1
Avvenire 12/18/2012 Page : A25 Copyright © Avvenire December 18, 2012 8:13 am / Powered by TECNAVIA / HI Copy Reduced to 50% from original to fit letter page AGORÀ CULTURA RELIGIONI TEMPO LIBERO SPETTACOLI SPORT ROMA, PIETRO E I DUBBI DI CARANDINI MARIO IANNACCONE ndrea Carandini è storico e archeologo competente, autore di una lunga serie di studi, condotti spesso sul campo, relativi alla storia di Roma. Dopo aver tanto studiato Roma, su "Il sole 24 ore" del 16 dicembre annuncia di voler spostare la sua attenzione dalla "leggenda di Roma" alla «novella di Gesù, nato secondo Matteo e Luca da una vergine e da un dio, come Romolo». L’accostamento Romolo- Gesù, e i «miti ed elaborati simbolici», che possono «incorporare dati preziosi di natura reale, fanno ritenere - continua Carandini - che Romolo e Gesù siano miscugli di leggenda e storia». Il che è vero in senso letterale benché l’accostamento sia veramente ardito. Romolo (nato secondo leggenda il 771 a.C.) e Gesù (nato 8 secoli dopo) non sono equiparabili anche per la qualità, la forma, la natura delle testimonianze che li riguardano e per l’ambiente in cui vissero. Al tempo di Romolo, giova ricordarlo, esisteva forse una scrittura latina, non una letteratura latina; comunque non c’è arrivata. Ciò contrasta con l’articolata letteratura dei tempi di Gesù, popolata di filosofi, retori, storiografi, cronisti, scrittori di memorie. Un accostamento simbolico si può fare, ma Romolo emerge dalle nebbie del periodo prestorico mentre su Gesù le testimonianze, anche se diversamente interpretate, sono imponenti. Ben consapevole di questo, Carandini sposta la sua attenzione su Pietro annunciando un libro futuro incentrato sull’anno 64 trascorso dall’apostolo a Roma, forse l’anno della morte (da collocarsi fra 64 a 67). A questo punto si chiede: «Ma Pietro ha raggiunto veramente Roma?». Se qualche equivalenza formale («nato da Vergine») può stabilirsi fra gli eroi della classicità e Gesù, ben difficile trattare allo stesso modo Pietro apostolo. Per quanto si possano anche mettere in dubbio uno o due scritti, più difficile farlo con le "dieci" testimonianze riconosciute da Carandini (senza contare i dati archeologici). Numerosi elementi fanno ritenere autentica la tradizione della predicazione e morte di Pietro a Roma, nonostante i dubbi di storici protestanti che lo vorrebbero morto a Gerusalemme nel 55 ma senza riscontri. Sappiamo che Pietro, lasciando Gerusalemme, s’incamminò in «altro luogo» (At, 12,17). La certezza della sua presenza a Roma si basa su testimonianze così vicine alla sua vita che potevano essere facilmente smentite da altri scrittori, cosa che non è accaduta. Tacendo dell’Epistola di Pietro c’è l’Epistola di Clemente a Corinto (circa 95) che allude al martirio di Pietro sotto Nerone. Qualche anno più tardi (prima del 107), Ignazio di Antiochia prega i cristiani di Roma di non volerlo privare del martirio aggiungendo la frase «Non vi comando come Pietro e Paolo» (Rom. 4,3) che presuppone una conoscenza diretta di Pietro da parte di quella comunità. Qualche anno più tardi c’è l’«Ascensio Isaiae» (4,2-3 sg) dove si trova un’altra allusione al martirio. Dionigi da Corinto (Eusebio, «Hist. E.», II, 25,8), Ireneo da Lione («Adv. Haer.», 3, 1-3), Tertulliano in Africa («Praes. Haer.» 35, 3), non misero in dubbio questa tradizione e non c’era motivo che non lo facessero se falsa. A ciò aggiungiamo le notizie di storiografi non cristiani come Tacito (che conferma le persecuzioni dei cristiani al tempo del martirio di Pietro) e i ritrovamenti archeologici nel sito di San Pietro. Dall’epoca della morte lì era conservata memoria della sepoltura del primo papa. Ivi fu costruita l’Edicola di Gaio con il loculo marmoreo mai più disigillato e inglobato nelle costruzioni successive. Ritrovato nel Novecento, gli studi di Margherita Guarducci hanno confermato l’identificazione di ossa e tracce di porpora con una persona che corrisponde all’età di Pietro e alla data di morte tramandata. Tuttavia, a prescindere dalla tradizione e dalla memoria diffusa in centinaia di testi minori dei secoli successivi, prudentemente Paolo VI nel 1968 fece scrivere sulla tomba: «Ossa che si ritengono appartenere a San Pietro». Giusto, nonostante la straordinaria corrispondenza delle tessere del puzzle storico-archeologico. © RIPRODUZIONE RISERVATA A Antico Egitto: svelato il giallo di Ramsete III Ramsete III è stato ucciso: lo rivela uno studio, pubblicato dal «British Medical Journal», al quale ha collaborato il ricercatore Albert Zink dell’Eurac di Bolzano. Uno dei gialli più clamorosi dell’Antico Egitto sarebbe così risolto: il faraone fu sgozzato, forse dal figlio Pentawer. Lo staff è inoltre quasi certo di aver individuato anche la salma del figlio «traditore», che dopo il delitto è morto impiccato. Un indizio importante è custodito al Museo Egizio di Torino: un papiro che descrive come, a metà del XII secolo a.C., la concubina Tij pianificasse l’uccisione del coniuge Ramsete III per mettere sul trono il figlio Pentawer. Qualcosa andò però storto; la congiura fu scoperta e tutte le persone coinvolte vennero punite. Ora grazie alla Tac si è potuta vedere la ferita alla gola della mummia, nascosta da una benda sul collo; Ramsete morì nel 1156 a.C., a circa 65 anni. Fazzini, un laico guida l’editrice missionaria Emi Dopo quasi 40 anni di vita, l’Editrice Missionaria Italiana (Emi) di Bologna ha un direttore laico: si tratta di Lorenzo Fazzini, giornalista, che prende il posto di padre Giovanni Munari. Lecchese di nascita ma veronese di residenza, 34 anni, Fazzini ha lavorato all’agenzia missionaria «AsiaNews» e al quotidiano «Avvenire», oltre ad esser stato responsabile della comunicazione del Festival Biblico di Vicenza e consulente editoriale per diversi anni alla Lindau di Torino. Fazzini guiderà la casa editrice fondata nel 1973 da quattro istituti missionari (comboniani, saveriani, Pime, missionari della Consolata) e in seguito allargatasi a 15 soggetti italiani, affiancando il direttore editoriale Pier Maria Mazzola. Oggi la Emi ha un catalogo di oltre 800 titoli e una produzione annua tra i 50 e i 60 libri, molti dei quali dedicati alla proposta di nuovi stili di vita. Editto del 313, per Marta Sordi fu vera libertà Un contributo originale al dibattito per il 1700° anniversario dell’Editto di Milano: il Centro culturale di Milano ripubblica «La svolta costantiniana», testo decisivo della grande storica dell’antichità Marta Sordi e capitolo centrale del suo libro «I cristiani e l’impero romano» (Jaca Book). Il decreto costantiniano fu un atto di vera libertà religiosa o un gesto di pura tolleranza? Nel fascicolo (che si può richiedere allo 02/86455162 o a [email protected]) la Sordi risponde: «La piena libertà religiosa che scaturisce dall’accordo di Milano delinea l’immagine di uno Stato che si definisce religioso e ritiene anzi il suo rapporto con la divinità fondamentale problema politico e si proclama nello stesso tempo aconfessionale, non in nome di un razionalismo scettico, ma della sua inconfessata incompetenza a decidere la natura teologica della divinità». Arte Udine e Passariano celebrano l’opera di Tiepolo PAGINA 26 Il caso Don Mazzolari e padre Turoldo, amici con distinguo PAGINA 27 Televisione Raiuno, la Cantata dei pastori diventa film d’animazione PAGINA 28 Calcio Napoli «gelata»: ora può scendere a -10 dalla vetta PAGINA 30 IDEE. Aumentano i paralleli fra l’età di mezzo in Europa e l’epoca postmoderna: ma il filone del «New Medievalism» in voga in Nordamerica non convince MARTEDÌ 18 DICEMBRE 2012 A NZITUTTO E DITORIALE DI NICOLANGELO D’ACUNTO n una ricerca pubblicata nel 2008 Phil Williams, esperto americano di studi strategici, individua le implicazioni di quelle che, secondo lui, sono le «conseguenze distruttive della globalizzazione» sul ruolo futuro degli Stati Uniti nel mondo. Il consulente del Pentagono parte dal presupposto che lo "statocentrismo" che avevamo ereditato dall’età moderna sia stato sostituito da una situazione nella quale lo Stato è solo uno degli attori della scena politica mondiale, caratterizzata ora dalla frammentazione dell’autorità, dalla sovrapposizione delle giurisdizioni, da sempre più vaste aree del pianeta sottratte al controllo dei poteri formalizzati (si pensi al risveglio prepotente della pirateria). Il declino degli Stati risulta evidente, se pensiamo alla loro difficoltà di intercettare i bisogni dei cittadini e di imporre un controllo efficace e continuo sia all’interno del proprio territorio sia alle proprie frontiere, oppure se consideriamo l’insorgenza di sempre nuovi e sempre più potenti attori transnazionali. Si rischia di cadere nel medio periodo dall’attuale "Nuovo Medioevo" in una "Nuova epoca buia". From the New Middle Ages to a New Dark Ages s’intitola appunto il saggio di Williams. La globalizzazione, in questi termini, costituisce solo il prologo di una ben più grave crisi di civiltà, che riporterebbe l’orologio della storia verso nuovi secoli bui, di barbarie, naturalmente "medievale". È evidente che in questa impostazione resistono pregiudizi antimedievali di matrice illuministica largamente superati. Inoltre l’idea che alla globalizzazione segua una nuova età "barbarica" deriva dal parallelo tra la caduta dell’Impero romano e il presunto declino dell’Impero a guida americana. Williams s’inserisce nel robusto filone del New Medievalism nordamericano, che, accanto alle analogie strutturali tra medioevo e contemporaneità, presenta venature millenaristiche tanto più evidenti quanto più dal terreno della storiografia e della politologia ci si allontani per entrare in quello della pubblicistica o della libera riflessione sul web, ove non a caso sono fioriti in quest’ultimo decennio numerosi forum di discussione sull’argomento. Resta da capire se davvero l’età di mezzo possa costituire un fecondo termine di confronto con l’età della globalizzazione. Per rispondere a questa domanda occorre in primo luogo chiarire che il termine I medioevo indica un intero millennio e che sarebbe assurdo immaginare un periodo così lungo come un monolite. L’analogia strutturale con la globalizzazione è tuttavia molto fruttuosa, purché si abbandoni l’idea che in quei mille anni avesse dominato incontrastata la fantomatica "piramide feudale", una struttura di potere compatta, pervasiva e capace di controllare ovunque le anime e i corpi. Al contrario la medievistica scientifica sembra ormai quasi unanimemente orientata a considerare l’incessante sperimentazione istituzionale come il tratto distintivo di un’epoca nella quale i quadri del potere e le esperienze sociali si compongono e si scompongono di continuo, secondo logiche che effettivamente prescindono da quella dello Stato e con una frammentazione e privatizzazione del potere pubblico quasi inconcepibile per noi che siamo immersi nella logica dello Stato. Aveva ragione allora uno dei maestri della medievistica italiana del Novecento, Cinzio Violante, quando affermava che l’abbandono dell’insegnamento della storia medievale nelle facoltà di Scienze politiche impoveriva enormemente la formazione degli studenti. Essi sono infatti privati della conoscenza di un’epoca molto creativa sul piano istituzionale, nel corso della quale la crisi dell’Impero romano aveva prodotto fenomeni utili anche per capire taluni aspetti dell’attuale crisi dello Stato. Tale è la privatizzazione e perfino la patrimonializzazione della funzione militare, allora e oggi sempre più affidata a milizie o agenzie di sicurezza mercenarie. Lo stesso vale per la privatizzazione della giustizia, in mano ai signori rurali nel medioevo e oggi di fatto sottratta per larga parte allo Stato, attraverso il ricorso sempre più frequente da parte delle aziende a collegi arbitrali internazionali. ome oggi, quando gli Stati non possono più gestirle sono cedute a soggetti privati, così nel medioevo le infrastrutture erano in mano a signori laici ed ecclesiastici che ne esigevano i balzelli, progenitori nemmeno troppo remoti dei nostri pedaggi autostradali. Il medioevo non conosceva frontiere lineari come le nostre, ma zone fluide di scambio e di scontro tra entità politico-militari differenti, che però C condividevano orizzonti culturali e di fede per larga parte comuni a tutti, un po’ come oggi la rete e i mass media omogeneizzano i costumi e i consumi, di qualsiasi genere, in tutto il pianeta. nalogamente non sembrerà del tutto innaturale la sempre più ampia delega da parte dello Stato a soggetti privati di settori che da almeno due secoli aveva avocato a sé, come l’educazione e la sanità, che nel medioevo e nell’Ancien régime erano stati di norma affidati alla Chiesa. Gli esempi, anche calzanti, potrebbero moltiplicarsi. Tuttavia il limite maggiore del neomedievalismo consiste nel mettere in scena la vicenda di due entità ipostatizzate, lo Stato e il medioevo, come se si trattasse dei personaggi di un dramma sempre uguali a sé stessi. L’esperimento è pericoloso, da un lato perché definire un solo medioevo è assolutamente impossibile, dall’altro perché lo Stato contemporaneo, sebbene ammalato, non sembra ancora destinato a un tracollo improvviso, ma piuttosto a una lunga metamorfosi. Non ha torto, allora, Tommaso di Carpegna Falconieri, quando dice che «la teoria neomedievale si snerva per l’incommensurabilità del termine di paragone, ma resta efficacissima come metafora» (Medioevo militante. La politica di oggi alle prese con barbari e crociati, Einaudi 2011). Ci sarà ancora da meditare. © RIPRODUZIONE RISERVATA A Dietro l’attuale globalizzazione c’è la barbarie? Se alcune analogie vi sono (crisi degli Stati, autorità frammentate, nuove piraterie) i paragoni tra le fasi storiche non sono sempre validi «La distruzione dell’impero romano» di Thomas Cole, ispirata al sacco di Roma dei Vandali del 455 Mondo globale in stile Medioevo

in stile Medioevo Mondo globale - marioiannaccone.com · Bolzano. Uno dei gialli più ... dall attuale "Nuovo Medioevo" in una "Nuova epoca buia".From the New Middle Ages to a New

  • Upload
    buithu

  • View
    218

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: in stile Medioevo Mondo globale - marioiannaccone.com · Bolzano. Uno dei gialli più ... dall attuale "Nuovo Medioevo" in una "Nuova epoca buia".From the New Middle Ages to a New

Avvenire 12/18/2012 Page : A25

Copyright © Avvenire December 18, 2012 8:13 am / Powered by TECNAVIA / HIT-MP

Copy Reduced to 50% from original to fit letter page

AGORÀCULTURARELIGIONITEMPO LIBEROSPETTACOLISPORT

ROMA, PIETROE I DUBBI

DI CARANDINIMARIO IANNACCONE

ndrea Carandini è storico earcheologo competente, autoredi una lunga serie di studi,

condotti spesso sul campo, relativi allastoria di Roma. Dopo aver tantostudiato Roma, su "Il sole 24 ore" del16 dicembre annuncia di volerspostare la sua attenzione dalla"leggenda di Roma" alla «novella diGesù, nato secondo Matteo e Luca dauna vergine e da un dio, comeRomolo». L’accostamento Romolo-Gesù, e i «miti ed elaborati simbolici»,che possono «incorporare datipreziosi di natura reale, fanno ritenere- continua Carandini - che Romolo eGesù siano miscugli di leggenda estoria». Il che è vero in senso letteralebenché l’accostamento sia veramenteardito. Romolo (nato secondoleggenda il 771 a.C.) e Gesù (nato 8secoli dopo) non sono equiparabilianche per la qualità, la forma, lanatura delle testimonianze che liriguardano e per l’ambiente in cuivissero. Al tempo di Romolo, giovaricordarlo, esisteva forse una scritturalatina, non una letteratura latina;comunque non c’è arrivata. Ciòcontrasta con l’articolata letteraturadei tempi di Gesù, popolata di filosofi,retori, storiografi, cronisti, scrittori dimemorie. Un accostamento simbolicosi può fare, ma Romolo emerge dallenebbie del periodo prestorico mentresu Gesù le testimonianze, anche sediversamente interpretate, sonoimponenti. Ben consapevole diquesto, Carandini sposta la suaattenzione su Pietro annunciando unlibro futuro incentrato sull’anno 64trascorso dall’apostolo a Roma, forsel’anno della morte (da collocarsi fra 64a 67). A questo punto si chiede: «MaPietro ha raggiunto veramenteRoma?». Se qualche equivalenzaformale («nato da Vergine») puòstabilirsi fra gli eroi della classicità eGesù, ben difficile trattare allo stessomodo Pietro apostolo. Per quanto sipossano anche mettere in dubbio unoo due scritti, più difficile farlo con le"dieci" testimonianze riconosciute daCarandini (senza contare i datiarcheologici). Numerosi elementifanno ritenere autentica la tradizionedella predicazione e morte di Pietro aRoma, nonostante i dubbi di storiciprotestanti che lo vorrebbero morto aGerusalemme nel 55 ma senzariscontri. Sappiamo che Pietro,lasciando Gerusalemme,s’incamminò in «altro luogo» (At,12,17). La certezza della sua presenzaa Roma si basa su testimonianze cosìvicine alla sua vita che potevanoessere facilmente smentite da altriscrittori, cosa che non è accaduta.Tacendo dell’Epistola di Pietro c’èl’Epistola di Clemente a Corinto (circa95) che allude al martirio di Pietrosotto Nerone. Qualche anno più tardi(prima del 107), Ignazio di Antiochiaprega i cristiani di Roma di nonvolerlo privare del martirioaggiungendo la frase «Non vicomando come Pietro e Paolo» (Rom.4,3) che presuppone una conoscenzadiretta di Pietro da parte di quellacomunità. Qualche anno più tardi c’èl’«Ascensio Isaiae» (4,2-3 sg) dove sitrova un’altra allusione al martirio.Dionigi da Corinto (Eusebio, «Hist.E.», II, 25,8), Ireneo da Lione («Adv.Haer.», 3, 1-3), Tertulliano in Africa(«Praes. Haer.» 35, 3), non misero indubbio questa tradizione e non c’eramotivo che non lo facessero se falsa. Aciò aggiungiamo le notizie distoriografi non cristiani come Tacito(che conferma le persecuzioni deicristiani al tempo del martirio diPietro) e i ritrovamenti archeologicinel sito di San Pietro. Dall’epoca dellamorte lì era conservata memoria dellasepoltura del primo papa. Ivi fucostruita l’Edicola di Gaio con il loculomarmoreo mai più disigillato einglobato nelle costruzioni successive.Ritrovato nel Novecento, gli studi diMargherita Guarducci hannoconfermato l’identificazione di ossa etracce di porpora con una personache corrisponde all’età di Pietro e alladata di morte tramandata. Tuttavia, aprescindere dalla tradizione e dallamemoria diffusa in centinaia di testiminori dei secoli successivi,prudentemente Paolo VI nel 1968 fecescrivere sulla tomba: «Ossa che siritengono appartenere a San Pietro».Giusto, nonostante la straordinariacorrispondenza delle tessere delpuzzle storico-archeologico.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

A

Antico Egitto:svelato il giallodi Ramsete III◆ Ramsete III è stato ucciso:lo rivela uno studio,pubblicato dal «BritishMedical Journal», al quale hacollaborato il ricercatoreAlbert Zink dell’Eurac diBolzano. Uno dei gialli piùclamorosi dell’Antico Egittosarebbe così risolto: il faraonefu sgozzato, forse dal figlioPentawer. Lo staff è inoltrequasi certo di averindividuato anche la salmadel figlio «traditore», chedopo il delitto è mortoimpiccato. Un indizioimportante è custodito alMuseo Egizio di Torino: unpapiro che descrive come, ametà del XII secolo a.C., laconcubina Tij pianificassel’uccisione del coniugeRamsete III per mettere sultrono il figlio Pentawer.Qualcosa andò però storto; lacongiura fu scoperta e tutte lepersone coinvolte venneropunite. Ora grazie alla Tac si èpotuta vedere la ferita allagola della mummia, nascostada una benda sul collo;Ramsete morì nel 1156 a.C., a circa 65 anni.

Fazzini, un laicoguida l’editricemissionaria Emi

◆ Dopo quasi 40 anni di vita,l’Editrice Missionaria Italiana(Emi) di Bologna ha undirettore laico: si tratta diLorenzo Fazzini, giornalista,che prende il posto di padreGiovanni Munari. Lecchese dinascita ma veronese diresidenza, 34 anni, Fazzini halavorato all’agenziamissionaria «AsiaNews» e alquotidiano «Avvenire», oltread esser stato responsabiledella comunicazione delFestival Biblico di Vicenza econsulente editoriale perdiversi anni alla Lindau diTorino. Fazzini guiderà la casaeditrice fondata nel 1973 daquattro istituti missionari(comboniani, saveriani, Pime,missionari della Consolata) ein seguito allargatasi a 15soggetti italiani, affiancandoil direttore editoriale PierMaria Mazzola. Oggi la Emiha un catalogo di oltre 800titoli e una produzione annuatra i 50 e i 60 libri, molti deiquali dedicati alla proposta dinuovi stili di vita.

Editto del 313,per Marta Sordifu vera libertà

◆ Un contributo originale aldibattito per il 1700°anniversario dell’Editto diMilano: il Centro culturale diMilano ripubblica «La svoltacostantiniana», testo decisivodella grande storicadell’antichità Marta Sordi ecapitolo centrale del suo libro«I cristiani e l’impero romano»(Jaca Book). Il decretocostantiniano fu un atto di veralibertà religiosa o un gesto dipura tolleranza? Nel fascicolo(che si può richiedere allo02/86455162 o [email protected]) laSordi risponde: «La pienalibertà religiosa che scaturiscedall’accordo di Milano delineal’immagine di uno Stato che sidefinisce religioso e ritiene anziil suo rapporto con la divinitàfondamentale problemapolitico e si proclama nellostesso tempo aconfessionale,non in nome di unrazionalismo scettico, ma dellasua inconfessata incompetenzaa decidere la natura teologica della divinità».

■ ArteUdine e Passarianocelebrano l’opera di Tiepolo

PAGINA 26

■ Il casoDon Mazzolarie padre Turoldo,amici con distinguo

PAGINA 27

■ TelevisioneRaiuno, la Cantata dei pastori diventafilm d’animazione

PAGINA 28

■ CalcioNapoli «gelata»:ora può scendere a -10 dalla vetta

PAGINA 30

IDEE. Aumentano i paralleli fra l’età di mezzo in Europa e l’epoca postmoderna:ma il filone del «New Medievalism» in voga in Nordamerica non convince

MARTEDÌ18 DICEMBRE 2012

A N Z I T U T TOE D I TO R I A L E

DI NICOLANGELO D’ACUNTO

n una ricerca pubblicata nel2008 Phil Williams, espertoamericano di studi strategici,

individua le implicazioni di quelleche, secondo lui, sono le«conseguenze distruttive dellaglobalizzazione» sul ruolo futurodegli Stati Uniti nel mondo. Ilconsulente del Pentagono parte dalpresupposto che lo"statocentrismo" che avevamoereditato dall’età moderna sia statosostituito da una situazione nellaquale lo Stato è solo uno degliattori della scena politicamondiale, caratterizzata ora dallaframmentazione dell’autorità,dalla sovrapposizione dellegiurisdizioni, da sempre più vastearee del pianeta sottratte alcontrollo dei poteri formalizzati (sipensi al risveglio prepotente dellapirateria). Il declino degli Statirisulta evidente, se pensiamo allaloro difficoltà di intercettare ibisogni dei cittadini e di imporreun controllo efficace e continuo siaall’interno del proprio territorio siaalle proprie frontiere, oppure seconsideriamo l’insorgenza disempre nuovi e sempre più potentiattori transnazionali. Si rischia dicadere nel medio periododall’attuale "Nuovo Medioevo" inuna "Nuova epoca buia". From theNew Middle Ages to a New DarkAges s’intitola appunto il saggio diWilliams. La globalizzazione, inquesti termini, costituisce solo ilprologo di una ben più grave crisidi civiltà, che riporterebbel’orologio della storia verso nuovisecoli bui, di barbarie,naturalmente "medievale". Èevidente che in questaimpostazione resistono pregiudiziantimedievali di matriceilluministica largamente superati.Inoltre l’idea che allaglobalizzazione segua una nuovaetà "barbarica" deriva dal parallelotra la caduta dell’Impero romano eil presunto declino dell’Impero aguida americana. Williams s’inserisce nel robustofilone del New Medievalismnordamericano, che, accanto alleanalogie strutturali tra medioevo econtemporaneità, presentavenature millenaristiche tanto piùevidenti quanto più dal terrenodella storiografia e della politologiaci si allontani per entrare in quellodella pubblicistica o della liberariflessione sul web, ove non a casosono fioriti in quest’ultimodecennio numerosi forum didiscussione sull’argomento.Resta da capire se davvero l’età dimezzo possa costituire un fecondotermine di confronto con l’età dellaglobalizzazione. Per rispondere aquesta domanda occorre in primoluogo chiarire che il termine

I

medioevo indica un interomillennio e che sarebbe assurdoimmaginare un periodo così lungocome un monolite. L’analogiastrutturale con la globalizzazione ètuttavia molto fruttuosa, purché siabbandoni l’idea che in quei milleanni avesse dominatoincontrastata la fantomatica"piramide feudale", una strutturadi potere compatta, pervasiva e

capace di controllare ovunque leanime e i corpi.Al contrario la medievisticascientifica sembra ormai quasiunanimemente orientata aconsiderare l’incessantesperimentazione istituzionalecome il tratto distintivo diun’epoca nella quale i quadri delpotere e le esperienze sociali sicompongono e si scompongono dicontinuo, secondo logiche cheeffettivamente prescindono daquella dello Stato e con unaframmentazione e privatizzazionedel potere pubblico quasiinconcepibile per noi che siamo

immersi nella logica dello Stato.Aveva ragione allora uno deimaestri della medievistica italianadel Novecento, Cinzio Violante,quando affermava chel’abbandono dell’insegnamentodella storia medievale nelle facoltàdi Scienze politiche impoverivaenormemente la formazione deglistudenti. Essi sono infatti privatidella conoscenza di un’epocamolto creativa sul pianoistituzionale, nel corso della qualela crisi dell’Impero romano avevaprodotto fenomeni utili anche percapire taluni aspetti dell’attualecrisi dello Stato. Tale è laprivatizzazione e perfino lapatrimonializzazione dellafunzione militare, allora e oggisempre più affidata a milizie oagenzie di sicurezza mercenarie.Lo stesso vale per laprivatizzazione della giustizia, inmano ai signori rurali nelmedioevo e oggi di fatto sottrattaper larga parte allo Stato, attraversoil ricorso sempre più frequente daparte delle aziende a collegiarbitrali internazionali.

ome oggi, quando gli Statinon possono più gestirlesono cedute a soggetti

privati, così nel medioevo leinfrastrutture erano in mano asignori laici ed ecclesiastici che neesigevano i balzelli, progenitorinemmeno troppo remoti dei nostripedaggi autostradali. Il medioevonon conosceva frontiere linearicome le nostre, ma zone fluide discambio e di scontro tra entitàpolitico-militari differenti, che però

C

condividevano orizzonti culturali edi fede per larga parte comuni atutti, un po’ come oggi la rete e imass media omogeneizzano icostumi e i consumi, di qualsiasigenere, in tutto il pianeta.

nalogamente nonsembrerà del tuttoinnaturale la sempre più

ampia delega da parte dello Stato asoggetti privati di settori che daalmeno due secoli aveva avocato asé, come l’educazione e la sanità,che nel medioevo e nell’Ancienrégime erano stati di norma affidatialla Chiesa. Gli esempi, anchecalzanti, potrebbero moltiplicarsi.Tuttavia il limite maggiore delneomedievalismo consiste nelmettere in scena la vicenda di dueentità ipostatizzate, lo Stato e ilmedioevo, come se si trattasse deipersonaggi di un dramma sempreuguali a sé stessi. L’esperimento èpericoloso, da un lato perchédefinire un solo medioevo èassolutamente impossibile,dall’altro perché lo Statocontemporaneo, sebbeneammalato, non sembra ancoradestinato a un tracollo improvviso,ma piuttosto a una lungametamorfosi. Non ha torto, allora,Tommaso di Carpegna Falconieri,quando dice che «la teorianeomedievale si snerva perl’incommensurabilità del terminedi paragone, ma resta efficacissimacome metafora» (Medioevomilitante. La politica di oggi alleprese con barbari e crociati, Einaudi2011). Ci sarà ancora da meditare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

ADietro l’attualeglobalizzazione c’è la barbarie? Se alcuneanalogie vi sono (crisidegli Stati, autoritàframmentate, nuovepiraterie) i paragoni tra le fasi storiche non sono sempre validi

«La distruzione dell’impero romano» di Thomas Cole, ispirata al sacco di Roma dei Vandali del 455

Mondo globale in stile Medioevo