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International Journal of Lexicography, Vol. 17 No. 4 © 2004 Oxford University Press. All rights reserved. I DIZIONARI DEI SINONIMI E IL LORO USO NELLA TRADIZIONE ITALIANA Claudio Marazzini: Università del Piemonte Orientale,Vercelli ([email protected]) Abstract Dictionaries of synonyms were a test bed for the 19 th century Italian debate on the ‘questione della lingua’. The most prestigious ones followed Girard and Beauzée’s (1736–1769) French model which did not cover the whole vocabulary, but a selection of words. Italian followers of the Enlightenment thought the language had to be set free from worthless and ‘harmful’ synonyms, including phonetic variants and truncated words used in poetry. When Italy reached political unity in 1861, the number of illiterate people was dramatically high. The national language was mastered only by an intellectual elite and was not able to spread. Dialects were used as the primary medium of communication within the family and in everyday life. Consequently, under the action of conservative purism, the Italian language became a sort of dusty storehouse where lexical goods were lying still. This created a deceptive impression of wealth, even though in reality the practical use of the language was being hampered. Dictionaries of synonyms were seen as tools to access such a dangerous wealth. Nowadays, recently published dictionaries show a renewed scientific approach since some authoritative linguists have introduced remarkable changes. Hyperonyms and hyponyms have been distinguished, different registers have been identified, and the problem of providing several structured pieces of information in a limited space has been faced. Modern dictionaries of synonyms also contain thesaurus-like sections, maps of geosynonyms, and lists of adapted toponyms, such as Split/Spalato. 1. I precedenti: la tradizione ottocentesca e la ‘questione della lingua’ 1.1 Fortuna dei dizionari di sinonimi italiani Nel campo della lessicografia italiana recente, il settore dei dizionari di sinonimi ha dimostrato una vivacità uguale se non superiore a quella dei dizionari generali. I frutti di questo lavoro saltano all’occhio: basta una ricognizione quantitativa delle disponibilità editoriali. Sono infatti in commercio almeno una quindicina di opere sui sinonimi, proposte da grandi e piccoli editori, contando sia quelle di formato maggiore sia quelle compatte e variamente ridotte. Alcune di esse godono già da tempo del successo presso il pubblico, sono veri e propri long-seller, come è provato dalle molte ristampe.

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International Journal of Lexicography, Vol. 17 No. 4© 2004 Oxford University Press. All rights reserved.

I DIZIONARI DEI SINONIMI E IL LOROUSO NELLA TRADIZIONE ITALIANA

Claudio Marazzini: Università del Piemonte Orientale,Vercelli ([email protected])

Abstract

Dictionaries of synonyms were a test bed for the 19th century Italian debate on the‘questione della lingua’. The most prestigious ones followed Girard and Beauzée’s(1736–1769) French model which did not cover the whole vocabulary, but a selection ofwords. Italian followers of the Enlightenment thought the language had to be set freefrom worthless and ‘harmful’ synonyms, including phonetic variants and truncatedwords used in poetry. When Italy reached political unity in 1861, the number of illiteratepeople was dramatically high. The national language was mastered only by anintellectual elite and was not able to spread. Dialects were used as the primary mediumof communication within the family and in everyday life. Consequently, under the actionof conservative purism, the Italian language became a sort of dusty storehouse wherelexical goods were lying still. This created a deceptive impression of wealth, even thoughin reality the practical use of the language was being hampered. Dictionaries ofsynonyms were seen as tools to access such a dangerous wealth. Nowadays, recentlypublished dictionaries show a renewed scientific approach since some authoritativelinguists have introduced remarkable changes. Hyperonyms and hyponyms have beendistinguished, different registers have been identified, and the problem of providingseveral structured pieces of information in a limited space has been faced. Moderndictionaries of synonyms also contain thesaurus-like sections, maps of geosynonyms,and lists of adapted toponyms, such as Split/Spalato.

1. I precedenti: la tradizione ottocentesca e la ‘questione della lingua’

1.1 Fortuna dei dizionari di sinonimi italiani

Nel campo della lessicografia italiana recente, il settore dei dizionari disinonimi ha dimostrato una vivacità uguale se non superiore a quella deidizionari generali. I frutti di questo lavoro saltano all’occhio: basta unaricognizione quantitativa delle disponibilità editoriali. Sono infatti incommercio almeno una quindicina di opere sui sinonimi, proposte da grandi epiccoli editori, contando sia quelle di formato maggiore sia quelle compatte evariamente ridotte. Alcune di esse godono già da tempo del successo presso ilpubblico, sono veri e propri long-seller, come è provato dalle molte ristampe.

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Stoppelli (1991), dizionario nato 13 anni fa, ha diverse riedizioni recenti (1999,2001, 2002); nel 1993 è stato stampato anche presso altro editore (la Utet diTorino): i rapporti di proprietà che si intrecciano, nella mutevole situazioneindustriale di oggi, favoriscano o determinano scambi del genere.Analogamente, il dizionario di Rosselli (1989) è stato riproposto dopo quasidieci anni con un titolo modificato e con un marchio editoriale parzialmentediverso (cfr. Rosselli 1997), pur se l’opera risulta la medesima, a parte laPresentazione, scritta a suo tempo dal linguista Francesco Sabatini, al postodella quale si legge ora un saggio del medesimo Rosselli.

Altri esempi di buona durata (intesa come resistenza nell’agone del mercatoeditoriale) sono offerti dal dizionario di Cesana (2001), di cui esisteva giàun’edizione in commercio nel 1967 (citata da Hausmann 1990: 1071), e daquello di Craici (2001), proposto varie volte a partire dal 1988; ma si possonoricordare casi ancora più notevoli: Giampaolo Dossena, presentando nel 1999 lariedizione del dizionario dei sinonimi di Decio Cinti, avvertiva trattarsi di unlibro nato nel 1940, stampato da vari piccoli editori (Ultra, Sormani), entrato nel1958 nel catalogo della De Agostini, dove le edizioni si sono succedute con variinterventi editoriali. Il risultato è stato davvero eccezionale: secondo Dossena,il dizionario di Decio Cinti avrebbe venduto complessivamente un milione dicopie! Del resto riscossero grande successo editoriale anche i più noti dizionaridi sinonimi italiani del secolo XIX, sia quello oggi dimenticato del Grassi, siaquello, ancora famoso e ristampato fino a tempi recenti, di Niccolò Tommaseo.La fortuna del Saggio intorno ai sinonimi di Giuseppe Grassi del 1821 durò pertutto l’Ottocento, probabilmente a causa del suo impiego nelle scuole, anchedopo l’uscita del Dizionario dei sinonimi di Tommaseo, quando il lavoro delGrassi poteva a buon diritto considerarsi superato.

La prima edizione del Dizionario dei sinonimi di Tommaseo uscì in novefascicoli tra il 1830 e il 1832, seguita da una II edizione nel 1833 e da una terza,presso il Vieusseux, a Firenze, nel 1838, con ampia prefazione. Questa del 1838può essere considerata la definitiva, ma, durante il resto della vita, Tommaseocontinuò a curare le ristampe, e il successo del libro si protrasse ancora nelNovecento. Va tenuto presente (spesso non se ne tiene conto) che le varieedizioni dei Sinonimi del Tommaseo non sono uguali, perché l’opera fu soggettaa un continuo rimaneggiamento, anche ad opera del Rigutini (cfr. Tommaseo1905). Sulla complessa storia editoriale dei Sinonimi, peraltro ancora tutta dastudiare, cfr. almeno De Felice (1991: XV–XVI) e Di Biase (1967).

Stando al successo dell’offerta recente e meno recente, dunque, si direbbe cheil pubblico italiano abbia ‘fame’ di sinonimi. Ma la fortuna di questi dizionarinon si riduce a un fenomeno commerciale. Le più recenti realizzazioni mostranoun rinnovato impegno scientifico, che si è tradotto in un sostanzialecambiamento rispetto alla tradizione lessicografica. Alcuni autorevoli linguistisono intervenuti positivamente in un settore che si presentava piuttostoripetitivo. Queste opere, sulle quali ci soffermeremo più avanti, hannoinnegabile valore scientifico e mostrano un’ambiziosa volontà di innovare.

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1.2. I precedenti

1.2.1. Il precedente più autorevole: Tommaseo. Il poliedrico Tommaseo, chenon era un linguista in senso stretto, ma un prolifico letterato, poeta e narratore,oltre che patriota, ha lasciato una traccia indelebile anche nel campo dellalessicografia generale: diversi anni dopo aver composto i Sinonimi, realizzòinfatti (assieme a Bernardo Bellini) il maggior dizionario della lingua italianamai portato a termine fino ad allora (si veda il contributo di Beltrami e Fornarain questo stesso fascicolo). La pubblicazione del suo monumentale Dizionariodella lingua italiana coincise con la realizzazione dell’Unità politica dellaPenisola, ciò che diede all’opera, per giunta, un forte valore simbolico. ISinonimi, di cui ora ci occupiamo, vennero prima: segnarono appunto l’avvio eil primo successo nell’attività lessicografica dello scrittore dalmata. Sonodunque una delle prove iniziali di colui che era destinato a diventare il piùillustre vocabolarista italiano dell’Ottocento, famoso fra l’altro per lapartecipazione con cui travasò la sua forte personalità nelle voci lessicografiche.La partecipazione emotiva, umorale, del Tommaseo nella compilazione delgrande Dizionario della lingua italiana è ben nota, ma anche trent’anni prima,nei Sinonimi, Tommaseo aveva messo in luce la propria personalità, facendo usodelle voci lessicografiche, con un gusto polemico che anticipava gli esitisuccessivi. Per sincerarsene, basta scorrere le voci di maggior peso ideologico opolitico, come quella dedicata alla distinzione tra Senato consulto, Decreto delsenato, Plebiscito. Così conclude l’autore parlando di Plebiscito (Tommaseo1859: I.501):

Plebiscito era una legge fatta dalla plebe; e dicevasi scitum, o perché sipensava che la plebe allora sapesse quello che la si faceva o voleva, o perindicare che, fattole sapere quel ch’altri volesse, ella poi deliberando parevadire: anche io lo sapeva e voleva il medesimo. Questa voce, con inaspettatarisurrezione, riapparisce in Francia, il paese delle novità vecchie.

Questo commento non si trova nella edizione 1838 del dizionario, e nemmenoin quella del 1851: infatti l’annotazione su plebiscito è legata all’attualitàpolitica, cioè all’uso di questo strumento da parte di Napoleone III, il quale neldicembre 1851 vi fece ricorso per legittimare il colpo di stato con cui avevaabolito l’Assemblea legislativa, e nel 1852 lo utilizzò nuovamente per diventareImperatore. Trent’anni dopo, nel grande Dizionario della lingua italiana, lavoce Plebiscito sarebbe stata registrata con il seguente commento, ancorapolemico, ma più pacato, se raffrontato con lo spirito sarcastico di cui l’autoreaveva dato prova in precedenza: ‘Voce rifatta stor. da Luigi Napoleone; eravvivata in Italia per le solite imitazioni di Francia, come Arrangiare e Frisore’.È evidente che un lessicografo di oggi eviterebbe di far entrare nelle definizionicosì pesantemente e liberamente l’attualità politica e i propri giudizi su di essa.Del resto la divagazione e il commento sono caratteristici del dizionario deisinonimi di Tommaseo, che in alcuni casi addirittura non sembra discutere di

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sinonimi veri e propri, ma di parole analoghe, o appartenenti a una sferasemantica simile, come è anche il caso citato di Senato consulto, Decreto delsenato, Plebiscito.

1.2.2. Il modello francese. Prima di Tommaseo, pochi italiani si erano occupatidi sinonimie: si possono citare, tra i radi precursori, il Rabbi nel Settecento, ilRomani e il Grassi nel primo Ottocento (sui quali si vedano le acuteosservazioni di Giovanardi 1987: 460–496). L’Italia non era stata affattoall’avanguardia in questo campo di ricerche, per le quali, piuttosto, eranecessario far riferimento agli studi d’Oltralpe: anche il Tommaseo, occu-pandosi di sinonimi, del resto, prese le mosse dai risultati ottenuti dalla culturalinguistica francese del Settecento, che poteva vantare studiosi quali Girard,Beauzée e Roubaud. Hausmann (1990: 1068) cita una traduzione italiana deisinonimi di Girard e Beauzée, ‘In Italy, a final Girard-translation appeared in1829’, ma dalla citazione bibliografica si ricava che il libro, di tal J.-H. CarlAlbrecht, fu stampato a Parigi, non in Italia, e da autore che non pare italiano.

I principi elaborati dai francesi, relativamente all’inesistenza della perfettasinonimia e alla distinzione tra ‘idea principale’ e ‘idea accessoria’, venneroutilizzati con larghezza da Tommaseo, il quale seppe tuttavia impiegare le nuoveidee collegandole in maniera produttiva a una questione tipicamente italiana, lafamosa ‘questione della lingua’, l’annoso dibattito sulla norma, molto intensonell’Ottocento, nel periodo immediatamente precedente alla realizzazionedell’unità politica della nazione (1861). Mi pare che la prefazione di Tommaseoai Sinonimi contenga molti elementi utili per comprendere le ragioni profondeche determinarono il successo dei dizionari di sinonimi nell’Italia ottocentesca,in relazione alla particolare situazione sociolinguistica del Paese.

Il modello francese spiega la forma, diversa da quella di oggi, caratteristica dialcuni di questi dizionari ottocenteschi, i quali, prima di tutto, non coprono enon intendono coprire tutto il lessico, ma propongono una quantità di vociselezionate. Altra caratteristica mutuata dai modelli d’oltralpe (cfr. Auroux1984: 98–99 e Giovanardi 1987: 460 e 477), presente sia nel Grassi sia nelTommaseo, e ancora rintracciabile in realizzazioni successive (cfr. ad es.Marenduzzo 1935), si riconosce nelle entrate costituite da più lemmi, allineatil’uno a fianco all’altro, in numero anche piuttosto elevato, con un minimo didue, e non necessariamente in ordine alfabetico. La prima voce del Grassi è‘Accordare, Concedere’, la terza è ‘Allegrezza, Giubilo, Gioia, Letizia, Gaudio’(cfr. Grassi 1862: 41 e 46). La prima voce del Tommaseo (1851: 1) è‘Abbagliare, Abbarbagliare, Abbacinare, Offuscare’, ma poco più avanti(Tommaseo 1851: 6) troviamo una voce complessa che porta come ricchissimaentrata la seguente serie multipla: ‘Abbassare, Avvilire, Umiliare. / Abbassarsi,Umiliarsi, Degradarsi, Avvilirsi’. Ancora meglio, la voce Imbestialire(Tommaseo 1851: 432):

IMBESTIALIRE, ENTRARE IN BESTIA, SALTARE IN BESTIA, MONTARE IN BESTIA,ESSERE IN BESTIA, USCIR DE’ GANGHERI, INFURIARE, ENTRARE IN FURIA,

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MONTARE IN FURIA, ESSERE, MONTAR SULLE FURIE, MONTAR LA FURIA, LA

RABBIA, LA STIZZA, LA COLLERA, DAR NELLE FURIE, ESSERE IN FURIA,MONTARE IN COLLERA, IN RABBIA, IN IRA, IN FURORE, DARE IN

ESCANDESCENZE.

La trattazione illustra poi in maniera accurata la distinzione dei vari elementidella serie. Questo, dunque, era il risultato del modello francese, cheprivilegiava l’aspetto semasiologico. La tradizione italiana, invece, offriva, alsolo scopo di favorire la variatio stilistica, un diverso modello di dizionario disinonimi, basato sull’offerta di ‘ricchezze’ accumulate senz’ordine, tratte a manbassa dagli autori classici, mescolate alla rinfusa senza indicazioni sull’esattoimpiego, sulla fonte, sul prevedile livello di comprensibilità o sull’eventualearcaicità dell’espressione. Esemplificherò questo tipo di dizionario mediante ilriferimento a un’opera assolutamente ignota agli studiosi, pubblicata a Torinonel 1792, concepita da un insegnante e non estranea all’uso scolastico. Si legga,da questo dizionario, la voce Morire (Frencia 1792: 239–40):

MORIRE, uscir di vita, esalare l’anima, o lo spirito, o il fiato, fare l’ultimopasso, chiudere gli occhi per sempre, dare l’ultimo crollo, tirar le calze, o ilcalzolino, tirar le cuoia, batter la capata, serrar le pugna, ripiegar le insegne,o le bandiere, lasciar la pelle, andare tra i più, andar al cassone, andar a buda,andar a baborivegoli, andar a dar beccare a’ polli, andar a ingrassar ipetronciani, andar a rincalzar il pino, o i cavoli, cascar da pollaio, far gheppio,dar le barbe al sole; mori; de vita migrare; interire. Morir povero, morir dameschino, morir in paglia, egenum mori. Morir vergine, morir senza averperduta la verginità, morir colla ghirlanda, virginei pudoris intemerato floremori; virginitatem ad mortem servasse, o penpetuo coluisse.

È facile immaginare quali esiti devastanti potesse produrre la consultazionedi un dizionario del genere, presentato dall’autore come un mezzo per ‘alzareun po’ più lo stile’ con il ‘dipartirsi dal parlare ordinario, e famigliare [. . . ]usando espressioni metaforiche, e figurate, le quali, essendo più acute,ingegnose, ed elevate, possono a buona ragione chiamarsi il sale e il condimentodel discorso’ (Frencia 1792: 3) Quanto al soggetto, poi, il tema del ‘morire’ nonpuò non fare venire in mente, per analogia, un’operina saggistica del Morandi,dedicata alla raccolta di 170 sinonimi del ‘morire’, connessa dunque più o menodirettamente con il genere della sinonimia (cfr. Morandi 1883).

L’esistenza di dizionari come quello del Frencia, con gli obiettivi dichiaratidall’autore, spiega quale carica innovativa avesse l’applicazione dei principid’oltralpe, messa in atto nelle opere di Grassi e di Tommaseo, lessicografi mossida una concezione completamente diversa, i quali badavano alla sostanza delsignificato e alla precisione della comunicazione, sul modello della justessefrancese, piuttosto che alla variatio retorica e all’esibizione delle ‘bellezze dilingua’. Del resto anche il Romani aveva condannato questa insensata ‘caccia alsinonimo’ messa in atto dai letterati italiani (Romani 1825: 189):

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La sterminata copia de’ vocaboli che dal Vocabolario della Crusca sonoconsiderati per sinonimi, benché tali non siano che in apparenza, reputooriginata dalla pregiudicata opinione per lungo tempo invalsa ne’ letteratid’Italia, che la sinonimia fosse uno de’ principali pregi ed ornamenti dellalingua nazionale; e forse mosso da questa persuasione il Rabbi compilò il suoDizionario di soli Sinonimi italiani, le cui ripetute edizioni nel prossimopreceduto secolo provano vieppiù la generalità di cosiffatta mal fondataopinione.

Per ‘soli sinonimi’ intende probabilmente ‘sinonimi perfetti’, senzadistinzione tra quelli che egli stesso definiva i ‘sinonimi veri’ e i ‘sinonimiapparenti’. Per ‘prossimo preceduto secolo’ intende l’ultimo secolo precedentea quello suo, cioè il sec. XVIII.

Ci si potrebbe chiedere dove e in che modo il Romani traesse quelli chedefinisce i ‘sinonimi’ del Vocabolario della Crusca: è probabile che l’autore siriferisse alle definizioni proposte da quel dizionario, le quali sono quasi semprecostruite appunto mediante l’allineamento di sinonimi, secondo una tecnica delresto bene nota, che può essere esemplificata dalla voce che segue (Crusca1691: 88): ‘AMPLIARE: accrescere, dilatare, rendere ampio [. . . ]’. In qualchecaso, inoltre, la Crusca avverte che una determinata espressione ‘vale’ comeun’altra, e l’indicazione potrebbe essere interpretata come una marca disinonimia ante litteram. Si vedano i seguenti esempi (Crusca 1691: 87 e 125):‘A MODO. Posto avverbial[mente] vale, come, In guisa, in maniera’; ‘[s.v. AMONTE] Andare, e Mandare a monte: [. . . ] vale Abbandonare’; ‘[s.v. APPRODARE]Approdare i campi, vale Fare i ciglioni, o por le viti, lungo la proda’. Come sivede, si potrebbe aprire il discorso sulla presenza occulta di un dizionario deisinonimi all’interno del dizionario generale, nell’epoca in cui non esistevaancora uno specifico dizionario dei sinonimi, indipendente e autonomamentedefinito.

Nel sec. XVIII la ricchezza dell’italiano letterario, universalmentericonosciuta, fu giudicata una debolezza, alla luce della concezione razionalistadella lingua, intesa dagli Illuministi come uno strumento di verità e diinterpretazione razionale della realtà. L’uso rigoroso e scientifico sembrava incerti casi radicalmente opposto al peso di una soverchiante tradizione letteraria.Il passato appariva come un ostacolo da rimuovere, almeno in parte, per andareserenamente incontro al futuro. Molti illuministi italiani, abbiamo visto,condivisero questo punto di vista e si posero il problema di liberare la lingua daisinonimi inutili, considerati dannosi. Va detto che ai loro occhi apparivano‘sinonimi’ anche le varianti fonetiche (core / cuore), le parole tronche di usopoetico (piè / piede), le parole con accento spostato (pieta / pietà). Lieve e leve,osservava Cesarotti (1800: 119) ‘per un orecchio sensibile [. . . ] non son lostesso’: e si noti che, citando questo particolare esempio, Cesarotti nonproponeva affatto l’omologazione, anzi rivendicava il diritto dello scrivente difar uso dell’una o dell’altra forma, a seconda dei casi e delle esigenzeparticolari. Sinonimi erano dunque tutti i tipi di doppioni che la lingua offrisse,

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avendo la lingua stessa raccolto molto, troppo materiale lessicale, in secoli digrande e meno grande tradizione letteraria, sempre al di fuori del controlloselezionatore dell’uso vivo. L’italiano trascinava con sé una grande quantità diarcaismi, legati non solo all’impiego letterario, ma anche al conservatorismolessicografico della Crusca, alla diffusione delle idee e della prassi del Purismo,all’oggettiva mancanza dell’uso vivo che regolarizzasse il lessico, eliminandoquanto risultava irrimediabilmente obsoleto. Nel campo della terminologiatecnica, veniva avvertito come urgente il problema dei geosinonimi, usati nellediverse zone d’Italia per indicare oggetti della bottega artigiana, strumenti,materiali, tecniche. Al posto di questi termini oscillanti e di uso locale, notavanomolti osservatori, spesso si imponeva il forestierismo. Quindi la sinonimiasovrabbondante finiva per danneggiare la purezza della lingua. Non vi è dubbio,quindi, che alla fine del sec. XVIII il problema dell’eccesso di sinonimi nellalingua italiana fosse avvertito non di rado come un handicap, almeno da coloroche erano estranei a posizioni tradizionaliste e cruscanti.

1.2.3. Una lingua iperletterata ed elitaria. Nel momento in cui si realizzòl’unità nazionale (1861), l’Italia si trovò a fare i conti, drammaticamente, conuna situazione difficilissima, a causa dell’arretratezza culturale del popolo edell’altissimo numero di analfabeti: la lingua ‘nazionale’ era patrimonio deidotti, per secoli, l’italiano era stato strumento della cultura più elevata, senzamai raggiungere e nemmeno cercare una vitale circolazione nella società intera.Lo spazio della comunicazione familiare e quotidiana era dominato in manieraincontrastata dai dialetti. La lingua italiana si era perciò trasformata, sotto laspinta del purismo conservatore e del tradizionalismo cruscante, in un enormedeposito stratificato e polveroso, un magazzino in cui era entrata una granquantità di merce, ma non era mai stato gettato via nulla, mai nulla rinnovato.Tutto si accumulava, dando l’impressione illusoria di un’enorme ricchezza, inrealtà creando imbarazzo al momento dell’utilizzazione pratica.

Questa situazione fu ben chiara al Manzoni, ma anche prima del grandelombardo molti intellettuali italiani, tra Settecento e Ottocento, quali il Denina(1985: 81), il Leopardi (si veda ad esempio lo Zibaldone alla data del 10–13agosto 1821), il Romani (su quest’ultimo, cfr. Della Valle 1993: 79), avvertironoil problema, e reagirono negativamente di fronte alla falsa ricchezza,condannando l’eccesso di sinonimi a cui si accompagnava, paradossalmente, lamancanza di parole necessarie nella vita comune e nei settori più moderni,maggiormente legati alla tecnica. Tommaseo si inserisce senz’altro in questalinea. Scriveva nei Sinonimi: ‘Per non ricorrere alla norma d’un determinato usovivente, la lingua nostra dall’una parte è sopraccarica d’ornamenti, dall’altra èignuda o rattoppata di cenci stranieri’ (Tommaseo 1851: XXV). Il Dizionariodei sinonimi di Tommaseo si trasformò dunque in un manifesto per ilrinnovamento della lingua italiana. In esso trovò spazio il dibattito sullaquestione della lingua, con l’elogio esplicito del toscano vivente e dellamodernità. Le posizioni espresse in quell’occasione furono più radicali rispettoalla successiva evoluzione del pensiero dell’autore. Più tardi, nel 1868, infatti,

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Tommaseo fu tra coloro che non si schierarono dalla parte della Relazione diManzoni Sull’unità della lingua e sui mezzi per diffonderla. Il Dizionario deisinonimi, però, era assai più vicino a posizioni toscaniste di tipo ‘naturalistico’,che possono essere facilmente avvicinate a quelle di Manzoni.

1.2.4. Lo scopo del dizionario di sinonimi: lo svecchiamento della lingua.Tommaseo, nel momento in cui abbracciava le teorie toscaniste, favorevoliall’uso vivente, attribuiva al dizionario dei sinonimi un compito di granderilievo che andava ben al di là della semplice utilizzazione pratica, comeprontuario o ausilio alla scrittura. Si trattava di ‘determinare il significato diciascuna voce viva: e togliere dall’uso le voci che non significano idea négradazione d’idea [. . . ]. Doppio è dunque l’uffizio di tali lavori: dare ledifferenze delle voci ancor vive; e delle morte, o viventi languida vita ed inutile,celebrare la sepoltura’ (Tommaseo 1851: LVIII). Il dizionario dei sinonimi avevaun obiettivo molto importante: doveva servire niente meno che allosvecchiamento della lingua nazionale. In questo modo il problema dei sinonimi,nel contesto italiano, andava al di là dell’orizzonte speculativo che era statoproprio degli studiosi francesi del Settecento, i quali ne avevano fatto soprattuttouno strumento filosofico per verificare il valore ‘ideologico’, la justesse dellalingua ai fini della verità e della chiarezza comunicativa. Al tempo stesso,Tommaseo respingeva un’altra prospettiva, che possiamo definire ‘storica’,avanzata da uno dei suoi predecessori, il lessicografo piemontese GiuseppeGrassi. Il Grassi, nel Saggio intorno ai sinonimi (1821, poi più volte ristampatoe ampliato), aveva cercato di utilizzare l’etimologia come guida per mettereordine nel significato delle parole. Tommaseo ribatteva che ‘la scienzaetimologica, sola per sé, non basta [. . . ] a governare l’uso della lingua, e a tenerele veci di quello’ (Tommaseo 1851: XXXVI–XXXVII). Non sarà mai vietato,egli osservava, da clamo il chiamare a bassa voce, né da senior il dire a unbambino signor sì.

1.2.5. Un dizionario per la lettura continuata. Mi pare evidente, dunque, chenella tradizione italiana il dizionario dei sinonimi è stato un banco di prova delleidee sulla questione della lingua, almeno nel secolo XIX. Come nel dizionariogenerale, in esso si è manifestato lo scontro tra opposte scuole di pensiero. Cisono buoni motivi per credere che nell’Ottocento i dizionari di sinonimi, inparticolare quelli di piccola mole, alla maniera del Saggio del Grassi, entrasseronelle scuole come libri di testo o come sussidi, proprio in virtù dellaformulazione delle voci: questi dizionari non erano pensati solo per laconsultazione, ma anzi si prestavano a una piacevole lettura continuata. Ildizionario del Grassi, così come quello del Tommaseo, è redatto in modo daassomigliare a volte a una conversazione, a un intrattenimento. La serie deipiccoli saggi semantici (questa definizione risulta a questo punto più calzante diquella tecnica di ‘voci’) si presenta in queste opere senza la struttura rigida esistematica che oggi è considerata necessaria ai dizionari di sinonimi, e che dasecoli, anche in Italia, era già propria dei lessici generali.

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2. La produzione recente

2.1. Suggerire il sinonimo: dall’elenco all’interpretazione

2.1.1. Il modello più elementare. Nella produzione moderna dei dizionari disinonimi italiani, lasceremo da parte una serie di opere meno significative, chesi limitano a fornire per ogni lemma una lista di parole, senza distinzioni disignificato, o con indicazioni molto generiche, secondo il seguente modello(esemplifico su Giocondi 1994: 119):

bàrca s.f. imbarcazione, natante, battello, motoscafo, canotto, canoa,scialuppa, lancia, piroga, gondola, sambuca, chiatta, peschereccio, yacht /(fig.) amministrazione domestica, ménage, baracca, affari, commercio.

Come si vede, l’elencazione accomuna oggetti anche molto diversi dallaparola di origine, includendo termini forestieri, e specificando solo ladistinzione tra uso proprio e figurato, quest’ultimo richiamato per modi di direquali ‘essere tutti nella stessa barca’ o ‘se la barca va a fondo ci rimettiamotutti’, la cui conoscenza è peraltro presupposta. Verso questi tipi di dizionario,Rosselli (1997: IX) mostrava un certa ironica diffidenza, paragonandoli al fastfood rispetto al ristorante di qualità, e suggerendo di battezzarli ‘prontuari’,‘repertori’, non ‘dizionari’, stante la mancanza, al loro interno, proprio delle‘dizioni’ o ‘frasi’. Il rischio insito in opere del genere, sempre secondo Rosselli(1997: X), sta nella possibilità che la serie indifferenziata induca in errore,suggerendo un termine fuori corso o di registro inadeguato alla situazione. Inrealtà, come si vede nell’esempio che abbiamo sopra riportato, il pericolo non èsolo quello di contaminare livelli stilistici e formali differenti, ma anche diconfondere aree semantiche o referenti imparagonabili. È ovvio che la listaindifferenziata si giustifica in un prontuario di piccola mole, economico, di usoveloce, in cui la scelta è affidata quasi per intero alla competenza dell’utente, eil vocabolario serve soprattutto come aiuto della memoria, con la funzione di‘pronto soccorso lessicale’, come ha scritto Erasmo Leso (nella Premessa aFolena e Leso 1997: V). In fondo non è diversa la funzione offerta dal dizionariodei sinonimi che correda i comuni programmi di scrittura, i quali propongonouna lista di parole, senza alcuna ulteriore indicazione. Si consulti il Dizionariodei sinonimi e termini relati, che correda Word 2000 di Microsoft, definito dalsoftware con l’appellativo, all’inglese, di Thesaurus (in Italia, e in genere inEuropa, fino all’avvento dei tesauri elettronici per la ricerca di informazioninelle banche di dati, il thesaurus o tesoro non era un dizionario di sinonimi, maun repertorio lessicale di grande mole, o tendente alla completezza, almeno perdeterminati periodi o settori). Si vedrà che usando per campione la parola‘barca’ si ottiene la seguente lista (nell’ordine): imbarcazione, natante,navicella, battello, chiatta, yacht, scialuppa, canotto, gondola, canoa, piroga. Ilprogramma suggerisce inoltre l’esistenza del secondo significato metaforico di‘barca’, relativo all’‘amministrazione domestica’, proponendo la scelta tra le

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seguenti alternative: amministrazione domestica, famiglia, menage (sic),baracca, lavoro, affare, commercio. I suggerimenti sono praticamente identici aquelli che si ottengono consultando un repertorio cartaceo come quello diGiocondi (1994), cioè uno strumento tra i più semplici e senza ambizioni.

2.1.2. Il modello analitico. È ovvio che un dizionario dei sinonimi, per andareal di là della semplice elencazione, sarà costretto a istituire gerarchie e fornireprecisazioni. Tutti i maggiori dizionari procedono per questa strada, articolandotuttavia le rispettive voci in maniera diversa. Paragoneremo il lemma ‘Barca’ inalcuni dizionari tra i più comuni e utilizzati. In Pittàno (1997) la struttura dellavoce è ancora vicina al modello dell’elenco indifferenziato da cui abbiamopreso le mosse, anche se vengono integrati nuovi elementi. C’è l’aggiunta diBarca nel significato di ‘bica’, ci sono nuove indicazioni fraseologiche e nuovirinvii, a cui si è guidati anche attraverso alcuni espedienti grafici, come l’uso delfondino grigio:

Per staccarsi dalla scarna indicazione dei sinonimi indifferenziati, si devericorrere a una trattazione ampia e commentata, la quale incrementanotevolmente lo spazio occupato. Un esempio di questa soluzione si ha inRosselli (1997: 119):

Entro parentesi quadra troviamo l’etimologia, ma soprattutto troviamo una seriedi definizioni simili a quelle del comune dizionario, attraverso le quali isinonimi vengono differenziati in piccoli gruppi. Non sono presenti alcunipseudo-sinonimi molto specifici, che abbiamo incontrato nei dizionariprecedenti, ad esempio non compare il termine ‘gondola’, che del resto ècircoscritto alla laguna di Venezia. L’uso figurato viene limitato a una serie di

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frasi idiomatiche. I primi tre sinonimi indicati (i più generici), battello,imbarcazione e scafo, restano tra loro indifferenziati, mentre i sinonimi descrittinel seguito della voce sono classificati in maniera accurata. Un dizionario cosìconcepito offre una serie più ampia di indicazioni. Lo spazio occupato dallavoce è maggiore, anche se il numero totale dei sinonimi presentati, consideratoin assoluto, può essere persino minore rispetto ai suggerimenti dei dizionari cheabbiamo definito ‘a elenco indifferenziato’. In realtà, una trattazione ancora piùestesa si ritrova in Cinti (1999: 67–68), in cui tutti i termini più o meno analoghia ‘barca’, dapprima elencati senza alcun commento, vengono definiti uno peruno. Va osservato però che questa ampiezza di descrizione è casuale, perché lavoce ‘barca’ fa parte di quella serie limitata di voci per le quali la revisioneeditoriale del vecchio dizionario del Cinti ha comportato l’aggiunta di unadiffusa ‘scheda di sinonimia ragionata’ (si dichiara che tali schede sono in tuttocirca 400: cfr. Cinti 1999: IX). Inoltre va osservato che la citata scheda noncompie alcuno sforzo per organizzare la materia, ma semplicemente provvede afornire una definizione o una sommaria descrizione, molto discorsiva (priva diformalizzazioni o abbreviazioni), per ognuno dei vari natanti proposti comepossibili sinonimi di ‘barca’, più o meno come se l’utente cercasse i vari terminiin un comune dizionario dell’uso. Secondo la presentazione di Dossena (in Cinti1999: VIII), attraverso questi inserimenti ‘«il vecchio Decio Cinti» diventa unottimo «dizionario analogico»’. Vedremo più avanti come sia difficile superareil tratto di strada che separa un dizionario dei sinonimi da uno analogico, e comesia di per sé problematico per la sua ampiezza il concetto di ‘dizionarioanalogico’ a cui si fa talora riferimento con una certa leggerezza.

2.1.3. Il modello analitico evoluto. Solo i dizionari più recenti, quelli sui qualici soffermeremo in seguito in maniera dettagliata, si sono posti il problema diconciliare spazio e informazione, cioè di far sì che l’occupazione di righe fossela minore possibile rispetto alla notevole quantità di informazioni fornite,relativamente all’uso e significato dei vari sinonimi proposti. Di esemplarebrevità è la voce nel De Mauro (2002: 115):

Tralasciamo per ora quello che è il tratto più caratteristico del dizionario di DeMauro, cioè l’impiego delle ‘marche d’uso’, sulle quali torneremo in seguito.Esse sono costituite da coppie di lettere maiuscole, in carattere nero per la vocea lemma, in carattere rosso per i sinonimi proposti. Nella nostra riproduzione

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della tavola 3, il carattere colorato non è distinguibile, in quanto abbiamo adisposizione solo il colore grigio. Dunque la riproduzione fa torto alla graficadi questo dizionario, diminuendone il grado di perspicuità. A prescindere dalle‘marche d’uso’, comunque, la voce si articola in due sezioni, distinguendo labarca ‘a remi’ e ‘a motore’ (non è dunque presente la tipologia della ‘vela’), eindividuando in questo modo una doppia serie sinonimica. Anche in questocaso, come nel modello ‘a elenco indifferenziato’, mancano indicazionidiscorsive sulla differenza tra gli pseudo-sinonimi. Non vi è alcun commentodel compilatore che possa essere usato come guida, ma in compenso si è fattoricorso a una soluzione semplice quanto scientificamente indiscutibile: si èprecisato che quelli elencati, tranne il primo, sono iponimi (‘IPON.’ in carattereneretto). Aggiornata rispetto all’uso comune dell’italiano è l’indicazione delsignificato di ‘barca’ per ‘panfilo’, anche se non si ricava la litote, la quale, consnobismo civettuolo, accompagna sovente tale designazione, applicata a quelloche sarebbe propriamente un ‘cabinato con motore entrobordo’, o, inalternativa, un ‘veliero con deriva fissa, a due o tre alberi’. Molto sintetica equasi sibillina risulta infine l’indicazione ‘tess.’ del significato 4, che segue il 3metaforico: si tratta infatti di un significato tecnico, relativo all’industria tessile,come precisa del resto l’abbreviazione ‘TESS.’; ma non è facile intenderne ilsenso, se non si fa ricorso al dizionario generale di De Mauro, dal quale sievince che ‘barca’ può essere anche una speciale vasca usata per la tintura dellestoffe. In sostanza, il dizionario di De Mauro, ricorrendo all’indicazione di‘iponimo’, riesce a conciliare la correttezza semantica con la massimasemplicità ed economia di struttura.

La soluzione usata non è molto diversa da quelle a cui fa ricorso il più recentevocabolario di sinonimi, di Simone (2003: 102-3):

La voce presenta un’accurata etimologia (assente in De Mauro 2002). Entroparentesi quadre, con un carattere diverso, viene introdotta per ognuno dei due

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significati individuati la definizione lessicografica, nella quale vienemenzionata anche la barca a vela, oltre a quelle a remi e a motore (viene lasciatocadere, per contro, il termine tecnico dell’industria tessile). Nella voce, vieneutilizzato (come già in De Mauro 2002) il colore rosso, nei numeri arabi cheindividuano i significati, e anche in una serie di simboli che risultanofondamentali per la lettura. Qui vediamo il segno ≈, che apre il campo oleisinonimi. Tra i sinonimi, è dato considerevole spazio alle forme letterarie,assenti nella corrispondente voce del De Mauro (2002). Un tondino rossointroduce le espressioni idiomatiche e figurate, evitando di assegnare unsignificato specifico a ‘mandar avanti la barca’, nel senso di ‘mandar avanti lacarretta’. Si tratta infatti di un’accezione limitata allo specifico contesto. Ladoppia freccia, infine, introduce i contrari. Vi è inoltre un altro simbolostampato in colore nero, in forma di freccia diretta verso il basso, con l’astadisegnata a linea doppia: introduce gli iponimi. Tra questi iponimi, ne troviamoalcuni molto specifici, come la ‘gondola’, che era stata eliminata in altridizionari. Le indicazioni fornite sono dunque abbondanti, espresse in formasintetica e opportunamente formalizzate. Va notato che il dizionario di Simoneusa indicare mediante sottolineatura il sinonimo ‘tipico’, cioè corrente, sicuro eusuale. Qui, nella voce Barca, tale indicazione non è fornita, perché talesinonimo non esiste. Occorre che il lettore della voce se ne renda conto.L’assenza di questo segno costituisce infatti un avviso di fondamentaleimportanza. Nonostante ciò, restano aperti, inevitabilmente, alcuni problemi chesi riscontrano in ogni trattazione relativa alle sinonimie, nelle quali in molti casipermane un margine di soggettività. Infatti, se ci limitiamo a confrontare isinonimi suggeriti dai diversi dizionari, notiamo che non c’è pieno accordo. Ildizionario di Simone (2003) propone innanzitutto battello, imbarcazione escafo, prima della lista degli iponimi (escludiamo dalla nostra indagine i terminiindicati come ‘letterari’). La scelta è identica a quella di Rosselli (1997), mentreDe Mauro (2002), prima di indicare gli iponimi, propone il solo imbarcazione.In effetti la sua scelta è comprensibile: evita il problema del significato piùampio di ‘battello’, termine che molto spesso, per estensione, indica unità navalidi dimensioni grandi, anche a vapore e per trasporto di passeggeri, sul modellodel francese bateau. Quanto a scafo, l’eliminazione potrebbe essere giustificatadal fatto che il significato primario è quello di una specifica parte della barca odella nave. Tra i grandi dizionari italiani, quello di Duro (1994: 88-89) nonsegnala nemmeno l’uso esteso per metonimia, che tuttavia troviamo registratoin De Mauro (1999: 916), classificato però come di ‘basso uso’ (statisticamentepoco frequente), riferibile tanto a barche, quanto a navi vere e proprie. Tutti isinonimi di pronto uso utilizzabili per ‘barca’, quindi, se non sono iponimi, sonodi fatto iperonimi, perché tale è anche il genericissimo ‘imbarcazione’ propostoda tutti i dizionari: ma nessun dizionario avverte che le cose stanno così.

Voglio precisare che il confronto non è stato fatto allo scopo di criticarel’operato dei vari lessicografi. Le osservazioni non mirano a suggerire come sisarebbe dovuto procedere nella compilazione della voce ‘barca’. La scelta di

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questa voce è stata puramente casuale, per mettere in luce problemi analoghi aquelli che emergerebbero comparando altri lemmi, senza contare cheprobabilmente la maggior parte dei problemi individuati rientranonell’ineludibile inafferrabilità della perfetta sinonimia, ben nota a tutti. Losforzo dei dizionari più recenti per raggiungere un livello di strutturazionerigoroso e per aderire alla realtà dell’italiano contemporaneo va comunquetenuto nel debito conto.

2.1.4. Il compromesso tra spazio e informazioni. Diamo dunque per acquisitoche l’utente possa trarre maggior vantaggio da un dizionario dei sinonimi ilquale fornisca un numero maggiore di informazioni, evitando il sempliceallineamento delle sinonimie senza specificazioni. Diamo anche per acquisitoche l’organizzazione sistematica della voce e l’uso di appositi simboli, come inSimone (2003), permetta di risparmiare spazio, rispetto alle descrizioni diffuse,usate ad esempio da Rosselli (1997), le quali, per converso, evitano al lettore lafatica di imparare l’uso dei simboli, ciò che può essere vantaggioso, perlomenonel caso di una consultazione occasionale e saltuaria. Resta da verificare se lacompilazione di voci molto diffuse abbia comportato in certi casi unadiminuzione del numero dei lemmi. Verificheremo dunque le voci presenti neidizionari or ora esaminati, raccogliendo, a scopo di campionatura, le cinque vociprecedenti e le cinque voci seguenti il lemma ‘barca’:

Giocondi (1994): barbaro, barbiere, barbiturico, barbone, barboso, barca,barcamenarsi, barcollare, bardare, barella, barellare.

Pittàno (1997): barboso, barbudo, barbugliare, barbuta, barbuto, barca,barca (sign. 2), barcaccia, barcaiolo, barcamernarsi, barcarizzo.

Rosselli (1997): barbogio, barbone, barboso, barbugliare, barbuglione,barca, barca (sign.2), barcaiolo, barcamenarsi, barcheggiarsi, barco.

De Mauro (2002): barbozza, barbudo, barbugliare, barbula, barbuto,barca, barca (sign.2), barcaccia, barcaiolo, barcamenarsi, barcarola.

Simone (2003): barbogio, barbone, barbosità, barboso, barbugliare, barca,barca (sign.2), barcaccia, barcaiolo, barcamenarsi, barcollante.

Come si vede, gli elenchi non sono omogenei. Entreremo in seguito nelmerito della composizione del corpus, che spesso, nei dizionari di sinonimi, èsoggetto a condizioni prestabilite. Riportiamo ora in un’unica tabella riassuntivatutto il materiale lessicale che abbiamo ricavato dai dizionari-campione, perverificare quali parole sono presenti comunque nei vari lessici,indipendentemente dalle cinque posizioni che ci sono servite per ricavare lacampionatura. La crocetta indica la presenza nel dizionario, la casella vuotaindica l’assenza; nell’ultima riga è calcolata la percentuale di presenze relativaal corpus delle parole ricavate precedentemente dalla comparazione dei 5dizionari.

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Va precisato che questi indici statistici hanno solo valore indicativo e nonservono a giudicare la qualità del dizionario. Un numero ridotto di voci puòessere frutto della scelta del lessicografo, il quale avrà abbattuto appositamentei lemmi. La ricognizione mette però in evidenza il ridotto numero di vocipresenti nel piccolo Giocondi (1994), all’interno di un dizionario che peraltro,come già abbiamo visto, non fornisce indicazioni d’uso. Un ottimocompromesso tra le informazioni e l’impiego dello spazio è stato sicuramenteraggiunto da De Mauro (2002): nel confronto, quest’opera consegue la massimapercentuale statistica, mostrando di raccogliere un buon numero di lemmi, senzarinunciare a orientare il lettore, seppure in modo molto economico, eliminandoogni definizione e facendo a meno dell’etimologia. Si noti la presenza, solo inquesto dizionario, dei termini scientifici di uso specialistico barbula e barbozza,a indicare una precisa propensione dell’ideatore, visto che in genere termini diquesta natura rientrano nel novero dei lemmi abbattuti. Quanto al Rosselli(1997), è riuscito ad essere un dizionario ricco, pur affidandosi a spiegazioniverbali (non a simboli codificati). Simone (2003), di grossa mole, fa largo uso

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di simboli, non teme di eliminare lemmi, arricchendo però notevolmentel’informazione su quelli selezionati.

2.2. Obiettivi dichiarati

2.2.1. Obiettivi limitati o inespressi. Non tutti i dizionari di sinonimidichiarano il proprio obiettivo. In alcuni casi, le presentazioni degli autorilasciano intendere che le opere offerte al pubblico devono soprattutto aiutare lamemoria o aiutare a scrivere meglio. Solo pochi autori si pongono in manierapiù attenta il problema delle esigenze del pubblico o affrontano la questionedelle caratteristiche scientifiche richieste a un moderno dizionario di sinonimi.Vedremo in seguito in che modo le varie presentazioni facciano i conti con lateoria generale o con la storia della lessicografia. Per ora, ci limiteremo aesaminare le indicazioni che giustificano in maniera più puntuale l’operato deisingoli lessicografi.

Indicazioni di questo tipo sono presenti in Rosselli (1997), il quale siconfronta più di ogni altro con la tradizione ottocentesca, in particolareesercitando la critica sul vecchio Tommaseo. L’autore segnala le proprie novitàsoprattutto rilevando i presunti difetti di questo dizionario del secolo XIX:dichiara ad esempio di aver voluto illuminare il lemma e le differenze tra isinonimi, divisi per vari gruppi scelti per ciascun significato, anziché illuminaredall’interno ciascun sinonimo, come fece a suo tempo il Tommaseo. Rosselli sipone poi il problema se sia legittimo indicare forestierismi, e conclude che ‘aben riflettere, un dizionario dei sinonimi della lingua italiana non dovrebberegistrare nessuna parola straniera’ (Rosselli 1997: XIV), ma tuttavial’inclusione degli esotismi si giustifica, nonostante le premesse, inconsiderazione della loro frequenza nella lingua italiana di oggi. Il pur sinteticoFolena e Leso (1997: V) aspira ad andare oltre alla funzione di semplice ‘prontosoccorso lessicale’, dichiarando di avere un’altra ambizione: quella di servirecome un ‘modesto, in quanto nettamente delimitato, strumento di educazionelinguistica, non alternativo, si capisce, ma complementare a un buon dizionariogenerale’. La Premessa di questo dizionario si sofferma sul problema dellaripetizione, ‘così ossessivamente deprecata da certa didattica linguistica eschifiltosamente evitata dagli utenti più acritici dei dizionari dei sinonimi’, laquale invece ‘in certe condizioni è inevitabile e, verrebbe voglia di dire,doverosa nei confronti della proprietà e correttezza dell’enunciato’ (Folena eLeso 1997: V). È uno dei rari casi, se non l’unico (ma si rammenti Tommaseo1851: IX–XI, nel capitolo intitolato Che le ripetizioni non sono contro natura),in cui gli autori di un dizionario dei sinonimi prendono posizione in manieracosì decisa contro quello che viene comunemente reputata la funzioneprincipale dello strumento a cui hanno dedicato il proprio lavoro. Del resto sitratta di un problema molto complesso, percepito in maniera diversa da lingua alingua, più avvertito in italiano rispetto ad altre lingue di cultura.

Pittàno (1997), che contiene un excursus sulle più recenti acquisizioni dellalinguistica nel campo della sinonimia (non solo in Italia), non si preoccupa in

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realtà di spiegare in che modo questi studi abbiano influenzato direttamente lapropria realizzazione. Va precisato, però, che la prefazione di Pittàno risaleall’ed. 1987 del dizionario, mentre l’edizione 1997 è postuma, e porta inaggiunta un breve nota dell’Editore, nella quale si dà notizia di alcune novitàintrodotte, della crescita del 35% dell’opera, e si indicano infine i lessicografiche hanno portato a termine il lavoro (tra i quali Monica Quartu).

2.2.2. Scegliere i sinonimi per controllare la comunicazione. Per avereindicazioni più precise sulla funzione del dizionario di sinonimi, occorreprendere in considerazione opere più recenti, realizzate e dirette da linguisti. Inquesto senso, risultano molto interessanti sia De Mauro (2002) sia Simone(2003). Il primo collega il proprio dizionario alla battaglia per la chiarezza dellacomunicazione alla quale lo studioso e la sua scuola hanno dedicato gran partedella propria attività. L’Introduzione tratta ampiamente questo tema,descrivendo il quadro dell’Italia dopo ‘il travolgente ampliamento dell’usoparlato e scritto dell’Italiano’ (De Mauro 2002: IX), ampliamento che, agiudizio dell’autore, non ha prodotto perdita di complessità nella linguanazionale. Per questo il dizionario, quello generale, ma anche quello disinonimi, deve ‘orientare’. In questo dizionario, come in altri della numerosaserie coordinata e diretta da Tullio De Mauro, la funzione dell’orientamento èaffidata alle undici ‘marche d’uso’, segnate in colore rosso, FO (fondamentale),AU (ad alto uso), AD (ad alta disponibilità), CO (comune), BU (a basso uso),TS (tecnico-specialistico), LE (letterario), RE (regionale), DI (dialettale), OB(obsoleto), ES (esotismo). Tali marche, la cui spiegazione più completa si ricavadalle approfondite note del GRADIT (cfr. De Mauro 1999), sono ricavatemediante calcoli statistici, non in maniera intuitiva o impressionistica. Quelle dipiù alto valore sociale, ai fini dell’orientamento caro all’autore, sono senz’altrole prime, perché, in realtà, anche i dizionari tradizionali, attraverso appositeindicazioni (pur meno sistematiche e coerenti), sono sempre stati in grado dispecificare quali voci fossero letterarie, obsolete, dialettali, forestiere. Non vi èdubbio che l’ambizione che domina il dizionario di De Mauro si ricolleghi agliobiettivi della moderna comunicazione sociale. Infatti questi Sinonimi portanouna postfazione, in forma di saggio autonomo, intitolala Scegliere i sinonimiparlando e scrivendo: essa affronta il problema della leggibilità ecomprensibilità, allo scopo di rendere esplicita la funzione affidata allamarcatura con gli undici simboli sopra elencati, destinata appunto a permettere‘scelte consapevoli’ (De Mauro 2002: 1103), mediante il controllo degli effetticomunicativi, in relazione all’interlocutore, alla situazione della comunicazione,in funzione delle intenzioni che si inverano nell’atto del comunicare.

2.2.3. Alla ricerca dell’utilizzatore. Altrettanto attento alle esigenzedell’utilizzatore è il dizionario di Simone (2003), anche se in questo caso leistanze di natura sociale sono molto meno impellenti che in De Mauro, elasciano maggiore spazio ad altre esigenze di esplorazione del lessico. Simone(2003: XIV) ha cercato di delineare una tipologia particolareggiata delle

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condizioni d’uso della propria opera lessicografica. Il primo utilizzatore è statoindividuato nello scrivente il quale abbia bisogno di un aiuto per trovare laparola che esprima nel modo più efficace quanto ha in mente (non siamo moltolontani dall’obiettivo condiviso da quasi tutti gli autori di cui già abbiamoparlato). Tale scrivente è immaginato sia come un utente professionale dellascrittura, sia come un utente occasionale, studente, o comune cittadino ‘cheelabora una lettera di reclamo’. Lo ‘scrivente’ è dunque l’utilizzatore primario.La sua identità corrisponde al tipo ideale a cui, più o meno consciamente,avevano guardato tutti gli autori di prontuari di sinonimi pubblicati in epocarecente, ormai lontani dalla prospettiva ‘filosofica’ suggerita dalla teoriasettecentesca della justesse. Il secondo tipo di utilizzatore è quello incuriositodai rapporti tra le parole: vuole verificare quali siano le corrispondenze tratermini di livello diverso, tra parole letterarie e parole comuni. Dietro questafigura mi pare si nascondano le esigenze primarie di studio e ricerca in ambitosemantico. Ma le esigenze di questo utilizzatore riemergono anche in altromodo. Si prenda il terzo utilizzatore a cui guarda Simone, identificato nellostraniero che studia l’italiano, il quale si trova nella necessità di scoprire a qualeregistro appartenga un determinato termine, in modo da distinguere subito l’usodi due verbi come cedere e mollare. Anche questo utilizzatore era forseimplicitamente previsto dagli altri lessicografi, ma solo i dizionari più ricchi diinformazioni possono venirgli incontro, e in ogni modo non è facile risolveretutti i suoi dubbi, pur offrendogli una notevole quantità di dati. Per la distinzionemollare-cedere, ad esempio, è facile verificare come non la si rintracci né inRosselli (1989), né in Pittàno (1997: 172). Nemmeno De Mauro (2002) aiuta inquesto caso, perché ci avverte, sì, che mollare è un termine ‘comune’, ma‘comuni’ sono classificati anche ‘crollare, darsi per vinto, demordere, desistere,gettare la spugna’, che costituiscono la serie in cui appunto compare mollare. Inquesto caso emerge con maggior chiarezza un limite della classificazione di DeMauro, la quale non è fondata su base stilistica, non dà l’indicazione delcontesto, più o meno elevato, in cui il termine trova la sua collocazione ottimaleIl termine cedere è classificato come FO, ‘fondamentale’, il termine mollarecome CO, ‘comune’: da questo punto di vista, mentre cedere appartiene allaprima categoria assolutamente basilare e necessaria del lessico, mollareapparterrebbe a una categoria sicuramente posseduta solo da chi ha compiutostudi più elevati. La classificazione si ferma qui, e non ci avverte, pertanto, chemollare nel senso di cedere aggiunge una sfumatura familiare e colloquiale.Solo Simone (2003: 171) risolve brillantemente il problema (come c’era daaspettarsi, visto che l’esempio era citato dal medesimo autore, nella prefazionealla propria opera!). Simone indica tra gli equivalenti di cedere, nel significatodi ‘farsi indietro, cessare di opporre resistenza’, dapprima il corrispondentecomune arrendersi (‘sinonimo tipico’, contrassegnato da carattere sottolineato),poi capitolare, e quindi mollare e piegarsi, ma mollare con l’indicazione di‘familiare’.

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2.2.4. Relazioni di significato in sincronia e in diacronia. Simone hadimostrato di preoccuparsi più di ogni altro della stratificazione dei vocabolinella lingua, come si ricava da un’altra indicazione programmatica (Simone2003: XV):

Questo dizionario non contiene solo ‘sinonimi e contrari’, come fanno per lopiù i suoi omologhi. Dà qualche cosa di più vasto: è un dizionario delleprincipali relazioni di significato tra le parole e della stratificazionesincronica e diacronica del lessico. Nella lista dei sinonimi e dei contrari sonostate infatti inserite parole d’ogni possibile origine: antiche, moderne,popolari, familiari, volgari, tecniche, regionali, gergali, letterarie, poetiche,espressioni composte di più parole (le cosiddette polirematiche), e così via.Nel ricostruire questa complessa stratigrafia, la nostra ricerca ha spaziatodalle forme più antiche fino alle recentissime. In tal modo, il lettore potràvedere, voce per voce, come una parola abbia accumulato i suoi equivalenti ei suoi contrari attraversando tutti gli strati della lingua, in sincronia e indiacronia.

Verificheremo ulteriormente come questo programma risulti davveroperseguito, scegliendo un esempio in cui l’attenzione al lessico poetico diventautile (paradossalmente) per abituare al corretto uso della terminologiascientifica. Prendiamo la parola pianeta. Molti dizionari suggeriscono sinonimi:‘(est.) corpo celeste, stella, astro’ (Pittàno 1997: 690), ‘IPERON. CO astro,corpo celeste’ (De Mauro 2002: 712). Quanto a Rosselli (1997: 795), sidimostra il più ricco di suggerimenti discorsivi, come al solito, e avverte chementre pianeta è un corpo celeste non dotato di luce propria, con il termineastro vengono indicati anche i corpi celesti forniti di propria luce, e che stellavale ‘corpo celeste in generale’ solo nel linguaggio poetico. Potrei osservare cheRosselli si dimostra in questo caso più preciso degli altri, ma che Simone (2003:713) lascia ancor meno spazio a dubbi, perché al significato 1 (astronomia) dipianeta, dopo aver dato la definizione (‘corpo celeste non risplendete di lucepropria’), non pone alcun sinonimo (e non si può non dargli ragione), mentre alsignificato 2 (poetico) dopo aver dato una nuova e diversa definizione rispettoa quella di 1 (‘corpo celeste, compresi quelli splendenti di luce propria’),suggerisce i sinonimi ‘astro, sole, stella’. L’attenzione al significato poetico,dunque, rafforza indirettamente, per distinzione, il rigore della definizionescientifica, anche se si potrebbe osservare che nel latino di Galilei (Sidereusnuncius) i termini planetae e sidera si alternano come assolutamenteequivalenti, e dunque è pur vero che la distinzione moderna tra i significati 1 e2 risulta come opposizione tra uso scientifico e poetico, ma nella scienza delpassato le cose non stavano così. Qui la ricerca semantica si intreccia con lastoria della lingua. Il non aver accettato di indicare sinonimi quando eranosostanzialmente assenti, cioè quando era poco utile (se non dannoso)rintracciarli a tutti i costi, e tirarli in campo per i capelli, è una scelta checaratterizza positivamente il dizionario di Simone (cfr. Simone 2003: XX).

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2.3. Caratteristiche sostanziali e dotazioni aggiuntive

2.3.1. Riferimenti teorici e generali. Già abbiamo visto come Rosselli (1997)abbia tratto frutto soprattutto dal dizionario di Tommaseo e gli abbia dedicatoun’ampia discussione, per ricavare il proprio indirizzo di lavoro. In altri casi èpresente il riferimento a principi più moderni, che nel caso di De Felice (1991)si accompagna anche a note storiche di notevole interesse e di riccainformazione sullo sviluppo della lessicografia italiana dedicata ai sinonimi.L’introduzione di Pittàno (1997), che è la medesima della I edizione (1987),acquisisce i risultati della linguistica moderna: sintetizza le due diverseclassificazioni dei sinonimi di Devoto e di Ullmann, con vari riferimenti allamanualistica di Lyons e di Berruto, ma di fatto non sembra che queste nozioniabbiano influito profondamente sulla strutturazione dell’opera esull’organizzazione delle voci. Molti riferimenti teorici sono presenti anchenell’introduzione di De Mauro (2002), che prende le mosse dall’etimologiagreca delle parole sinonimo e sinonimia, e riassume il pensiero sulla materiaelaborato da Aristotele e dalla retorica classica, per arrivare alla descrizione deirapporti tra parole sulla base dell’iperonimia e iponimia, introducendo anche iltema delle espressioni sinonimiche di tipo polirematico. Il discorso teorico riccoe complesso corre comunque verso la parte conclusiva del saggio, che illustra lemarche d’uso, cioè motiva la struttura fondamentale, ideologicamente rilevante,del dizionario di cui De Mauro è autore e ideatore. Quanto a Simone (2003), laparte teorica che fa riferimento a concetti generali della linguistica è tuttosommato breve, più stringata di quanto ci si potrebbe aspettare da parte di unautore molto attento ai principi generali della linguistica. Si tratta comunque diuna sintesi lucida, ispirata al problema della mancata economia che in questocaso si manifesta nel sistema della lingua, in cui la presenza di una miriade disinonimi appare come un paradosso, ‘che i teorici del linguaggio non hannoancora sciolto’ (Simone 2003: XIII). Il fatto è che la perfetta sinonimia nonesiste, e che molti sinonimi sono al servizio dell’espressività, anche in base ascelte individuali del parlante. Questa lucidissima premessa, in cui la teoriasettecentesca dell’inesistenza della perfetta sinonimia viene ripresa ericonosciuta come valida fa riflettere, se fosse il caso, sulla leggerezza di G.Dossena (in Cinti 1999: VI), il quale, fattosi prefatore di un dizionario disinonimi, scriveva: ‘Le persone rigorose (noiose e cattive), i criticoni che han daridire su tutto e su tutti, dicono che non esiste nessun sinonimo [. . . ]. Non diamotroppa corda a questa gente’. Ecco come certa divulgazione può a volte tradirela verità con saccenteria facilona, cercando di attirare il lettore mediante un tonoammiccante, facendo leva sul presunto (e fallace) senso comune. Un altro buoncorrettivo a questi argomenti sarà allora la lettura della presentazione di DeFelice (1991: XVII), il quale avverte di aver mantenuto nel proprio dizionario iltermine ‘sinonimo’ solo per esigenze di praticità e di chiarezza, e aggiunge che

la relatività, la parzialità e al limite la negazione del valore tradizionale deltermine sinonimo, sono rilevate già nel titolo dall’aggettivo critico che

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qualifica questo dizionario, e nel testo da definizioni aggiuntive come ‘pretesisinonimi, sinonimi parziali, sinonimia parziale, possibile sinonimia’.

Infatti la ‘sinonimia globale è comunque programmaticamente negata,fuorché per alcuni casi del tutto eccezionali’ (ivi). Il programma esposto da DeFelice (1991: XVII–XVIII) è senza dubbio eccellente:

L’intento di questo dizionario è quindi, una volta individuate le sferesemantiche in cui ‘possono’ concorrere due o più vocaboli, quello di rilevarele specifiche differenziazioni di ognuno di essi sia all’interno di quel valoreconcettuale generale, sia soprattutto negli usi fraseologici e sintattici, neivalori stilistici, espressivi e affettivi, nella funzione e nel livello e registroparticolare. L’intento, insomma, di definire, in tutti i casi di possibile eparziale sinonimia, il diverso ‘statuto’ linguistico ed extralinguistico diognuno dei possibili e parziali sinonimi.

Peccato che il materiale raccolto in questo dizionario sia troppo limitato percostituire un vero dizionario dei sinonimi italiani, paragonabile, ai fini dellaconsultazione, alle altre opere di maggior mole di cui abbiamo parlato nel corsodella nostra rassegna.

2.3.2. Ampiezza del corpus, limitazioni e abbattimenti. Non sempre i dizionaridi sinonimi dichiarano in che modo è stato definito il corpus e quali sono statigli abbattimenti messi in atto per ridurre il numero dei sinonimi o per definirela scelta di quelli più utili. Quartu (1994) dichiara di contenere ‘20.000 vocaboliitaliani ordinati dal computer per gruppi di significato e campi di riferimento’,ma la menzione del computer come protagonista autonomo di un ordinamentonon altrimenti motivato lascia molto perplessi coloro che hanno qualcheconoscenza di informatica. Quartu (1994: VII) dichiara inoltre, esplicitamente,l’abbattimento di arcaismi, termini disusati, termini scientifici. Ventimilavocaboli è anche il contenuto dichiarato da Coppo (1990), il quale avverte diaver limitato i sinonimi, avendo fra l’altro come obiettivo soprattutto lacompilazione di quello che definisce un ‘dizionario analogico’ della linguaitaliana (ma per le reali difficoltà nella realizzazione di un dizionario analogico,pur in riferimento alla lessicografia francese, cfr. Rey-Debove 1989). I rinviisuggeriti da questo autore, per la verità, sono a volte sorprendenti e peregrini,come quando, ancora sotto barca, rimanda a scarpa, perché le scarpe vecchiepossono essere dette barche. Credo che questo sia l’unico dizionario deisinonimi che offre un rinvio del genere, curioso di per sé, e allo stesso tempoindicativo di una certa estemporaneità, del resto caratteristica di questa singolaopera, a suo modo diversa dalle altre, proprio per l’aspirazione ‘analogica’, laquale facilmente si trasforma in un labirinto in cui il lessicografo, per quantobravo, finisce per smarrirsi.

La quarta di copertina di Pittàno (1997) è assai precisa: dichiara 40.000 voci,

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68.000 accezioni, 300.000 sinonimi, 130.000 analoghi e contrari, 5.200locuzioni. La quarta di copertina di Rosselli (1997) dichiara 30.000 voci, 10.000espressioni e locuzioni figurate, 200.000 sinonimi. Molto chiara è laprovenienza dei materiali contenuti in De Mauro (2002). Questo autore, delresto dichiara sempre in modo esplicito e non equivoco in che modo è giuntoalla composizione del corpus, in questo come in altri casi (De Mauro anzi, inaltra sede, ha ironizzato sul fatto che i lessicografi non amano dichiarare dadove prendono le parole dei loro dizionari, anche perché spesso hannol’abitudine di copiarsi reciprocamente). De Mauro (2002) rielabora, integra esistema quanto in materia di sinonimi e contrari si trova nel Grande dizionarioitaliano dell’uso, il GRADIT (cfr. De Mauro 1999). Molto chiara è anche laprovenienza del lemmario di Simone (2003), che deriva dal Conciso Treccani,integrato opportunamente, e anche alleggerito di quelle voci che non davanoluogo a sinonimi o contrari pertinenti. Simone (2003: XVI) si preoccupa diavvertire, in una insolita e coraggiosa nota sui ‘limiti’ del proprio dizionario, chel’opera non ha potuto espandere il reticolo delle voci fino a inglobare interefamiglie semantiche, e che per ogni lemma sono state riportate solo paroleappartenenti alla stessa categoria grammaticale del lemma medesimo.

2.3.3. Dotazioni e strumenti aggiuntivi. Per evidenti esigenze commerciali,oltre che per curiosità scientifica, i dizionari di sinonimi tendono a distinguersidai concorrenti mediante l’esibizione di sezioni aggiuntive in cui si esercita losforzo di inventiva degli autori e degli editori. Rosselli (1997: XXV–XXX) silimita a un breve Prontuario dei termini linguistici usati nella trattazione deivocaboli. Pittàno (1997) contiene un’appendice di 3.500 ‘sinonimi geografici’ euna di 2.500 pseudonimi. Per ‘sinonimi geografici’ si devono intendere ledenominazioni di uno stesso luogo in epoche diverse o in lingue diverse, comeAugusta Taurinorum per Torino, o Split per Spalato. Si tratta di un repertorio chesolo in senso molto lato ha che fare con la sinonimia vera e propria, ma non sipuò negare comunque l’utilità pratica di tale appendice. Lo stesso giudizio mipare si possa esprimere per il catalogo degli pseudonimi, che spazianodall’antichità classica al mondo contemporaneo, includendo anche i nomi deiPapi. Più specifica è invece una serie di 248 schede definite di ‘sinonimiastrutturata’, che, di fatto (a prescindere dalla denominazione moderna loroattribuita), hanno una somiglianza notevole con la forma propria del dizionariodi sinonimi ottocentesco, in cui i vari termini venivano esaminati e spiegati unoper uno. Si noti che l’appendice di ‘sinonimi geografici’, gli pseudonimi e leschede di ‘sinonimia strutturata’ sono una novità della riedizione 1997(postuma) dei Sinonimi e contrari di Pittàno. Simili a queste ‘sinonimiestrutturate’ sono le ‘sinonimie ragionate’ (ma quest’ultima denominazionesuona ovviamente più appropriata) inserite in De Mauro (2002). Sono racchiusein cornice rossa, collocate nei pressi della voce relativa al loro termine-guida,che figura in neretto nel titolo. Il loro numero è limitato: sono in tutto 35. Inesse, particolare attenzione è dedicata all’etimologia remota, la quale è assunta

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come punto d’avvio per la spiegazione del significato, inteso nel suo divenirediacronico (‘è appena il caso di ricordare ancora una volta che una lingua, il suolessico, gli usi di ciascuna parola, i loro significati, accezioni e sensi sonoformazioni mobili e storiche’, scrive De Mauro 2002: XI). In questo senso, perl’attenzione più marcata accordata all’etimologia e alla storia, esse sidistinguono rispetto alle analoghe di Pittàno (1997). De Mauro (2002) è infinecorredato di 54 tavole di nomenclatura molto ricche, che spaziano da argomentiastratti, come Religione, fino ad argomenti concreti e tecnologici comeTelefonia e Computer e Internet. I termini includono a volte anche la possibileaggettivazione, come nel caso di mouse, che può essere ‘ergonomico, cordlesso wireless, ottico, scroll mouse’. L’articolazione di queste tavole si adatta allediverse realtà descritte: complessa ad esempio, risulta la tavola dedicata a‘Religione’, nella quale entrano, dopo i ‘Luoghi di culto’, le ‘Azioni’, le‘Persone’, i ‘Culti politeisti’, il ‘Cristianesimo’, l’‘Ebraismo’, l’‘Islamismo’,categorie sotto le quali ritroviamo una tipologia specifica, in parte simile aquella già descritta (Persone), in parte appositamente elaborata (ad es.Abbigliamento, Sette ecc.).

Anche Simone (2003) è corredato di tavole di nomenclatura. Per quanto èpossibile il confronto, nei casi in cui l’argomento è il medesimo di De Mauro(2002), sembra che queste tavole siano più sintetiche, anche se si presentano aloro volta articolate in elementi non dissimili. Di carattere differente sonoinvece le finestre dette ‘di approfondimento’, che hanno un’articolazione varia,diversa a seconda dei casi. Vi entra senza dubbio la tradizione discorsiva deldizionario etimologico ottocentesco, ma vi entrano anche elementi nuovi, tra iquali possiamo citare le rapide puntate nell’italiano contemporaneo, lescorribande tra gli usi metaforici e figurati. Si tratta insomma di sezioni moltolibere nella struttura, caratterizzate da una certa concessione al piacere dellalettura.

Assolutamente nuove in un dizionario di sinonimi sono invece le cartegeografiche inserite da Simone (2003), dedicate ai geosinonimi italiani. Sono ilfrutto di dati raccolti non tanto da collaboratori, quanto da colleghi accademiciche hanno fornito una consulenza per la regione in cui vivono. Queste cartegeografiche illustrano alcuni geosinonimi dell’italiano regionale, anche se incerti casi Simone ammette che non è facile distinguere tra l’‘italiano regionale’e il ‘dialetto’ vero e proprio. Il riferimento, comunque, non riguarda ledenominazioni in uso nelle aree rurali, ma solo nei capoluoghi delle varieregioni: la precisazione è importante, perché altrimenti molte carterisulterebbero sbagliate (per il Piemonte, ad esempio, la zona delle Langheconosce senz’altro il tipo ‘canale’ per ‘grondaia’, così come certe zonedell’Italia meridionale, mentre la cartina indica solo il tipo ‘gronda’ o ‘grunda’o ‘grundana’. Si veda l’articolo di Giovanni Ronco in questo numero di IJL perla delicatezza della questione relativa alla scelta dei punti di inchiesta di unatlante linguistico).

La tipologia degli strumenti che accompagnano i moderni dizionari di

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sinonimi (cartine, liste di nomenclatura, approfondimenti, toponimi,pseudonimi) è dunque molto varia e originale. Rappresenta un momento difruttuosa sinergia tra l’inventiva degli autori e le esigenze di caratterizzazioneche stanno a cuore agli editori per motivi commerciali.

3. I sinonimi nei dizionari generali della lingua italiana (e nei loro CD-ROM)

La presenza di sinonimi e contrari nei dizionari generali non è invece legata asoli motivi commerciali; i lessicografi italiani hanno fatto ampiamente uso delladefinizione sinonimica in passato e, da quando si è cercato di evitarne l’abuso,non per questo hanno rinunciato al potere esplicativo dei sinonimi.

Molti dizionari generali contengono rinvii ai sinonimi e ai contrari, tanto èvero che a volte proprio dalla riutilizzazione di tali materiali nasce uno specificodizionario dei sinonimi. De Mauro (2002) deve la sua origine al GRADIT, inaltri casi il dizionario dei sinonimi si collega a un progetto lessicografico in cuiil dizionario generale è il punto di riferimento: così Simone (2003), che ha lafunzione di completare Duro (1986). Nel GRADIT (De Mauro 1999), in codaai sinonimi, sono riportati gli iponimi e gli iperonimi, con apposito contrassegno(‘ipon.’ e ‘iperon.’). Nel caso dei termini specialistici, i sinonimi stanno nellasezione del lemma definito, mentre sotto ogni sinonimo a lemma la definizioneconsiste in un semplice rinvio, mediante freccia, alla voce principale. Va notatoche l’inserimento a lemma di un gran numero di sinonimi è una delle scelte dacui è derivata quella che si può definire la vera ‘esplosione lemmatica’ di questodizionario, che arriva a contare ben 316.800 entrate. Anche qui, come nell’editiominor, le espressioni polirematiche possono comparire come sinonimi sotto unamonorematica, e viceversa. Il dizionario è dotato di un CD-ROM con unamaschera di interrogazione assai elaborata e di uso non sempre intuitivo, laquale prevede un’interrogazione sia sul campo ‘sinonimi’ sia sul campo‘contrari’. In sostanza, vengono usati (mediante estrazione) i sinonimi checompaiono come definitori nei vari sottosignificati della parola a lemma. Poichéil dizionario elettronico si comporta facilmente come un ipertesto, cliccandosulla lista dei risultati, posso aprire le finestre corrispondenti alle varie voci, dacui è facile desumere il significato specifico di ognuna. Quando si apre una vocedel dizionario in versione elettronica, vi sono appositi pulsanti che permettonodi visualizzare l’elenco dei sinonimi e contrari. Così come in altri programmi diinterrogazione, purtroppo, non è possibile estrarre l’intero contenuto disinonimi, contrari, iponimi, iperonimi presenti nel dizionario, e dunque non siriesce a valutarne la consistenza quantitativa. Il risultato dell’applicazioneinformatica alla ricerca delle sinonimie, se si considera la mole di questodizionario, la quantità di dati che esso contiene e la complessità del programmadi interrogazione, risulta insomma piuttosto modesto, più adatto alladivulgazione che alla ricerca. Infatti poco aggiunge all’uso manuale delcartaceo, e nulla per le ricerche quantitative, sistematiche e globali. Il vantaggio

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consiste nella possibilità di far comparire elenchi di sinonimi relativi a singolevoci, parole o lemmi, e di usare tali risultati passando automaticamente da unavoce all’altra.

L’altro grande dizionario della lingua italiana, il Duro (1986), non reca isinonimi nel cartaceo, anche perché tale funzione è delegata al volume diSimone (2003), che in questo senso si presenta come un necessariocomplemento del dizionario stesso. Il Duro (1986), tuttavia, è completato da unaversione su CD-ROM, commercializzata autonomamente, che contiene la IIedizione del dizionario cartaceo (2003). Questa edizione su CD-ROM ècorredata di un dizionario di sinonimi, diverso da Simone (2003). Il dizionarioqui presente è stato allestito da una redazione diretta da Massimo Arcangeli.Consultando una singola voce del dizionario elettronico, un apposito pulsantepermette di aprire una finestra aggiuntiva che suggerisce i sinonimi. Il manualed’uso del CD-ROM avverte che l’apparato di sinonimia riguarda 5.000 terminidi uso più frequente, e precisa che ‘si è preferito evitare un’accumulazioneindiscriminata dei sinonimi e proporre un modello alternativo: una scelta piùmirata che legasse, per quanto possibile, le serie sinonimiche a un dominio diappartenenza’ (Il Vocabolario Treccani 2003: 31).

È ovvio che la parte assegnata ai sinonimi nei dizionari generali in un solsvolume è limitata e sintetica. Lo Zingarelli (2003) avverte che i sinonimi ‘sonostati registrati senza pretesa di completezza’ e che ‘sono dati come sinonimitermini non completamente sovrapponibili ma certo sostituibili’. Tali sinonimie contrari, ove presenti, sono introdotti da abbreviazioni in maiuscoletto: SIN.,CONTR. e CFR. ‘CFR’ rinvia ai termini analoghi.: si tratta di un embrione divocabolario analogico. L’edizione elettronica dello Zingarelli (2003) è dotata diun ottimo, snello, veloce e flessibile programma di interrogazione, con cui èpossibile estrarre tutta la mole dei dati relativi alla sinonimia. Le vocicontrassegnate da un rinvio ‘CFR.’ risultano 1.627; le voci contenenti rinvio‘SIN.’ risultano 7.891; quelle con rinvio ‘CONTR.’ risultano 1.667.

Tra i dizionari generali in un solo volume, anche altri portano i sinonimi.Sabatini e Coletti (2003) li introduce facendoli precedere da una ‘S’ inserita inun circoletto, considerandoli ‘parte integrante della definizione’. Vengonoutilizzati, in aggiunta, rinvii agli ‘equivalenti semantici’, introdotti con formulecome ‘detto anche’ e ‘noto anche come’, utilizzate soprattutto per i nomi dipiante e animali.

De Mauro (2000) porta sinonimi e contrari, contrassegnati rispettivamente dauna ‘S’ e una ‘C’ in neretto. Nell’edizione elettronica un apposito pulsante sirende attivo solo quando nella voce siano presenti i sinonimi e contrari,permettendone la visualizzazione; il sinonimo compare e scompare, a volontàdell’utente, rendendosi visibile esattamente nel sotto-significato a cui siriferisce. La recente versione compatta Paravia (De Mauro 2004) ha rinunciatoai sinonimi.

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4. Conclusione

L’esempio di cedere/mollare precedentemente descritto, con il relativoriferimento alle distinzioni di registro, marca perfettamente la differenzaprofonda che passa tra i maggiori dizionari di sinonimi attuali. Se De Mauro(2002) privilegia l’aspetto comunicativo, Simone (2003) aspira a restituire aldizionario dei sinonimi il compito che ebbe nei secoli passati, quando eraconsiderato strumento per sviluppare il gusto della lingua e la precisione deldire, analisi prima che comunicazione. Si badi: tutti gli autori di dizionari disinonimi sottoscriverebbero tale programma, ma nel caso di Simone (2003) parepiù manifesto lo sforzo compiuto per attraversare la lingua nella suacomplessità, offrendo il livello comune, la normalità comunicativa, al tempostesso suggerendo le discese verso il basso e le risalite verso l’alto (non a casola presentazione si apre citando un passo di Carlo Emilio Gadda), evitando didare l’impressione che l’‘alto’ corrisponda essenzialmente a una fascia statisticaminoritaria.

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