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Notae Philosophicae Scientiae Formalis, vol. 1, n. 1, p. 89 - 102, abril 2012.
Geometria piana e solida: una nota sulla purezza del metodo
Paolo Mancosu UC Berkeley
Andy Arana KSU at Manhattan
Abstract: Traditional geometry concerns itself with planimetric and stereometric considerations, which are at the root of the division between plane and solid geometry. In this note (which is based on a much longer article forthcoming in the Review of Symbolic Logic), our major concern is with methodological issues of purity. In the first part we give a rough sketch of some key episodes in mathematical practice that relate to the interaction between plane and solid geometry. In the second part, we look at a late nineteenth century debate (on “fusionism”) in which for the first time methodological and foundational issues related to aspects of the mathematical practice covered in the first part of the paper came to the fore. We conclude this part by remarking that only through an axiomatic and analytical effort could the issues raised by the debate on “fusionism” be made precise. The third part of the note focuses on Hilbert's axiomatic and foundational analysis of the plane version of Desargues’ theorem on homological triangles and its implications for the relationship between plane and solid geometry. Finally, building on the foundational case study analyzed in the third section, in the fourth, and last, section we point the way to the analytic work necessary for exploring various important claims on “purity”, “content” and other relevant notions. Key Words: geometry, solid geometry, projective geometry, purity of methods, Desargues' theorem, axiomatics, Hilbert, Peano.
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Riassunto: La geometria tradizionale verte su considerazioni planimetriche e stereometriche che sono alla base della divisione tra geometria piana e geometria solida. In questa nota (basata su un articolo molto più esteso in corso di pubblicazione nella Review of Symbolic Logic) la nostra preoccupazione principale riguarda la questione della purezza dei metodi. Nella prima parte diamo un accenno ad alcuni episodi centrali che hanno caratterizzato l'interazione tra geometria piana e solida nella pratica matematica. Nella seconda parte presentiamo un dibattito del tardo ottocento (sul "fusionismo") in cui per la prima volta gli aspetti fondazionali della pratica matematica discussa nella prima parte della nota divennero oggetto di discussione. Concludiamo questa parte notando che le tematiche sollevate dal dibattituto sul "fusionismo" potevano essere rese precise solo con un lavoro assiomatico ed analitico. La terza parte si concentra sull'analisi assiomatica e fondazionale data da Hilbert del teorema piano di Desargues sui triangoli omologici e sulle sue implicazioni per la relazione tra geometria piana e solida. Infine, sulla base dell'episodio fondazionale studiato nella terza parte, la quarta ed ultima sezione dà alcune indicazioni sul lavoro analitico necessario per sondare diverse tesi importanti sulle nozioni di "purezza", "contenuto", ed altre ad esse connesse. Parole chiave: geometria; geometria solida; geometria proiettiva; purezza dei metodi; teorema di Desargues; assiomatica; Hilbert, Peano.
La geometria tradizionale si occupa sia di planimetria che di stereometria e
questo conduce a distinguere tra geometria piana e solida. Quando ci si pone il
problema della relazione tra queste due aree si aprono molti problemi che sono di
natura epistemologica, ontologica, semantica, logica e metodologica. Inoltre si
presentano naturalmente anche altre questioni legate alla psicologia e alla didattica
della matematica. In questa nota (basata su Arana-Mancosu, in corso di
pubblicazione) l’attenzione si concentrerà su un aspetto metodologico della
questione: la purezza dei metodi. Dopo alcuni cenni storici sul ruolo che la
geometria solida ha avuto nello sviluppo della geometria piana si passerà all’analisi
di un caso specifico, il teorema di Desargues nel piano (che chiameremo anche
‘teorema piano di Desargues’).
Questo teorema fu dimostrato da Desargues attraverso il ricorso a nozioni
metriche (principi di congruenza) che stavano alla base di un teorema che giocò un
ruolo centrale nella dimostrazione di Desargues: il teorema di Menelao. Tuttavia lo
sviluppo della geometria nel diciannovesimo secolo portò all’analisi dei fondamenti
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della geometria proiettiva e al tentativo di eliminare per quanto possibile da
quest’ultima nozioni non proiettive come la congruenza o la misura. Il teorema
piano di Desargues fu fondamentale in questo programma di ricerca. Una
dimostrazione puramente proiettiva di tale teorema era già stata data da Poncelet
nel 1822. Poncelet aveva mostrato come la versione del teorema di Desargues nello
spazio (che chiameremo anche ‘teorema solido di Desargues’) aveva come semplice
corollario una dimostrazione proiettiva del teorema di Desargues nel piano.
L’appello alla congruenza nella dimostrazione del teorema piano di Desargues
veniva così eliminata attraverso l’introduzione dello spazio. Ci si può però
legittimamente chiedere se questo appello allo spazio sia legittimo e necessario. La
questione della legittimità nasce da considerazioni di purezza dei metodi. La
questione della necessità da considerazioni logiche. Si dovette aspettare fino ai
lavori di Peano e Hilbert per avere una risposta (positiva) logicamente rigorosa a
quest’ultima questione. Inoltre questi risultati sono alla base di una discussione più
articolata del problema della legittimità o della purezza. Queste considerazioni
saranno sviluppate nella parte finale di questa nota.
1. Cenni storici sul rapporto tra geometria piana e solida.
Nella geometria antica si trovano poche applicazioni interessanti della
geometria solida alla geometria piana (naturalmente quella solida richiede la piana).
Gli Elementi di Euclide portano ad una separazione netta tra geometria piana e
solida (con quest’ultima rilegata agli ultimi libri) che influenzerà la presentazione
degli elementi di geometria fino al secolo diciannovesimo. Non mancano però, già
nel mondo antico, alcune direzioni avanzate di ricerca dove tecniche di geometria
solida vengono utilizzate nello studio di problemi di geometria piana. Possiamo
menzionare ad esempio la quadratura del cerchio data da Pappo attraverso una
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proiezione dell’elica cilindrica per generare la curva quadratrice nel piano. È anche
importante notare che la distinzione tra problemi piani, solidi, e lineari data da
Pappo è ortogonale rispetto a quella tra geometria piana e solida. La tassonomia
data da Pappo concerne il tipo di curve richieste per la soluzione dei problemi (linea
e cerchio per quelli piani; sezioni coniche per quelli solidi; e curve ‘più complicate’
per quelli lineari). La geometria solida di Euclide si trova classificata quindi come
‘piana’ nella classificazione di Pappo e viceversa problemi piani come la trisezione di
un angolo arbitrario risultano solidi. Mentre Pappo critica l’uso di curve che non
corrispondono alla natura del problema (coniche per risolvere problemi ‘piani’), non
ci risulta che il mondo greco abbia sollevato obiezioni esplicite all’uso della
geometria solida nelle investigazioni di problemi di geometria piana.
Nel secolo diciasettesimo si nota uno spiccato interesse per l’applicazione di
tecniche di geometria solida a quella piana. Valga come esempio quello di
Evangelista Torricelli. Nel suo trattato ‘De quadratura parabolae’ (1644), Torricelli
presenta venti dimostrazioni differenti della quadratura della parabola dividendole
in dimostrazione ‘classiche’ (utilizzando la dimostrazione per assurdo) e
dimostrazioni con la geometria degli indivisibili di ispirazione Cavaleriana. La cosa
veramente sorprendente di questo trattato è l’interesse mostrato da Torricelli per
l’utilizzazione di tecniche di geometria solida nella dimostrazione di un teorema di
geometria piana. Tutti i più importanti risultati della stereometria classica euclidea e
archimedea sono richiamati e Torricelli dimostra come la quadratura della parabola
possa discendere da essi, grazie a tecniche di esaustione o ad argomenti di natura
indivisibilista. Naturalmente nessuno di questi usi di geometria solida può venire
considerato necessario visto che Archimede aveva già dato delle dimostrazioni
puramente piane del teorema. Torricelli non solleva nessun problema metodologico
rispetto all’uso della geometria solida in questioni di geometria piana.
Con lo sviluppo della geometria proiettiva nel secolo diciannovesimo le
tecniche di utilizzazione dello spazio per dimostrare teoremi di geometria
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(proiettiva) piana cominciano a mostrare la loro efficacia . La scuola di Monge in
particolare si caratterizza per questa costante interazione tra piano e spazio. Nel suo
famoso Aperçu del 1837 Chasles caratterizza la scuola di Monge attraverso la
propensione per l’utilizzazione delle tre dimensioni nella dimostrazione di teoremi
nel piano.
Concludiamo questi brevi cenni storici ricordando che in geometria
elementare la separazione tra geometria piana e solida venne messa in discussione
seriamente per la prima volta dal geometra italiano Riccardo de Paolis nei suoi
Elementi di geometria (1884). In essi egli sottolineava sia l’importanza delle analogie
tra geometria piana e solida (angoli-diedri; poligoni-poliedri etc.) sia l’importanza di
utilizzare lo spazio per la comprensione e semplificazione dei teoremi di geometria
piana. Questa posizione ‘fusionista’, cioè la richiesta che la geometria piana e solida
vengano sviluppate in tandem, furono all’origine di un dibattito noto come
‘fusionismo’ a cui parteciparono geometri italiani, francesi e tedeschi. Il dibattito tra
geometri ‘fusionisti’ e i loro avversari portò a discussioni concernenti tanto la
legittimità quanto la necessità del ricorso allo spazio nella dimostrazione di teoremi
di geometria piana. Tuttavia per poter seriamente affrontare questo nucleo di
questioni col rigore necessario si dovettero attendere i lavoro fondazionali di Hilbert
e Peano che affronteremo dopo la seguente sezione.
2. I fondamenti della geometria proiettiva.
All’inizio del secolo diciannovesimo, i cultori di geometria cominciarono a
sviluppare i fondamenti della geometria proiettiva indipendentemente dalla
geometria euclidea. Alcuni geometri, come Möbius e Plücker, cercarono di costruire
una geometria analitica proiettiva analoga alla geometria analitica cartesiana. Altri,
come Steiner, si mossero alla ricerca di una geometria senza coordinate che avesse
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però gli stessi vantaggi della nuova geometria analitica proiettiva. Tutti questi
programmi di ricerca utilizzavano liberamente considerazioni di natura metrica
facendo ricorso o alla nozione di distanza euclidea o ai principi di proporzionalità o
congruenza. Tuttavia questi principi non soddisfano l’invarianza proiettiva. A partire
dalla Geometria der Lage (1847) von Staudt diede origine a un programma di ricerca
che aveva come scopo l’eliminazione di queste nozioni metriche dalla geometria
proiettiva. In un passo del suo lavoro dichiarava:
Ho cercato in questo lavoro di trasformare la geometria di posizione in una scienza indipendente che non ha bisogno della nozione di misura.
Benché ci fossero ancora dei problemi legati alla continuità che furono risolti
solo dopo di lui, il lavoro di von Staudt rese possibile una definizione di un sistema di
coordinate prive di metrica a partire da sole considerazioni proiettive. La chiave di
volta per questo risultato era una particolare costruzione (costruzione del
quadrilatero) che permette, dati tre punti collineari, di trovare unicamente un
quarto punto sulla stessa retta degli altri tre, tale che i quattro punti siano fra loro in
‘rapporto armonico’ (nozione che non abbiamo bisogno di definire qui). Il quarto
punto può anche venir trovato tramite considerazioni metriche ma von Staudt, il cui
programma richiedeva l’eliminazione delle nozioni metriche a favore di quelle
proiettive, riuscì nell’impresa di determinare questo punto senza ricorrere a queste
considerazioni, e impiegando invece il teorema piano di Desargues, il cui enunciato
non involve alcuna nozione metrica:
Teorema di Desargues nel piano. Se due triangoli complanari sono tali che le
linee che connettono i vertici corrispondenti si intersecano in un punto
allora le intersezioni dei lati corrispondenti sono collineari (giacciono sulla
stessa linea).
Come abbiamo già anticipato la prova originale di Desargues fa ricorso a
nozioni metriche. Per realizzare lo scopo di von Staudt, occorre tuttavia una
dimostrazione scevra da tali considerazioni. Questa era stata fornita da Poncelet nel
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Traité des proprietés projectives des figures (1822). Desargues aveva anche
enunciato una versione solida del teorema, la cui dimostrazione è immediata e
trascende da considerazioni metriche (per ottenerla basta osservare che due piani si
intersecano in una retta, e quindi le linee che connettono i vertici di due triangoli
non complanari non possono che incontrasi sulla retta in cui si intersecano i piani a
cui tali rette appartengono):
Teorema di Desargues nello spazio. Se due triangoli che giacciono su piani
differenti sono tali che le linee che connettono i loro vertici
corrispondenti si intersecano in un punto allora le intersezioni dei lati
corrispondenti sono collineari.
Poncelet dimostrò che il teorema piano di Desargues risulta per semplice
proiezione sul piano da quello solido, ottenendo così una dimostrazione puramente
proiettiva del primo. Questa è la dimostrazione impiegata da von Staudt. Tuttavia
tale dimostrazione richiede la geometria dello spazio nonostante il fatto che
l’enunciato del teorema di Desargues nel piano concerne solo triangoli complanari.
Abbiamo cosi’ raggiunto il nodo teorico che aveva dato origine alla polemica sul
‘fusionismo’. Che il fusionismo fosse necessario nei fondamenti della geometria
proiettiva fu la conclusione a cui arrivò anche Felix Klein nel suo articolo Über die
sogennante Nicht-Euklidische Geometrie (1873). Wiener in un articolo del 1891
osservò, senza fornire una dimostrazione, che il teorema piano di Desargues non si
può dimostrare proiettivamente senza passare per lo spazio ed osservò inoltre che
la geometria piana proiettiva non e’ autosufficiente. Peano e Hilbert affrontarono
questo problema col rigore metodologico necessario.
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3. Peano e Hilbert
L’osservazione di Klein sulla necessità di ricorrere allo spazio nei fondamenti
della geometria proiettiva si basa sul teorema di Beltrami (1865) che asserisce che
una superficie liscia Riemanniana possiede curvatura costante se e solo se può
essere proiettata su un piano in modo tale che le geodetiche di quella superficie
hanno come proiezione delle linee rette nel piano. Il risultato si applica tanto al
piano euclideo quanto a quello proiettivo. Klein interpretava quindi il teorema di
Beltrami come l’asserzione che una superficie di Riemann di curvatura non costante
non può essere rappresentata su un piano in modo tale che le geodetiche di quella
superficie si “comportino” come linee rette nel piano. Nel 1894 Peano sviluppò
questa interpretazione e diede lo schizzo di una dimostrazione che i suoi assiomi per
la formalizzazione della geometria piana hanno modelli in cui il teorema piano di
Desargues non vale. Il suo modello, appena schizzato, utilizza superfici di Riemann di
curvatura non costante. Quindi i suoi assiomi per la geometria del piano sono
insufficienti per la dimostrazione del teorema piano di Desargues. Quando gli
assiomi della geometria del piano sono supplementati da quelli per lo spazio, il
teorema piano di Desargues diventa dimostrabile, come prevedibile.
Nelle lezioni del 1898-99 Hilbert articolò i suoi assiomi per la geometria
dividendoli in cinque classi: I (incidenza), II (ordine), III (parallele), IV (congruenza), V
(continuita’). Egli osservò che il teorema piano di Desargues è dimostrabile in questo
sistema usando gli assiomi di incidenza nello spazio o alternativamente gli assiomi di
congruenza. Dimostrò poi che il teorema piano di Desargues non può essere
dimostrato nella geometria del piano a cui manchino alcuni assiomi di congruenza
(ossia non è dimostrabile dagli assiomi I 1-2, II, III, IV 1-5 e V). Egli otteneva questo
risultato presentando esplicitamente un modello in cui questi assiomi valgono ma il
teorema piano di Desargues non vale. Ne consegue che il teorema piano di
Desargues non può essere dimostrato coi soli assiomi proiettivi per il piano (I 1-2).
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Nelle sue lezioni sulla geometria euclidea Hilbert commentava il risultato
ponendo in evidenza la sua importanza per la questione della purezza dei metodi:
Questo teorema ci dà ora l’opportunità di discutere una questione importante. Il contenuto [Inhalt] del teorema di Desargues appartiene completamente alla geometria del piano benché per la sua dimostrazione ci sia stato necessario far ricorso allo spazio. Perciò ci troviamo per la prima volta nella posizione di mettere in pratica una critica dei mezzi di dimostrazione. Nella matematica moderna questa critica è utilizzata molto spesso quando lo scopo è quello di preservare la purezza del metodo [die Reinheit der Methode], e cioè dimostrare teoremi, se possibile, utilizzando mezzi che sono suggeriti [nahe gelegt] dal contenuto del teorema.(Hallett and Majer 2004, pp. 315-16)
Una dimostrazione di un teorema è quindi pura o meno a seconda se i mezzi
dimostrativi utilizzati sono “suggeriti dal contenuto del teorema” che viene
dimostrato, oppure trascendono questo contenuto. Dato che il “contenuto del
teorema *piano+ di Desargues appartiene completamente alla geometria del piano”
considerazioni che fanno appello allo spazio non sembrano essere “suggerite dal
contenuto del teorema”. Perciò Hilbert sembra considerare impure le dimostrazioni
del teorema piano di Desargues che utilizzano lo spazio.
Hilbert dimostrò inoltre che se una geometria piana soddisfa gli assiomi I 1-2
(gli assiomi di incidenza nel piano), II (gli assiomi dell’ordine), e III (assioma delle
parallele) allora il teorema piano di Desargues è condizione necessaria e sufficiente
affinchè quella geometria del piano risulti un elemento di una geometria dello
spazio che soddisfa tutti gli assiomi di incidenza (inclusi quelli dello spazio) oltre agli
assiomi II e III. In altri termini, un piano che soddisfa gli assiomi I 1-2, II, III ed il
teorema piano di Desargues, soddisfa anche gli assiomi di incidenza nello spazio I 3-
7. Hilbert dimostrò questo risultato mostrando prima di tutto come in una
geometria del piano che soddisfa gli assiomi I 1-2, II, III ed il teorema di Desargues si
possa costruire un’algebra di segmenti che ha la struttura di un anello di divisione
ordinato. Mostrò poi come un anello di divisione ordinato può essere utilizzato per
costruire un modello degli assiomi I, II, e III, ovvero un modello della geometria dello
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spazio (gli assiomi d’ordine sono inessenziali). Ecco come nelle lezioni del 1898-99
Hilbert riassumeva la situazione:
Quindi il teorema di Desargues sarebbe la condizione che garantisce che il piano stesso è distinto nello spazio e possiamo quindi dire che tutto ciò che è dimostrabile nello spazio è già dimostrabile nel piano dal teorema di Desargues.
In altre parole, il teorema di Desargues può essere utilizzato come sostituto degli
assiomi solidi; nel sistema di Hilbert esso ha esattamente le stesse conseguenze
dimostrabili degli assiomi spaziali.
4. Il problema del contenuto
In un articolo recente (Hallett 2008) e nelle sue introduzioni alle lezioni di
Hilbert sulla geometria pubblicate nel primo volume della Hilbert Edition (Hallett
and Majer 2004), Michael Hallett ha tratto delle conseguenze interessanti, ma a
nostro parere discutibili, sulla nozione di contenuto del teorema di Desargues e sulla
questione della purezza dei metodi. Nel suo articolo del 2008 Hallett scrive:
What this shows is that the Planar Desargues’s Theorem is a sufficient condition for the orderly incidence of lines and planes, in the sense that it can be used to generate a space. We thus have an explanation for why the Planar Desargues’s Theorem cannot be proved from planar axioms alone: the Planar Desargues’s Theorem appears to have spatial content. (p. 229)
Inoltre nella sua introduzione alle lezioni di Hilbert del 1898-99 Hallett osserva che il
lavoro di Hilbert “reveals that Desargues’ planar Theorem has hidden spatial
content, perhaps showing that the spatial proof of the Planar Theorem does not
violate ‘Reinheit’ after all” (pp. 227-28). Quindi Hallett sostiene che il lavoro di
Hilbert ci deve condurre a rivedere il nostro giudizio su cosa debba essere una
dimostrazione pura del teorema piano di Desargues. Mentre a prima vista potrebbe
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sembrare che considerazioni facenti appello allo spazio nella dimostrazione del
teorema piano di Desargues diano luogo a impurità, Hallett ritiene che il lavoro di
Hilbert ci debba portare a rivedere questa intuizione in quanto mostrerebbe che il
teorema piano di Desargues abbia un ‘contenuto’ spaziale (o solido) nascosto.
Questa posizione di Hallett fa appello alla nozione di “contenuto nascosto di
ordine superiore” sviluppata da Dan Isaacson nel contesto di alcuni lavori volti a
fornire una interpretazione dei risultati di incompletezza di Gödel per l’aritmetica di
Peano. Nel nostro articolo (Arana-Mancosu, in corso di pubblicazione) sviluppiamo
un’analisi dettagliata tanto della concezione di “contenuto nascosto di ordine
superiore” di Isaacson quanto delle conseguenze per la purezza dei metodi che ne
discendono secondo Hallett. L’aspetto centrale della questione è che la nozione di
contenuto proposta da Hallet in base alla considerazione dell’analisi hilbertiana del
teorema di Desargues è basata sul ruolo deduttivo giocato da tale teorema entro un
sistema assiomatico. Questa nozione è molto vicina a quella di contenuto come
equivalenza deduttiva (all’interno di una teoria di base) articolata da Carnap. Hallett
vede nel teorema piano di Desargues un enunciato dal contenuto solido (nascosto)
proprio perché entro una certa teoria assiomatica il teorema di Desargues gioca lo
stesso ruolo deduttivo degli assiomi dello spazio.
La nostra critica alla posizione di Hallett è basata sulle seguenti cinque
obiezioni che qui vengono semplicemente elencate ma non argomentate (rinviamo
al nostro articolo tanto per un’articolazione della tesi di Hallett che per una
argomentazione dettagliata a sostegno delle nostre critiche):
a) Se il contenuto del teorema piano di Desargues fosse spaziale ne
seguirebbe che un essere dotato di credenze e concetti piani ma che non
abbia credenze o concetti spaziali non riuscirebbe a comprenderlo, ciò
che appare poco plausibile.
b) Sostenere che il teorema piano di Desargues ha un contenuto solido a
causa del suo ruolo nel sistema assiomatico di base hilbertiano richiede
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una profonda analisi metateorica tale quella condotta da Hilbert. Ma che
cosa dire di enunciati che non sono ancora stati analizzati
metateoricamente o, peggio ancora, di cui non si sa se siano veri o falsi
(come la congettura dei numeri primi gemelli)? Intuitivamente
comprendiamo (il contenuto del-) la congettura dei primi gemelli anche
se non ne abbiamo una dimostrazione od un’analisi metateorica.
c) La posizione di Hallett implica un contestualismo radicale rispetto al
contenuto. Il ruolo giocato dal teorema di Desargues cambia
radicalmente a seconda che l’enunciato faccia parte di una geometria
(metrica) con assiomi di congruenza o di una sola geometria proiettiva.
Eppure l’enunciato è lo stesso in entrambe i casi.
d) All’interno di un contesto assiomatico con gli assiomi I 1-2, II, e III ed il
teorema piano di Desargues, Hallett attribuisce contenuto spaziale solo a
quest’ultimo. Ma ammesso e non concesso che il teorema piano di
Desargues abbia contenuto solido, è illecito attribuire questo contenuto
al solo teorema di Desargues. Infatti le conseguenze spaziali
appartengono all’intero sistema e non al solo enunciato di Desargues. È
vero che senza l’enunciato di Desargues le conseguenze spaziali non
vengono assicurate ma l’enunciato da solo, senza gli altri assiomi, è a sua
volta incapace di produrre queste conseguenze. Sarebbe quindi più
corretto dire che le conseguenze spaziali sono in parte il risultato
dell’enunciato di Desargues e in parte dei rimanenti assiomi. Ma allora, se
il teorema piano di Desargues avesse un contenuto spaziale, questo
dovrebbe essere il caso anche di questi ultimi assiomi, per esempio
dell’assioma I.1.
e) Dall’analisi della nozione di contenuto difesa da Hallett consegue che ogni
teorema ha una dimostrazione pura. Ci sembra implausibile che questo
sia vero a priori in quanto conseguenza di un’analisi della nozione di
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contenuto. La purezza ne risulterebbe trivializzata.
Ne concludiamo che la nozione di contenuto fornita da Hallett puo’ risultare
interessante per altri scopi ma non al fine di chiarificare i giudizi di purezza che sono
usuali nella pratica matematica. La nozione di contenuto che a nostro parere risulta
utile per una chiarificazione del concetto di purezza di una dimostrazione deve
invece essere legata alla comprensione del significato dell’enunciato di un teorema e
non al suo ruolo deduttivo all’interno di un sistema assiomatico. Inoltre la nostra
posizione sul teorema di Desargues è la stessa che ci pare sia stata sostenuta dallo
stesso Hilbert: il teorema piano di Desargues non ha una dimostrazione pura in un
contesto proiettivo.
Ringraziamenti. Desideriamo ringraziare Abel Lassalle Casanave per averci dato lo
stimolo a scrivere questa nota e Marco Panza per preziosi suggerimenti di stile e
contenuto.
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