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89 Notae Philosophicae Scientiae Formalis, vol. 1, n. 1, p. 89 - 102, abril 2012. Geometria piana e solida: una nota sulla purezza del metodo Paolo Mancosu UC Berkeley [email protected] Andy Arana KSU at Manhattan [email protected] Abstract: Traditional geometry concerns itself with planimetric and stereometric considerations, which are at the root of the division between plane and solid geometry. In this note (which is based on a much longer article forthcoming in the Review of Symbolic Logic), our major concern is with methodological issues of purity. In the first part we give a rough sketch of some key episodes in mathematical practice that relate to the interaction between plane and solid geometry. In the second part, we look at a late nineteenth century debate (on “fusionism”) in which for the first time methodological and foundational issues related to aspects of the mathematical practice covered in the first part of the paper came to the fore. We conclude this part by remarking that only through an axiomatic and analytical effort could the issues raised by the debate on “fusionism” be made precise. The third part of the note focuses on Hilbert's axiomatic and foundational analysis of the plane version of Desargues’ theorem on homological triangles and its implications for the relationship between plane and solid geometry. Finally, building on the foundational case study analyzed in the third section, in the fourth, and last, section we point the way to the analytic work necessary for exploring various important claims on “purity”, “content” and other relevant notions. Key Words: geometry, solid geometry, projective geometry, purity of methods, Desargues' theorem, axiomatics, Hilbert, Peano.

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Notae Philosophicae Scientiae Formalis, vol. 1, n. 1, p. 89 - 102, abril 2012.

Geometria piana e solida: una nota sulla purezza del metodo

Paolo Mancosu UC Berkeley

[email protected]

Andy Arana KSU at Manhattan

[email protected]

Abstract: Traditional geometry concerns itself with planimetric and stereometric considerations, which are at the root of the division between plane and solid geometry. In this note (which is based on a much longer article forthcoming in the Review of Symbolic Logic), our major concern is with methodological issues of purity. In the first part we give a rough sketch of some key episodes in mathematical practice that relate to the interaction between plane and solid geometry. In the second part, we look at a late nineteenth century debate (on “fusionism”) in which for the first time methodological and foundational issues related to aspects of the mathematical practice covered in the first part of the paper came to the fore. We conclude this part by remarking that only through an axiomatic and analytical effort could the issues raised by the debate on “fusionism” be made precise. The third part of the note focuses on Hilbert's axiomatic and foundational analysis of the plane version of Desargues’ theorem on homological triangles and its implications for the relationship between plane and solid geometry. Finally, building on the foundational case study analyzed in the third section, in the fourth, and last, section we point the way to the analytic work necessary for exploring various important claims on “purity”, “content” and other relevant notions. Key Words: geometry, solid geometry, projective geometry, purity of methods, Desargues' theorem, axiomatics, Hilbert, Peano.

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Riassunto: La geometria tradizionale verte su considerazioni planimetriche e stereometriche che sono alla base della divisione tra geometria piana e geometria solida. In questa nota (basata su un articolo molto più esteso in corso di pubblicazione nella Review of Symbolic Logic) la nostra preoccupazione principale riguarda la questione della purezza dei metodi. Nella prima parte diamo un accenno ad alcuni episodi centrali che hanno caratterizzato l'interazione tra geometria piana e solida nella pratica matematica. Nella seconda parte presentiamo un dibattito del tardo ottocento (sul "fusionismo") in cui per la prima volta gli aspetti fondazionali della pratica matematica discussa nella prima parte della nota divennero oggetto di discussione. Concludiamo questa parte notando che le tematiche sollevate dal dibattituto sul "fusionismo" potevano essere rese precise solo con un lavoro assiomatico ed analitico. La terza parte si concentra sull'analisi assiomatica e fondazionale data da Hilbert del teorema piano di Desargues sui triangoli omologici e sulle sue implicazioni per la relazione tra geometria piana e solida. Infine, sulla base dell'episodio fondazionale studiato nella terza parte, la quarta ed ultima sezione dà alcune indicazioni sul lavoro analitico necessario per sondare diverse tesi importanti sulle nozioni di "purezza", "contenuto", ed altre ad esse connesse. Parole chiave: geometria; geometria solida; geometria proiettiva; purezza dei metodi; teorema di Desargues; assiomatica; Hilbert, Peano.

La geometria tradizionale si occupa sia di planimetria che di stereometria e

questo conduce a distinguere tra geometria piana e solida. Quando ci si pone il

problema della relazione tra queste due aree si aprono molti problemi che sono di

natura epistemologica, ontologica, semantica, logica e metodologica. Inoltre si

presentano naturalmente anche altre questioni legate alla psicologia e alla didattica

della matematica. In questa nota (basata su Arana-Mancosu, in corso di

pubblicazione) l’attenzione si concentrerà su un aspetto metodologico della

questione: la purezza dei metodi. Dopo alcuni cenni storici sul ruolo che la

geometria solida ha avuto nello sviluppo della geometria piana si passerà all’analisi

di un caso specifico, il teorema di Desargues nel piano (che chiameremo anche

‘teorema piano di Desargues’).

Questo teorema fu dimostrato da Desargues attraverso il ricorso a nozioni

metriche (principi di congruenza) che stavano alla base di un teorema che giocò un

ruolo centrale nella dimostrazione di Desargues: il teorema di Menelao. Tuttavia lo

sviluppo della geometria nel diciannovesimo secolo portò all’analisi dei fondamenti

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della geometria proiettiva e al tentativo di eliminare per quanto possibile da

quest’ultima nozioni non proiettive come la congruenza o la misura. Il teorema

piano di Desargues fu fondamentale in questo programma di ricerca. Una

dimostrazione puramente proiettiva di tale teorema era già stata data da Poncelet

nel 1822. Poncelet aveva mostrato come la versione del teorema di Desargues nello

spazio (che chiameremo anche ‘teorema solido di Desargues’) aveva come semplice

corollario una dimostrazione proiettiva del teorema di Desargues nel piano.

L’appello alla congruenza nella dimostrazione del teorema piano di Desargues

veniva così eliminata attraverso l’introduzione dello spazio. Ci si può però

legittimamente chiedere se questo appello allo spazio sia legittimo e necessario. La

questione della legittimità nasce da considerazioni di purezza dei metodi. La

questione della necessità da considerazioni logiche. Si dovette aspettare fino ai

lavori di Peano e Hilbert per avere una risposta (positiva) logicamente rigorosa a

quest’ultima questione. Inoltre questi risultati sono alla base di una discussione più

articolata del problema della legittimità o della purezza. Queste considerazioni

saranno sviluppate nella parte finale di questa nota.

1. Cenni storici sul rapporto tra geometria piana e solida.

Nella geometria antica si trovano poche applicazioni interessanti della

geometria solida alla geometria piana (naturalmente quella solida richiede la piana).

Gli Elementi di Euclide portano ad una separazione netta tra geometria piana e

solida (con quest’ultima rilegata agli ultimi libri) che influenzerà la presentazione

degli elementi di geometria fino al secolo diciannovesimo. Non mancano però, già

nel mondo antico, alcune direzioni avanzate di ricerca dove tecniche di geometria

solida vengono utilizzate nello studio di problemi di geometria piana. Possiamo

menzionare ad esempio la quadratura del cerchio data da Pappo attraverso una

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proiezione dell’elica cilindrica per generare la curva quadratrice nel piano. È anche

importante notare che la distinzione tra problemi piani, solidi, e lineari data da

Pappo è ortogonale rispetto a quella tra geometria piana e solida. La tassonomia

data da Pappo concerne il tipo di curve richieste per la soluzione dei problemi (linea

e cerchio per quelli piani; sezioni coniche per quelli solidi; e curve ‘più complicate’

per quelli lineari). La geometria solida di Euclide si trova classificata quindi come

‘piana’ nella classificazione di Pappo e viceversa problemi piani come la trisezione di

un angolo arbitrario risultano solidi. Mentre Pappo critica l’uso di curve che non

corrispondono alla natura del problema (coniche per risolvere problemi ‘piani’), non

ci risulta che il mondo greco abbia sollevato obiezioni esplicite all’uso della

geometria solida nelle investigazioni di problemi di geometria piana.

Nel secolo diciasettesimo si nota uno spiccato interesse per l’applicazione di

tecniche di geometria solida a quella piana. Valga come esempio quello di

Evangelista Torricelli. Nel suo trattato ‘De quadratura parabolae’ (1644), Torricelli

presenta venti dimostrazioni differenti della quadratura della parabola dividendole

in dimostrazione ‘classiche’ (utilizzando la dimostrazione per assurdo) e

dimostrazioni con la geometria degli indivisibili di ispirazione Cavaleriana. La cosa

veramente sorprendente di questo trattato è l’interesse mostrato da Torricelli per

l’utilizzazione di tecniche di geometria solida nella dimostrazione di un teorema di

geometria piana. Tutti i più importanti risultati della stereometria classica euclidea e

archimedea sono richiamati e Torricelli dimostra come la quadratura della parabola

possa discendere da essi, grazie a tecniche di esaustione o ad argomenti di natura

indivisibilista. Naturalmente nessuno di questi usi di geometria solida può venire

considerato necessario visto che Archimede aveva già dato delle dimostrazioni

puramente piane del teorema. Torricelli non solleva nessun problema metodologico

rispetto all’uso della geometria solida in questioni di geometria piana.

Con lo sviluppo della geometria proiettiva nel secolo diciannovesimo le

tecniche di utilizzazione dello spazio per dimostrare teoremi di geometria

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(proiettiva) piana cominciano a mostrare la loro efficacia . La scuola di Monge in

particolare si caratterizza per questa costante interazione tra piano e spazio. Nel suo

famoso Aperçu del 1837 Chasles caratterizza la scuola di Monge attraverso la

propensione per l’utilizzazione delle tre dimensioni nella dimostrazione di teoremi

nel piano.

Concludiamo questi brevi cenni storici ricordando che in geometria

elementare la separazione tra geometria piana e solida venne messa in discussione

seriamente per la prima volta dal geometra italiano Riccardo de Paolis nei suoi

Elementi di geometria (1884). In essi egli sottolineava sia l’importanza delle analogie

tra geometria piana e solida (angoli-diedri; poligoni-poliedri etc.) sia l’importanza di

utilizzare lo spazio per la comprensione e semplificazione dei teoremi di geometria

piana. Questa posizione ‘fusionista’, cioè la richiesta che la geometria piana e solida

vengano sviluppate in tandem, furono all’origine di un dibattito noto come

‘fusionismo’ a cui parteciparono geometri italiani, francesi e tedeschi. Il dibattito tra

geometri ‘fusionisti’ e i loro avversari portò a discussioni concernenti tanto la

legittimità quanto la necessità del ricorso allo spazio nella dimostrazione di teoremi

di geometria piana. Tuttavia per poter seriamente affrontare questo nucleo di

questioni col rigore necessario si dovettero attendere i lavoro fondazionali di Hilbert

e Peano che affronteremo dopo la seguente sezione.

2. I fondamenti della geometria proiettiva.

All’inizio del secolo diciannovesimo, i cultori di geometria cominciarono a

sviluppare i fondamenti della geometria proiettiva indipendentemente dalla

geometria euclidea. Alcuni geometri, come Möbius e Plücker, cercarono di costruire

una geometria analitica proiettiva analoga alla geometria analitica cartesiana. Altri,

come Steiner, si mossero alla ricerca di una geometria senza coordinate che avesse

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però gli stessi vantaggi della nuova geometria analitica proiettiva. Tutti questi

programmi di ricerca utilizzavano liberamente considerazioni di natura metrica

facendo ricorso o alla nozione di distanza euclidea o ai principi di proporzionalità o

congruenza. Tuttavia questi principi non soddisfano l’invarianza proiettiva. A partire

dalla Geometria der Lage (1847) von Staudt diede origine a un programma di ricerca

che aveva come scopo l’eliminazione di queste nozioni metriche dalla geometria

proiettiva. In un passo del suo lavoro dichiarava:

Ho cercato in questo lavoro di trasformare la geometria di posizione in una scienza indipendente che non ha bisogno della nozione di misura.

Benché ci fossero ancora dei problemi legati alla continuità che furono risolti

solo dopo di lui, il lavoro di von Staudt rese possibile una definizione di un sistema di

coordinate prive di metrica a partire da sole considerazioni proiettive. La chiave di

volta per questo risultato era una particolare costruzione (costruzione del

quadrilatero) che permette, dati tre punti collineari, di trovare unicamente un

quarto punto sulla stessa retta degli altri tre, tale che i quattro punti siano fra loro in

‘rapporto armonico’ (nozione che non abbiamo bisogno di definire qui). Il quarto

punto può anche venir trovato tramite considerazioni metriche ma von Staudt, il cui

programma richiedeva l’eliminazione delle nozioni metriche a favore di quelle

proiettive, riuscì nell’impresa di determinare questo punto senza ricorrere a queste

considerazioni, e impiegando invece il teorema piano di Desargues, il cui enunciato

non involve alcuna nozione metrica:

Teorema di Desargues nel piano. Se due triangoli complanari sono tali che le

linee che connettono i vertici corrispondenti si intersecano in un punto

allora le intersezioni dei lati corrispondenti sono collineari (giacciono sulla

stessa linea).

Come abbiamo già anticipato la prova originale di Desargues fa ricorso a

nozioni metriche. Per realizzare lo scopo di von Staudt, occorre tuttavia una

dimostrazione scevra da tali considerazioni. Questa era stata fornita da Poncelet nel

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Traité des proprietés projectives des figures (1822). Desargues aveva anche

enunciato una versione solida del teorema, la cui dimostrazione è immediata e

trascende da considerazioni metriche (per ottenerla basta osservare che due piani si

intersecano in una retta, e quindi le linee che connettono i vertici di due triangoli

non complanari non possono che incontrasi sulla retta in cui si intersecano i piani a

cui tali rette appartengono):

Teorema di Desargues nello spazio. Se due triangoli che giacciono su piani

differenti sono tali che le linee che connettono i loro vertici

corrispondenti si intersecano in un punto allora le intersezioni dei lati

corrispondenti sono collineari.

Poncelet dimostrò che il teorema piano di Desargues risulta per semplice

proiezione sul piano da quello solido, ottenendo così una dimostrazione puramente

proiettiva del primo. Questa è la dimostrazione impiegata da von Staudt. Tuttavia

tale dimostrazione richiede la geometria dello spazio nonostante il fatto che

l’enunciato del teorema di Desargues nel piano concerne solo triangoli complanari.

Abbiamo cosi’ raggiunto il nodo teorico che aveva dato origine alla polemica sul

‘fusionismo’. Che il fusionismo fosse necessario nei fondamenti della geometria

proiettiva fu la conclusione a cui arrivò anche Felix Klein nel suo articolo Über die

sogennante Nicht-Euklidische Geometrie (1873). Wiener in un articolo del 1891

osservò, senza fornire una dimostrazione, che il teorema piano di Desargues non si

può dimostrare proiettivamente senza passare per lo spazio ed osservò inoltre che

la geometria piana proiettiva non e’ autosufficiente. Peano e Hilbert affrontarono

questo problema col rigore metodologico necessario.

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3. Peano e Hilbert

L’osservazione di Klein sulla necessità di ricorrere allo spazio nei fondamenti

della geometria proiettiva si basa sul teorema di Beltrami (1865) che asserisce che

una superficie liscia Riemanniana possiede curvatura costante se e solo se può

essere proiettata su un piano in modo tale che le geodetiche di quella superficie

hanno come proiezione delle linee rette nel piano. Il risultato si applica tanto al

piano euclideo quanto a quello proiettivo. Klein interpretava quindi il teorema di

Beltrami come l’asserzione che una superficie di Riemann di curvatura non costante

non può essere rappresentata su un piano in modo tale che le geodetiche di quella

superficie si “comportino” come linee rette nel piano. Nel 1894 Peano sviluppò

questa interpretazione e diede lo schizzo di una dimostrazione che i suoi assiomi per

la formalizzazione della geometria piana hanno modelli in cui il teorema piano di

Desargues non vale. Il suo modello, appena schizzato, utilizza superfici di Riemann di

curvatura non costante. Quindi i suoi assiomi per la geometria del piano sono

insufficienti per la dimostrazione del teorema piano di Desargues. Quando gli

assiomi della geometria del piano sono supplementati da quelli per lo spazio, il

teorema piano di Desargues diventa dimostrabile, come prevedibile.

Nelle lezioni del 1898-99 Hilbert articolò i suoi assiomi per la geometria

dividendoli in cinque classi: I (incidenza), II (ordine), III (parallele), IV (congruenza), V

(continuita’). Egli osservò che il teorema piano di Desargues è dimostrabile in questo

sistema usando gli assiomi di incidenza nello spazio o alternativamente gli assiomi di

congruenza. Dimostrò poi che il teorema piano di Desargues non può essere

dimostrato nella geometria del piano a cui manchino alcuni assiomi di congruenza

(ossia non è dimostrabile dagli assiomi I 1-2, II, III, IV 1-5 e V). Egli otteneva questo

risultato presentando esplicitamente un modello in cui questi assiomi valgono ma il

teorema piano di Desargues non vale. Ne consegue che il teorema piano di

Desargues non può essere dimostrato coi soli assiomi proiettivi per il piano (I 1-2).

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Nelle sue lezioni sulla geometria euclidea Hilbert commentava il risultato

ponendo in evidenza la sua importanza per la questione della purezza dei metodi:

Questo teorema ci dà ora l’opportunità di discutere una questione importante. Il contenuto [Inhalt] del teorema di Desargues appartiene completamente alla geometria del piano benché per la sua dimostrazione ci sia stato necessario far ricorso allo spazio. Perciò ci troviamo per la prima volta nella posizione di mettere in pratica una critica dei mezzi di dimostrazione. Nella matematica moderna questa critica è utilizzata molto spesso quando lo scopo è quello di preservare la purezza del metodo [die Reinheit der Methode], e cioè dimostrare teoremi, se possibile, utilizzando mezzi che sono suggeriti [nahe gelegt] dal contenuto del teorema.(Hallett and Majer 2004, pp. 315-16)

Una dimostrazione di un teorema è quindi pura o meno a seconda se i mezzi

dimostrativi utilizzati sono “suggeriti dal contenuto del teorema” che viene

dimostrato, oppure trascendono questo contenuto. Dato che il “contenuto del

teorema *piano+ di Desargues appartiene completamente alla geometria del piano”

considerazioni che fanno appello allo spazio non sembrano essere “suggerite dal

contenuto del teorema”. Perciò Hilbert sembra considerare impure le dimostrazioni

del teorema piano di Desargues che utilizzano lo spazio.

Hilbert dimostrò inoltre che se una geometria piana soddisfa gli assiomi I 1-2

(gli assiomi di incidenza nel piano), II (gli assiomi dell’ordine), e III (assioma delle

parallele) allora il teorema piano di Desargues è condizione necessaria e sufficiente

affinchè quella geometria del piano risulti un elemento di una geometria dello

spazio che soddisfa tutti gli assiomi di incidenza (inclusi quelli dello spazio) oltre agli

assiomi II e III. In altri termini, un piano che soddisfa gli assiomi I 1-2, II, III ed il

teorema piano di Desargues, soddisfa anche gli assiomi di incidenza nello spazio I 3-

7. Hilbert dimostrò questo risultato mostrando prima di tutto come in una

geometria del piano che soddisfa gli assiomi I 1-2, II, III ed il teorema di Desargues si

possa costruire un’algebra di segmenti che ha la struttura di un anello di divisione

ordinato. Mostrò poi come un anello di divisione ordinato può essere utilizzato per

costruire un modello degli assiomi I, II, e III, ovvero un modello della geometria dello

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spazio (gli assiomi d’ordine sono inessenziali). Ecco come nelle lezioni del 1898-99

Hilbert riassumeva la situazione:

Quindi il teorema di Desargues sarebbe la condizione che garantisce che il piano stesso è distinto nello spazio e possiamo quindi dire che tutto ciò che è dimostrabile nello spazio è già dimostrabile nel piano dal teorema di Desargues.

In altre parole, il teorema di Desargues può essere utilizzato come sostituto degli

assiomi solidi; nel sistema di Hilbert esso ha esattamente le stesse conseguenze

dimostrabili degli assiomi spaziali.

4. Il problema del contenuto

In un articolo recente (Hallett 2008) e nelle sue introduzioni alle lezioni di

Hilbert sulla geometria pubblicate nel primo volume della Hilbert Edition (Hallett

and Majer 2004), Michael Hallett ha tratto delle conseguenze interessanti, ma a

nostro parere discutibili, sulla nozione di contenuto del teorema di Desargues e sulla

questione della purezza dei metodi. Nel suo articolo del 2008 Hallett scrive:

What this shows is that the Planar Desargues’s Theorem is a sufficient condition for the orderly incidence of lines and planes, in the sense that it can be used to generate a space. We thus have an explanation for why the Planar Desargues’s Theorem cannot be proved from planar axioms alone: the Planar Desargues’s Theorem appears to have spatial content. (p. 229)

Inoltre nella sua introduzione alle lezioni di Hilbert del 1898-99 Hallett osserva che il

lavoro di Hilbert “reveals that Desargues’ planar Theorem has hidden spatial

content, perhaps showing that the spatial proof of the Planar Theorem does not

violate ‘Reinheit’ after all” (pp. 227-28). Quindi Hallett sostiene che il lavoro di

Hilbert ci deve condurre a rivedere il nostro giudizio su cosa debba essere una

dimostrazione pura del teorema piano di Desargues. Mentre a prima vista potrebbe

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sembrare che considerazioni facenti appello allo spazio nella dimostrazione del

teorema piano di Desargues diano luogo a impurità, Hallett ritiene che il lavoro di

Hilbert ci debba portare a rivedere questa intuizione in quanto mostrerebbe che il

teorema piano di Desargues abbia un ‘contenuto’ spaziale (o solido) nascosto.

Questa posizione di Hallett fa appello alla nozione di “contenuto nascosto di

ordine superiore” sviluppata da Dan Isaacson nel contesto di alcuni lavori volti a

fornire una interpretazione dei risultati di incompletezza di Gödel per l’aritmetica di

Peano. Nel nostro articolo (Arana-Mancosu, in corso di pubblicazione) sviluppiamo

un’analisi dettagliata tanto della concezione di “contenuto nascosto di ordine

superiore” di Isaacson quanto delle conseguenze per la purezza dei metodi che ne

discendono secondo Hallett. L’aspetto centrale della questione è che la nozione di

contenuto proposta da Hallet in base alla considerazione dell’analisi hilbertiana del

teorema di Desargues è basata sul ruolo deduttivo giocato da tale teorema entro un

sistema assiomatico. Questa nozione è molto vicina a quella di contenuto come

equivalenza deduttiva (all’interno di una teoria di base) articolata da Carnap. Hallett

vede nel teorema piano di Desargues un enunciato dal contenuto solido (nascosto)

proprio perché entro una certa teoria assiomatica il teorema di Desargues gioca lo

stesso ruolo deduttivo degli assiomi dello spazio.

La nostra critica alla posizione di Hallett è basata sulle seguenti cinque

obiezioni che qui vengono semplicemente elencate ma non argomentate (rinviamo

al nostro articolo tanto per un’articolazione della tesi di Hallett che per una

argomentazione dettagliata a sostegno delle nostre critiche):

a) Se il contenuto del teorema piano di Desargues fosse spaziale ne

seguirebbe che un essere dotato di credenze e concetti piani ma che non

abbia credenze o concetti spaziali non riuscirebbe a comprenderlo, ciò

che appare poco plausibile.

b) Sostenere che il teorema piano di Desargues ha un contenuto solido a

causa del suo ruolo nel sistema assiomatico di base hilbertiano richiede

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una profonda analisi metateorica tale quella condotta da Hilbert. Ma che

cosa dire di enunciati che non sono ancora stati analizzati

metateoricamente o, peggio ancora, di cui non si sa se siano veri o falsi

(come la congettura dei numeri primi gemelli)? Intuitivamente

comprendiamo (il contenuto del-) la congettura dei primi gemelli anche

se non ne abbiamo una dimostrazione od un’analisi metateorica.

c) La posizione di Hallett implica un contestualismo radicale rispetto al

contenuto. Il ruolo giocato dal teorema di Desargues cambia

radicalmente a seconda che l’enunciato faccia parte di una geometria

(metrica) con assiomi di congruenza o di una sola geometria proiettiva.

Eppure l’enunciato è lo stesso in entrambe i casi.

d) All’interno di un contesto assiomatico con gli assiomi I 1-2, II, e III ed il

teorema piano di Desargues, Hallett attribuisce contenuto spaziale solo a

quest’ultimo. Ma ammesso e non concesso che il teorema piano di

Desargues abbia contenuto solido, è illecito attribuire questo contenuto

al solo teorema di Desargues. Infatti le conseguenze spaziali

appartengono all’intero sistema e non al solo enunciato di Desargues. È

vero che senza l’enunciato di Desargues le conseguenze spaziali non

vengono assicurate ma l’enunciato da solo, senza gli altri assiomi, è a sua

volta incapace di produrre queste conseguenze. Sarebbe quindi più

corretto dire che le conseguenze spaziali sono in parte il risultato

dell’enunciato di Desargues e in parte dei rimanenti assiomi. Ma allora, se

il teorema piano di Desargues avesse un contenuto spaziale, questo

dovrebbe essere il caso anche di questi ultimi assiomi, per esempio

dell’assioma I.1.

e) Dall’analisi della nozione di contenuto difesa da Hallett consegue che ogni

teorema ha una dimostrazione pura. Ci sembra implausibile che questo

sia vero a priori in quanto conseguenza di un’analisi della nozione di

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Notae Philosophicae Scientiae Formalis, vol. 1, n. 1, p. 89 - 102, abril 2012.

contenuto. La purezza ne risulterebbe trivializzata.

Ne concludiamo che la nozione di contenuto fornita da Hallett puo’ risultare

interessante per altri scopi ma non al fine di chiarificare i giudizi di purezza che sono

usuali nella pratica matematica. La nozione di contenuto che a nostro parere risulta

utile per una chiarificazione del concetto di purezza di una dimostrazione deve

invece essere legata alla comprensione del significato dell’enunciato di un teorema e

non al suo ruolo deduttivo all’interno di un sistema assiomatico. Inoltre la nostra

posizione sul teorema di Desargues è la stessa che ci pare sia stata sostenuta dallo

stesso Hilbert: il teorema piano di Desargues non ha una dimostrazione pura in un

contesto proiettivo.

Ringraziamenti. Desideriamo ringraziare Abel Lassalle Casanave per averci dato lo

stimolo a scrivere questa nota e Marco Panza per preziosi suggerimenti di stile e

contenuto.

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