazionale e internazionale. _ Django d’ oro_ nel 1993, Victoir e de la Musique nel 2001 per Front Page e ancora nel 2002 per Gipsy Project . A 35 anni, avendo indagato tutti i fronti della chitarra moderna, avendo collaborato con alcuni dei migliori jazz man francesi (Didier Lockwood, Richard Galliano, Sylvain Luc), Bireli Lagrene all’ apice della propria carriera decide di ritornare alla musica da cui tutto è iniziato. Ed è così con la sua audacia, tra virtuosismi e profondità, che Bireli Lagrene si ritrova oggi a riuscire a suonare la musica di Django pur rimanendo se stesso. Riconfermandosi nuovamente come uno dei più grandi eredi del maestro . Gipsy Project and Friends secondo album concepito da una formazione shock, prosegue una tradizione che Bireli ha sulla punta delle dita. Nel 2006 pubblica un doppio album. Il primo disco Djanology venne registrato con la tedesca WDR, formazione con la quale si era esibito durante la prestigiosa cerimonia della IAJE (International Association for Jazz Education) a New York nel gennaio 2006. Il secondo disco invece, Solo To Bi Or Not To Be , è interamente solista e registrato live. Si tratta di un doppio album a celebrare i quaranta anni di uno dei più grandi chitarristi contemporanei, premiato con il Django D_ oro Musiques sans Frontiers nel 2007. Sempre nel 2007 per _ Just the Way you Are_ Bireli si è circondato dei suoi fedel i compagni, Diego Imbert (contrabbasso), Hono Winterstein (chitarra), Frank Wolf (sax soprano, tenore e baritono) e di Andrè DD Ceccarelli alla batteria. Un nuovo lavoro di Bireli uscirà nell’ autunno del 2008, con un gruppo elettronico nel quale ritroviamo il giovane prodigio Hadrien Feraud (basso), Damien Schmitt (batteria), Michael Lecoq (tastiere), Franck Wolf (sassofono) e DJ Nanga (sampler e scratch).

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[Pat Metheny Group : Pat metheny,Lyle Mays,Mark Egan,Dan Gottlies] (Ecm) 1978 di Davide Rovati ( courtesy http://www.ondarock.it/jazz/recensioni/1978_metheny.htm)

Negli ultimi anni, Pat Metheny è tornato di moda – ammesso che abbia mai conosciuto periodi “minori”. È di pochi mesi fa l’uscita del nuovo "Metheny-Meldhau", mentre il suo celebre Group ha ricominciato a sfornare lavori di grande caratura, ultimo fra questi lo splendido "The Way Up", datato 2005. Vale quindi la pena ripercorrere la storia di questo musicista che ha segnato, nel bene e nel male, la storia del jazz negli ultimi 30 anni; e in particolare vale la pena riprendere in mano il primo leggendario disco del Group, che, per chi scrive, rimane l’opera migliore incisa da Pat. Era il 1978 quando Pat Metheny, chitarrista bianco con all’attivo un paio di dischi da solista (il primo registrato con l’ausilio di un certo Jaco Pastorius), iniziava un fruttuoso sodalizio con il pianista Lyle Mays e formava il Pat Metheny Group insieme al bassista Mark Egan e al batterista Dan Gottlieb.

Il primo omonimo album di quella formazione è rimasto il manifesto di uno stile che alla tradizione del jazz deve ben poco, ma è sradicato anche dai collegamenti con rock, funky e ritmi esotici che tanto affascinavano i santoni della fusion in quel periodo: l’arte di Metheny e soci rifiuta la dimensione puramente fisica, corporale della musica e si configura, invece, come la trasposizione sonora di un paesaggio imprigionato in un acquerello impressionista. Da un punto di vista tecnico, piuttosto che porre l’enfasi sul groove, tutto si gioca sulle timbriche e sul fraseggio, con l’obiettivo di ricreare un’atmosfera limpida, cristallina. Capolavoro nel capolavoro è "San Lorenzo", dieci minuti paradisiaci in cui è Mays a farla da padrone, grazie a un’improvvisazione particolarmente lirica e intensa. Il tema, magnifico nella sua semplicità, viene riproposto ciclicamente all’interno del brano. La struttura è molto aperta, basata sulla stessa elementare progressione di accordi, per lasciare libertà e spazio ai solisti. Il “trucco” viene ripetuto nell’altra mini-suite, "Phase Dance". "Jaco" è invece più genuinamente jazz e presenta anche un tema più vivace e ritmato. "April Wind" è un breve intermezzo per sola chitarra che funge da preludio ad "April Joy", altra vetta del disco, stavolta con Metheny sugli scudi e una struttura ben più complessa, con richiami addirittura al progressive-rock. A chiudere l’album una "Lone Jack" quasi be-bop, una specie di paradosso se si considera ciò che abbiamo ascoltato in precedenza: ma più probabilmente è l’ennesima riprova del desiderio di Metheny di venire “accettato” dai puristi del jazz, che hanno sempre storto il naso di fronte al suo stile così innovativo e anticonformista. Non sempre, nel corso degli anni, Metheny e Mays sapranno ripetersi su questi livelli, a discapito della notevole popolarità che conosceranno alcuni dei loro dischi (su tutti "American Garage", del 1979). Inizieranno a sperimentare con diversi formati e generi, allontanandosi sempre di più dal punto di partenza della loro collaborazione. Forse anche per questo motivo "Pat Metheny Group" rimane un disco unico, epocale; una luce abbagliante in un momento in cui il jazz viveva la prima grande crisi della sua storia, conteso fra un anacronistico revival acustico e un disorientato movimento elettrico

1. San Lorenzo 2. Phase Dance 3. Jaco 4. April Wind 5. April Joy 6. Lone Jack

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PAT METHENY

Polistrumentista e compositore (courtesy http://www.cinziaricci.it/filmes/musica-patmetheny.htm)

(Kansas City, Kansas, USA, 12 Agosto 1954)

Patrick Bruce Metheny, cresce nel Missouri a Lee’s Summit (vicino a Kansas City). Studia al Berklee College of Music e subito si distingue per le sue doti straordinarie di chitarrista. Si avvicina al jazz ascoltando John Coltrane e Ornette Coleman. Appena diciannovenne, incontra il celebre vibrafonista Gary Burton al festival di Wichita e lo convince a dargli un posto nel suo gruppo. Mentre fa gavetta esibendosi con musicisti del calibro di Steve Swallow, Eberhard Weber e Mick Goodrick, registra con Bob Moses e Jaco Pastorius (considerato il più grande bassista elettrico del Novecento) il suo primo album da solista, BRIGHT SIZE LIFE (ECM, 1975).

Nel 1976 inizia la collaborazione con il tastierista e compositore Lyle Mays. L’anno dopo nasce il Pat Metheny Group, uno dei pochi esempi di formazione jazz capace di raggiungere il grande pubblico senza rinunciare alla sperimentazione e alla qualità della musica. Composto da Steve Rodby (basso), arrivato nel 1981, Paul Wertico (batteria) e lo stesso Mays, il Pat Metheny Group è una delle band più originali della fusion con cui Pat Metheny si esibirà instancabilmente durante tutti i tours che lo porteranno ovunque nel mondo, partecipando ai festival e suonando nei club di più di 40 paesi.

Durante il periodo di permanenza all'ECM (etichetta di riferimento per il jazz e la musica contemporanea), Metheny esce con numerosi album, sia come solistica che accompagnato dalla sua band, e grazie al successo di THE PAT METHENY GROUP (1978) s’impone all’attenzione del grande pubblico.

Virtuoso della chitarra (tutti i suoi strumenti sono costruiti appositamente per lui da liutai di fiducia), compositore capace di coloriture multiple, oltre i generi, produttore innovativo, pioniere e massimo specialista della synth guitar (chitarra sintetizzatore), Metheny passa attraverso le collaborazioni più varie: da Joni Mitchell (SHADOWS AND LIGHT, 1979) a Milton Nascimento (ENCONTROS E DESPEDITAS, 1985).

Negli anni Ottanta diventa uno dei chitarristi più amati incidendo con jazzisti di fama indiscussa quali Dewey Redman, Michael Brecker, Charlie Haden, Jack DeJohnette (80/81 e RAJOICING, entrambi ECM), con il suo idolo Ornette Coleman (SONG X, 1986), ed anche con David Bowie (“This Is Not America” è un brano che lo fa entrare nelle classifiche pop).

Nel 1989 il minimalista Steve Reich scrive per lui e gli fa eseguire una visionaria composizione, “ELECTRIC COUNTERPOINT”.

Ma il suo album più noto, quello che lo ha reso popolare anche fra chi non ama particolarmente il jazz, la fusion o la cross-over più colta, minimalista, confinante con l’avanguardia e la new age, è OFFRAMP (1983), un autentico capolavoro ricco di suggestioni soprattutto nei primi tre brani che aprono il disco.

Dotato di un bagaglio tecnico impressionante, aspramente criticato dai “puristi” che, forse a ragione non lo riconoscono come jazzista puro, alterna i suoi lavori di più facile ascolto (THE ROAD TO YOU e WE LIVE HERE) a progetti di ricerca come ZERO TOLERANCE FOR SILENCE, album di noise improvvisation, e LIVE AT KNITTING FACTORY realizzato con il chitarrista radicale inglese Derek Bailey.

Straordinario talento naturale come sideman, Metheny esce spesso dai cliché musicali propri o a lui attribuiti, avventurandosi nelle più svariate atmosfere e sonorità, come in TILL WE HAVE FACES, e mostra grande

intelligenza e adattabilità di stile, come in TALES FROM HUDSON.

Nel 1993 firma un buon lavoro con l’amico John Scofield, I CAN SEE YOUR HOUSE FROM HERE, poi si cimentata anche con il cinema firmando le colonne sonore di alcuni film di grande successo (nel 1996, ad esempio, compone e incide le musiche di “Passaggio per il paradiso” in cui non si limita a suonare la chitarra, ma partecipa come polistrumentista).

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Firma il suo addio all’etichetta Geffen con il più sperimentale album del Pat Metheny Group, QUARTET. Prosegue poi con altre partnership fra cui una con Charlie Haden insieme al quale realizza il suggestivo BEYOND THE MISSOURI SKY, dedicato al suo paese.

Infine, dopo tante collaborazioni e sperimentazioni, qualche titolo inutile o insipido ed album assolutamente indimenticabili prodotti con il suo gruppo, nel 2003 sorprende tutti pubblicando ONE QUIET NIGHT, un album intimista e melodico per sola chitarra baritono, nel quale propone un repertorio di cover e sue composizioni - ed è ancora un successo.

Nella sua prolifica e bella carriera, Pat Metheny ha vinto ben 7 Grammy Awards per altrettanti album consecutivi. Un record.

C. Ricci

Bob Mintzer a Lamezia Jazz

Con una programmazione concertistica versatile e ben congegnata, la Rassegna Lamezia Jazz, il cui coordinatore artistico è Tommaso Colloca, ritorna a far parlare di sé con una pluralità di appuntamenti di grande spessore artistico. Bob Mintzer ha raggiunto una maturità espressiva davvero interessante, grazie soprattutto ad una ricerca sonora in continua espansione, necessaria per non cadere nel pericolo della sclerosi e dell’impasse creativo. Un poeta autentico; un musicista in grado di regalarci una serata di quelle che restano impresse nella memoria. Mintzer è un solitario che porta avanti la sua ricerca musicale in piena sintonia con le sue acquisizioni teoriche; padrone assoluto dei suoi sassofoni, sa tirarne fuori tutto quanto è possibile con un fraseggio limpido, disteso; la sua sonorità è pura, cristallina, le sue costruzioni improvvisative sono pienamente consequenziali alla sua elevata tecnica. La sua personalità è di quelle che incidono profondamente. Il sax di Mintzer oggi è una sorta di soundtrack di immagini del grande Jaco Pastorius, proiettate sulla sua fantastica musica : un elaborato supporto artistico che Mintzer porta con sé, per il proprio personale atto di riverenza ad un musicista con cui egli stesso ebbe l’onore di collaborare. Giovanni Mazzarino al pianoforte, Stefano Senni al basso e Paolo Mappa alla batteria danno al quartetto quella competenza e quel sound raffinato per una musica affascinante e di grande mordente. Solista versatile influenzato dal sax tenore di Michael Brecker, Bob Mintzer si è fatto le ossa suonando con Deodato, Tito Puente (‘74), Buddy Rich, Hubert Laws e la Thad Jones/Mel Lewis Orchestra (‘77) finché, nel ‘78, ha iniziato a formare gruppi per conto proprio. Non ha comunque smesso di suonare con altri, come Jaco Pastorius, Mike Mainieri, Louie Bellson, Bob Moses e the American Saxophone Quartet, venendo anche invitato da varie Orchestre Filarmoniche. Verso la metà degli anni ‘80, a New York, ha dato vita ad una sua Big Band. Componente di the Yellowjackets a partire dal ‘91 (il suo clarinetto basso sa aggiungere una nota profonda di colore al gruppo), negli ultimi 10 anni ha inciso regolarmente per la DMP ma nel ‘98 è passato alla TVT pubblicando

Quality Time. (Cortesy http://www.larivieraonline.com/public/giornale/0721/lariviera35.pdf)

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