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Catarsi #3 INSIDE

INSIDE - Numero #3

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Terzo numero del Magazine ufficiale di MOTOASI.IT

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Catarsi

#3INSIDE

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INDICEEditoriale 3Seconda casa 6Reg. Frinco 17Più gonfio che mai 28Le mille ed una notte 42My damn accident 53Sesto senso 56Improve Yourself 64Preparazione Atletica 65Che dire? 66Otherside 69Instavideo 73Focus On - Catharsis 773 Domande a bruciapelo 82Doc’s Speech 84MOTOASI Holeshot 86It’s up to you! 87MOTOASI Cares 88L’estate laziale di MOTOASI 90What’s App? 93Contattaci 99

Copertina: L’elisoccorso pre-leva un pilota infortunato a Frinco

Immagine di Roberto Cortese

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EditorialEdi RobeRto CoRtese

Emozioni, sensazioni, stati d’animo. Ovvio, il lato positivo è più piacevole da ascoltare e da raccontare.

Il lato negativo, invece, ci costringe a riflettere: i momenti bui, di smarri-mento, le sensazioni di vuoto e di do-lore che fanno parte della vita di ognu-no di noi. Sembra di morire ogni volta.

Costantemente dietro l’angolo quando tutto sembra andare per il verso giusto. Impossibili da superare se non attraversandoli in pieno, gettando il cuore oltre l’ostacolo.

Poi, silenziosa, subentra la catarsi, quello stato d’a-nimo cui puntano i tragediografi fin dall’antichità classica, il quale ci permette di guardare le cose in prospettiva, di liberarci dalle nostre passioni, di cre-scere, di assimilare il momento negativo appena tra-scorso per renderci migliori. Qui ad INSIDE siamo dei positivisti, però non perdiamo di vista l’impor-tanza degli insegnamenti che si possono trarre dagli episodi dolorosi o complicati che la vita non manca di offrirci.

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Ecco perché, in questo numero, ci sarà spazio per diverse storie difficili da leggere. Difficili anche da accettare. Ma sono storie che sono (o sono state) complicate da vivere innanzitutto. Speriamo che leg-gendo ed impersonando i protagonisti, se ne possa trarre quantomeno un insegnamento, nonostante siano spesso racconti che toccano nel profondo per quanto abbiano influenzato, e talvolta rovinato, la vita dei protagonisti.

Credo però fermamente che portare avanti un proget-to editoriale come questo, il quale punta alla sensibi-lizzazione verso determinati temi e che per certi versi mira anche all’educazione di un gruppo (almeno mi piace pensarlo), credo allora che in questi casi sia ne-cessario ascoltare il finale triste. Ovvero cosa sia suc-cesso se, quella domenica, fossi rimasto a terra invece che essermi rialzato, oppure quando abbiamo dovu-to guardare qualcosa di talmente forte che avremmo preferito voltarci. Non guardare però, sarebbe sta-to anche peggio in un certo senso, perché avremmo ignorato una parte di quello che il Motocross porta con se. Temo che sia troppo semplice girarsi quando si pone un problema oppure una situazione di cui è difficile concepirne l’esistenza. Guardiamo in faccia i nostri problemi, le nostre paure: solo così riusciremo a superarli.

Ecco dunque cosa leggerete in questo numero: co-minceremo come sempre dai racconti dei nostri ra-gazzi durante le gare di Vigliano Biellese, Frinco, Casale Monferrato e Brandizzo; andremo, a vedere

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come stanno i piloti infortunati e seguiremo i soliti consigli tecnici/atletici per milgiorare le nostre pre-stazioni in gara.

Sarà poi il turno di due ragazzi (un crossista e un quad-dista), i quali ci racconteranno cosa significhi convi-vere con una disabilità congenita oppure provocata da un incidente sul proprio mezzo; accanto alla loro esperienza, cercheremo anche di capire quale sia la prospettiva di chi, come un genitore, una compagna o una sorella, è onnipresente in pista, pur dovendo convivere con la consapevolezza di avere una perso-na cara a rischio nel tracciato. Il Focus On di questo numero si concentrerà, invece, sull’illegalità nonché dell’inopportunità di chi voglia entrare in pista da spettatore. Le nostre tre domande scomode ci chia-riranno invece il ruolo dei genitori in pista durante le gare dei piccoli. Avremo anche una nuova rubrica, tenuta da Francesco Pasquero, uno dei medici che se-gue più spesso le gare di fettucciato, il quale ci fornirà spunti utili su cosa fare e cosa non fare in caso di in-cidente, di modo da non compromettere la salute dei piloti. Poi aggiornamenti dal Lazio, tutte le puntate passate in TV negli ultimi due mesi, i video realizzati da voi, le immagini da Instagram e molto altro.

Un numero corposo e che avrà bisogno di tempo per essere digerito, buona lettura!

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SEconda caSadi Genny billotto, immaGini di RobeRto CoRtese

Era il lontano 1967, quando, con l’acquisto di un ter-reno impervio e scosceso, il mio grande papà Gian-carlo Billotto, ex pilota di motocross con all’attivo gare disputate in tutta Italia e con risultati degni di un grande campione, inizia la sua gara più importan-te.

La strada da percorrere è davvero molto lunga, ma, lavorando domeniche su domeniche con l’aiuto di tanti appassionati, qualcosa si inizia ad intravedere e ad ogni pezzetto costruito la soddisfazione allevia le fatiche. Nel 1982 la pista risulta finita, sebbene la parola fine sia un po’ riduttiva in quanto i lavori per la manutenzione non terminano davvero mai.

Oggi, dopo tutti questi anni, siamo ancora qui, più motivati e determinati che mai, sia dai tanti tentati-vi di farci chiudere i battenti, sia dalle tante petizioni depositate da chi non ci voleva, ma anche dalle per-sone che hanno tentato di trovare qualcosa che non andasse nella nostra passione e nel nostro contribu-to per i giovani. Hanno tentato invano di metterci i bastoni tra le ruote tante, forse troppe volte; da veri combattenti quali sono i motocrossisti, non abbia-mo ceduto, neanche quando il giorno precedente ad

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un campionato provinciale hanno mandato in fumo tutti i nostri ricordi. Ebbero infatti il coraggio di bru-ciare la nostra casetta in legno, non riuscendo però, neanche questa volta ad arrestarci. Per la cronaca, nonostante l’incidente, con molta fatica e altrettan-to orgoglio, abbiamo portato a termine la gara rego-larmente.

Sono cresciuta in questa pista a pane e polvere; Ron-co è ormai come la mia seconda casa, la meta di tante emozioni e tanti bei ricordi importanti anche e so-prattutto dalle gare organizzate.

E’ vero, lo devo ammettere, le manifestazioni susci-tano una marea emozionale, ma al contempo fatica nell’organizzazione; forse da spettatore e da pilota non ci si rende davvero conto dei sacrifici e della lo-gistica che c’è alla base di tutto, soprattutto quando non è il tuo primo e unico lavoro.

I permessi al comune, la sicurezza dei piloti garanti-ta dalle autoambulanze, dal personale medico e dai commissari di percorso, i volontari della protezione civile, il cuoco ma soprattutto la cosa più importan-te: la manutenzione della pista. Noi non ci affidiamo a personale esterno ma è super Billo a preparare la pista tutte le settimane e quindi anche per le gare. Il tutto dando il massimo affinché i piloti corrano al sicuro e rimangano piacevolmente soddisfatti.

Capite dunque che chi organizza le manifestazioni è chi si gode meno la gara: la tensione nella speranza che tutto vada per il meglio, la fretta di soddisfare le

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esigenze di tutti. Nonostante tutto, però il boato dei motori alla partenza, le urla della gente che danno forza ai piloti arriva anche a noi, forse in particolar modo a me, che non vivo a pieno la gara occupando-mi della logistica e organizzazione esterna.

L’emozione più grande però, sono i sorrisi e la felici-tà dei bambini al momento della premiazione: i loro occhi pieni di sentimenti valgono più di mille parole e di tanti gesti.

Dare la coppa a un bambino mi da soddisfazione e speranza che siano loro il futuro del Motocross.

Questo sport mi ha insegnato tanto, ha caricato il mio bagaglio di conoscenze, per questo non lascerò che i tanti sacrifici fatti da mio papà svaniscano, por-terò avanti questa grande fonte di emozione, questa pista anche nel nome di una persona a noi cara, che troppo presto è mancata al nostro affetto, colui che porta il nome del nostro grande gruppo, dell’associa-zione sportiva Valgrande, Coda Giulio.

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rEg. Frincodi daniele Cantino e nadia CaRiola

immaGini di RobeRto CoRtese

N - Finalmente, il tanto atteso 14 luglio, per noi frin-chesi, è arrivato.

D - Per chi conosce la gara di Frinco non sarà una novità, ma per chi non l’ha mai vissuta e nemmeno corsa, è qualcosa da assolutamente provare, sia per l’organizzazione del tracciato sia per i servizi di con-torno, tutto curato nei minimi dettagli. Sto parlando del fettucciato che si tiene a Frinco nel periodo esti-vo. Questa gara per me di casa è una soddisfazione che mi porto dietro e che ho ereditato dai ragazzi più grandi del paese che già da circa 30 anni hanno con-ferito a questa gara un livello di organizzazione pari ad una pista. Per farvi capire, cancelletto di partenza da ventisei posti, pista fresata e irrigata il meglio che si può! Tutto questo è possibile grazie al sacrificio che portano alcune persone del paese, le quali dedi-cano quasi tutta la settimana precedente a piazzare il cancelletto di partenza, a picchettare, a fettuccia-re, a preparare i salti (si perché noi abbiamo anche i salti). Quest’anno abbiamo avuto qualche problema perché il giovedì precedente alla gara, nel campo di grano in cui si e corso, c’era ancora il grano da mie-

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tere. Abbiamo quindi dovuto fare i salti mortali per svolgere tutti i lavori il sabato invece di distribuirli con più calma durante la settimana.

D - Vivere da corridore e da organizzatore una gara è una cosa che non auguro perché rappresenta un grande dispendio di tempo ed energie; tipicamente si arriva il giorno della gara che si è già stanchi. Il momento migliore arriva tutti gli anni, quando, il sa-bato sera, si intravedono i primi camper e furgoni che arrivano; in quel momento si capisce che ne è valsa la pena. Si corre poi a casa a preparare gli ultimi dettagli e a caricare la moto; una bella cena con un bicchiere di birra, un paio di sms a qualche pulzella e poi ci si corica nel letto, non a dormire ma a fan-tasticare di quello che sarà il giorno successivo. Con grosse difficoltà ci si addormenta e in un battibaleno è giorno! Primo pensiero “oggi c’e il Frincross!”. In piedi in un lampo, si mangia qualcosa di colazione e si corre subito in pista quanto movimento c’è.

N - Sveglia presto e ritrovo alle nove al campo, men-tre il caldo inizia già a farsi sentire, ma le cose da fare sono tante e non abbiamo neanche il tempo di pen-sarci.

D - Come sempre il colpo d’occhio è stupendo, il pra-to pieno di furgoni, camper e moto ovunque. Ci si sistema tra gli amici e la festa incomincia. Iscrizio-ne da Daniela e da Yves sempre sorridenti anche alle nove del mattino: una battuta veloce e si va a monta-re il trasponder sulla moto. Dopo circa un’ora escono

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gli orari delle qualifiche, sale un po’ di tensione ma nello stesso momento vieni a sapere quanti piloti ci sono in gara. Nel 2012 ne abbiamo avuti più di due-centocinquanta, ovvero come nelle gare di regionale più affollate. Quest anno ci aggiriamo sui centocin-quanta, che è sempre un bel numero se si pensa che è un fettucciato.

N - Si inizia dalle iscrizioni e ad ognuno consegno, con l’aiuto di Silvia, rispettivamente la bottiglia di vino ai più grandi e la t-shirt ai più piccoli. Che me-raviglia vedere arrivare dei bimbi carichi a molla per questa gara! La lunga fila di piloti inizia piano piano a calare mentre raggiungono la loro postazione nel paddock e, con l’aiuto della fidanzata, degli amici o dei genitori, iniziano a prepararsi.

N - Finalmente ho un attimo libero per conoscere gli organizzatori di MOTOASI.IT; Yves assegna a me e Silvia i prossimi compiti per le prove: lei segna sugli elenchi i piloti che arrivano al preparco; io, invece, attendo il segnale del direttore di gara e faccio entra-re i piloti in pista. Così per ogni categoria, anche per quelli più piccoli che mi emozionano sempre.

D - Moto a puntino, forma fisica quasi e tanta voglia di entrare in pista. E’ così che tra una risata e l’altra è davvero ora di entrare. I dieci minuti di qualifica finiscono in pochi giri e rimangono solo un po’ di de-lusioni per non aver potuto fare il giro migliore; col male alle braccia ci si avvia verso la tenda.

N - A prove terminate, faccio un giro nel paddock e

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sento i commenti dei piloti: chi si trova bene, chi si trova male, chi è stanco, chi ha caldo e così via, ma nessuno si tira indietro. E’ proprio questo il bello del motocross, più è dura e più si va avanti!

D - Dopo essersi ripresi dal solleone di mezzogior-no, la testa e già lì al cancelletto a trovare la posizio-ne migliore per uscire primi in fondo al rettilineo di partenza, dove si deve staccare per ultimi. Finalmen-te è ora di divertirsi, di andare a mangiare polvere a palate; è ora della prima manche.

N - Si parte con le manche, Silvia riprende la sua po-stazione ed io stavolta, con il direttore di gara e il cartello dei 15\5 secondi, a ogni partenza, vado di fronte ai piloti, abbastanza distante per essere vista da tutti. Aspettiamo il via libera di Luca che passa a controllare che tutti i piloti siano schierati corretta-mente al cancelletto.

N - Il direttore di gara mi da l’ok e alzo il cartello, dei quindici secondi, giro il cartello, cinque secondi, si abbassa il cancelletto e via, partono con tutta la grin-ta che hanno in corpo.

D - Lo vedi laggiù, tenuto su dall’amica di infanzia, quel magico cartello rosso su cui scritto quindici. Se-conda dentro e si parte, un pelino male ma non trop-po; dopo, l’inferno della expert, categoria che con-ta parecchi piloti con esperienza. Io, non avendo un allenamento adeguato, cerco di stare davanti con i primi anche se per sfortuna cado nei primi giri vani-ficando una buona posizione, peccato.

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D - La voglia di lasciarsi alle spalle quella prima man-che è tanta e per fortuna la gara di casa mi viene in soccorso: c’è chi, tra la prima manche e la seconda, dorme, mangia o guarda le altre gare. Io invece ho avuto la possibilità di andarmene a casa e guardarmi la Moto GP sul mio divano. Vedere la gara sortisce un ottimo effetto perché torno in pista con la voglia di infilare in staccata anche Lorenzo! Mi preparo per la seconda manche, cancelletto, launch control e via con un’altra bella partenza. Questa volta porto a casa un bel quarto posto e soprattutto la convinzio-ne che con i primi ci sono stato tranquillamente. La tensione comincia a diminuire e, anche se non sono salito sul podio, ci si è divertiti tanto. Si, perché la cosa principale è divertirsi e stare in mezzo a belle persone, le quali, dopo la giornata di gara, ti invitano al loro furgone a mangiare pane e salame oltre che a bere un bicchier di vino in compagnia.

N - Sono tre anni che seguo il fantastico mondo del motocross, ma un’esperienza così bella non l’avevo ancora vissuta. Solo alla sera mi sono resa conto di quanto sole avessi preso: ovviamente pelle arrossa-ta, mal di testa, ma rivivrei quella giornata ancora un numero infinito di volte! Ora non mi resta che aspet-tare il 2014, per rivivere tutto e per essere di nuovo monsterina per un giorno!

D - Ci si saluta tutti e con un grande abbraccio si spe-ra di rivedere tutti il prossimo anno. Dopo, ovvia-mente non è finita, bisogna ancora smontare tutto!

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Più gonFio chE mai

di aliCe d’amiCo, immaGini di RobeRto CoRtese

Domenica 21 luglio 2013, tra il caldo e le zanzare, si è svolta la seconda prova di campionato regionale femminile a Casale Monferrato. Meno gente del soli-to: tanti avranno preferito andare al mare.

Per tutta la settimana precedente ho avuto un pro-blema all’occhio e mi dicevo “speriamo che mi passi entro domenica”, ma niente: proprio domenica ave-vo l’occhio più gonfio di tutti gli altri giorni. Iniziavo bene la giornata! Per fortuna, a compensare questo punto negativo, ce n’era uno positivo: era la prima gara con la moto nuova, un KTM 125 2014. Fin lì l’a-vevo provata solo a Cadrezzate, quindi su un terreno completamente diverso.

Ore 11.15, prove libere: con le altre ragazze (Elisa Nardin e Rossella Fantoni) avevamo deciso di far partire prima tutti e poi partire noi per avere meno pressione. Primi due giri tranquilla, giusto per vede-re la pista e prendere un po’ la mano con la moto, o meglio “il bolide”. La pista era bella, leggermente bagnata e teneva bene, la moto perfetta. A questo punto bisognava solo dare gas.

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Ore 14.50 prima manche: mentre ci schieravamo die-tro al cancelletto, l’ansia già era alle stelle. Legno sot-to al piede (purtroppo i miei 160 cm di altezza non sono sufficienti per toccare) e raccomandazioni del papy. Cartello dei quindici secondi, cinque, dentro la seconda e via! Partenza da dimenticare e di conse-guenza tante sassate sulle mani. A metà gara circa iniziava un forte mal di stomaco: forse mangiare i profitteroles prima della manche non era stata una buona idea. Se non altro concludevo sana e salva.

Giusto il tempo di farmi una doccia ed era già ora di prepararsi per la seconda manche. Stesso cancelletto della prima, occhio più gonfio che mai, bandiera ver-de, ed ecco il cartello dei quindici interminabili se-condi, poi cinque, il cuore a mille e via. In un attimo tutta l’ ansia che avevo addosso era sparita. La pista era più bucata e più scivolosa di prima, ma come sem-pre mi sono impegnata e ce l’ ho messa tutta, senza rischiare più di tanto, concludendo in prima posizio-ne.

E’ stata la prima volta che sono salita sul gradino più alto del podio e l’emozione è stata veramente forte! Mi sono divertita molto (in fondo è questo ciò che conta) e dato che la prima gara con la moto nuova coincide con la prima vittoria, sono molto soddisfat-ta. Spero di continuare così, migliorando di volta in volta.

Ringrazio mio papa che mi ha dato e continua a darmi la possibilità di praticare questo meraviglioso sport. So che lui, quando mi vede andare forte, si gasa più di me.

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my damn accidEnt

di Giovanni Guru valenzani

Ricordo come se fosse oggi quel terribile 27 aprile 2008. Iniziai la giornata alla grande chiudendo al se-condo posto le batterie di qualifica, ma nonostante tutto non ero affatto tranquillo, anzi essendo proprio nella pista di Bellinzago Novarese, quella di casa, ero piuttosto nervoso. Tuttavia il momento di preparar-si e schierarsi al cancelletto era arrivato: i quindici secondi, la tensione e l’adrenalina allo stesso tempo iniziano a salire, il ronzio dei motori ti fa battere for-te il cuore e ti carica a dismisura, i cinque secondi e l’innesto della seconda marcia, lo sguardo concen-trato sul cancelletto, che ad un tratto scende e per magia fa diventare te e la tua moto una cosa sola, contro tutto e tutti.

Quel giorno però, la mia determinazione e la voglia di curvare per primo alla fine di quel maledetto retti-lineo non bastò: un mio rivale urtò il manubrio del-la mia adorata Yamaha togliendomela dalle mani; nell’arco di un secondo svanì tutto, mi trovai cata-pultato in altro mondo, a terra tra la polvere, le moto che volavano, nel vero senso della parola, e altri pilo-

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ti che non riuscirono a evitare la mia gamba sinistra. All’improvviso il nulla. Il silenzio più totale e lo stor-dimento della botta. La bandiera rossa per bloccare la gara, il paddock che corre in mio aiuto mentre rea-lizzi che stai tentando di alzarti, ma non senti più la tua gamba. Tragico il trasporto all’ospedale Maggiore della Carità di Novara e la diagnosi: frattura multipla scomposta frammentata di Tibia e Perone.

Le ore e i giorni successivi all’incidente sono stati tragici, dolorosissimi: non solo fisicamente, ma so-prattutto a livello morale; volevo vendere tutto, non saperne più di ruote tassellate, ma forse era solo il momento. Infatti, non appena superata l’operazione e i giorni successivi di convalescenza, tornato a casa, la prima cosa che ho fatto è portare dal meccanico quella moto stupenda che non riconoscevo, per farla tornare come un tempo.

Lentamente il tempo passava e la gamba sembrava non guarire mai. Trascorsi nove mesi, senza vedere uno spiraglio di luce verso la guarigione, decido, su consiglio di un caro amico, di consultare uno specia-lista. Arriva così l’ennesima sorpresa, un’altra bot-ta al cuore: l’operazione precedentemente eseguita a Novara ha portato più danni che benefici: l’errata tecnica adottata ha portato la mia gamba in pseudo-artrosi: dovevo tornare sotto i ferri, in quella terri-bile stanza verde acqua. Questa ha così aperto una lunga serie di operazioni per rimediare il danno fatto dalla prima.

La fortuna sicuramente non è stata dalla mia parte:

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le viti che si rompono, le piastre che devono essere rimosse in quanto l’osso deve respirare. Quando tut-to sembrava andare nel verso giusto, dopo tre lun-ghi anni, le placche messe dalla quarta operazione si tranciano.

Il mondo mi crolla nuovamente addosso, ma la tena-cia e la determinazione da vero crossista unite alla forza d’animo di Genny, la mia fidanzata, mi consen-tono di tenere duro e prendere coraggio per affronta-re l’ennesima operazione, questa volta con una nuo-va tecnica: quella del fissatore esterno.

Una tecnica innovativa, molto dolorosa, ma che dopo lunghi anni, riempie di positività le mie emozioni, forse però pregustate troppo presto. Ero quasi alla fine del mio calvario, quando la sfortuna è tornata a trovarmi: un infezione colpisce una parte di osso in via di guarigione. L’ennesima operazione, la sesta e l’infezione che viene rimossa. Si ricomincia tutto da capo. Un’altra volta.

Attualmente sono ancora in fase di guarigione dopo cinque lunghissimi anni, ma la passione e l’amore che mi lega al motocross è ancora viva oggi come ad allo-ra e forse ancora di più. Non ho perso l’entusiasmo, la tenacia e la voglia di vivere l’emozione di una gara: non solo da pilota, ma anche da spettatore e mai la perderò. Non vedo anzi l’ora di risalire.

Tanti si chiedono come faccio, se sono matto, ma forse questo fa parte del DNA di chi pratica questo splendido sport, il motocross, la mia vita.

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SESto SEnSodi andRea de beni

L’handicap e il motocross sembrano due temi poco concilianti tra loro. Può, anzi, sembrare, di voler far combaciare con la forza due robe che sembrano ave-re tutta l’intenzione di respingersi: può qualcuno che proprio a causa di una moto ha perso l’uso delle gam-be - per citare il risultato finale più frequente - vole-re ancora ripercorrere quel genere di rischio? La ri-sposta è sì. Spiegarla è difficile perché è evidente che la velocità non è solo un gusto personale, una roba per pochi intimi, ma qualcosa che risiede nell’essere umano da sempre, come può esserlo uno qualunque dei nostri cinque sensi: accanto al gusto, al tatto e alla vista, io ci metto anche la velocità. Che poi uno l’abbia più o meno sviluppata, come dote, questo è un altro discorso.

Sono disabile dalla nascita, quindi non sono passa-to dal trauma di una vita che cambia da un momen-to all’altro per sempre. Ammiro con tutto me stesso chi questo dramma lo ha superato e capisco chi in-vece non ce l’ha fatta e si è chiuso in se stesso: non è per tutti avere una vita dopo una morte che non c’è stata e va capito anche questo finale, in quel film che è la vita. Io di traumi ne ho avuti tanti, tutti in-

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finitamente piccoli se paragonati a quello che deriva da un incidente in moto, ma ognuno di loro, come una goccia sulla pietra, ha fatto il suo sporco lavoro. Fortunatamente, l’energia di questo lavorio durato un’adolescenza intera è stata convogliata nella dire-zione migliore possibile, quella positiva, e non tutto il merito è stato del sottoscritto ma anche di chi gli è stato intorno: amici, parenti, fidanzate o persone del tutto ignare di avere avuto un peso nella storia. Ad esempio, una ragazza. Una sconosciuta. La vidi anni fa nel centro INAIL di Budrio e non aveva le gambe. A dirla tutta non aveva neanche le braccia. Era una persona come le altre ma totalmente dipendente dal mondo esterno. Senza le sue quattro protesi, veniva spostata come si sposta un vaso di fiori. Un fiore a cui si tiene molto, ovviamente. Lei faceva una cosa che, a dodici anni, mi cambiò per sempre. Una cosa semplice. Rideva. E lo faceva con gusto, non per di-mostrare di dover scavalcare delle difficoltà attraver-so il fatto di violentarsi di positività. Rideva e basta, era felice. Guardai la mia protesi alla gamba destra, non le rivolsi la parola per l’imbarazzo e capii che, in fondo, io non avevo veramente niente per cui valesse la pena perdere del tempo in lamentele. Iniziai a gio-care a basket in quell’estate e a tutt’oggi non mi sono ancora fermato. Sono passati ventun’anni.

In bicicletta non ci sono mai andato. In scooter non ci sono mai dato. Il “Ciao” non l’ho mai avuto e ne-anche il Booster, l’F10, la Vespa o l’Aprilia RX. Ma la moto mi è sempre piaciuta. A dire il vero, mi piace-

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va il motocross. Lo guardavo in tivù: seguivo Puzar quando la Rai ancora saltuariamente trasmetteva quelle due gare all’anno.

Quando il quad ha cominciato a diffondersi ho pen-sato che fosse l’occasione giusta per me per “andare in moto”. Chi va su due ruote storcerà il naso ma chi come me non ha un cervello dotato del concetto di equilibrio, capirà che il quad contiene nella sua natu-ra quel qualcosa che obiettivamente non ha eguali: la libertà e l’indipendenza di andare ovunque senza dipendere da nessuno. Non è poco. A venticinque anni, con l’acquisto del mio primo 250, ho vissuto in una botta il significato dell’avventura; quello della bici che ti porta a fare il giro dell’isolato quando fai le elementari, della marmittina scoppiettante quando sei alle medie, l’elaborazione spinta e le dita sporche di olio, i novanta in discesa, qualche cappottone di troppo e, finalmente, il fuoristrada.

Il suo utilizzo si trasforma: da mezzo di trasporto “casa-lavoro” a strumento per mille endurate con tanti amici motociclisti, fino ad arrivare alla pista. Iniziano le prime gare e capisco che attorno al quad c’è un mondo acerbo: le leggi che lo governano, in special modo quelle legate al suo utilizzo da parte di disabili, sono confuse, contorte, assurde, anche un po’ illecite, ingannevoli. Alcune cose anziché avvici-nare, allontanano. E non va bene: io godo nell’andare in quad e penso che altri non godano quanto me non tanto per l’impossibilità di farlo quando per il mare di roba che passa tra il voler provare e la pratica con-

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creta. Così nasce il primo team di disabili in quad: si chiama Garpez, come quella gamba trasportata da Aldo, Giovanni e Giacomo nel loro pindarico viaggio verso sud, e ha una mission, ovvero far capire che si può fare, che non è difficile, che il quad è per tutti e ti permette di fare qualsiasi cosa tu ti senta di fare quando sei seduto lì, con il tuo manubrio tra le mani.

Gli anni passano e nel team si avvicendano tanti ra-gazzi, ognuno con la propria enorme storia umana. Ognuno di loro lascia il segno non solo con me ma con chiunque gli entri in contatto: per uno che en-tra nel team ce ne sono chissà quanti che mollano la carrozzina per un attimo e si decidono finalmente a dare un po’ di gas. O magari a darlo di nuovo. Gente che non conosceremo mai. E allora, il cane finalmen-te torna a mordersi la coda, riprendendo il discorso dall’inizio: tassello e handicap sono compatibili? Sì. Ma con le dovute attenzioni.

Il disabile, per quello che è solo una personale, opina-bile, esperienza, sembra spesso scegliere di schierarsi in due categorie, come se il seguito di un infortunio venisse chiuso con la consegna di due buste: busta “A” e busta “B”. C’è quello che si nasconde in un buio solitario, che fa della sfiga la propria raison d’etre, e quello che invece vuole andare anche oltre rispet-to a quanto faceva nella sua vita precedente perché lui è Superman. Inutile dire che in quanto estremi, ognuno di questi due profili porta con sé qualcosa di sbagliato. La verità non sta né con l’uno né con l’al-tro profilo e il tema della sicurezza inizia a prendere

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forma: se è vero che si stava meglio prima di un grave infortunio e che l’ipocrisia di parole come “diversa-mente abile” (come se l’abilità di andare in carroz-zina fosse una scelta consapevole!) è anche vero che la vita di una persona con disabilità può conservare innumerevoli esperienze letteralmente meraviglio-se. Allo stesso tempo, le uniche cose da dimostrare non stanno nel confronto con gli altri, ma principal-mente con noi stessi: Hermann Buhl, scalatore au-striaco che per primo vinse la sfida del Nanga Parbat in Himalaya, disse nel ‘54: “Non scalo le montagne per scoprirle. Le scalo per scoprire me stesso perché quando arrivo in cima, conosco ogni volta una nuova parte di me”. Così dovrebbero essere un po’ tutte le sfide: il disabile non è né un eroe né un martire dei nostri tempi ma semplicemente una persona con le proprie - spesso diverse - peculiarità e come tale va trattato dagli altri e anche da se stesso.

Muoversi con sicurezza in un campo da cross o in un bosco o ancora in un fettucciato, con il quad, è possibile e può anche risultare un’esperienza agoni-sticamente interessante, a patto che non si scordino mai le proprie origini, le proprie peculiarità fisiche e i propri obiettivi: il margine d’errore è la chiave. Se chi può contare su di un corpo senza handicap ha del margine per sbagliare e recuperare l’errore o l’impre-visto, il disabile vede questo stesso margine assotti-gliarsi. Osare non vuol dire trovare il limite assoluto, quello dato da un salto, da una salita impossibile o un guado profondo, ma vuol dire trovare un equili-

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brio perfetto tra ciò che gli elementi esterni possono offrire e ciò che il nostro corpo ha da dare. Elemento di congiunzione è evidentemente la nostra testa, l’o-rigine della forza di ognuno di noi, intesa soprattutto come volontà e capacità di superare ostacoli, fatiche e differenze. La sicurezza nel mondo del motocross è una chimera: impossibile controllare qualcosa che presenta e presenterà sempre delle componenti in-controllabili, che si tratti di elementi meccanici o di altre persone presenti nello stesso luogo, nello stes-so momento. Ovviare del tutto è impossibile e se si ha paura, meglio stare a casa ed evitare di fare altri danni. Fondamentale, ancora di più se si è portatori di handicap, è invece conoscere se stessi, i propri li-miti, le proprie capacità e i propri margini di miglio-ramento nonché le aree in cui si è carenti: allenarsi e bruciare benzina a profusione non deve essere qual-cosa di circoscritto alla pura prestazione in termini di tempo ma quanto più un fattore qualitativo. Mi alleno perché vado meglio e se vado meglio vado più forte, mi diverto di più e prendo meno rischi, come diretta conseguenza. Niente di strano, anche se si hanno due gambe e due braccia e un cervello che fun-zionano alla perfezione, insomma. Solo che se invece ci si trova con un pezzo o due in meno lungo il corpo, tutto appare ancora più evidente, tutto qui. A dirla tutta più che evidente, questo processo è quanto mai obbligato.

Handicap e tassello possono coesistere. Eccome. Pos-sono farlo in pista, in gara o a passeggio per una stra-

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da bianca. Prima di farlo è necessario solo conoscersi un po’ e imparare ad avere a che fare con noi stessi: il normodotato, forse, può permettersi il lusso di non farlo, annegando il proprio carattere dentro signifi-cati quali “talento”, “velocità”, “tecniche” e quant’al-tro. Il disabile, se vuole avere un’esperienza di guida e trarne giovamento, è costretto a sporcarsi le mani, a guardarsi dentro scoprendo non sempre cose posi-tive nell’immediato, come ad esempio l’impossibilità di affrontare certe situazioni. Solo una conoscenza personale vera e profonda può portare a cose come la consapevolezza del proprio limite, di quel margine da tenere sempre in considerazione e di quei talenti che tutti noi abbiamo. Da lì in avanti la strada è tutta in discesa e diventa un enorme rettilineo da affron-tare in pieno, ricco di soddisfazioni e di traguardi che sembravano impossibili, vissuti rigorosamente in piena e cosciente sicurezza, nel rispetto di noi stessi e degli altri.

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ViEnici a troVarE in

Strada San giorgio ciliano 9

San giuSto canaVESE

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imProVE yourSElF

di andRea niGRo

L’estate volge al termine ma il caldo in pista e la pol-vere ci terranno ancora compagnia per parecchio tempo, almeno fino a quando non ricomincerà di nuovo la stagione delle piogge (speriamo il più tar-di possibile). Dunque, dato che il tema della polvere sarà ancora di attualità nel futuro prossimo, abbia-mo pensato che potrebbe essere utile dare qualche consiglio su come pulire il filtro della vostra moto. Anche in questo caso, ci scontriamo con una tema-tica spesso fraintesa e sistematicamente sottovalu-tata; godiamoci dunque il video di questo numero e se avete domande o dubbi, non esitate a venirmi a trovare in sede o in pista!

link!

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PrEParazionE atlEtica

di andRea Caponio

In questo numero vi vorrei coinvolgere riguardo ad un tema che nella mia esperienza personale è spesso trascurato troppo serenamente da parte dei piloti: il riscaldamento. Non scaldarsi accuratamente prima di ogni manche, qualifica o allenamento specifico in sella alla moto, è davvero qualcosa al limite del maso-chismo. Ovviamente non ce ne rendiamo conto, però il rischio che si corre nell’entrare in pista da “fred-di” è davvero elevato. Per questo motivo, nel video di questo numero, trattiamo di una serie di esercizi molto semplici che però ci consentono di affronta-re la prossima fatica in modo un po’ più consapevo-le ed esponendoci al tempo stesso in misura mino-re agli infortuni. Penso soprattutto a questo genere di riscaldamento nella stagione fredda, ma anche in piena estate preparare la muscolatura allo sforzo non nuocerà affatto. Spero che farete buon uso dei consigli che vedrete al link qui sotto e se avete qual-che domanda non esitate a scrivermi all’indirizzo [email protected]

Buon allenamento!

link!

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chE dirE?di ezio e ilaRia CasaleGno

Brandizzo, 27 luglio 2013. L’episodio è tutto racchiuso nell’immagine che riportiamo qui sotto. Durante la pri-ma manche della categoria Sport, Michele Greco, pilota con la tabella 410, cade subito dopo il traguardo. Poi, solo un nugolo di persone che si accalcano e tentano di entrare in pista mettendo a rischio se stessi oltre ai piloti che stavano per concludere la manche.

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Abbiamo chiesto un opinione sull’accaduto ad un papà che, proprio in quel frangente drammatico, aveva suo fi-glio in pista.

Sono stato interpellato per dare una mia opinione sulla sicurezza in pista durante le gare, soprattutto dopo i fatti accaduti a Brandizzo e non solo: il mio primo pensiero è stato “che dire?”

Io sono il padre di un ragazzo di diciannove anni che da circa quattro partecipa alle gare; la passione per i motori gliel’ho trasmessa io, proprio come tanti geni-tori o fratelli. Talvolta infatti penso: ”avrò fatto bene o avrei dovuto lasciar perdere?”. Non mi sono ancora dato una risposta, certo è che sono orgoglioso di mio figlio, dei sacrifici e della passione che ci mette nel praticare questo sport; così come stimo l’impegno di tutti i piloti, dai sei anni fino ai settanta (ed oltre).

A volte, però, per noi i pensieri non sono sereni ed è forse per questo che, quando siamo a bordo pista du-rante una qualunque gara, sia di regionale, di fettuc-ciato o altro, siamo ansiosi, euforici, di tutto e di più. Sicuramente l’ansia sale ad un livello altissimo quan-do il proprio pilota o pilotessa è più piccolo d’età; da fuori lo seguiamo con lo sguardo, con la mente e con il cuore sperando che non commetta errori e non suc-ceda nulla di male.

Quando succede l’inevitabile, quindi una caduta, una scivolata o un contatto, vorremmo essere lì vicino a loro per sorreggerli, aiutarli e magari imprecare con-

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tro l’altro pilota che, pur involontariamente, ha pro-vocato la caduta. Questo succede se sei padre, ma-dre, sorella, fratello o anche solo un semplice amico. La voglia di correre in pista ed aiutare il proprio caro, ma non solo, di aiutare qualunque pilota sia in diffi-coltà, è sempre molto forte. Però noi dobbiamo fare di tutto per resistere, pensando che in mezzo al trac-ciato potremmo creare solo dei problemi e le conse-guenze potrebbero essere gravissime sia per noi che per tutte le altre persone che arrivano a soccorrere il malcapitato.

Concludendo, posso solo dire a tutti i parenti ed ami-ci che quando accade un imprevisto pensiamo sem-pre bene a cosa è più logico fare e tiriamo il freno a mano aspettando così che i soccorritori facciano il proprio lavoro (che è sicuramente meglio di cosa po-tremmo fare noi).

Grazie per la vostra attenzione, spero di avervi fatto riflettere con le mie semplici parole, a presto in pista.

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othErSidEdi ChiaRa aGostinetti

21 Luglio 2013. Una tragica notizia: Andrea Anto-nelli, grande promessa della classe supercampione della SBK, ha avuto un terribile incidente nella tap-pa di Mosca e purtroppo ci ha lasciati. Un altro dei tanti, un altro motociclista, un altro del nostro mon-do. Questo è il pericolo che si corre ogni volta che si mette il casco e si accende la moto. Perché se in questo mondo non ci sei dentro non puoi capire le gioie, i dolori, le sconfitte, le vittorie e purtroppo gli incidenti. Le persone che non hanno a che fare tutti i giorni con un motociclista, li vedono come dei mar-ziani con le tute colorate, gli stivali ed i caschi stra-ni. Posso assicurare che dentro a quei caschi ci sono anime buone, bambinoni con un sorriso splendente che rischiano tutto per passione, per amore di “un ammasso di ferri”, come a volte viene chiamato.

Convivere con questa gente un po’ strana è una cosa stupenda: a poco a poco si iniziano a capire gli sguar-di preoccupati, i sorrisi per nascondere l’ansia. Si ini-zia a comprendere anche che talvolta è bene stare un passo indietro per evitare di essere ingombranti, pur essendo pronti a intervenire. Bisogna convivere con la polvere, con il fango, con le lacrime amare di una sconfitta, trattenere i pianti e dare a forza a chi, in

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quel momento, ha subito un incidente. L’ansia e la paura in pista non mancano mai.

Fate caso ai volti delle persone, soprattutto alle mam-me, alle fidanzate, alle mogli, alle sorelle, alle figlie. Ogni volta che parte la manche del loro eroe, sono tese ed impaurite. È proprio così si mascherano le paure dietro a grandi sorrisi, dietro a grandi silen-zi. Salire in moto con la persona amata per andare al cancelletto e stringerla più forte di qualsiasi altra cosa per paura gli succeda qualcosa e poi quei secondi che scorrono prima della partenza. L’ansia della pri-ma curva, il mucchio che si forma, tanti piloti a terra e subito ti sale l’ansia sperando che non ci sia lui.

Si convive con queste emozioni sia positive che ne-

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gative. Quando lui esce dalla pista, finita la manche, non ti interessa quanto fango abbia addosso, quanto sia sudato, vuoi solo abbracciarlo perché anche que-sta è andata bene ed è ancora intero.

A volte però intero non torna e tu sei lì che vuoi aiu-tarlo, perché vederlo soffrire è la cosa più brutta del mondo. Non ci puoi fare nulla, puoi solo parlargli, op-pure ascoltare il suo respiro stando in silenzio perché non c’è altro da fare che aspettare, che sperare, che trattenere le lacrime. Oppure la notizia arriva quan-do tu sei a casa e non hai potuto tenergli compagnia in quella gara. Arriva la tremenda notizia e subito non capisci più nulla, lui è lontano e tu non lo puoi raggiungere; cerchi di farti forza, di non crollare e gli prometti che ci sarai nei giorni difficili.

Sentire la sua voce che dice: “Io in moto ci torno, non so quando, ma lì ci risalgo” e poi arriva il bel giorno in cui finalmente, dopo tutta la riabilitazione, si ri-torna in pista, si tira giù la moto dal carrello. Lo vedi sorridere, gli vedi gli occhi lucidi come un bambino che ha visto una meraviglia. Si veste, si infila il casco ed entra. La forza nel ricominciare tutto dopo mesi di stop, la volontà nel cercare di fare del suo meglio, la voglia di lei e del suo profumo come se fosse una persona. Tutte le ragazze, donne, che da un po’ vivo-no in pista riescono a capire tutto ciò e a leggere ne-gli occhi di chi sta intorno a loro. I volti seri di chi è demoralizzato e ha solo bisogno di un abbraccio per tirarsi su; i volti preoccupati dei bimbi per aver fatto una brutta manche ma che in realtà sono stati tutti bravissimi e hanno solo bisogno di essere consolati;

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i volti felici di chi ha vinto e ha bisogno di sentirsi dire “ bravo”; i volti di chi si è fatto male ed ha solo bisogno di sentirsi dire “ tornerai più forte di prima”.

Il motocross potrebbe sembrare un semplice sport ma è anche un mix di emozioni che tutte insieme sono difficile gestire, anche se dopo tanti anni ci fai l’abitudine. Ci fai l’abitudine anche a vedere persone con le ossa rotte ma una parola, anche la più banale, le può aiutare a superare il tutto e a rimettersi in sel-la il prima possibile, ci si abitua agli abbracci prima della manche, alle parole di consolazione.

Ci si abitua talmente tanto a questo mondo, che è difficile farne a meno. È bene che, al fine di evitare gli incidenti, vengano prese le dovute protezioni. È pie-no di persone che praticano questo sport, anche a li-velli alti, che non fanno uso di pettorine e protezioni varie. La maggior parte delle volte queste aiutano ad evitare danni permanenti ed anche i pianti, le notti insonni e le preoccupazioni di chi sta accanto. Oltre alle protezioni va ad aggiungersi la sicurezza in pista ed il rispetto del regolamento. La parte meno diver-tente di questo sport è vedere che non vengono ri-spettate le bandiere gialle. La bandiera gialla signifi-ca che un altro pilota poco più avanti si è infortunato o ha avuto problemi alla moto. Voi questo non potete saperlo, quindi saltare con le bandiere gialle mette a rischio sia il pilota, sia gli eventuali soccorritori. Ed un giorno potreste essere voi quelli in pericolo per un comportamento del genere. Mi raccomando ac-cendete il cervello prima di aprire il gas. Fatelo anche per noi, ve ne prego.

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inStaVidEodi luCa lombaRdi

Sono trascorsi già due mesi ed ancora non abbiamo visto alcun video su Instagram! Le possibilità per raccontare qualcosa sono ancora più ampie grazie a questo nuovo strumento, quindi perché non usarlo?

Vi ricordo brevemente come potete partecipare: una volta scattata la foto con Instagram, sarà sufficiente aggiungere l’hashtag relativo alla gara a cui state par-tecipando per vedere la vostra immagine sulla nostra pagina. Di settimana in settimana vi ricorderemo quale sarà l’hashtag relativo alle gare del weekend sulla pagina facebook. Attenzione che la finestra di invio è compresa tra sabato e lunedì! Vi aspettiamo numerosi!

link!73 - Inside Luglio - Agosto 2013 - Numero #3

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#motoasiarzignano

by cikita22_2

Frincross 2013

#motoasifrinco

by fabietta_2

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#motoasifrinco

by francogsp

Go!! #motoasifrinco

by francogsp

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Umbrella boy! #mo-toasifrinco

by francogsp

#motoasivigliano #kx125 #viglianobi-lese

by simonesimbula52

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FocuS on - catharSiS

di RobeRto CoRtese

Entrare in pista durante una gara è vietato. Si, lo sa-pevamo già. E’ vietato per legge. Questo forse no.

Credo che sia ora di dare un taglio a tutte quelle sce-nette a cui ogni domenica siamo costretti ad assiste-re:

- “Posso entrare in pista?” - “No” - “Perché no?” - “Perché non si può stare”

Semplice no?

Se tale risposta può sembrare poco esauriente, ci penserò io ora a fugare i dubbi per cui nessuno pos-sa sostare in un tracciato durante una manifestazio-ne crossistica, il che, per inciso, include anche i com-missari di percorso, i soccorritori ed il direttore di gara. Ecco la prossima domanda. “Ma come? Se non stanno neanche i commissari di percorso, chi pen-serà a sbandierare?”. Calma, ci arriveremo.

Esiste un organo, a livello provinciale, che si chiama

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Commissione di Vigilanza sui Locali di Pubbli-co Spettacolo. Mai sentito nominare vero? Bene, eccoci a capire per quale motivo esista tale ufficio in ogni palazzo della provincia. Quotando direttamente da uno dei siti di Polizia Amministrativa, ecco quali sono i compiti di detto organismo:

La Commissione Provinciale di Vigilanza sui teatri ed altri locali di pubblico spettacolo è chiamata ad esprimere un parere tecnico in materia di agibilità ai fini della sicurezza nei locali di pubblico spettaco-lo e/o trattenimento; tale parere costituisce il pre-supposto necessario a termini di legge ai fini dell’e-missione del provvedimento autorizzativo.

Alla Commissione spettano inoltre compiti di vigi-lanza e di controllo successivi per accertare il per-manere degli standard di sicurezza verificati.

Sono sottoposti alle verifiche della Commissione non solo i locali di spettacolo in senso stretto (cinema, teatri, discoteche) ma anche tutte le strutture, com-prese quelle precarie, nelle quali vengono svolte atti-vità di spettacolo e/o trattenimento in senso ampio (impianti sportivi - sale mostre - sale conferenze).

La Commissione esprime il proprio parere anche in relazione alle attrazioni viaggianti ed ai percorsi sui quali vengono svolte gare motoristiche.

Chiaro no? La commissione si occupa, dunque, di dare il nulla osta per lo svolgimento di qualunque at-

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tività di intrattenimento pubblico, sia esso all’aper-to o al chiuso. Questo ci porta quindi al nostro caso specifico, ovvero sia l’ingerenza delle singole piste nel richiedere alla Commissione il permesso per po-ter effettuare la gara. E cosa potrà mai verificare que-sto gruppo di vigilanza se non che venga rispettata le regolamentazioni in materia? Per inciso, dato che troppi non ne sono a conoscenza, la legge prevede che durante una gara, su un circuito motociclistico siano presenti solo ed esclusivamente moto. Dura lex, sed lex. Ecco dunque spiegato il motivo per cui si dice ai commissari di percorso di sbandierare senza entrare in pista. Perché è reato. Solamente il personale me-dico è autorizzato (dal direttore di gara) all’ingresso in pista nel caso in cui venga sospesa la gara per inci-dente occorso in un punto critico del tracciato.

Esiste poi un secondo livello di accesso che la Com-missione deve verificare e cioè quello del pubblico. Nessuno, infatti, eccezion fatta per il personale di servizio, è in alcun modo autorizzabile all’ingresso a bordo pista. Questo sembra sufficientemente logico in quanto, per una qualsivoglia casualità, qualunque pilota potrebbe commettere un errore e colpire co-lui il quale sosta a bordo pista. Per questo, ancora una volta, la regolamentazione in materia asserisce che sia reato per chiunque appartenga al pubblico entrare nel perimetro di sicurezza predisposto dal gestore della pista. Gli unici che possono farlo, be-ninteso temporaneamente e in maniera circoscritta alle manche dei Mini, sono i papà, i quali, sono mo-

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mentaneamente insigniti del ruolo di commissario di percorso, al fine di coprire sistematicamente tutto il tracciato.

Dunque, ricapitolando, sia il fatto di entrare in pi-sta, sia l’ingresso dentro al perimetro di sicurezza, è reato. Se non fosse però che la responsabilità di tale violazione ricade sugli organizzatori, non avrei mo-tivo di rimarcarlo. Se fosse come superare un limite di velocità per strada, dove chi commette l’infrazio-ne è responsabile e paga, sarebbe semplice.

Qui no. In questo caso, voi commettete il reato e la responsabilità è degli organizzatori. Ma ovviamente questi ultimi non vogliono pagare per qualcosa che non commettono, dunque vi rispondono cortese-mente di stare fuori dalla pista. Semplice no? Dun-que, la prossima volta, prima di chiedere “Perché no?”, proviamo ad usare ciò che abbiamo appoggiato sulle nostre spalle e rammentiamo che, entrando nel tracciato, faremmo correre un rischio a chi fa di tut-to per farci divertire organizzando una gara.

A titolo di esempio, porto un paio di casi che sono as-solutamente di ispirazione in questo senso. Paroldo, primo luglio 2012, e Vigliano Biellese, giusto la setti-mana prima dell’uscita di questo numero di INSIDE. Genitori e compagne che purtroppo vedono il pro-prio caro coinvolto in un incidente apparentemen-te molto grave (caschi rotti e perdita di conoscenza prolungata). Nonostante la visibile preoccupazione, non entrano in pista. Decisione difficile perché è un

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momento in cui vorremmo stare il più vicino possi-bile al nostro caro. Per fortuna però, in ambo i casi, tutti erano consapevoli di ciò che era giusto fare in quel frangente e non sono entrati nel tracciato se non nel momento in cui il direttore di gara sospende la gara. Sarebbe il massimo se fosse sempre così: la giusta riconoscenza nei confronti di chi rischia del proprio prendendosi la responsabilità di organizzare gare e campionati.

Dunque ora sta a voi: vogliamo continuare a far fun-zionare il giochino? Rispettiamo la legge.

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3 domandE a bruciaPElo

di luCa lombaRdi

Siamo di nuovo in compagnia di Yves Valenza, Co-ordinatore Nazionale del Settore Motociclismo di MOTOASI.IT. Vista la serie di accadimenti legati a cadute ed infortuni dei piloti appartenenti alle classi Mini 65-50 e 85, abbiamo pensato che un chiarimen-to riguardo alla presenza dei genitori a bordo pista avrebbe potuto aiutare. La comprensione del motivo e delle condizioni a cui si debba sottostare per essere parte del personale autorizzato all’ingresso nel cir-cuito è di fondamentale importanza.

I papà possono stare a bordo pista?

La risposta a questa domanda è si: per regolamen-to abbiamo previsto l’ingresso di alcuni padri, ben-ché momentaneo. Detta presenza è circoscritta solo ed esclusivamente alle manche delle categorie Mini; anzi, è gradito l’aiuto dei papà anche quando non sono direttamente interessati per la presenza del/dei proprio/i figlio/i in pista. L’ingresso in qualità di commissario di percorso temporaneo è infatti previsto perché, in questo modo sarà possibile controllare in

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maniera più capillare l’intera lunghezza del tracciato. Non si sta a bordo pista per vedere meglio la gara o per fotografare; l’incarico è assegnato solo ed esclusi-vamente per rendere più efficace il compito dei com-missari.

E le mamme?

Per regolamento devono restare, come peraltro tutti gli altri spettatori, fuori dalla pista, alle spalle delle strutture predisposte per la sicurezza del pubblico.

In caso di infortunio cosa devono fare i genitori a bordo pista?

Assolutamente nulla. Per ogni gara è prevista la pre-senza di personale medico autorizzato e competente per quanto riguarda il primo soccorso. Ciò che posso-no fare i genitori è, eventualmente, segnalare un pi-lota non in grado di uscire dalla pista autonomamen-te. In tal caso e solo con l’autorizzazione del direttore di gara, scatta l’ingresso nel tracciato del personale sanitario. E’ però importante che i genitori presenti a bordo pista non spostino il pilota in alcun modo in quanto possono solamente aggravare la situazio-ne. Personalmente capisco l’apprensione che possa avere un genitore in quei momenti difficili, però è importante capire che le cure migliori per il proprio pilota sono quelle del personale medico. Dunque, in-vito tutti ad evitare interventi maldestri o non au-torizzati in pista al fine di poter dare le migliori cure possibili all’infortunato di turno e nel pieno rispetto della legge.

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doc’S SPEEchdi fRanCesCo pasqueRo

Fango, polvere, sudore e divertimento accomunano uno sport genuino e divertente. Come ogni compe-tizione, l’agonismo la fa da padrone in un quadro di rispetto delle regole, vittorie e sconfitte. In queste poche righe cercherò di porre l’accento su un aspet-to riguardante la sicurezza in pista dal mio punto di vista, quello del medico di gara. Io sono quel picco-lo puntino giallo a bordo pista o vicino all’ambulan-za pronto a rattoppare, medicare o, in casi più gravi, effettuare tutto il necessario per i partecipanti della gara: mamme, papà, bambini e chi più ne ha più ne metta.

Le gare a cui ho prestato il mio servizio, che ad oggi sono già un buon numero, prevedono anche le com-petizione dei 50-65/85cc pilotate da agguerritissimi e simpaticissimi bambini. Figli di altrettanto agguer-riti padri, da cui hanno evidentemente ereditato la passione per il tassello. Cari papà, gli organizzatori cercano in tutti i modi di tenere il più lontano pos-sibile gli spettatori dalla pista. Tale provvedimento risulta fondamentale al fine di mantenere un elevato livello di sicurezza. Mi spiego meglio. Accade, molto spesso in conseguenza di una caduta di un piccolo

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partecipante, che il padre interessato, scatti come un levriero dopo lo sparo del direttore di gara a soccor-rere ed aiutare il proprio figlio a ripartire. Questo è assolutamente sbagliato! Sono condivisibili la preoc-cupazione, la tensione e la soddisfazione nel vedere il proprio pargolo davanti a tutti, ma ci sono persone abilitate al controllo della pista nei punti più perico-losi e pronte a segnalare a noi qualsiasi problema.

Gli incidenti sono rari: il 99% delle volte ci si rialza molto arrabbiati per l’errore fatto e si inizia a calciare sulla pedivella per riaccendere la moto. Esiste però quell’1% per il quale molti anni fa sono stati fondati i sistemi di soccorso e gli ospedali. In caso di caduta con delle complicanze quali fratture vertebrali, com-mozioni cerebrali, etc, l’ultima azione da intrapren-dere è mobilizzare il traumatizzato. Spostando il soggetto, infatti, si può peggiorare la situazione ,tra-sformando un banale trauma in un problema di na-tura nervosa irreversibile. Equipe di esperti hanno redatto e perfezionato nel tempo protocolli operati-vi per spostare un paziente su una barella spinale o, addirittura, per togliere un casco.

Quindi cari genitori, il mio consiglio è di lasciar ri-solvere la caduta autonomamente ai vostri piccoli o, nel caso questo non accadesse (scongiurando questa eventualità), di lasciare al personale addetto il pro-prio compito di soccorso. L’intera equipe è lì solo per voi e tutto ciò che esperite voi, lo proviamo anche noi perché anche nelle nostre vene scorre un po’ di benzina!

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motoaSi holEShot

di yves valenza

Pausa estiva per le gare di Regionale, ma nonostante tutto, abbiamo in archivio la gara di MX1 di Casale Monferrato ed anche una sorpresa: il fettucciato di Frinco. Siccome negli ultimi due anni il numero di iscritti è stato paragonabile ad una gara di Regiona-le, abbiamo deciso di omaggiare l’organizzazione con una bella puntata sul fettucciato principe del nostro campionato relativo.

Ovviamente trovate sul nostro canale YouTube tut-to l’archivio di puntate a partire dall’inizio dell’anno fino ad arrivare alle puntate più recenti.

Le puntate saranno come al solito trasmesse il mar-tedì alle 20.30 su Formusic (canale 613 del digitale terrestre) e in replica il giovedì sempre alle 20.30 su Quartarete TV (canale 24 del digitale terrestre), ol-tre che in streaming sul sito di ForMusic.

14.07.2013 - Frinco - puntata 6

21.07.2013 - Casale M.to - puntata 7 link!86 - Inside Luglio - Agosto 2013 - Numero #3

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it’S uP to you!di yves valenza

Anche in questo numero ribadiamo l’invito ad in-viarci i vostri video delle gare ed anche dei retro-scena vissuti durante quelle giornate. Fateci ve-dere com’è una giornata vissuta da mattino a sera in compagnia di altri piloti e delle vostre fami-glie, non vediamo l’ora di poter condividere que-sti momenti con tutto il resto della nostra fami-glia! Come sempre, inviateci una mail a [email protected]: vi basterà inserire il nostro logo all’inizio e saremo felici di pubblicare tutti le clip.

Vi aspettiamo numerosi per il prossimo numero di INSIDE!

07-07-2013 Trofeo ASI Vigliano Biellese 1° Manche

07-07-2013 Trofeo ASI Vigliano Biellese 2° Manche

link!87 - Inside Luglio - Agosto 2013 - Numero #3

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motoaSi carES

di RobeRto CoRtese

Eccoci anche questa volta a darvi notizie sugli infor-tunati degli ultimi due mesi. Numericamente sono più dei mesi precedenti, ma ciò che più conta è che siano infortuni di lieve entità e risolvibili nell’arco di poco tempo. A tutti loro un augurio di pronta guari-gione nella speranza di rivederli al più presto in pista.

Emanuele Temporiti - MX2

Dopo l’incidente di cui vi avevamo parlato su INSI-DE#2, Emanuele si è completamente ripreso ed è già tornato in pista per gareggiare. Welcome back!

Andre’ Giglio - Mini 85

Il pilotino si è fratturato una scapola nell’atterrag-gio dopo il salto al Frincross ed era stato portato via in elisoccorso, in quanto, inizialmente, si pensava gli fosse accaduto qualcosa di più grave. Fortunatamen-te per lui e i genitori, solo tanto spavento ed un ben-daggio.

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Michele Greco - Sport MX2

Per lui una caduta sulla esse del traguardo di Bran-dizzo durante la prima manche della gara notturna che si è svolta a fine luglio. Nulla di grave per fortu-na, speriamo di rivederlo in pista al più presto.

Gabriele Bonifazio - Mini 65

Gran botta per lui alla fine della seconda manche nel fettucciato di Romano Canavese, a causa di una buca che si era venuta a creare e prontamente riappianata subito dopo da parte degli organizzatori. Corsa all’o-spedale di Ivrea e la notizia che non c’è nulla di rotto, solo un paio di ematomi. Torna in pista la settimana dopo a Villar San Costanzo e vince nella sua catego-ria.

Andrea Pinna - Esordienti MX2

Per lui brutta caduta a Vigliano Biellese durante la gara di Interregionale del 25 agosto. Trasferito in settimana al CTO di Torino, per lui una brutta frat-tura al polso destro oltre ad un grosso spavento. Nei prossimi numeri vi aggiorneremo sui suoi progressi.

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l’EStatE lazialE di motoaSi

testo e immaGini di alessandRo Castellani

Come sempre accade, anche quest’anno l’estate ha rallentato notevolmente l’attività agonistica del mo-tociclismo tassellato nel Lazio; d’altronde sarebbe difficile proseguire con gare ed allenamenti sotto i picchi inclementi del termometro e del sole di que-ste parti, per cui, vista anche l’inesistenza di impian-ti dotati di illuminazione per l’apertura notturna, si preferisce “partire forte” durante la primavera, met-tere in cascina tante gare e poi tenersi al fresco quan-do arriva il gran caldo.

Nonostante questo periodo di pausa generale, co-munque, il Coordinamento di MOTOASI.IT non è ri-masto immobile, continuando ad adoperarsi in varie iniziative. Il 23 giugno, per cominciare, ha offerto il suo sostegno organizzativo in occasione del “Sum-mercross”, un ritrovo con allenamento e pranzo di gruppo promosso dal MxItalia sulla pista di Fiano Romano, a cui hanno partecipato un cospicuo nume-ro di piloti. Il 14 luglio, invece, ha ottenuto un suo spazio nell’ambito del meeting aereo di Torvajanica,

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sul litorale romano, in cui ha organizzato una gara per pit bike e minicross. Il 4 agosto a Tragliatella, una frazione di Fiumicino, ha posto la sua egida sulla se-conda edizione del Trofeo Labirinto, una manifesta-zione aperta a motocross, minicross, pit bike e quad su un tracciato provvisorio allestito nell’area della Sagra del Pollo Ruspante di Fiumicino.

Nel corso di tutta l’estate, poi, si sono succedute le gare del Trofeo Centro Quad, che sta procedendo a vele spiegate attraverso tutta una serie di eventi, ospitati su piste di motocross vere o su aree non per-manenti, che arriveranno ad ultimazione solo in au-tunno inoltrato.

Per quanto riguarda il motocross, mentre va online questo numero di INSIDE, il calendario delle gare autunnali è ancora in fase di ri-definizione, a causa dei problemi burocratici che avevano condizionato le gare primaverili (leggi alla voce blocco dell’attività agonistica della pista di Fiano Romano e cancellazio-ne della prova di Malagrotta).

La certezza, tuttavia, è che il 15 settembre si tornerà in azione, su una pista che molto probabilmente sarà Fiano Romano. Gli uomini del Motoclub locale stan-no facendo tutti i passi necessari per ottenere l’au-torizzazione a recuperare le gare perdute nei mesi scorsi e sembra che siano in grado di ospitare la ma-nifestazione; al momento, tuttavia, manca ancora l’ufficialità e quindi evitiamo di dare la notizia per sicura.

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What’S aPP?di RobeRto CoRtese

Mototones Lites - Gratis

Non sapete più come customizzare il vostro smar-tphone per fare capire che siete dei crossisti nel san-gue? Allora provate le suonerie che propone questa app! Due tempi, quattro tempi, insomma ce n’è per tutti i gusti. E se poi non dovessero bastare c’è la ver-sione a pagamento dell’app che ne propone altre an-cora.

Acerbic Plastic 2013

Vero, il 2013 volge ormai al termine, però un’occhia-ta alle plastiche che ha messo in catalogo Acerbis quest’anno la si può sempre dare. Chissà che ne tro-

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viamo una che fa al caso nostro!

MotoMe 0,89€

Un’app che potrebbe tornarvi utile nel caso aveste dei problemi con la vostra moto: in buona sostanza, MotoMe vi mette in contatto con una rete di crossi-sti che utilizzano la vostra stessa amata e che possi-bilmente hanno avuto gli stessi problemi. In questo

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modo è possibile capire se il vostro è un problema personale oppure di fabbrica. La cosa comoda è che sfruttando questo network, potreste anche trovare dei possibili acquirenti per il vostro usato!

Race Tracker MX 4,49€

Appassionati di statistiche di gara catalogate alla per-fezione e filtrabili per ogni singola categoria che più

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vi piace? Benissimo, Race Tracker MX vi consente di fare tutto questo e molto altro. Sarà possibile ag-giungere piste, piloti, gare ed altre informazioni per poter tenere traccia di tutto quello che vi può servi-re per consultare istantaneamente i dati dell’ultima stagione o dei vostri ultimi allenamenti. Certo, 4.49€ non sono pochi, ma se siete invasati di statistiche, quest’app fa decisamente al caso vostro.

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agEnda SEttEmbrE

01/09 - Casale Monferrato (AL)ICC Cross Country MX-Quad

08/09 - Boves (CN)Trofeo ASI MX1-MX2-Mini-2T - Reg. Quad

15/09 - Volpiano (TO)Camp. Fettucciati Quad - Interreg. MX-Mini

15/09 - Malpensa (VA)Reg. MX2 - Over50 - Coppa ASI Epoca

22/09 - Armeno (NO)Reg. Mini - Young - Interreg. MX

22/09 - Salmour (CN)Reg. MX1 - Over40 - Femminile

29/09 - Brandizzo (TO)Trofeo ASI MX1-MX2-Mini-2T

29/09 - Fara Vicentino (VI)ICC Cross Country MX-Quad

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agEnda ottobrE

06/10 - Malpensa (VA)Reg. MX1 - Over40 - Femminile - Reg. 2T

13/10 - Piossasco (TO)Camp. Fettucciati Quad-Epoca Interreg. MX-Mini

13/10 - Recetto (NO)Reg. MX2 - Over50 - Reg. 2T

20/10 - Ottobiano (PV)Reg. MX1 - Over40 - Femminile

20/10 - Pinerolo (TO)Coppa ASI Epoca - Reg. Quad - Reg. Mi-ni-Young - Interreg. MX

27/10 - Fara Novarese (NO)Reg. MX2 - Over50 - Reg. 2T

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INSIDE#3 Luglio-Agosto 2013un progetto editoriale di MOTOASI.IT

Team di Redazione:

Roberto Cortese - Direttore Editoriale/Fotogiornalista

Luca Lombardi - Caporedattore

Chiara Agostinetti - Redattore

Alessandro Castellani - Fotogiornalista

Andrea De Beni - Redattore

Yves Valenza - Redattore

Special thanks to:

Genny Billotto - Seconda casa

Daniele Cantino - Reg. Frinco

Andrea Caponio - Preparazione Atletica

Nadia Cariola - Reg. Frinco

Ezio e Ilaria Casalegno - Che dire?

Alice D’Amico - Più gonfio che mai

Andrea Nigro - Improve yourself

Francesco Pasquero - Doc’s Speech

Giovanni Guru Valenzani - My damn accident

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