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I N D I C E S O M M A R I O

PARTE PRIMA

DOTTRINA

MARCELLO PEDRAZZOLI, La giustificazione del licenziamento per motivi econo-mico-oggettivi. Differenze e variazioni di fattispecie nei principali paesieuropei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3Objective reasons for dismissal. Differences and variations of this legalconcept in the main european countries

PATRIZIA TULLINI, Processi organizzativi e continuità del lavoro nelle societàpartecipate. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33Organisational processes of public companies and labour relationsstability

MARCO MARAZZA, Social, relazioni industriali e (nuovi percorsi di) formazionedella volontà collettiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57Social, industrial relations and (new paths of) development of thecollective will

FEDERICA SALVATORE, Gli effetti della liquidazione giudiziale sul patto di nonconcorrenza nei rapporti di lavoro subordinato alla luce del nuovo codicedella crisi d’impresa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81The impact of compulsory liquidation on the non-compete clause inemployment relationships in the light of the new code of corporatecrisis

IRENE ZOPPOLI, Abuso di dipendenza economica e lavoro autonomo: un micro-sistema di tutele in difficile equilibrio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97Abuse of economic dependency and self-employment: a microsystemof protection in a difficult balance

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PARTE SECONDA

NOTE A SENTENZA

Rapporto di lavoro

CLAUDIA CRISCUOLO, Potere di controllo e computer aziendale . . . . . . . . . . 9

MARIA CRISTINA DEGOLI, La nozione di impresa controllante nell’ambito deilicenziamenti collettivi. Rapporto de iure o de facto? . . . . . . . . . . . 24

VINCENZO LUCIANI, Il giustificato motivo oggettivo (non) “manifestamenteinsussistente” e il licenziamento economico illegittimo nella somministra-zione di manodopera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

MARCO NOVELLA, Il licenziamento discriminatorio: fattispecie e ripartizionedegli oneri probatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

MATILDE PANNONE, Annullabili le dimissioni rese in stato di forte turbamentopsichico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64

LUCA RATTI, Considerazioni critiche sul concetto di “conversione” nel discri-mine temporale del regime a tutele crescenti . . . . . . . . . . . . . . . . . 73

ANNA ROTA, La rilevazione biometrica della presenza in servizio al vaglio dellagiurisprudenza civile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84

Diritto dell’Unione europea

ENRICO RAIMONDI, La valutazione dell’anzianità di servizio degli insegnantiprecari: molto rumore per nulla?. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92

Diritto processuale del lavoro

ROBERTA METAFORA, L’applicabilità del rito Fornero al giudizio di impugna-tiva di licenziamento illegittimo dei dipendenti pubblici . . . . . . . . . . 111

ANNA NICOLUSSI PRINCIPE, Giudice del lavoro o giudice fallimentare? LaSuprema Corte estende la cognizione del giudice del lavoro . . . . . . . . 125

Diritto sindacale

ENRICA DE MARCO, Contratto collettivo e giusta retribuzione nella recentegiurisprudenza di legittimità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 136

Indice sommarioII

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PARTE TERZA

OSSERVATORIO

Legislazione in materia di lavoro

— Flessibilità oraria per impresa e lavoratori: due esperienze a confronto(di V. ZEPPILLI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

— La sentenza della Corte costituzionale sul «Jobs Act». Il decreto diaccompagnamento al regolamento europeo «privacy» (di M. CORTI e A.SARTORI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

Legislazione previdenziale

— La legge di bilancio per il 2019. Perequazione automatica e taglio delle«pensioni d’oro». Tariffe INAIL e risarcimento del danno differenziale.Pace fiscale e rapporti contributivi (di M. CINELLI e C.A. NICOLINI) . 29

Diritto dell’Unione europea e comparato

— La regolamentazione contrattuale del conflitto e dello sciopero in Fran-cia (di F. MAFFEI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

Libri ricevuti (a cura di R. DE LUCA TAMAJO e L. TEBANO) . . . . . . . . . . 75

Indice sommario III

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MARCO MARAZZA

Ordinario di diritto del lavoro nell’Università Mercatorum

SOCIAL, RELAZIONI INDUSTRIALI E (NUOVI PERCORSI DI)FORMAZIONE DELLA VOLONTÀ COLLETTIVA

SOMMARIO: 1. Social (media e network) e relazioni industriali. — 2. Segue. Oltre laquestione delle nuove tecniche (e tecnologie) di esercizio dei diritti sindacali(art. 19-27della leggen. 300del 1970).—3.Social epotenziamentodell’attivitàsindacale. — 4. L’ascia bipenne: social e percorsi (alternativi al sindacato) diformazione della volontà collettiva (e di azione). — 5. Social e relazioni in-dustriali nella prospettivadell’ordinamento intersindacale.—6. I social e l’esi-genza di puntualizzare i limiti (sindacali) di comunicazione diretta tra impresae lavoratori in materie di rilevanza sindacale. — 7. I limiti generali alla in-terferenza del datore di lavoro nella fase di formazione della volontà collettiva.— 8. Segue. L’infungibilità del piano della relazione collettiva con quello dellarelazione individuale (ed i suoi limiti). — 9. Il flusso informativo diretto traimpresa e lavoratori (anche in materia di rilevanza sindacale) non è (in séconsiderato) una limitazione dell’esercizio della libertà e/o dell’attività sin-dacale (art. 28 della legge n. 300 del 1970). — 10. (I social e) Il datore di lavoronel processo di formazione della volontà collettiva.

1. Social (media e network) e relazioni industriali. — Nel-l’ambito di un più ampio percorso corale di approfondimento (1)ho, da ultimo, ipotizzato che nel sistema della rappresentanzasindacale confindustriale c’è discontinuità tra il testo unico sullarappresentanza del 10 gennaio 2014 (2) e l’accordo interconfederale

(1) Iniziato nel 2015 con la partecipazione alla stesura di una proposta dilegge in materia sindacale del gruppo Freccia Rossa pubblicata, nella sua primaversione, q. Riv., 2015, pt. III, 205 e nella seconda versione, che contiene anche ladisciplina della rappresentanza datoriale, allo stato ancora inedita.

(2) Sul Testo Unico del gennaio 2014 la bibliografia è significativa e, senzapretesa di esaustività, segnalo F. CARINCI, Il lungo cammino per Santiago dellarappresentatività sindacale (dal titolo III dello statuto dei lavoratori al Testo Unico

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del 9 marzo 2018 (3) e che, tra l’altro (4), l’intesa del 2014 hacostituito uno dei fattori di accelerazione del fenomeno (qui, beneinteso, ancora richiamato senza alcun giudizio di valore (5)) del“dumping contrattuale” (6) che il successivo accordo del 2018intende, ora, ridimensionare.

Ne emerge un quadro piuttosto fluido nel quale l’individua-zione di un punto di equilibrio del sistema delle relazioni industriali

sulla rappresentanza 10 gennaio 2014), DRI, 2014, 309; B. CARUSO, Testo Unicosulla Rappresentanza, CSDLE, It, n. 227/2014; R. DEL PUNTA, Note sparse sul TestoUnico sulla rappresentanza, DRI, 2014, 673; M. MARAZZA, Dalla autoregolamenta-zione alla legge sindacale? La questione dell’ambito di misurazione della rappresen-tatività sindacale, ADL, 2014, 3; A. DI STASI, Il testo unico sulla rappresentanza del10 gennaio 2014 stipulato tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil - Una riflessione critica,RGL, 2014, 149; P. LAMBERTUCCI, La rappresentanza sindacale e gli assetti dellacontrattazione collettiva dopo il testo unico sulla rappresentanza del 2014: spunti diriflessione, q. Riv., 2014, 237; F. SCARPELLI, Il Testo Unico sulla rappresentanza trarelazioni industriali e diritto, DRI, 2014, 687. Sulla rappresentanza delle organiz-zazioni e la disintermediazione, B. CARUSO, La rappresentanza delle organizzazionidi interessi tra disintermediazione e re-intermediazione, CSDLE, It, n. 326/2017.

(3) F. LISO, Qualche erratica considerazione sul recente accordo interconfede-rale Confindustria, Cgil, Cisl e Uil del 9 marzo 2018, BA, n. 16/2018, 2; M. MAGNANI,Riflessioni sulla misurazione della rappresentanza datoriale nell’ordinamento statalee intersindacale, CSDLE, It, n. 376/2018; M. RICCI, L’accordo interconfederale del 9marzo 2018: una svolta importante, ma non scontata, nel sistema delle relazioniindustriali, in corso di pubblicazione su ADL, n. 6/2018.

(4) Le due intese, a voler guardare la loro struttura di fondo, perseguonol’obiettivo di risolvere problemi diversi (la crisi dell’unità sindacale e il dumpingcontrattuale) proponendo perimetri di misurazione della rappresentanza tra loroapertamente alternativi (il singolo contratto nazionale o, nel 2018, il settore), M.MARAZZA, Perimetri e rappresentanze sindacali (dei lavoratori e dei datori di lavoro),L&LI, n. 2/2018. Il contributo introduce un volume tematico della rivistadedicato alla raccolta delle riflessioni dei partecipanti al seminario Freccia Rossadal titolo Rappresentanza sindacale (anche dei datori di lavoro) e governo dellerelazioni industriali, organizzato nell’ambito del Festival “Luci sul Lavoro”,Montepulciano, 4-7 luglio 2018. In precedenza, sempre sul tema dei perimetri dimisurazione della rappresentanza sindacale si rinvia anche a M. MARAZZA, Dallaautoregolamentazione alla legge sindacale? La questione dell’ambito di misurazionedella rappresentatività sindacale, cit..

(5) M. MARAZZA, Perimetri e rappresentanze sindacali (dei lavoratori e deidatori di lavoro), cit.

(6) Pur restando da dire, con franchezza, che la crisi del mondo dellarappresentanza sindacale (dei lavoratori e dei datori di lavoro) ha origini ben piùprofonde e in gran parte indipendenti rispetto alla, pur centrale, questione delladefinizione dei perimetri di misurazione della rappresentanza. E. VILLA, Crisi dellafunzione anticoncorrenziale del contratto collettivo nazionale, in La contrattazionecollettiva nello spazio economico globale, a cura di A. LASSANDARI - F. MARTELLONI -P. TULLINI - C. ZOLI, Bononia University Press, 2017, 73 ss.

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(oggi alquanto instabile) dipende in buona sostanza dall’efficaciadel dialogo sociale, attualmente impegnato sulle modalità attua-tive dell’a.i. del 2018, e dalla precisione delle eventuali (ma aparere di chi scrive sempre più urgenti) misure di sostegno che illegislatore intenderà adottare.

Non è mia intenzione, in questa sede, proporre un’analisicomplessiva ed organica dei molteplici elementi che sindacati elegislatore potrebbero considerare nel portare avanti questo diffi-cile compito ma, proseguendo per tasselli il ragionamento avviatonei precedenti scritti, l’obiettivo di questo saggio è più che altroquello di mettere in evidenza alcune problematiche di adatta-mento del sistema delle relazioni industriali (e quindi anche delleregole che lo devono governare) all’evoluzione delle tecnologie (e,conseguentemente, delle tecniche) di comunicazione (7).

Lo scopo, per perimetrare con maggior dettaglio l’oggetto dellepresenti riflessioni, non è quello di indagare i (più o meno noti)problemi connessi all’evoluzione tecnologica delle modalità di eser-cizio dei diritti sindacali (previsti dalla contrattazione collettiva edalla legge, a partire dal titolo III della legge n. 300 del 1970) (8),

(7) Sull’impatto dei social media con riferimento al rapporto individuale, R.DEL PUNTA, Social Media and workers’ right: what it is at stake?, IJCLLIR, in corsodi pubblicazione. Da una prospettiva sociologica si veda anche D. DE MASI, Ilmondo è giovane ancora, Rizzoli, 2018 (ver. kindle), pos. 2535 ss.

(8) Le nuove tecnologie hanno da tempo manifestato il loro impatto sullerelazioni industriali e già a partire dal 2000 è tra l’altro emerso il concetto dicyberunion e, cioè, di un sindacato capace di garantire l’esercizio dei dirittisindacali in forma cibernetica, J. FIORITO - P. JARLEY - J. T. DELANEY, Unions andinformation technology: From luddites to cyberunions?, LSJ, 2000, 3-34. Se guar-diamo il fenomeno nella prospettiva dell’esercizio dei diritti sindacali (artt. 19-27della l. n. 300 del 1970) i temi — troppo vasti per essere trattati in questo saggio— ancora oggi pienamente aperti sono molteplici e la casistica risulta indubbia-mente interessante. Ad uno sguardo veloce gli strumenti utilizzabili sono costi-tuiti, in primo luogo, dalle mailing list con cui le associazioni sindacali, preten-dendo sostituire in tal modo le bacheche aziendali, contattano i lavoratori sulleloro mail aziendali (cfr. T. Foggia, 10 luglio 2000, che ha ritenuto legittima lacondotta del datore di lavoro che ha impedito l’utilizzo della posta elettronica alsindacato per diffondere messaggi ai proprio iscritti in quanto l’azienda avevafornito spazi adeguati in cui esercitare il diritto di cui all’art. 25 dello Statuto deilavoratori). Tale strumento è stato utilizzato anche nel 1994 durante lo scioperoche ha visto protagoniste le università israeliane, quando venne creata la mailinglist ACADEMIA tramite la quale i sindacati coinvolti diffondevano messaggi atutti i propri associati al fine di organizzare e coordinare le varie attività didissenso. Il tema è stato poi nuovamente affrontato in Italia da due pronunce che

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certamente meritevole di maggiore attenzione da parte degli stu-diosi (e dei tecnici digitali). Piuttosto, anche in vista della evolu-zione della regolamentazione contrattuale e legale di riferimentocui prima accennavo (basti pensare, solo per fare un esempio, alruolo che si intederà in futuro attribuire alla consultazione refe-rendaria dei lavoratori), la questione che intendo iniziare ad evi-denziare è quella dei possibili impatti derivanti dall’utilizzo deisocial media e/o network (in avanti “social”) (9) sull’equilibrio delsistema della rappresentanza e delle relazioni industriali (10).

hanno ritenuto legittimo l’uso della mail aziendale ai fini dell’attività sindacale,cfr. T. Bolzano 27 settembre 2005; T. Catania 2 febbraio 2009). Sempre inriferimento al diritto di cui all’art. 25 della legge n. 300 del 1970 risultanoparticolarmente interessanti le pronunce che affermano il diritto delle siglesindacali di utilizzare una bacheca elettronica al fine di diffondere le propriecomunicazioni ai dipendenti (cfr. P. Milano 3 aprile 1995, MGL, 1995, 337; P.Milano 2 luglio 1997), risultando antisindacale il comportamento dell’azienda cheaveva impedito ai sindacati di utilizzare il sistema informativo aziendale che ildatore di lavoro impiegava per comunicare, anche in materie di rilevanza sinda-cale, con i lavoratori (P. Milano 3 aprile 1995, MGL, 1995, 337). Particolareinteresse sollecita anche la tecnologia Blockchain in base al quale i dati in blocchi(block) sono collegati per formare una catena (chain) ove non è possibile modificarei dati di un determinato blocco senza dover modificare quelli di tutti i blocchiprecedenti. In questa prospettiva sono al vaglio ipotesi di utilizzo di tale tecno-logia per lo svolgimento delle votazioni delle RSU, ma lo stesso ragionamentopotrebbe essere esteso ad ogni tipo di consultazione dei lavoratori, giacché unsistema di votazione basato sulla Blockchain potrebbe secondo alcuni garanti-rebbe la totale partecipazione al voto e, soprattutto, consentirebbe di rispondereai requisiti di certezza, segretezza del voto, impossibilità di brogli, immediatezzadel risultato, S. TAGLIAVINI, Blockchain: un nuovo paradigma di democrazia (sin-dacale), BA, n.30/2018). Ulteriore esempio di utilizzo delle nuove tecnologie nelcampo dei diritti sindacali è costituito dal caso che ha visto protagonista la RSUIbm di Vimercate che, nel corso del 2007, coinvolta in una trattativa per ladefinizione del contratto aziendale, ha sperimentato l’uso della piattaformaSecond life. Uno spazio virtuale ove sperimentare lo svolgimento di assemblee (cfr.I lavoratori Ibm in sciopero su Second Life, La Stampa, 27 settembre 2007; Scioperovirtuale, effetti reali i lavoratori Ibm cantano vittoria, La Repubblica, 18 aprile2008).

(9) Mi riferisco, indistintamente, sia alle reti (network) costituite per svi-luppare relazioni personali tra determinati soggetti (social network) che ad altrimezzi di scambio di informazioni (media) — quali blog, siti social networking,mondi virtuali sociali, progetti collaborativi, content communities — con consen-tono la presentazione di testi, immagini, video, documenti, file audio, ecc. ad unpubblico globale (social media). Entrambi gli strumenti, se pur con modalitàdiverse, impattano infatti sul tema qui trattato. N. SRNICEK Platform Capitalism,Polity Press - Luiss University Press, 2017.

(10) Il dibattito sull’impiego delle nuove tecnologie nell’ambito delle Re-

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2. Segue. Oltre la questione delle nuove tecniche (e tecnologie) diesercizio dei diritti sindacali (art. 19-27 della legge n. 300 del 1970).— In tutti i settori produttivi — e almeno per quanto riguarda inativi digitali credo sia palesemente errato circoscrivere questariflessione ai comparti popolati da professionalità intellettuali, piùo meno elevate, o, comunque, digitali e/o specialistiche — è undato di fatto che i contemporanei strumenti di comunicazione(facebook, twitter, whatsapp, instagram, second life, ecc..) sono am-piamente utilizzati nelle comunità aziendali (in aggiunta all’eser-cizio dei diritti sindacali di cui al titolo III della n. 300 del 1970)anche per condividere (ulteriori) informazioni e riflessioni «in ma-terie di interesse sindacale e del lavoro» (per replicare il contenutodell’art. 21 della legge n. 300 del 1970) o «inerenti all’attivitàsindacale» (art. 22 della legge n. 300 del 1970) e, dunque, vistal’immediatezza e l’oggettiva efficacia degli strumenti che stiamoconsiderando, finiscono per condizionare, profondamente, la dina-mica delle relazioni industriali (e sempre più finiranno per farlo).

Non rientra tra le competenze del giuslavorista entrare inprofondità sull’impatto che l’utilizzo dei social può avere sui com-portamenti umani. Ma visto che qui consideriamo comportamentiche insistono nell’ambiente di lavoro pare difficile non rendersi

lazioni industriali ha origine nei paesi anglosassoni all’inizio del ventunesimosecolo. A tal proposito, si veda R. B. FREEMAN, From the Webbs to the Web: TheContribution of the Internet to Reviving Union Fortunes, in Trade Unions: Resur-gence or Demise?, Routledge, 2005, 162-184. L’Autore pone la seguente domandaall’inizio del suo contributo «Can the Internet produce more effective and suc-cessful unions and help resuscitate the labour movement in the UK and US?»;W.J. DIAMOND - R.B. FREEMAN, Will unionism prosper in cyber-space? the promiseof the internet for employee organization, BJIR, 2002, 569-596; D. PEETZ - G.MURRAY - O. MUURLINK - M. MAY, The meaning and making of union delegatenetworks, ELRR, 2015, 596-613. Con riferimento agli studi europei, R. REGO - W.SPRENGER - V. KIROV - G. THOMSON - D. DI NUNZIO, The use of new ICTs in tradeunion protests - five European cases, Transfer, 2016, 315-329; R. REGO - P. MARQUES

ALVES - R. NAUMANN - J. SILVA, A typology of trade union websites with evidence fromPortugal and Britain, EJIR, 2014, 197-205; P.PANAGIOTOPOULOS, Towards unions2.0: rethinking the audience of social media engagement, New Technology W&E,2012, 178-192. Sull’impatto che la tecnologia può avere al fine di includere anchelavoratori sotto-rappresentanti, in particolare anche al fine di agevolare l’inclu-sione delle lavoratrici, A.M. GREENE - G. KIRTON, Possibilities for remote partici-pation in trade unions: mobilising women activists, IRJ, 2003, 319-333; per unatestimonianza aziendale, M. FORBICINI, La contrattazione aziendale e l’impatto suiSocial Media, LLI, n. 2/2018.

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conto di come l’esperienza pratica già dimostri che l’utilizzo diquegli strumenti può, tanto nella contrattazione di primo che disecondo livello, profondamente condizionare il comportamento dichi partecipa a una trattativa (già solo per le pressioni che puòprodurre uno scambio di informazioni contestuale alla negozia-zione), orientare l’esito (positivo o negativo) di una trattativa o, incaso di accordo, incidere sulla conseguente consultazione referen-daria (anche per gli effetti, rilevanti, previsti dal Testo Unico del2014).

3. Social e potenziamento dell’attività sindacale. — A maggiorragione nei contesti che denotano una marcata frammentazionedella rappresentanza e, quindi, una elevata competizione sinda-cale, anche tra modelli di associazionismo tra loro profondamentediversi (confederali, professionali, di mestiere, dialoganti, conflit-tuali, ecc..), i social vengono ormai sempre più massivamenteutilizzati (più o meno direttamente) da tutte le organizzazioni perinformare iscritti, simpatizzanti, “amici” e “followers”, anche indiretta, sull’andamento di una trattativa o, comunque, più ingenerale, come detto, su altre questioni di rilevo sindacale e/o diinteresse del lavoro (11). Ed il processo, ovviamente, è bidirezio-nale e cioè si riproduce anche dall’esterno (rappresentati e terzi)verso l’interno (rappresentanti).

Può essere (in aggiunta, bene inteso, alle bacheche ed alleassemblee, virtuali o reali che siano) un’efficace tecnica di conso-lidamento o acquisizione del consenso e, da questo punto di vista,non va certamente sottovalutata, anche nella prospettiva dellacompetizione intersindacale e dello sbilanciamento verso un ap-proccio maggiormente conflittuale che ciò talvolta comporta, laprotezione rafforzata che la giurisprudenza (almeno da ultimo)sembra voler riconoscere ai gruppi di comunicazione chiusi (adesempio: mailing list, chat, facebook, ecc.). Gruppi considerati allastregua di luoghi privati di conversazione, con la conseguenza che

(11) Sull’utilizzo dei social nelle comunicazioni sindacali si veda l’indaginecondotta su n. 149 sindacati associati a UNI Global Union, Federazione interna-zionale che unisce le organizzazioni dei lavoratori del settore dei servizi, P.PANAGIOTOPOULOS - J. BARNETT, Social Media in Union Communications: AnInternational Study with UNI Global Union Affiliates, BJIR, 2014, 508-532.

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risulterebbe sterilizzata la rilevanza disciplinare di affermazioni, amaggior ragione se rese da sindacalisti, oggettivamente offensive(ma prive di una volontà denigratoria verso l’esterno perché rese inun ambiente privato (12)) o, per altro verso, eccedenti il diritto dicritica (13).

Questo incredibile potenziamento delle tecniche di comunica-zione tra rappresentanti e rappresentati farebbe pensare ad unconsistente rafforzamento della capacità di mobilitazione del sin-dacato e non deve essere trascurata, sotto un diverso profilo, assaidelicato e sensibile per le imprese, anche la visibilità esterna(tendenzialmente illimitata) di questi scambi di informazione ef-fettuati mediante social. E, di conseguenza, è da tenere bene amente il fatto che tali strumenti, pur dovendo essere utilizzati nelrispetto dei limiti del diritto di critica (certamente se aperti alpubblico (14)), soprattutto se rivolti ad un pubblico globale (socialmedia) e non ad una rete di persone (social network), sono in grado

(12) Cass. n. 21965 del 2018, che afferma la illegittimità del licenziamentointimato al lavoratore, rappresentante sindacale aziendale, che aveva chiara-mente pronunciato frasi offensive dell’amministratore delegato della società inuna chat facebook chiusa cui partecipavano solo gli iscritti al sindacato. Leaffermazioni, tra l’altro, sono qualificate dalla Suprema Corte come uno «sfogo inun ambiente ad accesso limitato».

(13) In verità quanto affermato da Cass. n. 21965 del 2018 è, come detto,riferito ad un gruppo di comunicazione chiuso e, in verità, anche con riferimentoa questa tipologia di connessione la giurisprudenza di merito tende ad evidenziareche il comportamento può comunque assumere rilevanza disciplinare giacché,soprattutto nei gruppi altamente affollati, il contenuto del messaggi può esseretrasmesso all’esterno. In senso diverso rispetto alla pronuncia della suprema cortesopra citata si è espressa A. Torino, sentenza n. 599 del 2017, ove si legge che isocial sono sempre da considerarsi luoghi pubblici non essendo sufficiente priva-tizzare il profilo al fine di rendere riservati i contenuti. Secondo questa prospet-tiva il numero di amici o follower, e la natura privata o pubblica di un gruppovirtuale, rileva unicamente per la quantificazione del danno, soprattutto nei casidi diffamazione, in cui il giudice sarà chiamato a valutare la diffusione del postdenigratorio.

(14) Sulla rilevanza o meno della natura aperta o chiusa del luogo dicomunicazione si rinvia alla nota che precede. In generale, equipara la pubblica-zione sui social alla pubblicazione su giornali e telegiornali, almeno ai fini dellaoperatività dei limiti al diritto di critica, T. Perugia, sez. II, 10 giugno 2014. Peruna rassegna generale degli orientamenti della giurisprudenza si veda anche Isocial network: primi orientamenti della giurisprudenza, a cura di E. FALLETTI, CG,n. 7/2015. Nel merito, per i limiti del diritto di critica nell’ambito del rapporto dilavoro si rinvia alle ultime sentenze della Suprema Corte n. 19092 del 2018; n.14527 del 2018; n. 22375 del 2017.

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di amplificare oltre modo la capacità di pressione sul datore dilavoro quando, come spesso accade, i destinatari della comunica-zione finiscono per essere, oltre ai dipendenti dell’impresa, anche isuoi consumatori/clienti. Se non direttamente l’opinione pub-blica (15).

4. L’ascia bipenne: social e percorsi (alternativi al sindacato)di formazione della volontà collettiva (e di azione). — Ma l’ascia èbipenne e, infatti, occorre anche specificatamente considerare chequesto nuovo modo di scambiare dati sembra accentuare la capa-cità dell’informazione di rendersi autonoma rispetto alla sua fontee, quindi, secondo quanto rilevano gli stessi professionisti cheoperano in azienda (16), pronta ad essere distintamente riutiliz-zata, rielaborata o rimodulata, ritoccata, strumentalizzata, senzaalcuna forma di controllo o filtro, dai medesimi iscritti, simpatiz-zanti, “amici” e “follower” o, addirittura, da amici e followers diquesti ultimi (17).

Ne deriva che, anche in contesti caratterizzati dalla persi-stenza di un elevato (se pur talvolta assai segmentato) tasso disindacalizzazione, ma il fenomeno è ancora più forte dove lasindacalizzazione è bassa, gli strumenti di comunicazione di cui cistiamo occupando hanno e continuano (ben inteso, del tutto legit-timamente) a favorire la costituzione e la progressiva diffusione diautonomi centri e/o gruppi di opinione e azione, più o menopopolosi, più o meno aperti, in ogni caso paralleli rispetto a quellianimati dai tradizionali centri di rappresentanza e, talvolta, anchepronti ad interloquire con l’azienda con proprie istanze e rivendi-cazioni.

(15) B. ROGERS, Social media and workers organizing under U.S. Law, draftdefinitivo della relazione tenuta il 7 maggio 2018 al convegno Social media andworkers’ right, Mont Scopus Campus, Jerusalem, in corso di pubblicazione, ove èbene evidenziata la capacità di impatto generale, tramite social, di movimenticome Black Lives Materia, Occupy, #Metoo.

(16) M. FORBICINI, La contrattazione aziendale e l’impatto sui Social Media,cit.

(17) Sugli effetti che le opinioni espresse su internet hanno sui sistemidemocratici, C.R. SUNSTEIN, #Republic. Divided democracy in the age of socialmedia, Princeton University Press, 2017; sulle regole dei Social Media, E. C. JR.TANDOC - L. ZHENG WEI - R. LING, Defining Fake News. A typology of scholarlydefinitions, Dig. Journalism, 2018, 137-153; J. HARSIN, Un guide critique des fakenews: de la comédie à la tragédie, Pouvoirs RFECP, 2018, 99-119.

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Ond’è che i social, oltre ad essere strumento di potenziamentodell’attività dei tradizionali sindacati, talvolta animati da specia-listi (più o meno consapevoli) della comunicazione più che dellarappresentanza di interessi collettivi, sempre più spesso, anche pereffetto di una precisa visione politica che mira alla disintermedia-zione (18), condizionano fortemente l’evoluzione delle relazioniindustriali in quanto luogo di esaltazione di una lettura tenden-zialmente individualistica dei problemi del lavoro (19) o, comun-que, luogo di coagulazione di interessi collettivi, talvolta moltospecifici, più o meno occasionali, comunque alternativi rispetto aquelli tradizionali. Ne scaturiscono vere e proprie istanze destinatea strutturarsi via via sempre più al di fuori delle assemblee sinda-cali (fisiche o virtuali che siano) e, quindi, se pur riconducibili alprincipio di libertà sindacale (art. 39 Cost.), indipendenti da quelledelle organizzazioni sindacali formalmente costituite (e non neces-sariamente con esse coincidenti).

Dunque, se per un verso i social hanno indubbiamente poten-ziato l’impatto di comunicazione che i sindacati potevano origina-riamente esprimere dai palchi delle assemblee mediante rappresen-tanti qualificati, per l’altro, come contrappasso, pare abbianoanche contestualmente reso vieppiù autonoma, e imprevedibile, laformazione della reale volontà collettiva e, quindi, anche resomeno necessario, agli occhi dei datori di lavoro, l’attività di rap-presentanza e mediazione delle tradizionali organizzazioni sinda-cali.

Ciò è avvenuto per l’effetto della esaltazione degli individua-lismi che le nuove tecnologie sembrano produrre nei contestiaziendali (20) o, per altro verso, per la capacità di questi mezzi dicomunicazione di sollecitare la naturale inclinazione di gruppiprofessionali alla rivendicazione di interessi sempre più particolaririspetto a quelli tradizionalmente rappresentati dai sindacati.

E non è un caso, del resto, che proprio il sindacato confederale,ontologicamente (se non proprio istituzionalmente) propenso ad

(18) B. CARUSO, op. loc. ult. cit., 19.(19) Anche per l’impressione che la tecnologia renda l’individuo autonomo

ed autosufficiente, e quindi libero dal bisogno di una rappresentanza collettiva, D.DE MASI, Il mondo è giovane, cit., pos. 2565.

(20) M. FORBICINI, La contrattazione aziendale e l’impatto sui Social Media,cit.

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intercettare in chiave solidaristica (art. 2 Cost.), e cioè anchetenendo conto degli interessi di altri lavoratori e dei disoccupati (C.cost. n. 30 del 1990), un interesse più ampio di quello riferibile aspecifiche comunità aziendali e/o professionali, secondo quantochiaramente affermato dalla stessa Corte costituzionale (21), ri-sulta più di altri esposto a questa nuova tendenza delle relazioniindustriali (22).

5. Social e relazioni industriali nella prospettiva dell’ordina-mento intersindacale. — L’amplificazione della disintermediazioneche se ne ricava (23) ha molteplici implicazioni sia nell’ordina-mento intersindacale che in quello statale.

(21) C. cost. n. 334 del 1988 ove si legge che con l’art. 19, lettera a), dellalegge n. 300 del 1970 il legislatore aveva inteso «favorire un processo di aggrega-zione e di coordinamento degli interessi dei vari gruppi professionali, anche al finedi ricomporre, ove possibile, le spinte particolaristiche in un quadro unitario» e«dotare le organizzazioni sindacali — in ragione del complesso intreccio traconflitto industriale e conflitti sociali — di strumenti idonei a pervenire ad unasintesi tra istanze rivendicative di tipo microeconomico e di tipo macroecono-mico». Per la Corte Costituzionale, in altri termini, il modello di rappresentanzapluricategoriale «è coerente al complessivo disegno cui è informata la Cartacostituzionale, nel quale anche l’art. 39 va inserito: e cioè, sia al principiosolidaristico, specificamente enunciato nell’art. 2 e matrice di molte altre dispo-sizioni costituzionali; sia al principio consacrato nel secondo comma dell’art. 3che, promuovendo l’eguaglianza sostanziale tra i lavoratori e la loro effettivapartecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, additaanche alle organizzazioni sindacali di rendersi, per la loro parte, strumenti di talepartecipazione, oltre che di tutela dei diretti interessi economici dei lavoratori(cfr. sent. n. 15 del 1975)». Nello stesso senso è importante ricordare anche CorteCost. n. 30 del 1990 ove è rimarcato che la segmentazione esasperata dell’azionesindacale è contraria agli interessi generali e specificamente a quelli dei lavoratori.Ond’è che, in tale contesto, ben si spiega il ruolo che l’art. 19 delal legge n. 300 del1970, nella sua originaria formulazione, attribuiva alla rappresentatività delsindacato pluricategoriale con il fine di favoriore un processo di aggregazione ecoordinamento degli interessi dei vari gruppi professionali, di sintesi delle varieistanze rivendicative e di raccordo con le esigenze dei lavoratori non occupati.

(22) Per le iniziative sindacali orientate a governare l’informazione sinda-cale online e coinvolgere i lavoratori, C. MANCINI, Il sindacato di fronte all’economiadi internet: “Idea diffusa”, l’intelligenza collettiva della Cgil, L&LI, n. 1/2018.

(23) D. DE MASI, Il mondo è giovane, cit., che evidenzia come la tecnologiacontribuisca a rendere superflui i corpi intermedi: il partito come il sindacato; B.CARUSO, La rappresentanza delle organizzazioni di interessi tra disintermediazione ere-intermediazione, cit. La preoccupazione di chi oltre venti anni fa temeva chel’utilizzo delle nuove tecnologie potesse ridimensionare il ruolo delle associazionicollettive, perché «esposte ad assistere alla protratta comunicazione, in modo

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Ribadito che qui non intendiamo occuparci delle modalità diesercizio dei diritti sindacali (24), e senza voler considerare le ovvieesigenze di adeguamento formativo dei quadri sindacali (soprat-tutto di livello aziendale e territoriale) alle più evolute tecniche dicomunicazione (25), nell’ordinamento intersindacale questa nuovarealtà non solo potrebbe essere oggetto di appositi protocolli diautoregolamentazione (ad esempio per quanto riguarda la defini-zione delle modalità di utilizzo, o di non utilizzo, dei social durantelo svolgimento della trattativa sindacale) ma dovrebbe, su unpiano più generale e di grande rilievo, essere tenuta in adeguataconsiderazione nell’ambito della doverosa riflessione sul senso esulle modalità di utilizzo degli strumenti referendari (26) e, comun-que, essere anche attentamente valutata nell’analisi delle ragionidella crisi della rappresentanza sindacale datoriale e, conseguente-

molto agevole, tra impresa e lavoratori, senza mediazioni o difficoltà» (E. GRA-GNOLI, La comunicazione con strumenti elettronici nell’azienda e le prerogative deisindacati, MGL, 1995, 338) è, in fin dei conti, a distanza di tanti anni, risultataerrata. Non tanto perché non sia effettivamente emerso un oggettivo ridimensio-namento del ruolo delle associazioni collettive quanto, piuttosto, perché quelridimensionamento (soprattutto per l’effetto dei social) non deriva tanto dalrafforzamento della comunicazione tra impresa e lavoratori bensì dalla intensifi-cazione della comunicazione tra i lavoratori medesimi e tra di loro verso l’esterno.

(24) E, quindi, in questo scritto non verrà preso in considerazione neancheil consistente spazio rimesso in questa materia alla contrattazione collettiva che,come noto, sempre più spesso, interviene, tra l’altro, per regolamentare nell’am-bito dei consueti accordi sulle agibilità sindacali l’utilizzo a fini sindacali dellee-mail aziendali o la digitalizzazione di bacheche e luoghi di confronto sindacale.La casistica è ampia e, sinceramente, merita uno specifico approfondimento chenon può certo essere contenuto nel presente contributo. Sul tema non possopertanto che rinviare a quanto già riportato alla nt. 9.

(25) Così anche B. CARUSO, op. loc. ult. cit., 19.(26) B. CARUSO, op. loc. ult. cit., 21, critico nei confronti di un utilizzo del

referendum alla stregua di uno strumento «ordinario e fisiologico della delibera-zione sindacale» ed attento nell’evidenziare come se usato in tal modo lo stru-mento «va nella direzione opposta alla classica idea di partecipazione democra-tica» (p. 23). Per una recente ricostruzione delle diverse forme di partecipazionediretta dei lavoratori, A. ALAIMO, L’eterno ritorno della partecipazione: il coinvol-gimento dei lavoratori al tempo delle nuove regole sindacali, DLM, 2014, 132. In unaprospettiva assai più generale, J. BRENNAN, Contro la democrazia, Luiss UniversityPress, 2018, che si esprime a favore di un sistema politico epistocratico (di cui unmodello per l’Autore può essere quello del suffragio universale con veto episto-cratico) che distribuisca il potere politico in base a conoscenza e competenza (255ss.). Ma da segnalare è anche la prospettiva di M. PANARARI, Uno non vale uno,democrazia diretta e altri miti d’oggi, Marsilio, 2018.

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mente, della evoluzione dei modelli di rappresentanza degli inte-ressi collettivi.

Ciò per il semplice fatto che la propensione del datore di lavoroad operare nell’ambito del sistema della rappresentanza animatoda sindacati (per davvero) comparativamente più rappresentativi(e, quindi, anche di applicare i più onerosi CCNL negoziati daquelle organizzazioni) potrebbe, nei fatti, risultare ulteriormenteindebolita dalla (talvolta) imprevedibile debolezza dei suoi inter-locutori. Ciò, in particolare, quanto, proprio per effetto dei social,il complesso processo di formazione della volontà collettiva tendea distaccarsi dalla tradizionale attività di rappresentanza sindacalesvolta a livello aziendale o territoriale.

6. I social e l’esigenza di puntualizzare i limiti (sindacali) dicomunicazione diretta tra impresa e lavoratori in materie di rilevanzasindacale. — Passando dal piano dell’ordinamento intersindacale aquello dell’ordinamento statale, invece, ciò che (tra l’altro) siregistra è la comprensibile esigenza dei datori di lavoro di fronteg-giare la problematica evoluzione del tradizionale paradigma delconfronto sindacale stabilendo, quando necessario, ma sempre piùspesso appare esserlo anche in ragione di nuovi modelli organizza-tivi, un canale di comunicazione il più possibile diretto con ilavoratori. Non solo per verificare che l’informazione, trasformatain sintetici, ammiccanti, post, rispecchi l’effettiva posizione del-l’impresa e dei suoi interlocutori e, se del caso, per puntualizzarla.Ma anche, sotto un diverso profilo, per poter monitorare e valutarel’andamento del processo di formazione della volontà collettiva inattesa che la stessa si esprima, formalmente, nelle ormai (quasi)inevitabili consultazioni referendarie.

Ond’è che, da un punto di vista giuridico, soprattutto a frontedi modelli produttivi che tendono a valorizzare il lavoro in team(con un elevato tasso di costante partecipazione e coinvolgimentodei singoli, agli obiettivi ma anche al processo produttivo) ilsistema richiede che venga chiarito se, ed eventualmente in chemisura, una linea di comportamento del datore di lavoro orientataa bilanciare l’impatto sindacale dei social mediante una comuni-cazione più diretta con i lavoratori possa essere qualificata comeantisindacale, oppure no, ai sensi dell’art. 28 della legge n. 300 del1970.

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Nel contesto sin qui definito il problema, in altri termini, restaquello di sapere se e come datore di lavoro possa — semmai ancheutilizzando gli stessi strumenti telematici sin qui considerati —relazionarsi direttamente con i lavoratori (finanche nell’ambito diuna trattativa sindacale o di una procedura di informazione econsultazione), ad esempio, per rappresentare nel dettaglio le sueiniziative, le differenze di posizioni con i sindacati che stanno conlui negoziando un contratto collettivo o, perché no, le differenzetra le posizioni dei diversi sindacati trattanti. Ma, non da ultimo,il problema che si potrebbe porre è anche quello di sapere se, fallitala trattativa con il sindacato, il datore di lavoro possa, sempre nelrispetto della legge e della contrattazione collettiva applicata,anche avviare una negoziazione con i singoli lavoratori comuni-cando con canali (anche digitali) alternativi.

7. I limiti generali alla interferenza del datore di lavoro nellafase di formazione della volontà collettiva. — La questione, a pareredi chi scrive destinata a tornare di grande attualità in tempi rapidi,è piuttosto trascurata in dottrina (27) e, per il vero, non puòneanche contare su una produzione giurisprudenziale recente.

In linea generale il principio da cui occorre prendere le mosseè quello che afferma «l’antisindacalità dello scavallamento degliorganismi sindacali da parte del datore di lavoro e, cioè, il suotentativo di trattare direttamente con i lavoratori» giacché l’as-senza dell’organismo sindacale può impedire la «formazione dell’in-teresse collettivo» (28).

Il concetto è valorizzato dalla (pur risalente) giurisprudenza dilegittimità che, invocando l’art. 20 della legge n. 300 del 1970 nellaparte in cui non prevede (anzi esclude) la partecipazione del datoredi lavoro alle assemblee, è arrivata ad affermare che il datore di

(27) Si segnalano, per quanto consta a chi scrive, i contributi di F. LUNAR-DON, Il Contratto collettivo aziendale: soggetti ed efficacia, DLRI, 2012, par. 3; ID., Intema di condotta antisindacale, MGL, 1990, 144; E. GRAGNOLI, La comunicazionecon strumenti elettronici nell’azienda e le prerogative dei sindacati, cit., 337; F.SCARPELLI, Procedure di consultazione sindacale nel trasferimento di azienda etrattative dirette (con transazioni in giudizio) fra impresa e lavoratori: problemi econtenuto dell’intervento giudiziale ex art. 28, D&L, 1995, 85; Cass. n. 4319 del 1992,FI, 1993, I, 2318, nt. P. BELLOCCHI.

(28) F. LUNARDON, Il Contratto collettivo aziendale: soggetti ed efficacia, cit.

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lavoro non può «interferire, col peso del suo potere di supremazia,sui singoli lavoratori, nella fase di libera formazione della volontàcollettiva» (29).

L’affermazione, in sé considerata, volendo per un momentotralasciare l’ineliminabile necessità di un aggiornamento alla lucedei venticinque anni trascorsi da quella sentenza, parrebbe orien-tare in modo determinante la risposta al quesito sopra postorestringendo, oltremodo, lo spazio di intervento del datore dilavoro.

Ma non è così e, anzi, proprio per fare ragione delle pressantiesigenze palesate dalla radicale innovazione sociale e tecnologica(soprattutto di questi anni), la questione deve senza dubbio esserepuntualizzata e, in particolare, merita di essere ben evidenziatoche la giurisprudenza, già in passato, ed a maggior ragione do-vrebbe arrivare alla medesima conclusione ora, non ha affattointeso precludere al datore di lavoro la possibilità di relazionarsidirettamente con i propri dipendenti anche su materie di rilevanzasindacale.

(29) Cass. n. 4319 del 1992, che riguarda un caso di trattative individualiavviate a fronte della negazione della prosecuzione della trattativa con il sinda-cato. Ma anche Cass. n. 1366 del 1976. Nella giurisprudenza di merito sonocoerenti, sia per la situazione di fatto considerate che per l’argomentazionesviluppata e le conclusioni raggiunte nel senso della antisindacalità del compor-tamento datoriale, T. Teramo 21 marzo 1990 (ove si afferma che è antisindacaleil comportamento del datore di lavoro che abbia indetto il referendum tra ilavoratori per ottenere l’approvazione di un’ipotesi di accordo di rinnovo delcontratto collettivo aziendale) e T. Bergamo 3 aprile 1999 (che ritiene antisinda-cale l’avvio di trattative individuali mentre sono pendenti trattative con ilsindacato); T. Milano 20 settembre 2002, D&L, 2003, 49, che dichiara antisinda-cale il comportamento del datore di lavoro che abbandoni le trattative ed instauritrattative individuali con i singoli lavoratori, conseguentemente concludendo conalcuni di essi accordi volti a disciplinare il cambiamento di ccnl e comunqueimponendo agli altri l’applicazione di un nuovo ccnl; T. Milano 8 giugno 2010, perla quale è antisindacale la condotta dell’impresa, subentrata in un appalto delservizio di ristorazione, la quale eluda l’obbligo contrattuale (artt. 346 ss. del ccnlTurismo e Pubblici Esercizi) di dare alle organizzazioni sindacali le informazioniutili a consentire l’assunzione di tutti i lavoratori in forza presso la gestioneprecedente, di partecipare all’esame dei problemi e di collaborare nella ricercadelle relative soluzioni finalizzate a mantenere inalterati i livelli occupazionali. Ciòin un caso nel quale l’impresa intendeva trattare individualmente con i singolilavoratori le materie che avrebbero dovuto essere oggetto della trattativa sinda-cale prevista dal ccnl.

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8. Segue. L’infungibilità del piano della relazione collettiva conquello della relazione individuale (ed i suoi limiti). — In primoluogo, sempre tenuto conto della dimensione oggettiva della fatti-specie della condotta antisindacale (30), ai sensi dell’art. 28 dellalegge n. 300 del 1970 è da ritenersi limitativo dell’esercizio «dellalibertà e dell’attività sindacale» il comportamento del datore dilavoro che interagisce direttamente con i lavoratori quale modalitàsostitutiva di un obbligo, sia esso legale o contrattuale, di con-fronto con le organizzazioni sindacali (31).

Sebbene in giurisprudenza vi sia stato qualche (per il veroanomalo, se pur comprensibile nella prospettiva penalistica delcaso considerato) pronunciamento contrario (32), non v’è dubbio,infatti, che l’adempimento da parte del datore di lavoro di unobbligo (sia esso di informativa, consultazione, trattativa, ecc.) dicui è creditore il sindacato tende a soddisfare un interesse collet-

(30) Cass., S.U., n. 5295 del 1997; Cass. 1 dicembre 1999, n. 13383; Cass. 22febbraio 2003, n. 2770; Cass. 22 aprile 2004, n. 7706. Successivamente la Cassa-zione aveva accolto un indirizzo intermedio affermando che l’intenzionalità delcomportamento è irrilevante in caso di condotte del datore di lavoro che contra-stino con norme imperative destinate a tutelare, in via diretta ed immediata,l’esercizio della libertà e dell’attività sindacale, come nel caso di comportamentilesivi dei diritti sindacali di cui ai titoli secondo e terzo della l. n. 300 del 1970(Cass. 21 luglio 2008, n. 20078, NGL, 2009, 1, 6). Più di recente la giurisprudenzaè però tornata a pronunciarsi sul tema ribadendo che per integrare gli estremidella condotta antisindacale è sufficiente che il comportamento datoriale com-prometta oggettivamente l’efficace espletamento del ruolo delle organizzazionisindacali. (Cass. n. 13726 del 2014; T. Roma 22 aprile 2017, q. Riv., 2017, 917, nt.G. SFORZA, Crisi della rappresentatività del sindacato e contrattazione aziendale:riflessioni sollecitate dal caso Almaviva.

(31) T. Milano 8 giugno 2010, cit., per il quale è antisindacale la condottache tratti individualmente con i singoli lavoratori materie che ai sensi del ccnldovrebbero essere oggetto di trattativa sindacale. T. Milano 23 dicembre 2002,cit., per il quale è antisindacale la condotta del datore di lavoro che a fronte delladeterminazione di cessare l’attività produttiva, pur rientrando nel campo diapplicazione dell’art. 24 della legge n. 223 del 1991, avvii trattative individualifinalizzate alla riduzione del personale.

(32) In materia di art. 4 della legge n. 300 del 1970 e di autorizzazione allainstallazione di impianti audiovisivi di controllo la sezione penale della SupremaCorte, ad esempio, con la sentenza n. 22611 del 2012 ha affermato che lamancanza di accordo con la rappresentanza sindacale aziendale può essere sop-perita dal «consenso validamente prestato da parte di chi sia titolare del beneprotetto» e, cioè, dai singoli lavoratori. Successivamente, con la sentenza n. 22148del 2017 la Cassazione ha modificato orientamento e precisato la non sostituibilitàdell’accordo con le rappresentanze sindacali, espressamente richiesto dalla legge,da parte dell’accordo individuale.

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tivo di cui è portatore solo l’organizzazione sindacale e, pertanto,non può in alcun modo essere sostituito da un adempimento afavore dei singoli lavoratori.

Come ci è stato insegnato (33), infatti, il sindacato è portatoredi un interesse collettivo che è indivisibile (34) e anche autonomoe ben distinto dalla mera sommatoria degli interessi dei singolilavoratori. Ed è proprio in ragione della diversa natura degliinteressi di cui sono rispettivamente portatori il sindacato ed ilavoratori che il datore di lavoro non può in alcun modo essereautorizzato a considerarli fungibili e, quindi, per quanto qui inte-ressa, solo per fare un esempio concreto, non è autorizzato asostituire l’informativa dovuta al sindacato con un’informativa aisingoli dipendenti. O, peggio, non è autorizzato a trattare diretta-mente con i singoli lavoratori una materia che, per legge o con-tratto collettivo, deve trattare con il sindacato.

Ma ciò, bene inteso, non esclude (e non ha mai escluso) che,fermo restando il rispetto dei diritti del sindacato, ed ovviamentein generale della legge e della contrattazione collettiva applicabile,il datore di lavoro possa individualmente relazionarsi, anche inmaterie di rilevanza sindacale e del lavoro (quelle contemplatedagli art. 20 e 21 della l. n. 300 del 1970, per intenderci), che poisono tutte quelle che attengono al trattamento economico e nor-mativo dei lavoratori, con i singoli dipendenti. E, se del caso,sempre nel rispetto della legge e della contrattazione collettiva,anche perfezionare direttamente con gli stessi degli accordi.

In questa prospettiva non è considerato antisindacale, adesempio, il comportamento che consiste: nella convocazione di unariunione di tutti i lavoratori, durante l’orario di lavoro, al fine diillustrare la posizione dell’azienda in merito alle trattative sinda-cali in corso (35); l’invio ai lavoratori di informazioni elaboratedalla direzione aziendale a proposito di comunicati su materiasindacali (36); la disdetta di un accordo aziendale istitutivo di unpremio aziendale collettivo e la comunicazione dell’intenzione di

(33) M. PERSIANI, Saggio sull’autonomia privata collettiva, Cedam, 1972; ID.;Diritto sindacale, Cedam, 2014, 31.

(34) F. SANTORO PASSARELLI, Nozioni di diritto del lavoro, Jovene, 1995, 19.(35) P. Bologna 17 marzo 1999, DL, 2000, I, 87.(36) P. Milano 3 aprile 1995, MGL, 1995, 337.

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voler procedere con la negoziazione dell’accordo direttamente coni singoli lavoratori (37).

La questione, in fin dei conti, è che il vincolo della infungibilitàdel piano della relazione collettiva con quello della relazione indi-viduale postula, necessariamente, l’esistenza di un vincolo legale ocontrattuale che imponga il piano della relazione collettiva (l’ob-bligo, legale o contrattuale, di informativa o di trattare collettiva-mente una specifica materia). In assenza di questo vincolo, maanche quando l’obbligo nei confronti del sindacato risulti piena-mente adempiuto (ad esempio quando la trattativa iniziata si èdefinitivamente esaurita senza successo, salvo che non esista unobbligo a contrarre), il datore di lavoro torna, necessariamente,nella piena facoltà di rapportarsi negozialmente sul piano deisingoli rapporti di lavoro giacché, come affermato in materia dallaSuprema Corte, «tutto quanto non costituisca ostacolo o remoraalla nascita del sindacato nel luogo di lavoro e alla sua attività,deve ritenersi lecito» (38).

9. Il flusso informativo diretto tra impresa e lavoratori (anchein materia di rilevanza sindacale) non è (in sé considerato) unalimitazione dell’esercizio della libertà e/o dell’attività sindacale (art.28 della legge n. 300 del 1970). — La conclusione appena ipotizzatarisulta, a ben vedere, coerente con quanto affermato dalla giuri-sprudenza (solo apparentemente più restrittiva) che a fronte dicontatti diretti tra impresa e lavoratore ha finito per accertarel’esistenza di una condotta antisindacale (vedi sopra al n. 7). Edinfatti quelle sentenze, manifestando una coerenza di argomenta-zione con la restante giurisprudenza, probabilmente sottovalu-

(37) Cass. n. 207 del 1990.(38) Cass. n. 1366 del 1976 che aggiunge che «è ammissibile, dunque, che il

datore di lavoro si rifiuti di trattare questioni sollevate dalla rappresentanzasindacale, nei casi in cui non sia tenuto a farlo in base a preesistenti precettilegislativi o negoziali. Né è vietato che egli riunisca i propri dipendenti perintrattenerli su problemi attinenti ai compiti che sono chiamati a svolgere». Nellostesso senso si esprime anche E. GRAGNOLI, La comunicazione con strumentielettronici nell’azienda e le prerogative dei sindacati, cit., che, e riporto condivi-dendo, precisa come in mancanza di norme restrittive l’impresa è certamentelibera di utilizzare anche la posta elettronica, al pari di ulteriori mezzi tecnologici,per comunicazioni di carattere sindacale.

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tata (39), riscontrano una limitazione dell’esercizio della libertà eattività sindacale non a fronte della sola esistenza di quella rela-zione diretta ma, più precisamente, quando la relazione diretta traimpresa e lavoratori, che di per sé considerata sarebbe legittima, simanifesta contestualmente alla violazione di un distinto e auto-nomo diritto delle organizzazioni sindacali.

Il diritto del sindacato di essere destinatario di procedure diinformazione e consultazione, che certamente non possono esseresostituite da informative individuali (40). Il diritto di avviare unatrattativa sindacale, quando contrattualmente prevista, che cer-tamente non può essere sostituita da una trattativa con i singolilavoratori (41). Il diritto di indire un referendum, che la leggeattribuisce solo alle rappresentanze sindacali e non anche al datoredi lavoro (42). Il diritto, che è da considerare emanazione delprincipio di correttezza a buona fede applicabile sin dalla faseprecontrattuale (art. 1337 c.c.), di completare la trattativa sinda-cale avviata con gli organismi collettivi ove per trattare il premiodi risultato il consiglio di fabbrica richieda la prosecuzione degliincontri con la partecipazione del sindacato esterno (ed a fronte diciò il datore di lavoro decida invece di procedere alla negoziazionedel premio aziendale, come certamente potrebbe fare se non cifosse la trattativa sindacale pendente, sul piano individuale) (43).Il diritto di svolgere l’attività sindacale mediante la libera convo-cazione e gestione di assemblee che il datore di lavoro intendevalimitare, tra l’altro, intervenendo alle riunioni sindacali e anche

(39) P. BELLOCCHI, cit., 2319, scrive di orientamenti giurisprudenziali nonunivoci evidenziando, però, come nella sostanza ciò dipenda dalla fluidità dei casiconcreti di volta in volta considerati. Interessante, al riguardo, l’analisi giurispru-denziali riportata dall’Autrice, cui si rinvia.

(40) T. Milano 23 dicembre 2002, cit.(41) T. Milano 8 giugno 2010, cit.(42) T. Teramo 21 marzo 1990, cit.(43) È il caso deciso da Cass. n. 4319 del 1992 (ma simile è anche il caso di

T. Bergamo 3 aprile 1999 e T. Milano 20 settembre 2002). A differenza del casodeciso da Cass. n. 207 del 1990 dove, invece, la trattativa sindacale era certamentefinita e il datore di lavoro, constatato il mancato accordo, aveva, prima diassumere l’iniziativa di gestire a livello individuale l’erogazione del premio dirisultato (ritenuta non antisindacale dalla Corte), legittimamente disdettatol’accordo esistente.

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convocando riunioni parallele con i lavoratori al fine di avviare conloro trattative dirette (44).

Si tratta di casistiche nelle quali l’attivazione del piano dicomunicazione diretta tra impresa e lavoratori è parte integrantedi una condotta più complessiva che attinge la sua antisindacalitànella violazione di una distinta e specifica prerogativa sindacale.Ed infatti, in assenza di questa essenziale connotazione, senzaaffatto entrare in contraddizione con le sentenze che rilevanol’antisindacalità del comportamento datoriale, l’altra giurispru-denza prima ricordata (vedi sopra al paragrafo n. 8) finisce perconcludere nel senso che il coinvolgimento diretto dei lavoratori daparte dell’impresa, in sé considerato, non può costituire (fattaovviamente salva la verifica dei suoi contenuti concreti) una limi-tazione della libertà né tanto meno dell’attività sindacale.

È molto importante specificare, semmai, che nella parte in cuilo Statuto dei lavoratori riconosce alle rappresentanze sindacaliaziendali la prerogativa di indire le assemblee (art. 20 della legge n.300 del 1970) o il referendum (art. 21 della legge n. 300 del 1970)vuole semplicemente creare degli spazi altrimenti preclusi dall’ob-bligo di svolgimento della prestazione di lavoro (almeno durantel’orario di lavoro, almeno) e, soprattutto, vuole bilanciare il dirittodel datore di lavoro, in qualità di creditore della prestazione dilavoro, di interloquire con i propri dipendenti, durante l’orario dilavoro, di ogni questione direttamente o indirettamente attinentel’organizzazione del lavoro e lo svolgimento della prestazione.

L’assemblea ed il referendum, in altri termini, servono percreare dei momenti essenziali alla formazione della volontà collet-tiva, autonomi rispetto alle interferenze dell’impresa, e, quindi,sono strumenti di esclusiva pertinenza sindacale nel senso che —del tutto comprensibilmente — non è consentito al datore di lavorodi condizionarne l’organizzazione ed il relativo svolgimento.

Ma ciò, sinceramente, non può in alcun modo precludereall’imprenditore il diritto di convocare durante l’orario di lavorodistinte riunioni (anche collettive) con i propri dipendenti o, peraltro verso, di sondare il loro consenso o dissenso su questioni diinteresse sindacale e del lavoro (pur non potendo in tal modo

(44) Cass. n. 1366 del 1976.

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pensare di ricondurre a questa indagine, come ovvio, gli effetti chel’ordinamento, in particolare quello intersindacale, ricollega esclu-sivamente alle consultazioni dei lavoratori indette dai sindacati).Anche questi sono momenti, diversi da quelli prima citati, checoncorrono alla formazione della volontà collettiva. Altra que-stione, ovviamente, resta quella del contenuto di merito delleazioni dell’imprenditore. Di ciò che viene detto o scritto in questimomenti di confronto e del dovuto rispetto, in ogni caso, del ruolodell’interlocutore sindacale.

10. (I social e) Il datore di lavoro nel processo di formazionedella volontà collettiva. —Se le conclusioni sin qui ipotizzate sonocorrette si può dunque ipotizzare a fronte della instabilità infor-mativa (positiva o negativa che sia) apportata dai social media enetwork alle relazioni industriali — sia essa fonte di potenziamentodel sindacato (vedi sopra al n. 3) oppure occasione per l’afferma-zione di forme alternative di opinione e azione collettiva (vedisopra al n. 4) — i datori di lavoro, tenuto anche conto dellaevoluzione dei modelli di organizzazione del lavoro (vedi sopra al n.6), sembrerebbero con maggior convinzione argomentativa ri-spetto passato (vedi sopra da 7 a 9) vieppiù legittimati — anchequale misura di riequilibrio di un nuovo tipo di asimmetria infor-mativa, se pur invertita rispetto a quella tradizionalmente consi-derata dai giuslavoristi perché in questo caso vede l’impresa comesoggetto debole (45) — a stabilire un flusso informativo diretto coni lavoratori.

Unamodalitàdi comunicazione che,nella chiarezzadei reciprociruoli, e nel pieno rispetto delle prerogative delle organizzazioni sin-dacali, renda in modo trasparente visibile la partecipazione del da-tore di lavoro al processo di formazione della volontà collettiva.

(45) Mi riferisco, ad esempio, alle argomentazioni utilizzate dalla giurispru-denza per adattare interpretativamente alle nuove tecnologie la portata delle di-sposizioni dello statuto dei lavoratori, ad esempio, per affermare che il diritto diaffissione (art. 25 della legge n. 300 del 1970) comprende anche il diritto delle rap-presentanze sindacali di utilizzare gli strumenti informativi che sono impiegati daldatore di lavoro per comunicare con i lavoratori (P. Milano 3 aprile 1995, cit.). Ciòproprio nella prospettiva di bilanciare la capacità di comunicazione di impresa esindacato che, oggi, risulterebbe, a parere di chi scrive, fortemente sbilanciata afavore del sindacato se il datore di lavoro non potesse anche intensamente comu-nicare con i propri dipendenti anche mediante le nuove tecnologie disponibili.

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Onde, solo per fare qualche esempio: a) informare i lavoratori (ericevere riscontro) su possibili evoluzioni dell’assetto aziendale osulla adozione di nuove regolamentazioni aziendali (non prima diaver informato le organizzazioni sindacali, ove lamateria sia oggettodi obblighi di informativa sindacale); b) informarli (e ricevere ri-scontro) sull’andamento di un incontro sindacale e/o sulle posizioniassunte dalle parti del corso di una trattativa; c) informarli (e rice-vere riscontro) anche sull’esito della trattativa medesima; d) illu-strare soluzioni contrattuali, individuali o plurime, in materie chenon sono oggetto di trattativa sindacale o che, per altro verso, sonostate oggetto di trattative sindacali terminate senza accordo (a con-dizione, bene inteso, che non sussista un obbligo a contrarre con ilsindacato e che la trattativa sindacale, ove esistita, risulti, pur inmancanza di accordo, compiutamente esperita e conclusa nel ri-spetto dei canoni della correttezza e buona fede).

Non importa se il flusso di comunicazione venga dal datore dilavoro gestito con strumenti più o meno tecnologici (46), anche seè plausibile che siano proprio i social i mezzi inevitabilmentedeputati a tale scopo. E, forse, non è neanche da escludere che isocial si dimostrino in futuro capaci di dare vita a delle formestrutturate di rappresentanza degli interessi che possano esserequalificate come “sindacato” (47) capovolgendosi, in tal caso, laprospettiva sin qui seguita. Giacché la comunicazione tramitesocial, in tale evenienza, vedrebbe come interlocutore del datore di

(46) E. GRAGNOLI, La comunicazione con strumenti elettronici nell’azienda e leprerogative dei sindacati, cit., 338, che già nel 1995 coglieva l’impatto sullerelazioni industriali delle nuove tecnologie digitali anche sotto il profilo delridimensionamento del ruolo delle associazioni sindacali pur dando atto che da ciòfosse difficile rinvenire conseguenze giuridiche e scrivendo, giustamente, che nonha alcuna rilevanza giuridica la natura del supporto (digitale o meno) utilizzatoper la trasmissione dell’informazione. Semmai, una rilevanza la può assumere,anche ai fini della verifica di legittimità della condotta ai sensi dell’art. 28 dellalegge n. 300 del 1970, il contenuto della comunicazione.

(47) B. ROGERS, Social media and workers organizing under U.S. Law, cit.,che esprime perplessità sulla possibilità di dare vita ad una forma strutturata eformale di rappresentanza di interessi sindacali nel rispetto dei requisiti essenzialirichiesti dall’ordinamento USA (ed in particolare in relazione al Wagner Model)quale condizione di protezione dell’azione collettiva. Requisiti selettivi, in verità,assai difficili da rinvenire nel nostro ordinamento sviluppandosi l’azione di tuteladell’interesse collettivo intorno all’ampio e adattabile principio costituzionale dilibertà sindacale (art. 39 Cost.).

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lavoro non più una comunità o un gruppo connesso a una piatta-forma digitale, ed alternativo al sindacato, ma un soggetto porta-tore, in modo strutturale, di un vero e proprio interesse collettivo(art. 39 Cost.).

Ma al di là di questi scenari più o meno futuristici nell’assettooggi dato per il controllo di legittimità è assai importante, intanto,che il flusso informativo diretto impresa/lavoratore non interferi-sca per modi (perché ad esempio anticipatorio o sostitutivo) econtenuti (perché, ad esempio, orientato a screditare il sindacatocon affermazione non vere ovvero a manifestare pratiche discrimi-natorie per ragioni sindacali) sull’esercizio dei diritti, anche dilibertà, delle organizzazioni sindacali (che usano e useranno semprepiù i social, ma sono cosa ben diversa da un social network).

Solo il tempo, e l’esperienza, potrà dimostrare se l’utilizzo diqueste incredibili tecnologie di scambio di dati e informazionipotrà contribuire, come credo sia possibile, anche perché è difficilepensare ad una inversione di tendenza (48), all’individuazione dinuovi (e attesi) equilibri dell’assetto della rappresentanza (anche)sindacale e, di conseguenza, delle relazioni industriali.

SOCIAL, RELAZIONI INDUSTRIALI E (NUOVI PERCORSI DI) FORMAZIONE DELLAVOLONTÀ COLLETTIVA. — Riassunto. Il saggio analizza l’impatto dell’utilizzo dei social media enetwork sulle relazioni industriali con specifico (e contraddittorio) riferimento sia al (teorico) potenziamentodell’attività dei sindacati tradizionali che, da un diverso punto di vista, agli effetti di progressiva disinter-mediazione che tali tecnologie producono anche nel mondo della rappresentanza sindacale. Nel quadro di forteinstabilità che ne deriva, anche in ragione della emersione di gruppi di opinione alternativi al sindacato (forsedestinati a diventare essi stesi sindacato?), e della conseguente imprevedibilità del processo di formazione dellavolontà collettiva, l’Autore pone l’accento sulla necessità che vengano puntualmente definiti i limiti cheincontra il datore di lavoro nell’utilizzo di strumenti di comunicazione diretta (anche tecnologici) con ilavoratori, giungendo alla conclusione che i flussi di informazione diretta impresa/lavoratore in materie dirilevanza sindacale non possono, di per sé considerati, indipendentemente dagli strumenti di comunicazioneutilizzati, essere qualificati come lesivi della libertà e attività sindacale e, anzi, concorrono legittimamente allaformazione della volontà collettiva nel rispetto delle prerogative del sindacato.

SOCIAL, INDUSTRIAL RELATIONS AND (NEW PATHS OF) DEVELOPMENT OF THECOLLECTIVE WILL. — Summary. The essay analyses the impact of the use of social networks onindustrial relations with specific (and contradictory) reference to the theoretical strengthening of trade unionactivity and, on the other side, to the effects of progressive disintermediation that such technologies cause in theworld of Trade Union Representation. In this context of strong instability, also due to the emergence of opiniongroups providing an alternative to trade unions (yet meant to become trade unions themselves?), and theconsequent unpredictability of the collective will-formation process, the Author stresses the need to punctually

(48) Se pur nella prospettiva del rapporto individuale di lavoro in tal sensoanche R. DEL PUNTA, Social Media and workers’ right, cit.

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define the limits encountered by the employer in the use of direct communication tools with his employees,reaching the following conclusion: regardless of the type of communication tool, flows of direct informationbetween Employer/Employees in Trade Unions’ matters cannot be considered to be detrimental to trade unionfreedom and activities and, on the contrary, they legitimately contribute to the formation of the collective will.

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