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Titolo originale: The Vampire Diaries. The Hunters: Destiny Rising Copyright © 2012 by L.J. SmithPublished by agreement with Rights People, LondonTraduzione dall’inglese di Iris Di MaggioPrima edizione: giugno 2013© 2013 Newton Compton editori s.r.l.Roma, Casella postale 6214ISBN 978-88-541-5178-9www.newtoncompton.comRealizzazione a cura di Librofficina

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Stampato nel giugno 2013 da Puntoweb s.r.l., Ariccia (Roma)su carta prodotta con cellulose senza cloro gas provenienti da foreste controllate e certificate, nel rispetto dellenormative ecologiche vigenti

Lisa Jane SmithIl diario del vampiroDestino

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1Caro diario,stanotte ho fatto un sogno terribile.Era la stessa situazione già vissuta poche ore prima. Mi trovavo nella stanza segreta della Vitale Society, dove Ethan miteneva prigioniera e mi puntava alla gola il suo gelido coltello. Stefan e Damon osservavano la scena con apprensione, ilcorpo teso e pronto a scattare al momento giusto per venirmi a salvare. Ma io sapevo che non sarebbero arrivati intempo. Sapevo che nonostante la loro velocità soprannaturale, Ethan mi avrebbe tagliato la gola e io sarei morta.Stefan aveva la disperazione negli occhi. Il pensiero del dolore che la mia morte gli avrebbe procurato mi spezzava ilcuore. Detestavo l’idea di morire senza che sapesse che avevo scelto lui, solo lui, e che ogni indecisione, ogni dubbio eraormai alle nostre spalle.Ethan mi stringeva con forza, sentivo il suo braccio serrarmi il petto come una spranga d’acciaio. E la lama fredda delcoltello mordermi la carne.Ma poi Ethan cadeva a terra di colpo, e dietro di lui appariva Meredith, scarmigliata, fiera e selvaggia come una deavendicatrice, il paletto ancora levato dopo il colpo mortale con cui gli aveva trafitto il cuore.Doveva essere un momento di gioia e di sollievo. E infatti nella realtà lo era stato, perché in quel momento avevo capitoche avrei continuato a vivere, un attimo prima di ritrovarmi sana e salva fra le braccia di Stefan.Ma nel sogno, il viso di Meredith era illuminato da un alone di luce bianca. Mi sentivo sempre più fredda, il mio corpoera come di ghiaccio, ogni emozione annullata da una calma gelida. La mia umanità stava svanendo, sostituita daqualcosa di duro e inflessibile e... non solo.Nel furore della battaglia, avevo dimenticato ciò che James mi aveva detto, e cioè che i miei genitori mi avevanopromessa alle Guardiane, perché il mio destino era diventare una di loro. E adesso erano venute a prendermi.Mi sono svegliata in preda al terrore.Elena Gilbert si interruppe e sollevò la penna dalla pagina del suo diario. Non voleva proseguire.Tradurre in parole ciò di cui aveva più paura avrebbe reso tutto più reale.Guardò la sua stanza al convitto studentesco, la sua nuova casa. Bonnie e Meredith erano state lì mentre Elenadormiva. Il letto di Bonnie era disfatto e il suo portatile era scomparso dalla scrivania.Il lato della stanza di Meredith, in genere perfettamente in ordine, rivelava in modo inequivocabile tutta la suastanchezza: i vestiti macchiati di sangue indossati per lottare contro Ethan e i suoi amici vampiri erano sparsi sulpavimento; le armi invece erano abbandonate sul letto, quasi tutte su un lato, come se la giovane cacciatrice di vampirisi fosse addormentata accanto a loro.Elena sospirò. Forse solo Meredith poteva capire come si sentiva. Lei conosceva la sensazione di avere un destino giàsegnato, di scoprire che le tue speranze e i tuoi sogni non hanno nessun senso.Meredith però aveva abbracciato con entusiasmo il suo destino. Per lei ormai la sola cosa importante, la sola chedesiderava, era diventare una cacciatrice di mostri per proteggere gli innocenti.Elena non era convinta di poter accogliere il proprio destino con la stessa gioia.«Non voglio essere una Guardiana», scrisse mossa da una profonda tristezza.Le Guardiane hanno ucciso i miei genitori. Non credo che riuscirò mai a superarlo. Non fosse stato per loro, i mieigenerosi genitori sarebbero ancora vivi e io non sarei perennemente preoccupata per la vita delle persone che amo. LeGuardiane credono in una sola cosa: l’Ordine. Non nella Giustizia. Non nell’Amore.Non voglio essere così. Non vorrò mai essere una di loro.Ma posso scegliere? Secondo James, il fatto che io diventi Guardiana è solo questione di tempo: prima o poi succederà.Non potrò evitarlo. Un giorno i Poteri si manifesteranno da soli e io cambierò. E sarò pronta per quanto di orribile dovràsuccedere in seguito.Elena si strofinò il viso con il dorso della mano. Nonostante le lunghe ore di sonno, aveva ancora gli occhi stanchi.Non l’ho ancora detto a nessuno.Subito dopo il mio incontro con James, Meredith e Damon hanno notato che ero turbata, ma ancora non sanno cosa miha detto. Ieri notte sono successe tante di quelle cose che non ho avuto tempo di parlare con loro.Devo raccontare tutto a Stefan. So già che appena lo farò inizierò a sentirmi meglio.Ma ho paura.Dopo che Stefan e io ci siamo lasciati, Damon mi ha fatto capire che dovevo fare una scelta. Una via portava verso laluce e verso la possibilità di essere una ragazza normale, con una vita quasi normale e quasi umana, insieme a Stefan.L’altra verso la notte e verso i Poteri, all’insegna dell’avventura e dell’eccitazione insite nelle tenebre, insieme a Damon.Ho scelto la luce, ho scelto Stefan. Ma se il mio destino è diventare Guardiana, la via dell’oscurità e dei Poteri èinevitabile? Diventerò qualcuno capace di fare l’impensabile? Capace di prendere la vita di persone pure e amorevolicome i miei genitori? Se diventerò Guardiana, potrò mai essere una ragazza normale?Il rumore della chiave nella serratura la fece trasalire, strappandola ai suoi pensieri.Richiuse d’istinto il suo diario con la copertina di velluto e li nascose sotto il materasso.

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«Ciao», disse, salutando Meredith che entrava nella stanza.«Ciao a te», rispose Meredith con un sorriso. La sua amica dai capelli neri aveva dormito solo poche ore — dopo cheElena si era addormentata, era andata a caccia di vampiri con Stefan e Damon, e poi era uscita prima che Elena sisvegliasse — eppure aveva un’aria fresca e riposata, i suoi occhi grigi erano luminosi e il viso dalla pelle olivastrarisplendeva di eccitazione.Elena si sforzò di allontanare le sue preoccupazioni e le sorrise.«Dimmi, supereroina, sei stata in giro a salvare il mondo?», la prese bonariamente in giro.Meredith la guardò perplessa. «Veramente, sono stata tutto il tempo in biblioteca. A proposito, sei sicura di non doverconsegnare qualche compito?».Elena sgranò gli occhi. Con tutto quello che era successo, allo studio non aveva proprio pensato.Per il momento frequentare i corsi all’università era stato molto interessante, e alle superiori si era sempre distinta, manegli ultimi tempi le sue priorità erano cambiate. Ma davvero si era dimenticata di consegnare un compito?Del resto, che importanza poteva avere. Il pensiero la intristì. Se devo diventare una Guardiana, i miei risultatiall’università non saranno più così importanti.«Ehi, non preoccuparti», cercò di rassicurarla Meredith, equivocando l’espressione dell’amica.«Sono sicura che riuscirai a rimetterti in pari», le disse stringendole una spalla.Elena deglutì e annuì. «Assolutamente», replicò con un sorriso forzato.«E comunque in effetti stanotte sono andata un po’ in giro a salvare il mondo con Damon e Stefan», riprese Meredith,senza darsi troppa importanza. «Abbiamo fatto fuori quattro vampiri nei boschi ai margini del campus». Sollevò concautela il suo paletto anti-vampiri dalle coperte e strinse la mano intorno al suo centro levigato. «E davvero una bellasensazione», disse, «fare ciò per cui mi sono preparata. Ciò per cui sono nata».Elena fece una smorfia. E io, per cosa sono nata? Ma c’era una cosa importante che doveva dire a Meredith, qualcosache non le aveva ancora detto. «Hai salvato anche me», le disse semplicemente.«Grazie».Meredith sentì gli occhi inumidirsi. «Lo farei altre mille volte», disse sottovoce. «Da queste parti c’è bisogno di te... e tulo sai». Aprì la custodia nera e ripose il paletto. «Torno in biblioteca; devo vedere Stefan e Matt per capire se riusciamoa tirar fuori i cadaveri dalla stanza segreta della Vitale Society. Bonnie dice che il suo incantesimo non durerà a lungo,perciò adesso che si è fatto buio dobbiamo occuparci di quei corpi».Elena si sentì prendere dall’ansia. «E se gli altri vampiri fossero tornati?», domandò. «Secondo Matt doveva esserci piùdi un’entrata».Meredith scrollò le spalle. «Ecco perché porto con me il paletto», spiegò. «Non sono rimasti in molti, i vampiri di Ethan,che tra l’altro sono anche piuttosto nuovi. Stefan e io sapremo gestire la situazione».«Ci sarà anche Damon con voi?», domandò Elena, alzandosi dal letto.«Avevo capito che tu e Stefan eravate tornati insieme», disse Meredith, osservandola con aria interrogativa.«E così», rispose Elena, che si sentì arrossire. «Almeno credo. Sto cercando di non complicare le cose. Damon e io siamoancora amici, spero. Mi sembrava di aver capito che fosse venuto con voi a caccia di vampiri».Meredith si rilassò. «Sì, era con noi. E si è anche divertito», disse. «Ma poi, non so... si è fatto sempre più silenzioso.Sembrava...». Meredith ebbe un attimo di esitazione. «Sembrava stanco, forse». E abbassando la voce, aggiunse:«Conosci anche tu Damon. Gli piace partecipare, ma solo alle sue condizioni».Elena prese il giubbotto e disse: «Vengo con te». Voleva vedere Stefan. E senza Damon.Guardiane o no, se aveva intenzione di imboccare la via della luce con Stefan, doveva assolutamente svelargli il suosegreto, per poterlo guardare in faccia senza avere nulla da nascondere.Quando Elena e Meredith entrarono in biblioteca, Stefan e Matt erano già arrivati e aspettavano in una stanzetta quasivuota che una targa sulla porta definiva SALA RICERCHE. Stefan incrociò lo sguardo di Elena accennando un sorriso ma ilsuo viso rimase serio, e lei di colpo si sentì intimidita. Nelle ultime settimane si erano visti così poco, e i problemi fraloro erano stati tali che sembrava dovessero iniziare tutto daccapo.Accanto a lui, Matt — che impugnava una grossa torcia — aveva un aspetto orribile. Il viso, pallido e tirato, avevaun’espressione cupa, e gli occhi erano freddi e spiritati. La distruzione dei vampiri della Vitale Society era stata unavittoria per gli altri, ma non per lui. Quei vampiri erano suoi amici. Matt credeva che Ethan fosse umano, e lo ammirava.Elena si avvcinò a lui e gli strinse il braccio, dolcemente. Matt si irrigidì ma non rifiutò il contatto.«Scendiamo», disse Meredith risoluta. Poi insieme a Stefan arrotolò il tappetino che occupava il centro della stanzascoprendo la botola sottostante, sulla quale spiccavano ancora le erbe magiche con cui Bonnie aveva completatol’incantesimo di chiusura e protezione pronunciato in tutta fretta nella notte. La botola fu aperta con facilità, e questolasciava pensare che l’incantesimo avesse perso efficacia.Mentre scendevano le scale, Elena si guardò intorno incuriosita. La notte prima erano tutti così angosciati per le sorti diStefan che non aveva visto praticamente nulla di quel posto. La prima rampa era piuttosto normale, di legno e un po’traballante, e portava a una stanza occupata da file e file di scaffali.

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«Tutta roba della biblioteca», mormorò Meredith. «Serve a confondere le idee».La seconda rampa era simile, ma appena Elena mise il piede sul primo gradino, si accorse che non era instabile come laprecedente. Qui il corrimano della ringhiera era più liscio, e quando raggiunsero il pianerottolo si trovarono di fronte aun lungo corridoio vuoto e immerso nel buio che si allungava in entrambe le direzioni.Faceva quasi freddo e Elena rabbrividì. Senza riflettere, prese la mano di Stefan e si avviò insieme a lui verso la terzarampa. Concentrato sui gradini, Stefan non la guardò ma dopo qualche istante le strinse la mano per rassicurarla. Dicolpo tutta la tensione che aveva dentro scomparve.Andrà tutto bene, pensò.La terza rampa, di un solido e levigato legno scuro, scintillava nella luce fioca. La ringhiera era finemente intagliata:Elena riconobbe la testa di un serpente, il corpo snello di una volpe in fuga, e vide altre forme più difficili da decifrare.Quando arrivarono al pianerottolo dell’ultima rampa, si trovarono di fronte al sontuoso portale a doppio battente cheportava alla sala riunioni della Vitale Society. Le figure degli intagli erano le stesse viste sulla ringhiera: animali in fuga,serpenti arrotolati, elaborati simboli mistici. Al centro di ciascun battente spiccava una grande V stilizzata.La porta era chiusa con una catena, così come l’avevano lasciata. Stefan allungò la mano libera e senza sforzo rimosse lacatena, che cadde a terra con un rumore sordo. Meredith spalancò i battenti.La stanza era invasa dall’odore intenso e dolciastro del sangue. Su tutto aleggiava il puzzo della morte.Matt illuminò l’ambiente con la torcia elettrica mentre Meredith cercava un interruttore. Quando lo trovò la stanza siilluminò di colpo: l’altare era rovesciato su un lato, accanto, in frantumi, c’era la coppa con il sangue. Le torce ormaispente avevano lasciato lunghe strisce di fumo nero e grasso sulle pareti. I corpi dei vampiri giacevano sul pavimentoimmersi in pozze di sangue quasi completamente coagulato, con la gola lacerata dai canini di Damon o di Stefan e ilpetto squarciato dal paletto di Meredith. Elena osservò preoccupata il volto esangue di Matt. Lui non aveva partecipatoal combattimento e non aveva ancora visto il massacro. Ma conosceva bene quelle persone, ed era già stato in quellastanza, quando era addobbata per una celebrazione.Matt si guardava intorno con attenzione, visibilmente impressionato. Dopo qualche secondo corrugò la fronte edomandò: «Dov’è Ethan?».Elena rivolse lo sguardo verso l’altare, di fronte al quale Ethan, capo dei vampiri della Vitale Society, le aveva puntato ilcoltello alla gola. In quel punto preciso Meredith lo aveva ucciso.Il pavimento era nero del sangue di Ethan, ma del suo corpo non era rimasta traccia.

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2Il sangue caldo e dolce di desiderio gli riempiva la bocca e accendeva i suoi sensi. Damon accarezzò i capelli dorati emorbidi della ragazza mentre affondava la bocca nel suo collo, candido come il latte. Sotto le pelle sentiva quel giovanesangue pulsare al ritmo regolare del cuore di lei.Damon succhiò la pura essenza della ragazza con la foga di un assetato. Perché mai aveva rinunciato a tutto questo?Ovviamente, sapeva bene perché. Per Elena. Sempre lei. Da un anno ormai.Di tanto in tanto in realtà aveva usato il suo Potere per piegare le sue vittime ai suoi voleri. Ma lo aveva fatto con lascomoda consapevolezza che Elena avrebbe disapprovato, e con l’immagine dei suoi occhi azzurri che lo guardavanoseveri e lo scoprivano pieno di desiderio. Ma no, lui non era abbastanza per lei, non poteva reggere il confronto con ilsuo fratellino.E quando aveva iniziato a capire che Stefan ed Elena sembravano fatti l’uno per l’altra, che sarebbe stato lui il presceltodalla principessa con i capelli d’oro, Damon aveva smesso di bere sangue fresco e aveva preferito dissetarsi conquell’insipido sangue freddo e stantio dei donatori.Aveva perfino provato il disgustoso sangue degli animali di cui si nutriva il fratello. Il solo ricordo gli dava ilvoltastomaco, e Damon per consolarsi bevve una lunga, deliziosa e rinfrescante sorsata di sangue dal collo di quellaragazza.Essere un vampiro significava questo: succhiare la vita, la vita umana, per alimentare la propria vita soprannaturale.Qualsiasi altra cosa — il sangue morto contenuto nelle sacche dei donatori o il sangue degli animali — ti riduceval’ombra di te stesso e indeboliva i tuoi Poteri.Damon non l’avrebbe più dimenticato. Si era perduto, ma adesso si era ritrovato.La ragazza si mosse e sembrò agitarsi. Damon le trasmise una dose calmante del suo Potere rendendola nuovamenteremissiva e accondiscendente. Come si chiamava? Tonya? Tabby? Tally?Non voleva farle del male. Non in modo permanente. Era molto tempo che non faceva del male alle persone di cui sinutriva, almeno, non molto male, e non quando era tranquillo. Quella ragazza avrebbe lasciato il bosco e sarebbetornata al convitto femminile con una leggera sensazione di vertigine e il vago ricordo di una serata in compagnia di unuomo affascinante di cui non riusciva a ricordare esattamente il viso.Si sarebbe ripresa subito.L’aveva scelta perché i suoi lunghi capelli biondi, gli occhi azzurri e la pelle candida gli ricordavano Elena? Poco male.Quelli erano soltanto affari suoi, e di nessun altro.Quando ebbe finito, Damon la lasciò andare e l’aiutò a rimettersi in piedi. Quella ragazza era deliziosa — niente a chevedere con il sangue di Elena, che era ricco e inebriante come nient’altro— ma succhiare altro sangue quella notte non sarebbe stato saggio.La ragazza era decisamente carina. Le sistemò i capelli per bene sopra le spalle, cercando di nascondere i segni cheaveva sul collo, e lei lo guardò un po’ assente, sbattendo più volte le palpebre.Quegli occhi non erano quelli giusti, dannazione. Dovevano essere più scuri, del colore dei lapislazzuli, e orlati da ciglialunghe e folte. E adesso che guardava meglio, i capelli erano chiaramente tinti.La ragazza gli sorrise, incerta sul da farsi.«Ora devi tornare al convitto», le ordinò Damon, inviandole un flusso di Potere. «E devi dimenticare di avermiincontrato. E tutto quello che è successo».«Sì, ora devo tornare nella mia stanza», ripetè la ragazza, ma con la voce sbagliata, con il tono sbagliato, con il timbrosbagliato. Il viso della ragazza si illuminò. «Il mio ragazzo mi sta aspettando», aggiunse.Qualcosa scattò nella mente di Damon. In una frazione di secondo afferrò di nuovo la ragazza e senza alcuna delicatezzaaffondò ancora la bocca nel suo collo, succhiando avidamente il sangue denso e caldo. Si rese conto che la stavapunendo, e questo gli diede piacere.Adesso che non era più soggiogata ai suoi Poteri, la ragazza urlò e cercò di divincolarsi, colpendolo alla schiena con ipugni. Damon la immobilizzò con un braccio e continuò ad affondare i canini nel collo della giovane per allargare ilmorso e bere sempre più sangue e sempre più velocemente. Poco a poco la ragazza smise di lottare e si abbandonò frale braccia di Damon.Quando ebbe finito, la lasciò, e lei cadde a terra con un tonfo sordo.Per un attimo, Damon osservò il bosco immerso nell’oscurità ascoltando l’incessante canto dei grilli. La ragazza giacevaimmobile ai suoi piedi. Anche se da cinquecento anni non aveva bisogno di respirare, Damon stava ansimando, ed eravagamente frastornato.Si toccò le labbra, poi si guardò la mano rossa di sangue. Era molto tempo che non perdeva il controllo in quel modo.Forse centinaia di anni. Fissò il corpo raggomitolato a terra. La ragazza adesso sembrava così piccola, il suo viso erasereno, gli occhi chiusi, le lunghe ciglia nere spiccavano sul pallore della pelle.Damon non sapeva se fosse viva o morta. E si rese conto che non voleva scoprirlo.Si allontanò di qualche passo, in preda a una strana insicurezza, poi si mise a correre veloce e silenzioso e attraversò il

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bosco accompagnato solo dal battito agitato del suo cuore.Damon aveva sempre fatto quel che voleva. Sentirsi a disagio per aver fatto qualcosa di assolutamente naturale per unvampiro era un atteggiamento per gente come Stefan. Ma mentre correva, un’insolita sensazione gli stringeva la boccadello stomaco, qualcosa di molto vicino al senso di colpa.«Ma tu avevi detto che Ethan era morto», osservò Bonnie. Accanto a lei, Meredith ebbe un moto di disappunto eBonnie si morse la lingua. Era ovvio che Meredith fosse preoccupata dalla possibilità che Ethan fosse ancora vivo: loaveva ucciso lei, o almeno così pensava. Il suo viso era una maschera di pietra, e non lasciava trapelare nulla.«Avrei dovuto mozzargli la testa, per precauzione», disse Meredith, spostando la torcia a destra e a sinistra perilluminare il muro di pietra della galleria. Bonnie si rese conto solo in quel momento di qualcosa che avrebbe dovutocapire prima: Meredith era arrabbiata.La telefonata con la quale aveva avvertito Bonnie della scomparsa del corpo di Ethan era arrivata mentre Bonnie eZander stavano cenando insieme al campus. Una serata molto carina a base di hamburger e Coca-Cola, con Zander chele stringeva i piedi fra i suoi sotto il tavolo, e le rubava le patatine.Adesso però eccoli lì, tutti e due, a caccia di vampiri nelle gallerie sotterranee sotto il campus, con Meredith e Matt.Elena e Stefan facevano la stessa cosa nei boschi intorno al college. Non era certo il più romantico degli appuntamentiper due persone che si erano appena rimesse insieme, pensò Bonnie un po’ dispiaciuta. Ma non si dice sempre che lecoppie devono avere interessi in comune?Matt, che camminava insieme a loro accanto a Meredith, aveva l’aria determinata, e guardava dritto davanti a sénell’oscurità della galleria. Bonnie era dispiaciuta anche per lui. La tensione che tutti loro sentivano per lui dovevaessere cento volte peggio.«Matt, ci sei?», domandò Meredith, come se avesse letto nei pensieri di Bonnie.Matt sospirò e si massaggiò la base del collo per rilassare i muscoli irrigiditi. «Si, sì. Ci sono». Si fermò e prese fiato.«Solo che...». Si interruppe, poi riprese il discorso. «Solo che alcuni di loro potevamo aiutarli, giusto? Stefan avrebbepotuto insegnare loro come diventare vampiri che non fanno male alle persone. Perfino Damon è cambiato, no? EChloe...». Il viso di Matt tradiva una grande emozione. «Nessuno di loro meritava questa fine. Non sapevano in cheguaio si stavano cacciando».«No», rispose Meredith, sfiorando il gomito di Matt con la mano. «Non lo sapevano».Bonnie sapeva che Matt era amico della dolce Chloe, ma iniziava a capire che forse tra loro c’era qualcosa di più. Erauna cosa terribile sapere che Meredith avrebbe potuto affondare il paletto nel cuore di qualcuno di cui lui si stavainnamorando, ma ancora più terribile era sapere che quella era la cosa giusta da fare.Zander aveva un’espressione strana, e Bonnie capì che stavano pensando la stessa cosa. Lui le prese la mano e intrecciòle sue dita affusolate intorno a quelle di lei, che istintivamente si fece più vicina.Ma non appena superarono una curva della galleria, Zander le lasciò la mano di colpo e scattò davanti a lei perproteggerla, mentre Meredith già brandiva il suo paletto. Bonnie, leggermente più indietro rispetto agli altri, vide le duefigure avvinghiate e appoggiate al muro solo nel momento in cui si stavano separando. Non erano due innamorati, capìimmediatamente, ma un vampiro e la sua vittima. Matt li fissò, pietrificato, e si lasciò sfuggire un verso di sorpresa. Ilvampiro, una ragazza non più alta di Bonnie, ringhiò e scoprì i canini che scintillarono nel buio della galleria, e conbrutalità spinse via la vittima, che cadde ai suoi piedi.Bonnie si fece avanti, senza perdere di vista il vampiro, che nel frattempo si era raggomitolato contro il muro. Si sentìaddosso lo sguardo feroce della creatura e rabbrividì, ma non si fermò finché non raggiunse la vittima per sentirle ilpolso. Era regolare, ma il ragazzo sanguinava molto perciò Bonnie si tolse il giubbotto e glielo premette contro il colloper fermare il sangue. Le tremavano le mani, e dovette sforzarsi di restare concentrata su quello che stava facendo.Notò gli occhi del giovane muoversi rapidamente sotto le palpebre, come se fosse in preda a un brutto sogno, anche seera chiaro che aveva perso conoscenza.La ragazza — il vampiro, Bonnie ricordò a se stessa — stava osservando Meredith, il corpo teso e pronto a scappare o acombattere. Quando Meredith le si avvicinò minacciosa, si ritrasse. Meredith alzò il paletto, puntando al centro delcuore.«Aspetta!», urlò il vampiro con voce roca, fermandola con la mano. Guardò oltre Meredith, e sembrò che vedesse Mattper la prima volta. «Matt», disse, «aiutami. Ti prego». Lo fissava intensamente, del tutto concentrata su di lui, e Bonniecapì che il vampiro stava cercando di usare i Poteri per indurlo a fare quel che voleva. Ma non ci riuscì — forse non eraancora abbastanza potente — e dopo qualche secondo rovesciò gli occhi all’indietro e si lasciò cadere contro il muro.Matt si rivolse al vampiro: «Beth, vogliamo darti una possibilità. Sai dirci cosa è successo a Ethan?».La ragazza fece di no con la testa, accompagnata dal movimento dei lunghi capelli. Spostò lo sguardo da Meredith allagalleria e cercò di sgusciare via e mettersi in salvo. Meredith le fu subito addosso, e quando furono di nuovo vicine, lepremette il paletto sul cuore.«Non possiamo ammazzarla così», disse Matt, con una nota di disperazione nella voce. «Non se c’è un’altra possibilità».Meredith fece un gesto di disappunto, e si piegò sempre più minacciosa sul vampiro — Beth, così l’aveva chiamata Matt

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— che le mostrò i canini e ringhiò silenziosamente.«Aspetta un momento», intervenne Zander, che scavalcò Bonnie e il corpo svenuto della vittima e si avvicinò. Prima cheBonnie capisse cosa stava succedendo, Zander aveva sottratto il vampiro al controllo di Meredith e la stava premendocontro il muro della galleria.«Ehi!», protestò Meredith indignata, ma Zander stava già fissando intensamente gli occhi di Beth con un’espressioneseria e molto calma. Anche il vampiro lo guardava, gli occhi fissi su di lui e il respiro affannato.«Sai dove si trova Ethan?», domandò Zander con voce ferma. Bonnie ebbe la sensazione che qualcosa, forse uninvisibile flusso di Potere, scorresse fra di loro.Un attimo dopo il viso di Beth era del tutto inespressivo. «Si nasconde nel covo, in fondo alle gallerie», disse; la sua vocesembrava assente, del tutto scollegata dai suoi pensieri.«Ci sono altri vampiri con lui?», domandò ancora Zander, gli occhi puntati su di lei.«Sì», rispose Beth. «Resteranno tutti lì fino all’equinozio, quando le speranze di Ethan troveranno soddisfazione».Due giorni, pensò Bonnie. Gli altri le avevano raccontato che Ethan aveva deciso di resuscitare Klaus, il vampiroOriginario. Rabbrividì al solo pensiero. Klaus faceva paura, era una delle cose più spaventose che avesse mai visto. Mapotevano veramente fare una cosa simile? Ethan non era riuscito ad avere il sangue di Stefan e di Damon, e senza quelsangue non poteva pronunciare l’incantesimo di resurrezione. O no?«Chiedile come intendono difendersi», suggerì Meredith, unendosi all’azione.«Ethan è ben difeso?», domandò Zander.Beth annuì con un gesto meccanico, come se un invisibile burattinaio avesse tirato un filo.«Nessuno può arrivare fino a lui», aggiunse con lo stesso tono monocorde. «E ben nascosto, e ognuno di noi è dispostoa dare la propria vita per proteggerlo».Meredith fissava il vampiro con attenzione, riflettendo sulla domanda successiva. Ma in quel momento intervenneMatt. «Non possiamo salvarla?», domandò; Bonnie rimase molto colpita dal dolore che traspariva dalla sua voce.«Forse, se non fosse così affamata...».Zander fissò Beth con maggiore intensità, e di nuovo Bonnie sentì il flusso di Potere che Zander emanava. «Beth, vuoifare del male alle persone?», domandò a voce bassa.Beth ridacchiò, anche se il suo viso rimase inespressivo. Quella breve risata fu la prima emozione che aveva manifestatoda quando Zander l’aveva ipnotizzata e costretta a dire la verità. «Non voglio solo fare del male... voglio uccidere»,rispose il vampiro con un certo divertimento nella voce. «E non mi sono mai sentita così viva».Zander indietreggiò con un gesto elegante e in un lampo Meredith prese il suo posto e conficcò il paletto nel cuore diBeth.Dopo il rumore dell’arma di legno che lacerava le carni, Beth crollò a terra senza un suono. Il silenzio fu interrotto da ungemito soffocato di Matt, sorpreso e addolorato. Accanto a Bonnie, ancora inginocchiata, la vittima si mosse e girò latesta. Con un gesto automatico, Bonnie cercò di tranquillizzarlo con la mano che non stava tamponando la ferita. «Vatutto bene», mormorò sottovoce.Meredith si voltò verso Matt. «Ho dovuto farlo».Matt abbassò la testa. «Lo so», rispose. «Credimi. Lo so. Ma posso dire che...». E dopo un attimo di esitazione, aggiunse:«Era una brava ragazza, prima che le succedesse tutto questo».«Mi dispiace», disse Meredith, e Matt annuì, senza alzare lo sguardo. Poi Meredith si rivolse a Zander. «Cosa le haifatto?», domandò. «Come sei riuscito a farla parlare?».Zander arrossì leggermente. «Ecco...». E, con un’alzata di spalle, disse: «C’è questa cosa che noi licantropi Originaripossiamo fare, se ci siamo esercitati. Possiamo costringere le persone a dire la verità. Non funziona con tutti, ma hopensato che valesse la pena tentare».Bonnie lo guardò con aria interrogativa. «Non me lo avevi mai detto».Zander si inginocchiò e la guardò con occhi sinceri. «Mi dispiace, ma non ci ho pensato. Per me è solo una delle tantecosette strane che possiamo fare».Sembrava che il ragazzo svenuto sanguinasse meno, e Bonnie si mise a sedere più comoda.Zander cercò ancora il suo sguardo, e lei gli sorrise. Doveva assolutamente scoprire quali erano queste «cosette strane»di cui parlava.«Si direbbe che questa cosetta è piuttosto utile», disse Bonnie e vide il viso di Zander rilassarsi e aprirsi in bel sorriso.Meredith si schiarì la voce e guardò Matt con grande comprensione, ma poi con voce asciutta disse: «Dobbiamo riuniretutti il prima possibile. Se Ethan ha ancora intenzione di resuscitare Klaus, dobbiamo avere un piano. E subito».Klaus. Le pietre sotto le ginocchia di Bonnie d’un tratto si fecero gelide. Klaus era tenebra, violenza, e terrore. A Fell’sChurch erano riusciti a fermarlo soltanto grazie a un intervento straordinario degli stessi spiriti di Fell’s Church, che sierano sollevati contro di lui. E non era una cosa che si poteva ripetere. Quindi, cosa avrebbero potuto fare? Vagamentestordita, Bonnie socchiuse gli occhi. E sotto di loro vide nitidamente le tenebre innalzarsi, dense e soffocanti, einghiottirli tutti. Qualcosa di terribile stava arrivando.

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3Elena intrecciò le dita a quelle di Stefan, e quel semplice gesto bastò a darle un brivido di gioia.Sembrava passato un secolo da quando erano rimasti soli per l’ultima volta, da quando si erano trovati abbastanzavicini da potersi toccare. Per tutta la sera Elena non aveva smesso di stargli a fianco, di accarezzargli la mano, diabbracciarlo, di sfiorarlo, di fare tutto ciò che poteva per assaporare la semplice realtà di essere finalmente sola con lui.Era una bella nottata, l’aria era tiepida, la sensazione del muschio sotto i piedi piacevole. Una brezza gentile muoveva lefoglie sui rami, e oltre gli alberi Elena riusciva a vedere il cielo punteggiato di stelle. C’erano tutti gli elementi pertrascorrere una romantica notte nel bosco, a parte il fatto che stavano dando la caccia a vampiri assetati di sangue.«Non percepisco niente di particolare», disse Stefan. Stringeva la mano di Elena, ma i suoi occhi verdi guardavanolontano. Elena sapeva che in quel momento stava usando i suoi Poteri per perlustrare la foresta. «Da quel che sento,non ci sono vampiri e non c’è nessuno che soffre o che ha paura. Anzi, direi che qui non c’è proprio nessuno».«Meglio però se continuiamo a cercare. Non si sa mai», suggerì Elena, e Stefan annuì. I suoi Poteri di ricerca avevanoqualche limite: quelli che erano più forti di lui potevano eluderli, mentre i più deboli potevano non attirare la suaattenzione. E qualche creatura, come i licantropi, poteva non essere percepita affatto.«So che con tutto quello che sta capitando non dovrei pensare a queste cose, ma... in questo momento desiderosoltanto restare un po’ sola con te», confessò Elena in un sussurro. «Sta succedendo tutto molto in fretta, e se Ethan haintenzione di resuscitare Klaus... la mia sensazione è che non avremo molto tempo per noi».Stefan le accarezzò delicatamente il viso, seguì il suo profilo con le dita, le guance, le curva delle sopracciglia, le labbra...la guardò con gli occhi pieni di passione e le sorrise. Poi la baciò.Oh, pensò Elena. E poi: Sì.Sembrava che Stefan attendesse la sua conferma, perché i suoi baci si fecero più appassionati. Le passò una mano fra icapelli e senza smettere di baciarla la sospinse contro un albero. La corteccia era ruvida contro le spalle nude, ma Elenanon ci badò e continuò a baciare Stefan con tutta se stessa, avidamente.Questo è bello, pensò Elena. Questo è come tornare a casa, e sentì che Stefan era d’accordo con lei, insieme a tutta laforza del suo amore. Sì, pensò lui, e: Ancora.Le loro menti entrarono in sintonia e Elena si rilassò nella lenta e familiare spirale dei pensieri e delle sensazioni diStefan. Sentiva tutto il suo amore, un amore sincero e profondo, ma sentiva anche il dispiacere per il tempo cheavevano perduto. Ma più di tutto sentiva una gioiosa sensazione di sollievo. Non so come avrei potuto vivere senza dite, pensava Stefan, non avrei potuto vivere per sempre sapendo che tu non eri mia.Il concetto di per sempre suscitò in Elena una certa ansia. A parte l’eventualità di una morte violenta, per sempre erauna certezza per Stefan. Avrebbe continuato a vivere la sua vita senza invecchiare, per sempre bellissimo, per sempregiovane. Ma Elena? Lei sarebbe invecchiata e morta, e chissà se Stefan, eternamente giovane e bello, le sarebbe statoaccanto. Ma certo che sì, Elena non aveva dubbi che lui sarebbe stato per sempre al sua fianco, a dispetto di tutto.Ma c’erano altre possibilità. Anche lei un tempo era stata un vampiro, e aveva sofferto molto per essere stata separatadai suoi amici umani e dai suoi cari, separata dal mondo dei vivi. Elena sapeva che Stefan non le avrebbe augurato ditornare a quella vita, ma era pur sempre una delle possibilità, anche se non ne avevano mai parlato.Elena andò con la mente a una certa ampolla nascosta nel suo armadio, ma subito cercò di pensare ad altro. Quandoinsieme ai suoi amici aveva viaggiato nella Dimensione Oscura aveva rubato alle Guardiane un’ampolla di acqua dellavita eterna. La sua esistenza, e la possibilità che quest’ampolla le offriva, era sempre presente in un angolo della suamente. Ma non era pronta a prendere la decisione di porre fine alla sua vita mortale. Non ancora.Stava ancora crescendo, e cambiando. La persona che era oggi era veramente la persona che voleva essere per il restodella sua vita? Era così imperfetta, così grezza. Bere l’acqua della vita eterna, o diventare un vampiro, le avrebbe chiusoalcune porte per sempre, e lei non era ancora pronta per un simile passo. Voleva restare umana. Quel pensiero lafaceva stare male: sarebbe mai rimasta umana? Avrebbe potuto restare umana, se doveva diventare una Guardiana?Per fortuna solo una piccola parte di Elena era concentrata su questi pensieri, perché per il resto era del tuttoabbandonata alle dolci sensazioni che le arrivavano dalle labbra e dal corpo di Stefan contro il suo, e dall’intenso flussodi amore che stava passando fra loro due. Ma forse qualcuno dei pensieri di Elena era riuscito a raggiungere Stefan, elui le rispose. Tutto quello che vuoi, Elena, pensò, delicato e rassicurante. Sarò con te. Per sempre. Qualunque cosaquesto significhi per te.Elena conosceva il senso di quel pensiero. Sapeva che Stefan l’avrebbe capita, anche se avesse deciso di vivere una vitanaturale, e quindi di invecchiare e di morire. Del resto, lei avrebbe avuto le sue ragioni per farlo. Stefan e Damonavevano entrambi perso qualcosa scegliendo di non invecchiare, di non cambiare mai. E infatti sentivano che una partedella loro umanità non c’era più.Ma come avrebbe potuto accettare il fatto di abbandonare Stefan un giorno? Non riusciva a immaginare l’idea di moriredi nuovo, di morire e di lasciarlo solo. Elena cercò una posizione migliore contro la corteccia ruvida e baciò Stefan contrasporto, sentendo più che mai la forza della vita in contrasto con le sensazioni che le venivano dai suoi pensieri.

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Di colpo però si ritrasse. Aveva taciuto molte cose a Stefan da quando era arrivata a Dalcrest. Enon aveva intenzione di continuare, non aveva intenzione di amarlo tenendolo all’oscuro di certi aspetti della sua vita.«C’è qualcosa di cui devo parlarti», disse. «Devi sapere tutto. Non posso... non posso nasconderti certe cose, non più».Stefan la guardò con aria interrogativa, e lei abbassò lo sguardo sulla sua mano, che stropicciava nervosamente lacamicia di Stefan. «Ieri James mi ha rivelato una cosa», disse d’un fiato. «Io non sono la persona che credevo di essere,non esattamente. Le Guardiane hanno scelto i miei genitori — sono loro che mi hanno fatta — con l’accordo che adodici anni mi avrebbero restituita lasciandomi diventare Guardiana a mia volta. I miei però, arrivato il momento, sisono rifiutati ed è per questo motivo che sono morti. Non è stato un incidente. Le Guardiane li hanno ammazzati. Eadesso, dopo aver scoperto tutto questo, dovrei diventare una di loro».Stefan per un attimo sembrò sbalordito, ma subito la guardò con infinita comprensione. «Oh, Elena», disse, e la strinsea sé, cercando di confortarla.Elena si abbandonò sul suo petto. Grazie al cielo Stefan aveva capito che la possibilità di diventare una delle Guardiane,quelle gelide custodi dell’Ordine, non era un fatto da festeggiare, anche se questo le avrebbe dato i Poteri.«Io ti aiuterò», disse Stefan. «Se vuoi cercare un accordo per uscire da questa situazione sarò con te, ma anche se tivorrai opporre, o se vorrai accettare. Qualunque cosa tu voglia fare, io ti aiuterò».«Lo so», disse Elena, con il viso premuto contro la sua spalla.D’un tratto però sentì il suo corpo irrigidirsi e si accorse che lui si stava guardando intorno. «Cosa succede?», domandò.Stefan guardava lontano, oltre la testa di Elena, il viso teso, lo sguardo vigile. «Mi spiace, Elena», disse mentre lei siallontanava e cercava di seguire la direzione del suo sguardo. «Dobbiamo rimandare questa discussione. Ho appenasentito qualcosa. Qualcuno è in difficoltà. E adesso che il vento è cambiato, credo di sentire anche odore di sangue».Elena congelò le proprie emozioni e si sforzò di tornare alla razionalità. I suoi problemi potevano aspettare. Adessoavevano un lavoro da fare. «Dove?».Stefan la prese per mano e si inoltrarono nel bosco. In quel punto le chiome degli alberi erano fitte e impedivano allaluce fioca delle stelle di arrivare fino a loro. Elena inciampò in una radice ma Stefan la sorresse e l’aiutò a proseguire.Dopo poco arrivarono in un’altra radura. Ci volle un attimo prima che Elena distinguesse la sagoma scura alla qualeStefan si stava già avvicinando con cautela. Rannicchiato a terra c’era il corpo di un essere umano.Si inginocchiarono vicino alla persona e Stefan la girò con delicatezza. Il corpo ricadde mollemente sulla schiena. Erauna ragazza. Elena si accorse che aveva circa la sua età. Il viso era inespressivo e pallido, e i capelli biondi brillavanosotto la luce delle stelle. Aveva il collo sporco di sangue.«È morta?», domandò in un sussurro. La ragazza era perfettamente immobile.Stefan le toccò le guance e poi delicatamente le sfiorò il collo, sotto la macchia di sangue, evitando di toccare il fluidodenso e scarlatto. «Non è morta», disse, ed Elena si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. «Ma ha perso molto sangue».«È meglio se la riportiamo al campus», disse Elena. «E avvertiamo tutti che i vampiri stanno cacciando nel bosco. Poipossiamo tornare qui e trovare il colpevole».Stefan stava esaminando la ferita della ragazza con un’espressione impenetrabile. «Elena, io non... non credo che siaopera dei vampiri di Ethan», disse con una certa esitazione.«Cosa vuoi dire?», domandò Elena, perplessa. Aveva appoggiato il ginocchio su una radice, e si spostò per stare piùcomoda. «Chi altro avrebbe potuto fare una cosa del genere?».Stefan aggrottò la fronte e con delicatezza sfiorò ancora il collo della ragazza, attento a non entrare in contatto con ilsangue. «Guarda questi segni», disse. «Il vampiro che ha fatto questo era affamato e brutale, ma era esperto. Il morso ènetto, e si trova nel punto esatto dove si può succhiare la maggior quantità di sangue senza uccidere la vittima». Stefanaccarezzò i capelli della ragazza, come se volesse rassicurarla. Aveva gli occhi socchiusi, e sembrava addolorato. «È statoDamon», disse.Elena si fece di pietra, e scosse la testa. «No», disse. «Damon non avrebbe mai lasciato qualcuno morire nel bosco».Stefan aveva un’espressione assente ed Elena d’istinto gli toccò il braccio, per confortarlo. Lui chiuse gli occhi e le siavvicinò. «Dopo cinquecento anni, so riconoscere un morso di Damon», disse tristemente. «A volte sembra cambiato.Ma Damon non cambierà mai». Il peso di quelle parole sembrò colpire Stefan almeno quanto colpì Elena.Per un attimo, Elena non riuscì quasi a respirare, e si sentì mancare. Damon? Una serie di immagini le passaronodavanti agli occhi: il suo viso insondabile, i suoi occhi neri pieni di rabbia, taglienti e cattivi. Ma anche le sue espressionipiù dolci, anche se rare, quelle con cui guardava Stefan, o lei. E una profonda sensazione di rifiuto prese forma dentro dilei.«No», disse. E lo ripetè con più convinzione rivolgendosi a Stefan. «No. Damon sta male, per causa nostra. Per causamia». Stefan annuì, quasi impercettibilmente. «Non possiamo lasciarlo solo.Lui è cambiato. E ha fatto molto per noi. Per tutti noi. Lui ci vuole bene, Stefan, e noi dobbiamo tirarlo fuori da questasituazione. Non l’ha uccisa. Non è troppo tardi».Stefan l’aveva ascoltata con attenzione, e dopo qualche secondo, si passò la mano sulla faccia e disse convinto:«Dobbiamo mantenere il segreto. Meredith e gli altri non devono sapere quello che ha fatto».

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Elena ripensò all’espressione di Meredith mentre conficcava il suo paletto, e deglutì preoccupata.Il cacciatore che era in lei non avrebbe esitato un secondo a uccidere Damon se si fosse convinta che lui era diventatoun pericolo reale per gli innocenti. «Hai ragione», disse in un sussurro. «Non dobbiamo dirlo a nessuno».Stefan prese la mano di Elena e la strinse forte, guardandola negli occhi. I loro sguardi si unirono in una promessasilenziosa: avrebbero lavorato insieme, e avrebbero salvato Damon. E tutto sarebbe andato bene.

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4Elena non parlò a nessuno della ragazza che avevano trovato nel bosco. Lei e Stefan le avevano gettato acqua fredda sulviso per farla rinvenire, ed evitare così di doverla portare all’ospedale. Il sangue aveva completamente intriso le bendecon cui le avevano fasciato la ferita — il morso di Damon era molto profondo — e alla fine Stefan, anche semalvolentieri, le aveva trasfuso il suo sangue attraverso il polso per aiutarla a riprendersi. Elena sapeva che non eracontento di averlo fatto: per Stefan lo scambio di sangue era un gesto molto intimo, che significava amore, ma chealtro potevano fare? Non potevano certo lasciarla morire.Quando infine la ragazza riprese conoscenza, Stefan la influenzò con i Poteri convincendola a dimenticare quello che erasuccesso, e insieme a Elena la accompagnò al suo convitto. Quando la lasciarono era quasi l’alba, e la ragazza era vispa eallegra, convinta di aver bevuto troppo ma di aver trascorso una fantastica serata.Tornata nella sua stanza, Elena aveva cercato di dormire, ma era troppo turbata. Si era rigirata nel letto, avvolta nellelenzuola pulite, ripensando alla frustrazione che aveva letto negli occhi di Stefan mentre le diceva: «E stato Damon», eal panico che aveva cercato di soffocare quando aveva mormorato: «Dobbiamo mantenere il segreto».Elena sapeva che Damon si nutriva ancora di sangue umano, anche se in genere riusciva a non pensarci. Ma era moltotempo che non faceva veramente del male a qualcuno. Si limitava a usare i suoi Poteri per convincere qualche graziosafanciulla a regalargli un po’ di sangue volontariamente, e poi la lasciava con nient’altro che il vago ricordo di una seratatrascorsa con un uomo affascinante e misterioso dall’accento italiano. A volte le ragazze non ricordavano nulla.Ovviamente, era sbagliato, Elena lo sapeva bene, anche se Damon tendeva a ignorarlo. La ragazze non erano presenti ase stesse. Lui si nutriva del loro sangue e loro non capivano. Elena era certa che se fosse successo a lei, o a Bonnie, o aqualcuno a cui lei voleva bene, si sarebbe sentita offesa e disgustata. Ma alla fine aveva deciso di ignorare la cosa vistoche il risultato finale — Damon soddisfatto e le sue vittime per lo più illese — tutto sommato non era poi così negativo.Ma questa volta era chiaro che non era stato affatto gentile con la ragazza, e che non aveva voluto rendere le cosefacili. L’aveva lasciata in mezzo al bosco sanguinante, e quando alla fine si era risvegliata, si era messa a gridare. Elenarabbrividì al solo ricordo, incupita dal senso di colpa.Era questa la realtà che stava ignorando? Forse Damon non aveva smesso di aggredire gli essere umani e per tutto queltempo glielo aveva tenuto nascosto. E l’idea di quelle vittime un po’ confuse ma felici e inconsapevoli erasemplicemente una menzogna. O forse era cambiato qualcosa, ed era colpa di Elena. Chissà se Damon si eracomportato così in un accesso di rabbia, perché Elena aveva scelto Stefan...Elena cercò ancora una volta di chiamare Damon, ma quando partì la segreteria riattaccò subito.Era tutta la mattina che lo stava cercando, e gli aveva già lasciato un paio di messaggi. Ma lui non le aveva mai risposto,né l’aveva richiamata.«Era Stefan?», domandò Bonnie, mentre usciva dal bagno intenta ad asciugarsi i capelli bagnati.Il viso era incorniciato da una cascata di selvaggi riccioli rossi. «Sta arrivando?»«Tra poco saranno tutti qui», rispose Elena, senza correggere la supposizione di Bonnie. Avevano deciso di vedersi periniziare a organizzare le difese contro i vampiri della Vitale Society, e per capire come fermarli prima che riuscissero aresuscitare Klaus.E infatti poco dopo arrivarono tutti, tranne Damon: Meredith andò a sedersi sul suo letto e si concentrò sul coltello dacaccia che stava affilando; Matt, ancora pallido, si sedette sulla sedia davanti alla scrivania; Bonnie e Zander siaccoccolarono sul letto di Bonnie, raggianti di felicità per il loro amore nonostante la gravità della situazione. MentreElena li guardava, Zander bisbigliò qualcosa all’orecchio di Bonnie e lei arrossì.Stefan raggiunse Elena sul suo letto e le prese la mano. Era già passato un anno, eppure ogni volta Elena sentiva unbrivido di eccitazione che nasceva dalle sue dita e le arrivava dritto al cuore.Lo guardò per un istante, per capire quanto fosse rimasto turbato dalla notte appena trascorsa, per cercare un indizioche le dicesse se era riuscito a parlare con Damon, ma sul suo viso non lesse niente di utile.«Ormai sappiamo tutti...», esordì Meredith, verificando con il polpastrello se la lama era affilata,«che Ethan si sta nascondendo...».«Aspetta», la interruppe Elena. «Prima devo assolutamente dirvi una cosa». Stefan le lanciò uno sguardo preoccupato ein quel momento Elena capì che non era affatto calmo. Era teso come una corda di violino a causa del segreto diDamon.«Allora...», riprese Elena, stranamente nervosa. Ripensò a come tutti loro si erano sentiti nei confronti delle gelide epedanti Guardiane che avevano incontrato nella Dimensione Oscura, quelle che l’avevano privata dei suoi Poteri(dolorosamente privata, Elena non poteva scordare il male che aveva provato quando le avevano tagliato le Ali) e che sierano rifiutate di far tornare Damon, dopo la sua morte. Ma si fece forza e continuò a parlare con determinazione.«Ho appena scoperto che sono una Guardiana», disse, senza emozione.Nella stanza scese il silenzio.Il primo a parlare fu Zander. «Guardiana di che?», domandò, guardando Bonnie in cerca di chiarimenti.Bonnie disegnò nell’aria una sorta di cerchio con la mano. «Di tutto», rispose senza scendere nei particolari, «se Elena

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sta parlando di una vera Guardiana con la G maiuscola». Guardò Elena in cerca di conferma, e Elena annuì. «LeGuardiane sono donne orribili — almeno, diciamo che hanno l’aspetto di una donna — e hanno il compito di vegliaresull’universo in modo che tutto continui a funzionare come dovrebbe. Anche se davvero non riesco a capire come Elenapossa essere una di loro. Le Guardiane non vivono qui. Se ne stanno in una specie di dimensione parallela. Non sonopersone vere e proprie, non credo». Poi si voltò verso l’amica e la guardò confusa. «Elena, ci spieghi meglio?».Elena però distolse lo sguardo e fissò il muro. Le sembrava che la pelle del viso fosse troppo tesa, e le bruciavano gliocchi. «James, il mio professore di storia, conosceva i miei genitori, quando erano qui al college. Erano molto amici»,spiegò agli altri, cercando di controllare l’emozione. «Mi ha raccontato che avevano accettato di avere una figlia chesarebbe diventata una Guardiana sulla Terra. Ha detto che dovevo iniziare il mio addestramento con le Guardiane adodici anni, ma arrivato il momento i miei genitori rifiutarono di consegnarmi». Le tremò leggermente la voce, maguardò la stampa di Matisse appesa sopra il suo letto e ritrovò la calma. Si appoggiò alla spalla di Stefan e si lasciòconfortare dalla solida vicinanza del suo corpo, senza guardare nessuno.Meredith andò a sedersi accanto a lei e le prese la mano. Un attimo dopo anche Bonnie si era stretta a lei e la guardavacon comprensione.«Noi siamo dalla tua parte, lo sai, vero, Elena?», le disse Meredith, e Bonnie annuì.«La banda delle velociraptor, giusto?», disse Meredith, e il ricordo di quella vecchia storia strappò a Elena un leggerosorriso. «Se le Guardiane se la prendono con una di noi, devono fare i conti con le altre. Anche se fanno piuttosto paura.Ma sapremo difenderci».Elena rise, più che altro per il nervosismo. «Grazie», disse. «Davvero. Ma non credo ci sia un modo per uscirne.Oltretutto, non so neppure cosa voglia dire esattamente essere una Guardiana sulla Terra».«Allora la prima cosa da fare è scoprirlo», disse saggiamente Meredith. «Questo fine settimana viene a trovarmi Alaric.Magari lui sa tutto delle Guardiane sulla Terra, o almeno potrebbe riuscire a scoprire qualcosa». Alaric, il quasi fidanzatodi Meredith, seguiva un dottorato in scienze paranormali e i molti contatti che aveva spesso si rivelavano molto utili.«Elena, vedrai che riusciremo a venirne a capo», promise Bonnie.Elena ricacciò indietro le lacrime. Bonnie e Meredith si erano avvicinate a lei, tagliando fuori per un attimo tutti gli altri,anche Stefan, che pure era seduto sul letto insieme a loro. Quelle tre ragazze potevano sempre contare una sull’altra. Siproteggevano a vicenda, sin da quando la cosa peggiore di cui dovevano occuparsi erano i bulletti della scuola e gliinsegnanti cattivi.Stefan la strinse più forte. Matt e Zander la guardavano con un’aria comprensiva e preoccupata al tempo stesso.Meredith aveva ragione: non era sola. Elena sospirò e rilassò le spalle, e finalmente sentì che un po’ della tensione cheaveva accumulato da quando James le aveva svelato il segreto della sua nascita la stava lasciando.«Sono contenta che venga Alaric», disse Elena. «È una buona idea chiedergli aiuto. E forse anche James potrebbe dirciqualcosa in più». Rifletté per qualche secondo, spostando una ciocca di capelli dietro le orecchie. «Anzi, sarà davvero ilcaso che James ci dica qualcosa. Sicuramente conosce questa storia da prima che io nascessi, perciò ha avuto circa unaventina d’anni per scoprire qualcosa di utile». E con un battito di mani cercò di scacciare tutte le sue paure. «Per ilmomento, però, dobbiamo concentrarci su Ethan e sui vampiri». La vera Elena stava tornando, una Elena determinata,piena di energia e pronta a fare progetti.Stefan le accarezzò il ginocchio e scese dal letto. «Questa notte avremo la nostra ultima chance di fermare Ethan»,disse, spostandosi al centro della stanza. Li guardò tutti con aria grave, la sua espressione era seria, i suoi occhi verdicupi. «Domani è l’equinozio, il giorno in cui la distanza fra il regno dei vivi e quello dei morti è al suo minimo. Il giorno incui cercheranno di resuscitare Klaus. Meredith, qual è situazione del nostro arsenale?».Meredith si alzò e aprì il suo armadio, da cui prese diverse borse di armi. C’era il suo speciale paletto da caccia, conpunte di materiali diversi, dall’argento al frassino, e con una serie di minuscoli aghi ipodermici per colpire tutte ledifferenti creature che un cacciatore poteva incontrare; c’era un assortimento di coltelli di varie dimensioni, da unlungo pugnale d’argento fino a un sottile e comodo coltello da stivale, tutti affilati come rasoi; c’erano bastoni eshakeri, le micidiali stelle rotanti, e poi machete e mazze ferrate, e tante altre cose di cui Elena non conosceva neppureil nome.«Wow!», esclamò Zander, che nel frattempo si era steso a pancia in giù sul letto di Bonnie per vedere meglio. GuardavaMeredith con rinnovato rispetto e anche con un po’ di soggezione.«Potresti armare un intero esercito», le disse.Meredith arrossì leggermente. «Forse tutto questo è eccessivo», disse. «Ma mi piace essere preparata». Dopodichéestrasse dall’armadio un baule di legno. «C’è anche questo. Alaric mi ha aiutato a raccoglierla prima che iniziasse lascuola». Aprì la cassa, avvertendo con uno sguardo eloquente Stefan, che subito indietreggiò. Elena invece si avvicinòper vedere meglio. Sembrava pieno di piante.Ma sì. La cassa era stata riempita fino all’orlo di verbena. Probabilmente ce n’era a sufficienza per neutralizzareun’intera colonia di vampiri, se solo fossero riusciti a capire come strofinargliela addosso, o come convincerli amangiarla. Alla peggio, l’avrebbero usata per proteggersi e per non essere Influenzati.

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«Bene», disse Stefan, che nel frattempo si era ripreso dalla sua istintiva reazione alla verbena.«Anche questa potrà tornare utile. Matt, cosa ci puoi dire delle gallerie sotterranee?».Elena si sentì attraversare da un moto di orgoglio quando Stefan si voltò verso Matt, che aveva iniziato a disegnare suun foglio di carta ciò che ricordava e ciò che aveva sentito dire del covo segreto della Vitale Society e del reticolo digallerie che lo circondava. Stefan lo osservava e intanto faceva domande, incoraggiando Matt a raccontare anche idettagli apparentemente meno significativi. Incalzato dalle domande di Stefan, Matt si sentiva sempre più sicuro e iniziòa ricomporre il quadro in un modo tutto nuovo.Stefan era molto cambiato. La prima volta che era andato a Fell’s Church era silenzioso e distante, del tuttodisinteressato a lasciare un’impressione qualsiasi sugli umani che lo circondavano. Sembrava, ricordò Elena, che fossemalato, che non potesse stare fra i mortali senza seminare morte e disperazione.Adesso invece aveva la naturale autorevolezza del capo. Stefan sembrò avvertire lo sguardo di Elena su di sé, e laguardò rivolgendole un breve sorriso, solo per lei. Elena sapeva che quel cambiamento dipendeva da lei, e da tutto ciòche era accaduto nel corso dell’ultimo anno. E se anche Damon fosse ricaduto nella violenza a causa sua, Elena potevaalmeno essere fiera dell’effetto che aveva avuto su Stefan.«Non possiamo farci qualcosa, con tutta quella verbena?», domandò Bonnie d’un tratto. «Non so... magari bruciarla, otrasformarla in un gas, e riempire le gallerie con il suo fumo? Se blocchiamo le altre uscite, tutti i vampiri si rifugerannonel covo. E noi potremo intrappolarli e poi dare tutto alle fiamme. O almeno potremo prenderli tutti insieme».«Buona idea, Bonnie», disse Stefan. Pieno di entusiasmo, Zander fu subito d’accordo, e il viso di Bonnie si illuminò disoddisfazione. Era divertente che tutti fossero abituati a pensare a Bonnie come alla piccola del gruppo, pensò Elena,una sorta di novizia da proteggere, mentre in realtà non lo era affatto, e da molto tempo ormai.«Che altre risorse abbiamo?», domandò Stefan pensieroso, mentre camminava nervosamente per la stanza.«Potrei chiedere ai ragazzi di aiutarci», suggerì Zander. «Diamo la caccia ai vampiri della Vitale Society già da un po’.Non saremo forti come potremmo esserlo con la giusta fase lunare, e devo anche dire che non tutti e dieci sono ingrado di operare la transizione senza la luna piena... ma insieme lavoriamo piuttosto bene...». Zander si interruppe. Poiaggiunse: «Se ci volete, chiaro. So che non vi sentite tutti a vostro agio con i lupi mannari, e se vogliamo proprio esseresinceri, non è che noi impazziamo per i vampiri. Senza offesa». E guardò Stefan e poi Meredith, che aveva ancora ilcoltello in mano.Meredith era quella che più facilmente non avrebbe gradito l’ingresso di un branco di lupi mannari nel loro gruppo.Bonnie le aveva assicurato che il Branco di Zander era diverso dai lupi mannari che avevano conosciuto prima. Cheerano bravi, più simili a cani da guardia che ad animali selvaggi. Ma Meredith era stata addestrata per cacciare mostri.Tuttavia, guardò Zander e annuì lentamente: «Dobbiamo accettare tutto l’aiuto che riusciamo a trovare». Meredithincrociò lo sguardo di Bonnie, che la ricambiò con un sorriso soddisfatto.«A proposito di aiuto...», disse ancora Meredith. «Dov’è Damon?». E non ricevendo risposta, guardò Elena e Stefan.«Questa è l’occasione giusta per lui. Dovreste chiamarlo e coinvolgerlo». Il tono era gentile ma determinato, ed Elenacapì che Meredith era convinta che loro due esitassero perché Elena, dopo aver lasciato Stefan, si era quasi fidanzatacon Damon. Se solo Meredith sapesse la verità, pensò. Ma non possiamo parlare. Stefan e io dobbiamo tenere Damonal sicuro.«Forse potresti chiamarlo tu, Elena?», tentò di suggerire Bonnie.Elena e Stefan si guardarono. Il viso di Stefan era impassibile, ed Elena non vi trovò la minima traccia di imbarazzoquando intervenne per risolvere la questione. «No, è meglio se lo faccio io.Anche perché devo sentirlo in ogni caso».Elena si morse le labbra e annuì. Avrebbe voluto vedere Damon da sola, doveva assolutamente vederlo, per sapere cosagli stava succedendo, per aiutarlo. Ma lui non aveva risposto alle sue telefonate. Forse Damon aveva soltanto bisogno distare per conto suo. Elena sperò che almeno Stefan riuscisse a entrare in contatto con lui.

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5Quando Stefan bussò a casa di Damon, lui gli aprì quasi immediatamente, lo fulminò con un’occhiata e cercò dichiudergli la porta in faccia.«Fermati», gli disse Stefan, bloccando il battente con la spalla. «Sono sicuro che avevi sentito che ero io».«Sì, ma so che se non avessi aperto, avresti continuato a bussare, o avresti trovato il modo di entrare», spiegò Damonirritato. «Quindi ti ho aperto. Ma adesso vattene».Damon aveva l’aria distrutta. Niente poteva cancellare l’eleganza dei suoi lineamenti, ma il suo viso era tirato e pallidoper la tensione. Aveva gli occhi rossi e i capelli spettinati. Stefan ignorò le sue parole e fissò il fratello, cercando diincrociare il suo sguardo.«Damon», gli disse, «questa notte ho trovato la ragazza nel bosco».Chi non avesse conosciuto Damon bene come Stefan — quindi, chiunque eccetto Stefan — non si sarebbe accortodell’attimo di incertezza che aveva preceduto il gelido disprezzo con cui aveva accolto la notizia. «Sei venuto a farmi lapredica, fratellino?», domandò Damon. «Mi spiace, ma non ho tempo di ascoltarti. Facciamo un altro giorno? Magari laprossima settimana?».Lanciò un’occhiata al fratello e poi distolse lo sguardo con aria sprezzante. Fu un attimo, e Stefan di colpo ebbe lasensazione di essere tornato indietro di secoli, di essere di nuovo il bambino che veniva rimesso al suo postodall’affascinante e irritante fratello maggiore.«Era ancora viva», proseguì Stefan convinto. «L’ho riportata al campus. Sta bene».Damon fece spallucce. «Che bravo. Sei sempre un perfetto cavaliere».Stefan afferrò Damon per un braccio. «Accidenti, Damon», gli disse esasperato. «Smettila di giocare con me. Sonovenuto a dirti che devi fare attenzione. Se avessi ucciso quella ragazza, saresti finito nei guai».Damon lo fissò. «Tutto qui?». La sua voce adesso era vagamente meno ostile. «Vuoi che faccia attenzione? Sicuro chenon stai morendo dalla voglia di sgridarmi, fratellino? E magari di minacciarmi?».Stefan sospirò e si appoggiò allo stipite. «Per caso sgridarti servirebbe a qualcosa, Damon? Ominacciarti? Con te queste cose non hanno mai funzionato. Semplicemente, non voglio che tu uccida nessuno. Sei miofratello, abbiamo bisogno l’uno dell’altro».Di nuovo, il viso di Damon si fece teso. Stefan ripensò alle sue parole. A volte parlare con Damon era come attraversareun campo minato. «Almeno, io ho bisogno di te», si corresse. «Mi hai salvato la vita. E, in caso non te ne fossi accorto,per me è una cosa importante».Damon si appoggiò allo stipite, di fronte al fratello, e lo osservò. In silenzio. Stefan avrebbe voluto sapere a cosa stavapensando, e tentò di inviargli un tenue flusso di Poteri per cogliere il suo umore. Ma Damon sogghignò e senza alcunosforzo si rese impenetrabile.Stefan abbassò la testa e si massaggiò il naso con le dita. Le cose sarebbero andate sempre così fra loro, per tutti i secolidi vita insieme che ancora li aspettavano? «Ascolta, Damon», gli disse infine.«Abbiamo già molti problemi con gli altri vampiri del campus; ci manca solo che anche tu ti rimetta a cacciare. Ethan èancora vivo e ha intenzione di resuscitare Klaus domani notte».Per un attimo Damon si fece scuro in viso, ma subito si riprese e guardò il fratello con aria impassibile.«Non possiamo fermarlo senza di te», continuò Stefan.Gli occhi nerissimi di Damon non tradirono alcuna emozione. «Mi spiace», disse, con il più luminoso dei sorrisi. «Non miinteressa».«Come?», Stefan ebbe la sensazione di aver appena ricevuto un calcio nello stomaco. Era preparato al sarcasmo e alladiffidenza di Damon, ma l’ultima cosa che poteva aspettarsi da lui era l’indifferenza.Damon scrollò le spalle, si stiracchiò, si sistemò i vestiti, si tolse un invisibile pelucco dalla camicia. «Ne ho abbastanza»,disse, con noncuranza. «Mi sono stancato di impicciarmi delle beghe dei tuoi amici umani. Se Ethan vuole resuscitareKlaus, peggio per lui. Dubito che avrà la meglio».«Klaus non avrà dimenticato che l’hai attaccato», disse Stefan. «Ti verrà a cercare».Damon alzò un sopracciglio, stupito. Poi sorrise di nuovo, questa volta limitandosi a scoprire i denti, come una bestiaselvatica. «Non credo proprio di essere in cima alla lista delle sue priorità, fratellino».Era vero. In quel momento Stefan ricordò che durante la terribile ultima battaglia contro Klaus, Damon lo aveva colpitocon il frassino bianco, fermando così il suo colpo mortale contro Stefan.Ma non era stato lui a dargli la morte. Stefan aveva organizzato la lotta contro Klaus e aveva fatto del suo meglio perucciderlo. Ma alla fine aveva fallito. Era stata Elena, alla testa di un esercito di spiriti, a uccidere il vampiro Originario.«Elena», mormorò Stefan, disperato. «Elena ha bisogno di te».Era sicuro che Damon non avrebbe resistito a quel richiamo. Damon c’era sempre per Elena. Ma questa volta risposecon un sorriso sprezzante. «Sono sicuro che te la caverai benissimo», disse disinvolto. «Il responsabile dell’incolumità diElena non sono più io. Adesso tocca a te».«Damon...».

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«No». E alzando la mano in un gesto di avvertimento, aggiunse: «Te l’ho già detto. Per me la questione è chiusa». E conquelle parole, richiuse la porta in faccia al fratello.Stefan appoggiò la fronte al battente, in preda a una terribile sensazione di sconfitta.«Damon...», ripetè. Sapeva che il fratello poteva sentirlo, ma non ricevette risposta. E lentamente si allontanò. Erameglio non insistere, quando era di quell’umore.Damon sarebbe stato capace di qualsiasi cosa.«Sono davvero felice di vederti, Elena», disse il professor Campbell. «Ero preoccupato per te dopo...», si guardò intornocircospetto e abbassò la voce, «.. .dopo la nostra ultima chiacchierata».Il suo viso, in genere curioso e compiaciuto, era velato da un’ombra di incertezza.«James, mi dispiace essere corsa via in quel modo», si scusò Elena, fissando la tazza di caffè con latte che il professorele aveva offerto. «Solo che... quando mi hai detto che ero una Guardiana e mi hai raccontato la verità sui miei genitori,ho sentito il bisogno di stare un po’ da sola per pensare.L’estate scorsa mi è capitato di conoscere qualche Guardiana. Erano molto potenti, ma anche così...inumane».Elena non riusciva ancora ad accettare l’idea che sarebbe diventata come loro. Era una prospettiva così orrenda che lasua mente continuava a evitarla, e preferiva concentrarsi su questione concrete e vicine, come i vampiri del campus,per esempio.Elena sollevò la tazza ma si accorse che la sua mano tremava leggermente.James le strinse affettuosamente una spalla. «Nel frattempo ho fatto un po’ di ricerche, e credo di poterti dare buonenotizie».«Bene», mormorò Elena. «Davvero non capisco come possa essere una Guardiana umana.Dovrei essere diversa da una Guardiana Celeste?».James sorrise per la prima volta da quando lei era entrata nel suo ufficio. «Dopo la nostra conversazione», disse, «hocontattato tutti i miei vecchi colleghi che avevano studiato mitologia o scienze magiche, chiunque potesse saperequalcosa sulle Guardiane».Adesso che era rientrato nel ruolo del professore, James aveva perso ogni incertezza e sembrava di nuovo rilassato esicuro di sé. «Secondo la leggenda, le Guardiane umane sono piuttosto rare», spiegò con il tono solenne che teneva alezione, «ma al mondo ne esistono sempre almeno due o tre.In genere, i loro genitori vengono reclutati nello stesso modo in cui le Guardiane avevano trovato i tuoi, e poi all’iniziodell’adolescenza questi bambini vengono riconsegnati alle Guardiane per ricevere la formazione necessaria».Elena chiuse gli occhi per un istante. Non riusciva a immaginare l’idea di essere restituita alle Guardiane e di perdere inquesto modo la sua vita umana così giovane. Ma se fosse successo, la madre e il padre sarebbero stati ancora vivi.«Quando le Guardiane umane raggiungono l’età adulta, più o meno la tua età, Elena», proseguì James, «vengonoassegnate a una zona che presenta un’alta concentrazione di linee temporanee, e di conseguenza una grande quantitàdi attività soprannaturale».«Come qui», disse Elena. «E a Fell’s Church».James annuì. «I fatti dimostrano con una certa chiarezza che le Guardiane cercano i genitori potenziali nelle zone ricchedi linee temporanee. Quindi le Guardiane umane possono restare vicino alla loro casa di origine».«Ma qual è il compito delle Guardiane umane?», domandò Elena. «Che cosa dovrei fare?». Si accorse che stavastringendo la tazza con una tale forza che rischiava di mandarla in frantumi. La posò sulla scrivania di James e appoggiòle mani sui braccioli della sedia.«Il ruolo delle Guardiane umane è di proteggere gli innocenti da tutto ciò che è soprannaturale sulla terra», spiegòJames. «Mantengono l’equilibrio. E pare che le Guardiane sviluppino poteri diversi a seconda di ciò che è necessarionella zona in cui vivono. Perciò non sappiamo di preciso quali saranno i tuoi poteri finché non inizieranno a prendereforma».«Proteggere gli innocenti. Mi può andare bene», disse Elena, accennando un sorriso. Non era altrettanto contenta didover «mantenere l’equilibrio». Secondo lei, le Guardiane della Corte Celeste erano così ossessionate dell’equilibrio edall’ordine che si erano completamente dimenticate degli innocenti. O forse degli innocenti si occupavano soltanto leGuardiane sulla Terra.James sorrise. «Lo immaginavo. Inoltre...», disse con l’aria di chi ha tenuto il meglio alla fine,«un mio collega ha localizzato uno degli altri Guardiani sulla Terra». Prese un foglio da una cartellina e glielo passò.Era la stampa di una fotografia a colori, leggermente sgranata. Vi si vedeva un ragazzo dai capelli bruni, più grande diElena di un anno o due, che sorrideva all’obiettivo. Teneva gli occhi socchiusi per via del sole e i denti bianchissimispiccavano contro la pelle abbronzata.«Si chiama Andrés Montez ed è un Guardiano umano che vive in Costa Rica. Le mie fonti non sono riuscite a trovaremolte informazioni su di lui ma cercheranno di contattarlo. Spero che accetti di venire a Dalcrest per raccontarti quelloche sa». Dopo un attimo di esitazione aggiunse: «Anche se, essendo un Guardiano, immagino che probabilmente saprà

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già tutto di te».Elena osservò la faccia di Andrés. Non era sicura di aver voglia di conoscere un altro Guardiano.Anche se quegli occhi scuri sembravano gentili.«Sarà bene parlare con qualcuno che potrà dirmi cosa devo aspettarmi», disse Elena dopo qualche secondo. «Grazieper averlo cercato e trovato».James annuì. «Mi faccio sentire non appena riuscirò a portarlo qui».Malgrado la notizia che nel mondo c’era qualcuno come lei, qualcuno che poteva capirla, Elena aveva la sensazione distare precipitando dentro un abisso oscuro e sconosciuto. Chissà se Andrés sarebbe stato in grado di raccontarle la cosapiù importante. Sarebbe rimasta la stessa Elena dopo aver abbracciato il proprio destino?

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6Dalla collina di fronte, Stefan, Elena e cinque licantropi osservavano attenti il covo della Vitale Society. Attendevano unsegno che facesse loro capire che la parte di piano affidata a Meredith e alla sua squadra stava funzionando, e quindiche i vampiri della Vitale Society erano stati spinti nelle gallerie segrete e poi dentro la casa.Alaric, contattato telefonicamente, aveva suggerito che i vampiri della Vitale Society avrebbero officiato il rituale dellaresurrezione la sera dell’equinozio, a mezzanotte, perciò Stefan e Meredith avevano deciso di sferrare l’offensiva primadel tramonto, quando era più probabile che i vampiri fossero nei sotterranei, per evitare la luce del giorno. In quelmomento la luce del tardo pomeriggio si rifletteva sulle finestre del covo, schermando alla vista l’interno dell’edificio.Uno dei compagni di Branco di Zander, Chad, studente di chimica, era stato fondamentale per ricavare il gas dallaverbena di Meredith e per costruire gli aggeggi simili a piccole bombe a tempo che avrebbero rilasciato il gas nellegallerie. Da qualche parte sotto i loro piedi, pensò Stefan, Meredith e i suoi — Zander, Matt e tre licantropi — stavanosistemando uno dopo l’altro i dispositivi per bloccare tutte le vie di fuga in modo che i vampiri non avessero altra sceltache con-vergere nella casa. Bonnie, protetta da un altro membro del Branco di Zander, era in biblioteca a lavorare conamuleti e incantesimi per impedire ai vampiri di scendere prima del tempo nelle gallerie. Stefan si muovevanervosamente: avrebbe voluto essere lì sotto con gli altri; sentiva in lontananza delle esplosioni sotterranee che solol’udito di un vampiro avrebbe potuto sentire.Accanto a lui, Chad si mosse e Stefan corresse i suoi pensieri: l’udito di un vampiro o di un lupo mannaro.Chad, come Zander, era uno dei licantropi che poteva cambiare forma senza l’influenza della luna. Adesso era un lupo, egirellava in silenzio fra Elena e Stefan, senza distogliere gli occhi dalla casa. D’un tratto fece un verso con il naso e simise a sedere, abbassando le orecchie.«Chad dice che a questo punto le gallerie dovrebbero essere completamente invase dal gas di verbena», spiegò uno deilicantropi in forma umana, traducendo il linguaggio dei lupi. «Presto dovremmo vedere qualcosa».Elena si avvicinò a Stefan e insieme iniziarono a fissare la casa. Era strano vedere il Branco al lavoro: il gruppo diragazzetti goffi e attaccabrighe si era trasformato in una squadra seria e super efficiente. I licantropi in forma di lupoerano vigili e pronti, i loro corpi potenti e muscolosi reattivi a qualsiasi odore o suono arrivasse dall’esterno, mentrequelli in forma umana erano preparati a recepire anche il minimo movimento dei loro fratelli lupi, come se fra tutti imembri del Branco esistesse una comunicazione costante e silenziosa.Forse era vero. Stefan non lo sapeva con certezza, ma immaginava che un lupo mannaro forse si sentisse meno solo diun vampiro. Se faceva parte di un Branco.Chad si sollevò sulle zampe, il pelo ritto, le orecchie alzate.«Sono dentro», disse uno dei licantropi umani. Stefan ricordò che si chiamava Daniel, e annuì.Anche lui aveva sentito aprirsi la botola nel seminterrato della casa, e poi il rumore di Meredith, Matt e il resto delBranco che uscivano dalle gallerie. Se le bombe alla verbena avevano funzionato, i vampiri dovevano essersi rifugiatitutti nella casa di fronte.«Andiamo», disse Stefan. Zander aveva ordinato al Branco di seguire le indicazioni di Stefan per quella missione, e ilicantropi si misero in fila dietro di lui senza discutere, gli umani spalla a spalla, e i lupi accanto a loro.Elena rispose a uno sguardo interrogativo di Stefan con un cenno della testa. Stefan doveva fare in fretta e lei loavrebbe seguito con più calma. Meredith e gli altri si stavano lanciando in una battaglia e lui doveva essere con loro.Con enorme fatica Stefan diede le spalle a Elena — era successo già molte volte che lei si trovasse in pericolo — anchese sapeva che se mai lei avesse avuto bisogno, lui avrebbe sicuramente sentito il suo richiamo.Stefan canalizzò i suoi Poteri e iniziò a correre. I licantropi lo seguirono con facilità, uomini e lupi stranamente similinelle lunghe e agili falcate. Il loro Potere, così incomprensibilmente diverso dal suo, era forte e focalizzato. Stefan sisentì avvolgere dalla forza di quella potenza primitiva e selvaggia e ne fu inebriato.Si fermarono nella radura vicina al covo della Vitale Society, che sorgeva isolato in mezzo al bosco che circondava ilcampus. Qualcosa non andava.Chad inclinò la testa ed emise un lungo e silenzioso guaito. Gli altri lupi lo imitarono, e due di loro iniziarono a muoversinervosamente di fronte alla porta della casa.«Dicono che i vampiri non ci sono», riferì Daniel.Stefan l’aveva già capito. Ascoltò con attenzione e udì rumore di passi e di imprecazioni soffocate mentre Meredith e lasua squadra attraversavano la piccola casa. Nient’altro. Ma soprattutto, con i suoi Poteri, Stefan sarebbe statocertamente in grado di sentire un gruppo di vampiri numeroso come quello della Vitale Society.«Andiamo», disse Stefan, diretto verso la porta d’ingresso. Riuscì a neutralizzare la serratura con un rapido gesto delpolso e con facilità entrò. Nessun umano aveva più vissuto là dentro da molto tempo. Il vago odore della verbena chesaliva dalle gallerie per un istante gli offuscò la mente, ma riuscì subito a riprendersi.«Siamo noi», sussurrò, mentre i suoi amici si muovevano cauti al piano di sopra. Uno dei lupi sollevò un labbro, come sevolesse ridere. Ovviamente i licantropi non avevano bisogno di avvertirsi: il Branco sapeva sempre dove si trovavano glialtri.

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Il gruppo salì di sopra e si ritrovarono tutti insieme nello stretto ingresso di quello che in passato doveva essere uncasino di caccia. Zander, che si era trasformato in un lupo incredibilmente bello, con la pelliccia perfettamente bianca econ gli stessi occhi azzurro cielo della sua versione umana, ringhiò sommessamente e il Branco gli si fece intorno,mentre Stefan si avvicinò a Meredith e Matt.«Le gallerie erano vuote», spiegò Meredith indispettita. «O sono fuggiti da altre uscite di cui non conoscevamol’esistenza, oppure quando abbiamo rilasciato il gas i vampiri non erano lì».«È possibile che siano tutti fuori a caccia?», domandò Matt preoccupato.Stefan scosse la testa. «Anche con il distintivo della Vitale Society che li protegge dal sole, non potrebbero cacciaredurante il giorno. La luce è troppo stancante per i nuovi vampiri», spiegò.«Siamo arrivati troppo tardi. Devono essere già nel bosco per il rituale di resurrezione. Forse hanno intenzione diofficiarlo al sorgere della luna e non più a mezzanotte». Dopodiché, Stefan si voltò e sferrò un pugno sul muro persfogare la sua frustrazione, producendo una lunga crepa nell’intonaco.Al quel gesto improvviso seguì il flebile gemito di una persona spaventata. I lupi alzarono la testa contemporaneamentee anche Stefan si irrigidì.«C’è qualcuno», tradusse Daniel. «Zander dice che la ragazza è nella stanza in fondo all’ingresso».Una ragazza, pensò Stefan. Quindi non si tratta di Ethan, ma di uno dei suoi seguaci.Stefan fu il primo a muoversi verso la porta e Zander trotterellò al suo fianco. Meredith lo seguì, pronta a intervenirecon il suo paletto. Matt e il resto del Branco, vigili e in guardia, si erano spostati per farli passare.Con un violento calcio Stefan sfondò la porta e alzò le braccia per difendersi da un eventuale attacco.In fondo alla stanza, una ragazza dai capelli ricci se ne stava rannicchiata a terra, gli occhi terrorizzati e le braccia sul visoper proteggersi. Aveva un’aria così vulnerabile che Stefan ebbe un attimo di esitazione, anche se aveva subito capito dichi si trattasse.Meredith schizzò davanti a lui e puntò l’arma contro il petto della ragazza, proprio sopra il cuore.«No!», gridò Matt, ancora sulla soglia, facendosi largo tra il gruppo dei licantropi. «Fermatevi!».Attraversò la stanza e si fermò di fronte alla ragazza. Lei abbassò le braccia e lo guardò perplessa.«Matt?», sussurrò.«Oh, Chloe», disse Matt addolorato. Poi fece per toccarla, ma si fermò prima del contatto.Chloe, l’amica di Matt, pensò Stefan. Chloe era la prima ragazza a cui era sembrato affezionarsi dopo la relazione conElena, quando ancora Stefan non lo conosceva.Matt abbassò la mano e Stefan si chiese se ricordava il modo in cui era stata ammazzata la sua amica Beth e se si era giàrassegnato al destino di Chloe.«Dove sono gli altri vampiri?», domandò gelida Meredith, premendo il paletto contro il cuore di Chloe.«Sono tutti nel bosco», spiegò la ragazza con il terrore nella voce. «Vogliono officiare il rito di resurrezione lì nel bosco».Stefan scosse la testa. «Ethan non può recitare l’incantesimo senza il sangue di Damon», disse, in tono quasisupplichevole.Chloe spostò lo sguardo da Stefan agli altri. «Non lo so», disse, disarmata. «Lui ha detto che aveva tutto il necessario».Ethan aveva ferito Damon durante la lotta. Era possibile che fosse riuscito in qualche modo a raccogliere un po’ del suosangue, o a trovarne una quantità sufficiente ai suoi scopi dopo la battaglia. Stefan deglutì; aveva la boccacompletamente asciutta.«Tu perché non sei con loro?», domandò Meredith.«Non volevo andare», disse la ragazza, con un tremito nella voce. Il suo sguardo adesso era su Matt, come se per leifosse importante che lui capisse. «Ho la sensazione... una parte di me ha la sensazione che Ethan sia il centrodell’universo, ma la mia testa sa quanto lui sia terribile. Sto cercando di lottare contro tutto questo. Non voglio fare delmale a nessuno». Aveva gli occhi pieni di lacrime. Matt la guardava triste e incerto.«Stai cercando di spezzare il vincolo di asservimento», disse Stefan. «È difficile, ma si può fare.E alla fine il tuo asservimento verso Ethan finirà. Puoi rifiutare questa vita, se davvero lo vuoi».«Lo voglio», affermò Chloe disperata. «Ti prego. Aiutami».Stefan fece per rispondere ma Matt intervenne. «Stefan, Beth aveva detto la stessa cosa. Anche lei non voleva fare delmale a nessuno, e voleva il nostro aiuto. Ma mentiva».In quel momento Zander si avvicinò. Lentamente andò ad annusare Chloe, iniziando dalle mani.Poi si alzò sulle zampe posteriori e appoggiò le anteriori alle spalle della ragazza. Lei si ritrasse, ma lui continuò adannusarle la faccia e per un lungo istante la guardò intensamente negli occhi.«Sta dicendo la verità?», domandò Meredith.Il grosso lupo bianco tornò sulle quattro zampe e guardò i membri in forma umana del suo Branco.«Dice che è sincera», riferì Daniel. «Ma che è debole. E combattere la sua natura per lei è un compito troppo grande».Chloe singhiozzò rumorosamente.Meredith, con il paletto pronto a uccidere, guardò Stefan con aria interrogativa. Anche Matt rivolse lo sguardo verso

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Stefan, gli occhi pieni di speranza. Aspettavano tutti che prendesse la sua decisione.«Ti aiuteremo», disse dopo qualche secondo, «ma prima tu devi aiutare noi».Matt tirò un sospiro di sollievo e si avvicinò a Chloe. Lei si appoggiò a lui, piena di gratitudine, poi con il viso rigato dilacrime si rivolse a Stefan. «Se vuoi fermare Ethan», gli disse, «dobbiamo fare in fretta».

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7Quando Elena e gli altri entrarono nel bosco, il sole stava tramontando. Aveva raggiunto i suoi amici nel momento in cuistavano uscendo dal covo e Stefan sottovoce le aveva raccontato ciò che era successo all’interno mentre insiemeseguivano Chloe. Camminarono nel bosco per un tempo che sembrò infinito, silenziosi e concentrati.I rami sferzavano Elena sul viso e mai come in quel momento desiderò avere la vista notturna dei vampiri o deilicantropi, oppure il raffinato istinto di cacciatrice di Meredith. Perfino Matt, che le camminava stoicamente accantocon gli occhi fissi su Chloe, sembrava avere meno problemi di lei.Elena fu sul punto di desiderare che i suoi Poteri di Guardiana fossero già in lei: probabilmente quella era una delletipiche situazioni in cui si rivelavano utili, a prescindere dal fatto che volesse averli o meno.Infine, una lama di luce arancione comparve in lontananza e tutti la seguirono senza parlare.Elena stava quasi correndo, e ansimava vistosamente. Se non altro, adesso che Stefan e il Branco avevano rallentato ilpasso per adeguarsi a Meredith e Matt, riusciva a non restare indietro.Via via che si avvicinavano, Elena capì che la luce proveniva da un falò. I lupi davanti a lei drizzarono le orecchie. Poi, dicolpo, i lupi e Stefan si misero a correre lasciando indietro gli umani.Chloe li seguiva a breve distanza.Elena si sentì stringere le braccia dalle mani robuste di Meredith e di Matt. I suoi due amici la strinsero in mezzo a loroper aiutarla a correre insieme agli altri. Elena inciampò e una fitta terribile per un attimo le paralizzò il fianco, maMeredith e Matt la tennero in piedi e lei riprese a correre.Un attimo dopo, udirono anche loro ciò che Stefan e il Branco avevano già sentito. Un coro di molte voci che subitoecheggiò nella testa di Elena. E sopra il mormorio della loro litania, spiccava il grido di una sola voce.Elena non capiva che lingua parlassero, ma solo che sembrava una lingua antica e gutturale. Non era latino, pensò, mapoteva essere greco o magari l’antica lingua norrena, se non addirittura qualcosa di molto più antico, come il sumero, ol’incaico. Chi poteva saperlo?Quando arrivò nella radura, le bruciavano gli occhi per via del fumo e dell’intensa luce del fuoco, e sulle prime Elenariuscì soltanto a vedere una confusione di sagome nere che si agitavano contro la luce. Quando gli occhi si abituarono,vide Ethan — aveva ancora l’improbabile aspetto dello studente di college che era stato fino a non molto tempo prima— che guidava il canto. Aveva la fronte segnata da qualche ruga per via della concentrazione e reggeva davanti a sé uncalice colmo di sangue denso e scuro che poteva anche sembrare semplice vino.Perché non lo fermano, pensò Elena, ma un attimo dopo vide davanti a sé i primi corpi avvinghiati nella lotta.Stefan, selvaggiamente elegante, stava mordendo al collo un vampiro alto e leggermente curvo. A Elena sembrò diriconoscerlo, doveva essere qualcuno che aveva visto al campus, prima che gli affiliati della Vitale Society fossero tuttitrasformati in vampiri. Insieme a Stefan combattevano anche i licantropi, gli umani protetti dai lupi, tutti perfettamenteconsapevoli delle reciproche posizioni. I vampiri non impegnati nella lotta avevano formato un cerchio intorno a Ethan,per proteggerlo dagli attacchi e permettergli di officiare il rituale.Meredith si gettò nella mischia brandendo il suo paletto dalle punte d’argento che scintillava nella luce del falò. Elena eMatt, coscienti della loro mancanza di Poteri soprannaturali, si ritirarono ai margini della radura. Chloe si fermò a pocadistanza da loro, gli occhi fissi sulla battaglia; si stringeva le braccia contro il petto e si mordeva le labbra, ed Elenaprovò un istintivo moto di simpatia nei suoi confronti: ricordava ancora il desiderio spasmodico di essere un nuovovampiro, e il bisogno di rispondere in ogni modo ai richiami del proprio creatore. Per Chloe doveva essere una veraagonia resistere alla tentazione di unirsi alla battaglia.Matt osservava Chloe, il viso teso per la preoccupazione, ma si teneva a distanza, pronto a difendere Elena da unattacco di Chloe e anche dei vampiri della Vitale Society. Probabilmente ricorda quanto può essere instabile un nuovovampiro. Elena gli strinse il braccio, riconoscente. Eancora una volta pensò: Se proprio devo diventare una Guardiana, questo sarebbe il momento giusto per avere un po’di Poteri.Cercò di capire se per caso qualcosa in lei stesse cambiando, ma non percepì alcuna differenza.Dentro di sé non sentiva niente di particolarmente potente, come invece le era capitato nel breve periodo seguito allasua resurrezione, quando si sentiva pervasa dai misteriosi e pericolosi Poteri dell’Ala. No, era la solita Elena, unamortale qualsiasi, e non aveva alcuna possibilità di aiutare i suoi amici.Mentre osservava la battaglia, un vampiro afferrò un enorme lupo bianco per i fianchi — Zander— e con grande forza e agilità lo scagliò a terra. Il corpo del lupo atterrò pesantemente sul terreno ai margini dellaradura e rimase immobile. Il cuore di Elena si fermò. Oh, no, pensò, avanzando involontariamente di qualche passo.Matt prontamente la tirò indietro. Oh, Bonnie.Per qualche istante il lupo non si mosse, ed Elena non riuscì a capire se stava respirando. Poi, lentamente, si alzò sullezampe, ansimando vistosamente. La pelliccia candida era striata di sangue e di fango. Zander dapprima barcollò, poiperò riuscì a ritrovare l’equilibrio e ringhiando furiosamente si lanciò nuovamente nella lotta. Con una carica improvvisaatterrò un vampiro che Daniel, paletto in mano, finì con un solo colpo.

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Quando Elena era arrivata alla radura, le forze in campo sembravano equamente distribuite, e non c’era modo di farebreccia nel muro di vampiri che circondava Ethan, che continuava a officiare il suo rito. Ma poi Meredith era entrata inazione come un derviscio rotante, mulinando le sue armi in ogni direzione, e gli equilibri della battaglia lentamenteerano cambiati.Meredith e Stefan si scambiarono un’occhiata e subito dopo lei iniziò ad aprirsi la strada verso il fuoco avvicinandosisempre più a Ethan, senza tuttavia smettere di colpire i vampiri che incontrava.Era così veloce che Elena non riuscì a seguire i suoi movimenti mentre sguainava un coltello da caccia che teneva sulfianco e mozzava la testa di un vampiro che aveva appena colpito con il suo paletto. D’un tratto fra Ethan e la folla chelo circondava si aprì un varco.Stefan allontanò il vampiro con cui stava lottando e con un lungo balzo superò la testa di Meredith e atterrò di fronte aEthan.La litania di colpo si interruppe. Stefan strinse la mano intorno alla gola di Ethan e lo serrò con tutte le sue forze. Ilgiovane vampiro iniziò a dimenarsi e cercò di parlare senza però riuscire a emettere alcun suono, tentando al tempostesso di liberarsi, invano, dalla stretta. Stefan prese il paletto che teneva sul fianco; Ethan sgranò gli occhi quando sentìla punta dell’arma premere contro il petto. Elena udì Chloe piagnucolare, ma la ragazza vampiro non si mosse.«Addio, Ethan», sussurrò Stefan. Non c’era rabbia nella sua voce, nessuna emozione particolare, ma Elena riuscìugualmente a sentirlo, e così gli altri. Tutti avevano smesso di lottare e si erano voltati verso Stefan e Ethan. Sembravache nessuno avesse più la forza di respirare. Poi i vampiri iniziarono a strillare e a ringhiare cercando di raggiungere illoro creatore. Ma i lupi furono molto più rapidi di quel che Elena potesse immaginare e riuscirono a ricacciare indietro ivampiri. Elena tirò un lungo sospiro di sollievo. Stefan era arrivato in tempo. Il peggio era stato evitato. Klaus, il pazzo, ilvampiro Originario, non sarebbe resuscitato.Ethan rivolse a Stefan uno sguardo rabbioso seguito da un ghigno sprezzante.«Troppo tardi», disse muovendo solo le labbra. Rovesciò il calice che aveva in mano e il sangue scuro e denso checonteneva finì tra le fiamme.Non appena il sangue entrò in contatto con il fuoco si alzò una vampata di fiamme azzurre. Elena si ritrasse e si coprì gliocchi per proteggerli dall’improvvisa esplosione di luce. Intorno a lei, tutti si acquattarono a terra, vampiri, umani elicantropi.La radura si riempì di fumo. Elena tremava, tossiva, aveva gli occhi pieni di lacrime; Matt, accanto a lei, tremava eansimava.Quando la cortina di fumo iniziò a diradarsi, una figura alta e dalla pelle dorata iniziò a prendere forma tra le fiamme.Elena lo conosceva bene. E come già le era successo la prima volta che lo aveva visto, pensò che aveva l’aspetto deldiavolo, ammesso che il diavolo fosse bello.Era nudo, il corpo agile e muscoloso, e teneva la testa eretta con fierezza. I capelli erano bianchi, gli occhi azzurri. Ilsorriso gioioso e folle, e ogni suo movimento celava la promessa della distruzione.Quando uscì dalle fiamme il cielo fu attraversato dai fulmini. Lui gettò indietro la testa e si abbandonò a una risataintrisa di puro e malevolo piacere.Klaus ce l’aveva fatta.

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8Elena non riusciva a muoversi. Si sentiva intorpidita, le gambe sembravano paralizzate. Il cuore le batteva forte, ilsangue le pulsava nelle tempie, ma era immobile.Davanti al fuoco, Klaus si stiracchiò e sorrise, sollevando le mani di fronte a sé. Le girò lentamente, le osservò conattenzione apprezzando le sue dita affusolate, gli avambracci possenti.«Illeso», disse. La sua voce era bassa, eppure quelle parole risuonarono in tutta la radura. «Sono di nuovo intero». Alzòla testa per guardare la luna non ancora piena e il suo sorriso si fece più convinto. «E sono di nuovo a casa».Ethan si liberò dalla stretta di Stefan, che aveva allentato la presa, e cadde in ginocchio. «Klaus!», esclamò convenerazione. Klaus abbassò lo sguardo su di lui con una sorta di curiosità indifferente.Ethan, estasiato, fece per parlare ancora, ma prima che riuscisse a proferire parola Klaus gli strinse le mani poderoseintorno alla testa e la strappò.Con un terribile rumore di tendini lacerati, la testa di Ethan schizzò via dal collo come un tappo dalla bottiglia, e il corposi accasciò a terra. Klaus sollevò la testa e lasciò che il sangue gli colasse sulle braccia. Tutt’intorno i seguaci di Klaustremavano di paura ma nessuno osò muoversi. Vicino a Elena, Chloe era senza fiato.Stefan, il viso sporco del sangue di Ethan, osservava Klaus con gli occhi socchiusi, valutando la posizione migliore per unattacco. No, pensò Elena spaventata, sperando che Stefan indietreggiasse.Lei non aveva dimenticato la forza incredibile di Klaus.Come se le avesse letto nel pensiero, Stefan si allontanò leggermente, lanciando uno sguardo di avvertimento ai suoiamici, che adesso osservavano Klaus con orrore.Klaus per un attimo guardò il viso incredulo di Stefan, poi gettò via la testa e si portò la mano destra alla bocca perleccare il sangue di Ethan. Elena si sentì rivoltare lo stomaco. Vedere con quale disinvoltura Klaus aveva ucciso Ethanera stato uno spettacolo terribile, ma il piacere e la sensualità con cui stava gustando il suo sangue era una cosa inqualche modo oscena.«Delizioso», commentò con un tono di voce quasi allegro. «Preferisco il sangue umano a quello dei vampiri, ma questoera giovane e fresco. Il suo sangue era ancora dolce». E dopo aver lanciato uno sguardo alla radura, domandò: «Chi è ilprossimo?».Un attimo dopo, i suoi occhi si posarono su Elena e la sua espressione di colpo si fece vigile, come un cane che avevafiutato una traccia. Elena deglutì, ma aveva la gola secca, e sentiva il cuore batterle all’impazzata, come se avesse unuccellino spaventato a morte intrappolato nel petto. Gli occhi di Klaus erano incredibilmente azzurri, ma non era lostesso colore intenso e gentile degli occhi di Matt o di Zander. No, i suoi erano come ghiaccio sottile sopra l’acqua scura.«Ehi, tu», la chiamò, quasi cortese. «Avevo proprio voglia di rivederti», le disse con un sorriso.«Ed eccoti qui, alla mia rinascita, a darmi il benvenuto. Vieni da me, piccolina».Elena non voleva muoversi, ma si ritrovò a barcollare verso di lui, i piedi che strisciavano in avanti senza che il cervello lovolesse, come animati da una volontà esterna.Alle sue spalle, Matt in preda al panico le mormorò: «Elena!». E stringendole con forza il braccio la riportò indietro. Nonci fu il tempo di ringraziarlo, però, perché Klaus si stava avvicinando.«Devo ammazzarti adesso oppure no?», le domandò con il tono dolce di un innamorato. «Non mi sembra di vedere ingiro il tuo esercito di spiriti rabbiosi questa volta, Elena. Potrei finirti in pochi secondi».«No». Stefan si fece avanti e lo guardò con aria di sfida.Un attimo dopo Meredith era al suo fianco. Alle loro spalle, Zander e il suo Branco, lupi e umani insieme, si avvicinaronoe si frapposero tra Elena e Klaus. Zander fissava Klaus, gli occhi sgranati, il pelo ritto. Lentamente, scoprì le zanne einiziò a ringhiare.Klaus guardò i licantropi quasi sorpreso, e poi scoppiò a ridere, sinceramente divertito. «Riesci sempre a trovare deidevoti, vero, ragazzina?», ironizzò rivolto a Elena. «Forse qualcosa della mia Katherine è arrivata fino a te».Con un movimento fulmineo scattò in avanti e prese Stefan per il collo, poi senza fare una piega, lo scagliò lontano,come fosse un fantoccio. Elena lanciò un grido, e osservò Stefan cadere con un tonfo sordo al di là del fuoco, doverimase immobile a terra.Meredith, lucida e determinata, cercò di colpire Klaus alla testa, ma lui si limitò ad alzare la mano e afferrò il suopugnale senza neanche alzare lo sguardo. Quindi lo gettò via, con la stessa disinvoltura con cui aveva scagliato lontanoStefan, e si fece largo atterrando tanto i vampiri di Ethan quanto i licantropi del Branco di Zander, con la medesimabrutale efficienza.Intanto, al di là del fuoco, Stefan si era rimesso in piedi. Ma Elena sapeva che nonostante la sua velocità di vampiro, nonavrebbe fatto in tempo a raggiungerla prima di Klaus.E infatti, non aveva quasi concluso il suo pensiero che Klaus era già davanti a lei e le stringeva dolorosamente la faccia,costringendola ad alzare la testa e a guardarlo negli occhi gelidi.«Ti devo una morte, carina», le disse, sorridendo. Elena sentì Chloe tremarle accanto, ma sentì anche la mano di Mattche le stringeva il braccio, fredda di paura ma decisa a non mollare.

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«Lasciala stare», intimò Matt, ed Elena che lo conosceva bene sapeva con quale sforzo era riuscito a impedire alla suavoce di tremare.Klaus lo ignorò, e continuò a fissarla. Anche lei lo fissava, e cercò di mostrarsi più sicura e sprezzante che mai. Se Klausaveva intenzione di ucciderla in quel momento, non avrebbe certo supplicato la sua pietà. No, non lo avrebbe fatto. E simorse l’interno della guancia, cercando di concentrarsi sul dolore fisico per dimenticare la paura.Stefan intanto li aveva raggiunti, e aveva afferrato il braccio di Klaus con tutte le sue forze, senza però ottenere alcunrisultato. La mano di Klaus continuava a stringere la faccia di Elena e i suoi occhi erano fissi su di lei. I secondisembrarono durare anni.Poi una nuova follia, peggiore di quella che Elena già conosceva, sbocciò nello sguardo di Klaus.«Sì, ti ucciderò», le disse, quasi con affetto, schiacciandole il viso fra le dita e facendola gemere di dolore. «Ma nonsubito. Voglio farti aspettare, voglio darti il tempo di pensare che arriverò da te.Tu non saprai quando, ma saprai che arriverò. E presto».Poi, di colpo l’attirò a sé e le stampò un gelido bacio sulla bocca. Il suo alito era fetido e il sapore del sangue di Ethansulle labbra le diede la nausea.Infine, la lasciò andare. Elena rotolò indietro e iniziò a pulirsi furiosamente la bocca.«Ci vediamo presto, piccolina», le disse, e in un attimo era già scomparso, più veloce dello sguardo di Elena.Matt afferrò Elena prima che cadesse a terra. Un istante dopo Stefan la stringeva fra le sue braccia forti, e Matt la lasciòandare.Erano tutti frastornati, come se l’uscita di scena di Klaus avesse lasciato un vuoto. I vampiri della Vitale Society siguardarono smarriti e prima che Meredith e gli altri si fossero riorganizzati per riprendere la battaglia, scapparono viadisordinatamente e in preda al panico.Meredith fece per afferrare il pugnale, ma era troppo tardi. Indispettita, attraversò in silenzio la radura e andò arecuperare il suo paletto, che esaminò con cura per accertarsi che non avesse subito danni.Zander, con il pelo candido arruffato e macchiato di sangue, abbassò il muso e il suo Branco si riunì intorno a lui, inattesa di istruzioni. Uno dei lupi gli leccò la ferita e Zander lo lasciò fare.Chloe non si era dileguata con gli altri vampiri. Era rimasta accanto a Matt, e si mordeva le labbra guardando a terra.Dopo qualche secondo, Matt la abbracciò e lei si strinse al suo fianco. Elena sospirò stancamente e appoggiò la testasulla spalla di Stefan. Sentiva ancora il sapore dell’orrendo bacio di Klaus, e aveva gli occhi pieni di lacrime.Ethan era morto, ma niente era finito. Anzi, la lotta non era che all’inizio.Sulla chioma di un albero che circondava la radura, un grande corvo nero arruffava le penne, osservando il campo dibattaglia sottostante. Aveva assistito allo scontro con senso critico, pensando che in alcune circostanze lui si sarebbecomportato diversamente, in modo più aggressivo. Ma no, quello non era più il posto giusto per Damon. Non avevavoluto farsi vedere, non aveva voluto lasciarsi coinvolgere da Elena e da Stefan e dai loro problemi. Ma l’odore delsangue e del fuoco l’avevano attirato fin li.Dopo tutto quello che era successo, voleva ancora salvare Elena e Stefan, giusto? Ecco cosa lo aveva portato sul campodi battaglia, un desiderio quasi innaturale di fare ciò per cui era stato creato: uccidere. Quando aveva visto Klausscagliare lontano il fratello, era stato sul punto di attaccare. E quando il vampiro Originario aveva osato toccare Elena —la sua Elena, come ancora la chiamava il suo cuore — Damon era volato ai margini della radura con il cuore che glimartellava nel petto per la rabbia.Ma loro non avevano bisogno di lui, non lo volevano; e con loro aveva chiuso. Aveva cercato di cambiare, aveva fattodel suo meglio per cambiare, e tutto per l’amore di Elena e per l’amicizia che alla fine aveva trovato con il fratello. Persecoli si era occupato e preoccupato soltanto di se stesso, e poi di colpo si era lasciato catturare dal mondo di Elena edalla vita di una manciata di adolescenti mortali. Ed era diventato qualcuno che perfino lui stentava a riconoscere.Ma tutto questo ormai non contava più. Perché alla fine Damon era quello che veniva sempre lasciato ai margini.Klaus se n’era andato e loro stavano bene. Quella non era la sua battaglia. Non più. Ormai, non gli restava altro che ilmantello della notte e la fredda confortante consapevolezza di poter contare ancora una volta soltanto su se stesso.Damon adesso era libero.

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9Matt si sporse oltre le spalle di Stefan e guardò all’interno della rimessa per le imbarcazioni abbandonata. Era immersanel buio, e l’aria puzzava di chiuso. D’istinto Matt strinse la mano di Chloe.«Per il momento questo dovrebbe essere un posto sicuro», disse Stefan.Elena e gli altri erano rientrati al campus, scossi e silenziosi dopo lo scontro nella radura. Ma Chloe non sapeva doveandare. «Non so cosa fare», aveva detto. «Non posso tornare al covo della Vitale Society. Mi aiuterete?».Matt, travolto dalla compassione e dal senso di colpa, le aveva preso la mano. Se solo non si fosse fidato di Ethan. Glialtri affiliati della Vitale Society erano vittime innocenti, ma Matt conosceva i vampiri. Perché non si era insospettito?«Ovunque andrai, io verrò con te», le aveva detto convinto. E così Stefan li aveva accompagnati fino alla rimessa.Matt si massaggiò il collo e si guardò intorno. Sicura o no, la vecchia rimessa era un posto alquanto deprimente. Stefanaveva spiegato che gli studenti ormai non ci andavano più e Matt non fece fatica a credergli.In passato era la rimessa per le imbarcazioni dell’equipaggio di Dalcrest, ma in seguito avevano costruito altri moli e unanuova rimessa in un punto più vicino al fiume e da quel momento in poi il piccolo lago artificiale di fronte alla rimessa siera lentamente prosciugato. Ormai restava soltanto poca acqua salmastra coperta di alghe sul fondo fangoso, e larimessa era un edificio cadente sotto il quale ristagnava una pozza di acqua putrida e maleodorante. Il tetto di assisconnesse lasciava intravedere il cielo notturno.«Non sono sicuro che Chloe debba vivere in queste condizioni», disse Matt con una certa esitazione, cercando di nonoffendere Stefan.Ma Stefan gli rivolse un sorriso amaro. «La prima lezione che dovete imparare è che Chloe non sta vivendo in questecondizioni. Lei non sta proprio vivendo. Non più».Accanto a Matt, Chloe incurvò le spalle in un atteggiamento di difesa e incrociò le braccia. «Io mi sento viva», mormorò.Matt attese di vedere le sue labbra incresparsi e formare la fossetta, come capitava spesso alla Chloe umana, maquesta Chloe si limitò ad abbassare lo sguardo con aria mesta.«Così stanno le cose, Chloe», le disse Stefan in tono distaccato. «Finché non imparerai a sopravvivere senza fare delmale agli esseri umani, non potrai stare vicino a loro. Qualsiasi odore, o suono, può scatenare il tuo desiderio di sangue.Ci vuole tempo prima che tu possa fidarti di te stessa, e nell’attesa dovrai vivere nell’ombra, restare nei posti dovenessun umano si avventura.Fogne. Caverne. Luoghi che ti faranno pensare a questa rimessa come a un rifugio lussuoso».Chloe annuì e guardò Stefan con occhi sinceri. «Farò tutto ciò che devo», disse. «E la mia ultima chance, l’ho capito. Eho intenzione di non sprecarla».Stefan le sorrise. «Lo spero, Chloe». E stropicciandosi il naso con le dita, si rivolse a Matt. «Ci sono molte cose che puoifare per aiutarla», gli disse. «Lei è giovane. È importante che abbia sempre molto sangue a disposizione, altrimenti nonriuscirà a pensare a nient’altro».Matt fece per rispondere, ma Stefan lo interruppe. «Non il tuo sangue. Sangue animale. Se vai con lei nel boscoquando esce a caccia, puoi aiutarla a non perdere di vista l’obiettivo, e a tenersi lontana dagli umani. Puoi portarlequalche animale quando lei non si sente di uscire». Matt annuì, e Stefan si rivolse a Chloe. «Adesso sei veloce e forte; sevuoi, puoi cacciare i cervi. Se ti concentri, dovresti anche riuscire ad attirare animali più piccoli, come gli uccelli e iconigli. Se vuoi, puoi anche non ucciderli, ma probabilmente finirai per farlo in ogni caso, almeno finché non avraiimparato a controllarti».«Grazie, Stefan», disse Chloe con convinzione.«Cerca di praticare la respirazione profonda e la meditazione», proseguì Stefan. «Ascolta il battito del tuo cuore, scopriil nuovo ritmo, più lento, che ha preso adesso che sei stata cambiata. A volte ti capiterà di essere piuttosto agitata, edevi capire come riuscire a calmarti. Fallo insieme a lei, Matt. La aiuterà a rimanere concentrata».«D’accordo». Matt si asciugò le mani sudate sui jeans e annuì ancora. «Ce la possiamo fare».Quando incrociò lo sguardo di Stefan, fu sorpreso dalla sua espressione. Malgrado il tono distaccato, a cui Matt ormaiera abituato, sembrava che Stefan fosse preoccupato. «Per te è una situazione pericolosa», disse con delicatezza. «Nondovrei lasciarti qui con lei».«Non gli farò del male», lo rassicurò Chloe. Aveva gli occhi umidi di lacrime, e cercò di asciugarsi rabbiosamente con ildorso della mano. «Non gli farei mai del male».Stefan guardò Chloe con la stessa comprensione che aveva rivolto a Matt. «So che non vuoi fargli del male», le disse.«Ma so anche che puoi sentire il sangue scorrere nelle vene di Matt, so che puoi sentire l’inebriante e dolce profumodel suo sangue intorno a te. E difficile restare lucidi quando lui è vicino, vero? Una parte di te vuole semplicementeaffondare i canini dentro di lui, lacerare la pelle morbida del suo collo per raggiungere la vena piena di quel sanguedolce, denso e caldo, che passa sotto l’orecchio».Chloe strinse i denti, ma il margine bianco di un canino spuntò oltre la linea chiusa delle sue labbra. Con un brivido,Matt si rese conto che mentre la ragazza ascoltava le parole di Stefan i suoi affilati canini di vampira erano scesi e lei erapronta a mordere.

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Matt si fece forza e soffocò l’istinto di scappare il più lontano possibile da lei. Invece, si avvicinò e le strinse le spalle conil braccio.«Vedrai che supereremo tutto», le disse, determinato. Chloe respirò a fondo, e poi ancora, e ancora, cercando dicalmarsi. Dopo qualche secondo, rilassò le spalle e guardando il suo viso rilassato Matt capì che i canini erano risaliti.«Che altro dobbiamo fare?», domandò Chloe a Stefan in tono deciso.Stefan scrollò le spalle e infilò le mani in tasca. Si avvicinò alla porta e guardò verso l’acqua scura del lago. «Alla fine,l’unica cosa che conta è il tuo desiderio di cambiare», disse. «Se tu lo vuoi davvero, e se la tua volontà è forte, ce lafarai. Ma non voglio mentirti: non sarà facile».«Lo voglio davvero», rispose Chloe, gli occhi di nuovo lucidi di lacrime. «Non farò del male a nessuno. Io non sono così.Neanche adesso. In questi ultimi giorni... io non posso essere quellacosa». Chiuse gli occhi e le lacrime scesero oltre le lunghe ciglia e le rigarono le guance.«Non puoi nutrirti con il sangue di nessuno», l’avvertì Stefan. «Se farai del male a Matt, o a qualcun altro, anche se tidispiace, io farò ciò che deve essere fatto per proteggere gli umani di questa zona».«Mi ucciderai», concordò Chloe a voce bassa. Aveva ancora gli occhi chiusi e si strinse le braccia al petto, cercando diproteggere se stessa. «Va bene», disse. «Non voglio vivere così».«Mi assumo la responsabilità di Chloe», disse Matt, alzando leggermente la voce per darsi coraggio. «Farò in modo chenon accada niente di male».Chloe si fece più vicina, confortata dalla stretta del suo braccio. Matt non la lasciò. Chloe poteva essere salvata, losapeva. Lui non era stato abbastanza accorto, non si era reso conto di chi fosse Ethan. Ma lei non era perduta, nonancora.«D’accordo», concluse Stefan. E rivolgendo loro un ultimo sguardo disse: «Buona fortuna».Dopodiché strinse la mano a Matt e nel giro di un attimo non c’era già più. Di sicuro stava tornando da Elena.Chloe si strinse più forte a Matt e appoggiò la testa sulla sua spalla. Lui posò la guancia sopra i suoi capelli lasciandosiaccarezzare dai morbidi riccioli bruni. Era pericoloso, e un piccolo nodo allo stomaco glielo ricordò, anche se lui nonsapeva esattamente cosa stava facendo.Ma Chloe era accanto a lui e respirava lentamente, e Matt riuscì solo a pensare che almeno loro due avevano avuto unapossibilità.«Sto bene, Bonnie», disse Zander, quasi ridendo. «Sono tosto, ricordi? Supertosto. Sono un vero eroe». E le afferrò lamano, cercando di attirarla sul letto, accanto a sé.«Sei ferito. Altro che vero eroe», rispose Bonnie seccata. «E non cercare di fare il macho con me». Ritrasse la mano e glipassò del ghiaccio secco. «Mettilo sulla spalla», ordinò.Si erano visti fuori dalla biblioteca poco dopo l’alba, e lei aveva subito capito che Zander era ferito. Era tornato alle suesembianze umane e sembrava elegante come sempre, mentre le correva incontro insieme al resto del Branco con lasolita flessuosa naturalezza. Tuttavia, lei notò che non si lasciava coinvolgere dai giochi dei suoi compagni che, quandonon erano in servizio, non smettevano mai di scherzare spingendosi e azzuffandosi affettuosamente. E quando vide cheZander si teneva alla larga dalle braccia di Marcus e di Enrique e dalla stretta di Camden, capì che doveva esseresuccesso qualcosa.Perciò l’aveva portato alla caffetteria e lo aveva rimpinzato di uova e pancetta e dei suoi cereali preferiti. Poi eranotornati nella stanza di Zander, e lì Bonnie gli aveva fatto togliere la maglietta per poter esaminare il danno. Di regola,Bonnie avrebbe mangiato con gli occhi gli addominali scolpiti del suo ragazzo, ma in quel momento il grande lividoviolaceo che si stava allargando sulla spalla e sul fianco rovinava lo spettacolo.«Non mi fa tanto male», insistè Zander. «Non mi trattare come un bambino». Ma subito tornò a sdraiarsi sul letto, enon cercò di rialzarsi, dal che Bonnie intuì che doveva sentirsi molto peggio di quel che era disposto ad ammettere.«Ti prendo un analgesico», gli disse, e lui non obiettò. Bonnie frugò nella sua scrivania finché non trovò il flacone con leultime due pillole. Gliele rovesciò sulla mano e andò a prendere una bottiglia di acqua. Zander si sollevò sui gomiti eingoiò la medicina con una smorfia.«Sdraiati», gli ordinò Bonnie. «Se prometti di stare a letto e di dormire, posso andare a prendere la mia tisanaspeciale».Zander le sorrise. «Perché non ti stendi qui con me?», le propose. «Scommetto che mi sentirei subito meglio se turestassi qui». E diede un colpetto al materasso per convincerla.Bonnie esitò. In effetti era un invito molto allettante. Stava quasi per rannicchiarsi accanto a Zander, quando qualcunobussò perentoriamente alla porta.Zander fece per alzarsi, ma Bonnie lo fermò. «Vado io», disse. «Probabilmente è uno dei ragazzi». Anche se in generenessuno di loro si preoccupava di bussare prima di entrare. Ma forse cercavano di essere educati perché sapevano chec’era Bonnie.Mentre Bonnie si avvicinava alla porta, il visitatore bussò di nuovo. «Sto arrivando. Tenete a freno i cavalli», borbottòun attimo prima di aprire.

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Bonnie si trovò di fronte una perfetta sconosciuta, con la mano alzata e pronta a bussare di nuovo. Una ragazza con icapelli biondi e lisci. Sul suo viso dai lineamenti definiti Bonnie lesse la sua stessa sorpresa.«C’è Zander?», domandò la ragazza, corrugando la fronte.«Sì», rispose Bonnie perplessa. «Solo che è...».In quel momento Zander comparve alle sue spalle. «Ciao, Shay», disse, con una punta di incertezza nella voce, anche sestava sorridendo. «Come mai da queste parti?».La ragazza — che razza di nome era, Shay, pensò Bonnie — non rispose e invece guardò Bonnie.Zander arrossì. «Sì, certo. Bonnie, ti presento Shay, una vecchia amica. Shay, ti presento la mia ragazza, Bonnie».«Molto piacere, Bonnie», disse Shay gelida, e la guardò sempre più perplessa. Poi il suo sguardo si spostò sul pettonudo di Zander soffermandosi per un secondo sul grosso livido violaceo.«Disturbo?», domandò.«Vieni avanti», le disse lui, e andò a prendere la maglietta. «Mi stavo mettendo il ghiaccio sulla spalla».«Piacere mio», rispose Bonnie, con un po’ di ritardo, mentre si spostava per far passare Shay. Da quando Zander avevaamiche femmine? A parte Bonnie, e le amiche di Bonnie, il suo era un mondo esclusivamente maschile.«Devo parlarti. Da solo», disse Shay, lanciandogli uno sguardo eloquente e subito dopo indicando Bonnie con gli occhi.«Apprezzo la delicatezza, Shay», disse Zander. «Ma Bonnie sa tutto di me e del resto del Branco».Shay lo guardò molto perplessa. «Credi che sia prudente?», domandò.Zander rispose con quel sorriso appena accennato che Bonnie adorava. «Credimi, non è la cosa più strana di cui Bonnieè a conoscenza».«O-kay», rispose Shay. Dopodiché rivolse a Bonnie un’ultima occhiata indagatrice, alla quale Bonnie rispose con unosguardo provocatorio. «Direi che ho perso il diritto di darti consigli parecchio tempo fa», disse, e poi abbassò la vocecome se temesse che qualcuno potesse origliare dal corridoio. «Sono stata mandata dall’Alto Consiglio dei Lupi»,spiegò. «Non sono contenti delle voci che circolano sui vampiri di Dalcrest. Pensano che forse potrei aiutare te e iragazzi a trovare la direzione giusta».Zander si irrigidì. «La nostra direzione è perfetta, grazie», ribatté.«Dài, non fare così», replicò Shay. «Non sto cercando di insegnarti qualcosa». Gli sfiorò il braccio, mantenendo ilcontatto per qualche secondo. «Era una buona scusa per venire a trovarti», disse, abbassando ancora la voce. «Sonodispiaciuta per come sono andate le cose l’ultima volta che ci siamo visti».Bonnie guardò se stessa. Shay era così concentrata su Zander che a Bonnie era venuto il dubbio di essere scomparsa,dando loro la sensazione di essere rimasti soli. Ma no. Bonnie era ancora lì, nella stanza.«Oh», esclamò sorpresa, come se solo in quel momento tutto ciò che Shay aveva detto prendesse un senso. «Sei unlicantropo anche tu».Avrebbe dovuto capirlo subito. Malgrado i lunghi capelli biondi e i lineamenti femminili, si muoveva come Zander e iragazzi del Branco, con la stessa solida eleganza, come se in ogni momento fosse consapevole del suo corpo, senza maidoverci pensare. E aveva toccato Zander come lui toccava i ragazzi del Branco, con la stessa confidenza, quasi come se iloro corpi fossero uno parte dell’altro.Zander non toccava Bonnie allo stesso modo. Non che Bonnie potesse lamentarsi del modo in cui Zander la toccava, unmodo dolce e sicuro, come se lei fosse la cosa più preziosa che avesse mai tenuto fra le mani. In ogni caso, la toccava inun modo diverso.Non c’era nessuno che potesse ascoltare la loro conversazione, tuttavia Shay fulminò Bonnie con un’occhiata. «Abbassala voce», sussurrò irritata.«Scusa», disse Bonnie. «Ma non sapevo che fra i licantropi Originari ci fossero anche delle ragazze».Shay fece una smorfia. «Ovvio che ci sono», disse. «Secondo te da dove arrivano i piccoli licantropi Originari?»«L’Alto Consiglio dei Lupi in genere divide i lupi giovani in branchi formati solo da femmine o solo da maschi, quando cimandano da qualche parte a tenere d’occhio la situazione», spiegò Zander. «Sono convinti che i gruppi misti cidistraggano dal nostro lavoro».«A quanto pare non hanno tenuto in considerazione che esistono anche altri modi per farsi distrarre», commentòacida Shay, che rivolse uno sguardo gelido a Bonnie. Ma Bonnie non aveva passato un anno d’inferno per permettere auna qualsiasi licantropo femmina, arrogante ed egoista, di trattarla male.Ma un attimo prima che mettesse Shay al suo posto, Zander — che aveva intuito la sua reazione— prese Bonnie per mano.«Ascolta, Shay, adesso ho davvero bisogno di riposare», si affrettò a dire. «Ci sentiamo più tardi, d’accordo? Chiamami,oppure chiama uno degli altri ragazzi». Per un attimo Bonnie ebbe l’impressione che Shay fosse sorpresa, ma poi Zanderla accompagnò alla porta.«Quindi... questa Shay sarebbe una vecchia amica?», domandò Bonnie dopo qualche secondo.«Non mi sembra che tu me ne abbia mai parlato».«Ecco...». Zander si interruppe subito e abbassò lo sguardo mostrando le lunghe ciglia in tutto il loro splendore. Bonnie

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pensò che in quel momento aveva un’aria dolcissima, e stava quasi per distrarsi. Solo che il suo ragazzo aveva l’aria dichi si sente inequivocabilmente in colpa.Bonnie di colpo sentì una stretta allo stomaco. «Per caso c’è qualcosa che non mi hai detto?», domandò. Zander arrossì,chiaramente imbarazzato, e lo stomaco di Bonnie si strinse ancora di più.«Niente più segreti, ricordi?».Zander sospirò. «Sto solo pensando che questa cosa sembrerà molto più importante di quello che è realmente».«Zander», lo incalzò Bonnie.«L’Alto Consiglio dei Lupi voleva che Shay e io stessimo insieme», confessò lui alzando per un attimo lo sguardo suBonnie. «Loro... immagino che secondo loro alla fine della scuola dovessimo sposarci, e avere dei piccoli licantropi. IlConsiglio pensava che saremmo stati una buona squadra».Bonnie sbatté le palpebre. Era stordita. Zander e Shay pensavano di sposarsi?«Ma non andavamo d’accordo», si affrettò a dire Zander. «Lo giuro, Bonnie. Fra di noi non è mai scattato niente dispeciale. Litigavamo tutto il tempo. E così abbiamo rotto».«Ah», si limitò a dire Bonnie. Era così frastornata da ciò che aveva sentito che mettere insieme le parole era uno sforzoenorme. «Quindi l’Alto Consiglio dei Lupi combina i matrimoni?», domandò infine, scegliendo di porre la questione piùgenerale fra le molte che le affollavano la mente.«Diciamo che cercano di farlo», spiegò Zander. Sembrava preoccupato. «Ma il Consiglio non può... non può farmi farequalcosa che io non voglio fare. E infatti non lo fa. A loro modo, sono giusti». I suoi occhi azzurri come un cielo tropicaleincrociarono quelli di Bonnie e Zander accennò un sorriso. Le sue mani erano calde sulle spalle di Bonnie. «Sei tu lapersona che amo», le disse.«Credimi».«Ti credo», rispose Bonnie. Perché era vero. L’amore di Zander era tutto nei suoi occhi. Anche lei lo amava. E loabbracciò, ma subito ricordò i suoi lividi e allentò la stretta. «E tutto a posto», gli sussurrò all’orecchio.Ma anche mentre alzava il viso per ricevere il bacio di Zander, Bonnie non potè impedire alla parola che aveva in testadi provocarle una fitta di apprensione.Oh-oh.Stefan e Elena si rannicchiarono sul letto di Stefan. Lei appoggiò la testa sulla sua spalla e Stefan si rilassò, lasciandosiaccarezzare la guancia dalla morbidezza dei suoi capelli. Era stato un giorno infinito. Ma Elena era salva, per ora. E inquel momento era fra le sue braccia e nessuno avrebbe potuto farle del male. Stefan la strinse forte.«Dici che Chloe se la caverà?», domandò Elena.Stefan soffocò una risata ed Elena rispose con un sorriso. «Allora?», lo sollecitò.«Ti preoccupi per Chloe», disse Stefan. «Klaus ha promesso di ucciderti e tu vuoi sapere se Chloe, che quasi nonconoscevi quando era umana, se la caverà». Del resto, doveva aspettarselo, da una come lei. Elena aveva una temprad’acciaio e per lei niente era più importante del proteggere i suoi amici, la sua città, il mondo intero.Forse, pensò Stefan, è sempre stata una Guardiana.«Non ho smesso di pensare a quel che ha detto Klaus», gli disse Elena, e Stefan la sentì rabbrividire. «E ho paura. Manon posso non preoccuparmi anche per gli altri. Matt ha bisogno di Chloe, quindi anche lei per me è diventataimportante. Mi preoccupa il fatto che non sia rimasto molto tempo. Tutti noi dovremmo stare con le persone cheamiamo». E baciò Stefan. Un bacio delicato, che gli sfiorò delicatamente le labbra. Quando riprese, le tremava la voce.«Ci siamo appena ritrovati, Stefan. E io non voglio perdermi niente. Tutto quel che desidero è starti vicino».Stefan la baciò, questa volta con più trasporto. Ti amo, le disse in silenzio. E ti proteggerò con la mia vita.Elena interruppe il loro bacio e gli sorrise, gli occhi pieni di lacrime. «Lo so», gli disse. «Anch’io ti amo, Stefan. Ti amotanto». E poi si tirò indietro i capelli e chinò la testa con un gesto invitante, mostrandogli il collo lungo e candido. Stefanesitò — era passato così tanto tempo — ma lei gli prese la bocca e la avvicinò al suo collo.Il flusso del sangue di Elena — così inebriante, così pieno di vita che sembrava champagne e nettare dolce allo stessotempo — fece girare la testa a Stefan e lo pervase di calore. Fra loro non c’erano barriere, non c’erano muri, e luiancora una volta accolse con grande meraviglia l’immutabile tenerezza che trovava in Elena.Si addormentarono abbracciati. L’oscurità li minacciava ovunque, ma per quella notte sarebbero rimasti insieme,sarebbero stati l’uno la luce dell’altro.

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10«Il corpo senza testa ritrovato nei boschi intorno al Dalcrest College la scorsa settimana è stato identificato: appartieneallo studente di Dalcrest Ethan Crane», annunciò con il viso serio una graziosa giornalista televisiva durante latrasmissione del mattino. «La polizia non ha ancora rilasciato un comunicato ufficiale sulle cause della morte, pertantonon è ancora noto se Crane sia stato assassinato o se sia stato vittima di un singolare incidente. A giudicare dalle ferite,tuttavia, la morte di Crane non sembra essere in relazione con le aggressioni da parte di animali che di recente si sonoverificate nel bosco».Mentre la giornalista passava a un’altra notizia, Meredith spense il televisore, irritata.«Questi pensano che quelli che guardano la TV sono tutti scemi», borbottò. «Secondo loro quale«singolare incidente» può mai tagliarti via la testa, in un bosco?».Nel salone c’erano solamente loro cinque — Elena, Bonnie, Meredith, Stefan e Zander — ma prima di rispondere Elenaabbassò la voce e si guardò intorno. «Non vogliono che la gente si lasci prendere dal panico, più di quanto stia giàsuccedendo».Il fatto che il salone fosse vuoto era già un segno chiaro di quanto le persone fossero spaventate, pensò Elena. Durantele prime due settimane di scuola, il salone era sempre affollato di ragazze e ragazzi che guardavano la televisione,flirtavano o addirittura studiavano.Ora invece tutti erano circospetti e se ne stavano nelle loro stanze, nell’eventualità che una delle simpatiche facce chegiravano per il campus nascondesse un killer. Anche Elena era costantemente in allarme. Lei e i suoi amici controllavanoin continuazione le loro armi, cercando di intuire cosa Klaus avrebbe potuto fare. Tuttavia, per il momento non avevaancora fatto nulla.«Il mio corso di psicologia è stato annullato», disse Bonnie agli altri. «E alle lezioni di inglese non è rimasto quasinessuno. Un sacco di gente è andata via». Esitò, e guardò con i grandi occhi nocciola Elena e Zander. «Mio padre vuoleche rientri a casa e che chieda se è possibile avere il rimborso della retta annuale. Dice che potrò tornare l’annoprossimo, se riusciranno a scoprire la causa delle aggressioni e delle sparizioni», confessò.«Ma tu non hai intenzione di tornare a casa, vero?», le domandò Elena. Il padre di Bonnie era sempre stato moltoprotettivo nei suoi confronti e anche verso le sorelle maggiori, perciò Elena non fu sorpresa dalla notizia.«Ovvio che non ho intenzione di rientrare», rispose Bonnie decisa. «Qui avete bisogno di me». Si strinse a Zander e alzòla testa per rivolgergli un sorriso. Anche lui le sorrise, un sorriso grande e tenero, che Elena non potè non notare.Zander era proprio un vero maschio, non esattamente il tipo di Elena, ma era comunque bellissimo vedere che Bonnieaveva vicino qualcuno a cui lei piaceva così tanto, a cui bastava essere insieme a lei per risplendere di pura felicità.Stefan si schiarì la voce per avere l’attenzione degli amici. «Non so dove Klaus vada a cercare il suo cibo, ma non credoche i corpi ritrovati nel bosco appartengano a persona uccise da lui.Secondo la stampa, sembrerebbe trattarsi di aggressioni di animali e... ecco...», Stefan si guardò i piedi, leggermenteimbarazzato, «ho costretto un poliziotto a dirmi che cosa ha rilevato la polizia.Pare che questi omicidi siano molto maldestri e che si tratti davvero di un animale che aggredisce le persone. Quindisecondo la polizia non è una notizia inventata».«Perciò secondo te sono i nuovi vampiri che uccidono le persone, e non un vampiro esperto come Klaus», disse Elena.Stefan la guardò e lei capì che pensavano la stessa cosa, e cioè che non poteva essere neppure Damon. E si sentìattraversare da un’ondata di sollievo.Se Damon avesse superato quella linea, se avesse iniziato di nuovo a uccidere, Elena non sapeva cosa avrebbero fatto.Non riusciva neppure a immaginare che avrebbero potuto tradirlo, che l’avrebbero denunciato agli altri, o che gliavrebbero dato la caccia. Erano cambiate molte cose fra Stefan e Damon. Elena sapeva che adesso Stefan avrebbeprotetto il fratello, che l’avrebbe preferito a chiunque altro, eccetto, forse, a lei.Ma la situazione di Damon non era ancora a quel punto. E mai ci sarebbe arrivata, disse Elena a se stessa conconvinzione. Forse Damon aveva perso il controllo una volta, ma non aveva prodotto danni permanenti. La ragazzaadesso stava bene. Ed erano i nuovi vampiri, quelli creati da Ethan, i responsabili di quelle morti.Meredith la guardava con i suoi occhi grigi. «Le persone però continuano a morire, anche se chi le uccide non è Klaus»,disse con calma. Elena si rese conto di colpo di essersi tradita e di aver rivelato il suo sollievo per Damon. Per fortuna,Meredith aveva male interpretato la reazione di Elena.«Non possiamo indovinare a che gioco sta giocando Klaus né quali siano i suoi piani finché non uscirà allo scoperto»,proseguì Meredith. Una ciocca di capelli neri le cadde sulla guancia e lei la riportò dietro le orecchie. «Ma possiamopuntare ai vampiri della Vitale Society. Riempire le gallerie di gas non è stato utile, e non possiamo produrre altro gas senon ci procuriamo molta più verbena di quella che abbiamo adesso. Dovremmo pattugliare il campus con regolarità pertenere al sicuro gli studenti».Frugò nel suo zaino e prese una piantina del campus punteggiata di precise annotazioni scritte in rosso, e indicò con ildito una zona della cartina. «Ho segnato qui sopra i loro terreni di caccia, e credo che dovremo concentrarci sul bosco esui campi sportivi ai margini del campus. Dobbiamo organizzare delle ronde notturne che includano guerrieri forti che

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possano sconfiggere un gruppo di giovani vampiri».«E durante il giorno?», domandò Bonnie, guardando la cartina. «Hanno tutti i lapislazzuli, giusto?Quindi possono uscire a caccia a qualsiasi ora».Stefan, seduto sul divano accanto a Elena, era irrequieto. «Anche se la luce del sole non li uccide, durante il giornoterranno un profilo molto basso», spiegò. «Il sole disturba anche i vampiri che portano i lapislazzuli. L’habitat naturaledi un vampiro è la notte, e nessun vampiro cambia il suo habitat naturale se non è costretto a farlo».Elena lo guardò sorpresa, ma non disse nulla. Stefan viveva di giorno con lei, e la notte dormiva.Anche lui era disturbato dalla luce? O era cambiato fino a questo punto, solo per poterle stare vicino?«Quindi direi che per il momento le ronde notturne sono sufficienti», concluse Meredith.Zander esaminò la cartina con attenzione, la testa dai capelli biondo platino vicina a quella fulva di Bonnie. «Possodistribuire i ragazzi nelle varie pattuglie», propose. Stefan annuì e accettò.Meredith si rivolse a Elena, guardandola con i suoi occhi taglienti. «Che mi dici di Damon?», domandò. «Ci sarebbemolto utile».Elena esitò. Accanto a lei, Stefan si schiarì la voce. «Mio fratello al momento non è disponibile», disse in tonodistaccato. «Ma se cambia idea, ve lo farò sapere».Meredith serrò le labbra. Elena poteva immaginare che cosa passasse in quel momento per la testa della sua amica.Damon, irritante ma sempre presente, nel corso dell’ultima estate si era finalmente rivelato un prezioso alleato. Eproprio adesso che il campus stava precipitando nel caos, aveva deciso di sparire.Forse erano quelli i pensieri di Meredith, ma lei non lasciò trapelare nulla. Si limitò a socchiudere gli occhi e a tirare unlungo sospiro. Poi domandò: «E tu, Bonnie? Conosci qualche incantesimo che possa aiutare le pattuglie?»«Conosco alcuni incantesimi di protezione che potrebbero essere utili», rispose Bonnie pensierosa. «Chiamerò lasignora Flowers per sapere se mi può consigliare qualche altra cosa».Elena sorrise all’amica. Dopo aver scoperto il suo talento per la magia, aveva acquisito molta più fiducia in se stessa.Bonnie alzò lo sguardo e incrociò i suoi occhi, poi le rispose con un altro sorriso.«Li sconfiggeremo, vero, Elena?», disse sottovoce. «E faremo fuori anche Klaus, quando si farà vedere».«Del resto l’abbiamo già fatto», osservò Elena. L’espressione di Bonnie si fece seria e Meredith riprese la cartinarigirandosela fra le mani. Stefan, sul divano, strinse la mano di Elena. Sapevano tutti in che modo erano riusciti asconfiggere Klaus la prima volta che lo avevano affrontato: Damon e Stefan uniti, e l’esercito degli spiriti di Fell’s Churchche si erano sollevati dalla terra dove erano caduti in battaglia. Un evento che certamente non si poteva ripetere. E inogni caso, loro erano sopravvissuti a fatica.«Adesso siamo più forti», disse Bonnie senza troppo sicurezza. «Giusto?».Elena si sforzò di sorridere. «Certo che siamo più forti», confermò. Meredith strinse la mano dell’amica ed Elena si sentìconfortata e rafforzata dalla presenza accanto a sé di Stefan, il suo amore, e di Meredith, la sua amica. Bonnie alzò latesta con aria di sfida e Zander accanto a lei fece altrettanto.«Quando siamo insieme siamo invincibili», disse Elena, e guardando le facce determinate dei suoi amici, fu quasi sulpunto di crederci.

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11Elena si stava infilando i suoi stivali più robusti, perfetti per una notte di pattuglia nel bosco, quando il cellulare trillò.«Pronto?», rispose, guardando l’orologio. Nel giro di meno di cinque minuti doveva incontrare Stefan e tre licantropidel Branco di Zander per il turno di guardia al campus. Strinse il telefono fra la spalla e l’orecchio e finì di allacciarsi lescarpe.«Elena?». Era James, e dalla voce sembrava entusiasta. «Ho buone notizie. Andrés è arrivato».Elena si irrigidì e le sue dita si impigliarono nei lacci. «Ah», si limitò a commentare. Il Guardiano sulla Terra era lì aDalcrest? Elena deglutì e cercò di articolare un commento. «Vuole vedermi subito?», domandò. «Perché adesso ho unimpegno, ma posso...».«No, no», la interruppe James. «Il ragazzo è sfinito. Ma se domattina verso le nove puoi passare di qui, sarà felice diconoscerti». E poi abbassando la voce per timore di essere ascoltato, aggiunse:«Andrés è straordinario, Elena. Non vedo l’ora che tu lo conosca».Elena raccolse i capelli in una coda di cavallo molto professionale, ringraziò James e chiuse la conversazione il piùrapidamente possibile. Straordinario, pensò preoccupata. Quella parola poteva significare un sacco di cose. LeGuardiane Celesti che avevano conosciuto erano straordinarie, nel senso che si erano prese i suoi genitori e l’avevanomenomata togliendole i Poteri. Eppure, a James questo Andrés piaceva.Mentre attraversava il campus di corsa per andare al suo appuntamento, cercò di non pensare più al GuardianoTerrestre. Non era il caso di preoccuparsi per lui adesso, anche perché molto presto lo avrebbe conosciuto.Stefan e i licantropi la aspettavano al limitare del bosco. Tristan e Spencer avevano già preso sembianze di lupo efiutavano l’aria irrequieti, le orecchie alzate per captare il minimo suono sospetto. Jared, quello con i capelli semprespettinati, aveva mantenuto le sembianze umane e aspettava vicino a Stefan con le mani affondate nelle tasche.«Finalmente», disse Stefan, quando la vide arrivare. Dopo un breve abbraccio le chiese:«Pronta?».Si inoltrarono nel bosco, Tristan e Spencer al loro fianco, la testa e la coda alta, gli occhi vigili.C’erano state troppe aggressioni al campus e nelle zone vicine, e Elena sapeva che il Branco sentiva di non aver fatto ilmassimo per proteggere gli studenti di Dalcrest. Lei e i suoi amici avevano la stessa sensazione: erano i soli realmenteconsapevoli degli orrori soprannaturali da cui erano circondati, e quindi erano i soli che potevano tenere gli altri alriparo da tutto.Bonnie, Meredith, Zander e altri due licantropi stavano sorvegliando la zona dei campi sportivi, per mettere al sicuroun’altra sezione del campus. Elena avrebbe desiderato avere accanto a sé la forza determinata e silenziosa di Matt, malui era ancora in quarantena con Chloe. Stefan andava a trovarli tutti i giorni e diceva che Chloe stava facendo progressi,ma non era ancora pronta per stare vicino alle persone.Era una notte luminosa e stellata, e tutto sembrava tranquillo. Per ora.«Scusa il ritardo», disse Elena a Stefan, prendendolo sottobraccio. «James mi ha chiamato proprio mentre stavouscendo. Mi ha detto che Andrés è arrivato. Domattina lo conoscerò».Stefan fece per replicare ma in quel momento i lupi si fermarono e fissarono un punto lontano alzando le orecchie.Anche Stefan alzò la testa. «Andate a controllare», ordinò, e Spencer e Tristan si lanciarono nel folto del bosco. Stefan eJared non si mossero e osservarono con attenzione i lupi finché non udirono un ululato lontano.«Falso allarme», tradusse Jared, e Stefan si rilassò. «Una vecchia traccia».I due lupi tornarono trotterellando dal bosco, con la coda che disegnava un arco sopra la schiena.Benché come umani fossero molto diversi, Tristan e Spencer nella loro forma di lupi erano invece molto simili: dueanimali snelli, con il pelo grigio, e molto più piccoli del lupo Zander. Si distinguevano soltanto dalle orecchie, perchéquelle di Spencer avevano la punta nera.Jared si tolse i lunghi capelli dagli occhi e li osservò tornare. «Devo imparare a cambiare anche senza la luna piena»,disse, irritato. «Mi sento cieco quando esco in perlustrazione in forma umana».«A proposito, ma come funziona la transizione?», domandò Elena incuriosita. «E perché alcuni di voi possono cambiaresenza la luna e altri no?»«Esperienza», rispose Jared con aria cupa. Nel frattempo i capelli gli erano ricaduti sulla faccia.«E difficile, e ci vuole molto tempo per imparare. Io non ci sono ancora riuscito. Possiamo anche imparare a non fare latransizione durante la luna piena, ma è ancora più difficile, e dicono sia doloroso. Quindi non lo fa nessuno, a meno chenon sia necessario».Spencer fiutò l’aria e abbaiò brevemente. Jared rise, ma non tradusse. Stefan si voltò per seguire il loro sguardo, edElena si chiese cosa percepissero di diverso Stefan e i lupi — e anche Jared —rispetto a lei. Era l’unica umana della squadra e quindi la più cieca di tutti.«Vuoi che venga con te?», domandò Stefan quando ripresero a camminare. «Intendo, all’incontro con Andrés».Elena scosse la testa. «Grazie. Ma credo che dovrò cavarmela da sola». Se era destino che diventasse una Guardiana,doveva essere abbastanza forte per affrontare la cosa con le sue forze.

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Perlustrarono il bosco per tutta la notte senza trovare né vampiri né cadaveri. Quando l’alba iniziò a preannunciarsiall’orizzonte, Elena vide i due lupi avvicinarsi a lei nella prima luce del mattino.Era così assonnata che si stringeva al braccio di Stefan per sostenersi e cercava di concentrarsi su ogni passo. Di colpoTristan e Spencer drizzarono la testa e iniziarono a correre, rivelando i muscoli possenti sotto il pelo grigio.«Hanno fiutato i vampiri?». Elena domandò a Jared allarmata, ma lui scosse la testa.«Ci sono gli altri», spiegò, e poi anche lui si mise a correre, troppo veloce perché lei potesse seguirlo.Quando Elena e Stefan arrivarono in cima alla piccola collina che avevano di fronte, Elena vide davanti a sé il limitare delbosco e gli edifici del campus. Era così stanca che non si era accorta che avevano fatto il giro ed erano tornati indietro. Ametà pendio, Spencer e Tristan si riunirono scodinzolando al grande lupo bianco — Zander — e a un altro lupo grigio,subito raggiunti da Jared. Bonnie, Meredith e un altro membro del Branco in forma umana osservarono Bonnie direqualcosa e salutare con la mano. I licantropi, umani e lupi, scattarono via tutti insieme diretti verso il bosco, Zander intesta.«Dove vanno?», domandò Elena, dopo che lei e Stefan avevano salutato Bonnie e Meredith.«Visto che la ronda è terminata, devono fare la transizione e altre cose che riguardano il Branco», rispose Bonnie conun certo distacco. «Ho detto a Zander che rientriamo per conto nostro. Avete trovato qualcosa?».Elena fece di no con la testa. «Era tutto tranquillo».«Anche per noi», confermò Meredith, giocherellando con il suo paletto. Il gruppo intanto stava tornando al convitto.«Forse i nuovi vampiri hanno superato la fase della fame disperata di sangue che segue il cambiamento, e per un po’ sene staranno buoni».«Speriamo», disse Stefan. «Forse riusciamo a stanarli prima che uccidano ancora».Bonnie rabbrividì. «So che è una cosa stupida», disse, «ma in un certo senso vorrei che Klaus facesse al più prestoquello che vuole fare. Sono sempre in tensione. Mi sembra di essere spiata in continuazione da lui, nascostonell’ombra».Elena capiva cosa intendeva dire Bonnie. Klaus voleva dare la caccia a tutti loro. Ne era sicura.Sentiva ancora la sensazione di morte delle sue labbra gelide, era stata come una promessa.Abbiamo già sconfitto Klaus una volta, ripetè a se stessa. Ma dentro una nuova sensazione stava prendendo forma. Eracome se in fondo in fondo lei sapesse che al di là di ogni ragionamento la vita che aveva vissuto fino a quel momentostava volgendo alla fine.«Mi spiace per voi», disse Elena d’istinto. «Klaus vuole punire me, però siamo tutti in pericolo. Ecolpa mia e oltretutto non ho nessun tipo di Potere per potervi proteggere».Bonnie la fissò. «Se non fosse stato per te, Klaus ci avrebbe distrutti molto tempo fa», osservò con amarezza.Stefan annuì. «Nessuno pensa che sia colpa tua», le disse.«Forse hai ragione», replicò Elena, poco convinta.Bonnie alzò gli occhi al cielo. «E poi sappi che non siamo poi così negati, nel caso non l’avessi notato».«Se vuoi essere pronta a combattere contro Klaus, forse dovresti iniziare a sviluppare i tuoi Poteri di Guardiana»,osservò Meredith.La tiepida luce del mattino illuminava già gli edifici del campus ed Elena istintivamente rallentò e cercò di allungare imuscoli stanchi, rivolgendo la faccia al sole. Meredith aveva ragione. Se voleva aiutare i suoi amici, se voleva proteggereil campus, doveva essere forte. Doveva diventare una Guardiana.Dopo qualche ora di sonno, Elena stava già attraversando il cortile con un caffè in mano, diretta verso l’abitazione diJames, appena fuori dal campus. Cercava di ricordare il poco che sapeva di Andrés. Aveva vent’anni, le aveva dettoJames, e le Guardiane lo avevano prelevato dalla sua famiglia a dodici anni.Chissà che effetto aveva avuto su di lui questo distacco, si domandò Elena. Le Guardiane che aveva conosciuto, quelledella Corte Celeste, prendevano il loro compito molto seriamente. Di certo Andrés conosceva bene tutti i Poteri e leresponsabilità che derivavano dal ruolo di Guardiano.Tutte cose che Elena non conosceva e di cui invece doveva occuparsi.Ma che influenza poteva avere su un bambino umano essere cresciuto da creature fredde e prive di emozioni come leGuardiane? Le vennero i brividi solo a pensarci. Quando arrivò alla porta di James, Elena era pronta a ricevere unformale e freddo saluto da un Guardiano Terrestre, che le avrebbe insegnato soltanto quello che secondo lui avrebbedovuto sapere.Be’, quel ragazzo avrebbe capito subito con chi aveva a che fare. L’intera Corte Celeste delle Guardiane, nel pieno delsuo Potere, non era riuscita a piegare Elena all’obbedienza. E questo Andrés era solo. Elena suonò il campanello condecisione.James l’accolse con un’aria seria, ma non preoccupata. I suoi modi erano vagamente solenni, come se si trovasse avivere un evento eccezionale che non comprendeva del tutto.«Mia cara», le disse, «sono contento che tu sia arrivata». E dopo aver preso il bicchiere vuoto del caffè, la invitò aentrare. «Andrés è in cortile». Insieme attraversarono la piccola casa, perfettamente curata, poi James le indicò la porta

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sul retro.Elena sentì il battente richiudersi alle sue spalle e con sorpresa capì che James l’aveva lasciata sola.Il cortile era illuminato da una luce dorata e verde prodotta dai raggi di sole che filtravano dalla grande chioma di unfrassino. Seduto sull’erba ai piedi dell’albero, c’era un ragazzo giovane dai capelli bruni che subito alzò lo sguardo suElena. Quando i loro occhi si incontrarono, Elena sentì che tutto il suo nervosismo era scomparso, lasciando il posto auna diffusa sensazione di pace.Senza quasi volerlo, si ritrovò a sorridere.Andrés si alzò e si avvicinò a lei. «Ciao, Elena», le disse, e la strinse fra le braccia.Sulle prime, Elena si irrigidì per la sorpresa, ma poi si sentì pervadere da una calda sensazione di calma e scoppiò aridere. Andrés la lasciò e anche lui rise di gusto.«Scusami», le disse. Il suo inglese era buono, anche se con un leggero accento sudamericano.«Ma non avevo mai incontrato un altro Guardiano Terrestre prima d’ora. Ma ho subito avuto la sensazione... diconoscerti».Elena annuì, e gli occhi le si riempirono di lacrime. Si sentì subito unita a quel ragazzo da una sorta d’intesa istintiva,colma di felicità e di energia. E con gioia capì che non si trattava soltanto delle emozioni trasmesse da Andrés. Anche leiaveva trasmesso a lui tutta la sua felicità. «Dopo tanti anni, per la prima volta mi sembra di rivedere un parente caro»,le disse. Sembrava che non riuscissero a smettere di sorridere.Andrés la prese per mano e l’accompagnò sotto l’albero, dove sedettero uno vicino all’altra.«Ovviamente ho avuto una Guida», iniziò a spiegarle, «il mio adorato Javier, la persona che mi ha cresciuto. Ma l’annoscorso purtroppo se n’è andato». Di colpo Andrés si fece triste, il suo sguardo diventò malinconico. «Da allora sonorimasto solo». Ma subito si riprese. «Adesso però tu sei qui, e posso aiutarti come Javier ha aiutato me».«Javier era un Guardiano?», domandò Elena, sorpresa. Era chiaro che Andrés voleva bene a Javier, ma le era difficileimmaginare che qualcuno potesse voler bene alle Guardiane.Andrés finse di rabbrividire. «Dio non voglia», disse. «Le Guardiane vogliono il bene del mondo, ma sono creaturegelide, giusto? Immagina una di loro alle prese con un ragazzino da crescere. No, Javier era una Guida. Una personabuona, un uomo saggio, ma assolutamente umano. Un prete, a dire il vero, e un maestro».«Ah». Elena rifletté per qualche secondo, giocherellando con un filo d’erba. «Credevo che fossero le stesse Guardiane acrescere i bambini che sceglievano. Io non... i miei genitori non hanno voluto lasciarmi andare. Immagino che anch’ioAndrés annuì, il viso serio. «I miei Poteri non sono molto «bellicosi», ma possono essere utili, e io vi aiuterò in ognimodo possibile. Non ci sono due Guardiani con gli stessi Poteri. E comunque, dobbiamo trovare il modo di risvegliare ituoi e di attivarli».Il viso di Elena si illuminò di entusiasmo. Se riusciva ad attivare i Poteri che le Guardiane avevano deciso di darle, nonsarebbe stata più un loro strumento, ma sarebbe diventata un’arma. La propria arma. «Ti va di raccontarmi la primavolta che sei riuscito ad attivare i tuoi?», gli chiese Elena.«D’accordo». Andrés si mise a gambe incrociate e iniziò il racconto. «La prima cosa da sapere», le disse, «è che il CostaRica è un Paese molto diverso da questo». E con un gesto circolare indicò il piccolo cortile, la casa, la fila di villetteaccanto e dietro di loro, il cielo autunnale, luminoso ma fresco. «Il Costa Rica possiede una grande estensione di terrevergini, territori che sono protetti dalle leggi del nostro Paese e che sono riservati alle piante e agli animali. Nella nostralingua c’è un’espressione che ripetiamo spesso: pur a vida , cioè pura vita. E quando usiamo queste parole, o almeno,quando io uso queste parole, intendo riferirmi al nostro legame con il mondo naturale».«Sono sicura che il tuo sia un Paese bellissimo», commentò Elena.Andrés sorrise. «Infatti lo è», disse. «Però immagino che tu ti stia chiedendo perché mai ti parlo di ecologia e non diPoteri. Osserva».Andrés chiuse gli occhi e sembrò raccogliere le forze. Poi posò i palmi delle mani sul terreno.Si sentì un fruscio delicato, cosi sottile che all’inizio Elena quasi non lo udì, ma che rapidamente si fece più intenso.Elena guardò il viso di Andrés. Il suo nuovo amico era del tutto concentrato e sembrava ascoltare qualcosa che Elenaancora non sentiva.Mentre lo osservava, l’erba sotto le mani di Andrés iniziò a crescere, e le fessure fra le sue dita si riempirono di lunghifili verdi. Andrés dischiuse leggermente le labbra e il suo respiro si fece più rapido. Dall’alto arrivò uno scricchiolio.Elena alzò gli occhi e vide spuntare sui rami del faggio tante tenere foglioline verdi, che spiccavano insolite fra lesfumature giallo dorate della chioma autunnale. Poi, alle sue spalle, Elena udì un piccolo rumore sordo. Si voltò e siaccorse che un sassolino era rotolato fino a loro. Si guardò intorno e vide che un anello di sassolini e di piccole pietre listava lentamente circondando.I capelli di Andrés erano leggermente arruffati, e qualche ciocca vibrava di energia. Aveva un’aria potente edecisamente benevola.«Allora», disse, riaprendo gli occhi e assumendo una posizione più rilassata. Il suono delle piante che crescevano e dellepietre che si spostavano si era interrotto. Nell’aria però era rimasta la sensazione di un’energia carica di promesse.

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«Posso sintonizzarmi con il potere del mondo naturale e canalizzarlo per difenderci dal mondo soprannaturale. Senecessario, posso scagliare enormi massi, o imbrigliare i miei nemici con le radici degli alberi. La mia forza nutre lanatura, e la natura aumenta la mia forza. In Costa Rica gli effetti sono più evidenti, perché i territori vergini sono moltopiù estesi e quindi rispetto a qui c’è molta più energia primitiva».«Direi che i tuoi talenti sono molto forti anche dalle nostre parti», osservò Elena, che raccolse un sassolino bianco daterra e iniziò a rigirarselo fra le dita con curiosità.Andrés sorrise con modestia. «In ogni caso», disse, «il mio primo incarico arrivò quando avevo diciassette anni. Javier sioccupava di me ormai da cinque, e io morivo dalla voglia di mettermi alla prova. All’epoca nella città dove vivevo unacreatura aveva ucciso molte giovani spose, e una Guardiana Primaria — un essere davvero terrificante, molto potente edeterminata — venne da me e mi disse che il mio compito era di trovare ed eliminare la creatura».«E tu come sei riuscito a trovarlo?», domandò Elena.Andrés scrollò le spalle. «Trovare il mostro non fu difficile. Una volta ricevuto l’incarico, qualcosa dentro di me mi portòda lui. Scoprii che si trattava di un demone che aveva le sembianze di un cane nero. Un vero demone, non una creaturaintermedia come i vampiri o i licantropi. Era attirato dal senso di colpa, soprattutto dalla colpa generata dall’adulterio.Javier mi aveva insegnato i principi con cui accedere ai miei Poteri, ma la prima volta che effettivamente dovetti farlo,ebbi la sensazione di aver risucchiato l’intero mondo dentro me stesso. Riuscii a richiamare un vento molto forte chespazzò letteralmente via il cane», concluse Andrés, con un sorriso timido.«Forse, se cerco di sintonizzarmi con la natura, mi aiuterà a risvegliare i miei Poteri», disse Elena.Andrés si mise in ginocchio davanti a lei. «Chiudi gli occhi», le disse, ed Elena obbedì. Le sfiorò delicatamente unaguancia e proseguì. «Ora, respira profondamente e concentrati sul tuo legame con la terra sotto di te. I tuoi talenti nonsaranno uguali ai miei, ma avranno le loro radici in questa terra, il luogo dove la tua vita è iniziata».Elena respirò a fondo, e lentamente, e cercò di concentrarsi sulla terra sotto di lei, sul calore del sole sulle sue spalle, ilsolletico dei fili d’erba sulle sue gambe. Era piacevole, ma non sentiva nessun legame mistico fra se stessa e il mondoche la circondava. Strinse i denti e si sforzò con più determinazione.«Fermati», le disse Andrés con gentilezza. «Sei troppo tesa». Sollevò la mano dalla guancia di Elena e si rimise a sedereaccanto a lei. Le prese la mano. «Proviamo in questo modo. Io canalizzo dentro di te una parte dei miei legami con laterra. Allo stesso tempo, voglio che tu cerchi di immaginare di sprofondare sempre più dentro te stessa. Dovrai cercaredi aprire tutte le porte che dentro di te in genere sono chiuse, e lasciare che il tuo Potere fluisca».Elena non era certa di riuscire a «immaginare di sprofondare sempre più dentro se stessa» ma prese un altro lungorespiro e cercò di seguire le indicazioni di Andrés. Visualizzò il suo corpo che camminava lungo un corridoio di portechiuse, e vide ciascuna di queste porte aprirsi al suo passaggio. Quando toccò Andrés, ebbe la sensazione che la suamano fosse piacevolmente pesante, e attraversata da un leggero formicolio.Ma quando Elena possedeva il Potere delle Ali, prima che le Guardiane gliele mozzassero, le sue sensazioni erano moltopiù forti di queste, giusto? All’epoca dentro di sé sentiva una grande sensazione di potenza, sentiva di avere adisposizione qualcosa che era parte di lei e che poteva essere liberato al momento giusto.Adesso invece non sentiva niente di così speciale. Le porte che si aprivano esistevano soltanto nella sua immaginazione,niente di più. Elena riaprì gli occhi. «Non credo stia funzionando», disse ad Andrés.«No. Neppure io», replicò lui. Riaprì gli occhi e la guardò. «Mi spiace».«Non è colpa tua», lo rassicurò Elena. «Capisco che stai cercando di aiutarmi».«Già». Andrés le strinse ancora la mano e la guardò con aria pensierosa. «Non mi sembra che la visualizzazione e ilrilassamento siano il tuo forte», disse dopo qualche secondo. «Proviamo un’altra cosa. Adesso lavoreremo con il tuoistinto di protezione».Sembrava un approccio più sensato.«Chiudi ancora gli occhi», le disse Andrés, e Elena ancora una volta obbedì. «Adesso voglio che tu pensi al male», ledisse. «Pensa al male che hai visto nel corso delle tue avventure, il male che tu— che tutti e due — dobbiamo combattere».Elena si lasciò andare ai ricordi. Ripensò al bel viso di Katherine, stravolto dalla follia mentre gridava tutta la sua rabbiae lacerava il petto sanguinante di Damon. Ripensò ai cani di Fell’s Church, che ringhiavano e si rivoltavano contro i loropadroni. Ai denti di Tyler Smallwood che si allungavano in orrende zanne, e all’eccitazione nei suoi occhi mentre cercavadi aggredire Bonnie.A Klaus che radunava i fulmini nelle sue mani e li scagliava contro i suoi amici, il viso acceso dal suo piacere malato.Le immagini le attraversavano la mente sempre più veloci. Arrivarono i kitsune, Misao e Shinici, crudeli e maldestri, cheridevano mentre trasformavano i bambini di Fell’s Church in assassini spietati. Il fantasma che aveva spinto Stefan eDamon a mordersi reciprocamente al collo, impazziti per la gelosia, la bocca piena di sangue. Ethan, lo sciocco Ethan,che alzava il calice di sangue sopra la sua testa richiamando in vita Klaus.Il terrificante Klaus, dalla pelle dorata, che usciva nudo dalle fiamme.E poi molte altre facce, molte altre scene. Bonnie che rideva nel suo pigiama con i coni gelato.

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Meredith e il suo corpo snello e aggraziato che si lanciava in un perfetto volo d’angelo. Matt che la stringeva fra lebraccia al ballo della scuola. Stefan che guardava Elena con gli occhi dolci e la abbracciava.I suoi compagni di laboratorio. Le ragazze del convitto. Studenti visti alla caffetteria, altri che aveva incontrato solodurante le lezioni. Tutte le persone che Elena doveva proteggere, i suoi amici e gli estranei innocenti.Samantha, l’amica di Meredith che cacciava i vampiri, spietata e divertente, finché i vampiri della Vitale Society nonl’avevano uccisa. Il dolce compagno di stanza di Matt, Christopher, ucciso nel cortile del campus.La ragazza che Damon aveva abbandonato nel bosco, stordita e spaventata, con il sangue che colava dai morsi cheaveva ricevuto sul collo.Elena sentì qualcosa muoversi dentro, non con la chiarezza di una porta aperta e neppure con lo slancio di due alivigorose, era piuttosto la sensazione di una forza che delicatamente sbocciava, come un fiore.Riaprì gli occhi e vide Andrés accanto a sé. Era circondato da un alone di pura luce verde, e Elena si sentì allargare ilcuore. Era una luce bellissima e senza neppure sapere perché, Elena capì che era una luce buona, nel senso piùimmediato e più semplice del termine.«È meravigliosa», disse Elena, rapita. Andrés riaprì gli occhi e le sorrise.«È successo qualcosa?», domandò lui, con un filo di impazienza nella voce.Elena annuì. «Vedo una luce intorno a te», gli disse.Andrés saltò quasi in piedi per la felicità. «Ma è una cosa avrei avuto una Guida se da ragazzina fossi andata con leGuardiane».Andrés annuì. «James mi ha parlato della tua situazione», disse. «Sono dispiaciuto per quanto è accaduto ai tuoigenitori, e vorrei poterti dare una qualche spiegazione. Visto che però non hai mai avuto una Guida, spero almeno dipoterti aiutare raccontandoti ciò che so».«Ti ringrazio», disse Elena. «Sei davvero molto gentile. Pensi che...». Ma poi si interruppe, e riprese a giocare con i filid’erba. C’era una domanda che aveva in testa da molto tempo. Non era certo qualcosa di cui parlare con un estraneo,ma la curiosa e felice intesa che si era creata fra loro la spinsero ad aprirsi. «Pensi che sarebbe stato meglio se i mieigenitori mi avessero riconsegnato alle Guardiane? Tu sei contento che le Guardiane ti abbiamo portato via dalla tuafamiglia?».Andrés appoggiò la testa all’albero e sospirò. «No», ammise. «Non ho mai smesso di sentire la mancanza della miafamiglia. Vorrei che i miei genitori avessero almeno tentato di tenermi con loro. Ma mi consideravano figlio delleGuardiane, più che figlio loro. E adesso non abbiamo più nessun contatto». Andrés si voltò e la guardò. «Però hoimparato a voler bene a Javier e sono stato molto felice di avere avuto qualcuno vicino durante il percorso ditrasformazione».«Trasformazione?», ripetè Elena, d’un tratto preoccupata. «In che senso, trasfor m azione?».Andrés sorrise, rassicurante. Elena non potè non sentire il calore del suo sguardo e si rilassò.«Andrà tutto bene», le disse, calmo. E una parte di lei si convinse. Andrés si strinse le ginocchia fra le braccia. «Non èniente di cui aver paura. Quando ti assegnano il primo incarico come Guardiana, una Guardiana Primaria viene aspiegarti cosa dovrai fare. I tuoi Poteri iniziano a svilupparsi con il primo incarico. E finché non avrai portato a termine iltuo compito, non riuscirai a pensare ad altro. Perché ti sentirai letteralmente travolta dal bisogno di concluderel’incarico in modo positivo. La Guardiana Primaria torna da te una volta che il compito è stato completato e ti libera daquesto impulso irresistibile». Andrés aveva un’aria molto convincente. «Per il momento io ho avuto solo pochi incarichi,ma ogni volta che ne ho portato a termine uno non vedevo l’ora di averne un altro. E i Poteri che ho sviluppato per uncerto incarico sono rimasti».«E questa la trasformazione di cui parlavi?», domandò Elena dubbiosa. «Sviluppare i Poteri?».Voleva i Poteri per poter sconfiggere Klaus ma non le piaceva l’idea di cambiare, di qualcosa che l’avrebbe trasformata.Andrés sorrise. «Lavorare come Guardiana ti renderà più forte», le disse. «E anche più saggia, e più potente. Ma saraisempre te stessa».Elena deglutì. Il punto era proprio quello. Per sconfiggere Klaus i Poteri sarebbero stati molto utili. Ma era necessarioche questi Poteri fossero disponibili subito. Non poteva aspettare che una Guardiana Primaria decidesse con comodo difarsi viva.«Esiste un modo per risvegliare questi Poteri prima di ricevere un incarico?», domandò. Perplesso per la domanda,Andrés stava per chiedere il motivo di tanta fretta, ma Elena lo anticipò con la spiegazione. «Qui da noi c’è un mostro»,disse, «un vampiro molto, molto antico e molto crudele, che vuole uccidere me e i miei amici. E probabilmente un saccodi altre persone. Perciò, più armi abbiamo per combatterlo, meglio è».bellissima!», esclamò. «Ne avevo già sentito parlare. Credo tu stia vedendo la mia aura».«L’aura?», ripetè Elena, scettica. «Sicuro che mi aiuterà a combattere il male?». Per il momento le sembrava soltantouno di quei Poteri new age.Andrés sorrise. «Ti aiuterà a capire subito se qualcuno è buono o cattivo», suggerì. «E con un po’di esperienza, ho sentito che potrei usare questo potere per individuare e inseguire i nemici».

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«Direi che presentato così, mi sembra che in effetti potrebbe essere utile», concordò. «Non quanto il potere didistruggere il male con le mie mani, come te per esempio, ma è comunque un inizio».Andrés la fissò per qualche istante e poi scoppiò a ridere. «E chi ti dice che non arriverai alla parte distruttiva moltopresto?».A quelle parole anche Elena scoppiò a ridere. Era così sollevata, così semplicemente, assolutamente contenta. Avevascoperto uno dei Poteri senza dover aspettare che una Guardiana Primaria le desse un incarico. E adesso che l’avevaattivato, aveva la sensazione che dentro di lei si nascondessero molti altri Poteri, molti altri fiori in attesa di potersbocciare.Era soltanto l’inizio.Meredith camminava nervosamente vicino al cancello principale del campus, lasciando le impronte delle sue scarpe datennis nella terra ai margini della strada. In passato, riusciva sempre a trovare il modo di calmarsi, ma da quando avevaconcluso l’addestramento per diventare cacciatrice di vampiri e aveva effettivamente iniziato a usare le suecompetenze per combattere quelle creature, era diventata molto irrequieta. Sentiva sempre il bisogno di muoversi, difare qualcosa, soprattutto adesso che sapeva che i mostri minacciavano il campus. Mereditb sapeva che dopo la mortedi Samantha, lei era uno dei pochi protettori rimasti. Sentiva sulla pelle la sensazione sempre più forte del pericolo, delmale che incombeva su di loro.Non vedeva l’ora di vedere Alaric.Come se quell’ultimo pensiero l’avesse evocato, in quel momento la piccola Honda grigia di Alaric spuntò finalmentesulla strada che conduceva all’ingresso del campus. Mentre lui parcheggiava, Meredith lo salutò con la mano e gli corseincontro, cosciente del fatto che stava sorridendo come un’idiota.«Ciao», gli disse. Alaric cercò di sgranchire un po’ le braccia e scese dall’auto. Meredith lo baciò subito con trasporto.Sapeva che dovevano soprattutto studiare una strategia e pensare un piano —con un po’ di fortuna, Alaric aveva scoperto qualcosa attraverso le sue ricerche che poteva aiutarli a sconfiggere Klaus.Ma per il momento, Meredith assaporò la sensazione di avere di nuovo Alaric in carne e ossa fra le braccia, il toccomorbido delle sue labbra, il suo profumo di cuoio e sapone.«Mi sei mancata», le disse, appoggiando la fronte al suo viso per un momento, prima di mettere fine al loro bacio.«Parlarsi al telefono non è la stessa cosa».«Anche tu mi sei mancato», disse Meredith. Le era mancato moltissimo. «Adoro le tue lentiggini», aggiunse, senza unalogica. E gli sfiorò con le labbra le macchioline dorate che aveva sulle guance.Entrarono nel campus tenendosi per mano. Meredith gli indicò i luoghi più interessanti: la biblioteca, la caffetteria, ilcentro studenti, il suo convitto. Le poche persone che incontravano, camminavano in fretta, a piccoli gruppi, con latesta bassa per evitare di incrociare lo sguardo degli altri.Quando arrivarono alla palestra, Meredith esitò un istante. Poi si fermò. «Questo è il posto dove mi alleno. E difficile...Venivo qui con Samantha», raccontò. «Lei era così brava, così competitiva.Per me era un grande stimolo». Si appoggiò a Alaric per un istante e lui le diede un bacio sui capelli.Continuarono a camminare ma Meredith non riusciva a non pensare a Samantha. Prima di lei, non aveva maiconosciuto nessuno che venisse da una famiglia di cacciatori di vampiri. I suoi genitori si erano allontanati dallacomunità dei cacciatori, mentre i genitori di Samantha erano stati uccisi quando lei era piccola, perciò neppure l’amicaaveva mai veramente conosciuto altri cacciatori come lei.Le due ragazze si erano aiutate a vicenda. Meredith voleva molto bene a Elena e a Bonnie —erano le sue migliori amiche, le sue sorelle — ma nessuna l’aveva mai capita nel profondo come Samantha.E poi Ethan e i vampiri della Vitale Society l’avevano uccisa. Era stata Meredith a trovare il suo corpo. L’avevanodilaniata con una tale violenza che la sua stanza era un lago di sangue.«A volte ho la sensazione che non finirà mai», disse in tono grave. «I mostri sono sempre di più.E adesso Klaus è tornato, anche se eravamo riusciti a sconfiggerlo e a ucciderlo. Non è giusto. Lui dovrebbe esserescomparso».«Lo so», disse Alaric. «Vorrei poter fare qualcosa per sistemare le cose. Klaus ha distrutto la tua famiglia, e tu lo haisconfitto. Hai ragione: questa storia doveva finire così». Si fermarono su una panchina sotto una macchia di alberi, esedettero vicini. Alaric le prese la mano e la guardò negli occhi, il viso pieno di amore e di apprensione. «Raccontami laverità, Meredith», le chiese. «Klaus ha distrutto la tua famiglia. Come ti senti adesso?».Per un attimo Meredith trattenne il respiro. Era esattamente ciò che cercava di eludere da quando Klaus era rinato trale fiamme.Klaus aveva aggredito il nonno di Meredith e l’aveva portato alla pazzia. Aveva rapito il fratello gemello, Cristian, el’aveva trasformato in vampiro. Poi aveva trasformato anche Meredith in un mezzo vampiro vivente, una creatura chequalsiasi famiglia di cacciatori aveva il diritto di odiare.Le Guardiane però avevano cambiato tutto, trasformando in realtà quello che sarebbe successo se Klaus non fosse maiarrivato a Fell’s Church. Adesso Cristian era un umano — Meredith non ricordava di averlo mai conosciuto, ma in questa

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realtà erano cresciuti insieme — e prestava servizio in un campo dell’esercito in Georgia. Il nonno era un uomo sano dimente che viveva allegro e felice in un villaggio per pensionati in Florida. Meredith non aveva bisogno di sangue pervivere, e non aveva canini taglienti e acuminati. Ma lei e le sue amiche ricordavano ancora com’erano le cose prima.Nessuno nella sua famiglia ricordava, lei sì.«Sono terrorizzata», confessò, giocherellando nervosamente con le dita di Alaric. «Klaus potrebbe fare qualsiasi cosa, esapere che lui adesso è in giro e sta organizzando qualcosa... è una situazione che non so gestire».Alzò la testa e incrociò lo sguardo di Alaric. «Deve morire», disse a denti stretti. «Non può ricominciare tutto daccapo.Non adesso».Alaric annuì. «Va bene», disse, lasciando il tono comprensivo per uno più operativo. «Credo di avere buone notizie».Aprì la cerniera della sua borsa nera da postino e prese un taccuino. Lo sfogliò brevemente e arrivò alla pagina con gliappunti che cercava. «Sappiamo che il frassino bianco è l’unico legno letale per Klaus, giusto?», domandò.«Così dicono», rispose Meredith. «L’ultima volta, abbiamo preparato un’arma di frassino bianco per Stefan, ma alla finenon si è rivelata poi così utile». Ripensò a Klaus che strappava la lancia di frassino bianco dalle mani di Stefan, laspezzava e la usava per colpirlo. Le urla di Stefan trafitto da migliaia di schegge mortali che laceravano la sua carne nonsi potevano dimenticare. Era quasi morto.Subito dopo Damon aveva ferito Klaus con la stessa lancia di frassino bianco, ma alla fine Klaus era riuscito a estrarrel’arpione di legno che aveva nella schiena e a levarsi trionfante, ancora potente e in grado di mettere in ginocchioStefan e Damon.E questa volta non c’è neppure Damon ad aiutarci, pensò Meredith cupa. Aveva smesso di chiedere a Elena e Stefandove fosse. Del resto, Damon era sempre stato imprevedibile.«Allora», riprese Alaric con un sorriso. «Secondo le mie ricerche, esiste una leggenda popolare diffusa nella zona degliAppalachi che dice che un albero di frassino bianco piantato in una notte di luna e in certe condizioni è molto piùefficace contro i vampiri di qualsiasi altro legno. Un’arma costruita con un frassino bianco che possiede in origine unpotere magico così forte dovrebbe essere la soluzione vincente contro Klaus».«Certo. E come possiamo trovare una cosa del genere?», domandò Meredith. Ma subito intuì la risposta. «Ho capito. Tusai già dove trovare uno di questi frassini, giusto?».Alaric confermò con un grande sorriso. E un attimo dopo Meredith gli gettò le braccia al collo, e lo baciò. «Sei il mioeroe».Alaric arrossì, ma la guardò compiaciuto. «L’eroina sei tu, Meredith», le disse. «E con un po’ di fortuna avremo un’armaefficace contro Klaus».«Gita in macchina», suggerì Meredith. «Ma non prima di aver verificato che il campus è un luogo sicuro. Klaus non si favedere in giro e non abbiamo nessuna idea di dove possa essere. Perciò per ora dobbiamo concentrarci sui nuovivampiri». Meredith sorrise con un po’ di malinconia. «Eimportante affrontare prima le minacce più immediate».Alaric le strinse le mani fra le sue. «Per qualunque cosa io ci sarò», le disse sincero. «E mi fermerò qui ad aiutarti finchéavrai bisogno di me. Tutto il tempo che vorrai».Malgrado la gravità dei problemi, malgrado il sanguinoso caos del suo passato e l’orrore quasi certo del suo futuro,Meredith scoppiò a ridere. «Tutto il tempo che vorrò?», ripetè con uno sguardo civettuolo e guardandolo con ariaallusiva. «Allora, vuol dire che non ti libererai più di me».

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12Chloe si spostava furtiva nella foresta, attenta a ogni movimento. D’un tratto alzò la testa: aveva colto un impercettibilefruscio nel sottobosco.Matt la seguiva, con la borsa da postino a tracolla. Cercava di muoversi senza fare rumore, ma le foglie e i rametticontinuavano a schioccare sotto i suoi piedi.Chloe si fermò e fiutò l’aria, poi indicò un punto verso sinistra. «Andiamo», mormorò, così piano che Matt stentò asentirla.Il fruscio riprese, e dopo qualche secondo un coniglio sbucò da sotto le foglie. Fissò Chloe con i grandi occhi neri, leorecchie tremanti. Con un rapido balzo Chloe lo afferrò. Fece un lieve verso, poi il piccolo animale si fece docile tra lesue braccia.Chloe affondò il viso nella sua pelliccia castana e Matt la osservò con un’aria di distaccata approvazione. Una goccia disangue tracciò una riga lunga e densa sul fianco dell’animale poi sgocciolò sul terreno.Poco dopo il coniglio si risvegliò dal suo stordimento e per un attimo scalciò l’aria con le zampe posteriori e poi rimaseimmobile. Chloe si pulì la bocca con il dorso della mano e posò l’animaletto sul terreno, guardandolo con aria triste.«Non volevo ucciderlo», disse, avvilita. Si tirò indietro i capelli e guardò Matt con gli occhi imploranti. «Mi dispiace.Capisco quanto per te tutto questo sia assurdo e crudele».Matt aprì la sua borsa e prese una bottiglia d’acqua, che porse a Chloe. «Non devi scusarti», le disse. In effetti guardarlamentre si nutriva del sangue degli animali era assurdo e crudele, ma adesso molto meno delle prime volte. E valevaassolutamente la pena: Chloe non aveva avuto un solo attimo di cedimento, e sembrava soddisfatta di bere il sanguedegli animali invece di quello umano. E questa era l’unica cosa importante.Chloe si sciacquò la bocca e sputò l’acqua rosata in un cespuglio. Poi bevve ancora. «Grazie», disse. «Immagino che perte sia difficile. A volte sogno il sangue. Vero sangue umano. Ma poi ripenso alle cose che ho fatto in quei giorni conEthan. Non riesco davvero a perdonarmi. Non credo che potrò mai farlo. Ethan... come ho potuto fidarmi di lui?». Lesue belle labbra ebbero un tremito.«Ehi, Chloe». Matt le strinse il braccio e la scosse con delicatezza. «Ethan ci ha ingannato tutti.Se Stefan non mi avesse salvato, sarei anch’io nella stessa situazione».«Già». Chloe si appoggiò a lui. «E ora tu stai salvando me».Matt le strinse la mano. «Non ero pronto a perderti».Chloe alzò la testa e i loro occhi si incontrarono. Matt le sfiorò la guancia con le labbra, poi scese fino alla bocca. Labaciò delicatamente, poi con più trasporto, e chiuse gli occhi per assaporare la morbidezza delle sue labbra. Giornodopo giorno, mentre la aiutava a imboccare la via della luce, Matt scopriva la sua forza e sentiva di amarla sempre dipiù.Meredith cercò di sciogliere i muscoli intorpiditi. La stanza era immersa nel buio e l’unica fonte di luce era lo schermodel portatile. Elena e Bonnie dormivano profondamente e lei lanciò un’occhiata malinconica al suo letto. Negli ultimitempi, dopo molte notti trascorse a pattugliare il campus e i giorni ad allenarsi in palestra, cadeva addormentata nonappena si stendeva da qualche parte.Al contrario di quanto accadeva per molte altre materie, le lezioni di inglese non erano state sospese, e Meredithdoveva preparare un compito da consegnare. Al liceo era stata un’allieva modello, e per quanto fosse stanca, il suoorologio non le permetteva di ignorare una scadenza di consegna o di presentare lavori poco curati. Perciò, dopo unosbadiglio, Meredith si costrinse a tornare in modalità studentessa modello e digitò: «Sin dal primo incontro la relazionefra Anna e Vron-sky era chiaramente destinata a concludersi nella distruzione reciproca».Studentessa o no, restava pur sempre una cacciatrice, un’arma perfettamente bilanciata, una Sulez, e quando la voce diBonnie risuonò nel silenzio della stanza, si fece subito attenta.«Non gli piace stare da solo», disse Bonnie improvvisamente. La sua voce, in genere molto espressiva, era piatta, quasimetallica, il che significava che era in preda a una delle sue visioni.«Bonnie?», sussurrò Meredith. Ma l’amica non rispose e Meredith accese la sua lampada da tavolo per illuminare lastanza, attenta a non proiettarla direttamente sul viso di Bonnie.Bonnie aveva gli occhi chiusi, anche se non era difficile notare che i bulbi si muovevano sotto le palpebre, come sestesse cercando di svegliarsi o di vedere qualcosa in sogno. Aveva il viso tirato.Meredith si avvicinò al letto di Elena e la svegliò scuotendole delicatamente la spalla.Elena reagì con un verso e cercò di voltarsi dall’altra parte.Poi irritata borbottò: «Che c’è? Cosa c’è?». Infine sbatté le palpebre e si svegliò.«Sssh», la zittì Meredith, e rivolta a Bonnie domandò: «A chi non piace stare da solo?»«A Klaus», rispose Bonnie, con lo stesso tono inespressivo di poco prima.Elena sgranò gli occhi per lo stupore. Si alzò, i capelli dorati arruffati per il sonno, e prese un quaderno e una penna sullasua scrivania. Meredith andò a sedersi sul letto di Bonnie e attese, fissando il viso addormentato della giovane amica.«Klaus vuole i suoi vecchi amici», proseguì Bonnie. «Proprio adesso ne sta invocando uno». E

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senza svegliarsi, sollevò il braccio e indicò con il dito un punto nel buio. «C’è troppo sangue», aggiunse con lo stessotono monocorde, e lasciò ricadere il braccio lungo il fianco. A Meredith venne la pelle d’oca.Elena scarabocchiò qualcosa sul quaderno e lo mostrò a Meredith. A lettere maiuscole aveva scritto: “Chiedile chi è”.Avevano capito che quando Bonnie aveva le visioni, era meglio che soltanto una persona parlasse con lei, per evitareche si confondesse e uscisse dallo stato di trance.«Chi sta chiamando Klaus?», domandò Meredith, sforzandosi di avere un tono tranquillo, anche se la sola idea le facevabattere il cuore come un tamburo. Cercando di calmarsi, si premette la mano contro il petto. Chiunque si potesseconsiderare amico di Klaus non poteva che essere pericoloso.Bonnie fece per rispondere, ma esitò. Dopo qualche secondo disse: «Chiama gli amici perché si uniscano alla sua lotta».E poi aggiunse: «Il fuoco è così luminoso. Non è possibile dire chi sta arrivando. C’è solo Klaus, Klaus e il sangue e lefiamme contro l’oscurità».«Che cosa sta organizzando Klaus?», domandò Meredith. Bonnie non rispose, ma le palpebre si mossero, e le suelunghe e folte ciglia spiccarono contro il pallore del viso. Il suo respiro adesso si era fatto più faticoso.«Dobbiamo provare a svegliarla?», si chiese Meredith a voce alta. Ma Elena scosse la testa e scrisse un altro messaggiosul quaderno: “Domanda dove si trova Klaus”.«Puoi dire dove si trova Klaus in questo momento?», domandò Meredith.Bonnie adesso agitava la testa contro il cuscino. «Fuoco», disse. «Fiamme e oscurità. Sangue e fuoco. Vuole che tutti siuniscano alla sua lotta». Dalla bocca le uscì una risata sinistra ma la sua espressione rimase la stessa. «Se Klaus riesce aportare a termine il suo piano, finirà tutto nel sangue e nel fuoco».«Possiamo fermarlo?», domandò Meredith. Bonnie non rispose, e si fece sempre più irrequieta e iniziò a picchiare lemani e i piedi contro il materasso, sempre più velocemente. «Bonnie!», esclamò Meredith, e si alzò di scatto.Bonnie emise una specie di rantolo e di colpo rimase immobile, gli occhi spalancati.Meredith la prese per le spalle. Un attimo dopo anche Elena si era avvicinata al letto e stringeva il braccio dell’amica.Per un istante Bonnie sgranò gli occhi guardandosi intorno con aria assente, poi fece una smorfia e Meredith capì cheera tornata in sé.«Ehi!», protestò Bonnie. «Che cosa state facendo? Sbaglio o è notte fonda?». E si ritrasse indignata. «Fatela finita»,disse, massaggiandosi il braccio nel punto in cui Meredith l’aveva stretta.«Hai avuto una visione», le spiegò Elena, facendosi indietro per lasciarle più spazio. «Ricordi qualcosa?».Bonnie le guardò indispettita. «Dovevo immaginarlo. Ogni volta che mi capita questa cosa, dopo mi resta sempre unostrano sapore in bocca. Detesto questa sensazione». E poi, rivolta a Elena e Meredith: «Non ricordo nulla. Che cosa hodetto?», domandò incuriosita. «Cose brutte?»«Hai parlato di sangue, fuoco e oscurità», rispose Meredith. «Le solite cose».«Guarda: ho scritto tutto», disse Elena. E passò a Bonnie il suo quaderno.Bonnie lesse gli appunti di Elena e impallidì. «Klaus sta chiamando a raccolta i suoi amici?», domandò incredula. «Oh,no. Arriveranno altri mostri. Non riusciremo mai... per noi le cose si mettono veramente male».«Avete idea di chi possano essere le creature che sta invocando?», domandò Elena.Meredith sospirò e iniziò a camminare nervosamente fra i letti. «Il problema è che non lo conosciamo così bene», disse.«Klaus esiste da migliaia di anni», aggiunse Elena. «Immagino che nel suo passato abbia incontrato ogni genere di figuramalvagia».Un brivido gelido attraversò la schiena di Meredith. Una cosa era certa: chiunque fosse andato in aiuto di Klaus sarebbestata l’ultima persona che loro avrebbero voluto avere lì a Dalcrest. Meredith richiuse con un colpo secco il portatile e siavvicinò all’armadio per prendere il baule con le armi.Non era il momento di fare la studentessa diligente. Doveva prepararsi a combattere.

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13«Mi sembra che adesso al buio riesco a vedere meglio», disse Elena spostando un ramo per permettere a Stefan dipassare.La notte era animata da ogni genere di suono e di movimento: dal frusciare delle foglie alle corse dei piccoli roditorinascosti nella boscaglia. Era tutto molto diverso dall’ultima volta che avevano pattugliato il bosco insieme. Elena nonsapeva se questa nuova sensazione fosse legata ai Poteri che sentiva nascere dentro di sé, o se la consapevolezza diavere i Poteri la rendesse più sensibile.Stefan sorrise, ma non rispose. Elena capì che stava richiamando i suoi Poteri per poterli utilizzare nella ricerca deivampiri.Quando era concentrato, Elena vedeva che intorno a lui risplendeva una bellissima aura azzurra, venata da qualchestriatura grigio chiara, che forse erano i dubbi e i sensi di colpa da cui non riusciva mai a liberarsi completamente.Ma l’azzurro era molto più intenso del grigio. Elena avrebbe voluto che anche Stefan potesse vedere com’era bella lasua aura.Allungò il braccio verso il suo corpo cercando di toccare l’aura. L’azzurro le avvolse la mano, ma lei non sentì nulla diparticolare. Provò a muovere le dita e osservò l’aura fluire intorno a esse.«Che cosa stai facendo?», domandò Stefan intrecciando le dita a quelle di Elena, senza smettere di fissare l’oscurità cheli circondava.«La tua aura...», disse Elena, ma non riuscì a proseguire.Qualcosa stava arrivando.Stefan la guardò con aria interrogativa, ma quando Elena prese fiato per parlare, si sentì sfiorare da qualcosa di oscuroe appiccicoso e subito fu attraversata da una sensazione di gelo, come se di colpo si fosse ritrovata sotto un fiumeghiacciato.Il male. Non poteva sbagliarsi.«Da questa parte», disse decisa, e preso Stefan per mano iniziò a correre nella foresta. Il rami le sferzavano il viso, unole lasciò un doloroso graffio sulla guancia, ma lei li ignorò. Qualcosa la stava chiamando, e tutta la sua attenzione eraconcentrata in questa urgenza.Il male. Doveva fermarlo.Scivolò con un piede sul tappeto di foglie che copriva il terreno, ma Stefan riuscì ad afferrarla per un braccio prima chepotesse cadere. Elena si rimise in piedi, e si fermò un momento per riprendere fiato.Davanti a sé vedeva strisce color ruggine alternate a un orrendo giallo bile. Niente a che vedere con i colori rassicurantidell’aura di Stefan o di Andrés. Mentre Elena guardava il buio che aveva di fronte, il rosso ruggine — il colore del sanguerappreso — si contraeva e si espandeva intorno al disgustoso giallo con un ritmo regolare. Due aure, capì Elena dopoqualche secondo, e una dominava l’altra. Dovevano fare in fretta.«Lo vedo», disse agitata. «Sta succedendo qualcosa di brutto. Presto, andiamo».Ripresero a correre. Elena si accorse che in quel momento i Poteri di Stefan si attivarono: anche lui adesso sentiva ciòche sentiva lei e scattò in avanti, tirandosi dietro Elena anziché seguirla.Un vampiro stringeva la sua vittima contro un albero: le due figure erano avvinghiate l’una all’altra e insiemeformavano un’unica ombra che si agitava nell’oscurità. Le due aure che li avvolgevano davano quasi la nausea. Elenaebbe appena il tempo di capire che aveva trovato la fonte che emanava ciò che aveva percepito con i suoi Poteri,perché Stefan si avventò sul vampiro e dopo averlo strappato via dalla sua vittima gli spezzò il collo con un’abile strettadelle mani. Poi staccò un ramo dall’albero più vicino e glielo conficcò nel petto.La vittima cadde a terra con un rumore sordo. La sua aura giallastra perse il suo orrendo colore quasi immediatamentee quando il ragazzo si ritrovò per terra su un cumulo di foglie secche aveva già preso una sfumatura grigio chiara.Elena si precipitò accanto a lui e tolse dallo zaino la torcia elettrica per controllare le sue condizioni. Stefan intantotrascinò via il corpo del vampiro, uno degli affiliati della Vitale Society.La vittima aveva capelli neri molto corti ed era pallida, quasi esangue. Il polso era regolare, così come il respiro. Dalmorso che aveva sul collo colava un filo di sangue ed Elena si tolse il giubbotto per tamponare la ferita.«Credo che se la caverà», disse a Stefan quando le fu accanto.«Ottimo lavoro, Elena», si complimentò Stefan. «Ma da qualche parte deve avere un’altra ferita, perché vedo altrosangue».Elena controllò il ragazzo con la torcia. Indossava i pantaloni del pigiama e una maglietta, ed era scalzo. Le piante deipiedi erano coperte di graffi e di sangue.«Il vampiro deve averlo costretto a uscire dalla sua stanza», spiegò Elena. «Ecco perché è qui nel bosco in pigiama».«Si stanno facendo sempre più scaltri», commentò Stefan. «Dobbiamo organizzare le ronde anche intorno al campus. Inquesto modo forse potremo fermarli prima che riescano a adescare le loro vittime».«Per il momento è meglio se portiamo subito questo ragazzo al campus», disse Elena.Mentre lo rimettevano in piedi, il ragazzo emise un vago lamento. Il grigio della sua aura si stava striando di qualche

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tenue colore e da questo Elena capì che il ragazzo si stava risvegliando. «Va tutto bene», le sussurrò per tranquillizzarlo,mentre Stefan gli mormorava qualcosa all’orecchio per aiutarlo a tornare senza fatica alla sua stanza.Elena però non riusciva a concentrarsi del tutto sul ragazzo. Sentiva uno strano formicolio sulla pelle, e uno stranasensazione dentro di sé. Là intorno c’era ancora qualcosa. Il male era vicino.Lasciò che Stefan si occupasse del ragazzo e si allontanò leggermente, cercando di capire attraverso i suoi Poteri in chedirezione si trovasse il male.Niente. O comunque, niente di specifico. Solo la pesante e spaventosa certezza che non troppo lontano da loro sinascondeva qualcosa di brutto. Cercò di affinare i suoi sensi sperando di vedere o di sentire le tracce di un’aura.Niente.«Elena?», la chiamò Stefan. Senza smettere di sostenere il ragazzo la guardò per sapere cosa avesse trovato.Elena scosse la testa. «C’è qualcosa», disse. «Ma non riesco a capire dove». Scrutò l’oscurità, ma di nuovo non ricavòalcun indizio che l’aiutasse a capire da dove provenisse quella opprimente sensazione. «Basta. Andiamo via», disseinfine.«Sicura?», domandò Stefan. E quando lei annuì, lui si caricò il ragazzo sulle spalle e si avviò verso il campus. Elena loseguì, non senza guardarsi intorno per un’ultima volta. Qualunque cosa fosse, si stava nascondendo da lei e da Stefanmolto meglio dei giovani vampiri.Quindi era qualcosa di vecchio. E di malvagio. Possibile che Klaus fosse nei paraggi? Se solo avesse voluto, li avrebbepotuti uccidere senza problemi, pensò Elena con un moto di terrore. Klaus era molto più forte di lei, e anche di Stefan. Ilbosco in quel momento le sembrò molto più buio e spaventoso del solito, come se Klaus potesse nascondersi dietroogni albero. Elena accelerò il passo e non si staccò più da Stefan, impaziente di vedere le luci del campus.Bonnie prese Zander per mano mentre seguivano Meredith che faceva il giro del campo di calcio.Quella sera non avevano visto vampiri, forse anche grazie alle stelle, che erano incredibilmente luminose.«Mi piace fare la ronda con te», gli disse. «Sembra quasi una passeggiata romantica, se non fosse per la possibilità diessere aggrediti dai vampiri».Zander sorrise. «Quando sei con me, non devi avere nessuna paura, signorina», le disse imitando goffamente uncowboy d’altri tempi. «Davanti a te c’è il licantropo più tosto della città, e sono qui per proteggerti».«Secondo te è strano se trovo questa voce molto sexy?», domandò a Meredith.Meredith, che li precedeva di qualche passo, si voltò e la guardò perplessa. «Sì, Bonnie. Lo trovo molto strano».Dalle colline intorno al campus arrivò un lungo ululato e Zander alzò la testa, in ascolto. «I ragazzi non hanno trovatoniente», disse. «Vanno a prendersi una pizza, dopo che Camden si sarà trasformato».«Vuoi andare con loro?», domandò Bonnie.Zander la strinse a sé e le mise un braccio intorno alle spalle. «Solo se vuoi venire anche tu», rispose. «Oppurepotremmo andare nella mia stanza, magari a guardare un film».«Zander che rinuncia a mangiare qualcosa con gli amici?», disse una voce alle loro spalle. «Deve proprio essere veroamore». Meredith si voltò di colpo, e Bonnie immaginò che si stesse già lacerando con i sensi di colpa per non aversentito la ragazza che si era avvicinata a loro.«Spero non sia un problema se mi sono avvicinata», disse Shay, raggiungendo Zander. «Spencer mi ha detto che stavatepattugliando questa zona».«Più siamo più è divertente», disse Bonnie, cercando di fare del suo meglio per essere simpatica.«Quanto mi piacerebbe trovarmi coinvolta in un bel combattimento», disse Shay, sciogliendo le spalle. «Da quandosono qui mi sembra di non fare mai niente a parte stare seduta. E Zander sa bene come diventiamo irrequieti quandonon abbiamo niente da fare».«Sì, l’ho notato», disse Bonnie. Intanto Zander aveva allungato il passo, per seguire Shay e aveva tolto il braccio dallespalle di Bonnie. Lei lo aveva di nuovo preso per mano, e a sua volta aveva accelerato per stare dietro agli altri due.Meredith li guardò incerta, ma prima che potesse dire qualcosa, Shay si fermò di colpo.«Sentito?», disse. Meredith, Zander e Bonnie si fermarono e tesero le orecchie.Bonnie non sentì nulla, ma Zander sorrise e diede di gomito a Shay. «Un cervo dalla coda bianca in cima alla collina». Esi scambiarono un sorriso di intesa.«Di cosa state parlando?», domandò Bonnie.«L’Alto Consiglio dei Lupi», spiegò Shay, «ci suddivide nei vari Branchi fin da bambini, e tutti i lupi dello stesso Brancocrescono e giocano insieme. Quando Zander, io e gli altri avevamo quindici anni, il nostro Branco trascorse unasettimana in giro per le montagne della nostra zona».Di nuovo, rivolse un sorriso a Zander, e Bonnie non potè non notare l’intimità che c’era fra loro.«Durante quella settimana», proseguì Shay, «una notte, dopo aver scorrazzato in giro per ore, Zander e io andammo abere in un laghetto nascosto in un pineto. Trovammo un branco di cervi, e avremmo potuto ucciderne uno con facilità— in quel momento eravamo lupi, e in quello stato cacciare per noi è un istinto naturale — ma i cervi ci guardarono inun certo modo, con il sole che stava sorgendo alle loro spalle... insomma, erano bellissimi. E ci sembrò che quel

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momento fosse solo per noi». Shay sorrise, e per una volta non diede l’impressione di voler a tutti i costi punzecchiareBonnie. Stava semplicemente ricordando un bel momento. Voltò il viso verso la brezza. «Senti questo profumo?»,domandò rivolta a Zander.Bonnie non lo sentiva, ma Zander annusò l’aria e rispose a Shay con un altro sorriso nostalgico.«Pino», disse. E di nuovo, Shay sorrise.Dopo qualche secondo Meredith si schiarì la gola e ripresero a camminare tutti insieme, scrutando intorno in cerca dieventuali pericoli. Zander strinse la mano di Bonnie. «Allora?», le disse. «Film in camera mia?»«Certo che sì», rispose Bonnie. Ma era distratta. Non poteva fare a meno di notare come fossero simili i movimenti diZander e di Shay. E come, anche quando Zander parlava con lei, le sue orecchie fossero sempre tese all’ascolto dirumori lontani che Bonnie non avrebbe mai potuto sentire. Fra lei e Zander c’era una distanza, pensò, che forse nonsarebbero mai riusciti a colmare.Forse Bonnie non avrebbe mai fatto veramente parte del mondo di Zander. Di sicuro non come Shay.

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14Elena si rigirò nel letto ancora una volta, ma il sonno non arrivava. Voltò il cuscino per appoggiare il viso sul lato piùfresco, ascoltò Meredith che dall’altra parte della camera borbottava qualcosa nel sonno, ma niente da fare.Era esausta. Eppure non riusciva a dormire. Ci era voluto molto tempo per riportare nella sua camera il ragazzoaggredito dal vampiro. E per Stefan era stato molto complicato Influenzarlo e fargli dimenticare cosa era successo. Nonerano neppure sicuri che i Poteri di Stefan avessero funzionato a dovere sul ragazzo, perché il fatto che si nutrisse solodi sangue animale impediva ai suoi Poteri di essere forti ed efficaci come quelli degli altri vampiri della sua età, cheinvece si nutrivano di sangue umano.In ogni caso non era questo che teneva sveglia Elena. Non dormiva perché non riusciva a scrollarsi di dosso lasensazione che aveva avuto nel bosco, quel qualcosa di oscuro e malvagio che la chiamava, e i suoi Poteri che cercavanodi condurla da qualche parte.Se non altro, adesso la sensazione era anche più forte. C’era qualcosa in lei che insisteva, che le diceva adesso, e infretta.Elena si alzò a sedere. I Poteri volevano che lei uscisse e andasse a caccia del male che c’era là fuori, volevano cherimettesse le cose a posto. Doveva farlo, non c’era questione.Guardò i letti delle amiche. Meredith era distesa sulla schiena e si copriva gli occhi con un braccio. Bonnie erarannicchiata su un fianco, una mano nascosta sotto la guancia, e aveva un’aria terribilmente giovane.Di sicuro avrebbero voluto che le svegliasse, che le portasse con lei.Scartò subito l’idea. Pensò a Stefan, qualche piano sopra di lei. Probabilmente stava leggendo, o forse era seduto sulbalcone a guardare le stelle. Scartò anche questa seconda ipotesi, sia pur a fatica. Qualunque cosa ci fosse là fuori, i suoiPoteri le stavano dicendo che era solo per lei.Doveva avere fiducia nei Poteri: Andrés aveva detto che i suoi talenti si sarebbero attivati nel momento in cui lei neavesse avuto bisogno. I Poteri l’avrebbero protetta.Elena sgusciò fuori dal letto, attenta a non svegliare le compagne di stanza, e si infilò i jeans e un maglione. Poi prese glistivali — li avrebbe infilati in corridoio — e in punta di piedi uscì.Era molto buio quando attraversò il cortile. La luna era bassa e si nascondeva dietro i tetti degli edifici del campus.Allungò il passo, incerta se fosse per il freddo o per quella strana sensazione che la spingeva verso qualcosa che le dava ibrividi.La forza che la chiamava si fece più intensa via via che si avvicinava al bosco. Benché non avesse acceso la torcia, Elenasi ritrovò a camminare sicura e spedita come se fosse pieno giorno.La sensazione del male era sempre più forte e il suo cuore batteva sempre più veloce. Forse avrebbe dovuto dire aqualcuno dove stava andando. Almeno poteva lasciare un biglietto. Chissà se Stefan sarebbe riuscito a trovarla, nel casonon fosse rientrata. E se una volta sola nel bosco avesse incontrato Klaus? I suoi Poteri l’avrebbero protetta anche inquel caso?D’un tratto, sentì uno strattone e la sensazione che aveva nel petto si fece intensa, soffocante. Poi, di colpo com’eraarrivata, cessò. Di fronte a lei, qualcosa si mosse nell’oscurità, ed Elena accese la torcia.Damon. Vederlo fu come un calcio nello stomaco. Damon. Aveva passato più di un anno alle prese con lui,concentrata su Damon e Stefan e se stessa e la loro complicata, distorta relazione.Poi, senza dire niente a nessuno, lui se n’era andato.E adesso, eccolo di nuovo.Aveva un aspetto... be’, un aspetto meraviglioso, come sempre. Pelle morbida, capelli lucenti, forte, muscoloso. Unanimale selvatico che si vorrebbe accarezzare ma che è troppo pericoloso per poterlo toccare. Elena aveva fatto la suascelta fra i due fratelli, ed era assolutamente felice della decisione presa: era Stefan quello tra i due che desiderava. Maquesto non significava che fosse insensibile alla bellezza di Damon.Bello o no, adesso il viso di Damon era una maschera di pietra. Sembrava scolpito nel marmo.Lui le rivolse il suo sguardo indecifrabile e alzò una mano per proteggersi dal fascio di luce della torcia.«Damon?», disse Elena incerta, abbassando la torcia. In genere quando lui la vedeva, la sua espressione si addolciva.Ma questa volta non accadde e lui rimase rigido e silenzioso.Dopo qualche secondo, Elena si concentrò su se stessa per attivare i suoi nuovi Poteri e vedere l’aura di Damon.Oh. Non vedeva niente di buono. Damon era circondato da un alone scuro. Non era un alone malvagio, ma c’era delmale al suo interno, e sofferenza, e anche altro, una sorta di lontana indifferenza, come se lui cercasse di rendersiinsensibile per proteggersi da qualche dolore. Intorno a Damon fluttuavano sfumature di nero e di grigio, interrotte daqualche inaspettato schizzo di azzurro spento che poi rientrava verso il suo corpo fino a diventare quasi invisibile.Damon la fissava senza muovere un solo muscolo, ma la sua aura era agitata.Intorno a tutto questo si intrecciava una sottile rete rossa, lo stesse colore di sangue rappreso che permeava l’aura delvampiro che Stefan aveva ammazzato qualche ora prima.«Ti stavi nutrendo di sangue umano?», domandò Elena bruscamente. Forse questo avrebbe spiegato il richiamo che

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aveva sentito, e che l’aveva portata fin lì.Damon sogghignò e la osservò inclinando leggermente la testa ma senza parlare. E quando ormai Elena era sicura chenon le avrebbe risposto, lui scrollò le spalle e disse: «Credo che ormai non sia più così importante, giusto?»«Damon, tu non puoi...», fece per rispondere Elena, ma Damon la interruppe.«Questo sono io, Elena», disse con lo stesso distacco. «Se hai pensato che potessi essere diverso, hai mentito a testessa, perché io non ho mai mentito su questo».Elena si lasciò cadere sul tronco su cui era seduto Damon, posò la torcia fra loro e gli prese la mano. Sentì che lui siirrigidiva ma non si sottrasse al contatto. «Sai che ti voglio bene, vero?», gli domandò. «Qualunque cosa succeda. E saràsempre così».Damon la fissò gelido con i suoi occhi neri, e poi con calma staccò la mano da quella di Elena.«Hai fatto la tua scelta, Elena», le disse, «e sono sicuro che Stefan ti sta aspettando».Elena si spostò leggermente, poiché sembrava che Damon volesse così, e appoggiò le mani in grembo.«Anche Stefan ti vuole bene», replicò lei. «E io amo Stefan, ma ho anche bisogno di te. Entrambi abbiamo bisogno dite».Damon fece una smorfia. «Allora sai che ti dico, principessa? Che non sempre puoi avere tutto quello che vuoi», risposesarcastico. «Come ho già detto a Stefan, con voi ho chiuso».Lei lo fissò e cercò di nuovo di vedere la sua aura. Ricorrere ancora una volta ai suoi Poteri era come sforzare deimuscoli che non sapeva di avere. Quando ci riuscì, vide che l’aura di Damon nel frattempo si era fatta più scura, grigioscuro come nuvole di tempesta macchiato di rosso e di nero, un alone tetro che lo circondava ovunque dove l’azzurroera stato inghiottito dai colori più scuri.«Posso vedere la tua aura», gli disse Elena. «Adesso anch’io ho i miei Poteri». Damon la guardò accigliato. «Hai un’aurascura, ma c’è ancora del bene in te». Elena era sicura che ci fosse. Non sapeva se si potesse vedere nella sua aura — peril momento non ne sapeva ancora abbastanza, doveva ancora imparare — ma lei conosceva Damon. Era complicato edegoista, e volubile. Ma una parte di lui era buona, e sarebbe stato così per sempre. «Ti prego, Damon, torna da noi».Damon non la stava più guardando, i suoi occhi erano puntati su qualcosa che Elena al buio non poteva vedere. Elenaallungò la mano sul suo viso e lo costrinse a voltarsi verso di lei. «Ti prego Damon», ripetè. «Sei tu che hai deciso inquesto modo. Le cose non devono per forza andare così».Lui la guardò con rabbia, ma non rispose. «Damon», insistè Elena, gli occhi umidi di pianto. «Ti prego».Damon si alzò di colpo, spingendola via. Elena perse l’equilibrio e cadde all’indietro. Si rialzò rapidamente e prese latorcia. «Va bene», disse. «Me ne vado, se è questo che vuoi. Però ricordati quello che ti dico». E si sforzò ancora unavolta di addolcire la voce. «Anche se adesso sei arrabbiato con me, non fare nulla di cui potresti pentirti. E quandovorrai tornare, noi saremo lì ad aspettarti. Ti vogliamo bene, Damon. Stefan e io ti vogliamo bene. Forse non è il modoin cui tu vorresti essere amato da me, ma è comunque un sentimento profondo e importante».Nella luce della torcia, gli occhi di Damon scintillarono. Elena pensò che volesse dire qualcosa, ma lui si limitò a fissarla,duro e sprezzante.Non restava altro da dire. «Ciao, Damon», si congedò Elena, e indietreggiò di qualche passo prima di sparire nel bosco.Sentiva il pianto premere contro il petto e desiderò arrivare nella sua camera il prima possibile, prima di essere travoltadalle lacrime. Se fosse scoppiata a piangere subito, non si sarebbe più fermata.

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15Caro diario,sono sempre più preoccupata per Damon. Meredith e Bonnie sono andate in montagna alla ricerca del frassino biancosacro e la nostra stanza è troppo silenziosa. Quando sono qui da sola, lo spazio vuoto si riempie di pensieri su Damon.L’altra notte, quando l’ho trovato nel bosco, sembrava così distante e furioso. La sua aura era così scura che mi haspaventato.Non ho ancora raccontato a Stefan che i miei Poteri mi hanno portato fino a Damon. Ma ho intenzione di farlo, appenasiamo soli. Ormai ho imparato la lezione e non terrò più segreti fra di noi.Ma Stefan è così impegnato in questi giorni. Si occupa di tutti: si allena con Meredith, fa ricerche con Alaric, e adessoche Zander è andato via con Bonnie e Meredith, lavora anche con il Branco. Pensa soltanto a proteggermi da Klaus. Aproteggere tutti noi.Il piano di Klaus sta funzionando, ovunque lui sia: sono sempre in tensione. So che lui vuole esattamente questo, che ioabbia paura, ma non riesco a non saltare alla minima ombra. Ogni giorno sono sempre più spaventata, e sempre piùfuriosa con me stessa: non voglio ridurmi a essere come vuole Klaus. Solo quando sono con Stefan finalmente possolasciarmi andare al nostro piccolo mondo, dove mi sento al sicuro, nonostante i pericoli che incombono su di noi.Quando sono fra le sue braccia, ho la sensazione che Klaus possa essere sconfitto. A volte penso che insieme io e luipossiamo fare qualsiasi cosa. Possiamo salvare noi stessi, e anche Damon, anche se lui non desidera essere salvato.Qualcuno bussò alla porta della camera e Elena nascose rapidamente il diario sotto il materasso.Era Stefan. Aveva trascorso gran parte della giornata con il Branco, dopo che Zander era partito, e non appena Elena lovide si rese conto di quanto gli era mancato.Era spettinato, qualche ricciolo bruno gli scendeva sulla fronte, e aveva una striscia di fango secco sopra un occhio. «Equesta?», domandò lei, cercando di pulirla con il dito.Stefan fece una smorfia. «Pare che per essere accettato da un Branco di licantropi devi essere pronto a rotolarti perterra un sacco di volte», spiegò Stefan. «Shay mi ha spinto dentro un cespuglio».Elena cercò di restare seria, ma pensando alla scena non potè fare a meno di ridere. Anche il viso di Stefan si fece piùdisteso e le rughe di stanchezza che aveva intorno alla bocca scomparvero.«Credo che Shay non sopporti l’idea che Zander sia andato fuori città con Bonnie», gli disse Elena, e richiuse la porta.Appena la porta fu chiusa, e prima che Elena si voltasse, Stefan l’attirò a sé, le spostò i capelli e la baciò sul collo,appena sopra il punto dove la vena pulsava di più. Lei si abbandonò all’indietro e lui le cinse la vita in un abbraccio.«Tra un allenamento e l’altro hai studiato i percorsi delle ronde con i ragazzi del Branco?», domandò Elena. «Pensi chece la caveremo senza gli altri fino al loro ritorno?»«Credo di sì», rispose Stefan, sfiorando con il dito il profilo della sua guancia. «Mi piacerebbe avere anche solo una vagaidea di dove possa essere Klaus», proseguì, facendosi serio. «Potrebbe essere ovunque, e pronto a colpire».«Lo so», disse Elena, e rabbrividì. «Ho sempre la sensazione che sopra di noi ci sia una nuvola nera. Vorrei solo poterattivare tutti i miei Poteri di Guardiana. Se sono destinata ad averli, perché non darmeli subito? Siamo tutti in pericolo,ed è così frustrante sapere che dovrei essere in grado di proteggere tutti, ma non posso».«Che cosa mi dici del male che avevi sentito nel bosco?», chiese Stefan. «L’hai sentito ancora?».Elena esitò. Il momento era arrivato. Aveva promesso a se stessa che gli avrebbe raccontato di Damon non appena sifosse trovata sola con lui. Ma non voleva ferirlo, non voleva fargli sapere come sembrava distante e pieno di rabbia ilfratello. «Ieri notte l’ho sentito ancora», disse infine,«ma adesso non lo sento più».«Davvero?», si incuriosì Stefan. «Ti sei fatta un’idea di cosa fosse?». Elena esitò ancora, e Stefan le sollevòdelicatamente il viso per guardarla negli occhi. «Elena, è importante. Queste tue sensazioni potrebbero essere il primovero indizio per arrivare a Klaus. Per caso mi stai nascondendo qualcosa?».Elena si sentì punta sul vivo, ma Stefan attese con pazienza, serio ma tranquillo. «Che cosa c’è, amore mio?»«Ieri notte ho seguito quella sensazione e sono andata nel bosco», gli disse, giocherellando nervosamente con ilbraccialetto. «E alla fine ho capito». E con l’animo di chi si butta giù da una scogliera, aggiunse: «Non era Klaus, né unvampiro della Vitale Society. Era Damon».«Ma mi hai detto che era una sensazione malvagia...», osservò Stefan, confuso.«Sì», sospirò Elena. «Forse non completamente malvagia. Perché Damon non è così, lo so perfettamente. Ma non se lapassa per niente bene. Non credo che la ragazza che abbiamo trovato nel bosco fosse l’unica che ha aggredito. La suaaura era... violenta. Piena di rabbia».Avvilito, Stefan si appoggiò alla scrivania di Elena. «Lo so», disse. «Ti ho detto come l’ho trovato quando sono andato dalui a parlargli. Credo sia meglio lasciargli un po’ di spazio. Inutile insistere. Tanto fa sempre quello che vuole, soprattuttose qualcuno cerca di controllarlo».«Dev’esserci qualcosa che possiamo fare per lui», disse Elena, con la voce incrinata dalla tristezza.Stefan si avvicinò, le prese la mano e la guardò intensamente. I suoi occhi erano seri, e preoccupati. «Non saremo mai

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noi due soli, vero?», disse tristemente. «Damon sarà sempre fra di noi, anche quando non è qui».«No, Stefani», protestò Elena. Ma lui abbassò lo sguardo sulle loro mani intrecciate.«Guardami!», lo sollecitò Elena. Lui lentamente alzò il viso e i loro occhi si incontrarono ancora.«Io ti amo, Stefan. A Damon voglio bene. Ormai è una parte di me, ma quello che sento per lui non è niente inconfronto all’amore che provo per te. Siamo soltanto noi, io e te. E così sarà. Sempre».Elena lo strinse forte, determinata a dimostrargli che quello che aveva detto era vero. E le loro labbra si unirono in unlungo bacio.Stefan, pensò. Oh, Stefan. Elena si aprì completamente. Si mostrò a lui in tutta la sua fragilità, gli mostrò tutto il suoamore, la gioia di essere tornata da lui, finalmente. Piano piano, Stefan assorbì le sue emozioni. Elena lo sentivapremere delicatamente contro i muri che lei non aveva mai abbattuto dentro la sua mente, i piccoli segreti, quelle partidi sé che aveva sempre cercato di tenere nascoste.Ma adesso Elena stava eliminando quelle barriere per mostrargli che in lei non c’era nient’altro che amore per lui, soloper lui.Stefan sospirò vicino alle sue labbra, e lei lo sentì pervaso da una sensazione di pace. Perché alla fine aveva capito cheper Elena c’era soltanto lui.Mentre Elena e Stefan si stringevano l’uno all’altra, un grande corvo serrava i suoi artigli intorno a un ramo nel buio cheoscurava la finestra della loro camera. Ma non era lì perché aveva ancora qualche speranza. Con Elena aveva fatto delsuo meglio, le aveva dato tutto ciò che secondo lui poteva desiderare, le aveva mostrato ciò che lui poteva offrirle. Perlei era addirittura cambiato.E lei gli aveva voltato le spalle e aveva scelto Stefan. Elena non provava niente per lui, niente in confronto ai suoisentimenti per Stefan.Bene. Aveva altro da fare che pensare a lei. Quello che aveva detto a Stefan, e quello che aveva detto a Elena, era vero:con loro due aveva chiuso, con loro e con tutti gli altri. Perché mai doveva star dietro a una ragazza umana quando ilmondo era pieno di gente che aspettava soltanto lui?Damon allargò le ali e volò via nella notte. Lasciandosi trasportare dalla morbida brezza che soffiava sul campus, cercòdi pensare a un posto dove poter andare. Forse la Thailandia. OSingapore. Il Giappone. Non era mai stato a lungo in Asia, forse era ora di conquistare altri Paesi, di tornare a essere ilmisterioso straniero dagli occhi gelidi, di sentire il tempestoso mare dell’umanità agitarsi intorno mentre lui se ne stavalontano, e per conto suo.Sarà bello essere di nuovo solo, disse a se stesso. I vampiri non erano animali sociali, dopotutto.Mentre rifletteva sul futuro, osservò distrattamente, e quasi per abitudine, i sentieri del campus e poi le strade dellacittà sotto di lui.Una donna sola faceva jogging, giovane e bionda, i capelli legati a coda di cavallo, auricolari con la musica nelleorecchie. Stupida, pensò con disprezzo. Non sa quanto sia pericoloso questo posto di questi tempi?Senza darsi il tempo di pensare a ciò che significava, planò verso terra e riprese le sue sembianze umane, atterrandosilenziosamente sul marciapiede qualche metro dietro la ragazza. Si fermò per un istante e si aggiustò i vestiti conpignoleria, con le parole del padre che risuonavano nella mente:Un vero signore si vede da come tiene al proprio aspetto e dalla cura con cui si veste.Dopodiché si avvicinò rapidamente alla ragazza, attivando un po’ dei suoi Poteri per essere veloce come nessun umanoavrebbe potuto.La fece cadere con la stessa facilità con cui avrebbe raccolto un fiore e la prese fra le braccia. Lei tentò di gridare e didivincolarsi, ma Damon le affondò subito i canini appuntiti nel collo, e lei rimase immobile. Lui invece non aveva motivodi fermarsi, non in quel momento.Era una sensazione bellissima. Da molto tempo ormai cercava di trattare bene le sue ragazze, di non far loro troppomale, e la paura di quella giovane era pura adrenalina che lui stava risucchiando nel suo sistema. Era anche meglio dellaragazza nel bosco, che era già stordita e arrendevole per la perdita di sangue quando lui aveva smesso di tenerla calma.Damon nutrì i suoi Poteri con lunghe sorsate di sangue. Il cuore della ragazza rallentò, e lui assaporò l’inebriantemomento in cui le pulsazioni rallentate di lei si univano al suo battito naturalmente lento. In quell’istante sentì la vitadella ragazza fluire dentro di sé e riscaldare le suo ossa fredde.E poi tutto, il battito del cuore, il flusso di sangue, finì.Damon lasciò cadere il corpo sul marciapiede e si pulì la bocca con la mano. Si sentiva ubriaco, saturo dell’energia cheaveva risucchiato dentro se stesso. Eccomi, pensò con amara soddisfazione,il vero Damon è tornato.Sul dorso della mano era rimasta una macchia di sangue. La leccò via, ma aveva un cattivo sapore, non era dolce comeavrebbe dovuto essere. E mentre il puro piacere di bere sangue e di succhiarlo fino alla morte, svaniva, Damon iniziò aprovare un dolore acuto proprio sotto lo sterno.E si premette la mano contro il petto.

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C’era un posto vuoto, dentro di lui, un buco nel petto che tutto il sangue del mondo, anche quello delle ragazze piùbelle, non avrebbe mai riempito.Di malavoglia abbassò lo sguardo sul cadavere che giaceva ai suoi piedi. Dovrei nasconderlo, pensò. Non potevalasciarlo lì, sul marciapiede.La ragazza aveva ancora gli occhi aperti, e sembrava che lo guardasse. È così giovane, pensò Damon.«Mi dispiace», disse sottovoce, poi delicatamente le chiuse gli occhi con la mano. Così sembrava più serena. «Midispiace», ripetè. «Non è stata colpa tua».Non sembrava ci fosse altro da fare, né da dire. Sollevò senza sforzo il corpo e se ne andò nella notte.

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16«Okay», disse Alaric, ansimando leggermente. «Secondo le mie indicazioni, il frassino bianco che stiamo cercandodovrebbe essere sulla riva di un torrente a circa mezzo miglio da qui».«E ancora tutta in salita?», si lamentò Bonnie, togliendosi i riccioli sudati dagli occhi. Avevano passato la notte in unosquallido motel ed erano partiti alla ricerca del frassino molto presto. Einfatti sembrava che stessero percorrendo quel sentierino stretto da una vita. All’inizio era stato divertente: era unabellissima giornata di sole e una ghiandaia azzurra li aveva accompagnati per un po’ volando da un albero all’altro, etutti avevano pensato che fosse di buon auspicio. Ma dopo diverse ore Bonnie aveva caldo e sete, e non erano ancoraarrivati.«Forza, Bonnie», la incoraggiò Meredith. «Ormai manca poco». Meredith camminava pimpante in testa al gruppo,fresca e riposata come una rosa, e sembrava stesse facendo una passeggiata per le stradine del campus. Bonnie laguardò imbronciata. A volte vedere che Meredith era così in forma dava veramente fastidio.Con grande sprezzo del pericolo, Bonnie si fermò e bevve qualche sorso d’acqua dalla borraccia.Il resto del gruppo si fermò ad aspettarla.«Ma quando avremo trovato questo frassino bianco dai poteri magici, il piano quale sarebbe?», domandò Zander, cheera impaziente di arrivare e non riusciva a stare fermo.Di sicuro Shay non avrebbe avuto bisogno di fermarsi per riposare, pensò Bonnie infastidita. Ma poi Zander la toccò conil gomito e ne approfittò per bere anche lui dalla borraccia. Bonnie si sentì subito un po’ meglio.«Be’, non possiamo abbattere l’albero», rispose Alaric serio. «Ha un grande significato spirituale, e protegge tuttaquesta zona, oltre a essere l’unica arma che potrebbe essere efficace contro Klaus.Ma è un albero piuttosto grande, pare, perciò non dovrebbe essere difficile segare qualche ramo senza fare troppidanni».«Ho portato un’ascia», disse Meredith entusiasta, mentre riprendevano la marcia. «Potremmo fare tanti paletti, il piùpossibile, e poi distribuirli a tutti». E dopo un’occhiata a Zander, aggiunse: «A tutti quelli che non saranno lupi quandocombatteremo contro Klaus».«In effetti è dura impugnare un paletto con le zampe», concordò Zander.«Dovremmo anche raccogliere le foglie», disse Bonnie. «Ho controllato i miei libri di incantesimi, e credo si possanousare le foglie del frassino per fare pozioni e tinture che potrebbero aiutarci a proteggerci da Klaus. E più o meno lostesso effetto che ha la verbena sui Poteri dei vampiri normali».«Ottima idea», disse Zander, cingendole le spalle con il braccio. Bonnie si appoggiò a lui. Le facevano male i piedi.«Avremo bisogno di tutto l’aiuto possibile», disse Meredith, e lei e Bonnie si scambiarono uno sguardo d’intesa. Dellequattro persone che stavano risalendo quel sentiero di montagna, erano le uniche che avevano già combattuto con troKlaus, e quindi solo loro sapevano in quale enorme guaio si trovassero.«Vorrei che Damon fosse con noi», disse Bonnie stizzita. «Con lui, avremmo molte più possibilità di vincere». Avevasempre avuto un legame speciale con Damon, fin dai giorni in cui si era presa una cotta imbarazzante per lui. Quandoavevano viaggiato attraverso la Dimensione Oscura insieme, si erano aiutati a vicenda. E quella volta, sulla luna delMondo Sotterraneo, Damon si era sacrificato per lei, spingendola da parte e ricevendo al posto suo il colpo fataledall’albero. Le ciocche di capelli che Bonnie ed Elena avevano lasciato vicino al suo corpo lo avevano aiutato a ricordarechi era quando era resuscitato. Faceva male pensare al modo in cui adesso le aveva voltato le spalle.Meredith corrugò la fronte. «Ho cercato di parlare con Elena di Damon, ma non mi ha detto cosa è successo con lui. EStefan dice semplicemente che ha bisogno di tempo, e che prima o poi si farà vivo».«Damon farebbe qualsiasi cosa per Elena, giusto? Se solo lei glielo chiedesse», disse Bonnie, mordendosi le labbra.Damon era ossessionato da Elena da molto tempo, era strano e angosciante che Elena fosse in pericolo e che Damonnon si trovasse da nessuna parte.Meredith scosse la testa. «Non so», disse. «Io Damon non l’ho mai capito».«Ci siamo quasi», intervenne Alaric, in tono incoraggiante. «Dovrebbe essere lassù». Bonnie udì il gorgoglio di untorrente.Zander si fermò. «Sentite questo odore?», chiese, fiutando l’aria. «Qualcosa sta bruciando».E di colpo videro che proprio dietro l’ultima curva del sentiero un’alta colonna di fumo nero saliva verso il cielo. Bonniee Meredith si guardarono allarmate e si misero a correre. Bonnie ovviamente aveva già dimenticato di avere i piedidoloranti. Un attimo dopo anche Alaric e Zander correvano verso il fumo.Ma appena oltre la curva, Alaric si fermò, scioccato. «È quello», disse. «È il frassino bianco».L’albero era avvolto da altissime lingue di fuoco ed era già quasi tutto carbonizzato. Mentre guardavano, un grossoramo cadde pesantemente a terra, schizzando scintille e tizzoni. Alaric si tolse la camicia, la bagnò con l’acqua dellaborraccia e corse verso le fiamme.Bonnie lo seguì. Le era sembrato di vedere due figure nascondersi oltre il sentiero, ma si accorse subito che Zander eMeredith si erano già lanciati al loro inseguimento e si concentrò sull’albero: doveva cercare a ogni costo di salvarlo

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dalle fiamme. Il calore era sempre più forte via via che si avvicinava, sembrava un muro che la respingeva lontano.Strinse i denti e spense con i piedi le fiammelle che si alzavano fra l’erba intorno all’albero. Il fumo le faceva bruciare gliocchi e filtrava tra le labbra chiuse, facendola tossire.Qualche brace incandescente l’aveva colpita a un braccio, che ora le bruciava dolorosamente.Arrivato vicino al tronco, Alaric cercò di spegnere le fiamme con la camicia bagnata ma subito dovette indietreggiare,perché stava soffocando per il fumo e aveva già il viso nero di fuliggine. Il loro intervento era stato del tutto inutile.Bonnie lo prese per un braccio e lo tirò indietro. «E troppo tardi», disse. Poi si voltò, e vide Zander e Meredith sulsentiero che spingevano due persone verso di loro. Zander teneva saldamente per le spalle un ragazzone piuttosto incarne mentre Meredith puntava il coltello alla gola di una ragazza. Aveva un’aria familiare, pensò Bonnie. Un attimodopo, quella prima sensazione si fece certezza, e Bonnie sentì un grande moto di rabbia crescerle dentro.La ragazza — alta e con lunghi capelli color mogano — era Caroline, in passato amica di Bonnie almeno quanto Elena eMeredith. Per anni avevano festeggiato insieme i loro compleanni, avevano scelto i vestiti per il ballo della scuola,passato la notte l’una a casa dell’altra.Ma poi Caroline era cambiata. Le aveva tradite tutte, e l’ultima volta che si erano viste, era incinta di due gemellilicantropi e infettata dai demoni kitsune, sadici e vendicativi.Bonnie si avventò su di lei con aria minacciosa. Come osava farsi rivedere, dopo tutto quello che era successo, e ancorasuccedeva a loro?D’un tratto il ragazzone riuscì a divincolarsi da Zander, che lo riagguantò subito e lo riportò sul sentiero. In quelmomento Bonnie vide la sua faccia. E la sua rabbia furiosa si trasformò in gelo. Ricordò i lineamenti marcati del ragazzo,anche se ora il suo viso, stravolto da una smorfia di rabbia, ricordava più il feroce muso di una bestia. Era stato un killer.In passato l’aveva provocata, insultata, e aveva perfino tentato di divorarla.Tyler Smallwood. Il licantropo che aveva ucciso Sue Carson ed era scappato da Fell’s Church lasciando Caroline incinta.Il licantropo che aveva aiutato Klaus.«Ferma! Meredith, basta», la implorò Caroline. Meredith vedeva un lato del viso di Caroline, e si accorse che le lacrimele scendevano sulla guancia, lasciando una riga nel nero della fuliggine.Ciò che restava del tronco dell’albero si schiantò al suolo, in un inferno di scintille di cenere e di fumo nero, e Carolinesussultò di paura. Lentamente, Meredith allentò la presa e allontanò il pugnale dalla gola della ragazza per poterlaguardare negli occhi. Caroline riprese fiato tra i singhiozzi e si voltò verso Meredith. I suoi occhi verdi di gatta eranosgranati per il terrore.Meredith la guardò con cattiveria. «Come hai potuto aiutarlo, Caroline?», le domandò aggressiva.«Hai già dimenticato come Klaus ti ha rapita?».Caroline scosse la testa. «Devi essere pazza», le disse, e Meredith fu stupita che quella ragazza che piagnucolavaterrorizzata potesse essere tanto infastidita dalle sue parole. «Io non ho aiutato nessuno».«Quindi oggi hai deciso di bruciare un intero albero per caso?», le domandò Meredith sarcastica.«Ovviamente no», rispose Caroline, perplessa. E incrociando le braccia sul petto, aggiunse:«Credo sia stato un incidente».C’era qualcosa di davvero strano in quella situazione, pensò Meredith. Caroline non aveva l’aria colpevole, nésprezzante. Era assolutamente spaventata, questo sì, ma sembrava sincera. Meredith sospirò. Sarebbe stato bellomettere le mani sulla persona che aveva distrutto la loro unica arma contro Klaus, ma iniziava a sospettare che quellapersona non fosse Caroline.Accanto a loro, Zander lottava contro Tyler, che cercava di scappare.«Lascialo andare», disse Meredith. «Ho bisogno di te per capire se Caroline sta dicendo la verità».Zander ringhiò e colpì Tyler al petto con una ginocchiata sbattendolo a terra. Meredith lo osservò stupita. Non avevamai visto il bonario Zander in azione: aveva i capelli arruffati, come se volesse drizzare il pelo, ringhiava, sembravaperfino più grande, più selvaggio, e mostrava le zanne come un lupo.Meredith ricordò che una volta Zander le aveva raccontato che le persone che erano state trasformate in licantropi perlui avevano un odore strano, diverso da quello dei licantropi Originari.«Zander», lo chiamò Bonnie da dietro le spalle di Meredith, la voce rauca per il fumo. «Zander, lascialo andare».Zander questa volta sembrò sentire il richiamo, e sia pure di malavoglia lasciò Tyler e si rialzò.Ma era pronto ad attaccare di nuovo. Anche Tyler si alzò lentamente da terra, cercando di ripulirsi i vestiti.I due ragazzi si studiarono ancora per qualche secondo. «Va bene», disse Zander infine, e indietreggiò con calma,ringhiando e guardando Caroline. Quando le fu vicino, le annusò il collo.«Dimmi perché sei qui», le ordinò.Caroline si allontanò infastidita, ma Meredith la prese per un braccio e la spinse di nuovo verso Zander. «Perché sei qui,Caroline?», le domandò perentoria.La ragazza li guardò con astio. «Non devo dare spiegazioni a voi», rispose. «Siamo qui per una gita in montagna. Il fuocoè stato un incidente».

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«Quindi non è stato Klaus a mandarvi qui?», domandò Bonnie, scettica. «Tu non sei mai stata il tipo da gite inmontagna, Caroline».«Tutto questo non c’entra proprio niente con Klaus», insistè Caroline.«E tu, che mi dici, Tyler?», domandò Meredith. «È stato il tuo vecchio padrone a mandarti fin qui?».Tyler scosse la testa convinto. «Non voglio avere niente a che fare con quel tizio».«Zander, che ne dici?», gli chiese Meredith.«Dicono la verità. Almeno, quella che loro pensano sia la verità», rispose Zander. «Ma c’è qualcosa che non miconvince. Hanno un odore... strano».«Li ha costretti Klaus», suggerì Meredith. «Loro conoscono solo quello che Klaus gli ha detto. EKlaus deve avergli detto di venire quassù a fare una gita. Non possiamo ritenerli responsabili dell’incendio. Non è colpaloro».«È ridicolo», sbottò Caroline. «Nessuno ci ha costretti a fare nulla». Ma la sua voce suonò incerta e nervosa. Tyler laabbracciò per rassicurarla.«Non è niente di grave», la consolò Tyler. «Se anche avessimo voluto bruciare quell’albero, in fondo è soltanto unalbero. Perché Klaus dovrebbe essere interessato proprio a quest’albero?».Meredith aveva abbassato il braccio con cui brandiva il pugnale. Ormai non doveva lottare più con nessuno. Il Tyler cheaveva conosciuto nei giorni bui di Fell’s Church forse avrebbe meritato di morire, ma a giudicare da come stavaproteggendo Caroline, non era più la stessa persona. «Invece era un albero molto importante», disse quasi in unsussurro.«Mi dispiace», disse Caroline. Meredith ricordò che le scuse non erano mai state il suo forte.«Non hai motivo di credermi, di crederci, ma non avrei mai fatto niente per farti del male, nemmeno abbattere unalbero. Se i ricordi che ho sono veri, a Fell’s Church eravamo amiche. Vere amiche», disse, guardando Meredith e ancheBonnie. «E poi ho rovinato tutto».«Già. Proprio così», confermò Bonnie. «Ma ormai è acqua passata». Caroline le rivolse un mezzo sorriso, e dopo unsecondo di incertezza, anche Bonnie rispose con un sorriso, sia pure imbarazzato.«Voi cosa ricordate esattamente di Fell’s Church?», domandò Meredith.Tyler deglutì, e strinse a sé Caroline. «I mostri e tutti quelle cose lì, è questa la verità?», domandò con un tremito nellavoce.Bonnie annuì. Meredith sapeva che non avrebbe sopportato di tradurre in parole tutto quello che era successo.Una goccia di sangue scivolò sulla fronte di Tyler da un graffio provocato dalla lotta con Zander.Si pulì con la mano. «Un giorno mi sono svegliato e di colpo ho ricordato una vita normale. Ma allo stesso tempo,ricordavo anche questa storia assurda di quando ero un licantropo e facevo...».Arrossì di colpo. «Facevo delle brutte cose».«Le brutte cose sono successe realmente, ma poi tutto è cambiato», spiegò Meredith. «La maggior parte delle personenon ricordano, ma tutto quello che ti sembra di sapere è vero». Sarebbe stato troppo complicato spiegare loro comeElena aveva salvato Fell’s Church ricattando le Guardiane e obbligandole a cambiare gli eventi dell’ultimo anno. Perquasi tutti, l’ultimo anno di liceo era trascorso nell’assoluta normalità: niente vampiri, niente licantropi, niente kitsune.Ma qualcuno —pochi, e tutti con Poteri soprannaturali o con Influenze di qualche genere — poteva ricordare entrambe le lineetemporali.«Ricordate Klaus?», domandò Alaric. «L’avete più visto dopo aver lasciato Fell’s Church?Magari in qualche sogno?».Meredith approvò le domande. Klaus poteva viaggiare nei sogni e loro lo sapevano. Forse Tyler o Caroline avevanoqualche ricordo residuo che avrebbe potuto aiutarli, anche se non sapevano o non ricordavano di essere statiInfluenzati.Ma Tyler fece di no con la testa. «Dopo Fell’s Church non l’ho più visto».«Vuoi dire, da quando ha rapito Caroline per farsi aiutare ad attirare Stefan da lui, giusto?», precisò Bonnie in tonoacido. «E comunque, come mai voi due alla fine siete di nuovo insieme?».Tyler arrossì ancora una volta e Caroline gli strinse la mano intrecciando le sue dita affusolate a quelle paffute delragazzo. «Ero ancora incinta dei figli di Tyler. Entrambi i gruppi di ricordi lo confermavano. E così, quando ci siamoritrovati abbiamo deciso che la cosa migliore che potevamo fare era mettere su famiglia insieme». Caroline scrollò lespalle. «E tutta quella roba — Klaus e il resto — adesso mi sembra una specie di sogno. Abitiamo da mia nonna, che ciaiuta con i gemelli».E questo — e cioè scegliere la versione dei fatti più conveniente per lei e farla propria — era perfettamente nello stile diCaroline, pensò Meredith. Non aveva mai avuto molta fantasia.«Tyler», disse Bonnie, «forse dovresti rimetterti in contatto con tuo cugino Caleb. A Fell’s Church ti stava cercando, esembrava molto preoccupato».

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In effetti, si poteva dire anche così, pensò Meredith. In realtà Caleb li aveva inseguiti, colpiti con i suoi malefici, avevalanciato incantesimi per seminare zizzania fra Elena e i suoi amici, e tutto perché sospettava che fossero responsabilidella scomparsa di Tyler e dei suoi doppi ricordi.Caroline strinse la spalla di Tyler e Meredith notò una cosa che la colpì. «Hai le unghie corte», disse. Caroline avevasempre avuto unghie molto lunghe e perfettamente curate, fin da quando avevano smesso di giocare con le tortine difango e iniziato a parlare di ragazzi.«Eh già», disse Caroline, guardandosi le mani. «Sì, ho dovuto tagliarle perché rischiavo di graffiare i gemelli. A loro piacemolto succhiarmi le dita». E dopo un attimo di esitazione, aggiunse: «Vuoi vedere le fotografie?».Bonnie annuì, incuriosita. Anche Meredith si avvicinò e insieme fissarono lo schermo del cellulare, dove comparvero lefoto di due minuscoli bambini. «Brianna e Luke», disse Caroline.«Visto che occhi azzurri?».A quel punto Meredith decise che poteva anche perdonare Caroline e Tyler. Se Caroline era cambiata al punto datenere più ai suoi bambini che al suo aspetto, e se Tyler non se ne andava più in giro a far danni, probabilmente nonerano più una minaccia. Vero, avevano rovinato tutto distruggendo il frassino bianco, ma non lo avevano fatto concattive intenzioni.Scambiarono qualche altra parola, poi si salutarono, e Caroline e Tyler si incamminarono lungo il sentiero. Strano, pensòMeredith mentre si allontanavano. Caroline era stata una sua cara amica, e poi una sua odiata nemica, ma adessosentiva di non provare più niente per lei.«Dopo tante ricerche, questo frassino bianco era l’unica indicazione che avevo trovato per sconfiggere Klaus», disseAlaric sconfortato, guardando il mucchio di cenere e ciò che restava del tronco carbonizzato dell’albero sacro.«Possiamo raccogliere la cenere e usarla per qualcosa?», domandò Bonnie con qualche speranza.«Forse potremmo fare un balsamo e cospargerlo su un normale paletto».Alaric scosse la testa. «Non funzionerebbe. Tutti i libri che ho letto precisano molto chiaramente che il legno deveessere intatto».«Troveremo qualche altra cosa», disse Meredith, determinata. «Deve pur esistere qualcosa che possa annientare Klaus.E comunque, abbiamo avuto almeno un risultato positivo».«Quale?», domandò Bonnie. «Spero che tu non ti riferisca a Caroline, perché non basta qualche fotografia percancellare tutto quello che ha fatto. Oltretutto, è chiaro che i bambini assomiglieranno molto più a Tyler che a lei».«Ricordi cosa ti abbiamo detto quando hai avuto la tua ultima visione?», disse Meredith, senza rispondere all’amica.«Che secondo le tue parole, Klaus stava chiamando un vecchio amico per aiutarlo». Indicò le due figure che scendevanolungo il sentiero. «Se questo amico era Tyler, non dobbiamo preoccuparci, perché non mi sembra una grossa minaccia.Non siamo di fronte a un secondo nemico».«Sì, forse», rispose Bonnie. Ma non era molto convinta. «Sempre che la visione parlasse di Tyler».

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17Di cattivo umore, Meredith toglieva il fango dagli interstizi degli scarponi da trekking, lasciando cadere i pezzetti di terrasul fondo dell’auto. Accanto a lei, Alaric guidava verso il campus. Una profonda ruga gli solcava la fronte, e Meredithcapì che stava riflettendo sul problema Klaus, cercando di esaminare la questione da tutti i punti di vista. Meredithprovò un improvviso moto d’affetto per lui, e gli toccò il ginocchio con la mano. Alaric si voltò verso di lei e sorrise.Meredith si voltò verso il sedile posteriore, e vide che Bonnie si era addormentata con la testa sulla spalla di Zander,che a sua volta le aveva appoggiato la guancia sui capelli e la teneva stretta.Ma proprio in quel momento, il viso sereno di Bonnie sembrò agitarsi. Di colpo raccolse le gambe sotto di sé e nascosela faccia nel petto di Zander.«No», disse, il suono attutito dai vestiti di Zander.Lui sorrise e la strinse più forte. «Sta sognando», disse a Meredith. «E così carina quando parla nel sonno».«Alaric, ferma la macchina», ordinò Meredith. Alaric accostò ai margini della strada e Meredith si affrettò a frugare nelcruscotto. Per fortuna Alaric in auto teneva sempre carta e penna.«Che cosa succede?», domandò Zander, preoccupato.Stretta contro di lui, Bonnie scuoteva la testa e continuava ad agitarsi in preda all’angoscia.«Non sta semplicemente sognando, è una delle sue visioni», spiegò Meredith. «Bonnie», la chiamò con voce bassa etranquilla. «Bonnie, cosa succede?»Bonnie gemette, si dimenò, si allontanò bruscamente da Zander. Lui, stupito, l’abbracciò ancora, cercando di tenerlaferma.«Bonnie», la chiamò ancora Meredith. «Va tutto bene. Raccontami cosa vedi».Bonnie prese fiato, sgranò gli occhi e iniziò a gridare. Alaric, colto di sorpresa, sussultò e colpì il volante con il gomito.Bonnie continuò a gridare, riempiendo il piccolo abitacolo di suoni terribili.«Bonnie, basta!». Di nuovo Zander, l’abbracciò per non farla cadere dal sedile, e cercò di calmarla.Infine, le urla cessarono, Bonnie smise di agitarsi e iniziò a piagnucolare. Dopo qualche secondo si guardò intorno. «Checosa succede?», domandò, confusa.«Hai avuto una visione», rispose Meredith. «Ma adesso è tutto a posto».Bonnie scosse la testa. «No», sussurrò, la voce roca per le urla. «Non era una visione».«In che senso?», domandò Alaric.«Era un sogno». Bonnie aveva ritrovato la calma; Zander la liberò dal suo abbraccio protettivo e le prese la mano.«Solo un sogno?». Meredith non era convinta.Di nuovo Bonnie scosse la testa. «Non esattamente», disse. «Ricordi i sogni che facevo quando Klaus teneva Elenaprigioniera? Dopo...». Ebbe un attimo di incertezza, poi: «... dopo la sua morte.Ricordi i sogni che Elena mi inviava? E che Klaus invadeva? Credo che questo sogno mi sia arrivato da Klaus».Meredith scambiò uno sguardo con Alaric. «Se Klaus riesce a infiltrarsi nella sua mente in questo modo, comeriusciremo a proteggerla?», domandò Meredith sottovoce. Ma Alaric non seppe rispondere.«Che cosa succedeva nel sogno?», le chiese Zander, accarezzandole il braccio.«Era una specie di... una specie di accampamento militare, o qualcosa di simile», spiegò Bonnie, sforzandosi diricordare. «C’erano alberi ovunque. Klaus era circondato da un gruppo di persone. Ediceva a tutti quanto erano forti, e che dovevano essere pronti».«Pronti per cosa?», domandò subito Meredith.Bonnie fece una smorfia. «Non lo diceva, ma immagino niente di buono», disse. «Non riuscivo a vedere quante personec’erano o che aspetto avessero. Era tutto molto vago, e confuso. Klaus invece era nitidissimo».«Sta mettendo insieme un esercito», disse Meredith, con una stretta al cuore. Non avevano il frassino bianco. Nonavevano armi contro Klaus. E lui non era solo.«Non è finita», disse Bonnie. E si rannicchiò vicino a Zander, in cerca di protezione. Era spaventata. Sconfortata. Il visopallido, gli occhi cerchiati di rosso. «Quando ha finito di parlare, mi ha guardata dritta negli occhi e ho capito che erastato lui a portarmi lì. Poi ha allungato il braccio, come se volesse prendermi per mano, e invece mi ha solo sfiorato conle dita». Bonnie stese il braccio di fronte a sé e, tremante, fissò la propria mano. «Era così freddo. E poi ha detto: “Stoarrivando, piccolina. Sto arrivando da te”».

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18Stefan spinse Elena dietro di sé e si lanciò su un vampiro, affondandogli i lunghi canini nel collo.Accanto a lui, Spencer, in forma di lupo, si gettò contro un altro vampiro — una femmina — della Vitale Society e laschiacciò a terra, ma lei si rialzò e lo scaraventò contro una fila di scaffali. Gli scaffali ondeggiarono e poi si schiantaronoaddosso al licantropo, schermandogli la visuale.Elena afferrò con forza il paletto e strinse i denti. Sentiva chiaramente il male intorno a sé, e l’urgenza di agire, di farequalcosa. Non aveva la forza soprannaturale di Stefan o di Spencer, né dei vampiri che stavano combattendo, ma conun po’ di fortuna e muovendosi rapidamente forse sarebbe riuscita a eliminarne un paio.Non si aspettavano di trovare i vampiri in biblioteca. Altrimenti si sarebbero organizzati, e sarebbero arrivati lì con learmi in pugno, e soprattutto con altri membri del Branco. Stavano facendo un rapido giro di controllo, dopo l’orario dichiusura, per verificare che la stanza segreta della Vitale Society fosse ancora chiusa con la catena. E lì, solo un pianosopra l’ingresso di quella stanza, avevano trovato quelli che dovevano essere tutti i vampiri che restavano della VitaleSociety, esclusa Chloe, che era al sicuro con Matt.Otto vampiri, aveva calcolato Elena. Fino a quel momento, li stavano cacciando uno alla volta, cercando di sorprenderlida soli. Non potevano immaginare che i vampiri fossero ancora uniti, perché avevano avuto l’impressione che si fosserodivisi. Se lo avessero anche solo sospettato, Elena e gli altri sarebbero stati più attenti.Spencer intanto si era rialzato, e ringhiava attaccato al fianco di un vampiro, che lottava disperatamente contro di lui.Stefan era più forte di quei giovani vampiri, e si era già lasciato alle spalle due cadaveri, ma erano comunque insvantaggio numerico. Due mostri afferrarono Stefan per le braccia e lo costrinsero a voltarsi, mentre un terzo sipreparava a colpirlo brandendo un paletto.«No!», gridò Elena, in preda al panico. Si lanciò contro i vampiri che bloccavano Stefan ma di colpo si sentì afferrare dauna mano. Si voltò, e vide una ragazzo alto e con i capelli bruni che era quasi sicura di aver incontrato all’inizio dell’annoalle lezioni di chimica.«Non ti impicciare proprio adesso», le disse beffardo. «Non è meglio se ci teniamo un po’ di compagnia?». Elena cercòdi divincolarsi, ma non riuscì a muoversi, e lui le prese i capelli, obbligandola a piegare la testa all’indietro per scoprire ilcollo.Con la coda dell’occhio Elena riuscì a vedere che Stefan era riuscito a liberarsi di uno dei vampiri, ma un attimo dopo eradi nuovo immobilizzato. Ma almeno non l’avevano ancora trafitto.Il vampiro la guardò sorridendo e mentre si dibatteva, Elena vide scendere i suoi canini, più lunghi e affilati che mai.Non può finire così, pensò, determinata. Non morirò in questo modo. Elena riuscì a liberare una mano, e proprio inquel momento dalle scale si udirono delle voci, e il rumore di corpi e piedi in movimento. Caddero altri scaffali, e unmuro di libri si rovesciò a terra. Il vampiro che la bloccava alzò la testa, poi di colpo la lasciò e cadde all’indietro mentreuna macchia di sangue gli si allargava nel petto.Alle sue spalle comparve Meredith, con il paletto ancora alzato.«Grazie», mormorò Elena, morta di paura.«Non c’è di che», rispose Meredith, con un sorriso feroce sul viso. «Ricordami solo di non andare via senza averglimozzato la testa». E brandendo il suo paletto, si allontanò come un fulmine. Un enorme lupo bianco — Zander,ovviamente — si era unito a Spencer sull’altro lato della sala e adesso lottavano fianco a fianco, ringhiando eazzannando le carni dei nemici. Alaric partecipava alla battaglia, ed Elena se lo vide passare davanti con un paletto inmano, seguito da Bonnie, che recitava un incantesimo di protezione.Alaric trafisse uno dei vampiri che immobilizzava Stefan, che a quel punto fu in grado di avere la meglio sugli altri due.Nel giro di pochi minuti la battaglia finì.«Siete arrivati al momento giusto», disse Stefan. «Grazie».«Merito di Zander. Ha sentito che eravate qui quando siamo passati davanti alla biblioteca in auto», disse Meredith,mentre trascinava i cadaveri dei vampiri in un angolo della sala insieme ad Alaric. «Dovremo bruciarli, ma sembraproprio che siamo arrivati alla fine dei vampiri di Ethan. A parte Chloe, ovviamente».«Grazie al cielo», disse Bonnie. Aveva preso dalla borsa una mistura di erbe con cui adesso stava disegnando figure sulpavimento accompagnate da incantesimi di distrazione e di allontanamento nella speranza che nessuno si avvicinasse aicorpi prima che potessero eliminarli. «Adesso però dobbiamo occuparci di qualcosa di molto più grande».«Klaus», disse Elena.«Non siamo riusciti a procurarci il legno del frassino sacro. E Bonnie ha avuto una visione», disse Meredith.«Un sogno, non una visione», precisò Bonnie.«Scusa, un sogno», si corresse Meredith. «Nel sogno, Klaus gli si è avvicinato, l’ha minacciata e, da quello che ha detto,pare sia pronto ad attaccare».«Non capisco perché abbia voluto avvertirci», disse Zander. Lui e Spencer avevano ripreso sembianze umane e, mentreparlava, Zander stava fasciando la spalla di Spencer, nel punto in cui era stato colpito dagli scaffali.Meredith e Elena si scambiarono un’occhiata. «A Klaus piace sfottere le sue vittime», disse Meredith. «Per lui è tutto un

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gioco».«Allora forse potremmo cercare di prenderci la nostra rivincita», suggerì Elena. Stefan annuì. Eintuendo quello a cui stava pensando, accennò un sorriso. L’aveva incoraggiata a esplorare i suoi nuovi Poteri, a capirefino a che punto poteva spingersi. «Posso cercare di nuovo di sentire la sua presenza», disse Elena. «Se riusciamo acapire dove lui e i suoi alleati si nascondono, forse possiamo anche scoprire cosa ha in mente di fare, e con chi.Insomma, potremmo coglierlo di sorpresa».«Potresti farlo anche adesso?», domandò Alaric, con interesse professionale.Elena annuì. Poi rilassò il corpo, prese un profondo respiro e chiuse gli occhi. All’inizio non sentì niente di speciale, ma apoco a poco percepì che la sensazione malvagia che l’aveva travolta durante la battaglia non era scomparsa. Dentro dilei c’era ancora un richiamo sottile ma persistente, la sensazione che qualcosa intorno a lei andasse male e dovesseessere rimesso a posto.Da lei. Elena riaprì gli occhi.Davanti a sé ora vedeva le volute nere e rossastre di un’aura. Elena fece per toccarle, ma i colori non avevano sostanzae fluttuarono fra le sue dita, così come era già successo con l’aura di Stefan. I suoi Poteri erano diventati più forti,perché quella che prima era soltanto una sensazione, adesso era diventata una traccia concreta nera e rossa cheportava sulle scale e fuori dalla biblioteca. Elena seguì le volute di colore oltre il cortile e oltre i campi sportivi dietro ilcampus, e gli altri seguirono lei.«Il bosco, ancora una volta», disse Bonnie alle spalle di Elena. Ma Elena la sentì appena. I colori non la stavano portandonel bosco. Andavano oltre, fino a un capanno degli attrezzi. E qui la sensazione che qualcosa andasse molto moltomolto molto male era sempre più forte.«Possibile che Klaus si nasconda da queste parti?», domandò Zander, confuso. «Mi sembra un posto troppo in vista».No, pensò Elena. Non è Klaus. E di colpo si rese conto di aver commesso un terribile errore. La traccia che avevaseguito, la sensazione malvagia, era familiare. Damon. Aveva portato tutti da lui.Un attimo dopo il gruppo la raggiunse davanti al capanno. Elena cercò di proseguire, ma ormai era troppo tardi percambiare direzione.Damon si stava nutrendo. Teneva stretta contro il petto un’altra ragazza con i capelli biondi, la bocca affondata nel suocollo, gli occhi chiusi. Una riga di sangue colava sulla pelle della ragazza e finiva in una macchia scarlatta sulla camicianera di Damon.Per un attimo, tutti rimasero pietrificati, anche Meredith. Senza pensarci, Elena si gettò in mezzo, fra gli altri e Damon.«No», disse, rivolta a Meredith. Perché in quel momento il problema era lei. Era lei quella che non avrebbe esitata unsecondo a uccidere Damon. «Non puoi farlo», le disse. E poi si voltò verso Damon, che per un istante aveva aperto gliocchi e l’aveva guardata con irritazione, come un gatto che veniva interrotto durante il pasto. Ma li richiuse subito, eaffondò ancora di più i suoi canini nel collo della ragazza. Bonnie si lasciò sfuggire un gemito di orrore.«Che caspita dici, Elena?», urlò Meredith. «La sta ammazzando!». E in un lampo brandì il suo paletto e si spostò di lato.Ma Elena fu altrettanto veloce, e di nuovo riuscì a frapporsi tra Damon e Meredith. Qualcuno le passò accanto, ed Elenasi voltò leggermente per fermarlo. Ma era Stefan, che si avventò su Damon e lo staccò dalla sua preda. Damon ringhiòma non cercò di riprendersela, e Stefan potè consegnare la ragazza alle cure di Alaric.«Meredith, ti prego», la implorò Elena disperata. «Ti prego, fermati. C’è qualcosa di sbagliato in lui, ma è Damon. Ci hasalvati tutti. Ha combattuto al nostro fianco in tante occasioni. Non puoi ucciderlo. Dobbiamo prima capire cosa stasuccedendo».Stefan prese Damon per le braccia, ma lui con uno strattone si divincolò. Mentre Elena li osservava, Damon si alzò e siaggiustò i vestiti, lanciando a Elena uno sguardo ostile. Aveva ancora la bocca e il mento sporchi di sangue.«Non ho bisogno della tua protezione, Elena», le disse. «Da molto tempo sono perfettamente in grado di occuparmi dime stesso».«Meredith, ti prego», disse Elena, ignorando le parole di Damon.«Ma sì, certo», disse Damon, beffardo. E rivolgendo il suo smagliante sorriso a Meredith, ripetè:«Ti prego, Meredith. Ma sei proprio sicura di chi siano i tuoi amici qua dentro, cacciatrice?».Meredith aveva abbassato il suo paletto, ma il suo sguardo era furioso, quando si rivolse a Elena:«Tu e Stefan vi siete lanciati a proteggere Damon con troppa convinzione». E poi, con tono gelido, aggiunse: «Daquanto tempo va avanti questa storia?».Elena trasalì. «Ho saputo che Damon ha ripreso a cacciare solo un paio di giorni fa», disse. «Ma le ragazze alla finestavano bene». Sapeva che la sua difesa era molto debole. Anzi, peggio: non era sicura di crederci lei stessa. Damonaveva abbandonato nel bosco la ragazza che poi lei e Stefan avevano trovato. Senza di loro, sarebbe morta. E chissà chealtro ancora aveva fatto nel frattempo.Ma non poteva lasciare che Meredith uccidesse Damon.«Mi assumo io la responsabilità», disse Elena d’impulso. «Anzi, noi. Stefan e io. Faremo in modo che non faccia più delmale a nessuno. Per favore, Meredith». Stefan annuì, la mano stretta sul braccio del fratello, come se stesse tenendo a

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bada un bambino disobbediente. Damon li guardò entrambi con astio.Meredith sbuffò qualcosa, al colmo della frustrazione. E poi: «E tu?», disse, rivolta a Damon.«Non hai niente da dire, tu?».Damon si limitò a sorridere, più arrogante che mai, ma non parlò. Elena si sentì stringere il cuore: Damon aveva decisodi essere il più arrogante possibile. Dopo qualche secondo, Meredith calò il paletto su Elena, fermandosi un millimetroprima di toccarla.«E non dimenticare», le disse, «che questo è un tuo problema. E lui è sotto la tua responsabilità, Elena. Se uccidequalcuno, il giorno dopo è già morto. E comunque, ne riparleremo».Elena sentì che alle sue spalle Stefan si era alzato, tirando Damon con sé, e si era avvicinato a lei.«Abbiamo capito», disse in tono grave.Meredith, furiosa, scosse la testa e se ne andò senza una parola. Alaric e Bonnie la seguirono, sostenendo insieme lavittima di Damon. Il suono dei suoi singhiozzi fu la sola cosa che Elena riuscì a udire. Zander e Spencer lanciarono aElena e ai fratelli Salvatore una lunga e sospettosa occhiata, prima di raggiungere gli altri. Dentro di sé Elena tremò: ilBranco poteva essere un nemico molto pericoloso, se avesse deciso che Elena stava dalla parte sbagliata.Non appena i suoi amici scomparvero oltre la curva del sentiero, Elena si voltò verso Damon per sfogare tutta la suarabbia. Ma Stefan, che non aveva ancora mollato la presa, parlò prima che potesse farlo lei.«Sei uno stupido», gli disse gelido, strattonandogli il braccio. «Che cosa pensavi di fare, eh, Damon? Vuoi rovinare persempre tutte le cose buone che hai fatto?». E a ogni domanda strattonava il fratello una volta di più.Damon si liberò dalla stretta. Il suo sorriso beffardo era scomparso. «Pensavo di fare il vampiro, fratellino», rispose.«Una lezione che chiaramente tu devi ancora imparare». E si pulì il sangue dalla bocca.«Damon...», disse Elena, esasperata. Ma Damon si era già voltato. E veloce come un fulmine era andato via. Un attimodopo, dal ramo di un albero di fronte al campo di atletica un grande corvo si alzò in volo gracchiando nel cielo.«Forse non riusciremo a salvare Damon», disse Stefan turbato, e la prese per mano. «Non questa volta».Elena annuì. «Lo so», disse. «Ma dobbiamo provare». Seguì il corvo con lo sguardo: adesso era solo un puntino che simuoveva nel cielo sopra il campus. Anche se aveva promesso a Meredith il contrario, non era sicura di impedire aDamon di fare quello che lui voleva. Ma lei e Stefan non lo avrebbero lasciato morire. A un certo punto, e per qualcheragione, salvare lui era diventato più importante di qualsiasi altra cosa.

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19Nell’ultimo anno a Elena non erano certo mancate le occasioni per combattere. Una parte di lei, quella più giovane eleggera, non avrebbe mai pensato di occuparsi di armi e di manovre difensive.Quella Elena era interessata ai viaggi in Francia e ai bei vestiti. Era duro ammetterlo, ma adesso era la lotta contro ilmale a occupare tutti i suoi pensieri. Elena ormai camminava insieme ai suoi amici e alleati, e tutti guardavano a leicoma a una guida.O meglio, di solito erano tutti uniti e tutti guardavano a lei come a una guida. Ma da quando lei e Stefan avevano presole difese di Damon, Meredith era distante. Il Branco li guardava con sospetto, al punto che Elena aveva la sensazione disentire la loro ostilità ogni volta che si avvicinavano.Qualche giorno prima, si era voltata di colpo e aveva notato che Shay la fissava con aria minacciosa. Perfino Bonnie daqualche giorno sembrava evitarla. Solo Andrés, a cui aveva raccontato quello che era accaduto, non aveva cambiato ilsuo atteggiamento. Il giorno prima avevano lavorato insieme a lungo per cercare di attivare i Poteri di Elena. Ma senzagrande successo.Il fatto che gli amici non si fidassero più di lei le faceva male. La sera in cui avevano scoperto che Damon aveva ripreso anutrirsi di sangue umano, Elena era rimasta con Stefan nella sua stanza.«Siamo facendo la cosa giusta, vero?», gli aveva domandato con gli occhi umidi di pianto. «Anche se i nostri amici sonospaventati, non possiamo abbandonare Damon».Stefan le aveva accarezzato la schiena. «Vedrai che tutto si sistemerà», le disse, ma Elena aveva percepito unasfumatura di dubbio e di sofferenza nella sua voce. Gli stessi dubbi e la stessa sofferenza che provava lei.Elena aveva dovuto pregare Meredith per convincerla a farsi seguire ancora mentre cercava di localizzare Klaus. TrovareKlaus prima che lui attaccasse restava il piano migliore. Elena ne era certa, tanto più che questa volta erano riusciti ariunire tutti i guerrieri che conoscevano. Klaus era così potente che forse solo coglierlo di sorpresa poteva aiutarli Esperavano che anche la luce del giorno potesse dar loro qualche vantaggio.La luce di sicuro infastidiva Chloe, pensò Elena. La vampira con le fossette e i capelli ricci non era con Matt, e non sivedeva da nessuna parte, notò mentre si avvicinava. Elena era abbattuta, e tesa, e Matt — nonostante la posturaimpettita e l’atteggiamento vigile del soldato — sembrava stanco, e decisamente più tirato e pallido di com’era solo duesettimane prima.Zander e il suo Branco di licantropi Originari, al contrario, erano su di giri e carichi come molle.Mentre Elena osservava, Zander giocava con Marcus, e con un leva sul braccio lo costrinse in ginocchio, mentre trarisate e imprecazioni Marcus rispondeva con un calcio. Perfino Shay, che in genere si teneva in disparte rispetto alBranco, partecipava all’azione, e seduta sulle spalle di Jared strillava divertita mentre lui cercava di scrollarla via.Sarebbe stata una sera di luna piena e i licantropi, sensibili al cambiamento ormai vicino, erano pieni di adrenalina.Stefan si avvicinò ai suoi amici, comunicando istruzioni e offrendo parole di incoraggiamento. I licantropi si calmarono elo ascoltarono con attenzione. Bonnie e Alaric, che stavano consultando un libro di magia portato da Alaric, spiegaronoa Stefan che cosa avevano scoperto, domandando un suo parere. Anche se erano arrabbiati con lui per aver protettoDamon, quando il momento della battaglia si avvicinava — pensò Elena con una punta di orgoglio — tutti si affidavanoa Stefan.Meredith intanto si preparava alla lotta in silenzio. Affilò i coltelli e lustrò il paletto, concentrata su se stessa e cercandodi non guardare mai Stefan e Elena. D’un tratto, Elena decise di avvicinarsi all’amica. Non sapeva cosa le avrebbe detto,ma sapeva che l’amica apprezzava la lealtà e che l’avrebbe perdonata pur non condividendo la sua scelta. Ma proprio inquel momento, sentì una mano stringerle il braccio. Si voltò e vide Andrés, che le sorrideva.«Sei qui anche tu», gli disse, felice di vederlo.«Mi hai chiamato e io sono arrivato», replicò lui. «Dobbiamo unirci per lottare contro i mali del mondo, giusto?»«Giusto», rispose Stefan, avvicinandosi a loro.Elena presentò Stefan ad Andrés, e si accorse che il suo amico Guardiano si ritrasse impercettibilmente quando capì chelo Stefan di cui le aveva parlato Elena era un vampiro. Ma poi gli strinse vigorosamente la mano ed Elena si rilassò.Aveva sperato che Andrés avrebbe percepito che ottima persona era Stefan, ma non poteva esserne del tutto sicura.Anche perché le Guardiane della Corte Celeste non l’avevano capito.Dopo aver salutato Andrés, Stefan si rivolse a Elena: «Credo che siamo tutti pronti», le disse. «Etu, invece, a che punto sei?»«Pronta», rispose Elena. Chiuse gli occhi, respirò a fondo e sentì che Andrés le stava trasmettendo i suoi Poteri, e perquesto Elena cercò di aprirsi completamente, per lasciare che fluissero dentro di lei.«Pensa alla protezione», le sussurrò Andrés, «pensa a difendere quelli che ami contro Klaus».Elena si concentrò e com’era già successo altre volte ormai, ebbe la sensazione di avere dentro dei boccioli che sischiudevano uno a uno.Prima percepì il grigio e l’azzurro familiare e minaccioso dell’aura di Damon, non lontano dal campus, ma lo scacciò ecercò di concentrarsi meglio. Klaus, Klaus. E arrivò qualcos’altro, una sensazione scura e appiccicosa, come una cappa

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di fumo velenoso. Molto peggiore dell’aura di Damon.Elena riaprì gli occhi di colpo. «Da questa parte».Perfino Meredith, che fra gli umani era quella più in forma, aveva ormai la sensazione di essere in marcia da ore. Eranoimmersi nella vegetazione del bosco, e il sole ormai si avvicinava all’orizzonte: stavano per perdere il vantaggioottenuto dalla luce del giorno. Ma Elena continuava a camminare, sicura e determinata come se stesse seguendo unastrada perfettamente tracciata fra gli alberi.Meredith, accaldata, raccolse i capelli a coda di cavallo, e continuò a seguire Elena, cercando di non pensare all’ultimavolta in cui Elena li aveva guidati fino a Damon che si stava nutrendo di sangue umano. Una brava guerriera siconcentrava sulla battaglia e non si lasciava distrarre dai conflitti con i membri del suo esercito.Il terreno si stava facendo paludoso e a ogni passo si lasciavano dietro una piccola pozzanghera.D’un tratto Elena si fermò e indicò agli altri di avvicinarsi.«Ci siamo quasi», disse. «Dobbiamo solo attraversare quella macchia di alberi».«Sicura che si tratti di Klaus?», domandò Meredith. Ed Elena confermò con un cenno della testa.«È un gruppo di vampiri molto grande», disse. «Lo sento. Chi altri potrebbe essere se non Klaus?».Stefan annuì. «Li sento anch’io».Adesso che tutti sapevano dov’erano diretti Elena lasciò la testa del gruppo e si avvicinò ad Alaric e Bonnie, cheiniziarono a pronunciare incantesimi di protezione e occultamento. Andrés, che respirava a fondo e sembrava chestesse canalizzando i Poteri dentro di sé, la raggiunse. Era arrivato il momento di lasciare la guida del gruppo aiguerrieri.Stefan e Meredith procedevano fianco a fianco. Meredith, che già brandiva il suo paletto, si accorse che in previsionedello scontro, i canini di Stefan erano già scesi. Meredith ripensò per un istante a Damon, che non molto tempo primacombatteva con lei, un guerriero rapido, coraggioso e infaticabile. Stefan aveva le stesse qualità, ma non ricavava lostesso piacere dalla battaglia.Peccato che Damon fosse qualcuno di cui non ci si poteva fidare.Zander, Shay e gli altri quattro membri del Branco che potevano mutare senza che la luna dovesse raggiungere il suoculmine, si erano già trasformati in lupi, e procedevano al fianco di Stefan e Meredith. Dopo qualche minuto,silenziosamente passarono in testa, le zanne scoperte, le orecchie puntate e la coda tesa dietro il corpo. Zander e Shayguidavano il Branco muovendosi in perfetta sincronia, ciascuno a un lato del gruppo.Gli altri cinque licantropi, ancora in attesa della luna piena, camminavano dietro di loro, concentrati e vigili come icompagni. Seguivano Matt e Chloe, davanti ai guerrieri, che chiudevano il gruppo.Si aprirono la strada attraverso l’ultima macchia di alberi facendo attenzione a dove mettevano i piedi per evitare difare rumore. Bonnie e Alaric continuavano a mormorare incantesimi per proteggere il loro avvicinamento.Quando infine giunsero alla radura, trovarono Klaus — indossava lo stesso sciatto impermeabile di Fell’s Church, eMeredith lo riconobbe con una fitta di terrore — che rideva, eccitato da un terrificante buon umore. Era circondato daun grandissimo numero di vampiri, e in un attimo tutti gli occhi furono puntati su di loro.Per una frazione di secondo Meredith riuscì a distinguere nitidamente tutti i vampiri. Il suo cervello catturò una faccia eandò in confusione. Elena. Ma Elena era alle sue spalle, e poi Meredith non aveva mai visto tanta malvagità sul visodell’amica. E poi capì: i capelli erano più chiari, l’azzurro degli occhi era meno intenso, un sorriso vagamente folle sulviso attraente. Non era Elena.Era Katherine, in qualche modo resuscitata.E poi, proprio alle spalle di Katherine, Meredith vide un’altra faccia che conosceva, e il suo cuore per un istante smise dibattere. Non poteva essere Cristian. Suo fratello adesso era umano; lo avevano trasformato le Guardiane. O no?Eppure quello che aveva di fronte era Cristian, lo aveva riconosciuto grazie alle fotografie che aveva visto a casa, e lesorrideva con complicità, mostrandole i canini di vampiro. Per un attimo, la mano di Meredith allentò la presa sulpaletto e lei perse quasi l’equilibrio. Ma un istante dopo stringeva di nuovo il paletto, pronta a combattere. Era convintache la sua famiglia fosse al sicuro, e che Cristian fosse tornato da loro. Le sue convinzioni si era dissolte in un attimo, manon poteva fermarsi a riflettere. C’era una battaglia che l’aspettava.

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20Elena si ritrovò nel bel mezzo della lotta, dove tutti la spingevano e la urtavano; decise allora di farsi da parte e cercò diripararsi contro un albero. Il rumore era assordante, ovunque qualcuno urlava o gemeva.Le forze di Klaus erano preponderanti, ma i suoi amici rispondevano colpo su colpo. Stefan, una maschera di rabbia,lottava con una ragazza bionda e snella. Quando Elena riuscì a vederla in viso, il cuore cessò di batterle per un secondo.Katherine.Elena aveva visto Katherine morire, l’aveva sentita urlare mentre il fuoco le divorava la faccia.Com’era possibile che fosse lì? Katherine graffiò il viso di Stefan con le dita piegate ad artiglio, ma lui risposestorcendole il braccio, e ringhiando la scaraventò a terra, dove Elena non poteva più vederli.Meredith stava lottando con un bel ragazzo bruno che Elena trovò vagamente familiare. Fra i due c’era una sostanzialeequilibrio di forze, e ciascuno parava i colpi dell’altro con rapidità ed efficienza. Meredith sembrava concentrata emolto seria; i suoi occhi non brillavano come di consueto per il piacere della lotta.Matt e Chloe combattevano insieme contro una vampira: Chloe faceva scudo a Matt con il proprio corpo cercando diafferrare la testa della ragazza per poterla girare e permettere a Matt di trafiggerle il cuore con il paletto. Sotto le manidi Chloe, la ragazza ringhiava e si dimenava.Un terribile ululato echeggiò in un lato della radura. Elena rabbrividì di paura e si voltò di scatto verso l’orizzonte. Il solestava tramontando ed era appena spuntata la luna piena. I licantropi si erano trasformati durante la battaglia e adesso ivampiri con cui stavano lottando indietreggiavano incalzati dall’intero Branco. Zander e Shay, che era facile identificaredal colore fulvo della pelliccia, aggredirono insieme un vampiro e dopo averlo bloccato a terra si gettarono sulle suecarni per dilaniarlo.Bonnie e Alaric recitavano incantesimi in latino, inarrestabili ma stanchi. Accanto a sé, Elena sentiva Andrés mormorarequalcosa in spagnolo. Lo guardò e si accorse che la sua aura era così nitida che non dovette neppure sforzarsi: uncerchio dello stesso colore della foglie di frassino in primavera emanava dalla sua persona e si estendeva ai suoi amiciimpegnati nella lotta. Elena capì che come Bonnie e Alaric, anche Andrés stava usando tutti i suoi Poteri per proteggerei suoi amici.Stavano combattendo furiosamente, ma i vampiri erano moltissimi, almeno venti. Maschi e femmine di diversa originee razza, ma tutti giovani e bellissimi. Tutti con un’espressione di folle malvagità sul viso che ricordava quella di Klaus.Erano pazzi di odio e di eccitazione. Volevano combattere, capì Elena, volevano uccidere. Uno di loro, un ragazzobiondo che sembrava perfino più giovane di Elena, forse un liceale, lottava ridendo contro un licantropo, la facciasporca di sangue.Katherine è qui. Quelle parole si ripetevano nella mente di Elena come se avessero un significato in più rispetto al fattoche Klaus aveva resuscitato la sua peggiore nemica. Katherine era lì... e Ethan aveva usato il sangue dei vampiri cheKlaus aveva creato per resuscitarlo.Klaus aveva chiamato a raccolta i suoi vecchi amici. Con un moto di disgusto Elena si domandò se era possibile che tuttiquei vampiri fossero stati creati da Klaus, e poi riuniti come una sorta di tribù del male, una sorta di famiglia. E chissà seKlaus aveva usato il loro sangue per resuscitare Katherine, per crescere la sua creatura più amata come era statoallevato lui?Klaus intanto attraversava il campo di battaglia per avvicinarsi a lei. Era così bello, pensò Elena, e così terrificante. I suoiocchi color ghiaccio la guardavano spalancati, e la pelle dorata risplendeva sotto la luce della luna. Quando lo vedevano,i suoi alleati — i suoi figli — si spostavano per lasciarlo passare senza sforzo. Qualcosa gli brillava in mano. Con unbrivido, Elena si accorse che impugnava un lungo coltello.Elena non riusciva a muoversi. Le sembrava di vivere un sogno, e intanto Klaus si faceva sempre più vicino, sorridente eagile fra la folla di creature impegnate nella battaglia, finché fu così vicino che lei potè sentire l’odore metallico delsangue su di lui. Le strinse il braccio con una certa delicatezza, e il suo sorriso si fece sempre più smagliante; la tenevaferma senza alcuno sforzo, grazie ai suoi Poteri. Elena guardò accanto a sé e vide Andrés guardare Klaus con la boccaspalancata per l’orrore, e capì che anche lui era immobilizzato, e anche Stefan stava lottando contro i Poteri di Klaus, ecercava disperatamente di raggiungere Elena prima che fosse troppo tardi.«Ciao, carina», la salutò Klaus con voce suadente. «Credo che il tuo momento sia arrivato. Sono pronto ad assaggiarti».La lama del coltello scintillò nella luce calda del sole che tramontava. Con la lucidità del terrore, Elena vide che il manicoera decorato con rune e altri motivi ornamentali. Subito sotto la lama, notò una bestia strana dal muso curioso,qualcosa di simile a una lucertola, che le sorrideva crudele. Poi non vide più il coltello, perché Klaus con un gestorepentino glielo aveva puntato alla gola.Stefan, pensò Elena. Lo vedeva, in fondo alla radura, il viso paralizzato dalla disperazione. Anche se stava diventandouna Guardiana aveva sempre pensato che con lui sarebbe rimasta sempre la stessa normale e felice ragazza di sempre.Senza di lei Stefan sarebbe impazzito di sofferenza, pensò, e provò un moto di autentico dolore per lui e per ciò cheavrebbero potuto avere insieme.Poi sentì il gelo della lama attraversarle la gola e subito dopo il calore del sangue che colava.

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Klaus si curvò sopra di lei, il fiato fetido e freddo. Ma di colpo si ritrasse. Il flusso di sangue si era interrotto. Ed Elena siaccorse di non sentire più dolore. Stava guarendo con la stessa velocità con cui Klaus l’aveva tagliata.La lama di Klaus non poteva ucciderla. Elena si chiese se fosse una Guardiana.Klaus ringhiò furioso e le tagliò ancora la gola. Elena sentì una fitta di dolore, ma di nuovo la ferita si richiuse subito. Glialtri osservavano pietrificati quello che stava succedendo, sicuramente bloccati dai Poteri di Klaus. Elena incrociò losguardo terrorizzato di Stefan mentre Klaus la spingeva via.«Le tue streghe e i tuoi maghi hanno trovato il modo di proteggerti, vero?», sibilò Klaus con un ghigno spaventoso sulviso. Poi lanciò un’occhiata furiosa a Bonnie e Alaric, i quali fecero d’istinto un passo indietro, la faccia bianca di pauraInfine si rivolse ancora a Elena. «Non temere, carina, questo non mi impedirà di averti», le sussurrò in tono allusivo. Econ il dito le sfiorò le labbra.Sorrideva, ma il suo sguardo era furente. «Qualunque cosa abbiano fatto per te i tuoi amici, troverò il modo diannullarla, credimi».Percorse lentamente la radura con lo sguardo, e alzando di nuovo la voce, annunciò: «Questo posto piace a me e piaceai miei figli». E aggiunse: «Tutto questo sangue giovane e fresco... è una festa continua». Dalle file dei vampiri arrivòqualche applauso poco convinto. Klaus sorrise di nuovo, lasciando scintillare i canini affilati nella luce del tramonto, eserrò le guance di Elena nella mano, attirandola verso di sé. «Alla fine», le disse in tono complice, «nessuno dei tuoiamici sopravvivrà a noi».Klaus si allontanò verso la radura. Quando passò davanti al Branco, bloccato dai suoi Poteri, con un gesto rapidissimoafferrò il licantropo più vicino — Chad, Elena lo riconobbe dalla struttura esile e dalla stella bianca sulla gola — e loscagliò senza alcuno sforzo contro un albero. Elena udì le ossa di Chad spezzarsi e poi vide il lupo cadere a terra erestare immobile.Un fulmine illuminò il cielo. Klaus sorrise malvagio. «E lui è soltanto il primo. Ci rivedremo molto presto». E con quelleparole scomparve nel bosco, subito seguito dai suoi vampiri, che si confusero con la notte. Quando l’esercito di Klaus fuscomparso, Elena finalmente si sentì liberata dai Poteri di Klaus, e si accasciò in ginocchio. Il licantropi del Branco, iprimi a rimettersi in movimento, schizzarono da Chad.In fondo alla radura Elena vide Stefan. Era pallido e immobile, e quando i loro sguardi si incrociarono, Elena vide nei suoiocchi il riflesso delle proprie paure.

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21«Elena, oh, Elena», ripeteva Stefan accarezzandole i capelli e stringendola forte a sé, come se non volesse lasciarla più.«Ho avuto paura di perderti. Ho avuto paura di non esserti stato abbastanza vicino».Non appena Klaus aveva lasciato la radura, cessato l’effetto dell’incantesimo che li aveva costretti all’immobilità, Stefansi era precipitato da Elena e l’aveva presa fra le braccia. Erano ancora sul campo di battaglia, ciascuno impegnato aesaminare e curare le proprie ferite, ma lui non riusciva a staccarsi da lei neppure per un istante.«Sto bene», disse Elena, stringendosi la mano di Stefan sulla guancia per dargli la prova di quanto fosse calda e viva.«Anche se mi sto ancora chiedendo com’è possibile che io stia bene», aggiunse sbalordita. «Klaus mi ha tagliato lagola».«Tu lo sai, Andrés?», domandò Stefan rivolto al Guardiano, che era al suo fianco. Dietro, invece, c’erano Meredith,Alaric e Bonnie. Bonnie osservava i licantropi riuniti intorno al corpo di Chad sull’altro lato della radura, ma avevapreferito stare vicino agli altri umani. A qualche passo di distanza, Matt e Chloe parlottavano fra loro, quasi nascostidietro gli alberi.«Non so esattamente cosa l’abbia protetta», rispose Andrés.«Ma devi avere almeno una vaga idea», replicò Stefan. «Spiega anche a noi». Sapeva che avrebbe dovuto essere piùcortese con Andrés, in fondo era l’unico che poteva aiutare Elena nella sua transizione verso il ruolo di Guardiana. MaStefan era ancora terrorizzato. Vedere il coltello di Klaus tagliare la gola di Elena lo aveva completamente svuotato. Epoi era sicuro che Andrés sapeva molto più di quello che aveva raccontato.«Ho sentito che qualche volta», riprese Andrés, «le Guardiane che hanno avuto incarichi particolarmente pericolosiricevono anche una protezione speciale». La luna piena rischiarava la radura e nella luce argentata il suo viso apparivapallido e stanco. «In genere, vengono protette dalla morte con mezzi paranormali. I nostri Poteri non possono renderciimmortali perché dobbiamo restare in armonia con le leggi della natura. Elena potrebbe morire a causa di un incidented’auto, o per una malattia, ma non può essere uccisa da un morso di vampiro, o da un incantesimo o...», con un gestodella mano indicò la direzione in cui si erano ritirati Klaus e la sua famiglia, «da un coltello magico».«Ma se Klaus e i suoi familiari non possono ucciderla», intervenne Meredith con un sorriso compiaciuto, «vuol dire chepossediamo un’arma segreta: la protezione di Elena».Andrés la guardò perplesso. «Attenzione», disse, «non possono ucciderla con mezzi soprannaturali. Ma se Klaus loscoprisse, potrebbe decidere di eliminarla con una corda, o con un coltello da cucina». Stefan trasalì, impressionatodalla sola idea. Andrés lo guardò con aria comprensiva. «Scusa», disse. «Lo so. È difficile amare qualcuno che è fragilecome un umano».D’un tratto un lungo ululato carico di disperazione e di dolore echeggiò ai piedi dell’albero dove giaceva il corpo diChad. L’intero Branco dei licantropi si era stretto intorno al compagno non appena l’effetto del sortilegio di Klaus erafinito. Annusavano il corpo, uggiolando e guaendo, ormai consapevoli di ciò che Stefan aveva capito nel momentostesso in cui Chad era ricaduto sul terreno: il loro amico era morto.Non solo gli umani, pensò Stefan tristemente. Tutti i mortali sono terribilmente vulnerabili di fronte alla morte.«Dobbiamo fare una promessa solenne», disse Stefan, guardando le facce afflitte dei suoi amici umani. «Nessuno devesapere che Elena ha i Poteri, né che è una Guardiana. Nessuno. Se Klaus lo scopre, troverà il modo di ucciderla». D’untratto si sentì in preda al panico. Se Klaus avesse scoperto il segreto di Elena... Si guardò intorno: adesso che il Branco siera aggiunto al loro gruppo, erano tante le persone che potevano lasciarsi sfuggire qualcosa e tradirla.Meredith lo guardò con aria sicura. «Io non lo dirò mai», disse solennemente. «Lo prometto sul mio onore di cacciatricee di Sulez».Anche Matt promise. «Non lo dirò a nessuno». E Chloe, gli occhi sinceri, promise insieme a lui.Anche Bonnie, Andrés e Alaric giurarono di mantenere il segreto di Elena. Stefan, che non aveva smesso un secondo distringerla a sé, la baciò e poi facendosi quasi violenza la lasciò per raggiungere il Branco. Quando si avvicinò al cerchiodei licantropi in lutto, chiamò Zander sottovoce. Il grande lupo bianco aveva appoggiato il muso accanto a quello diChad e quando vide Stefan alzò la testa con un ringhio di avvertimento.«Scusami», disse Stefan. «E molto importante. Non vi avrei interrotto, se non lo fosse stato».Zander appoggiò per un attimo il muso sulla testa di Chad, poi si alzò e lasciò il cerchio dei lupi.Shay prese automaticamente il suo posto e si sdraiò accanto al corpo dell’amico, come se volesse consolarlo.Zander intanto aveva iniziato a irrigidirsi e a contorcersi, i muscoli si contraevano e si allungavano, mentre chiazze dipelle nuda comparivano fra i ciuffi di pelo. Dopo qualche minuto si alzò sulle zampe posteriori per assecondare learticolazioni che rumorosamente invertivano la loro direzione. Stava riprendendo sembianze umane, capì Stefan, e latrasformazione aveva tutta l’aria di essere dolorosa.«Quando la luna è ancora piena, tornare umani è piuttosto doloroso», spiegò Zander in tono brusco, una voltacompletato il processo. Aveva gli occhi arrossati per la perdita dell’amico e si asciugò rapidamente il viso con una mano.«Che cosa c’è?»«Mi dispiace molto per Chad», disse Stefan. «Era un valido membro del Branco e un alleato prezioso per tutti noi».

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Chad era un bravo ragazzo, pensò Stefan. Serio e allegro. Gli si strinse il cuore all’idea che fosse morto anche per colpasua: Klaus era tornato in questa parte del mondo per vendicare Katherine, che aveva seguito Stefan. Anni e anni distoria personale che alla fine aveva portato alla morte di un licantropo smilzo e simpatico, di soli diciannove anni, chenon aveva mai fatto del male a nessuno.«E un rischio che corriamo ogni volta che scendiamo in battaglia... e lo sappiamo tutti», tagliò corto Zander. Il suo visoin genere aperto e amichevole adesso era cupo e ostile. Piangere la morte di un membro del Branco non era cosa per gliestranei. «C’è altro?»«Veramente sì. Avrei bisogno della tua parola. I Poteri di Guardiana di Elena sono la sola ragione per cui Klaus stanottenon è riuscito a ucciderla», spiegò Stefan. «Tu e il Branco dovreste promettere solennemente di non rivelare a nessunoche Elena è una Guardiana».«I lupi sono leali», disse Zander. «Non lo diremo a nessuno». Ciò detto, si voltò e tornò rapidamente verso il cerchio deilupi, mutando di nuovo il suo aspetto.Matt e Chloe se ne stavano abbracciati ai margini della radura. Quando Matt le strinse la mano, si accorse che Chloestava tremando. Lui aveva freddo, ma i vampiri non sentivano il freddo, giusto?«Stai bene?», domandò sottovoce.Chloe si premette la mano libera contro il petto, come se non riuscisse a respirare. «Sì, ma...c’erano tante persone», disse. «Per me era molto difficile restare concentrata. Il sangue... sentivo l’odore del sangue ditutti. E quando il lupo è morto...».Matt la capiva. Quando Chad era caduto dall’albero, aveva perso sangue dalla bocca e dal naso e Matt aveva subitosentito Chloe irrigidirsi. «Adesso è tutto finito», le disse. «Torniamo alla rimessa. Non eri ancora pronta per un gruppodi persone così numeroso, soprattutto in una situazione come questa, dove l’adrenalina per la battaglia fa battere ilcuore a mille a tutti quanti».Osservò Chloe con attenzione, e notò che le sue mandibole stavano cambiando forma per la discesa involontaria deicanini. Errore: non doveva parlare del cuore che batteva a mille.Chloe voltò la testa, cercando di nascondere i canini, ma in quel momento Matt notò un’altra cosa. Sulla guancia diChloe, vicina alla bocca, c’era una lunga striscia di sangue. «E questa?», le chiese subito, senza riuscire a controllarel’asprezza della voce.«Che cosa?», domandò Chloe, preoccupata. E subito si toccò il viso. «Non so... non so di cosa stai parlando». Macontinuava a evitare lo sguardo di Matt.«Hai succhiato sangue?», le chiese Matt, sforzandosi di avere un tono calmo, per non spaventarla.«Forse da Chad, dopo che è morto? So che non dà l’idea di essere una cosa così brutta, quando i licantropi hannosembianze di lupo. Ma i licantropi sono persone». Accidenti, pensò, quando ho cominciato a crederci?«No!», rispose Chloe sgranando gli occhi. «No, Matt. Non lo farei mai!». E si pulì con forza la faccia per cancellare ilsangue. «Siamo stati insieme per tutto il tempo!».Matt la guardò incerto. «Non tutto il tempo», la corresse. «Durante la battaglia, per un po’ ti ho perso di vista». Eravero, e Chloe lo sapeva. Ma allora perché aveva mentito?«Non ho succhiato il sangue di nessuno», insistè lei convinta. Ma di nuovo distolse nervosamente lo sguardo, e Mattnon seppe più se crederle oppure no. Chloe prese un lungo respiro. «Matt, ti prego», sussurrò disperata. «Ti giuro chenon ti sto mentendo». Aveva gli occhi pieni di lacrime.«Non voglio farlo. Non voglio diventare qualcuno di cui avere paura».«E non lo diventerai», le promise Matt. «Perché io ti proteggerò e ti aiuterò». Chloe appoggiò il viso a quello di Matt,fronte sulla fronte, e per qualche minuto rimasero così. Lo farò, promise Matt a se stesso. Io posso aiutarla.

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22Stefan strinse Eìena a sé, accarezzandole i capelli di seta, e sentì il suo cuore battergli contro il petto. Quando le lorolabbra si unirono, percepì tutta la sua paura e la sua stanchezza, insieme al felice stupore per i suoi nuovi Poteri. Elena asua volta sentì l’amore e la paura di Stefan, e la sua gioia per la nuova protezione di cui godeva la sua ragazza. Lei gliinviava un flusso costante di amore e di rassicurazione, che lui restituiva allo stesso modo.Era sempre una meraviglia scoprire che, qualunque cosa succedesse, quando stringeva Elena fra le braccia, il mondointorno a lui sembrava fermarsi. Quella ragazza, quell’essere umano, era la sua luce e il suo punto di riferimento, l’unicacreatura su cui poteva contare.«Dormi bene, amore mio», le disse, separandosi da lei a fatica. Elena lo baciò ancora una volta e poi si ritirò nella suastanza chiudendosi la porta alle spalle. Stefan non voleva lasciarla sola: non riusciva a togliersi dalla mente l’immaginedi Klaus che le tagliava la gola. Ma Bonnie e Meredith erano con lei. Inoltre, Elena era una ragazza forte e indipendente,e adesso aveva anche i suoi Poteri. E se avesse avuto bisogno, lui era soltanto un paio di piani sopra di lei.Stefan salì faticosamente le scale che separavano la camera di Elena dalla sua e aprì la porta della sua stanza, immersanel buio e nella tranquillità. Se anche non avesse dormito, si sarebbe steso sul letto e avrebbe lasciato che il mondogirasse per qualche ora senza di lui.Quando richiuse la porta, però, colse un lampo di luce bianca sul balcone.Katherine, pensò. Il cuore di Stefan, già rallentato, sembrò fermarsi. Era appoggiata morbidamente sulla ringhiera, eindossava un lungo abito bianco che le dava un aspetto falsamente giovane e delicato. Doveva essere volata lì già da unpo’, e lo aveva aspettato.Il primo pensiero di Stefan fu di sprangare la porta-finestra e lasciarla fuori. Il secondo fu di procurarsi un paletto eaggredirla. Ma Katherine non avrebbe avuto problemi a entrare nella stanza: lui non era vivo, e non c’erano barriereche impedissero a un vampiro di entrare nella sua camera. Eneppure aveva senso aggredirla perché lei lo avrebbe visto arrivare, anzi, aveva già gli occhi puntati su quelli di Stefanattraverso il vetro della porta-finestra.«Katherine», disse lui, uscendo sul balcone. «Che cosa vuoi?», le domandò in tono neutro.«Caro Stefan», rispose lei beffarda. «Ti sembra il modo di salutare il tuo primo amore?», disse, e gli sorrise. Stefan noncapiva come avesse potuto pensare che lei ed Elena si assomigliassero. I lineamenti in effetti erano simili, ma quelli diElena erano più tonici, i capelli più biondi, gli occhi di un azzurro molto più intenso. Katherine sembrava fragile eperduta nello stile del suo tempo, mentre Elena era più forte e più muscolosa. E poi l’amore e il calore che Stefanleggeva negli occhi di Elena non si poteva paragonare alla malvagità di Katherine.«Ti ha mandata Klaus?», chiese, ignorando il commento.«Dov’è Damon?», chiese Katherine, facendo lo stesso gioco. E inclinando la testa con aria civettuola, aggiunse:«Andavate d’accordo a meraviglia l’ultima volta che vi ho visto. L’idillio è già finito?». Stefan non rispose, e Katherinesenza smettere di sorridere aggiunse: «Damon avrebbe dovuto accettare la mia offerta. Sarebbe stato più felice conme».Stefan scrollò le spalle, e cercò di non far capire a Katherine che l’aveva punto sul vivo. «Damon non ti ama più,Katherine», disse, e per provocarla aggiunse: «Non eri tu quella che voleva».«Oh, sì. Certo. Elena», replicò Katherine. Si avvicinò a Stefan e gli sfiorò il braccio con le dita, sbattendo le ciglia.«Lasciala in pace», disse Stefan minaccioso.«Elena non mi interessa più», disse Katherine sottovoce. «Ho avuto molto tempo per pensare.Dopo che lei mi ha uccisa».«Davvero?». Stefan indietreggiò sottraendosi ai giochi seduttivi di Katherine. «Quindi essere morta ti ha dato il tempodi superare la tua gelosia per Elena?».Visto che le sue finte avance innocenti non avevano successo, Katherine cambiò tattica. E cambiò tono. «Sarestisorpreso di sapere quante cose si imparano da morti», disse gelida. «Ho visto tutto. Eho visto cosa sta succedendo fra Elena e Damon. Anzi», e di nuovo sorrise, mostrando i lunghi appuntiti canini chebrillarono sotto la luce della luna, «pare che Elena e io abbiamo in comune cose che non potevo immaginare».Stefan ignorò la fitta di dolore che la sola idea di Elena e Damon insieme gli aveva procurato.Adesso si fidava di Elena e non aveva intenzione di cadere nella trappola tesa da Katherine. «Se fai del male a Elena, oanche a uno qualunque degli innocenti che sono qui, troverò il modo di ammazzarti», la minacciò. «E questa volta,resterai morta per sempre».Katherine rise, una risata leggera come il suono di un campanellino, e per un attimo Stefan si ritrovò nei giardini dellavilla paterna, molte vite prima. «Povero Stefan», disse Katherine. «Così onesto, così amorevole. La tua passione mi èmolto mancata, sai?». E gli accarezzò la guancia con la mano morbida e fresca. «E bello rivederti». Quindi si tirò indietroe iniziò la sua trasformazione, finché un gufo non aprì le ali candide e si posò sulla ringhiera del balcone per volare vianella notte.Bonnie guardò fuori dalla finestra della stanza di Zander. Era stata una notte molto lunga, ma adesso il nuovo giorno

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stava nascendo, rosa e dorato, sul cortile del campus. Era salita un’ora prima, appena Zander l’aveva chiamatadicendole che aveva bisogno di lei. Quando era entrata nella sua stanza, l’aveva stretta fra le braccia e aveva chiuso gliocchi, come se per un attimo volesse tenersi lontano da tutto.Il resto del Branco nel frattempo era andato via ed erano rimasti solo Zander e Shay, che seduti alla scrivaniadisegnavano piani di battaglia su foglietti di carta.«Tristan non è forte come dovrebbe essere», stava dicendo Shay. «Se gli affianchiamo Enrique e Jared, loro possonobilanciare la debolezza della sua zampa posteriore sinistra».Zander commentò con un verso. Non era convinto. «Tristan si è strappato un tendine all’inizio dell’anno, ma pensavofosse quasi guarito. Cercherò di lavorare un po’ con lui per capire se può recuperare in tempo».«Fino a quel momento, dobbiamo essere sicuri che sia sempre coperto», disse Shay. «Marcus è forte ma ha tendenza aesitare. Che cosa possiamo fare per questo?».Prima di quel giorno, Bonnie non aveva mai capito di preciso cosa volesse dire che Zander era il maschio Alpha delgruppo. Quella notte i lupi del Branco avevano vegliato Chad, prima in forma di animali, e poi — tramontata la luna —come umani. C’erano stati parecchi ululati, e poi discorsi, e lacrime, e ognuno aveva ricordato l’amico. E per tutte quelleore Zander si era fatto carico di guidare i suoi amici e di sostenerli in quel momento difficile.Adesso che la notte era finita, lui e Shay stavano pensando a una strategia per proteggere il Branco al meglio. Eranosempre concentrati sul bene del Branco.Bonnie adesso capiva perché quando erano piccoli l’Alto Consiglio dei Lupi aveva scelto una femmina Alpha per Zander;non semplicemente un’amica, ma una compagna.Zander si alzò dalla sedia e Bonnie si voltò. «Bene», disse lui, stropicciandosi gli occhi.«Possiamo andare a dormire. Nel pomeriggio riuniremo il Branco, per vedere come stanno gli altri».«Ti chiamo fra qualche ora, quando mi alzo», disse Shay, e anche lei lasciò la scrivania. I due licantropi si abbracciaronoe Shay strinse a lungo il suo amico. Prima di uscire, accennò un saluto anche a Bonnie. «A dopo», le disse, senzaentusiasmo.Appena la porta si richiuse alle spalle di Shay, Zander allargò le braccia verso Bonnie. «Dai, vieni qui», le disse, con unsorriso invitante. Nonostante gli occhi fossero ancora colmi di sofferenza, era un sorriso irresistibile e Bonnie non potèche avvicinarsi e farsi abbracciare.Ma anche così, stretti l’uno all’altra, Bonnie non era rilassata. Zander non si lasciò sfuggire la sua rigidità, e indietreggiòdi un passo per guardarla in faccia e capire. «Che cosa c’è?», le domandò con tenerezza. «Tutto bene? Lo so che è unmomento difficile».Bonnie era stava per scoppiare a piangere, e si affrettò ad asciugarsi le prime lacrime. Zander era fatto così: il suo amicoera morto, aveva trascorso la notte con il suo Branco per proteggerli e confortarli, e adesso era preoccupato perBonnie. Gli altri venivano sempre prima.«Sto bene», rispose lei. «Sono solo stanca».Zander le prese la mano. «Ehi», disse, «sono serio. Che cosa succede? Dimmelo».Bonnie sospirò. «Ti amo, Zander», disse con calma. E poi si interruppe.Zander la fissò perplesso. «Perché sembra che questa frase debba continuare con un mai»«Ti amo», riprese Bonnie. «Ma non sono sicura di essere la persona giusta per te», disse con grande tristezza. «Ho vistocome stai bene con Shay... vi ho visto prendervi cura l’uno dell’altra, combattere fianco a fianco, occuparvi del Brancoinsieme. Io non posso fare tutto questo. Forse l’Alto Consiglio dei Lupi ha ragione riguardo alla persona giusta per te...».«Il Consiglio... Bonnie, che cosa c’entra il Consiglio con noi? Non sono loro a decidere quello che voglio», replicò Zander,quasi irritato.«Io non posso essere come Shay», disse Bonnie. «Non so... forse tutti e due abbiamo bisogno di un po’ di tempo percapire cosa ci riserva il futuro. Che cosa è meglio per noi. Anche se questo...».Bonnie sentì la voce iniziare a tremare e deglutì per riuscire a continuare. «Anche se questo vuol dire che non staremoinsieme». Teneva gli occhi bassi, si guardava le mani nervose, incapace di guardare Zander negli occhi. «Ti amo», disse,con la disperazione nella voce. «Ma forse non è questa la cosa più importante».«Bonnie», replicò Zander, in tono ragionevole, mettendosi fra lei e la porta. «Questo è ridicolo.Vedrai che riusciremo a sistemare tutto».«Lo spero», disse Bonnie. «Ma per il momento, so che non sono la persona che hai bisogno di avere al tuo fianco». Sisforzava di sembrare razionale, ma di nuovo la sua voce ebbe un tremito.Zander brontolò qualcosa, chiaramente in disaccordo con Bonnie, e cercò di abbracciarla. Ma lei si ritrasse. Dovevalasciare la stanza prima di scoppiare in lacrime. Stava facendo la cosa giusta, ne era certa, la cosa migliore — Zanderaveva molte responsabilità, e aveva bisogno di una compagna che lo capisse, che fosse alla sua altezza — ma se nonusciva subito da lì si sarebbe buttata ai suoi piedi pregandolo di non lasciarla andare via.«Bonnie», la chiamò Zander, mentre lei si avvicinava alla soglia. «Resta». Ma Bonnie uscì senza rispondere. Dopo unattimo di silenzio udì Zander buttarsi sul letto.

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Lei cercò di non voltarsi, ma mentre richiudeva la porta della stanza non potè fare a meno di dare un’occhiata furtiva aZander. Se ne stava rannicchiato sulle coperte, triste, e sembrava proteggersi da un colpo immaginario. Forse era lacosa giusta da fare, pensò Bonnie, o forse stava distruggendo la cosa più bella che aveva. Non lo sapeva.

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23Stupide Guardiane , pensò Elena, uscendo velocemente dalla palestra. Se vogliono qualcosa da me, perché non me lodicono? Era andata ad allenarsi con Meredith prima della sua lezione, e adesso aveva fretta di tornare a casa. Ritrovarsida sola nel campus la rendeva nervosa, anzi le sembrava di provare qualcosa di molto vicino alla paranoia. Troppovicino.Le Guardiane amavano giocare d’azzardo, non c’era altro da dire. Non erano dirette, non erano sincere. Niente a chevedere con me , disse a se stessa convinta. Non più. Non da molto tempo. Andrés di sicuro non era come loro, equesto era molto rassicurante.Con la coda dell’occhio, colse il movimento di una figura. Era una sensazione vaga ma inquietante, che l’avevaaccompagnata per tutto il campus. Qualcuno la stava seguendo.Elena si voltò di scatto, sicura di vedere un’ombra. Ma non c’era nessuno.Sentì un brivido lungo la schiena, e si strinse nelle spalle. Klaus era nel campus? Cercò di sentirlo, ma invano. Nonvedeva aure intorno a lei.Prese il cellulare e cercò di chiamare Stefan. Non voleva correre rischi, e si sarebbe sentita decisamente più al sicuro senon fosse stata sola. Ma dov’erano finiti tutti quanti? Anche se molti corsi erano stati cancellati e il campus era semprepiù vuoto, non era possibile che in giro non ci fosse proprio nessuno.Stefan non rispose. Elena mise il telefono nella borsa e allungò il passo.Appena arrivata al convitto, una voce fredda e perentoria si alzò alle sue spalle. «Elena Gilbert».Elena si fermò di colpo, poi lentamente si voltò. «Sì?».Dietro di lei c’era una donna alta, con un’aria molto professionale. Aveva i capelli raccolti dietro la testa e indossava untailleur blu. I suoi occhi azzurri la fissavano con aria grave. Quella donna non era Ryannen, la Guardiana della CorteCeleste che una volta aveva cercato di arruolarla tra le sue file. Ma le assomigliava al punto che Elena la guardò conmolta attenzione per essere sicura. La somiglianza la turbò: Ryannen non era stata molto gentile. Proprio per niente.Cercò di leggere rapidamente l’aura della donna, ma vide soltanto luce bianca.La donna la esaminò con un’occhiata veloce ma approfondita, poi disse: «Sono Mylea, una delle Guardiane Primarie esono qui per ascoltare il tuo giuramento di appartenenza alle Guardiane e per affidarti il tuo primo incarico».Elena di colpo si irrigidì. Era quello che stava aspettando, vero. Ma era pronta? «Aspetta un momento», disse. «Prima difare un giuramento, vorrei saperne di più. Tu sei una delle Guardiane che ha ucciso i miei genitori?».La Guardiana si irrigidì a sua volta, e fra le sue sopracciglia perfettamente arcuate comparve una ruga. «Non sono quiper discutere del passato, Elena. Tu hai fatto l’impossibile per risvegliare i tuoi Poteri ben prima del mio arrivo. Hai fattovenire fin qui un altro Guardiano Terrestre per farti guidare e per imparare da lui. Le tue azioni dimostrano conchiarezza che sei impaziente di avere le competenze e le responsabilità che solo le Guardiane hanno. Riceverai leinformazioni di cui hai bisogno solo dopo aver pronunciato il giuramento».In preda all’agitazione, Elena si morse le labbra. Tutto ciò che Mylea aveva detto era vero. Aveva già accettato nei fatti ilsuo destino di Guardiana. E per quanto tragica fosse stata la fine dei suoi genitori, niente di quello che avrebbe dettoMylea adesso li avrebbe riportati in vita. Elena doveva pensare a tutte le persone che avrebbe potuto salvare con i suoiPoteri di Guardiana.Mylea scrollò le spalle e proseguì. «Tu eri predestinata», il tono di Mylea si fece molto calmo, «e io non posso impedirequesto passaggio. Così come non posso impedire alle foglie di ingiallire in autunno». Un lampo di umorismo leattraversò il viso, rendendola infinitamente più umana. «Il che significa che forse potrei impedirlo, ma sarebbe moltodifficile e alla fine porterebbe grossi danni a te e al tuo mondo. Quel che sarà sarà ». Un attimo dopo l’umorismo eragià scomparso, e Mylea tornò a essere molto pratica. «Non c’è molto tempo», disse, «rispondi sì o no: sei pronta apronunciare il tuo giuramento e a ricevere il tuo incarico?»«Sì», disse Elena, e si sentì attraversare da un brivido. Il suo assenso sarebbe stato irrevocabile.Adesso non poteva più cambiare idea, lo sapeva. Ma solo così avrebbe ricevuto i Poteri necessari a combattere controKlaus.«Seguimi», ordinò Mylea. E portò Elena dietro il convitto, in una nicchia protetta da un muro al cui interno cresceva unaquercia. Chiuse gli occhi per un secondo, annuì, e poi li riaprì. «Qui nessuno ci disturberà. Inginocchiati e porgimi lamano».Con una certa esitazione, Elena si mise in ginocchio sull’erba che cresceva sotto l’albero e allungò la mano destradavanti a sé. Mylea la girò con decisione con il palmo in su e prese da una tasca un piccolo coltello d’argentoincastonato di pietre azzurre. Prima che Elena potesse reagire, Mylea le incise il palmo con un taglio semicircolarefacendola sanguinare. Elena gemette silenziosamente per il dolore e istintivamente cercò di ritrarre la mano, ma lastretta di Mylea era forte.«Ripeti dopo di me», ordinò Mylea. «Io, Elena Gilbert, giuro di utilizzare i miei Poteri per il miglioramento della specieumana. Accetterò con gioia gli incarichi che mi saranno affidati e li porterò a compimento. Offrirò protezione ai deboli eguiderò i forti. Sono consapevole che i miei incarichi hanno come fine un bene superiore e che se dovessi fallire potrei

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perdere i miei Poteri e il mio posto sulla Terra, ed essere riassegnata alla Corte Celeste». Elena esitò — riassegnata allaCorte Celeste? — ma lo sguardo di Mylea era fermo ed Elena si sentiva circondata dalla forza del suo Potere. Con ilsangue che colava lungo il polso, Elena ripetè le parole di Mylea, aiutata dalla Guardiana a ogni minima incertezza. Ilsangue intanto sgocciolava sulle radici della quercia e veniva assorbito dal terreno. Quando Elena pronunciò le ultimeparole, la ferita sul suo palmo si rimarginò, e sulla pelle rimase soltanto una vaga cicatrice a forma di otto.«Il simbolo dell’infinito, e della Corte Celeste», disse Mylea, con un breve sorriso. Poi la aiutò ad alzarsi e la baciòsolennemente sulle guance. «Benvenuta, sorella», le disse infine.«Che cosa significa che «potrei perdere il mio posto sulla Terra ed essere riassegnata alla Corte Celeste»?», domandòElena. «Io sono umana, e il mio posto è qui, sulla Terra».Mylea la guardò perplessa, e per un attimo cercò di studiare la sua espressione. «Tu non sei più umana», le disse. «E ilprezzo che dobbiamo pagare».Elena rimase a bocca aperta per la sorpresa, e per lo spavento. Mylea però sembrò ignorare la sua reazione e proseguì.«Ma rimarrai sulla Terra finché assolverai adeguatamente i tuoi compiti. E ora passiamo al tuo primo incarico. Unvampiro antico è arrivato qui al campus, un vampiro che ha causato molti danni in tutto il mondo. E forte e intelligente,ma tu lo hai già affrontato e ne sei uscita illesa. Adesso che i tuoi Poteri sbocceranno, le esperienze che avete condivisoti permetteranno di sconfiggerlo. C’è stato un momento nel passato in cui per te non era più una minaccia».Elena annuì, pensando all’anno in cui Klaus era morto. «Ma adesso ha ricominciato a uccidere e ad attirare ancora unavolta la nostra attenzione. Il suo destino è segnato», proseguì Mylea. «Devi uccidere il vampiro Damon Salvatore».Elena rimase senza fiato. No, pensò, quasi stordita. Klaus. Doveva dire Klaus.Ma Elena non ebbe il tempo di reagire, perché un istante dopo Mylea si era voltata e aveva preso dalla tasca unaelaborata chiave d’oro che girò nell’aria davanti a sé.«No!», urlò Elena quando finalmente ritrovò la voce. Ma era troppo tardi. L’aria fu percorsa da un fremito. Mylea nonc’era più.

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24Stefan ebbe la fortissima sensazione di un déjà-vu. Eccolo di nuovo davanti alla porta in legno scuro dell’appartamentodi Damon, pronto a pregare il fratello ma preparato al fatto che le sue parole sarebbero state inutili. Lo sentivamuoversi silenziosamente dentro casa, accompagnato dal suo respiro leggero e dal fruscio delle pagine di un libro. Masapeva che anche Damon lo sentiva, lì fuori dalla porta, incerto sul da farsi.Decise di bussare. Questa volta, quando Damon aprì, non lo accolse a muso duro, ma si limitò a fissarlo paziente, inattesa che il fratello parlasse.«So che non vuoi vedermi», gli disse Stefan. «Ma ho pensato che fosse giusto dirti cosa sta succedendo».Damon si fece da parte e lo lasciò entrare. «Come vuoi, fratellino», gli disse ironico. «Mi spiace non poterti trattenere alungo, però. Ho un appuntamento con una deliziosa studentessa». Stefan trasalì e Damon sorrise compiaciuto.Stefan decise di non rispondere alla provocazione, ed entrò nel soggiorno ultramoderno del fratello per andare asedersi su una poltrona di un lucente verde metallizzato. Damon aveva una spetto migliore dell’ultima volta in cuiStefan era stato lì. Capelli e abiti erano perfettamente curati, e l’incarnato pallido era ravvivato da una sfumaturarosata, un segno certo del atto che Damon si stava nutrendo di sangue umano, e Stefan fece una smorfia al solopensiero.Dopo qualche secondo Damon lo guardò con aria interrogativa. «Quindi, se ho ben capito, sta succedendo qualcosa?»,disse in tono beffardo, sollecitando il fratello a parlare.«Katherine è tornata», disse Stefan senza alcuna emozione. Ed ebbe il piacere di vedere il sorriso scomparire dal visodel fratello. «In qualche modo Klaus l’ha riportata qui dal regno dei morti».Nell’udire la notizia, Damon sbatté leggermente le palpebre e per un attimo il suo sguardo fu velato dalle lunghe ciglianere. Ma poi tornò al solito sorriso sprezzante. «Quindi la magica coppia è tornata?», domandò. «Un vero colpo bassoper te e i tuoi amici umani».«Damon». Stefan udì una sfumatura di incertezza nella propria voce. Il fratello aveva alzato un muro intorno a sé, ma ilvero Damon c’era ancora. Non era possibile che nel giro di poco tempo non gli importasse più niente di Elena, che nongli importasse più di Stefan. Affinché il suo piano contro Klaus funzionasse, era necessario che Damon non fosseindifferente alle sorti di Elena e dei suoi amici. «Klaus ha deciso di scoprire la verità su Elena», disse d’un fiato. «E haintenzione di usare Katherine come arma contro di te. Si sono accorti che hai preso le distanze da noi. Ti prego, Damon.Te lo chiedo per favore, non dire niente. Anche se non ti importa più niente di noi, almeno cerca di ricordare quanto odiKatherine e Klaus».Damon socchiuse gli occhi e scrutò con attenzione il fratello. «Io non sono mai stato l’anello debole della catena,fratello», disse. «Ma, giusto per curiosità, dimmi: di quale verità su Elena stai parlando?».Stefan si sentì mancare la terra sotto i piedi e per un attimo chiuse gli occhi. Era stato davvero sciocco. Non avevachiesto a Elena i particolari del suo incontro nel bosco con Damon, e aveva dato per scontato che Elena gli avesseraccontato che era una Guardiana. Se avesse tenuto la bocca chiusa, Damon non avrebbe mai potuto svelare quelsegreto, perché non lo conosceva.Ma no, Damon sapeva che Elena era una Guardiana potenziale. E poi lei gli aveva raccontato che le Guardiane avevanoammazzato i suoi genitori nel tentativo di portarla via. E Damon sapeva che Elena adesso aveva i Poteri, che potevavedere l’aura. Rivelare anche soltanto quelle informazioni a Klaus o Katherine sarebbe già stata una cosa pericolosa.Meglio allora mettere in guardia Damon con una verità parziale. Giusto? Stefan scosse leggermente la testa. Eraimpossibile sapere cosa avrebbe fatto Damon.Il fratello lo stava ancora guardando con aria perfida e divertita. Stefan ebbe la sgradevole sensazione di avere stampatain faccia tutta la sua indecisione, soprattutto per qualcuno che lo conosceva bene come Damon.«Mi riferisco al fatto che Elena è legata alle Guardiane», disse infine. «Klaus di sicuro userebbe questa informazionecontro di lei se solo ce ne fosse la minima possibilità. Ti prego, Damon. Hai detto che non t’importa. Ma sono certo chenon vuoi che Klaus uccida Elena. Klaus era quasi riuscito a distruggere te», disse in tono supplichevole. Ti prego, fratellomio, pensò, incerto se il fratello gli stesse leggendo nel pensiero. Per favore, non abbandonarci. Altrimenti ci saràsoltanto dolore. Per tutti.Damon accennò un sorriso. «Nessuno può farmi del male, fratellino», disse voltandosi. «Non per molto. Comunque,non preoccuparti. Sono in grado di tenere a bada Katherine, se dovesse decidere di venire da me».Stefan si avvicinò al fratello, per guardarlo negli occhi. «Se dovesse succedermi qualcosa, prometti che proteggeraiElena. Una volta la amavi. E lei potrebbe amare te, se... se le cose fossero diverse». Qualunque cosa dovesse succedere,Elena non poteva restare senza protezione.Per un attimo la maschera di indifferenza sul viso di Damon sembrò cadere, e il fratello lo guardò con un nuovointeresse. «Che cosa intendi dire? In che senso: se dovesse succederti qualcosa?», domandò tagliente.Stefan scosse la testa. «Niente», disse. «Sono tempi pericolosi, quelli in cui viviamo. Tutto qui».Damon lo fissò per qualche istante, poi la maschera tornò al suo posto. «Tutti i tempi sono pericolosi», disse, con unvago sorriso. «E ora, se vuoi scusarmi...». E si allontanò in direzione della cucina. Solo dopo qualche minuto Stefan si

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rese conto che non sarebbe tornato.Stefan si alzò dalla poltrona e si avvicinò alla porta. L’incontro era andato come doveva ragionevolmente aspettarsi:Damon non aveva assicurato il suo silenzio ma non li aveva neppure minacciati di parlare. Inoltre, sembrava averrespinto con sdegno l’idea di poter aiutare Klaus o Katherine. Quanto alla protezione di Elena, Stefan non aveva dovutofar altro che recitare la sua parte. Sapeva che se davvero fossero arrivati a quel punto, Damon avrebbe fatto la cosagiusta.Stefan gridò un saluto, che rimase senza risposta, e aprì la porta. Di sicuro, Damon era uscito da una finestra e stava giàvolando verso il campus in forma di corvo.Il pensiero di aver lasciato il fratello senza un saluto lo intristì, ma uscì ugualmente dall’appartamento. Se entrambifossero sopravvissuti, certamente si sarebbero ritrovati. Non poteva rinunciare a quella speranza. Anche se non potevasapere quando e come sarebbe successo. Forse aveva perso il fratello per un altro paio di secoli. E il pensiero lo fecesentire infinitamente e disperatamente solo.

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25Matt camminava lentamente verso la rimessa. Tra le mani stringeva un sacco con un coniglio, che scalciava con tutte lesue forze. Era per Chloe. Lei sarebbe riuscita a calmarlo con un tocco dei suoi Poteri.Cacciare animali per lei non gli piaceva. Vedere quelle creature con gli occhi sbarrati per il terrore lo intristiva. Masentiva su di sé la responsabilità di far star bene Chloe. E lei aveva bisogno di molto sangue per controllarsi, Stefan liaveva avvertiti. E di certo non aiutava il fatto che Chloe dopo aver visto l’esercito di Klaus era terrorizzata. Quei vampirierano molto più potenti di lei, e lei sapeva che non avrebbero avuto pietà nei confronti di un altro vampiro checombatteva contro di loro. Ma cosa ancora peggiore, l’eccitazione della battaglia aveva risvegliato in lei il bisogno disucchiare sangue umano. Quando era in mezzo agli altri non si fidava di se stessa, quindi da quella notte si era rinchiusanella rimessa.Ma non avrebbe mai fatto del male a Matt. Glielo ripeteva ogni notte. E poi si stringeva a lui, il suo corpo freddo controquello caldo di lui, e appoggiava la testa sulla sua spalla.Un asse scricchiolò sotto i piedi di Matt e lui abbassò lo sguardo verso l’acqua che lambiva i pali di sostegno dellastruttura. Il pontile scricchiolò ancora, questa volta più lontano, come se qualcun altro lo stesse percorrendo.Esitò. Non doveva esserci nessuno. Fece un altro passo, con circospezione, ma di nuovo in lontananza udì le assiscricchiolare, un attimo dopo il suo movimento.«Ehi?», urlò nel buio, e subito si sentì uno stupido. Se intorno a lui c’erano dei nemici, l’ultima cosa da fare era attirarel’attenzione.Riprese a camminare. Non udì altri scricchiolii; invece, dal laghetto gli arrivò un vago rumore di acqua smossa. Forse erastato un animale.In ogni caso, si mise a correre verso la porta. E se qualcuno aveva trovato Chloe? Un istante dopo il suo sguardo sifermò sulla scena che aveva davanti.Klaus lo fissava con aria trionfante, la pelle argentea sotto la luce della luna che filtrava dai buchi del tetto. Indossava unvecchio impermeabile e reggeva tra le braccia una ragazza sanguinante, una sconosciuta.Santo cielo. Era piuttosto giovane, forse una matricola, forse una studentessa liceale, e aveva i lunghi capelli brunisporchi del sangue che le colava dal collo. Non si dibatteva, ma guardò Matt con un’espressione di terrore sul viso, chericordava quella del coniglio nel momento in cui l’aveva tolto dalla trappola.Senza pensarci, lasciò cadere il sacco e l’animale schizzò fuori e saltò verso la porta. Doveva aiutare la ragazza, pensò.Ma Klaus puntò gli occhi su di lui per un istante e Matt non riuscì più a muoversi, benché lottasse con tutto se stessocontro la forza che lo teneva immobilizzato.«Ciao, ragazzo», disse Klaus, rivolgendogli un sorriso folle. «Vuoi partecipare anche tu alla festa? Io e la tua ragazza tistavamo aspettando».Matt seguì lo sguardo di Klaus fino a Chloe, che se ne stava rannicchiata in un angolo con le ginocchia contro il petto, ilpiù possibile lontana da Klaus e dalla ragazza. Sul collo aveva il segno di un morso, come se Klaus avesse già bevuto ilsuo sangue, ed era incredibilmente pallida. Deve nutrirsi, pensò Matt, e desiderò con tutto se stesso poterle dare ilconiglio che nel frattempo era scappato. Chloe era spaventata, ma sul suo viso Matt lesse anche altro, e quando capì,sentì una morsa stringergli lo stomaco: Chloe aveva fame.«Dove eravamo rimasti?», Klaus domandò rivolto a Chloe. «Ah, sì. Se ti lasci andare, tutto sarà molto facile». La suavoce era morbida, rilassata. «Dimmi tutto. Raccontami il segreto che nascondono questi umani. Com’è riuscita lastrega a proteggere Elena? Se parlerai, ti permetterò di unirti a me. E non sarai più sola. Non dovrai più avere paura, nésentirti in colpa, nient’altro».Aveva pronunciato la parola umani con disprezzo, e quando riprese, cambiò tono. «Assaggia la ragazza», la incalzò.«Puoi averla. Tanto lo so che riesci a sentire il profumo intenso e dolce del suo sangue. Non puoi continuare a vivere inquesto modo, nascosta, emarginata, rassegnata a nutrirti di orrendi animaletti. Vieni da me, Chloe», le disse,perentorio.Chloe lentamente allungò le gambe e si alzò. Aveva lo sguardo fisso su Klaus e sulla ragazza che, sempre tra le braccia diKlaus, adesso singhiozzava in silenzio. Dal profilo di Chloe, Matt aveva capito che i suoi canini erano scesi. Klaus le feceun gesto e lei avanzò di un passo.Matt cercò disperatamente di gridare, di fermarla, ma si rese conto che la sua lingua era pietrificata, come il resto delcorpo, per effetto dei Poteri di Klaus. E riuscì soltanto a produrre un gemito soffocato.Che però arrivò fino a Chloe. Che si leccò le labbra e distolse lo sguardo dalla ragazza per fissarlo su Matt. Lo guardò alungo, poi indietreggiò e si schiacciò contro la parete. Aveva il viso affilato dalla tensione.«No», disse sottovoce. E quando scosse la testa per sottolineare la sua decisione, il sangue rappreso che aveva sul collosi screpolò e si staccò dalla pelle.Klaus sorrise, e gli mostrò la ragazza con aria invitante. «Vieni da me», la sollecitò. La sua vittima piagnucolò e chiuse gliocchi, il viso distorto in una smorfia di sofferenza. Chloe non si staccò dalla parete, ma non riusciva a distogliere losguardo dal rivolo di sangue che colava dal collo della ragazza e andava a formare una piccola pozza sul pavimento.

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Klaus si avvicinò a lei e la prese per mano. «Dimmi quel che voglio sapere e potrai averla. Ha un sapore squisito». Eattirò Chloe verso di sé. Lei iniziò ad ansimare, stordita dal profumo del sangue, e si lasciò tirare sempre più vicino.Klaus lasciò la mano di Chloe e le accarezzò una guancia. «Brava», le disse, come se parlasse con una bambina,«bravissima». E dopo averle posato la mano sulla nuca, le spinse la testa verso il collo della ragazza. Matt cercò diopporsi ma non riusciva a muoversi, e questa volta non potè gridare per attirare l’attenzione di Chloe, che si era giàumettata le labbra con la lingua.D’un tratto però Chloe si liberò della mano di Klaus e lo spinse via. «No», ripetè, questa volta con più forza.Klaus ringhiò per il disappunto, un suono venato di follia, e con un gesto repentino spezzò il collo della ragazzalasciandola cadere a terra come uno straccio.«Devi dire ai tuoi amici che presto avranno tutti notizie di me», disse Klaus gelido. La sua voce suonò meno folle delsolito, e per qualche ragione il cuore di Matt quasi si fermò per la paura.«Scoprirò la verità. Li distruggerò uno a uno, finché non otterrò ciò che voglio».E mentre usciva, Klaus alzò la testa e allungò la mano verso il cielo. Scoppiò un tuono e il cielo limpido fu attraversatoda un fulmine che si abbatté sulla rimessa appiccando un incendio.Bonnie sfogliava le pagine del suo manuale di psicologia, cercando con determinazione di scacciare il pensiero diZander. Ovviamente, gli mancava molto, ma ce l’avrebbe fatta.Senza alzare la testa, Bonnie cercò un contatto con le suecompagne di stanza. Dal letto di Elena arrivò il rumore delicato di una penna sulla carta: la sua amica scriveva il suodiario. Sul pavimento, Meredith e Alaric bisbigliavano fra loro tenendosi per mano, e per una volta non stavanoaffilando armi né consultando libri di magia ma solo godendo della reciproca compagnia.A parte il doloroso senso di vuoto che lei aveva nel cuore, andava tutto bene.D’un tratto qualcuno bussò violentemente alla porta, e tutti d’istinto alzarono la testa, pronti a combattere. Meredithbalzò in piedi e afferrò un coltello posato sulla sua scrivania, poi se lo nascose dietro la schiena e andò ad aprire laporta.Erano Matt e Chloe, che sporchi di sangue e coperti di cenere si precipitarono dentro.Meredith fu la prima a reagire e subito girò Chloe verso la luce ed esaminò il morso che aveva sul collo. Sembravaprofondo, e Chloe sarebbe svenuta fra le braccia di Meredith se Alaric non l’avesse afferrata al volo e fatta sedere sullasedia di fronte alla scrivania di Bonnie.«Cosa è successo?», domandò Bonnie.«Klaus», rispose Matt in un sussurro. «L’ho trovato nella rimessa. C’è... ha lasciato un cadavere là dentro. E poi haincendiato tutto. La ragazza però era già morta. Sono sicuro che era già morta prima di essere avvolta dalle fiamme».Elena prese il cellulare e inviò un breve messaggio. Un minuto dopo arrivò anche Stefan e con uno sguardo colse al volola situazione. Si inginocchiò di fronte a Chloe ed esaminò con calma la ferita.«Il sangue animale in questo momento non basta per curarla», spiegò a Matt, che lo stava osservando con apprensione,teso e pallido. «Ma farle assaggiare sangue umano potrebbe sconvolgerla». Ciò detto, si morse il polso e lo accostò allelabbra di Chloe. «Non è la soluzione ideale, ma è la meno peggio».Matt annuì, e Stefan continuò a premere il polso sulla bocca di Chloe lasciando che la ragazza succhiasse famelicamenteil suo sangue. «Va tutto bene», cercò di rassicurarla. «Sei stata brava».Quando Chloe si fu nutrita a sufficienza per riprendersi dal morso di Klaus, lei e Matt raccontarono cosa era successo.«Klaus mi ha offerto la ragazza, in cambio voleva sapere cosa sapevo di Elena e perché non era riuscito a ucciderla con ilsuo coltello», spiegò Chloe, gli occhi fissi sul pavimento.«E stato...», si interruppe in cerca delle parole. «Stavo per dirgli di sì».«Però non lo ha fatto», precisò Matt. «Chloe è stata bravissima. E riuscita a non cedere alle pressioni di Klaus».«Ma lui ha detto che ci distruggerà uno a uno finché non avrà ottenuto quello che vuole, giusto?», domandò Bonniepreoccupata. «E questo non va bene. Anzi, va molto molto male». Il cuore le batteva nel petto come un tamburo.Elena sospirò, e si spostò i capelli dietro le orecchie. «Sapevamo che sarebbe venuto a cercarci», disse.«Vero», replicò Bonnie, con un tremito nella voce. «Ma, Elena, lui può entrare nei miei sogni. Lo ha già fatto, per farcisapere che stava arrivando».Si strinse fra le braccia e respirò a fondo, cercando di mantenersi calma. «Non so se posso im-pedirgli di leggere nei mieisogni».Cadde un silenzio denso di preoccupazione. «In effetti non ci avevo pensato», ammise Meredith.«Mi dispiace moltissimo per tutto questo», disse Elena affranta. «Klaus vi dà la caccia per causa mia. Vorrei poterviproteggere. Ma devo diventare più forte».«Lo diventerai», rispose Meredith sicura.«E poi non è colpa tua», replicò Bonnie con affetto, cercando di allontanare il panico. «Se l’alternativa era vedertimorta, preferisco che Klaus dia la caccia a tutti noi».Elena rispose con un debole sorriso. «Lo so, Bonnie», disse. «Ma anche quando otterrò tutti i miei Poteri, non so comepotrò proteggere i tuoi sogni».

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«C’è un modo per permettere a Bonnie di proteggere i suoi sogni da sola?», domandò Stefan, rivolto ad Alaric. «Parlo disogni coscienti e roba simile».Alaric annuì, pensieroso. «E una buona idea», disse. «Vado subito a controllare». E rivolgendo un sorriso rassicurante aBonnie, aggiunse:«Troveremo qualcosa. Come sempre».«E resteremo uniti», disse Stefan, guardandosi intorno fiducioso. «Klaus non potrà mai dividerci».Ci fu un generale mormorio di assenso, e Bonnie d’impulso prese le mani di Meredith e di Stefan fra le sue. Un attimodopo, tutto il gruppo si teneva per mano e Bonnie percepì un flusso di Potere, forse di Elena o forse di Stefan,percorrere tutto il cerchio come una corrente elettrica. Ma forse quel Potere veniva da tutti loro.Tuttavia, quella sensazione non fu l’unica che Bonnie percepì. Erano tutti tesi. Spaventati. Klaus sarebbe potuto andareda ognuno di loro, in qualsiasi momento, ed era impossibile prevedere cosa avrebbe fatto.

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26Stefan ed Elena erano finalmente soli nella stanza di lei, e approfittarono di quel momento per stare un po’ insieme.Bonnie, Meredith e Alaric erano andati in biblioteca per fare qualche ricerca sul controllo dei sogni; Stefan aveva cedutola sua stanza a Chloe e Matt, visto che la rimessa era stata distrutta e non avevano un posto dove passare la notte.Stefan accarezzò Elena con delicatezza. «Che cosa c’è?», le domandò, preoccupato dall’ombra che vedeva nei suoiocchi. Elena era convinta di aver nascosto la sua paura piuttosto bene, ma Stefan era sempre molto bravo a leggeredietro le sue maschere. Era contenta di essere sola con lui.Non voleva che gli altri sapessero. Non ancora. Non erano decisi a proteggere anche Damon. Non quanto Elena eStefan.«Una Guardiana Primaria oggi è venuta da me e mi ha fatto pronunciare il giuramento delle Guardiane», gli raccontòElena. «E mi ha assegnato il mio primo incarico».Per un istante il viso di Stefan si illuminò di gioia. «Ma è una bellissima notizia», le disse.«Adesso sarai in grado di risvegliare molti altri Poteri che potrai usare per combattere Klaus».Elena scosse la testa. «Il mio incarico non è uccidere Klaus», gli disse senza giri di parole.«Vogliono che io uccidaDamon».Stefan sgranò gli occhi per la sorpresa e la sua mano scivolò via dal viso di Elena.«Non ho nessuna intenzione di farlo», precisò Elena. «E tu lo sai. Ma dobbiamo capire come uscire da questa situazione.Se rifiuto, mi confineranno nella Corte Celeste. E non potrò più stare sulla Terra».«No». Stefan la strinse fra le braccia. «Questo mai».Elena nascose il viso contro il suo petto. «Non posso farlo», sussurrò. «La Guardiana mi ha detto che Damon ha ripresoa uccidere, eppure io non riesco neppure a pensare di fargli del male».Nel ricevere quella informazione, Stefan trasalì. Ma quando Elena lo guardò negli occhi, era tranquillo. «Elena, io vogliobene a mio fratello. Ma se Damon sta uccidendo persone innocenti, dobbiamo fermarlo. A qualsiasi costo».«Non posso uccidere Damon», ripetè Elena. «Le Guardiane si sono già prese due persone che amavo. Non permetteròche succeda ancora. Dobbiamo trovare un altro modo».«E se Damon cambiasse?», domandò Stefan. «Se non fosse più una minaccia per gli umani, le Guardiane cambierebberoidea?».Elena scosse la testa. «Non so», disse. «In ogni caso, Damon non ci ascolterà. E completamente chiuso in se stesso.Forse, se gli dicessimo che le Guardiane lo vogliono morto...».Per un attimo, Stefan accennò un sorriso malinconico. «Forse», disse. «O forse potrebbe raddoppiare le sue aggressionisolo per sfidarle. Damon sarebbe capace di ridere in faccia al diavolo, se solo ne avesse voglia».Elena annuì. Era vero, e lei sapeva che Stefan provava per Damon il suo stesso affetto e la stessa disperazione.«Forse Andrés potrebbe suggerirci un’idea», propose Stefan. «Lui conosce il mondo delle Guardiane molto più di noi.Ho un solo dubbio: siamo sicuri di poterci fidare di lui?»«Certo che possiamo fidarci», rispose Elena di getto. Andrés era dalla loro parte, non c’erano dubbi. Inoltre, avevacombattuto contro Klaus al loro fianco.Stefan strinse la spalla di Elena e la guardò negli occhi. «Lo so che Andrés farà la cosa giusta e che possiamo fidarci dilui», le disse. «Ma siamo sicuri di poterci fidare anche quando si tratta di salvare un vampiro? Un vampiro violento?Perfino io non sono sicuro che sia la cosa giusta».Elena deglutì. «Credo di poter dire con sicurezza che Andrés sarà dalla mia parte», replicò Elena, attenta alla suarisposta. «Anche contro le Guardiane. Lui crede in me». E sperò con tutta se stessa che fosse vero.Stefan le sorrise, ma i suoi occhi erano tristi. «Domani parleremo con Andrés». La abbracciò e le accarezzò i capelli.«Adesso però pensiamo a noi due, a te e a me», le disse. Per un lungo momento rimasero in silenzio, ed Elena si lasciòabbracciare.Stefan parlò per primo. «Voglio che Damon viva», disse. «Voglio che cambi. Ma se dovrò scegliere fra lui e te, sceglieròte. Non posso stare senza di te, Elena. Questa volta non permetterò che ti sacrifichi».Elena non rispose. Non voleva fare promesse che non era sicura di poter mantenere. E sperò che l’amore che c’era fraloro per il momento bastasse.Il mattino seguente, Elena e Stefan incontrarono Andrés nella piccola e luminosa cucina di James. Tutti e quattrosedevano di fronte a una tazza di caffè e una ciambella, ma Stefan continuava a rigirare il caffè fra le mani senza berlo,solo per tenersi occupato. Non mangiava e non beveva molto, ma le persone si sentivano più tranquille pensando che lofacesse.C’era un’atmosfera molto gradevole, non fosse stato per l’espressione molto confusa sul viso di James.«Non capisco», disse, guardando Stefan ed Elena sconcertato. «Ma perché avete intenzione di salvare un vampiro?».Elena fece per rispondere, ma poi tacque e cercò di riflettere. «E il fratello di Stefan», disse dopo qualche secondo. «Egli vogliamo bene».James guardò Stefan scandalizzato, e Stefan provò a ricordare se James sapesse che anche lui era un vampiro. In effetti,

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forse non lo sapeva.Elena proseguì. «Damon ha combattuto al nostro fianco e ha salvato moltissime persone», disse.«Dobbiamo dargli un’altra possibilità. Non possiamo semplicemente dimenticare tutto il bene che ha fatto».Andrés annuì. «Ho capito: non volete ucciderlo perché pensate che ci sia un altro modo di controllare i suoi passi falsi».James scosse la testa. «Non sono sicuro che mangiare la gente possa essere definito un “passo falso”», osservò. «Mispiace, Elena, ma non credo di poterti aiutare». Stefan si irrigidì ed ebbe la sensazione che il cucchiaino gli si piegassefra le dita.«Sistemeremo le cose», disse Elena risoluta. «Damon non sarà più un pericolo per nessuno».Andrés sospirò e posò le mani aperte sul tavolo. «Hai fatto un giuramento», disse. «Le Guardiane credono nelle regolee, visto che tu hai accettato le loro regole, devi portare a termine il tuo incarico oppure subirne le conseguenze. E seanche tu dovessi accettare di essere confinata nella Corte Celeste, il tuo incarico passerebbe semplicemente a un’altraGuardiana Terrestre». Stefan si sentì stringere il cuore. Andrés aveva appena detto che il prossimo a ricevere l’incaricodi ammazza re Damon poteva essere lui. Se Elena in qualche modo fosse riuscita a rifiutare l’incarico, avrebbero dovutocombattere contro Andrés.Elena aveva gli occhi lucidi di lacrime. «Eppure un modo ci deve essere», disse. «Non posso richiamare la GuardianaPrimaria? Forse potrei ragionare con lei. Klaus è molto più pericoloso di Damon. Anche se non sei d’accordo con me sulfatto di salvare Damon, devi riconoscere che Klaus è il vero obiettivo su cui dobbiamo concentrarci».«Non puoi richiamarla», disse Andrés dispiaciuto. «Le Guardiane Primarie compaiono soltanto per assegnare gliincarichi, o quando l’incarico è terminato». E scuotendo lentamente la testa, aggiunse: «Elena, non ci sono zone grigie,qui. Tu senti già l’impulso di portare a termine la tua missione, vero? E questo impulso sarà sempre più forte».Elena si prese la testa fra le mani e appoggiò i gomiti sul tavolo. Stefan le toccò una spalla e lei si appoggiò a lui, come sevolesse assorbire il suo silenzioso sostegno. Dopo qualche secondo, alzò la testa, e guardò tutti con determinazione.«Okay», disse. «Vuol dire che tenterò un’altra strada. Non ho intenzione di mollare».«Se posso, ti aiuterò», disse Andrés. «Ma se il tuo incarico passa a me, non avrò scelta».Elena annuì e si alzò di scatto. Stefan fece per seguirla, ma lei lo fermò. «Questa volta devo cavarmela da sola», disse, intono di scusa. Gli diede un rapido bacio con le sue labbra calde, e Stefan cercò di trasmetterle tutto l’amore e la fiduciadi cui era capace.Anch’io ho qualcosa di cui occuparmi, pensò. Non sapeva quando sarebbe tornato. E con una fitta di terrore si reseconto che quella poteva essere l’ultima volta che si vedevano. D’istinto la prese fra le braccia e la strinse a lungo. Tiprego, Elena. Fai attenzione.Trovare Damon era stato facile. Quando Elena si sintonizzò sul dolore persistente che aveva sentito dentro per tutto ilgiorno, senza quasi ricorrere ai Poteri, la via che portava da lui si aprì di fronte a lei e non dovette far altro che seguire lanitida scia nera e rossa.Questa volta, arrivò a un edificio fatiscente con la scritta EDDIE’S BILLIARDS. Era aperto, ma nel parcheggio c’eranosoltanto un paio di auto. Aveva più l’aria di essere un locale notturno, e a dirla tutta non sembrava affatto un postoadatto a Elena, che si sentì piuttosto a disagio. Sono stata nella Dimensione Oscura, ricordò a se stessa. Sono unaGuardiana. Non c’è niente in questo posto che possa spaventarmi. Spinse la porta ed entrò.Il barman le lanciò una rapida occhiata, ma subito tornò ad asciugare i bicchieri. Seduti a un tavolino d’angolo c’eranodue uomini che fumavano e chiacchieravano, e non la degnarono di uno sguardo. Tutti gli altri tavoli erano vuoti,eccetto uno di fianco al biliardo.Al centro della sala, Damon allineava la stecca preparandosi a un colpo. Indossava un giubbotto di pelle che gli davaun’aria da duro, pensò Elena. Era meno elegante del solito. Accanto a lui, c’era un uomo basso, biondo e dallacarnagione chiara. Dopo il colpo, Damon alzò gli occhi su Elena, gelidi e neri, impenetrabili.«Fine della partita», disse al compagno, nonostante le palle colorate fossero ancora sul tavolo.Damon prese il mazzo di banconote posate in un angolo del biliardo e le infilò in tasca. Il tizio con i capelli biondicci feceper protestare ma poi si morse le labbra e guardò il pavimento, in silenzio.«Tu non molli mai, vero?», disse Damon avvicinandosi a Elena. Sembrava che la stesse soppesando con gli occhi. «Ti hogià detto che non ho intenzione di aiutarti mai più, principessa».Elena sentì il viso avvampare. Damon l’aveva sempre chiamata «principessa», ma questa volta il suo soprannomemancava della consueta nota di affetto. Adesso suonava sprezzante, come se Damon non avesse voglia di usare il suovero nome. Elena si irritò, e cercò di usare la sua rabbia per iniziare a parlare.«Sei nei guai, Damon», disse senza tante cerimonie. «Le Guardiane Primarie ti vogliono morto. Ehanno dato a me l’incarico di ammazzarti». Per un attimo, Elena ebbe la sensazione che Damon fosse colpito dallanotizia, e proseguì. «Io non voglio farlo», disse, quasi supplichevole. «Non posso farlo. Ma forse non è troppo tardi. Sedecidi di smettere di fare quello che stai facendo...».Damon alzò le spalle. «Fai ciò che devi, principessa», disse con noncuranza. «Le Guardiane non sono riuscite a farmirestare morto in passato, perciò adesso non sono troppo preoccupato». Fece per allontanarsi, ma Elena lo fermò.

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«Devi prendere questa cosa seriamente, Damon», disse. «Ti uccideranno».Damon sospirò. «Sinceramente», disse, «credo stiano esagerando. Va bene, ho ucciso qualcuno.Ma era una sola ragazza, in un mondo di milioni di ragazze». Poi si voltò verso il biliardo, e disse:«Jimmy? Sistema le biglie nel triangolo».Elena ebbe la sensazione di aver ricevuto un pugno nello stomaco e per un secondo rimase senza fiato. Poi si riprese elo seguì al tavolo da biliardo. Jimmy intanto aveva sistemato le biglie e Damon stava allineando la stecca per il primocolpo. «Che cosa significa che hai ammazzato qualcuno?», domandò Elena sottovoce.Qualcosa difficile da definire attraversò il viso di Damon, ma fu un attimo. «Temo di aver perso il controllo», rispose lui,con la solita noncuranza. «Capita anche ai migliori, immagino». Mandò una palla in buca e fece il giro del tavolo per unaltro colpo.Elena cercò di ricordare quello che aveva visto: le ragazza che lei e Stefan avevano trovato svenuta nel bosco, la ragazzadi cui era nutrito Damon vicino ai campi di atletica. Entrambe alla fine si erano riprese, giusto? Lei e Stefan le avevanoriportate al campus sane e salve. Un fremito di terrore la attraversò, quando finalmente capì il senso delle parole diDamon. Lui aveva ucciso un’altra persona, qualcuno che loro non avevano trovato. Aveva sempre sperato che Damoncambiasse, ma adesso lui aveva ricominciato a uccidere e lei non lo aveva capito.Elena cercò di vedere l’aura di Damon, e ci riuscì quasi immediatamente. Lo sconcerto la fece sussultare. Era moltoscura, e tutti i colori erano quasi inglobati dal nero e avvolti in disgustose spirali di rosso scuro, il colore del sanguerappreso. Di sicuro c’era dell’altro, una striscia sottile verde-azzurra intorno al corpo di Damon, che però scomparvesubito, inghiottita dal nero.Ma quel fugace accenno di colore bastò a darle un filo di speranza. Damon non era ancora perduto. Non poteva esserlo.D’impulso, Elena seguì Damon sull’altro lato del biliardo e gli posò la mano sul braccio. Lui sembrò ritrarsi, ma non lofece. «Ti prego, Damon», gli disse Elena. «So che questo non sei tu. Non sei un assassino. Non più. Ti voglio bene,Damon. Ti prego».Damon posò la stecca sul biliardo. Era teso. Agitato. «Tu mi vuoi bene?», domandò, e la sua voce bassa suonòpericolosa. «Tu non mi conosci, principessa. Io non sono il tuo cagnolino da salotto. Io sono un vampiro. Sai cosasignifica?». Elena indietreggiò, spaventata dalla rabbia che lesse negli occhi di Damon. «Jimmy», chiamò Damon, con unsorriso perfido. E il tizio con cui stava giocando a biliardo si avvicinò, con la stecca in mano.«Sì?», rispose l’uomo, con un filo di esitazione nella voce. Elena si rese conto che aveva paura di Damon. Si guardò ingiro, e si accorse che il barman aveva rapidamente distolto lo sguardo da loro, come se anche lui fosse spaventato. I dueuomini seduti al tavolino d’angolo erano usciti mentre lei parlava con Damon.«Dammi la stecca», ordinò Damon, e Jimmy gliela passò. Damon la spezzò in due con la stessa facilità con cui Elenaavrebbe strappato un foglio di carta, e osservò le due parti che aveva in mano.Una di esse terminava con una serie di lunghe schegge acuminate e Damon la porse a Jimmy.«Adesso tu prendi questa mezza stecca e te la conficchi nella pancia», ordinò con calma. «Econtinua finché non ti dico di smettere».«Damon, no!», gridò Elena. E rivolta a Jimmy: «Non farlo! Resisti».Jimmy fissò la stecca, incerto. Un attimo dopo Elena sentì l’improvviso attivarsi dei Poteri e vide Jimmy — distante,quasi inebetito — stringere la stecca e colpirsi con forza la pancia.Quando la punta colpì la carne, emise un gemito, ma la faccia restò impassibile, come se la mente fosse scollegata dalcorpo.Jimmy estrasse la stecca ed Elena vide una lunga striscia di sangue nel punto in cui le schegge lo avevano ferito.«Basta!», gridò Elena.«Più forte», ordinò Damon. «E più veloce». Jimmy obbedì, e il sangue iniziò a colare copiosamente. Damon guardavacon un vago sorriso, gli occhi che brillavano. «Il fatto che sia un vampiro», disse a Elena, «significa che mi piace teneretutto sotto controllo. E che mi piace il sangue. Inoltre, non mi devo preoccupare per il dolore umano, non più di quantotu ti preoccupi del dolore degli insetti che calpesti mentre cammini».«Ti prego, Damon. Basta», insistè Elena, terrorizzata. «Smetti di fargli del male».Damon sorrise. Si voltò verso Elena, mentre alle sue spalle Jimmy continuava a ferirsi anche adesso che Damon non loguardava. «Mi fermerò soltanto quando lascerai questo posto, principessa».Elena si asciugò le lacrime. Era più forte di quel che pensava Damon. E glielo avrebbe dimostrato. «Bene», disse. «Allorame ne vado. Ma... Damon», e osò sfiorargli ancora il braccio,«ricorda che quello che hai detto quando sono entrata qui è terribilmente vero: io non mollo mai».Il tocco di Elena sembrò avere un vago effetto, perché per un attimo le profonde rughe che Damon aveva sul visosembrarono attenuarsi. Elena ebbe quasi la sensazione di averlo convinto. Ma un attimo dopo Damon tornò freddo edistante come prima.A testa alta, Elena raggiunse rapidamente la porta. Alle sue spalle, udì Damon ordinare a Jimmy di smetterla, e di colpoogni gemito di dolore cessò.

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C’era stato un momentaneo cambiamento nell’espressione di Damon o l’aveva soltanto immaginato? Speriamo che siaaccaduto veramente. Speriamo che sia così, pregò Elena in silenzio. Di certo qualcosa di buono era rimastonell’estraneo pieno di rabbia che aveva visto in quello squallido posto, qualcosa del Damon a cui lei voleva bene. Nonpoteva perderlo. Anche se la stretta che sentiva nel petto le diceva che forse era già successo.

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27L’intenso cielo azzurro del tardo pomeriggio era illuminato dall’oro dei raggi del sole, e Stefan non potè che rallegrarsiper l’ombra offerta dagli alberi. «Che razza di vampiro è quello che provoca uno scontro in piena luce?», avrebbe dettoDamon sarcastico, prima di rispondere da solo alla domanda: «Uno molto stupido. Stefan».Il sole lo stancava, come sempre, e la luce gli procurava un fastidio sordo, pulsante, come se avesse un mal di testacostante, malgrado l’anello che lo proteggeva. Klaus era più vecchio di Stefan, e più forte. Il sole non lo avrebbedisturbato allo stesso modo.Ma Stefan non voleva affrontare Klaus al buio. La solo idea lo faceva rabbrividire: era così antico che persino Stefanaveva paura di un mostro simile nel buio.Giunto alla radura dove avevano combattuto contro la famiglia di Klaus, Stefan si fermò. Il sangue era il modo miglioredi attirare qualsiasi vampiro, perciò Stefan fece scendere i canini e con una smorfia si morse il polso.«Klaus!», gridò, girando su se stesso con il braccio allungato in modo che il sangue schizzasse sul terreno intorno a lui.«Klaus!».Dopo qualche secondo, si fermò e ascoltò i rumori del bosco: il fruscio di qualche animaletto che si spostava nellaboscaglia, lo scricchiolio dei rami mossi dal vento. Molto lontano, vicino al campus, sentì una coppia passeggiare tra glialberi. Ma nessun segno di Klaus. Inspirò a fondo, e si appoggiò al tronco di un albero, proteggendo il polso ferito controil petto. Pensò al calore di Elena, ai suoi baci delicati. Doveva salvarla.D'un tratto, alle sue spalle si alzò una voce divertita. «Salve, Salvatore».Stefan si voltò di colpo, spaventato. Com'era possibile che non avesse sentito arrivare il vecchio vampiro?L'impermeabile di Klaus era sporco e malridotto, eppure lui lo indossava come fosse un mantello regale. Ogni volta chelo vedeva, Stefan si sorprendeva di quanto fosse alto, e di come fossero chiari e penetranti i suoi occhi. Klaus sorrise dinuovo, e si avvicinò. Troppo. Il suo odore era nauseante: un misto di sangue, di fumo e di marcio.«Mi hai chiamato, Salvatore?», gli domandò Klaus. E gli appoggiò una mano sulla spalla con fare amichevole.«Voglio parlarti», disse Stefan, cercando di non ritrarsi. «Devo farti un'offerta».«Lasciami indovinare», disse Klaus, e il suo sorriso si allargò. «Mi vuoi proporre di risolvere le nostre divergenze dagentiluomini, vero?». Sembrava molto compiaciuto. Le sue dita adesso stringevano la spalla di Stefan come una morsa.Klaus era molto forte, perfino più forte di quanto Stefan ricordasse. «Anche se ho molto apprezzato il sangue che tu etuo fratello avete donato per riportarmi qui, ti informo, Salvatore, che in questo gioco sono io che ho le carte migliori. Equindi non ho bisogno di giocare secondo le tue regole».«Non tutte le carte. Non puoi uccidere Elena», si lasciò sfuggire Stefan. Klaus piegò la testa di lato, riflettendo su quelleparole.«Per caso hai intenzione di dirmi come fare?», domandò. «Ti sei già stancato della tua bella? In effetti mi sono chiestocome mai sia ancora umana dopo tutto questo tempo. Ti stai lasciando una via di fuga dall'amore eterno, vero?Astuto».«Voglio dire che non può essere uccisa», precisò Stefan, risoluto. Poi orgogliosamente, alzò la testa, cercando diostentare sicurezza. Klaus doveva credergli. «Uccidi me, invece. Sono io quello che odi di più».Klaus rise, mostrando i canini lunghi e affilati. «Ti facevo più intelligente, tutto sommato», disse.«Invece sei uno di quelli noiosi e col cuore nobile. Quindi quella che cerca la via di fuga è Elena.Preferisce invecchiare e morire, invece di vivere per sempre fra le tue braccia? Il vostro grande amore non dev'esserecosì forte come pensavo».«Io sono quello che secondo te è responsabile della morte di Katherine», proseguì Stefan senza ascoltarlo. «Ho cercatodi ammazzarti a Fell's Church. Puoi fare di me quello che vuoi: puoi uccidermi, puoi arruolarmi nel tuo esercito diseguaci. Non combatterò. Ma lascia in pace Elena.Non riuscirai a ucciderla, quindi tanto vale lasciarla stare».Di nuovo, Klaus scoppiò a ridere. E di colpo lo afferrò, lo avvicinò a sé e iniziò ad annusarlo, premendogli il naso contro ilcollo. L'odore di Klaus era nauseante, un tanfo dolciastro di marcio che rivoltò lo stomaco di Stefan. Poi, con la stessarapidità, lo spinse via. «Puzzi di menzogne e di paura», gli disse. «Elena può essere uccisa e sarò io a farlo. Tu lo sai, ed èper questo che hai paura».Stefan si costrinse a guardare Klaus dritto negli occhi. «No. Elena è intoccabile», affermò con tutta la forza che riuscì atrovare. «Uccidi me al suo posto».Senza troppa convinzione, Klaus lo colpì con un pugno, ma bastò per scaraventarlo contro un albero e lasciarlo a terrasenza fiato.«Oh, Salvatore», disse Klaus con tono di rimprovero. «E vero, io ti odio. Ma non voglio ucciderti, non più».Stefan riuscì in qualche modo a sollevare la testa e a emettere un gemito interrogativo. E quindi?«Meglio uccidere Elena e lasciarti vivere, credo», osservò Klaus, facendo scintillare i denti bianchi alla luce del sole. «Laucciderò proprio di fronte a te, e farò in modo che l'immagine della sua morte ti tormenti per sempre, ovunque andrai».E con un grande sorriso aggiunse: «Questo sarà il tuo destino».

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Klaus si voltò con studiata lentezza e si allontanò dalla radura, evitando di proposito di usare la sua velocità da vampiro.Un attimo prima di scomparire dalla vista di Stefan, si voltò e lo salutò con due dita. «Ci vediamo presto. Con te e con latua amata».Stefan si abbandonò sul terreno. Il dolore alla schiena era terribile nel punto in cui aveva urtato contro l'albero. Avevafallito. Klaus era convinto che ci fosse un modo per uccidere Elena, e non avrebbe rinunciato finché non l'avessetrovato.Stefan sarebbe tornato da Elena e dagli altri appena possibile, per aiutarli a combattere Klaus al meglio delle loropossibilità. Ma in quel momento sentì nascergli dentro un'infelicità gelida e oscura, e desiderò soltanto abbandonarsi aquella sensazione.

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28Bonnie attraversava il campus a piedi nudi, con il pigiama con i gelati che le svolazzava intorno alle caviglie. Accidenti,pensò sconfortata, ho di nuovo scordato di vestirmi.«Sei pronta per l'esame?», le domandò Meredith, che camminava accanto a lei.Bonnie si fermò e la guardò perplessa. «Quale esame?», disse. «Noi non frequentiamo nessun corso insieme, giusto?»«Oh, Bonnie...», sospirò Meredith. «Non hai neanche letto le mail? Pare che qualcuno abbia fatto un po' di confusione,e adesso tutti dobbiamo passare un mega esame di spagnolo che non abbiamo sostenuto al liceo, altrimenti nonpossiamo laurearci».Bonnie la fissò, pietrificata. «Ma io faccio francese, non spagnolo».«Sì. Certo», disse Meredith. «Ecco perché avresti dovuto studiare come una pazza in questo periodo. Dai, sbrigati, chefacciamo tardi». Iniziò a correre, e Bonnie cercò di starle dietro, inciampando di continuo nei lacci delle Converse. Unmomento, pensò. Ma fino a un attimo fa ero scalza!«Meredith, aspetta», disse Bonnie, fermandosi a riprendere fiato. «Dev'essere un sogno».Meredith continuò a correre, veloce e sicura, i capelli al vento, e lasciò Bonnie indietro.Dev'essere decisamente un sogno, pensò Bonnie. Anzi, direiproprio che è un sogno che ho già fatto. «Detesto questosogno», borbottò.Cercò di ricordare le tecniche di sogno cosciente di cui le aveva parlato Alaric, Questo è un sogno, disse convinta.Niente di tutto questo è reale e posso cambiare quello che voglio. Abbassò lo sguardo e fece in modo di avere le scarpeallacciate, poi cambiò il pigiama con un paio di jeans aderenti e una maglietta nera. «Molto meglio», disse. «Okay.Adesso lasciamo perdere l'esame.Voglio fare...». Ma non fece in tempo a scegliere fra le molte possibilità che aveva in mente, perché si trovò davantiZander. Il suo fantastico, adorato Zander, che gli mancava da morire. E Shay.«Detesto il mio inconscio», mormorò Bonnie.Zander guardava Shay con un mezzo sorriso, e con quell'e spressione adorante che doveva essere riservata solo aBonnie. Mentre Bonnie li guardava, lui accarezzava delicatamente la guancia di Shay, invitandola ad avvicinare la faccia.Cambio!, gridò Bonnie dentro di sé mentre Zander e Shay si scambiavano un tenero bacio.Ma prima che potesse vedere una scena diversa, per un secondo fu tutto nero, dopodiché sentì un potente strattoneche la strappò dal suo sogno. Quando riaprì gli occhi, si ritrovò in un posto diverso, con il vento che le accarezzava icapelli. Di fronte a lei, spaventosamente vicino e con gli occhi lucidi per il gran ridere, c'era Klaus.«Ciao, piccolo uccellino», la salutò. «Damon ti chiamava così, giusto?»«E tu come lo sai?», domandò Bonnie diffidente. «E in ogni caso, dove sono?». Il vento si alzò e le scompigliò i capelli,che andarono a coprirle il viso, ma lei subito li spostò indietro.«Mi sono fatto un bel giretto nella tua mente, uccellino», rispose Klaus. «Ancora non riesco ad arrivare ovunque, masono riuscito a mettere insieme un po' di pezzi molto utili», spiegò con un sorriso ammiccante. In effetti, era moltobello, pensò Bonnie, peccato fosse così assolutamente folle. Klaus proseguì. «Ecco perché ho scelto questo posto per lanostra chiacchierata».Bonnie era un po' meno confusa, e si guardò intorno. Erano all'aperto, su una minuscola piattaforma protetta da unacupola. Erano circondati da una distesa azzurra, e più in basso, si notava un po' di verde. Caspita. Erano in un postomolto alto.Bonnie detestava i posti elevati. Si costrinse a non guardare il vuoto sotto di sé e rimase immobile al centro dellapiattaforma, lontana il più possibile dai bordi, e guardò Klaus con livore. «Ah, sì?».Non era una gran risposta, ma era la cosa migliore che riusciva a dire, in quelle circostanze.Klaus le sorrise divertito. «Uno dei pezzi che ho trovato erano i tuoi ricordi del giro di orientamento del campus. Tiavevano proposto di portarti in cima alla torre dell'orologio, vero? Ma tu avevi risposto», di colpo un'inquietanteriproduzione della voce di Bonnie risuonò tutt'intorno, allegra ma permeata da un filo di autentica paura, «Niente dafare, Jose. Se salgo lassù, sono sicura che urlerò nel letto in preda agli incubi per una settimana!». E mentre il suonodella voce di Bonnie svaniva, Klaus scoppiò a ridere e disse: «Perciò ho pensato che fosse il posto perfetto per il nostrotète-à-tète».Bonnie ricordava bene l'episodio. La torre dell'orologio era l'edificio più alto del campus ed era piuttosto popolare fra glistudenti. Ma Bonnie non riusciva a guardarla senza sentirsi chiudere lo stomaco. Zander e i suoi amici amavano saliresui tetti per stare insieme e divertirsi, ma i tetti erano luoghi molto più spaziosi della torre dell'orologio, e Bonnieriusciva facilmente a tenersi lontana dai bordi. In più, in quelle occasioni, con lei c'era sempre la presenza rassicurantedi Zander, il che faceva una grande differenza.In ogni caso, non aveva intenzione di far capire a Klaus che l'aveva messa in difficoltà. «Ma figurati. Quella voltascherzavo», mentì. «Semplicemente, non avevo voglia di fare tutte quelle scale».«Interessante», rispose Klaus, sempre più divertito. Poi di colpo alzò le mani. Bonnie di sentì scivolare via da lui, comese qualcosa la stesse spingendo all'indietro. Un attimo dopo, si ritrovò con la schiena contro la ringhiera che delimitava

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la piattaforma, e si lasciò sfuggire un gemito soffocato.«Non mi devi mentire, uccellino», la minacciò Klaus con voce suadente, e si avvicinò. «Sento l'odore della tua paura».Bonnie strinse i denti e non rispose. E soprattutto cercò di non guardare di sotto.«Svelami il segreto di Elena, uccellino», le ordinò Klaus, in tono gentile ma convincente. «Sei tu la strega, quindi devisaperlo. Perché non sono riuscito a ucciderla durante la battaglia? Hai fatto qualcosa di speciale per lei?»«Non ne ho idea. Forse il tuo coltello non era abbastanza efficace», ribatté Bonnie.Un attimo dopo, si ritrovò sollevata da terra. Oh, santo cielo... dondolava nell'aria come un burattino appeso a filiimmaginari. E poi quei fili la tirarono indietro, le caviglie urtarono malamente la ringhiera, e lei si ritrovò sospesa nelvuoto. Lanciò un'occhiata al campus sotto di lei e poi chiuse gli occhi. Non lasciarmi cadere, pregò. Per favore. Perfavore. Il cuore le batteva così forte che non riusciva a respirare.«Sai cosa si dice? Che se muori in un sogno, muori davvero anche nel tuo letto», le sussurrò Klaus, come se fosseaccanto a lei. «E posso dirti per esperienza personale che è vero». Eccitato dalla sola idea, Klaus scoppiò in unadisgustosa risata. «Se ti lascio precipitare, raccoglieranno i pezzetti del tuo corpo appiccicati alle pareti della tua stanzaper settimane», le disse. «Ma non è necessario arrivare fino a questo punto. Dimmi la verità e ti metto giù senza fartidel male.Promesso».Bonnie strinse i denti e chiuse gli occhi. Anche se fosse stata disponibile a tradire Elena — ma così non era; non loavrebbe mai fatto, per nessun motivo, ripetè a se stessa con determinazione —era sicura che Klaus non avrebbe mai mantenuto la sua promessa. Ripensò alla morte di Vicky Bennet, per mano diKlaus. L'aveva fatta a pezzi, e il suo sangue era schizzato ovunque, come se un bambino avesse fatto il girotondo conuna latta di pittura rossa in mano. Forse Klaus aveva ammazzato Vicky in sogno.Klaus ridacchiò e l'aria intorno a Bonnie si mosse.«Che succede?», disse una voce familiare; il tono era confuso e spaventato. Bonnie riaprì gli occhi all'istante.Accanto a lei, sospeso nel vuoto, vide dondolare Zander. Era pallido come uno straccio, e la guardava terrorizzato.Cercava di afferrare un appiglio e si dibatteva per trovare un punto di appoggio.«Bonnie?», gemette. «Per favore, puoi dirmi cosa sta succedendo?»«La tua ragazza, o ex ragazza, si rifiuta di dirmi qualcosa che voglio sapere», spiegò Klaus, seduto sulla ringhiera dellatorre con le gambe che dondolavano nel vuoto. «Ho pensato», proseguì sorridendo a Zander, «che se ti avesse visto quisarebbe stata più motivata a rispondere».Zander guardò Bonnie con aria supplichevole. «Ti prego, digli quello che vuole sapere. Emettetemi giù».Bonnie si sentì prendere dal panico. «Zander», disse. «Oh, no. Non fargli del male».«Quello che succederà a Zander dipende da te, uccellino», le ricordò Klaus.Ma in quel momento qualcosa scattò nella mente di Bonnie. Aspetta un attimo, disse una voce dentro la sua testa, unavoce fredda e razionale, molto simile a quella di Meredith. Zander non ha paura dei luoghi alti. Anzi, lui li adora.«Smettila», disse a Klaus. «Questo non è Zander. E qualcosa che ti sei inventato tu. Se credi di averlo pescato nella miamemoria, sappi che il giochino non ti sta riuscendo per niente bene.Zander è completamente diverso».Klaus reagì con un grugnito di irritazione, e lo Zander che aveva creato rimase abbandonato a mezz'aria, la testareclinata di lato. Era una visione piuttosto inquietante, perché sembrava morto, e Bonnie pur sapendo che non erareale, preferì guardare altrove. Ovviamente, lei sapeva fin dall'inizio che era un sogno. Ma aveva dimenticato il puntofondamentale della questione: i sogni non erano la realtà. Non erano veri.«Questo è un sogno», mormorò a se stessa. «Niente di tutto questo è vero e posso cambiare tutto quello che voglio».Guardò il falso Zander e lo cancellò.«Davvero astuta», commentò Klaus, e poi, come se niente fosse, la lasciò precipitare.Bonnie per un attimo si lasciò prendere dal terrore, poi ricordò che doveva semplicemente mettersi una superficiesolida sotto i piedi. Atterrò malamente e si storse una caviglia, ma era salva.«Non è ancora finita, uccellino», le disse Klaus scendendo dalla ringhiera e camminando verso di lei come se l'aria fossesolida, con il lurido impermeabile che gli svolazzava intorno. Rideva, e qualcosa in quella risata la spaventò. Senzapensarci un attimo, Bonnie si concentrò e con la forza della mente lo scagliò il più lontano possibile.Klaus volò all'indietro, inerte come una bambola di pezza, e Bonnie ebbe giusto il tempo di vedere la sua faccia passaredalla sorpresa alla rabbia prima che fosse nient'altro che un puntino nero all'orizzonte. Mente Bonnie guardava, ilpuntino si fermò, si voltò e tornò verso di lei. Era incredibilmente veloce, e ben presto si trasformò in una sorta dienorme rapace, forse un falco, che calava in picchiata verso di lei.È il momento di svegliarsi, pensò. «E soltanto un sogno», disse a se stessa. Ma non accadde nulla.Klaus adesso era vicino, molto vicino.«È soltanto un sogno», ripetè Bonnie. «E posso svegliarmi quando voglio. E io voglio svegliarmi

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adesso».E finalmente si svegliò. E si ritrovò sotto il piumone, nel calduccio nel suo letto.Dopo un sospiro di puro sollievo, Bonnie scoppiò a piangere. Un pianto dirotto, scosso da continui singhiozzi. Allungò lamano verso la scrivania e prese il cellulare. Le immagini di Zander, il suo viso intenso, il suo bacio a Shay, e poi il suocorpo sospeso nel vuoto, insieme a lei. Non era il vero Zander, razionalmente Bonnie lo sapeva. Ma aveva bisogno disentire la sua voce. Un attimo prima di premere il tasto della chiamata, però, cambiò idea.Non era giusto chiamarlo. Era stata lei a dire che dovevano prendersi una pausa, in modo che Zander potesse capirequal era la scelta migliore per lui, non solo come persona, ma anche come maschio Alpha del suo Branco. Non eragiusto chiamarlo solo per sentirsi meglio, solo perché Klaus aveva usato la sua immagine nei sogni.Spense il telefono e lo rimise sulla scrivania, singhiozzando ancora più forte.«Bonnie?». Meredith si era alzata ed era andata a sedersi sul letto dell'amica. «Tutto bene?».L'indomani mattina Bonnie avrebbe raccontato a Meredith e agli altri tutto quello che era successo. Era importante chesapessero che Klaus era riuscito a infiltrarsi di nuovo nei suoi sogni ma che le tecniche imparate da Alaric le avevanopermesso di neutralizzarlo. Ma in quel momento, nel cuore della notte, al buio, non riusciva a parlarne.«Un brutto sogno», disse semplicemente. «Ti va di stare qui per un minuto?»«Certo», rispose Meredith, e Bonnie sentì le sue braccia forti e snelle cingerle le spalle. «Adesso è tutto a posto,Bonnie», le disse Meredith per rassicurarla.«Non credo», disse Bonnie, e nascose la faccia contro la spalla dell'amica scoppiando di nuovo in lacrime.

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29Meredith infilò nella borsa gli appunti di economia e attraversò il cortile del campus. Per la prima volta da molto tempoDalcrest sembrava quasi un college normale: gruppi di studenti seduti sull'erba, coppie che si tenevano per mano epasseggiavano lungo i vialetti. Un ragazzo che faceva jogging sfiorò Meredith mentre le passava accanto. Con la mortedei vampiri della Vitale Society le aggressioni al campus si erano praticamente interrotte, e la paura che teneva tuttichiusi nelle stanze o nelle aule piano piano era passata. Nessuno si rendeva conto che un nemico molto più temibile sinascondeva nell'ombra.L'esercito di Klaus di sicuro era a caccia, ma agiva senza dare troppo nell'occhio. Il che ovviamente era un'ottima cosa,ma al tempo stesso significava che dopo tre sessioni cancellate, il corso di Meredith era ricominciato. E c'era moltolavoro da recuperare prima della fine del quadrimestre.Meredith doveva trovare il modo di conciliare lo studio, il lavoro di cacciatrice e la vigilanza del campus; inoltre, volevapassare più tempo possibile con Alaric finché era lì con lei a Dalcrest.Bastò il pensiero di Alaric per far spuntare sul viso di Meredith un enorme sorriso: le lentiggini di Alaric, la mente acutadi Alaric, i baci di Alaric. Quella sera dovevano uscire a cena insieme; ormai mancava poco al loro appuntamento, si reseconto Meredith dando un'occhiata all'orologio.Ma quando rialzò lo sguardo, a pochi passi da lei vide Cristian, seduto su una panchina. E la guardava.Meredith d'istinto infilò la mano nella borsa e impugnò un piccolo coltello che teneva sempre con sé. Non potevaportare il paletto in classe e davvero non si aspettava di avere guai nel bel mezzo del campus, e in pieno giorno.Avrebbe voluto prendersi a schiaffi: era stata una stupida ad abbassare la guardia in quel modo.Cristian si alzò dalla panchina e camminò verso di lei, le mani in vista, per niente minaccioso.«Meredith», la chiamò sottovoce. «Non sono qui per farti del male».Meredith strinse il coltello, nascosto nella borsa. C'era troppa gente perché Cristian decidesse di aggredirla senzamettere in pericolo persone innocenti. «Ah no? L'altra sera nel bosco non mi sembrava che tu avessi le stesse pacificheintenzioni», gli ricordò. «E non cercare di convincermi che non lavori per Klaus».Cristian scrollò le spalle. «È vero, ho lottato contro di te», disse, «ma non volevo farti del male».Meredith tornò con la mente alla battaglia contro i vampiri di Klaus, e al suo scontro con Cristian.Le loro forse erano del tutto equilibrate, ed era chiaro che erano stati addestrati dagli stessi genitori: ogni colpo portatoda Cristian veniva automaticamente parato da Meredith; e ogni volta che lei tentava di colpirlo, lui sembrava anticiparela sua mossa. «Pensaci bene», disse Cristian. «Klaus mi ha trasformato un paio di settimane fa, ma io ricordo ancoratutto della mia vita precedente. Ci siamo sempre allenati insieme, ma adesso io sono un vampiro e un cacciatore.Quindi dovrei essere molto più forte e più veloce di te. Se avessi voluto ammazzarti, avrei potuto farlo».Era vero. Meredith lo guardò, incerta sul da farsi. Cristian tornò a sedersi sulla panchina. Dopo qualche secondo, lei loraggiunse. Stringeva ancora il coltello fra le dita, ma la curiosità era grande: in fondo era suo fratello, anzi, il suogemello. Era più alto di lei, e più robusto, ma i capelli erano dello stesso identico colore. Lui aveva la bocca della madre,con una piccola fossetta sulla sinistra, e il naso era uguale a quello del padre.Quando infine riuscì a guardarlo negli occhi, si accorse che era triste. «Non ti ricordi proprio di me, vero?», le domandò.«No», rispose Meredith. «E tu, cosa ricordi?».Nel mondo reale, Meredith sapeva che Klaus aveva rapito Cristian quando era piccolo e lo aveva cresciuto come sefosse suo figlio. Ma nella realtà modificata delle Guardiane, il fratello era cresciuto con lei fino al giorno in cui era statomandato in collegio per fare il liceo. Gran parte delle persone con poteri soprannaturali — per esempio Tyler —avevano una doppia serie di ricordi, due diverse sequenze di eventi che si sovrapponevano. Adesso che Klaus aveva dinuovo trasformato Cristian in un vampiro, chissà se avrebbe ricordato entrambe le sue vite?«Ricordo che sono cresciuto con te, Meredith», disse lui. «Sei la mia gemella. Noi...». Si lasciò sfuggire una piccolarisata, piena di tristezza e di incredulità. «Ricordi che nostro padre ci insegnò l'alfabeto Morse? Diceva che potevasempre servire. E noi la notte invece di dormire ci mandavamo messaggi da una stanza all'altra battendo sul muro». Laguardò sperando che avesse anche lei lo stesso ricordo. Ma Meredith scosse la testa.«E vero, mio padre mi insegnò l'alfabeto Morse, ma non avevo nessuno con cui scambiare messaggi di notte».«Klaus mi ha detto che nella tua realtà, mi ha rapito dalla nostra casa per trasformarmi in vampiro quando ero moltopiccolo. Ma mi sembra davvero strano che tu non ti ricordi per niente di me.Siamo... siamo sempre stati molto uniti», le disse Cristian. «D'estate, finita la scuola, andavamo al mare. Tutte le estati,finché non mi sono arruolato. Cercavamo gli animaletti nella sabbia e poi li tenevamo nelle pozze lasciate dalla marea,come se fossero dei piccoli acquari». Di nuovo, i suoi grandi occhi grigi, orlati dalle lunghe ciglia nere, si velarono ditristezza. Erano simili a quelli di Meredith, forse leggermente più chiari, ma in quel momento ricordavano soprattuttoquelli della madre. Meredith d'un tratto si rese conto che ormai l'esercito doveva aver comunicato ai genitori cheCristian era scomparso.«Mi spiace», disse al fratello con sincerità, «ma non ricordo di essere mai andata al mare da bambina. Credo che i mieigenitori — i nostri genitori — non avessero più voglia di vacanze famigliari, dopo il tuo rapimento».

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Cristian sospirò e si prese la testa fra le mani. «Vorrei che tu avessi avuto la possibilità di conoscermi quando era ancoraumano», disse. «Un attimo prima ero steso nella mia branda insieme a un gruppo di altri soldati, e mi chiedevo perchémai avevo deciso di arruolarmi appena finito il liceo, e un attimo dopo questo vampiro mi porta via e mi racconta unaserie di cose assurde sul fatto che sono sempre stato suo e che stava solo rimettendo le cose a posto». E con una risataamara aggiunse: «Dopo tutto l'addestramento che ho avuto, il primo vampiro che incontro riesce a portarmi via senzanessun problema. Papà sarà furioso».«Non è colpa tua», gli disse Meredith. Anche se in effetti il padre di sicuro non aveva apprezzato.Forse era più triste che furioso, ma di certo si sarebbe aspettato un combattimento migliore.Cristian la guardò con aria allusiva, e i due fratelli scoppiarono a ridere. Strano, pensò Meredith: per un attimo, sedutasu quella panchina a ricordare che era la figlia di Nando Sulez, ebbe davvero la sensazione che Cristian fosse suofratello.«Avrei voluto conoscerti quando eri ancora umano», disse Meredith, «ma ho sempre pensato che avevamo tempo».Sarebbe stata una persona diversa se fosse cresciuta con un fratello? Le aggressioni di Klaus alla sua famiglia avevanocambiato i suoi genitori: quelli che appartenevano a questa realtà, e che non avevano perduto un figlio, erano menoguardinghi, più aperti verso i loro affetti. Se fosse cresciuta con quei genitori e con Cristian accanto, una persona con cuicompetere e con cui condividere il peso delle aspettative dei genitori, qualcuno che conosceva tutti i segreti della lorofamiglia, come sarebbe, oggi? Nel breve periodo in cui aveva frequentato Samantha, una cacciatrice come lei, e dellasua età, in effetti si era sentita meno sola. Un fratello avrebbe cambiato tutto, pensò Meredith con nostalgia.«Non sono interessato ai giochetti di Klaus», le disse Cristian. «Ora sono un vampiro, ed è già difficile fare i conti conquesto. Quando sono vicino a Klaus, è dura lottare contro le mie sensazioni. Ma io sono tuo fratello. Sono un Sulez. Nonvoglio perdere tutto questo. Non credi che dovremmo passare un po' di tempo insieme? Potresti imparare aconoscermi».Meredith deglutì, incerta. «Okay», disse infine, e allentò la presa sul coltello che nascondeva nella borsa. «Proviamo».Caro diario,devo essere preparata. Se le Guardiane non cambiano il mio incarico, tutti i miei Poteri convergeranno sulla ricerca esulla distruzione di Damon, e non di Klaus. Quindi dovrò riuscire a sconfiggere Klaus da sola, scoprendo i Poteri perconto mio.Oggi, per un'ora ho cercato di attivare altri Poteri insieme ad Andrés.E stato un totale fallimento.Andrés aveva deciso che poteva essere utile per me imparare a muovere gli oggetti con la mente, perciò ha sparsofoglietti di carta per tutta la casa di James e mi ha suggerito di pensare che avrei protetto i miei amici dal male facendolivolare in giro. E stato terribile immaginare Stefan, o Bonnie, o Meredith nella mani di Klaus, e volevo salvarli a tutti icosti. Sapevo che se fossi riuscita a muovere un paletto al momento giusto questo avrebbe fatto la differenza in unabattaglia. Ma non sono riuscita neppure a muovere una pagina.In ogni caso, ho intenzione di fare del mio meglio. Se non posso usare i miei Poteri di Guardiana per sconfìggere Klaus,lo affronterò a viso aperto. Se è vero che non posso essere uccisa dai poteri soprannaturali, ho un grande vantaggio.Meredith e Stefan mi hanno insegnato a combattere e a usare le armi.Klaus è e sarà sempre molto più pericoloso di Damon: quando ripenso al passato, ricordo quante volte Damon hasalvato persone innocenti invece di ucciderle: Bonnie, gli umani della Dimensione Oscura, metà degli studenti delnostro liceo. Me. Gli devo la vita. Ha avuto delle incertezze, ma ogni volta si è allontanato dal facile mondo dell'oscuritàed è tornato dalla parte giusta, dalla parte di chi salva i più deboli. So che in questo momento si è di nuovo perso...Elena si interruppe. Era un pensiero terribile per lei: Damon stava uccidendo di nuovo. Ma fece un lungo respiro eguardò in faccia la realtà....ma forse è colpa nostra, mia e di Stefan, che non gli abbiamo fatto capire quanto gli vogliamo bene. Il fatto è che unavolta riavuto Stefan, ho pensato soltanto a legarlo a me stretto stretto, perché non potesse più fuggire via. Damon habisogno di noi, anche se non lo ammetterà mai, e noi lotteremo contro l'oscurità che lo avvolge. Lo salveremo. Se soloriuscissi a spiegare alle Guardiane tutto quello che Damon ha fatto per noi in passato, anche loro capirebbero che non ècattivo. Saranno anche fredde e distaccate, ma non possono non essere razionali.Un tempo detestavo l'idea di essere una Guardiana, di diventare meno umana. Ma adesso so che ho ricevuto un dono,la sacra missione di proteggere il mondo.In quanto Guardiana, posso eliminare una parte di sofferenze, e di morte. Una volta che sarò in pieno possesso dei mieiPoteri, potrò usarli per sconfiggere il giusto obiettivo. Sono ancora io quella che può uccidere Klaus.«Ho chiamato Alaric e gli ho dato appuntamento tra un'ora», disse Meredith. «Prima dovevo parlare con voi». Mise uncucchiaino di zucchero nel tè con una calma e una precisione eccessive, ed Elena capì che si stava sforzando dimantenere il controllo per non cedere all'agitazione.Per la stessa ragione, Elena lo sapeva, Meredith aveva deciso di vedere loro tre in quel locale: Elena, Bonnie e Matterano i suoi più cari amici, quelli con cui aveva condiviso moltissime situazioni. Meredith amava Alaric e si fidava di lui

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con tutto il cuore, esattamente quanto Elena si fidava di Stefan, ma in certi casi, il bisogno di avere vicino gli amici erapiù forte.«Cristian dice che vuole conoscermi e farsi conoscere», disse Meredith. «Combattere al fianco di Klaus non gli interessa.Ma come posso credergli? Ho chiesto a Zander se riusciva a sentire qualcosa, a capire se Cristian era sincero, ma lui nonè sicuro. Dice che a volte se la persona è molto coinvolta emotivamente, i suoi Poteri non funzionano». E poi, rivolta aBonnie, aggiunse:«Zander sente molto la tua mancanza». E Bonnie abbassò lo sguardo.«Lo so», disse sottovoce, «ma io non sono e non posso essere la persona che lui deve avere a fianco». Elena le prese lamano da sotto il tavolino.Matt si massaggiò il collo. «Forse Cristian dice la verità», suggerì. «Chloe ha lasciato Ethan e ha smesso di succhiaresangue umano. Esistono vampiri buoni, lo sappiamo. Basta pensare a Stefan».«A proposito, Chloe dov'è?», domandò Bonnie. «Ormai stai sempre con lei».«Stefan l'ha portata a caccia nel bosco», spiegò Matt. «Da quando Klaus l'ha aggredita ha paura di stare da sola, maStefan dice che se vuole sopravvivere non può stare nascosta per sempre. E io più tardi ho una partita, perciò Stefan si èofferto di tenerle compagnia e di aiutarla a procurarsi un po'di sangue».«Se non altro, sembra che Cristian abbia voglia di provarci», disse Elena a Meredith. «Io invece ho paura di aver persoDamon. Era così violento. Era come se volesse a tutti i costi che lo lasciassi in pace». Elena aveva raccontato della scenabrutale e spaventosa a cui aveva assistito nella sala da biliardo, ma non aveva detto a Meredith e agli altri che Damonaveva confessato con grande leggerezza di aver ucciso una persona.Per qualche istante Meredith fissò la sua tazza di tè, poi guardò Elena. «Forse dovresti farlo», le disse.Elena scosse la testa, respingendo categoricamente l'idea, ma Meredith proseguì. «Elena, tu sai bene di cosa è capaceDamon», disse. «Se lui ha deciso di tornare di nuovo fra i cattivi, ha tutta la forza e l'intelligenza per essere moltocattivo. Le Guardiane forse hanno ragione. Forse lui è una minaccia anche peggiore di Klaus».Elena strinse i pugni. «Non posso, Meredith», disse disperata. «Semplicemente, non posso. E non posso permettere anessun altro di farlo. Lui è Damon, capisci?». E guardandola dritta negli occhi, aggiunse: «Cristian fa parte della tuafamiglia, ed è per questo che non puoi ucciderlo senza prima dargli una possibilità. Per me è uguale: Damon è diventatoparte della mia famiglia».Bonnie osservò a lungo le due amiche. «Che cosa possiamo fare?», domandò infine.«Ascoltate», disse Matt. «Meredith era una cacciatrice quando ha conosciuto Damon e Stefan, anche se noi non losapevamo. E lei odiava i vampiri, giusto?». Gli altri annuirono. «Perciò la domanda è: come sei riuscita a superarequesto fatto?», disse rivolto a Meredith.Meredith per un attimo fu sorpresa. «Be'», disse cercando di raccogliere le idee. «Sapevo che Stefan non era unassassino. Amava tantissimo Elena e cercava di proteggere la gente. Damon...».Esitò per un istante. «Per molto tempo ho pensato che forse avrei dovuto ucciderlo. Era mio dovere.Ma poi lui è cambiato. Combatteva dalla parte giusta».Abbassò di nuovo lo sguardo sul tavolo. «Il dovere è importante, Elena», disse in tono severo.«Cacciatrice o Guardiana, siamo noi ad avere la responsabilità di salvare gli innocenti dal male.Non possiamo ignorarlo». Gli occhi di Elena si riempirono di lacrime.«Appunto», intervenne ancora Matt. «E se Damon cambiasse di nuovo? Se riuscissimo a convincerlo a comportarsidiversamente... cioè, se voi riusciste a convincerlo perché di sicuro a me non darebbe ascolto, potremmo dimostrarealle Guardiane che non è più una minaccia».«Se le Guardiane non si preoccupano per Stefan, un motivo ci sarà, giusto?», osservò Bonnie.«Forse», disse Elena. Per un attimo sentì il suo corpo cedere, e istintivamente irrigidì la schiena.Non aveva intenzione di rinunciare, anche se l'idea di riportare Damon sulla buona strada era totalmente assurda.«Forse riesco a fargli cambiare idea. Non ha funzionato la prima volta, ma questo non significa che non possariprovarci», disse con un filo di ottimismo nella voce. Doveva solo insistere, e pensare a un modo per riportare Damondalla loro parte.«Oppure possiamo provare a rinchiuderlo da qualche parte finché non cambia idea», suggerì Matt, per scherzo. «ForseBonnie e Alaric potrebbero scoprire un incantesimo speciale per calmarlo. Di sicuro un modo lo troveremo».«Ma sì, certo», disse Meredith. Elena la guardò e l'amica le sorrise. «Forse Damon riuscirà a cambiare in tempo persalvarsi», continuò. «E forse Cristian dice la verità. Con un po' di fortuna nessuno dei due dovrà morire». Allungò ilbraccio sul tavolo e prese la mano di Elena. «Ci proveremo», le disse, ed Elena annuì, un po' più sollevata.«Almeno possiamo contare gli uni sugli altri», disse Elena, voltandosi verso Bonnie e Matt.«Succeda quel che succeda, non potrà mai essere una cosa così terribile se so di avere tutti voi al mio fianco».

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30Al contrario del fratello, che era addirittura entrato nella squadra della Robert E. Lee High School di Fell's Church,Damon non aveva mai amato giocare a football. Non gli erano mai piaciuti gli sport di squadra, neppure quando eragiovane e vivo. La sensazione di essere l'anonimo elemento di un gruppo, il semplice ingranaggio di una macchinaprogettata per portare una palla da una parte all'altra del campo gli sembrava un affronto alla sua dignità. Non aiutavail fatto che Matt — Mutt, doveva ricordarsi di dire — amava gli sport. Sui campi di Dalcrest lui era una vera star, equesto Damon doveva riconoscerlo.Ma adesso, circa cinquecento anni dopo il suo ultimo respiro, di certo non gli pesava perdere un po' del suo tempo perguardare un gruppo di umani giocare a portare la palla da una parte all'altra del campo.Anche perché, la folla... la folla delle partite di football gli piaceva molto.Erano tutti pieni di energia, e concentrati sulla stessa cosa; il sangue di tutta quella gente pulsava sotto la pelle eaccendeva loro il viso. Gli piaceva l'odore dello stadio: sudore, birra, hot dog ed entusiasmo. Gli piacevano le divisecolorate delle cheerleader e la possibilità che sugli spalti potesse scoppiare una rissa a causa degli animi surriscaldati.Gli piacevano i fari che illuminavano a giorno il campo durante le notturne, e il buio che avvolgeva la gradinate. Glipiaceva...Damon perse il filo dei suoi pensieri perché con la coda dell'occhio notò una ragazza dai capelli dorati che gli dava laschiena, seduta da sola nella zona dei posti scoperti. Ogni particolare di quella figura era scolpito per sempre nella suamemoria; l'aveva guardata con passione, con devozione e alla fine con odio. E al contrario di tutti gli altri, non l'avevamai confusa con Elena.«Katherine», sussurrò, rivolto verso di lei.Nessun umano avrebbe potuto sentirlo, nel frastuono dello stadio, ma Katherine si voltò e sorrise, un sorriso così dolceche l'istinto di aggredirla fu spazzato via da un'ondata di ricordi. La piccola e timida ragazza tedesca che era andata nellavilla del padre tanti anni prima, ai tempi in cui Damon era umano e Katherine una ragazza innocente come tante, gliaveva sorriso così.Perciò, invece di attaccarla, andò a sedersi accanto a lei e la guardò impassibile.«Damon!», disse Katherine, sorridendogli con una punta di malizia. «Mi sei mancato!».«Considerato che l'ultima volta che ci siamo visti mi hai tagliato la gola, non posso dire altrettanto», ribatté Damonseccamente.Katherine finse di dispiacersi. «Oh, Damon... ma perché non cerchi di dimenticare il passato?», suggerì facendo il muso.«Va bene. Ti chiedo scusa. Ormai è acqua passata. Viviamo, moriamo, soffriamo, guariamo. E adesso eccoci qua». Gliposò la mano sul braccio e lo guardò con i suoi occhi luminosi e acuti.Damon spostò la mano. «Che ci fai qui, Katherine?»«Non posso far visita ai miei fratelli preferiti?», replicò Katherine fingendosi offesa. «Sai bene che il primo amore non siscorda mai».Damon la guardò, attento a non lasciare trapelare alcuna emozione. «Lo so», disse, e per un attimo sembrò che quellarisposta cogliesse Katherine di sorpresa.«Io...», rispose incerta, ma subito ritrovò la sua sicurezza e sorrise. «Ovvio, devo qualcosa anche a Klaus», disse condisinvoltura. «In fondo, è lui che mi ha riportato in vita, e non posso che ringraziarlo per questo. La morte era davveroterribile». E con aria allusiva aggiunse: «Ho sentito che anche tu ne sai qualcosa».Era così. La morte era terribile, e almeno per quel che riguardava lui, i primi momenti dopo il ritorno erano stati anchepeggiori. Ma Damon cambiò subito argomento. «E come intendi ripagare Klaus?», domandò, in tono lieve, quasiindifferente. «Raccontami cosa passa per quella tua intrigante testolina, Fràulein».La risata di Katherine era sempre fresca e gorgogliante, come il ruscello di montagna a cui Damon l'aveva paragonata inun sonetto, quando era giovane. Quando era un idiota, pensò con una punta di rabbia. «Una signora deve avere i suoisegreti», rispose lei. «Ma se vuoi ti dico che cosa ho detto a Stefan, mio caro Damon. Non sono più arrabbiata con la tuaElena. Da me non deve temere nulla».«A essere sincero, non mi importa granché», rispose Damon, asciutto. Ma sentì un nodo di preoccupazione stringergli ilpetto.«Ma certo che non ti importa, cuore mio», osservò Katherine, e questa volta quando posò la mano sul braccio diDamon, lui non la spostò. «Bene», proseguì, «perché non ci divertiamo un po'?». Econ un cenno della testa indicò il campo, nel punto in cui le cheerleader agitavano i loro pompon.Damon sentì un flusso di Potere emanare da Katherine e subito dopo vide l'ultima ragazza della fila posare i pompon esorridere. Con un'espressione sognante e lontana iniziò a muoversi secondo le figure di una danza lenta e statica.Damon riconobbe subito i passi della basse danse, un ballo che non vedeva ormai da secoli.«Ricordi?», gli sussurrò Katherine. Damon non poteva scordarlo. Era il ballo che avevano danzato insieme, nel grandesalone della villa paterna, la sera in cui era rientrato dall'università in disgrazia e per la prima volta aveva posato gliocchi su di lei. Lui prese il controllo di un'altra cheerleader e la fece muovere secondo i passi della figura maschile. Un

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passo avanti sulla punta del piede, un altro passo avanti con il secondo piede, inclina il busto verso la dama, piedi uniti,mano sul fianco, la dama ti segue. Gli sembrò perfino di udire la musica.Gli spettatori iniziarono a distrarsi, a distogliere l'attenzione dai giocatori. La solennità della danza e l'espressioneassente sul viso delle ragazze li metteva a disagio e la vaga sensazione che qualcosa non stesse andando per il versogiusto pervase lo stadio.Katherine rise, un'altra delle sue risate argentine, e iniziò a battere il tempo con la mano mentre tutte le cheerleader sidividevano a coppie e danzavano seguendo lo stesso ritmo, con i costumi vivaci e colorati in totale contraddizione conciò che stavano facendo. Sul campo, i giocatori continuarono a giocare, ignari di tutto.Katherine sorrise a Damon, gli occhi scintillanti per un sentimento vicino all'affetto.«Potremmo divertirci molto insieme», disse. «Non devi cacciare da solo».Damon rifletté su quelle parole. Non si fidava di Katherine, sarebbe stato un vero sciocco a fidarsi di lei dopo tuttoquello che gli aveva fatto. Tuttavia...«Forse non è poi così male riaverti di nuovo da questo parti», rispose. «Forse».

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31Con il cellulare incollato all'orecchio, Elena premette il pulsante per riascoltare il messaggio. Non era possibile cheJames avesse detto quello che credeva di aver sentito.Ma il messaggio ripetè esattamente le stesse parole: «Elena, mia cara», diceva James con un filo di emozione nellavoce, «credo di aver trovato la soluzione. Forse c'è un modo per uccidere Klaus».Poi si interrompeva, come se stesse riflettendo, e riprendeva con un tono più prudente. «Però dobbiamo organizzare lecose con molta attenzione. Vieni a casa mia appena senti questo messaggio. Questo metodo... richiede un minimo dipreparazione». Elena guardò il telefono indispettita. James era sempre il solito: invece di essere così criptico, avrebbepotuto darle qualche altra informazione.Ma, se veramente aveva trovato qualcosa di utile... Elena sentì il cuore riempirsi di gioia e di emozione. Laconsapevolezza che nonostante Klaus fosse in giro, i suoi Poteri di Guardiana erano concentrati su Damon era per lei ungrosso peso. Aveva la costante e sgradevole sensazione che il disastro sarebbe potuto arrivare in qualsiasi momento,anche se non sapeva esattamente quando. Ma se James aveva un'idea, forse presto tutto sarebbe finito.Mentre attraversava rapidamente il campus inondato di sole per andare a casa di James, Elena inviò un messaggio aStefan per chiedergli di raggiungerla. Mentre lei cercava di espandere i suoi Poteri di Guardiana, lui aveva preso ilcomando del loro piccolo esercito anti-Klaus e si occupava anche della vigilanza del campus. Se James aveva trovato unasoluzione, Elena voleva che Stefan fosse lì, vicino a lei.Arrivata davanti alla porta del professore, Elena non aveva ancora ricevuto la chiamata di Stefan.Probabilmente era a lezione; le aveva detto che il suo seminario di filosofia era ricominciato, visto che ormai eratrascorsa una settimana dal ritrovamento del corpo di uno studente nel campus.Pazienza, al suo arrivo lo avrebbero aggiornato.Elena suonò il campanello e attese con impazienza. Dopo un minuto, riprovò. Poi bussò alla porta. Nessuna risposta.Ricordò che Andrés aveva deciso di passare il pomeriggio in biblioteca e poi avrebbe cenato fuori.Probabilmente James era dovuto uscire per una commissione. Elena lo chiamò al cellulare. Dopo averlo fatto squillaremolte volte, si accorse che sentiva il trillo del telefono all'interno della casa.Quindi era uscito e aveva dimenticato di portarlo con sé, pensò Elena, che nel frattempo aveva iniziato ad agitarsi. Maquesto non significava niente di particolare.Forse doveva semplicemente sedersi nella veranda e aspettare. Di lì a poco sicuramente sarebbe arrivato anche Stefan.Guardò l'orologio. Erano le cinque. La lezione di Stefan finiva verso le cinque e mezzo. Solo che ormai stava per farebuio e non voleva ritrovarsi ad aspettare da sola lì davanti. Non con l'esercito di Klaus in giro a far danni.E se invece fosse successo qualcosa? Perché James era uscito se le aveva chiesto di andare da lui il prima possibile? SeJames era in casa e non rispondeva... Elena sentì il cuore batterle forte. Cercò di guardare dalla finestra della veranda,ma le tende erano tirate e vide solo il riflesso del proprio viso preoccupato.Decise di entrare. Girò la maniglia. La porta non era chiusa e chiave e si aprì. Elena entrò. Certo, non era quello che leavevano insegnato — la zia Judith sarebbe inorridita se avesse saputo che era entrata in casa di qualcuno senzapermesso — ma era sicura che James avrebbe capito.Elena si era appena richiusa la porta alle spalle quando notò una macchia di sangue. Era grande, e ancora fresca, unalunga striscia rossa sulla parete del corridoio, come se qualcuno con le mani insanguinate si fosse pulito sul muro primadi uscire.Per un attimo Elena non riuscì a muoversi, poi avanzò di qualche passo. Qualcosa nella sua testa gridava: Fermati!Fermati!, ma i suoi piedi proseguirono come se non rispondessero più alla sua volontà, e dopo aver percorso ilcorridoio entrò nella ordinata cucina di James.Dalle finestre esposte a ovest entrava tutto il sole del tramonto. I vasi di rame appesi al soffitto riflettevano la luceilluminando tutti gli angoli.C'era sangue ovunque.Il corpo di James giaceva inerte sul tavolo della cucina. Bastò uno sguardo per capire che era morto. Doveva esseremorto: non si poteva sopravvivere con gli organi interni sparsi sul pavimento.Ma si avvicinò per controllare. Elena era come intontita, e si era coperta la bocca con la mano per trattenere isinghiozzi. Con un grande sforzo tolse la mano e deglutì per farsi coraggio.«James», chiamò, e gli premette le dita sul collo cercando di sentire le pulsazioni. La sua pelle era ancora calda ma ilbattito non c'era più. «Oh, James... no... no...», sussurrò Elena, terrorizzata e sconvolta per la morte del professore.Da studente si era preso un bella cotta per la madre di Elena, ed era il miglior amico del padre.Era un uomo un po' all'antica, e non sempre coraggioso, ma l'aveva sempre sostenuta. E poi era divertente e acuto, edavvero non meritava di morire in quel modo solo perché voleva aiutare Elena.Perché era ovvio che era morto per causa sua: Klaus era andato a cercarlo solo perché lui stava dalla parte di Elena.Attivò i Poteri di Guardiana e cercò di vedere l'aura di James per capire se poteva ancora fare qualcosa. Ma intorno a luinon c'era più nessuna aura. Il corpo di James era davanti a lei, ma tutto ciò che lo rendeva una persona non esisteva

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più.Elena iniziò a piangere ma subito cercò furiosamente di asciugarsi le guance. La sua mano era sporca di sangue, e lei,disgustata, la pulì su uno strofinaccio e poi prese il telefono. Aveva bisogno di Stefan. Solo lui poteva aiutarla.Nessuna risposta. Elena lasciò un breve messaggio e mise il telefono nella borsa. Doveva uscire di lì. Non potevasopportare di stare in quella casa un attimo di più, in quella stanza che puzzava di mattatoio e davanti al cadavere diJames che sembrava accusarla. Avrebbe aspettato Stefan sulla veranda.Mentre stava per uscire, però, qualcosa attirò la sua attenzione. L'unico oggetto immacolato di quella cucina era unfoglio di carta pregiata posato sul tavolo. Elena esitò. Quel foglio candido aveva qualcosa di familiare.Quasi contro la sua volontà, Elena si avvicinò al tavolo, prese il foglio e lo girò. Era bianco e pulito anche da quella parte.L’altra volta, ricordò, c erano delle impronte. Forse Klaus si era lavato le mani dopo averle passate sul muro. Elena sisentì invadere da una rabbia calma e profonda. Sembrava un tale affronto che Klaus avesse fatto quello scempio e poi...che si fosse lavato le mani nel lavello di porcellana pulito da James e asciugato con il suo asciugamano.Sapeva cosa doveva aspettarsi dal messaggio di Klaus, ma quando vide apparire le lettere nere sul foglio, Elena nonpotè fare a meno di irrigidirsi. Sembrava scritto con un invisibile coltello e lo lesse con un terrore crescente.Elena... Ti avevo detto che avrei scoperto la verità. Ha fatto in tempo a dirmi un sacco di cose prima che lo lasciassimorire.Alla prossima,KlausElena si curvò in avanti, come se avesse ricevuto un pugno in pieno stomaco. No, pensò. Per favore, no. Dopo tuttoquello che avevano passato, Klaus era riuscito ugualmente a scoprire il suo segreto. Adesso avrebbe trovato il modo diucciderla, Elena ne era certa.Doveva riprendersi. Doveva reagire. Scrollò le spalle e le braccia, poi prese un lungo respiro.Piegò con cura il biglietto e lo mise in tasca. Stefan e gli altri dovevano vederlo.Senza veramente rendersi conto di quello che faceva, uscì dalla casa di James e si richiuse la porta alle spalle. Sui jeansnotò una macchia di sangue, che cercò di pulire, poi sollevò la mano e fissò le strisce rosse. Un attimo dopo sentì unconato e vomitò nel cespuglio accanto alla porta.Lo sapeva. Klaus sapeva tutto.

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32«Grazie per aver accettato di vedermi», disse Cristian, seduto sulla panca dei pesi, e le sorrise.«So che non lo ricordi», aggiunse, «ma un tempo ci allenavamo spesso insieme».«Davvero?», disse Meredith, incuriosita. Non era difficile da credere: chiunque fosse cresciuto con il loro padre avrebbefatto l'impossibile per eccellere nelle discipline fisiche. «Chi di noi era il migliore?».Cristian sorrise ancora. «Questo era un argomento piuttosto controverso», disse. «Tu eri un po'più veloce di me, e te la cavavi meglio con il paletto e con le arti marziali, ma io ero più forte e più bravo con i coltelli econ l'arco».«Però». Anche lei era brava con i coltelli, pensò. Ovviamente, nella sua realtà — la vera realtà, ricordò a se stessa —aveva avuto molta più esperienza di vere battaglie rispetto a Cristian. «Forse dovremmo verificare se le cose sonoancora così», disse, con aria di sfida. «Sai, nel frattempo sono diventata piuttosto forte».Cristian sorrise divertito. «Meredith», disse. «Adesso sono un vampiro. Sono abbastanza sicuro di essere diventato piùforte anch'io».Ma un attimo dopo aver pronunciato quelle parole, cambiò espressione. «Un vampiro», ripetè.«Difficile crederlo, sai?». Scosse la testa. «Sono diventato la cosa che dovrei odiare di più al mondo». Alzò lo sguardo eguardò Meredith, scuro in viso.Meredith provò un moto di compassione. Ricordava bene come si era sentita prima che le Guardiane cambiasserotutto, quando aveva scoperto che Klaus l'aveva coinvolta nel male, una ragazza viva con denti da vampiro e il bisognoassoluto di sangue.Era passato. Ma adesso toccava a Cristian sentirsi confuso e scoraggiato.«Ci sono anche vampiri bravi», le disse Meredith. «Per esempio, i miei amici Stefan e Chloe.Hanno combattuto al nostro fianco contro Klaus. E Stefan ha salvato molte persone». Cristian ascoltò le sue parole eannuì, ma non replicò.«Bene», disse Meredith, imitando il tono pratico e operativo del padre meglio che poteva. Non voleva permettere aCristian di crogiolarsi nella tristezza. «Basta parlare. Fammi vedere cosa sai fare».Cristian sorrise, lieto del cambio di umore, e si stese sulla panca, le mani sul bilanciere sopra le sua testa.«Carica i pesi», le disse. «Ti voglio far vedere come sono diventato forte».Per un attimo, la situazione le ricordò dolorosamente Samantha, quando si allenavano insieme, e si stimolavano avicenda a dare di più, a resistere di più, a migliorare sempre. Forse, pensò Meredith mentre aggiungeva i pesi albilanciere, più tardi avrebbero potuto provare a combattere.Meredith si fermò a circa cento chili, che lui sollevò con una certa facilità. «Dai», le disse.«Questi li sollevavo già quando ero vivo».Non c'era nessuno in sala pesi perciò Meredith non doveva essere discreta nell'aggiungere i dischi. Cristian riuscì asollevare tutto il peso che lei aveva caricato, le braccia snelle ma muscolose che si muovevano come pistoni.«Sono fortissimo», disse sorridendo.Meredith riconobbe quel sorriso. Era lo stesso che aveva visto nel suo specchio le volte in cui di colpo si era scopertaveramente felice. Quando aveva preso la cintura nera. La notte dopo il primo bacio di Alaric.Forse potevano superare il loro passato, potevano fare squadra. Meredith immaginò lei e Cristian uscire insieme acaccia di vampiri, combattere fianco a fianco. Lui era un vampiro — un buon vampiro, disse a se stessa con convinzione,come Stefan — ma era anche un cacciatore. Un Sulez.«Adesso tocca a te», la sollecitò Cristian, appoggiando il bilanciere sul suo sostegno. Era così pesante che la sbarrastessa si fletteva a causa del peso.Meredith rise. «Sai bene che così non posso sollevarlo. Hai vinto tu, okay?»«Dài, prova», la incoraggiò Cristian. «Visto che sei umana, ti tolgo qualche disco. E poi sei anche una femmina».Meredith gli lanciò un'occhiata con cui gli diceva che il fatto di essere una ragazza non c'entrava nulla con il peso cheriusciva a sollevare, ma lui la guardò con un lampo divertito negli occhi. In quel momento, non era difficile credere chefosse suo fratello. Cristian iniziò a togliere i pesi e li sistemò al loro posto.«D'accordo», disse Meredith, e asciugò con pignoleria la panca, anche se non c'era la minima traccia di sudore:sembrava che sudare fosse una di quelle cose che i vampiri non facevano.Cristian lasciò sul bilanciere una settantina di chili, pesante ma sopportabile, e osservò Meredith iniziare la sua serie disollevamenti.«Allora», disse con disinvoltura, concentrata sulla barra. «Com'è?»«Com'è cosa?», rispose Cristian, distratto. Con la coda dell'occhio Meredith vide che stava controllando i pesi per capirequali aggiungere.«Com'è essere un vampiro».«Ah». Cristian si spostò in un altro punto della sala, fuori dalla vista di Meredith, ma la sua voce restò chiara, perfinosognante. «Un'esperienza pazzesca», rispose. «Posso sentire il suono e l'odore di qualsiasi cosa. Tutti i sensi sono

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amplificati, come fossero al mille percento. Dicono che avrò più Poteri. Che sarò in grado di trasformarmi in animali euccelli, e di indurre le persone a fare quello che voglio».Sembrava che la prospettiva lo entusiasmasse, e il suo tono perse la malinconia di quando raccontava di esserediventato qualcosa che odiava. Meredith avrebbe voluto vederlo in faccia.«Ancora?», domandò quando fu di nuovo vicino a lei, pronto ad aggiungere altri pesi. Sorrideva tranquillo, senza tradirealcuna emozione.«Okay», accettò Meredith. Ma invece di aiutarla ad appoggiare la sbarra al sostegno, la strinse con una mano eaggiunse i dischi a entrambe le estremità. Quando lasciò la presa, Meredith si lasciò sfuggire un gemito. Era più pesantedel solito, ma riusciva ancora a farcela. Quasi troppo pesante, ma non voleva che Cristian lo capisse. Anche se lui era unvampiro, Meredith non voleva rinunciare a competere con lui, e aveva intenzione di sollevare il maggior peso possibile.Cristian era molto vicino, e la osservava sollevare il bilanciere. Perciò si accorse di sicuro che dopo solo un paio diripetizioni, le braccia di Meredith iniziarono a vibrare.«I particolari sono molto più nitidi, lo sapevi?», disse d'un tratto. «Da qui riesco perfino a sentire il sangue che ti scorrenelle vene».Meredith sentì un brivido freddo e rimase senza fiato. C'era qualcosa di vagamente famelico nei modo in cui lui avevaparlato del suo sangue. «Prendi il bilanciere», gli disse. «E troppo pesante».Doveva alzarsi di lì.Cristian si avvicinò, ma invece di appoggiare il bilanciere al sostegno, aggiunse con calma altri pesi.«Basta», gemette Meredith. Adesso era veramente troppo pesante, e Cristian lo sapeva. Era in difficoltà, molto indifficoltà, ma doveva mantenere la calma, Cristian non doveva capire che era spaventata.«Hai dimenticato qualcosa riguardo ai vampiri», disse Cristian, che gli rivolse lo stesso sorriso ironico e fraterno diqualche minuto prima. «Papà sarebbe molto deluso se lo sapesse». Lasciò di colpo il bilanciere, che ricadde sul petto diMeredith, che non era più in grado di sostenerne il peso.Riuscì soltanto a rallentarne la caduta evitando che le schiacciasse il petto, ma rimase senza fiato e senza energia perconcentrarsi su qualcosa che non fosse proteggere se stessa dal terribile peso della sbarra. Non riusciva a respirare, nonpoteva parlare, e con il cuore che batteva come un martello si voltò verso Cristian ed emise un gemito soffocato.Nessuno poteva sentirla. Sarebbe morta lì, per mano di suo fratello.Cristian proseguì. «Durante l'addestramento, Meredith, dovresti aver imparato che un vampiro, subito dopo latrasformazione, è completamente concentrato sul suo signore».Forse riusciva a spostarlo, quel peso che la schiacciava e le toglieva tutta l'aria dai polmoni. Non riusciva a respirare.Nello spazio davanti a sé iniziò a vedere tanti puntini neri.«Per me conta soltanto Klaus, e ciò che Klaus vuole», le disse Cristian. «Se tu fossi una brava cacciatrice, ti sarestiricordata che il vincolo di asservimento supera qualsiasi cosa. Non so come hai potuto credere che la mia famigliaumana — e pronunciò le ultime parole con una sfumatura di disgusto nella voce — fosse più importante di Klaus».Meredith cercò invano di spingere via la sbarra. Il dolore le faceva girare la testa. Cercò di chiedere aiuto a Cristian conlo sguardo, disperata; va bene, pensò, sia quel che sia, se proprio vuoi scegli Klaus, ma non uccidermi così. Lasciamialzare, e fammi combattere per come sono stata addestrata.Cristian adesso si era inginocchiato accanto a lei. «Klaus ti vuole morta», sussurrò vicino alla faccia. «E anche tutti i tuoiamici. E io farò tutto ciò che posso per farlo felice». I suoi occhi grigi, uguali a quelli della madre, fissarono Meredith,mentre lui afferrava la barra e la schiacciava contro il petto della sorella.Per un attimo fu tutto nero. Poi nel buio sbocciarono dei fiori rossi. Meredith capì che era il suo cervello che inviavasegnali a caso perché iniziava a spegnersi per mancanza di ossigeno.Le sembrava di galleggiare, di essere sospesa in un mare nero. Sarebbe stato bello fermarsi, riposare. Era così stanca.Di colpo, però, una voce arrivò fino alla sua mente attraverso il buio. Era la voce del padre.Meredith!, la chiamò. Il tono era impaziente, deciso, ma non scortese. La stessa voce che da piccola la trascinava fuoridal letto per fare i suoi giri di corsa prima di andare a scuola, che la incoraggiava a studiare le tecniche di taekwondoquando lei non desiderava altro che uscire con gli amici. Sei una Sulez, disse la voce. Devi combattere!Con uno sforzo sovrumano, Meredith aprì gli occhi. Vedeva tutto offuscato, e si sentiva molto lenta, come se stessecercando di muoversi sott'acqua.Cristian adesso non le schiacciava più la sbarra contro il petto. Forse pensava che lei non avesse più voglia di lottare.Meredith cercò di raccogliere tutta la forza che riuscì a trovare dentro se stessa e con uno sforzo mostruoso spinse via ilbilanciere travolgendo il fratello, che finì a terra con l'attrezzo addosso.Prima di scappare via, con un'occhiata riuscì a cogliere l'immagine della faccia stupita e infuriata di Cristian. Sentivaappena le gambe, le mancava il fiato, e il cuore quasi le usciva dal petto, ma si precipitò fuori dalla sala pesi e poi dallapalestra, e si ritrovò a correre a perdifiato per i vialetti del campus.Quando si avvicinò al suo convitto, dovette rallentare perché adesso che la scarica di adrenalina che l'aveva fattareagire si era esaurita, le gambe non la reggevano più e il respiro le bruciava i polmoni. Meredith cercò di continuare a

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camminare, ma barcollava. Cristian poteva raggiungerla in qualsiasi momento. Anzi, doveva già essere alle sue spalle.Arrivata davanti al convitto, prese coraggio e si voltò. Non vide nessuno. Cristian voleva ucciderla da solo e in segreto, edi certo avrebbe tentato di rifarlo. Meredith aprì la porta e si trascinò all'interno, poi si lasciò cadere sui primi gradinidella scala.Stentava ancora a respirare, e iniziò a singhiozzare. Meredith aveva voluto conoscere il fratello, ma lui non c'era più.Ormai era entrato nella famiglia di Klaus.Mentre si massaggiava i muscoli, Meredith capì cosa avrebbe dovuto fare. Avrebbe dovuto uccidere Cristian.

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33Damon si leccò una goccia di sangue dal dorso della mano e sorrise a Katherine. Avevano incrociato una coppia chepasseggiava nel bosco subito dopo l'alba e avevano deciso di nutrirsi insieme. Adesso il sole era alto e i suoi raggifiltravano fra i rami proiettando ombre scure e dorate sul sentiero. Damon si sentiva sazio e soddisfatto, pronto arientrare a casa e a dormire per il resto delle ore di luce. Una vaga sensazione di disagio gli attraversò la mente quandoripensò al panico che aveva letto sul viso della sua vittima, ma la scacciò subito: era un vampiro, questo era quello chedoveva fare.Katherine si tamponò con eleganza gli angoli della bocca, poi inclinò la testa con la grazia di un usignolo. «Perché nonhai ucciso la tua vittima?», domandò.Damon, sulla difensiva, fece spallucce e si infilò gli occhiali da sole. A essere del tutto sinceri, non era sicuro del motivoper cui non aveva ucciso la ragazza di cui si era nutrito quel mattino, né del perché non aveva più ucciso nessuna dellesue vittime da quando aveva lasciato morta per strada la ragazza bionda che faceva jogging. Ricordava molto bene lafantastica sensazione che aveva provato, il brivido di piacere quando aveva sentito la sua vita passare dentro di lui, manon era impaziente di ripetere l'esperienza, non quando il gusto che gli era rimasto in bocca aveva il sapore del senso dicolpa. Non voleva provare alcun sentimento verso le sue vittime, voleva soltanto prendersi il loro sangue e andarsene.Se questo significava lasciarli vivi, andava bene così.Nascosto dietro gli occhiali da sole, non parlò di questo con Katherine ma si limitò a sorridere e a domandare: «E tu,perché non l'hai ucciso?»«Be', perché cerchiamo di non dare nell'occhio. Troppi cadaveri in giro, e nel campus si spargerà di nuovo il panico.Klaus vuole che gli umani siano felici e facili da cacciare, mentre lui elimina la tua ragazza e i suoi amici». Katherine silisciò i lunghi capelli biondi e osservò Damon con attenzione. Ma lui si mantenne impassibile. Qualunque cosa Katherinevolesse da lui, non l'avrebbe ottenuta facendo riferimento a Elena.«Ovvio», disse Damon. E poi aggiunse: «Direi che sei tornata dalla morte più saggia e più concreta, mia cara». Katherinegli sorrise e lo ringraziò accennando un inchino.Continuarono a camminare insieme, ascoltando i cinguettii dei passeri, dei fringuelli e dei pettirossi che svolazzavanotra i rami. Non troppo lontano, un picchio tamburellava contro il suo albero, e chissà quali creature terrestri simuovevano furtive nel sottobosco. Damon si stiracchiò voluttuosamente e pensò al suo letto.«Bene», disse Katherine, rompendo il piacevole silenzio che era sceso fra di loro. «Elena». Poi ripetè ancora il suo nome,allungando le sillabe come per assaggiarle: «Eee-lee-na».«E quindi?», domandò Damon. La sua voce era indifferente, ma lui senti uno sgradevole calore alla base del collo.Katherine lo fissò ammiccante, con i suoi occhi turchesi, e Damon rispose corrugando la fronte.«Parlami di lei», chiese Katherine. «Voglio sapere».Damon si fermò e si voltò verso Katherine. «Avevo capito che non eri più arrabbiata con Elena», disse, eludendo ladomanda. «Dovresti lasciarla in pace, Katherine».Lei scrollò le spalle. «Infatti non lo sono», disse. «Ma Klaus invece sì». Per un attimo le brillarono gli occhi. «Credevo chenon ti importasse più niente di lei. Sei stato piuttosto chiaro in proposito.Perché non mi vuoi dire nulla?»«Perché...». Damon sentì il cuore battere più veloce del solito, «.. .perché non mi va», disse infine.Katherine fece una piccola risata, un suono bellissimo, che ricordò il trillare di un campanellino.«Oh, Damon», disse, e scosse la testa con l'aria di volerlo bonariamente rimproverare. «Sarai anche cattivo in teoria, main pratica il tuo cuore è puro come quello di un bambino. Che cosa è successo?»Damon fece una smorfia e si voltò dall'altra parte. «Il mio cuore non è affatto puro», ribatté stizzito.«Sei diventato tenero», disse Katherine. «Non ti piace più fare del male alle persone».Damon si aggiustò gli occhiali sul naso e scrollò le spalle. «Passerà».Due mani fredde gli toccarono le guance, poi Katherine delicatamente gli tolse gli occhiali e lo guardò negli occhi.«L'amore ti cambia», disse, «e non passa mai, anche se questa è la sola cosa che desideri». Si alzò in punta di piedi e lobaciò gentilmente sulla guancia. «Non commettere i miei errori, Damon», disse tristemente. «Non combattere l'amore,qualunque forma prenda».Damon si toccò il punto dove Katherine l'aveva baciato. Si sentiva stordito. Katherine sospirò e gli restituì gli occhiali dasole. «A te non devo nessun favore, Damon», gli disse, «ma oggi sono sentimentale. In questo momento la tua Elena èin classe. Rhodes Hall. Pare che Klaus abbia intenzione di fare qualcosa, anche se non so esattamente cosa. Forse è ilcaso che tu vada fin lì e lo fermi».Damon prese gli occhiali e la fissò confuso. «Come?».Negli occhi di Katherine c'era un'espressione tenera e nostalgica, ma la sua voce era decisa.«Meglio sbrigarsi», disse, alzando un sopracciglio.Damon ebbe la sensazione che una creatura gli stesse artigliando il petto, qualcosa di enorme e di doloroso. Non eraquesto l'amore, in fondo?

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«Grazie», disse distrattamente. Si allontanò di qualche passo da Katherine e si mise a correre.Dopo qualche secondo, il suo corpo iniziò a cambiare: Damon aveva richiamato i suoi Poteri e si stava trasformando inun corvo. Un attimo dopo, si librava nell'aria ad ali spiegate per intercettare le correnti e volare velocemente verso ilcampus.

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34Elena uscì per ultima dalla lezione d'inglese per le matricole, ancora impegnata a ficcare il quaderno nello zaino. Nelchiudere la cerniera, alzò lo sguardo e si trovò davanti Andrés che l'aspettava pazientemente in corridoio, proprio fuoridall'aula.«Ehi, che succede?»«Stefan e io pensiamo che per te non sia il caso di stare da sola, in questo momento», le rispose, affiancandola. «Sia luiche Meredith hanno lezione, perciò ti accompagnerò io dovunque devi andare».«Ho anch'io i miei Poteri, sai?», ribatté Elena, un po' sulle sue. «Anche se ancora non sono proprio utili per combattere,non sono una fanciulla in difficoltà».Andrés annuì lentamente, solenne. «Perdonami», disse, in tono formale. «Io penso che nessuno di noi dovrebbe staresolo, adesso. La morte di James ne è la prova».«Scusami. So che è stata dura per te, soprattutto perché vivevi a casa sua».Andrés annuì di nuovo. «Hai ragione». E fece uno sforzo visibile per apparire più allegro, raddrizzando le spalle eappiccicandosi un sorriso sulla faccia. «Ma devo trarre vantaggio dalla possibilità che ho di passare più tempo con la miaaffascinante e bellissima amica».«Oh, in tal caso». Elena seguì il suo esempio e prese il braccio che le offriva. Mentre percorrevano il corridoio, losquadrò attentamente con la coda dell'occhio: malgrado il fare cerimonioso, appariva emaciato e sfinito, con rughe piùpronunciate agli angoli degli occhi.Dimostrava molto più di vent'anni, ora.La morte di James era stata un duro colpo per tutti. In qualche modo sembrava più reale di quella di Chad. Era avvenutain casa di James, non sul campo di battaglia, e questo provava che la morte poteva piombare loro addosso dovunque sitrovassero. Di recente, guardandosi allo specchio al mattino, aveva incontrato un volto più cupo, e occhi cerchiati digrigio.Eppure, dovevano andare avanti, gli uni per gli altri. Fischiettare nel buio, come diceva il proverbio, tenere alto il moraleraccogliendo ogni felicità possibile.Stringendo il braccio di Andrés con affetto, Elena domandò: «Come si sta nella camera di Matt?».La polizia aveva messo i sigilli a casa di James, così Matt aveva offerto all'ospite la sua camera inutilizzata, mentre luitornava ad accamparsi nella rimessa mezzo bruciata con Chloe.«Ah», replicò Andrés, rilassando il volto in un sorriso mentre salivano in ascensore e schiacciavano il pulsante per ilpiano terra. «La vita in dormitorio è molto strana per me. Succede sempre qualcosa».Elena stava ridendo al racconto di matricole ubriache che vagavano per la sua stanza alle tre del mattino e ai cortesi esconcertati tentativi di Andrés di reindirizzare l'intruso verso il proprio dormitorio, quando l'ascensore si arrestò con unsobbalzo violento.«Che succede?», domandò Elena, all'erta.«Forse un problema elettrico». C'era il dubbio nella voce di Andrés.Elena premette di nuovo il pulsante e l'ascensore emise un basso gemito e iniziò a tremare.Trattennero il fiato e si aggrapparono alle pareti per non cadere.«Provo il bottone d'emergenza». Elena lo schiacciò, ma non successe nulla.«Strano». Trasalì alla nota incerta della sua stessa voce. «Sembra sia disconnesso anche quello».Esitò. «Hai un'arma?». Andrés scosse la testa, pallido in viso.L'ascensore sbatacchiò di nuovo, poi andò via la luce, lasciandoli al buio. Elena trovò la mano calda di Andrés e l'afferrò.«E... pensi che possa essere una coincidenza?», sussurrò. Andrés le strinse la mano, rassicurante.«Non lo so». Sembrava turbato. «Vedi niente?»«Ma certo che no», stava per dire Elena. Era buio pesto. Non riusciva nemmeno a vedere Andrés, nonostantel'abbraccio protettivo in cui la serrava. Poi, si rese conto di cosa intendeva e chiuse gli occhi per un istante, perimmergersi in se stessa, richiamare il suo Potere.Quando li riaprì, vedeva la calda e vivida aura verde di Andrés rischiarare l'oscurità; ma, qualcos'altro aleggiava ai bordidella sua coscienza.Qualcosa di più nero del nero si stava avvicinando. Faceva male guardarlo, una specie di nebbia amorfa che sembravainsinuarsi nelle fessure tra le porte dell'ascensore. Elena chiuse gli occhi d'istinto e voltò la faccia, seppellendola controla spalla di Andrés.«Elena!», esclamò lui, allarmato. «Cosa c'è?».Per un lungo momento non accadde nulla. A un certo punto, suo malgrado, Elena si rilassò —Non c'è niente qui, pensò, sommersa da un'ondata di sollievo, non c'è niente.«Va tutto bene», disse ad alta voce, con una mezza risata d'imbarazzo. «Ho solo...».In quell'istante un pannello piombò dal soffitto dell'ascensore e l'oscurità li avvolse. Sussultando, Elena guardò in alto,cercando di vedere qualcosa.

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«Ciao, carina». Da un qualche punto sopra di loro provenne la voce di Klaus. «Mi aspettavi, non è vero?». Aveva il tonodi uno passato per caso di lì a fare due chiacchiere.«Ciao, Klaus». Elena cercò di mantenere il controllo della propria voce. Si strinse contro Andrés: si sentiva venire meno.«So cosa sei», canticchiò Klaus, compiaciuto. Si udì un sonoro tonfo metallico contro un fianco dell'ascensore che fecesobbalzare e mozzare il fiato ai due all'interno. «Conosco il tuo segreto».Bang. «Non posso ucciderti con la magia». Bang. «E non posso ucciderti con i miei vampiri».Bang. Elena si rese conto che stava picchiando con gli stivaloni neri contro il fianco dell'ascensore.Doveva essere seduto sull'orlo del portello d'emergenza sul soffitto, le gambe penzoloni. Un altro colpo di stivale e lasua voce si fece allegra: «Ma sai una cosa? Se taglio il cavo qui in cima, non sopravvivrai».Elena rabbrividì d'orrore. Prendeva ascensori tutti i giorni e mai prima d'allora si era resa conto di quanto fosserovulnerabili. La sua classe d'inglese era al nono piano. Penzolavano al di sopra di una caduta lunghissima e quei cavierano l'unica cosa che si frapponesse tra loro e una discesa precipitosa fino in cantina.Andrés, accanto a lei, prese un calmo respiro ed Elena vide l'aura verde vivo iniziare a espandersi.Capì che stava cercando di formare uno scudo di protezione attorno a loro, come aveva fatto nella battaglia controKlaus e i suoi vampiri.«Fermati», scattò la voce dall'alto, e un dardo d'oscurità saettò a colpire lo scudo verde non ancora formato del tutto,che emise uno schiocco e si sgonfiò come un pallone bucato. Andrés gridò di dolore.Elena lo circondò con le braccia, protettiva, ma lo sentì tendersi per provare di nuovo. Aveva il respiro aspro eirrequieto. «Il mio Potere viene dalla terra, Elena», sussurrò. «A quest'altezza, non so se posso essere d'aiuto. Ma ciproverò».Nel buio sopra di loro, Klaus scoppiò in una risata beffarda: «Potrebbe essere troppo tardi, ragazzo». S'udì uno stranosuono raschiarne; si ripetè, uno stridio di metallo contro metallo.«Sta tagliando il cavo», le soffiò Andrés in un orecchio. Di nuovo lo circondava una tenue luce verde, mentre tentava diespandere la propria aura, ma Elena sapeva che non sarebbe cresciuta abbastanza in fretta per difenderli.È la fine, pensò, e prese Andrés per mano. Non aveva mai avuto paura di cadere, ma adesso era terrorizzata.Si sentì un tonfo sopra di loro, e un altro, e una serie di tramestìi e colpi sordi, e all'improvviso un corpo precipitòdavanti a loro e atterrò pesantemente sul pavimento. Due corpi, si rese conto Elena, che si agitavano e ringhiavano ailoro piedi. Cercò di concentrarsi, respirando forte e, dopo un istante, vide di nuovo l'aura di Klaus, più buia del buio, e, acozzare contro di essa, un intreccio compatto di rosso sangue e grigio cupo e azzurro fiammante.«Damon», bisbigliò.Damon, a malapena visibile nell'ombra, riuscì a staccarsi l'altro di dosso e ad alzarsi vacillante in piedi. «Elena», chiamòa fatica, poi un fiotto di Potere di Klaus lo sbatté contro la parete. Grugnì di dolore. Elena cercò di allungarsi verso di luie tirarlo a sé, ma era incastrato, il corpo schiacciato contro la parete. Klaus fece una risatina cupa.Ci fu un lampo verde.All'improvviso, in un colpo solo, Damon era libero. Cadde tra le braccia di Elena e lei barcollò, sorreggendolo per ilsecondo necessario a fargli riacquistare l'equilibrio.«Portala fuori!», urlò Andrés. «Non posso trattenerlo!».Klaus, il volto contorto dalla rabbia, era intrappolato da una barriera verde lucente, il volto illuminato da verdi fulminiinnaturali. Mentre Elena guardava a bocca aperta, riuscì a forzare la barriera con una mano. Damon strinse la ragazzatra le braccia e balzò dritto nella tromba dell'ascensore.Elena ebbe a malapena il tempo di respirare, e già Damon apriva con un calcio la porta in cima al condotto ecapitombolavano sulle piastrelle fuori della porta all'ultimo piano. Non c'erano classi lì, solo uffici, il corridoio erasilenzioso.Damon la teneva ancora, sdraiato accanto a lei, e respirava pesantemente. Gli gocciolava del sangue dal naso; la lasciòper asciugarsi con la manica.«Dobbiamo tornare indietro», gli disse, non appena fu di nuovo in grado di parlare.Damon la fissò. «Stai scherzando? Ce la siamo cavata per un soffio».Elena, testarda, scosse il capo. «Non possiamo abbandonare Andrés».Lo sguardo fisso di Damon si inasprì. «Il tuo amico nell'ascensore ha fatto una scelta», disse freddamente. «Voleva cheti salvassi. Pensi che mi ringrazierà se torno lì invece di portarti via da questo posto?».Dal condotto dell'ascensore venne uno schianto che fece tremare l'intero edificio. Elena si alzò in piedi, appoggiandosialla parete per mantenere l'equilibrio. Si sentiva fragile, ma determinata, come fatta di vetro e acciaio.«Torniamo indietro tutti e due», disse. «Non mi importa cosa sceglierebbe Andrés. Non me ne vado senza di lui.Riportami giù».Damon indurì ancora di più lo sguardo, le mascelle contratte. Elena rimase impassibile, in attesa.Alla fine, Damon imprecò tra sé e sé e si alzò in piedi. Riafferrandola per le braccia e stringendola, disse: «Facceloscrivere, nel rapporto, che ho cercato di salvarti, e che sei la persona più dannatamente testarda che abbia mai

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conosciuto».«Anche tu mi sei mancato, Damon», replicò Elena, chiudendo gli occhi e premendogli il viso contro il petto.Si rese conto che durante la salita Damon doveva averla avvolta in qualche falda del suo Potere, perché erano arrivati inun attimo e senza che se ne accorgesse; scendendo, non sembrava importargli di proteggerla. I capelli le volavano versol'alto e la pelle del viso bruciava per il vento.Mi regge, si disse, ma il suo corpo urlava che stava precipitando. Atterrarono in un pennacchio di polvere in cimaall'ascensore, ed Elena soffocò e tossì per svariati minuti, asciugandosi le lacrime.Non appena riuscì di nuovo a parlare, disse, agitata, tastando l'oscurità intorno: «Dobbiamo entrare». L'ascensoredoveva essere collassato urtando il fondo: invece di una scatola lineare di metallo, sentiva bordi taglienti, lunghiframmenti di aste spezzate e quello che restava delle pareti.«Andrés potrebbe essere ancora vivo». S'inginocchiò e brancicò attorno a quel che era stato il soffitto. Il varcoattraverso cui erano passati Klaus e Damon doveva essere ancora lì, da qualche parte.Damon le afferrò le mani: «No. Non puoi forse vedere le auree adesso? Usa il tuo Potere. Non c'è nessuno qui».Aveva ragione. Non appena guardò davvero, Elena si rese conto che non c'era traccia del verde di Andrés, nédell'orribile, raggelante oscurità che Klaus portava con sé.«Pensi siano morti?», sussurrò.Damon scoppiò in una breve risata amara. «Improbabile. Servirebbe più di una caduta come questa per uccidere Klaus.E se il tuo amichetto umano con lo scudo fosse morto lì dentro, sentirei l'odore del suo sangue». Scosse il capo. «No,Klaus è scappato di nuovo. E ha portato il tuo Andrés con sé».«Dobbiamo salvarlo», disse Elena; quando Damon tardò a rispondere, lo afferrò per la giacca di pelle, tirandolo a sé perpoter affondare lo sguardo implorante nei suoi insondabili occhi neri.Damon l'avrebbe aiutata, che lo volesse o no. Non gli avrebbe permesso di andarsene un'altra volta.«Dobbiamo salvare Andrés».

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35Elena agì in fretta. Non poteva fermarsi, non poteva pensare a cosa poteva succedere ad Andrés, o che avrebbe potutoessere troppo tardi. Doveva rimanere fredda, concentrata. Prese il telefono e chiamò gli altri, mettendoli al correntedella situazione e dicendogli di prepararsi a combattere e di raggiungerla in una radura nei boschi al confine con ilcampus.«Portiamo la battaglia da Klaus», disse a Damon, infilando di nuovo il telefono nello zaino. «Equesta volta, vinceremo noi».Fecero tappa alla stanza di Elena per lasciare la sua roba e raggiunsero la radura quando gli altri erano già tutti lì. Bonniee Alaric sfogliavano un libro di incantesimi, mentre Stefan, Meredith, Zander e Shay discutevano la strategia dall'altrolato della radura. Elena notò che Zander lanciava spesso occhiate in direzione di Bonnie, ma lei era assorbita dal suolibro. Tutti gli altri erano occupati ad appuntire paletti o preparare le armi.Quando Elena fece la sua comparsa con Damon, cadde il silenzio. La mano di Meredith strinse più forte il suo bastone eMatt si tirò più vicina Chloe in un gesto protettivo.Elena guardava Stefan, che fece un passo avanti, le labbra sigillate.«Damon mi ha salvata da Klaus», annunciò, a voce abbastanza alta perché tutti potessero sentire.«Combatte per noi, adesso».Stefan e Damon si fissarono dai lati opposti della radura. Dopo un istante, Stefan fece un cenno col capo, a disagio.«Grazie».Damon alzò le spalle. «Ho provato a starmene alla larga, ma immagino che non possiate farcela senza di me». La boccadi Stefan s'increspò in un mezzo sorriso riluttante, poi i due fratelli stornarono lo sguardo; Damon si mosse versoBonnie e Alaric, Stefan si avvicinò a Elena.«Sicura di stare bene?», le chiese, sfiorandole le spalle come per accertarsi che non avesse ferite evidenti.«Sto bene», rispose e lo baciò. Stefan la avvicinò a sé e lei si abbandonò contro di lui, rassicurata dalla forza delle suebraccia che la circondavano. «Stefan, Andrés ha tenuto a bada Klaus. È stato così coraggioso, e ha detto a Damon diportami via. Mi hanno salvata». Singhiozzò. «Non possiamo permettere che Klaus lo uccida».«Non glielo permetteremo», promise il ragazzo, le labbra sui suoi capelli. «Arriveremo in tempo».Elena ricacciò indietro le lacrime. «Non puoi saperlo».«Faremo del nostro meglio. Dovrà bastare».Il sole era basso sull'orizzonte e la luce del pomeriggio si irradiava sull'erba tra gli alberi. Elena passò i minuti successiviad appuntire paletti. Non avevano legno dell'albero benedetto, ma il frassino bianco avrebbe comunque potuto ferireKlaus. E qualsiasi legno avrebbe ucciso i suoi discendenti vampiri.«Bene», disse infine Stefan, radunando tutti. «Penso non saremo mai più pronti di così». Elena passò lo sguardo sulgruppo: Meredith e Alaric, mano nella mano, forti e pronti a tutto; Bonnie, le guance accese e i riccioli in disordine, colmento alzato in atto di sfida; Matt e Chloe, pallidi ma determinati; Zander, per ora in forma umana, che lanciava sguardiincerti a Bonnie, fiancheggiato da Shay e dagli altri licantropi, uno spazio vuoto tra loro.Damon se ne stava da solo dall'altra parte del cerchio, e osservava Elena. Quando Stefan si schiarì la gola per parlare,spostò gli occhi su di lui. Elena pensò che apparisse rassegnato; felice no, ma nemmeno più arrabbiato.Stefan sorrise dolcemente a Elena al suo fianco e spostò lo sguardo sul resto del gruppo.«Troveremo Andrés. Oggi libereremo lui e uccideremo Klaus e i suoi vampiri. Siamo una squadra adesso, tutti noi.Nessuno — nessuno di noi e nessun altro al campus o in questa città — sarà più al sicuro finché Klaus e i suoi seguacivivranno. Abbiamo già visto di cosa sono capaci. Hanno ucciso James, che era gentile e accorto. Hanno ucciso Chad, cheera intelligente e leale». I licantropi si agitarono con rabbia e Stefan proseguì: «Sono settimane che attaccano personeinnocenti nel campus e in città, e prima di allora i vampiri dell'esercito di Klaus hanno sterminato degli innocenti in tuttoil mondo. Dobbiamo fare quel che possiamo. Siamo gli unici che possano opporsi alle tenebre, perché siamo gli unici asapere la verità». I suoi occhi intercettarono quelli di Damon e i due rimasero a fissarsi per un lungo momento, finchéDamon non distolse lo sguardo, giocherellando con i polsini della giacca. «E ora di prendere posizione».Ci fu un mormorio di approvazione e tutti si affaccendarono a raccogliere le armi e radunarsi per la battaglia. Elenastrinse Stefan in un abbraccio fortissimo, colma di amore. Si impegnava così tanto nel prendersi cura di tutti.«Sei pronta, Elena?», le chiese. Lei lo lasciò andare e annuì, passandosi in fretta una mano sugli occhi.Con un respiro profondo, si immerse in se stessa, pensando alla protezione, alla malvagità, e a innescare il suo Poterecome le aveva insegnato Andrés.Quando aprì gli occhi, sentì qualcosa di forte e quasi irresistibile tirarla verso Damon. Incapace di fermarsi, fece unpasso avanti, prima che la mano di Stefan la trattenesse per un braccio.«No», bisbigliò. «Devi trovare Klaus».Elena annuì, evitando lo sguardo sbalordito di Damon. Si sentiva profondamente attratta da lui: cercò di ignorare ilrichiamo, ma sapeva che veniva dalla sua missione di Guardiana. Richiudendo gli occhi, respirò e si concentrò su Klaus.Immagini le attraversarono la mente in rapida successione: il suo bacio freddo e brutale, la sua risata mentre prendeva

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a calci l'ascensore, il modo in cui aveva gettato il povero corpo martoriato di Chad attraverso la radura.Questa volta, quando aprì gli occhi, l'oscuro filo dentro di lei conduceva fuori della radura, lontano da Damon, e lepareva quasi di poter sentire sulla lingua la fitta, nera nebbia disgustosa che formava l'aura di Klaus.Elena si diresse dove il Potere la conduceva e gli amici la seguirono, camminando in formazione.Lungo il cammino, Zander, Shay e gli altri lican tropi che potevano trasformarsi senza bisogno della luna mutarono,trotterellando con le orecchie protese in avanti per intercettare qualsiasi segnale di attacco, le bocche aperte araccogliere gli odori portati dal vento.Costeggiarono i bordi del campus, tenendosi vicino agli alberi e quanto più possibile nascosti.Elena si aspettava che il suo Potere la guidasse nel profondo dei boschi, dove avevano combattuto l'ultima volta;invece, la trascinò verso il campus.Sul lato posteriore c'erano le vecchie stalle. Mano a mano che si avvicinavano, sembrava fosse il miasma dell'oscurità adattirarla verso quell'edificio, e una pari oscurità si stava ammassando su di loro. C'erano nubi nere sospese sulle stalle,basse e minacciose. Zander agitò le orecchie, irrigidì la coda, e uno dei licantropi in forma umana — Elena pensò fosseMarcus — inclinò il capo come in ascolto.«Zander dice che non è una tempesta normale», li informò, preoccupato.«No», disse Elena: «Klaus può manipolare il fulmine». I licantropi la fissarono in allarme per un momento, sollevando leteste irsute, le orecchie dritte, poi tornarono a concentrare la propria attenzione sulla porta delle stalle, ancora piùcircospetti di prima.«Sa che stiamo arrivando». C'era tensione nella voce di Stefan. «Le nuvole temporalesche sono lì apposta per dircelo. Epronto. Bonnie, Alaric, sui fianchi. State lontani dalla mischia, ma continuate a lanciare più incantesimi che potete.Damon, Meredith, Chloe, vi voglio con me in prima linea.Zander, fa' quel che credi meglio per il Branco. Matt ed Elena, armatevi ma rimanete alla retroguardia».Elena annuì. Una parte di lei voleva ribellarsi all'essere lasciata indietro mentre gli amici combattevano, ma avevasenso. Lei e Matt erano forti, ma non quanto vampiri e licantropi, e meno abili di streghe e stregoni a proteggere gli altrie se stessi. Se avesse dovuto uccidere Damon, probabilmente sarebbe apparso un qualche Potere magico da battaglia,ma non sapeva ancora quanto utile sarebbe stata l'abilità di leggere le auree e rintracciarle, ora che avevano trovatoKlaus.Nel raggiungere l'ingresso, ci fu una piccola pausa di esitazione. «Per l'amor del cielo», esclamò Damon, sprezzante.«Sanno che siamo qui». Con un colpo ben assestato dell'elegante stivale italiano, spalancò le porte.Fu solo grazie alla rapidità di riflessi dei vampiri che la scampò: non appena le porte si aprirono, una pesante traveappuntita che era stata imbracata con cura sopra di esse cadde di colpo. Damon scartò di lato per istinto, quantobastava perché il colpo lo prendesse alla spalla rispedendolo fuori, invece di attraversargli il petto. Afferrandosi la partelesa, si rannicchiò su se stesso e cadde nella polvere.Con un gesto automatico Elena corse avanti, a malapena cosciente che Matt fosse al suo fianco.Gli altri, i combattenti, irruppero nell'edificio: Meredith mulinando il bastone, il volto di Stefan contorto dalla rabbia, ilicantropi che balzavano nella mischia.Con l'aiuto di Matt, Elena tirò Damon da parte e gli tastò il petto per controllare la ferita: la trave gli aveva perforato laspalla, lasciando una lacerazione in cui avrebbe potuto infilare entrambi i pugni. Il terreno sotto di lui era già nero eimpregnato di sangue.«Ha un brutto aspetto», disse Matt.«Non mi ucciderà», ribatté Damon con un respiro secco, una mano stretta sulla ferita come se avesse potutoriaccostarne i lembi. «Tornate a combattere, idioti».Elena sbottò: «Potresti morire se passasse qualcuno con un paletto. Così non puoi difenderti». Di nuovo la pizzicava ilrichiamo del suo Potere. È indifeso, diceva una voce dentro di lei. Finiscilo.Percepì una presenza alle proprie spalle e si voltò in fretta mentre Stefan, allontanatosi dalla battaglia, si inginocchiavanel fango insanguinato accanto al fratello, osservandolo con occhio clinico. Si scambiarono un lungo sguardo, ed Elenacapì che stavano comunicando con la mente.«Prendi», disse Stefan; si morse un polso e lo accostò alla bocca del fratello. Damon lo guardò, poi bevve a lunghi sorsi,ben visibili lungo la gola.«Grazie», disse infine. «Lasciami qualche vampiro. Arrivo tra un secondo». Si sdraiò, inspirando profondamente. Elenavide la ferita ripararsi da sola, carne nuova e muscolo vivo sotto la pelle strappata.Stefan piroettò su se stesso e tornò di corsa alla stalla, con Matt alle calcagna. La ragazza si chinò su Damon nel fango eattese finché non lo vide sollevarsi stancamente sui gomiti e poi rimettersi in piedi.«Uff. Al momento non sono il massimo, principessa. Ma mi hanno rovinato la giacca, e questo mi dà una buona ragioneper combattere», disse, scoccandole una pallida eco del consueto sorriso smagliante.«Be', visto che sei arrivato fino a qui...», ribatté Elena, faticando a mantenere un tono leggero.Resistette all'impulso di sostenerlo, e quando arrivarono alle porte delle stalle, il vampiro camminava di nuovo con

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passo fermo.Dentro, era un inferno. Damon imprecò e passò oltre, gettandosi nel cuore del tumulto.Gli amici stavano combattendo con tutte le forze: le bastò uno sguardo per capirlo. Meredith era impegnata in unoscambio di parate e affondi a distanza ravvicinata con un vampiro dalla pelle olivastra e il piede veloce che non potevaessere altri che il suo gemello; Bonnie e Alaric stavano agli angoli opposti della stalla, le braccia in alto, salmodiando adalta voce un qualche incantesimo di protezione sui loro alleati; vide anche Andrés, legato e buttato contro un muro, macon le mani ammanettate premute contro la terra, a sollevare a sua volta uri verde flusso di Potere.I licantropi erano ovunque, combattevano in forma umana o lupina, insieme, come un Branco.Damon, Stefan e persino Chloe lottavano corpo a corpo con altri vampiri, mentre Matt con un gesto rapido piantò unpaletto nella schiena dell'avversario di Chloe.D'un tratto, la mente di Elena si schiarì. Era rimasta indietro, secondo gli ordini di Stefan, abituata a essere quellafragile, meno adatta degli altri a combattere. Ma adesso non poteva più essere uccisa dal soprannaturale.Stringendo forte un paletto, si gettò esaltata nel mucchio. Sentì uno strattone del Potere e si voltò, in tempo per vedereDamon dibattersi con uno dei vampiri di Klaus, i denti scoperti e insanguinati.Il Potere la esortava ad attaccarlo e dovette imporsi sulle proprie emozioni. Non Damon, si disse, recisa.Un vampiro dalla pelle scura l'afferrò alla spalla e la costrinse a voltarsi, gaio in viso, poi cercò di affondarle le zanne nelcollo. Con un colpo di fortuna e velocità, Elena gli infisse il paletto nel petto.Dapprima non andò abbastanza a fondo da raggiungere il cuore. Per un istante, sia Elena che il vampiro fissarono illegno fermo a metà strada, poi Elena radunò tutta la forza che possedeva e lo spinse dentro. Il vampiro si accartocciò aterra; sembrava pallido e, in qualche modo, più piccolo.Elena, preda di un trionfo selvaggio, cercò con gli occhi il prossimo.Ma ce n'erano così tanti. E, al centro di tutto, raggiante, stava Klaus. A pochi passi da lui, Stefan colpì il proprioavversario e gli si gettò contro, le zanne scoperte.Klaus sollevò le braccia verso un'apertura nel tetto, proprio sopra di lui: con uno scoppio di tuono, richiamò il fulmine.Klaus rise e lo diresse contro Stefan, ma Bonnie, veloce come un lampo, sollevò le braccia e gridò qualcosa in latino. Lasaetta mutò direzione a mezz'aria e colpì uno dei vecchi stalli, mandandone la porta in mille pezzi. Lo stallo iniziò abruciare allegramente. Klaus urlò, un acuto stridio di rabbia, e scagliò le mani in alto, mandando un secondo baleno abuttare Stefan gambe all'aria.Elena gridò e cercò di raggiungerlo, ma era troppo lontano, c'erano troppi combattenti di mezzo.Perché non riusciva a liberare altri Poteri? Poteva sentirli, dietro quelle porte chiuse a chiave nella sua mente, sapevache se solo fosse riuscita a raggiungerli sarebbe stata più forte.Di nuovo sentì il Potere che conosceva formicolare e senza volerlo si voltò, puntando lo sguardo su Damon che sgozzavaun nemico.Con una rivelazione improvvisa, capì. «Damon!», chiamò. Le fu subito accanto, asciugandosi il sangue dalla bocca.«Stai bene?», le chiese.«Combatti contro di me», disse Elena, ricevendo in risposta uno sguardo trasecolato. «Combatti contro di me! È cosìche posso sbloccare il mio Potere».Damon si accigliò. Poi annuì e la colpì su un braccio. Non forte, certo non per i suoi standard, ma le fece male e la spinseall'in dietro.Qualcosa in lei si spalancò e un fiume di Potere le si riversò dentro. D'un tratto, sapeva come fare.Era colma di Potere adesso, pronta a scatenarlo, ed era tutto concentrato su Damon. Non lui, ripetè al Potere, nonDamon. Con quello che parve uno sforzo fisico immenso, distolse l'attenzione da lui e la riportò su Klaus e Stefan.Agitò una mano nell'aria e una delle travi del fienile si staccò e impattò dritta contro il nemico, gettandolo all'indietromentre Stefan lottava per rialzarsi.Un debole squittio, a malapena udibile sopra il crepitio sempre più alto delle fiamme, ed Elena roteò e scorse Bonnieche scalciava lottando contro un vampiro che l'aveva afferrata. Una mano premuta sulla bocca le impediva di lanciareincantesimi.Con un sussulto d'ira, Elena scagliò un frammento di legno dentellato dritto attraverso il petto del vampiro e lo guardòcadere in terra senza vita.Klaus era di nuovo in piedi. Un altro suo discendente aveva abbrancato Stefan e, più vicino a Elena, Damon lottavacontro un enorme vampiro dai capelli rossi e l'aria brutale. Un vichingo, pensò Elena. Klaus stava richiamando fulminitutto intorno a lui e l'aria era satura di fumo nero e soffocante.No, pensò Elena, e avanzò verso Klaus, spingendo il fuoco davanti sé. Doveva stringerlo attorno a lui e tenerlo lontanodagli amici.Ora era circondata dalle fiamme, ma guardando indietro poteva vedere che l'aria era più limpida là dove gli altri stavanocombattendo e sembrava vincessero. Mentre guardava, Meredith premette il bastone contro il cuore del fratello e lui ledisse qualcosa. Erano troppo lontani e il rumore delle fiamme troppo alto per riuscire a sentirlo, ma il volto di Meredith

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si piegò nel più triste dei sorrisi, mentre lo pugnalava dritto al cuore.Elena tossì ripetutamente. Era difficile prende fiato tra tutto quel fumo e le bruciavano gli occhi.Usò la mente per avvicinare ancora di più le fiamme a Klaus; ma questo nuovo Potere la stancava tanto, la facevasentire stordita. Sentì che le stava sfuggendo, ora che non si occupava più di Damon, e cercò di trattenerlo. Tirò avanti,ansimò di nuovo. Klaus la stava fissando, si allungava verso di lei, le sue mani schifose, macchiate di fuliggine e fango esangue, le sfioravano il braccio.Raccolse le ultime energie e le fece defluire nel nuovo Potere, costringendo le fiamme ad alzarsi più alte tra i suoi amicie i discendenti, costringendoli a dividersi, costringendo gli amici ad arretrare, allontanarsi dal fondo della stalla, dove leifronteggiava Klaus. Attorno a loro due, l'incendio ruggiva.«Elena! Elena!», li sentì gridare e per un attimo scorse l'agonia sul volto di Stefan, appena prima che le mura crollasserosu di lei e il suo avversario, seppellendoli.

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36Stefan strinse forte i pugni, le unghie affondate nei palmi per allontanare la nebbia di disperazione che minacciava dirichiudersi su di lui. Elena non era morta. Non ci avrebbe mai creduto.Era notte fonda e finalmente i vigili del fuoco erano riusciti a estinguere l'incendio che aveva consumato le vecchiestalle. Stavano rimuovendo con cura le macerie, estraendone un corpo alla volta.Al di là delle barriere di protezione, schermati da una fila di alberi, Stefan e gli altri aspettavano.Meredith e Bonnie, quest'ultima in lacrime, si aggrappavano l'una all'altra. Andrés era seduto per terra, stordito esilenzioso, gli occhi fissi sui movimenti lenti degli uomini al lavoro.Stefan ricordò l'espressione di Elena quando il muro infuocato era crollato su di lei. Era parsa così rassegnata, cosìcalma, mentre gli lanciava un ultimo sguardo, oltre le fiamme sempre più alte, messe da lei stessa a dividerli. Il muroera crollato così in fretta... come poteva essere sopravvissuta?Una mano gli si posò sulla spalla, facendogli alzare lo sguardo su Damon, che fissava accigliato i resti della stalla. «Non èlì sotto, sai. Ha una fortuna sfacciata, non sarebbe mai rimasta intrappolata lì».Stefan si appoggiò un pochino alla mano del fratello. Era stanco e abbattuto dal dolore, la familiarità di Damon gli davaconforto. «E morta due volte prima di diplomarsi», disse amaro.«Non so se chiamarla fortuna. E tutte e due le volte è stata colpa nostra».Damon sospirò. «Però è tornata indietro», disse dolcemente. «Non tutti ci riescono. In effetti, quasi nessuno». Le labbrasi contrassero in un mezzo sorriso. «Io sì, ovviamente».Stefan si liberò con uno scatto, gli occhi di brace. «Non scherzare», esclamò in un basso mormorio irato. «Come puoifare dello spirito in questo momento? Non te ne importa nulla?». Ma non avrebbe dovuto sorprendersi. Damon avevapassato le ultime settimane a dimostrare —violento, capriccioso — quanto poco tenesse a loro.Damon lo guardò, fermezza negli occhi scuri. «Lo sai che mi importa. Anche quando non vorrei.Ma so che non è morta. Se non ti fidi della fortuna di Elena, pensa a Klaus. Ci sarebbe voluto altro che il fuoco perucciderlo».Stefan si impuntò: «Il fuoco uccide i vampiri, compresi gli Antichi».«Giocava con i fulmini», ribatté Damon e scrollò le spalle. «Non credo ci siano molte cose che potrebbero ucciderlo».I vigili del fuoco avevano terminato le ricerche, rivoltato ogni centimetro di legno e terra bruciati, e stavano coprendo lesalme con teli neri.Vado io a controllare, comunicò con la mente Damon al fratello, e si trasformò in corvo, volando nella notte peratterrare su un albero vicino ai cadaveri.Pochi istanti dopo era di ritorno, mutando di nuovo ancor prima di toccare terra, così che incespicò per qualche passo,meno preciso e misurato del solito. Stefan si rese vagamente conto che gli altri si stavano radunando attorno a loro, matenne gli occhi imploranti fissi su Damon. Aprì la bocca, ma non riuscì a pronunciare la domanda. Disperato, pensò:Elena è lì? E lì?Se Elena se n'era andata, se si era sacrificata per salvarli, Stefan sarebbe morto prima di giorno.Senza di lei, non aveva più niente.«Elena non c'è», rispose Damon, sbrigativo. «E nemmeno Klaus. Ci sono solo i discendenti».Bonnie singhiozzò, sollevata, e Meredith le strinse la mano così forte da sbiancarsi le nocche.«Deve averla presa Klaus», disse Stefan, recuperando una visione chiara del mondo ora che aveva uno scopo.«Dobbiamo trovarli prima che sia troppo tardi».I suoi occhi incontrarono quelli di Damon, color verde foglia e nero, che per una volta mostravano la stessa espressione:paura e speranza in eguale misura. Damon annuì. Le dita di Stefan, che stringevano la camicia del fratello, si rilassaronoe lo attirarono in un breve abbraccio, cercando di comunicargli tutto l'affetto e la gratitudine che non sarebbe mairiuscito a esprimere a parole. Damon era tornato. E se qualcuno poteva aiutarlo a salvare Elena, era lui.«C'è niente che puoi fare?», chiese Stefan ad Andrés. Si accorse lui stesso della nota di supplica nella propria voce.Gli altri apparivano agitati, in attesa della risposta. Bonnie si stava occupando della spalla di Shay, fasciando un bruttomorso di vampiro, e le dita abili s'irrigidirono per l'ansia fino a strappare un gemito al licantropo.«Spero di sì», rispose l'interpellato. «Ci proverò». Si inginocchiò e distese i palmi sulla terra sotto gli alberi.Guardandolo, Stefan sentì gli scricchiolii di Potere nell'aria. Andrés rimase immobile, gli occhi marroni semichiusi econcentratissimi. Dalla terra spuntarono nuovi fili d'erba che si avvolsero attorno alle sue dita.«Non è efficace quanto il Potere di tracciatura di Elena», spiegò, «ma a volte riesco a percepire le persone. Se è acontatto con la Terra, saprò dove si trova».Rimase lì seduto per quello che parve un tempo molto lungo, il volto calmo e attento. Quando affondò le dita nelterreno, scavando con le unghie alla base di una betulla bianca, sull'albero spuntarono nuove foglie.«Più in fretta», ordinò Damon, ma Andrés non si mosse. Era come se fosse sprofondato a tal punto in sé stesso — onella comunione con il suolo, Stefan non era sicuro di quale delle due — da non poterli più sentire.

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Stefan non ricordava di aver avuto un battito così accelerato da prima di diventare un vampiro.Apriva e chiudeva i pugni, resistendo all'impulso di scuotere Andrés. Il Guardiano stava facendo del suo meglio edistrarlo non l'avrebbe reso più veloce. Ma Elena, oh, Elena.Sentiva Matt, da qualche parte, battere i boschi chiamando: «Chloe! Chloe!». La giovane vampira era uscita dalle stalle,Stefan era sicuro di averla vista, nera di fuliggine ma per il resto incolume.Eppure, non riuscivano più a trovarla. Sentì una stretta di solidarietà al cuore. Anche la ragazza che Matt amava erascomparsa.«Strano». Andrés parlò per la prima volta dopo diversi minuti, e l'attenzione di Stefan tornò immediatamente a lui. Ilgiovane inclinò il capo all'indietro per guardare verso Stefan e Damon, la fronte increspata dalla confusione. «Elena èviva. Sono sicuro che è viva, ma è come se fosse sotto terra».Stefan era sollevato: viva. Guardò Damon per una conferma. «Le gallerie?». Damon annuì. Klaus doveva averla portatanei tunnel che si intersecavano sotto il campus, quelli usati dalla Vitale Society.Meredith, seduta con Alaric lì vicino, balzò in piedi. «Dov'è l'ingresso più vicino?».Stefan tentò di visualizzare il dedalo di passaggi che Matt aveva disegnato per lui prima della battaglia contro i vampiridella Vitale. C'erano diverse lacune ed entrate definite a metà nella sua mappa mentale, perché Matt non si era spintomolto lontano in quel che sembrava un labirinto vasto e articolato che si estendeva sotto il campus e forse anche sottola città. Ma, a quanto ne sapeva...«La stanza segreta dei vampiri», esclamò con decisione.

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37La spalla di Elena impattò contro qualcosa di duro, strappandole un gemito di protesta. Voleva solo dormire, ma c'eraqualcuno che non si decideva a lasciarla in pace. Le facevano male le gambe. La sua testa sobbalzò contro un ostacolo ela sua prospettiva cambiò. Si rese conto che qualcuno la tirava per le gambe, trascinandola sul terreno. I capellirimasero impigliati in qualcosa, strattonandole il capo prima di riuscire a liberarsi, facendola gemere di nuovo.Lentamente, aprì gli occhi.«Di nuovo con me, piccola?», disse Klaus, di ottimo umore. Elena si rese conto che era lui che la trascinava e, malgradoil buio, si era accorto benissimo del suo risveglio. L'ibrido rise, facendola rabbrividire con quel suono chioccio, oscuro einquietante. «Non posso ucciderti con i miei denti né con il mio pugnale, ma un comune coltello funzionerà, vero?Potrei legarti e gettarti nel lago, affogandoti. Che ne pensi?».Elena aveva la gola secca e le occorsero un paio di tentativi per riuscire a parlare; alla fine, biascicò: «Penso che Stefanverrà a salvarmi».Klaus rise di nuovo. «Il tuo caro Stefan non ti troverà. Nessuno può salvarti, questa volta».Non erano più stati nella stanza segreta da quando avevano portato via Chloe, la notte della resurrezione di Klaus.Quando arrivarono, nello scantinato c'era ancora un debole profumo di verbena, che fece pizzicare la pelle di Stefan.Meredith forzò la botola nel pavimento e Stefan si calò per primo, gli altri a seguirlo.Erano venuti tutti tranne Matt, armi alla mano, portando torce e lanterne, tesi e pronti a combattere. Matt era rimastoa cercare Chloe. Bonnie, Alaric e Meredith stavano vicinissimi gli uni agli altri, pallidi e inquieti. Anche Shay, Zander e glialtri licantropi restavano in gruppo, attenti a qualsiasi odore o rumore nell'oscurità. E Damon, Stefan e Andrésformavano l'avanguardia, che cercava con tutte le forze qualche segno di Elena.Gli sembrò di camminare per miglia e miglia, attraverso passaggi sotterranei che si restringevano sempre più, primatunnel di cemento, poi gallerie polverose scavate nella terra. Andrés si fermava spesso e toccava il terreno e le pareti,ascoltando con le mani prima di decidere da che parte andare.«È questa la strada che avete fatto quando avete riempito di fumo le gallerie?», domandò Stefan a Meredith mentreaspettavano impazienti durante una di quelle soste. Lei scosse la testa, gli occhi spalancati.«Siamo molto più in profondità di quanto credevo arrivassero i tunnel. Non avevo idea che la Vitale Society possedessequalcosa di tanto elaborato».«Mi chiedo se sia stata davvero la Vitale Society», si intromise d'un tratto Bonnie. «Usavano queste gallerie, ma nonriesco a liberarmi della sensazione che qui ci sia qualcosa di più antico. Di più inquietante».Alaric, senza dire nulla, sollevò la torcia fino a illuminare alcune rune incise nella roccia sopra di loro. «Non so leggerle,ma devono essere secoli più antiche di Dalcrest».Ora che Stefan ci faceva caso, l'oscurità che li stringeva da ogni parte sembrava respirare segreti senza tempo.Sembrava che, appena al di là del suo raggio visivo, qualcosa di enorme dormisse avvolto su se stesso, in attesa delrisveglio. Gli faceva male il petto per l'angoscia. Elena...Il tonfo regolare dei passi di Klaus cessò, ma Elena stava ancora scivolando in avanti. Sconvolta, si rese conto che lastava tirando verso di sé e si dimenò disperatamente, cercando di liberarsi con uno strattone.Ma era così stanca. Aveva usato una quantità di Potere maggiore di quanto avesse mai fatto prima e ora si sentivasvuotata e inerme. Riuscì a opporre solo una tenue resistenza, mentre Klaus la sollevava, tenendola in braccio con ladolcezza con cui avrebbe portato una bambina.«No», bisbigliò con voce roca.Sentì la mano di Klaus pettinarle indietro i capelli e rabbrividì di disgusto a quel leggero contatto nel buio. Si agitò unpoco, ma il Potere di lui la costringeva a restare al suo posto.«Avrei potuto lasciare che il fuoco ti uccidesse», sussurrò, la voce sommessa, quasi tenera. «Ma che poesia ci sarebbestata? Forse il mio morso non ti danneggia, ma voglio scoprire che sapore ha la ragazza che affascina tanto i vampiri.Non ho mai assaggiato una Guardiana. Hai il sangue particolarmente dolce?».Le premette la bocca sul collo ed Elena rabbrividì. Non riusciva più a combattere. Sentì le zanne farsi strada nella suacarne, rudi ed esigenti, e fu come se la gola le venisse aperta in due. Cercò di gridare, ma uscì solo un piccolo gemito.Non può uccidermi così, si sforzò di ricordare a se stessa. Eppure, sembrava che la sua vita venisse risucchiata via.Andrés era perfettamente immobile, una mano premuta contro la roccia.Stefan sbottò: «Che succede?».Andrés aprì gli occhi. Aveva un'espressione dolente. «L'ho persa. Era così vicina, ma ora... non è più in contatto con laTerra. Non so dove sia».«Elena! Elena!». Stefan cominciò a correre, gridando, allontanandosi dal gruppo. Non poteva essere scomparsa. Dietrodi sé, sentiva il rimbombo degli stivali di Damon tallonarlo.Lasciandosi dietro la luce delle torce, voltarono un angolo e s'immersero nella totale oscurità.Stefan convogliò il Potere verso gli occhi, per riuscire a vedere.Proprio davanti a loro, Klaus alzò la testa, col sangue che gli colava dalla bocca e gocciolava dal mento. Elena non si

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muoveva, i biondi capelli di seta aggrovigliati e sporchi penzolanti sul braccio di Klaus. Stefan ringhiò e si slanciò inavanti.Klaus si leccò le labbra con un lento gesto della lingua rosata, poi fremette, un sorriso sul volto.Lentamente, senza smettere di sorridere, crollò a terra. Elena piombò con un tonfo davanti a lui. Il cuore di Stefan perseun colpo mentre balzava verso di lei. La ragazza giaceva in mezzo al passaggio, immobile, pallidissima, la testa girata dauna parte, gli occhi chiusi.C'era sangue ovunque, e le macchiava il top, una volta bianco, di cupo rubino. Aveva la gola coperta di sanguecoagulato.E dietro di lei, inerte come un giocattolo abbandonato, giaceva Klaus. Malgrado non avesse addosso altro segno che unleggero rivolo di sangue all'angolo della bocca, Stefan non aveva dubbi: era morto. Nessuna creatura viva avrebbe avutoquell'aspetto: come se tutto quel che aveva fatto parte di lui fosse scomparso, lasciando al suo posto una bambola dicera.Soprattutto, non Klaus, il manipolatore di fulmini, che aveva brillato di sconcia collera dorata.Sembrava un cadavere mal conservato.Elena, però...Con meraviglia di Stefan, la ragazza si mosse appena e sbatté le palpebre.Stefan la prese tra le braccia. Era molto pallida, ma aveva il battito regolare. Damon torreggiava su di loro, una smorfiadi preoccupazione sulle labbra.«Vivrà», mugugnò, un po' a se stesso, un po' a Stefan.Il fratello aprì la bocca per acconsentire, ma ne uscì solo un singhiozzo. Si chinò su Elena e prese a cospargerle leguance, la bocca, la fronte e le mani di baci.«Stefan», mormorò lei, e sorrise. «Il mio Stefan».«Cosa è successo?», chiese Bonnie, mentre gli altri arrivavano correndo da dietro la curva. Solo Andrés si fermò appenali vide, gli occhi fissi su Elena, il volto colmo di meraviglia.«È Lei», bisbigliò.«Lei chi?», domandò Elena, il sorriso ancora confuso. Sollevò una mano e accarezzò la guancia di Stefan.Andrés sembrava non riuscire a parlare. Deglutì a vuoto, si leccò le labbra, ingoiò di nuovo, l'aria un po' persa. «C'è unaleggenda», disse infine, esitante. «Una leggenda dei Guardiani. Dice che un giorno verrà sulla terra l'Uno, promesso alleGuardiane, nato da una Guardiana o Guardiano Primario. Il suo sangue, il sangue di generazioni di Guardiani, saràl'anatema per le più antiche creature delle tenebre».«Che significa questo?», chiese Stefan, brusco.Andrés sollevò la torcia, illuminando il miserevole cadavere rimpicciolito di Klaus. «Significa», rispose, la voce colma dimeraviglia, «che è stato il sangue di Elena a uccidere Klaus. Ucciderebbe chiunque degli Antichi, quella manciata divampiri che sono sulla Terra dall'alba della civiltà umana... forse anche da prima. Significa che Elena è un'armapreziosissima».«Aspetta un attimo», interloquì Damon. «Non può essere. Io ho bevuto il sangue di Elena.Stefan ha bevuto il sangue di Elena».Andrés alzò le spalle. «Forse è fatale soltanto per gli Antichi. La leggenda non dice altro».«E il suo sangue è speciale», disse Stefan, con voce ruvida. Lui e Damon si scambiarono rapide occhiate d'imbarazzo.Elena possedeva un sangue corposo e inebriante, infinite volte più potente di qualsiasi sangue Stefan avesse maiassaggiato. Lui pensava che fosse perché erano innamorati.Bonnie si accigliò: «Ma... i tuoi genitori non erano Guardiani, giusto?».Elena scosse la testa, ma cominciava ad avere gli occhi annebbiati e non riusciva più a tenerli aperti. Aveva bisogno diriposo e di cure mediche adeguate.«Possiamo parlarne dopo», decise Stefan e si alzò, sollevando con cura Elena tra le braccia.«Deve uscire da qui».«Be', che sia lei l'Uno oppure no», disse Meredith, guardando il mostro defunto ai suoi piedi,«Elena ha ucciso Klaus». Tutti si raddrizzarono, senza rendersene conto, sorridenti. Non avevano più nulla da temere.

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38«Chloe?», chiamò Matt, guardingo, infilando la testa in uno dei capanni vuoti che circondavano le stalle bruciate. Il cieloa oriente cominciava a schiarirsi, segno della fine di una lunga notte. Doveva fare piano, perché c'erano ancora uominidei vigili del fuoco e del pronto soccorso nella zona ad accesso limitato, a smuovere le ceneri. Prese un profondorespiro, cercando di calmarsi. Chloe doveva essere lì da qualche parte, ricordò a se stesso. L'aveva vista dopo labattaglia, esausta ma senza ferite gravi. Forse si era solo allontanata, soggiogata dal sangue e dall'adrenalina delcombattimento. Sarebbe riapparsa presto.Il capanno era silenzioso e buio. Matt sollevò la torcia e la fece scorrere sulle pareti vuote del minuscolo spazio: nonc'era alcun posto in cui nascondersi. Mentre stava per passare oltre, fu richiamato da un debole strofinio. Dunque, nonera del tutto vuoto.Puntando la torcia a terra, scorse per un istante due occhi luminosi e una lunga coda, appena prima che un toposchizzasse via. Nient'altro.«Chloe!», sibilò, dirigendosi al vecchio granaio, l'unico edificio in cui non avesse ancora guardato.Tre licantropi, quelli usciti più malconci e insanguinati dalla battaglia, erano rimasti indietro quando gli altri erano partitialla ricerca di Elena e Klaus, ma ora se n'erano andati. Si erano offerti di aiutare Matt a cercare Chloe; lui, però, avevarifiutato con un gesto: a quel punto, era ancora convinto che l'avrebbe trovata da un momento all'altro.«Me la caverò», aveva detto a Spencer. «Tu occupati delle tue ferite. La troverò. Probabilmente è stupido preoccuparsitanto».Matt aveva sempre considerato Spencer uno con più gel che cervello, ma questa volta lo aveva inchiodato con unosguardo sorprendentemente perspicace. «Stammi a sentire», aveva strascicato nel suo accento da ricco perbenino tuttosurf, riuscendo a suonare rilassato nonostante la sofferenza: «Ti auguro il meglio possibile, sul serio, ma i vampiri...».«Lo so», aveva detto Matt, con una smorfia. Lo sapeva davvero; avrebbe potuto scrivere un libro sulle ragioni per nonuscire con un vampiro, ma era il periodo in cui pensava a Elena, non a se stesso, e prima di incontrare Chloe. Ora eradiverso. «La troverò», aveva detto, per qualche strana ragione toccato dalla preoccupazione di Spencer. «Graziecomunque. Davvero».Guardando Spencer e i suoi amici allontanarsi, si era sentito mancare il coraggio, come se, una volta scomparsi ilicantropi, dovesse rimane solo al mondo.Dove poteva essere Chloe? Erano usciti spalla a spalla, prima che metà del tetto collassasse.Chloe tremava, aveva le pupille dilatate e le mani sporche di sangue, ma era con lui.E poi, in qualche punto dell'ondata di panico quando si erano resi conto che Elena era ancora sotto le travi infuocate nelmomento in cui era venuto giù tutto, Chloe era scomparsa.Pensare a Elena nelle grinfie di Klaus gli fece provare il morso dei sensi di colpa. Era Elena, la sua amica, e la ragazza chea lungo era stata il sole al centro della sua orbita. Voleva cercarla insieme agli altri. Ma doveva anche trovare Chloe.Il granaio era pericolante, uno dei battenti delle grandi doppie porte pendeva di sghembo da un solo cardine. Matt siavvicinò con cautela — non sarebbe stato di nessun aiuto a Chloe se gli cadeva addosso.La porta mezza rotta tremolò e scricchiolò, ma non cadde, mentre scivolava furtivamente nell'apertura tra il battente eil muro, illuminando l'interno con la torcia. Corpuscoli di polvere volteggiarono a mezz'aria nel fascio di luce.Dentro, qualcosa si mosse e Matt avanzò, spostando la torcia da una parte all'altra. Sul fondo, vide qualcosa di bianco.Avvicinandosi, si rese conto che era il volto terrorizzato di Chloe. Dopo una così lunga ricerca, Matt impiegò un istante arendersi conto di cosa stava accadendo: la prima reazione fu di sollievo— grazie a Dio l'aveva trovata, finalmente. Poi si rese conto che era coperta di sangue e che tra le sue braccia, muto,giaceva Tristan.Per un istante, Chloe ammiccò verso il ragazzo con occhi vacui; poi la costernazione le riempì il viso, nel rendersi contodi cosa stava succedendo. Spinse via Tristan con un moto di orrore. Il licantropo emise un debole grido sofferente nellosbattere a terra con un tonfo, poi rimase immobile.«Oh no», esclamò Chloe, inginocchiandosi accanto a lui. «Oh, no. Non volevo».Matt corse verso di lei. «È vivo?».Chloe si era impegnata a fondo e Matt le era rimasto accanto lungo tutta la strada, aiutandola il più possibile. La vita eragià abbastanza ingiusta. Ma ora la vampira era piegata su Tristan e lo scuoteva con mani febbrili, cercando di svegliarlo.Matt si chinò dall'altro lato di Tristan e cercò di capire quanto fossero gravi le ferite. Dio, quel povero ragazzo perdevasangue da ogni parte. Per Chloe doveva aver avuto il profumo di un banchetto.«Mi dispiace così tanto, Tristan», sussurrò lei. «Ti prego, svegliati».«Tristan, mi senti?», chiamò Matt, auscultandogli il polso. Il cuore di licantropo di Tristan batteva lento e regolare, ilrespiro era buono. Il Branco aveva la pelle dura. Tuttavia, aveva lo sguardo annebbiato e non rispose quando Matt lochiamò di nuovo per nome, scrollandolo delicatamente.«Penso di averlo, uhm, fatto rilassare», disse Chloe, affranta. «Come i conigli».«Dovremmo trovargli aiuto», ribatté Matt brusco, senza guardarla.

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Nessuna risposta. Matt sollevò io sguardo e vide l'orrore e la colpa sul viso della ragazza, lacrime le scorrevano sulleguance morbide, rigando il sangue attorno alla bocca. Una volta, scherzando, gli aveva detto che diventava orribilequando piangeva, e adesso si strofinava il naso gocciolante con il dorso della manica. Nella semioscurità, i suoi occhisembravano oscuri pozzi di angoscia.«Andiamo», le disse, addolcendo la voce. «Non è la fine del mondo. Ricominceremo. Non avresti dovuto combattereproprio ora. Per te è stata troppo dura, trovarti in mezzo a tanta agitazione. A tanto sangue». Suo malgrado, la sua vocesi incrinò sulla parola sangue. Matt ingoiò a vuoto e proseguì, cercando di assumere un tono ottimista: «A tutti capitadi scivolare quando si lotta contro una dipendenza. Torneremo alla rimessa delle barche, lontano da tutti. Andrà tuttobene». Persino a lui, la sua voce suonava disperata.Chloe scosse la testa. «Matt...», esordì.«È stato un errore», la interruppe lui, con fermezza. «Tristan starà bene. E anche tu».Chloe scosse di nuovo la testa, con più forza, gettando in ogni direzione i riccioli che Matt adorava. «Non io», disse,infelice. «Non starò bene. Ti amo, Matt, davvero». La voce le si spezzò in un singhiozzo, poi prese un profondo respiro ericominciò: «Ti amo, ma non posso vivere così.Stefan aveva ragione; questo non è vivere davvero. Non sono abbastanza forte. Non miglioro».«Tu sei abbastanza forte», ribatté Matt. «Ti aiuterò io». Fuori stava spuntando l'aurora, rivelandogli le striature difuliggine e sangue sulla pelle macchiata di lacrime di Chloe, i cerchi profondi attorno ai suoi occhi.«Sono così felice di esserti potuta stare accanto per un po'. Ti sei preso cura di me». Si protese oltre il corpo svenuto diTristan e lo baciò. Aveva le labbra morbide, sapevano di rame e di sale.Cercò a tentoni la sua mano, premendogli nel palmo qualcosa di piccolo e duro.Scostandosi, disse, la voce sottile: «Spero che un giorno troverai qualcuno che ti meriti, Matt», e si alzò.«Non...». Matt, nel panico, tese una mano per afferrarla. «Ho bisogno di te, Chloe».Chloe abbassò lo sguardo su di lui, l'espressione calma e sicura. Sorrise appena. «È la cosa giusta», gli disse.Pochi passi e stava già scivolando attraverso la fessura tra le porte. L'alba era in pieno fulgore; la sagoma della vampiraera scura contro la luce rosa e oro.Seguì uno scoppio di fiamma, e Chloe si sgretolò in un mucchietto di cenere.Matt abbassò lo sguardo sull'oggetto che gli aveva messo in mano. Era una spilla, ricavata da una gemma blu, a forma diV.Ne aveva una anche lui: il distintivo della Vitale che Ethan aveva dato a tutti loro, al tempo in cui lui e Chloe e gli altriadepti erano tutti umani, tutti innocenti. Il ciondolo di lapislazzulo che difendeva Chloe dalla luce del giorno.Strinse forte il pugno attorno alla spilla, ignorando il dolore dei bordi taglienti che gli penetravano nel palmo, la golalacerata da un singhiozzo.Presto avrebbe dovuto alzarsi. Tristan aveva bisogno di aiuto; ma, per un istante, Matt chinò il capo e si abbandonò allelacrime.

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39Stefan ed Elena non riuscivano a smettere di toccarsi. Tocchi leggeri, intrecciarsi di mani, un bacio dolce, o un pizzicottosulla guancia.«Sei viva», le disse Stefan con occhi sbarrati. «Credevo di averti persa».«Mai», disse lei, mettendosi a sedere sul letto e stringendolo a sé. «Non vado da nessuna parte senza di te».Klaus era morto. Elena invece era sopravvissuta. Era stupita, piena di gioia.Ma Stefan le scostò una ciocca di capelli dal viso, e l'espressione nei suoi occhi — amorevole, ma in qualche modoancora condizionata dalla paura — sminuiva la sua effervescenza.«Cosa c'è?», gli chiese, all'improvviso preoccupata.Stefan scosse la testa. «Il compito non è finito», rispose. «I Guardiani possono ancora portarti via».Elena aveva cercato di scacciare il pensiero con tutte le sue forze, ma alle parole di Stefan si immobilizzò e lasciò chequell'idea la attraversasse: i Guardiani si aspettavano che lei uccidesse Damon. E come punizione, se si fosse rifiutata,avrebbe dovuto abbandonare la Terra. Perdere Stefan.«Ti amerò sempre, qualunque cosa succeda», disse Stefan. Il suo sguardo era teso, ed Elena sapeva quali erano le paurecontro cui combatteva: la paura di perderla dopo tutto quello che era accaduto, e la paura di perdere Damon.«Qualunque cosa deciderai, Elena, mi fido di te». Alzò la testa, e il suo sguardo era fermo e sincero, gli brillavano gliocchi.Elena alzò la mano e gli passò le dita sulla fronte, cercando di cancellare le rughe di preoccupazione. «Penso...»,sussurrò, «penso di conoscere il modo per salvare sia me sia Damon.Almeno spero».Proprio in quel momento, Andrés bussò piano alla porta socchiusa della stanza di Elena e lei lo salutò con un sorriso.«Come ti senti?», chiese, serio. «Posso passare più tardi se stai riposando».«No, resta», rispose lei, facendogli cenno di sedersi sulla sedia accanto al letto. «Voglio che mi aggiorni».«Se vuoi parlare dei Guardiani, posso lasciarvi soli, e magari prendere qualcosa da mangiare per Elena», disse Stefan.«Non mi andava di lasciarla qui da sola».Stefan la baciò di nuovo e lei cercò di infondere nel loro abbraccio tutto l'amore e le rassicurazioni che desideravadargli. Quando lui si staccò, le rughe sul suo viso erano più leggere, rilassate. Qualunque cosa Elena avesse in mente, latranquillizzò con lo sguardo: lui sarebbe stato dalla sua parte. Quando se ne andò, Andrés si sedette accanto al letto.«Stefan si sta prendendo cura di te?», chiese.«Oh, sì», rispose lei, stiracchiandosi, e per un attimo cercò di pensare ad altro. Era quasi morta, di certo aveva il dirittodi essere coccolata e viziata almeno per un giorno. «Prima ha provato a prepararmi una specie di bevanda col lattecaldo. A quanto pare sono in un momento delicato della mia ripresa». Iniziò a ridere, ma si bloccò appena vide losguardo negli occhi di Andrés.«Cos'hai?», chiese in un tono diverso, più tagliente, mettendosi a sedere. «Che è successo?».Andrés sminuì con un gesto della mano. «Niente. Solo che forse sarebbe meglio parlare quando ti sentirai meglio.Quello che devo dirti non è una cattiva notizia, non penso, però è...», esitò.«Sorprendente».«Parla», ordinò Elena. «Oppure mi preoccuperò ed entrerò in coma». Intravide un barlume d'ansia in Andrés e siaffrettò ad aggiungere: «Scherzo».«Bene allora», esordì Andrés. «Sai che ti abbiamo ritrovata nel tunnel, giusto?».Elena annuì. «Klaus era morto», disse. «E tu hai detto che c'è una leggenda secondo la quale il sangue di un Guardianonato da un Guardiano Primario ucciderebbe gli Antichi». Scosse la testa.«Questa è la prima cosa che non capisco. Come facevo ad avere una storia familiare così e a non saperlo?».«Anch'io fatico a capire. I Guardiani Celesti non hanno figli, non che io sappia, almeno. Non sono...», si accigliò, «...persone. Non esattamente. O almeno è quello che credevo. Forse entrambi abbiamo parecchie cose da imparare».Mise la mano dentro la giacca e tirò fuori un piccolo libro rilegato in pelle. «Ti ho portato una cosa che spero farà lucesu alcuni dei tuoi dubbi. Ho iniziato a leggerlo, poi però ho capito che era destinato ai tuoi occhi, non ai miei. La poliziaalla fine mi ha permesso di tornare a casa di James, e l'ho trovato lì. Penso sia per questo che ti aveva chiamata, quandoha detto che aveva trovato un modo per uccidere Klaus, e che l'abbia fatto prima che Klaus lo uccidesse. Dev'esserglistato mandato dopo che i tuoi genitori sono morti».«I miei? Cos'è?», chiese Elena prendendo il libro. Sembrava stranamente fatto per le sue mani, come se le fosse sempreappartenuto.Andrés esitò per un lungo momento, prima di rispondere.«È meglio che tu lo scopra da sola», disse infine. Si alzò e le sfiorò la spalla. «Ora vado».Elena annuì e lo guardò allontanarsi. Andrés le fece un lieve sorriso e chiuse la porta dietro di sé, e lei tornò aconcentrarsi sul libro. Era semplice, senza decorazioni o parole goffrate sulla copertina, e la pelle era morbida e di colormarrone chiaro. Aprendolo, scoprì che si trattava di un diario, scritto a mano in un'affascinante calligrafia tonda e larga,come se il suo proprietario avesse avuto fretta di annotare un milione di pensieri e sensazioni sulla pagina.

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"Non lascerò che catturino Elena", lesse, le parole circa a metà della prima pagina. Poi si accorse che c'erano anche altrinomi: Thomas, suo padre, Margaret, sua sorella. Era il diario di sua madre?Si sentì un nodo al petto, e dovette sbattere le palpebre più volte. La sua bellissima, posata madre, quella che era statacosì abile con le mani e con il cuore, quella che Elena aveva ammirato tanto...Leggere le sue pagine era come sentirla parlare di nuovo.Elena si ricompose e riprese a leggere.Elena ha compiuto dodici anni ieri. Stavo prendendo le candeline dall'armadio quando il marchio dell'eternità sul miopalmo ha iniziato a prudere e bruciare. Dopo così tanti anni era quasi sbiadito fino a diventare invisibile, ma quando hoguardato la mano, all'improvviso l'ho visto nitido come il giorno in cui venni iniziata al mio dovere.Sapevo che le mie sorelle mi stavano chiamando, per ricordarmi quello che credevano gli dovessi.Non lascerò che catturino Elena.Né ora, né mai.Non ripeterò tutti gli errori che ho compiuto così disastrosamente in passato.Thomas mi capisce. Nonostante l'accordo che avevamo stretto da giovani, quando Elena era solo un'idea nella suamente anziché la persona divertente, determinata, intelligente che è adesso, capisce che non possiamo lasciarlaandare.E Margaret, la piccola Margaret, i Guardiani vorranno anche lei, alla fine, a causa della persona che ero.I Poteri che le mie piccole avranno sono quasi inimmaginabili.E così i Guardiani Celesti, un tempo mie sorelle e miei fratelli, vogliono mettere mano su di loro il prima possibile,trasformarle in armi e non in bambine, guerriere dagli occhi di ghiaccio senza più traccia di umanità.Un tempo gliel'avrei permesso. Mi sono allontanata da Katherine quando era piccolissima, ho finto di essere morta, cosìche potesse compiere il destino che credevo fosse inevitabile e giusto per lei.Elena smise di leggere. Sua madre aveva un'altra figlia? Il nome doveva essere una coincidenza: la Katherine checonosceva, quella di Damon e Stefan, aveva centinaia di anni più di lei. Ed era ben lontana dall'essere un Guardiano.C'erano diversi Guardiani che somigliavano moltissimo a Elena, comunque. Ripensò con gli occhi della mente alle facceche aveva visto nella Corte Celeste: pragmatiche donne bionde dagli occhi blu, precise e fredde. Una di loro potevaessere sua sorella? Si sentiva a disagio: Katherine, la sua immagine riflessa. Continuò a leggere.Ma Katherine era una bimba malaticcia, e i Guardiani le voltarono le spalle, scartarono il potere che avrebbe potutodiventare. Non avrebbe assunto il suo Potere per anni, e comunque non pensavano sarebbe vissuta abbastanza pervedere quel giorno. Una bambina umana che forse non sarebbe cresciuta non valeva il loro tempo.Il mio cuore era addolorato per lei: avevo abbandonato mia figlia per niente. La osservavo crescere da una distanzaprudente: carina e vivace nonostante le malattie, coraggiosa anche nell'ombra del suo dolore, adorata dal padre eamata da tutta la casa. Non aveva bisogno di una madre che non aveva mai conosciuto. Forse era meglio così, pensavo.Poteva vivere una vita felice e umana anche per poco.Poi accadde il disastro. Un servitore, pensando che l'avrebbe salvata, offrì Katherine a un vampiro perché latrasformasse. La mia dolce bambina, una creatura di gioia e luce, venne trascinata vergognosamente nell'oscurità. E lacreatura responsabile di quell'atto era una delle peggiori: Klaus, uno degli Antichi. Se Katherine avesse avuto il suoPotere, e se i Guardiani l'avessero resa una di loro, il suo sangue l'avrebbe ucciso. Ma senza protezione il gesto liavrebbe uniti, legandola a lui con un'attrazione che nessuno comprese.La mia piccola era perduta, tutto il fascino e l'intelligenza erano stati abbattuti, in quella che presto si trasformò in unaviziosa bambola rotta, un giochino nelle mani di Klaus. Non so se la vera Katherine sia ancora lì, da qualche partenascosta dalla vita in ombra che ora conduce.Elena ansimò, un rumore sordo che rimbombò nel silenzio della stanza. Non poteva più rinnegare la verità. La malattiadi Katherine, il regalo crudele di Klaus, tutti i dettagli che Stefan le aveva raccontato erano lì. Katherine, che l'avevaodiata e aveva cercato di ucciderla, che aveva amato Stefan e Damon secoli prima di lei, e che poi li aveva distrutti, erala sua sorellastra.Una parte di lei voleva chiudere quel diario, gettarlo nel fondo di un armadio e non pensare mai più alla sua esistenza.Eppure non riusciva a trattenersi dal leggere.Ho vagato per anni, in lutto per mia figlia, voltando le spalle ai Guardiani che un tempo erano stati la mia famiglia.Ma, dopo secoli di solitudine, ho incontrato il mio dolce, onesto e intelligente Thomas, e me ne sono innamorataperdutamente. Per un po' siamo stati così felici...E poi i Guardiani ci hanno trovati.Sono venuti da noi e ci hanno detto che gli Antichi stavano guadagnando Potere. Erano troppo forti, troppo crudeli.Se avessero potuto, avrebbero distrutto l'umanità e schiavizzato il mondo nell'oscurità e nel male.I Guardiani mi hanno implorata di avere un altro bambino. Solo un Guardiano Terrestre con il sangue di un GuardianoPrimario avrebbe potuto uccidere un Antico e far sì che non risorgesse mai più. La mia particolare situazione —Guardiano Primario che aveva abbandonato la sua carica per vivere una vita umana e che si era innamorato — mi

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rendeva la loro unica speranza.Thomas sapeva tutto del mio passato. Si fidava di me e della mia decisione, e io scelsi di accettare, a certe condizioni.Avrei portato in grembo una bambina che poteva distruggere gli Antichi, ma stavolta non mi sarebbe stata portata via.Non sarebbe stata cresciuta come un'arma, bensì come un'umana. E, una volta grande abbastanza, avrebbe avuto lapossibilità di scegliere: assumere il proprio Potere oppure no.Acconsentirono. Il sangue di Elena, come quello di Margaret, era così prezioso che avrebbero accettato qualunque cosa.Invece ora vogliono rompere l'accordo. Vogliono portarmi via Elena, anche se ha solo dodici anni.Salverò le mie figlie, così come non sono riuscita a salvare Katherine. Lo farò.Elena è già molto protettiva nei confronti dei suoi amici e della sorella più piccola. Penso che sceglierà di diventare unGuardiano quando le verrà offerta la possibilità, e di proteggere il mondo al meglio. Però dev'essere una decisione sua.Margaret è troppo giovane perché io possa intuire se ha le caratteristiche di un Guardiano. Forse sceglierà un'altrastrada. Ma non importa quello che io credo che vorranno, devono avere il tempo di crescere, prima di decidere.Ho paura. I Guardiani sono spietati, e non saranno felici quando mi rifiuterò di cedere mia figlia.Se mi accadesse qualcosa, a me o a Thomas, prima che le piccole siano grandi, ho disposto tutto in modo cherimangano nascoste dai Guardiani. Judith, la mia più cara amica, fingerà di essere mia sorella e accompagnerà Elena eMargaret fino alla vita adulta. Ho già lanciato degli incantesimi: finché le ragazze saranno sotto la sua custodia, iGuardiani non riusciranno a localizzarle.Morirei felice, pur di proteggere la loro innocenza. I Guardiani non le troveranno mai, finché non saranno grandi edecideranno da sé.Non posso prevedere il futuro. Non so cosa succederà alle mie figlie più di qualunque altro genitore, ma ho fatto delmio meglio per proteggerle, perché non sono stata abbastanza saggia da farlo con Katherine. Prego affinché possabastare. E prego che un giorno, in qualche modo, anche Katherine ritrovi la strada verso la luce. Che tutte le mie trefiglie siano al sicuro dai pericoli.Elena piangeva. Si sentiva come se il peso che portava da settimane le fosse volato via dalle spalle. I suoi genitori nonavevano pianificato di consegnarle ai Guardiani, non l'avevano avuta solo per poi abbandonarla. Sua madre l'avevaamata proprio quanto Elena aveva sempre creduto.Ora doveva pensare bene. Appoggiò il cuscino alla parete e si mise a sedere, concentrata. Per il momento Margaret eraal sicuro con zia Judith, per fortuna. Non poteva permettersi di pensare alle implicazioni di avere Katherine comesorella, non ora.Ma il fatto che lei, Elena, fosse speciale per i Guardiani, preziosa, che il suo sangue avesse Poteri unici che i Guardianiavrebbero fatto di tutto per avere dalla loro parte? La conferma che ottenne dal diario di sua madre poteva esserel'ultima cosa di cui aveva bisogno per mettere in moto il suo piano di salvare Damon.

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40I cubetti di ghiaccio tintinnarono nel bicchiere quando Damon lo alzò per brindare con Katherine. «Per te, mia cara,l'ultima sopravvissuta dell'esercito di Klaus. Fortunata a esserti persa la battaglia, vero?».Con un sorriso astuto, Katherine sbatté le ciglia, bevendo un sorso dal bicchiere, e picchiettò il cuscino accanto a lei,invitando Damon a sedersi.«Grazie per avermi avvertita», disse. «Avrei potuto essere debitrice a Klaus per avermi riportata indietro, ma nonpensavo di dovergli un'altra morte. Non ho mai avuto intenzione di combattere di nuovo te e la tua preziosaprincipessa. Sono più vecchia e più forte di te, ma tu hai avuto parecchia fortuna».«Non la mia preziosa principessa», fece Damon con un ghigno. «Quella di Stefan. Lei non è mai stata davvero mia».«Oh, be'. Credo sia sempre stato più complicato di così, vero?».Damon strinse gli occhi. «Tu sapevi che Elena era un Guardiano, vero?», chiese. «E non l'hai mai detto a Klaus.Perché?».Un leggero sorriso compiaciuto attraversò il viso di Katherine. «Dovresti avere imparato che non puoi chiedere a unaragazza di rivelare i propri segreti. Io sono piena di segreti. Da sempre».Damon si accigliò. Non era mai riuscito a persuadere Katherine a dirgli qualcosa se lei non voleva farlo.Un rumore alla porta li interruppe, e Damon si alzò aci aprire per trovarsi davanti proprio Elena.Il viso era pallido e stanco, e i suoi occhi blu zaffiro sembravano enormi mentre si fissavano l'un l'altro. Damon alzò unsopracciglio e fece il suo sorriso più brillante, perché non voleva mostrare il fremito e il nervosismo che sentivascorrergli dentro.Lei gli voleva bene, lo sapeva. Aveva provato a rigettarle in faccia la realtà, a negarlo, e non aveva funzionato. Ma in leic'era anche qualcosa che la spingeva a ucciderlo, e il suo compito di Guardiano premeva per essere portato a termine.Fin da quando l'aveva salvata, aveva capito che Elena si tratteneva. Lui l'amava ancora, e forse l'avrebbe amata persempre. Una parte di lui voleva inchinare la testa di fronte a lei, e ricevere la punizione che era tenuta a infliggergli.Qualunque cosa gli fosse accaduta, probabilmente se la sarebbe meritata.Elena guardò oltre le spalle di Damon e quando vide Katherine si fece ancora più pallida.Damon si voltò: Katherine era in piedi, immobile a qualche passo da loro, guardava Elena con un debole e misteriososorriso.«Allora lo sai», disse a Elena. «E sei abbastanza intelligente da usarlo a tuo vantaggio».«Lo sapevi, quando ci siamo incontrate la prima volta?», la interruppe Elena, come se le parole le fossero uscite dibocca contro la sua volontà.Katherine scosse la testa. «A volte sai molte cose quando sei morto», rispose, il sorriso sempre più ampio.«Sapere cosa?», chiese Damon, guardando prima una e poi l'altra.Katherine si avvicinò, e accarezzò con le dita il braccio di Damon. «Come ho detto», gli rispose,«una ragazza ha molti segreti». Fece l'occhiolino a Elena. «Lascerò la città per un po', penso sia meglio starti alla largad'ora in poi».Elena annuì. «Forse hai ragione. Addio, Katherine. E grazie, davvero».«Grazie a te», rispose, allegra. Per un attimo la somiglianza tra loro colpì Damon come mai prima.Poi Elena, ora di nuovo pratica, si rivolse a Demon. «E ora che noi due affrontiamo i Guardiani.Sei pronto?», gli chiese.Damon buttò giù il resto del drink, poi sbatté il bicchiere contro il tavolino d'acciaio lucido, e dentro di sé maledisse laresistenza dei vampiri all'alcol. Sarebbe stato più facile, pensò, fronteggiare quello che lo aspettava se fosse stato un po'ubriaco. «Pronto come sempre», biascicò.Bonnie annusò l'aroma ricco e variegato mentre rigirava la sua scatola di erbe.«Dove va questo?», le chiese Matt, in mano un sacchetto di petali viola.«E aconito, si usa come protezione», rispose. «Mettilo lì con la sanguinella e l'agrimonia».«Capito». Matt mise l'aconito in una pila insieme alle altre erbe, come se fosse un compito normale.Per le loro vite, era in effetti una cosa normale. Bonnie era a corto di una serie di erbe, e non c'era da sorprendersi,dopo tutti gli incantesimi per protezione e forza che aveva fatto nelle ultime settimane. Sarebbe dovuta andare presto aFell's Church, per chiedere alla signora Flowers di aiutarla a rifornire le sue scorte, ora che la situazione era piùtranquilla.Pensò con piacere a una normale visita a casa sua. Era così bello essere al sicuro, era da molto che non si sentiva così.Meredith ed Elena erano fuori, e Bonnie aveva usato la stanza e il tempo in cui non c'erano per spargere pile di erbeessiccate e fresche sul pavimento. Le sue migliori amiche erano due maniache della pulizia, e senza dubbio si sarebberolamentate del pulviscolo profumato e dei minuscoli pezzettini di foglie che l'operazione si sarebbe lasciata dietro. Erafantastico, preoccuparsi di qualcosa di così ordinario come di quello che Meredith avrebbe detto quando avrebbecalpestato i resti del ranuncolo (utile per la felicità e per sfuggire alle trappole).Quasi fantastico. In quei giorni provava un dolore costante per il ricordo di quello che aveva perduto, un dolore che

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non poteva essere curato con nessuna erba. Ma lei non era l'unica a soffrire.«Sei davvero coraggioso, Matt», disse. Lui la guardò, stupito del repentino cambio di argomento.«Quando la vita ti dà qualcosa che non ti aspetti...». Matt si incantò, incapace persino di finire quella mezza battuta. Eradevastato per la perdita di Chloe, eppure non aveva mai permesso che il dolore lo cambiasse. Bonnie lo ammirava perquesto.Prima che potesse dirglielo, qualcuno bussò alla porta e lei si allarmò. Un colpetto inatteso di solito significava disastri.Andò comunque ad aprire, evitando all'ultimo secondo (una volta tanto) di calciare una pila di bacche di cedro nelleciabatte di Elena.Appoggiato con aria svogliata alla porta, le mani infilate nelle tasche dei jeans, c'era Zander. Le fece un timido sorriso.«Posso entrare?», chiese.Profumava di buono, pensò Bonnie. Era magnifico, e lei voleva soltanto gettargli le braccia al collo e stringerlo. Gli eramancato così tanto negli ultimi tempi.Purtroppo aveva perso il diritto di abbracciarlo quando le pareva: era stata lei a fare un passo indietro. Perciò, anzichélanciarsi fra le sue braccia, Bonnie lo fece entrare, sentendo dei pezzi di foglie frantumarsi sotto il tallone.«Oh, ehi, Matt», disse Zander quando entrò nella stanza, e poi si bloccò, spalancando gli occhi davanti alla vista dipiccoli mucchi di erbe su ogni superficie disponibile.«Ehi, Zander», rispose Matt. «A dire il vero stavo per uscire. Allenamenti di calcio».Matt lanciò un'occhiata a Bonnie con un'espressione che diceva: "Vedi di non rovinare una seconda opportunità".Bonnie gli sorrise e lui uscì.«Cielo», disse Zander, sempre più impressionato alla vista della stanza. Bonnie lo seguì.«Meredith ti ucciderà. Vuoi una mano a pulire?»«Uhm». Bonnie si guardò intorno. Ora che vedeva la stanza con gli occhi di Zander, le sembrava messa parecchio male.«Wow. Forse sì. Ma so che non sei qui per questo. Che c'è?».Zander le prese la mano e insieme attraversarono con attenzione la stanza, senza colpire nessuna pila. Quandoraggiunsero il letto, che era forse la superficie più sgombra della stanza — non le piaceva l'odore delle erbe sullelenzuola — si sedettero, e lui le prese entrambe le mani nelle sue, grandi e calde.«Ascolta, Bonnie. Ho pensato a quello che hai detto, che essere Alpha per il Branco è una responsabilità importante, eche ho bisogno di un lupo mannaro accanto a me che lo capisca davvero, che sia mia compagna e mi aiuti. E hai ragione.Shay è perfetta».«Oh», sussurrò Bonnie. Qualcosa si stava rompendo dentro di lei, fragile come una foglia secca.Cercò con delicatezza di togliere le mani, ma Zander strinse la presa.«No», disse, stressato. «Sto dicendolo nel modo sbagliato, Lasciami ricominciare daccapo.Bonnie, guardami». Lei alzò la testa, gli occhi pieni di lacrime, e guardò quelli azzurro mare di Zander. «Tu, Bonnie»,mormorò. «Io amo te. Quando stavamo combattendo contro l'esercito di Klaus, ho visto che lanciavi incantesimi perproteggere tutti, con la stessa luce impetuosa che ti illumina il viso adesso. Sei stata così forte, così potente, e potevanoucciderti. O potevano uccidere me, e alla fine non saremmo stati insieme. Mi ha fatto capire quello che avrei dovutosapere fin dall'inizio: tu sei l'unica che desidero».Il grumo che Bonnie sentiva nel petto fermò la sua disintegrazione e iniziò a sciogliersi, riempiendola di calore. Però nonpoteva permettere che Zander sacrificasse il buono del suo Branco per lei. «Non è cambiato niente, Zander», disseinfine. «Anch'io ti amo, ma se amare me significasse distruggere tutto quello che conta per te?».Zander Favvicinò a sé. «Non sarà così. I lupi del Consiglio non possono decidere chi devo amare.Non amerò Shay. Amo te. Shay e io possiamo comandare il Branco insieme, ma se ciò non dovesse accadere, allorapreferirei perdere quello, invece di perdere te». Si portò la mano di Bonnie alle labbra e la baciò con gli occhi lucidi. «Eio scelgo te. Se anche tu mi vuoi».«Se ti voglio?». Bonnie smise di piangere, si asciugò gli occhi e diede un leggero pizzicotto alla spalla di Zander. «Stupidoche non sei altro», disse dolcemente, e lo baciò.

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41«Sei sicura che è quello di cui abbiamo bisogno?», chiese Elena a Bonnie. Avevano scelto l'appartamento spazioso eordinato di Stefan per convocare il Guardiano Primario. Quando Elena aveva chiamato Bonnie, lei era arrivata subito,mano nella mano con Zander. Sembrava così felice, ma quando diede a Damon la pozione che aveva preparato per lui, ilsuo viso minuto si fece ansioso.«Penso di sì», rispose. «La valeriana rallenterà il suo cuore più del solito, l'aconito dovrebbe diminuire di molto i respiri.Forse ti sembrerà strano», disse a Damon, «però non credo che proverai dolore».Damon guardò la densa mistura verde nella tazza. «Certo che no. Non puoi avvelenare un vampiro».«Ci ho aggiunto del miele, così avrà un sapore un po' più accettabile».«Grazie, piccoletta», disse Damon, e le diede un leggero bacio sulla guancia. «Che questo piano funzioni o no, ti sonomolto grato». Bonnie sorrise, un po' sconvolta, e aggiunse: «Tu e il tuo lupo fareste bene ad andare. Non vogliamo che iGuardiani capiscano che siete coinvolti». Zander e Damon annuirono l'uno all'altro e Zander prese di nuovo la mano diBonnie.Quando se ne andarono, rimasero solo in tre: Elena, Damon e Andrés. Stefan aveva insistito per venire, per stare vicinoal fratello in quelli che potevano essere gli ultimi momenti, ma Damon non glielo aveva permesso. Un Guardianoarrabbiato è pericoloso, aveva detto. E poi Mylea si sarebbe infuriata.Damon bevve la pozione di Bonnie in un sorso e fece una smorfia. «Il miele non aiuta molto», commentò. Elena loabbracciò e lui le accarezzò la schiena. «Qualunque cosa succeda, non è colpa tua», le disse. Poi tremò e si appoggiò almuro, premendosi una mano sul petto. «Uh...», sussurrò debolmente. «Non mi sento...». Ruotò gli occhi indietro escivolò lungo il muro, atterrando scomposto sul pavimento.«Damon!», urlò Elena, ma poi si calmò. Era così che doveva andare. In quel modo sembrava vulnerabile, più minuto,pensò mentre voltava lo sguardo altrove. Sarebbe stato più facile, senza guardarlo.«Sei pronto a chiamare i Guardiani?», chiese ad Andrés, e lui annuì, stringendole forte la mano.Era teso, negli occhi non c'era più il solito ottimismo.Elena si concentrò su ciò che univa lei e Andrés, energia che andava avanti e indietro, muovendosi stabile, comeun'onda. Quando quell'energia si bilanciò e iniziò a crescere, aprì con forza le porte del Potere dentro di sé.OH. Appena il Potere fu liberato, tutto quanto dentro di lei si accese, scattando verso Damon.Voleva... non voleva fargli del male, non esattamente. Non era la rabbia, il sentimento che il Potere stava coltivandodentro di lei, bensì qualcosa di freddo e nitido, che aveva lo scopo di distruggerlo.Non vendetta, non passione, ma una fredda, urgente istruzione: Dev'essere eliminato.Forse era così che ci si sentiva quando non si portava a termine un compito. Sarebbe stato così semplice lasciarsi andarea quell'istinto, fare quello che ci si aspettava facesse. Quello che voleva fare.No. Non poteva. O, almeno, non lo avrebbe fatto.Sforzandosi, tornò a concentrarsi su Andrés. Con le porte della mente spalancate, riuscì a vedere la sua aura espandersi,brillare di verde attorno a lui, riempiendo metà della stanza. Con un'immensa concentrazione, cercò di spostare la suastessa aurea, mescolando il suo oro con il verde di Andrés. Pian piano, i colori si fusero illuminando l'ambiente. Il Poterele pulsava nelle vene, e tutto era illuminato di luce. Incontrò gli occhi di Andrés, e vide che era stupito. Così erano piùforti, più del doppio, e la convocazione uscì fuori con il Potere di un urlo.«Guardiani», disse Elena, stringendo la mano di Andrés. «Mylea, ti sto chiamando. Il mio compito è concluso».Non accadde nulla.Per un lungo momento rimasero così, mano nella mano, occhi negli occhi, le auree luminose che riempivano la stanza diPotere, senza sentire alcun cambiamento.Alla fine, avvenne qualcosa di infinitesimale, un piccolo aggiustamento dell'universo. Nessun cambiamento fisico, maElena sapeva che qualcuno li stava ascoltando, ed era come se avesse dato un colpetto per mettere una chiamata inattesa.«Mylea, ho ucciso Damon Salvatore. Ora che il mio compito è terminato, vieni a liberarmi dalla mia costrizione».Nessuna risposta. E poi Andrés si irrigidì pian piano. I suoi occhi si fecero bianchi e la sua aurea sbiadì, mutando daverde a un bianco slavato. Le sue dita tremarono in quelle di Elena.«Andrés!», urlò, allarmata.Gli occhi ciechi erano fissi nei suoi. Un'aura angosciosa gli palpitava attorno.«Sto arrivando, Elena». La voce di Mylea uscì dalla bocca di Andrés. Elena immaginò che avesse spuntato il suo nome dauna cartella di appunti per poi entrare in una specie di ascensore infradimensionale.Liberato, Andrés rantolò e barcollò. Fece una smorfia, come se avesse un cattivo sapore in bocca, e disse: «E stato...strano».Elena non riusciva a non guardare Damon. Gli si vedevano distintamente le ossa, come se la sua pelle chiara si fosseristretta di una taglia, e i capelli neri erano scompigliati. Non poteva spezzargli il collo con la mente, pensò, e si morsecon forza l'interno della bocca, guardando altrove di nuovo e tremando.

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Mylea si materializzò dal nulla e per prima cosa cercò Damon. «Non è ancora morto», disse, fredda.«No». Elena fece un profondo respiro. «E non lo lascerò morire. Devi annullare il mio compito».La Guardiana Primaria sospirò, ma il suo viso, pensò Elena, sembrava vagamente comprensivo.Quando parlò, la sua voce era calma: «Temevo che un compito così legato alla tua vita personale sarebbe stato difficileda portare a termine per primo», disse. «Mi scuso, e capisco perché mi hai chiamata qui per completare il lavoro. Nonsarai punita per il tuo stupido attaccamento nei confronti del vampiro. Ma Damon Salvatore deve morire». Si avvicinò, eAndrés ed Elena fecero scudo al corpo inconscio del vampiro.«Perché?», gridò Elena. Era ingiusto. «Ci sono vampiri peggiori di lui», disse, indignata. «Fino a poco tempo fa, nonaveva ucciso nessuno per», non ne era certa, e questo in ogni caso non era un forte punto di difesa, «molto tempo»,concluse debolmente. «Perché mandarmi a punire lui quando c'erano vampiri davvero crudeli come Klaus e i suoidiscendenti?». In pratica stava quasi dicendo:"È un crudele assassino solo a volte, lascialo andare".«Mettere in discussione le decisioni della Corte Celeste non è il tuo lavoro», disse Maya in tono inflessibile. «Diversevolte Damon Salvatore si è dimostrato incapace di controllare le proprie emozioni. Non è in grado di distinguere il benedal male. Pensiamo che possa diventare un enorme pericolo per l'umanità, come lo sono gli Antichi».«Potrebbe? Allora pensate anche che potrebbe scegliere un'altra strada. C'è la seria possibilità che lui possa nonuccidere mai più».«Non è una possibilità che possiamo permetterci di considerare», sentenziò Mylea con tono piatto. «Damon Salvatore èun assassino, e finora non ha meritato nessuna considerazione da parte nostra. Adesso spostati».Era ora di assumersi un rischio. Elena sospirò profondamente.«Tu hai bisogno di me», disse, e la Guardiana si accigliò. «Sono la figlia di un Guardiano Primario. Ho ucciso Klaus, eposso distruggere gli Antichi più pericolosi, quelli che non hai ancora trovato il modo di eliminare. Se uccidi Damon nonti aiuterò».Guardò Andrés di sfuggita, e lui annuì. Sapevano che la parte più difficile del loro piano sarebbe stata far credere allaGuardiana che Elena non avrebbe combattuto gli Antichi, che avrebbe lasciato che persone innocenti soffrissero, se nonl'avesse accontentata. Almeno Andrés credeva che il suo discorso sarebbe stato abbastanza convincente.Mylea chinò la testa da un lato e la fissò, come se stesse esaminando un interessante esemplare sotto una specie dimicroscopio da Guardiano. «Il vampiro è così importante per te da rischiare di essere punita, strappata dalla tua casa edessere assegnata alla Corte Celeste?».Elena annuì, le mancava il respiro.«Il vampiro dovrebbe essere conscio», disse Mylea. Prima che Andrés ed Elena potessero bloccarla di nuovo, siinginocchiò accanto a Damon e gli premette due dita sulla fronte. Lui sbatté gli occhi e si mosse, e Mylea si alzò e lolasciò lì, mentre si voltava a guardare Elena.«Metteresti a rischio la tua vita per Damon Salvatore?», domandò Mylea.«Sì», rispose subito Elena. Non c'era altro da aggiungere.«E tu che mi dici, vampiro?», chiese Mylea, dandogli le spalle e guardando nel vuoto, oltre Elena.«Elena ti interessa così tanto da cambiare la tua vita per lei?».Damon si tirò su e appoggiò la schiena alla parete. «Sì», rispose deciso.Mylea fece un sorriso sgradevole. «Vedremo», disse, e li avvicinò entrambi. Unì le loro mani, ed Elena chiuse le dita suquella di Damon, sorridendo appena. Damon ricambiò la stretta.«Ecco», disse Mylea dopo un momento. «E fatta».Quel richiamo nei confronti di Damon, quella gelida sensazione che lui fosse un problema da eliminare, svanì. Era comese quella connessione si fosse all'improvviso spezzata. Ma era stata rimpiazzata. Lei si sentiva ancora connessa. Eracome se Damon la impregnasse, come se l'aria che lei respirava fosse fatta di lui. Gli occhi di Damon si spalancarono, elei sentì i loro cuori battere all'unisono. Da Damon emanava stupore, che scorreva fra di loro, e anche un po' di paura.Elena si concentrò per vedere la sua aurea.Una corda intrecciata di luce sembrava unire il suo petto a quello di lui, l'oro della sua aura si univa al blu e nero pavonedi Damon.«Ora siete connessi», sentenziò Mylea. «Se Damon uccide, anche Elena morirà. Se Damon si nutre di sangue umanosenza che la vittima lo sappia o dia il proprio consenso — e non vale usare il Potere dell'illusione, deve esserci un veroaccordo — Elena soffrirà. Nel caso in cui Elena muoia, l'unione — la maledizione — passerà a un membro della suafamiglia. Se l'unione si rompesse, Damon tornerà alle nostre attenzioni e noi lo elimineremo subito».Damon spalancò gli occhi. Attraverso il nodo che li legava, Elena avvertì tutto il suo profondo sgomento. «Morirò difame», disse.Mylea sorrise. «Non morirai di fame. Forse tuo fratello ti insegnerà un metodo più umano per nutrirti. O magari troveraidegli umani che ti si offriranno, se potrai guadagnare con onestà la loro fiducia».Ora il legame vibrava con uno strano misto di disgusto e sollievo, ma l'espressione di Damon era illeggibile come non

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mai. D'istinto si sfregò il petto, scacciando le intense emozioni.«Il legame perderà d'intensità nel corso del tempo», spiegò Mylea. «Ora sentite le emozioni reciproche in maniera cosìforte solo perché è una novità». Indicò il nodo che li connetteva. «Vi unirà per sempre, e potrebbe essere mortale peruno o per entrambi, alla fine».«Capisco», disse Elena, poi, ignorando Mylea, parlò a Damon: «Mi fido di te. Farai il possibile per salvarmi, come io hofatto per te».Damon la fissò per un lungo momento, gli occhi grigi imperscrutabili, ed Elena sentì la loro connessione riempirsi di undoloroso affetto. «Lo farò, principessa», promise.Gli angoli delle labbra si curvarono in un sorriso che Elena non aveva mai visto prima: non era il suo sorrisetto perfido,né un sorriso brillante. Era calmo e gentile. E la connessione fra loro si riempì di amore.

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42Meredith attraversò il campus, i piedi che martellavano con un ritmo costante, il respiro dolente e affaticato. Era da unpo' che correva senza sosta per il campus. Il sudore le irritava gli occhi, facendoglieli lacrimare.Più correva, più riusciva a non pensare a nulla se non al rumore delle scarpe e a quello del suo stesso respiro.Il giorno iniziava a confondersi con la sera quando svoltò di nuovo oltre l'edificio di storia e iniziò la salita verso lamensa. Quando arrivò in cima, trovò Alaric ad aspettarla.«Ciao», disse lei, fermandosi. «Aspettavi me?». Alzò una gamba per stirare i quadricipiti, non voleva che le venissero icrampi.«Volevo solo sapere se stavi bene», rispose Alaric.«Sto bene», disse lei in tono apatico. Poi lasciò cadere la gamba, unì le mani dietro la schiena e si chinò in avanti,toccando quasi le ginocchia con la testa. Riusciva a sentire la spina dorsale stirarsi, e ora iniziava ad avvertire anche lafatica per la lunga corsa.«Meredith?». Alaric si inginocchiò accanto a lei in modo da guardarla in faccia. Meredith si concentrò sulle lentigginidorate che gli coprivano il naso e gli zigomi, perché voleva evitare i suoi scuri occhi preoccupati. Sulla pelle abbronzata,avevano il colore del miele.«Meredith?», disse di nuovo Alaric. «Potresti snodarti per un momento e parlarmi? Per favore».Meredith si alzò, ma non lo guardò negli occhi. Iniziò a piegarsi a destra e a sinistra, spingendo le spalle in avanti. «Devodistendere i muscoli, se no mi fanno male», borbottò.Alaric si rimise in piedi, in attesa.Dopo un po', Meredith iniziò a sentirsi infantile, si fermò e lo guardò con la coda dell'occhio. Era ancora lì, sul visoun'espressione comprensiva.«Lo so», disse lei. «So già quello che mi vuoi dire».«Ah sì?». Lui allungò una mano e le sistemò una ciocca di capelli che era uscita dalla coda e che le si era appiccicata allaguancia. «Perché io non ho la più pallida idea di cosa dire. Non riesco a immaginare cosa possa significare incontraretuo fratello per la prima volta e doverlo uccidere».«Già», sospirò Meredith, asciugandosi il sudore dalla faccia. «Neanche'io so cosa provare. Ecome se Cristian non fosse mai esistito per me. Era solo una storia, qualcosa che i Guardiani potevano cambiare in unistante».Con la punta della scarpa tracciò una linea nella polvere. «Alla fine non sono mai riuscita a conoscerlo. Parlava di...andare in spiaggia, o di come stava nostro padre. Immaginavo quel mondo, in cui noi eravamo una squadra». Sipremette i palmi delle mani sugli occhi. «Ma era tutto una bugia, per lui e per me».Alaric le mise un braccio attorno alle spalle e la tirò a sé. «Non è giusto», disse, serio. «Klaus ha distrutto la vita di unsacco di persone. Alla fine, tu hai contribuito a farlo cadere e a fermare la sua distruzione, dovresti esserne orgogliosa. El'altra vita, quella in cui sei cresciuta felice, con una sorella, non era una bugia. È esistito un mondo dove Cristian ti havoluto bene, e dove tu hai voluto bene a lui. È ancora vero. Tu e i tuoi amici avete fatto in modo che fosse così».Affondando il viso nel collo di Alaric, Meredith sussurrò: «I miei non ce la faranno mai a superare la cosa... ad accettaredi averlo perso un'altra volta».«Forse è meglio che siano stati con Cristian tanto a lungo, lo hanno visto crescere invece di perderlo quando aveva treanni, come funzionava nel mondo che tu ricordi», provò a consolarla Alaric.«Forse». Meredith spostò la testa in modo da vedere il campus. «Sai cosa mi ha detto Cristian alla fine? Stavo perinfilargli il paletto nel cuore, e con voce bassa, come se fosse un segreto, ha detto:"Papà sarebbe così orgoglioso di te". E sai cosa? Aveva ragione. Forse una parte di Cristian voleva che io lo uccidessi,che fossi forte».Alaric la strinse. «Tu sei forte, Meredith. Sei la persona più coraggiosa che io conosca».«Anche tu sei coraggioso», disse lei, lasciandosi andare fra le sue braccia. Pensò agli incantesimi di Alaric, quando luicercava di aumentare il Potere per proteggerli durante la battaglia, andando incontro a un esercito di vampiri conniente se non un paletto e un libro di incantesimi. «Ti amo così tanto», gli disse. «Ti voglio con me, per sempre».Alaric le sfregò le labbra sul collo. «Anch'io», mormorò. «E un onore combattere accanto a te, Meredith Sulez. Nondimenticartelo mai».

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43Sopra le teste di Elena e Damon, le stelle brillavano in lunghe scie di luce attraverso il buio della notte. L'aria era tersa efredda, odorava d'autunno, e il cielo sembrava così profondo che Elena si sentiva come se avesse potuto caderci dentro,e nuotare fra le stelle per l'eternità.«Allora», disse seccamente Damon. «Sei riuscita a evitare di uccidermi. Credo di dovertene essere grato».Il nodo fra loro vibrava di un umorismo sarcastico, e anche di nervosismo. Leggere le emozioni di Damon in quel modo,vedere oltre quello che lui mostrava sul volto, era strano.«Un po' di gratitudine sarebbe appena il minimo», disse lei, cauta, «ma non è necessario.Prova solo a restituirmi il favore, okay?».Avvertì la sua paura, un forte shock, e poi lui disse con aria disinvolta: «Oh, mi ero quasi dimenticato. Ti fidi, sai che nonti farò del male, vero?».Elena smise di camminare e appoggiò una mano sul braccio di Damon, invitandolo a fermarsi.«Sì», rispose, fissandolo negli occhi, lasciando che vedesse l'amore che provava per lui.«Mi fido. Sei stato molte cose, Damon Salvatore, però non hai mai smesso di essere un gentiluomo».Lui spalancò gli occhi, e poi. le fece quell'adorabile e dolce sorriso che aveva visto per la prima volta nella stanza diStean. «Be', deludere una signora infrangerebbe tutte le regole della cavalleria».Elena alzò la testa per vedere le stelle, godendosi l'aria fresca che le soffiava via i capelli dal viso.Klaus e i suoi discendenti erano morti, e Damon era tranquillo al suo fianco, perciò era bello godersi la serata.«La tua enorme fiducia in me significa che hai intenzione di far fare ai due fratelli Salvatore un altro giro?», chieseDamon, di nuovo rivolto alle stelle. Ora aveva un tono scherzoso, ma Elena avvertiva una certa brama nelle sue parole,e la malinconia. Sarebbe stato così facile: aveva passato molto tempo sospesa fra i due fratelli, amando Stefan edesiderando Damon. Adesso era quasi rassicurante amarli entrambi. Però era cresciuta, almeno un pochino, e forse eraarrivato il momento di chiudere quelle porte per sempre, di scegliere il proprio autentico percorso.«Avrai sempre una parte di me, Damon». Gli appoggiò le mani sul petto, dove sentiva il leggero riflusso del loro legame.«Ma voglio che il mio per sempre sia con Stefan».«Lo so», rispose lui. Si voltò a guardarla e le passò dolcemente una mano fra i capelli e sulle spalle. «Credo che sia ora diandare avanti. C'è un mondo là fuori, e ci sono dei posti che ancora non ho visto. Forse appartengo a un altro luogo».Elena non aveva intenzione di piangere, eppure grosse lacrime da bambina le scorrevano sulle guance, giù fino almento. «Non devi andartene. Non voglio che tu te ne vada».«Ehi», disse Damon sorpreso, stringendola a sé. «Non starò via per sempre. Credo che questacosa allarmante che ci unisce», con una mano si toccò il petto, «significhi che non saremo mai troppo lontani».«Oh, Damon», pianse Elena.Damon la fissò con sguardo serio per un lungo momento. «È la cosa giusta, lo sai. Non che mi sia mai interessato moltofare la cosa giusta. Ma purtroppo credo che dovrò imparare».Si chinò e le diede un leggero bacio sulla bocca. Le sue labbra erano soffici e fredde, per Elena avevano il sapore deiricordi. Poi rimasero così, ancora per un attimo sotto le stelle, la pelle perfetta di Damon illuminata dalle stelle, gli occhiscintillanti, i capelli morbidi e neri come la notte che li circondava.«Ciao, Elena», disse. «Non dimenticarti di me».

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44Stefan si fece il nodo alla cravatta. Sapeva di avere un aspetto raffinato ed elegante nel suo abito migliore, un partnerperfetto per l'adorabile e preziosa Elena.Aveva prenotato nel ristorante migliore della città, per accoglierla dopo che era stata a trovare zia Judith e Margaret aFell's Church. Klaus era morto, e Damon era salvo.Una volta tanto, Elena aveva l'occasione di comportarsi come una studentessa, e divertirsi senza preoccuparsi diqualche sventura incombente.Quindi: ristorante francese. Rose sul tavolo. Una notte per dimenticare il passato e godersi il presente insieme, comeogni coppia innamorata. Corse i due piani di scale che separavano le loro stanze, le ali ai piedi per la felicità.La porta di Elena era socchiusa. Bussò piano, poi spinse, aspettandosi di vedere Meredith e Bonnie trafficare intorno aElena, aiutandola a sistemarsi per la loro grande serata.Invece, la stanza era illuminata da candele, centinaia di fiammelle che si riflettevano sul vetro delle finestre e suglispecchi creando un tremolante gioco di luci. Meredith e Bonnie non si vedevano, e anche la loro roba sembrava esserescomparsa. L'aria profumava di dolce, e dei fiori erano sparsi qua e là fra le candele: orchidee e gardenie, boccioliarancioni e astri. Nel linguaggio dei fiori, erano simboli d'amore in ogni sua forma.In piedi in mezzo alla stanza c'era Elena, con addosso un semplice abitino bianco di pizzo. Non l'aveva mai vista cosìbella. La pelle color crema, appena sfiorata dal rosa, gli occhi blu zaffiro e i capelli dorati, tutto catturava la luce dellecandele, illuminandola come un angelo. Ma la cosa più bella non era il suo aspetto, bensì lo sguardo di amore puro etotale. Elena era immensamente felice.«Stefan», sussurrò. «Finalmente so come sarà il tuo futuro».Stefan entrò e si avvicinò a lei. In qualunque modo Elena vedesse il loro futuro, sarebbe stato senza dubbio accanto alei. Aveva imparato da tempo che la sua felicità, la sua vita, era legata profondamente a quella ragazza umana, l'unica almondo per lui. Sarebbe andato ovunque lei avesse voluto.Elena gli prese la mano e la strinse. «Ti amo, Stefan», disse. «E la cosa più importante. Devo assicurarmi che tu losappia, perché non ti ho sempre trattato come avrei dovuto».A Stefan mancavano le parole, ma le sorrise. «Anch'io ti amo», riuscì a dire. «Sempre, sempre, sempre».«La prima volta che ti ho visto... ricordi? Fuori dall'ufficio, alle superiori. Tu mi hai superata senza neppure guardarmi.Proprio in quel momento decisi che dovevo averti, e che dovevi innamorarti di me. Nessun ragazzo poteva permettersidi trattarmi in quel modo». Elena sorrise, un sorriso ironico, di disapprovazione verso se stessa. «Ma poi mi hai salvatada Tyler, ed eri così triste, nobile e buono. Volevo proteggerti, nel modo in cui tu avevi protetto me. E quando ci siamobaciati era come se il resto del mondo non esistesse più».Stefan sospirò, e intrecciò le dita a quelle di Elena.«Mi hai salvata così tante volte e in tanti modi, Stefan. E io ho salvato te. Abbiamo tramato e pianificato, abbiamocombattuto e sconfitto tutti i nostri nemici. Nessuno mi ama come mi ami tu, e nemmeno io potrei mai amare nessunoquanto te. Ora so cosa voglio. Voglio stare con te per sempre».Lasciò andare la mano di Stefan e prese qualcosa da un tavolo che lui non aveva notato prima.Era un calice d'argento, decorato con fili d'oro e incastonato di gioielli, un oggetto prezioso e bellissimo. Il calice erapieno di quella che sembrava acqua pura. Ma l'acqua scintillava. Lui la guardò. Aveva capito, e lei annuì.«L'acqua dalla Fonte dell'Eterna Giovinezza e della Vita», disse Elena, solenne. «Ho sempre saputo che sarebbe arrivatoil giorno in cui l'avrei bevuta. Non voglio vivere, né morire, senza di te.Ne è rimasta abbastanza anche per gli altri, se un giorno volessero berla. Magari non lo faranno.Non so se vorrei che diventasse per sempre, senza te vicino. Non posso...». Le parole le morirono in gola. «Non possoimmaginare di andare avanti senza di te. Ma dovevo aspettare di sentirmi pronta, pronta per essere la persona chevolevo essere per sempre. E ora so chi sono». Elena alzò il calice. «Se... se mi vuoi, Stefan, allora sarà per sempre,perché io voglio passarlo con te».Il cuore di Stefan traboccava, e una lacrima calda gli bagnò la guancia. Aveva trascorso così tanto tempo da solonell'oscurità, per così tanto era stato un mostro. E poi questa creatura di vita e luce lo aveva trovato, e lui non era statopiù solo.«Sì», rispose con gioia, «Elena, tutto quello che voglio dal futuro sei tu».Elena alzò il calice e bevve, e poi, ridendo felice, baciò Stefan. Quando le loro labbra si incontrarono, la gioia dell'unarisuonò nell'altro. Per sempre, lo sapevano. Per sempre.Stefan l'abbracciò sopraffatto. Dopo più di cinquecento anni, in cui si era sentito perduto e sempre in cerca di qualcosa,finalmente sentì di essere a casa per sempre.

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45Caro Diario,per sempre.La prospettiva sembra spaventosa, forse: il mio tempo sulla Terra è stato piuttosto breve.Mi sono accadute molte cose, più di quelle che la maggior parte delle persone vive in una vita, ma devo ancoraimparare e fare così tanto.Sono sicura di Stefan, e anche dell'eternità. Tutto quello che riesco a sentire è una gioia intensa e selvaggia.Io e Stefan, e la prospettiva di un tempo infinito per scoprire tutto quello che non sappiamo l'uno dell'altra: di checolore aveva gli occhi, sua madre? Che sapore avranno le sue labbra, in una luminosa mattina di primavera fra duecentoanni? Dove andrebbe, se potesse scegliere di andare da qualche parte? Perché noi possiamo andare ovunque. Abbiamotempo.Questa è gran parte della mia felicità, però c'è dell'altro.Finalmente so chi sono. E ironico che io debba essere una Guardiana, quando li ho combattuti e temuti con tantapassione. Ma un Guardiano Terrestre è diverso, Andrés me lo ha insegnato. Posso essere compassionevole, amorevolee umana, e posso usare i miei Poteri di Guardiana per proteggere la mia casa e le persone che amo, per impedire almale di distruggere un innocente.E c'è anche il mio legame con Damon. Alla fine ho capito come voler bene a lui e amare Stefan allo stesso tempo.Fra me e Damon c'è una connessione che durerà per sempre, che lo salverà dall'essere divorato dall'oscurità che lo hasempre minacciato. Non importa dove sia, io ho un pezzo di lui e lui ne ha uno di me.E Stefan sarà sempre al mio fianco.E con noi ci saranno i miei adorati amici, ciascuno di loro così potente e buono a modo suo. Li amo tutti immensamente.Sto tremando, ma è trepidazione. Non ho più paura. Non vedo l'ora di sapere cosa riserva il futuro, a tutti noi.INDICEp. 07 Capitolo 116 Capitolo 226 Capitolo 334 Capitolo 444 Capitolo 551 Capitolo 658 Capitolo 764 Capitolo 871 Capitolo 984 Capitolo 1090 Capitolo 11112 Capitolo 12118 Capitolo 13126 Capitolo 14132 Capitolo 15139 Capitolo 16151 Capitolo 17154 Capitolo 18163 Capitolo 19170 Capitolo 20175 Capitolo 21181 Capitolo 22188 Capitolo 24193 Capitolo 25198 Capitolo 26206 Capitolo 27217 Capitolo 28221 Capitolo 29229 Capitolo 30239 Capitolo 31244 Capitolo 32249 Capitolo 33256 Capitolo 34260 Capitolo 35

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268 Capitolo 36279 Capitolo 37284 Capitolo 38290 Capitolo 39296 Capitolo 40304 Capitolo 41310 Capitolo 42318 Capitolo 43321 Capitolo 44

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324 Capitolo 45