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7/21/2019 Fuell Cell chemistry http://slidepdf.com/reader/full/fuell-cell-chemistry 1/16  109 CELLE A COMBUSTIBILE 7.1 INTRODUZIONE Le celle a combustibile (Fuel Cells: FC) sono essenzialmente delle pile (batterie primarie) nelle quali l'agente riducente (combustibile gassoso) e quello ossidante (aria od ossigeno) sono continuamente immessi, rispettivamente, nel comparto anodico (polo negativo) e in quello catodico (polo positivo) come schematizzato in Fig. VII.1.1. Figura VII.1.1. Rappresentazione schematica di una cella a combustibile. Per ogni singolo tipo di cella sono riportati i reagenti e i prodotti di reazione, lo ione mobile dell'elettrolita e la temperatura ottimale di funzionamento.  A differenza delle pile e degli accumulatori la cella a combustibile è quindi un dispositivo di conversione di energia chimica in energia elettrica che, teoricamente, ha la capacità di fornire energia elettrica fino a quando combustibile e comburente vengono forniti al dispositivo, cioè indefinitamente, dato che basta continuare ad alimentare la cella. In realtà la degradazione o il malfunzionamento dei compo-nenti ne limita a volte la durata. In questo senso si tratta di fonti alternative di energia (anche se non rinnovabili), che costituiscono una delle prospettive più promettenti per la sostituzione del petrolio.

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CELLE A COMBUSTIBILE

7.1 INTRODUZIONE

Le celle a combustibile (Fuel Cells: FC) sono essenzialmente delle pile (batterie primarie) nellequali l'agente riducente (combustibile gassoso) e quello ossidante (aria od ossigeno) sonocontinuamente immessi, rispettivamente, nel comparto anodico (polo negativo) e in quellocatodico (polo positivo) come schematizzato in Fig. VII.1.1.

Figura VII.1.1. Rappresentazione schematica di una cella a combustibile. Per ogni singolo tipo di cella sonoriportati i reagenti e i prodotti di reazione, lo ione mobile dell'elettrolita e la temperaturaottimale di funzionamento.

 A differenza delle pile e degliaccumulatori la cella a combustibileè quindi un dispositivo diconversione di energia chimica in

energia elettrica che, teoricamente,ha la capacità di fornire energiaelettrica fino a quando combustibilee comburente vengono forniti aldispositivo, cioè indefinitamente,dato che basta continuare adalimentare la cella.In realtà la degradazione o ilmalfunzionamento dei compo-nentine limita a volte la durata. Inquesto senso si tratta di fonti

alternative di energia (anche se nonrinnovabili), che costituiscono una

delle prospettive più promettenti per la sostituzione del petrolio.

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Il combustibile più largamenteutilizzato, come abbiamo visto, è H2,che è in grado di dare una reazionecon un ∆G  abbastanza negativo ed èil reagente più leggero, per cui può

dar luogo a dispositivi ad alta energiaspecifica. Naturalmente l’impiego diH2  comporta alcuni inconvenienti dinon poco conto: il problema dellostoccaggio (H2  gassoso ha unadensità di energia molto bassa,pari a0.42 kWh/kg; se si usasse H2 liquido,aumenterebbe la densità di energia,ma si avrebbe il problema dellarefrigerazione). Qualche soluzionepuò venire dall’impiego di metallo-idruri (qualche speranza era stataposta nei nanotubi di carbonio, ma

pare sia poco attendibile). Il metanolo sembra offrire prospettive migliori, anche se, comevedremo, presenta altri problemi. Vi è una grande varietà di celle a combustibile; la differenza essenziale consiste nel tipo dielettrolita impiegato e nella realizzazione della cella. Esistono celle ad elettrolita polimerico (SPEFC - Solid Polymeric Electrolyte Fuel Cells, dette anche Proton Exchange Membrane Fuel Cells -PEMFC), celle a combustibile alcaline ( AFC  - Alkaline Fuel Cells), celle a combustibile ad acidofosforico (PAFC - Phosphoric Acid Fuel Cells), celle a combustibile a carbonati fusi (MCFC - MoltenCarbonates Fuel Cells) e celle a combustibile a ossido solido (SOFC  - Solid Oxide Fuel Cells).Ognuna di queste celle ha un proprio e ben definito intervallo di temperatura entro il quale puòoperare. Tali intervalli possono differire anche notevolmente. Oltre a queste tipologie di FC, negli

ultimi anni si sta prestando notevole interesse alle celle a combustibile e metanolo diretto (DMFC -Direct Methanol Fuel Cells), nelle quali il combustibile è il metanolo che viene ossidato (“bruciato”)direttamente per dare CO2 e H2O. La specificazione di celle a metanolo diretto è legata al fatto cheil metanolo era stato già introdotto nella tecnologia delle FC, ma come produttore di idrogeno, cioècome combustibile indiretto. Attualmente si stanno studiando FC che utilizzano anche alcol piùpesanti (etanolo e propanolo).Le Fuel Cells appaiono promettenti per diverse applicazioni: innanzi tutto per la produzionestazionaria di energia elettrica, cioè la produzione per l’alimentazione diretta di apparecchiature odispositivi utilizzatori. Ma si pensa possano servire anche per generazione remota di energiaelettrica, cioè per l’affiancamento/sostituzione delle centrali elettriche, in particolare le centralitermoelettriche che utilizzano combustibili fossili.

Naturalmente l’impiego più attrattivo, verso il quale c’è la spinta più forte per la ricerca e sviluppo,rimane quello dell’autotrazione, per la realizzazione di auto elettriche o auto ibride. In questo casova considerata la possibilità di autonomia molto maggiore delle batterie (anche se con potenzaspecifica molto più bassa), per cui appaiono promettenti alternative al carburante da petrolio.Non va comunque trascurato il possibile impiego in apparecchiature portatili, per le quali èpossibile realizzare FC anche molto piccole, adatte, appunto. all’elettronica di consumo (anche senon possono essere competitive con le batterie nel campo della miniaturizzazione.Le celle a combustibile alcaline sono storicamente importanti per essere state impiegate intornoagli anni settanta nel progetto spaziale Apollo, ma il loro elevato costo non è compatibile con unutilizzo commerciale e sono state sostanzialmente abbandonate.Dopo la descrizione dei concetti operativi e di efficienza verranno presentati i dispositivi a

elettrolita liquido, quelli a elettrolita solido polimerico, quelle a metanolo diretto e quelli a elettrolitasolido ad alta temperatura.

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L’invenzione della cella a combustibile si deve a Sir William Grove, che conosceva l’elettrolisidell’acqua, che produce H2  ed O2, e sapeva anche che H2  ed O2  reagiscono tra loro in modoesplosivo (se opportunamente innescati), per cui provò a operare in modo opposto all’elettrolisi.Nel 1839 realizzò una FC con elettrodi di Pt platinato e insufflando H2 in prossimità di uno dei due,mentre l’altro aveva l’ossigeno direttamente dall’aria. Ottenne una cella con una tensione di 0.6 V

e con una batteria di 50 celle arrivò a erogare una tensione di 25-30 V.Nel 1932 la stessa idea venne a Francis T. Bacon, un ingegnere che non conosceva l’invenzione diGrove e neanche l’elettrochimica, poiché la FC di Grove non aveva incontrato alcun interesse nelmondo scientifico ed era finita nel dimenticatoio. Lo stesso trattamento, da parte del mondoscientifico, avvenne per Bacon, ma questa volta il nuovo inventore non lasciò cadere l’intuizione evi dedicò tutta la sua attenzione, finché nel 1952 coinvolse un giovane elettrochimico (ReginaldG.H. Watson) e nel 1959 realizzò la prima cella a combustibile con una capacità di 5 kW, in gradodi far muovere un muletto con capacità di 2 ton. In quel periodo l’interesse della NASA per nuovesorgenti di energia per i programmi spaziali, consentì alla riscoperta della FC di non finirenuovamente nel dimenticatoio.

7.2 PRINCIPI OPERATIVI 

Come precedentemente accennato una cella a combustibile consiste essenzialmente di unelettrolita interposto tra due strati porosi (anodo e catodo). Il combustibile e il comburente gassosisono alimentati rispettivamente all'anodo e al catodo e generano energia elettrica attraversoreazioni di trasferimento elettronico agli elettrodi. Il combustibile e il comburente più utilizzati sonol'idrogeno e l'ossigeno.

Poiché i reagenti sono allo stato gassoso, assumenotevole importanza la realizzazione di un contattotriplo tra conduttore elettronico, conduttore ionicoe gas, dato che non si può pensare di limitare lareazione al reagente disciolto nel conduttore ionico

(che potrebbe avere concentrazioni bassissime).Per questo problema le FC utilizzano elettrodi 3D adiffusione di gas, cioè elettrodi porositridimensionali, costituiti ad esempio da grafiteporosa nei cui pori viene deposto un opportunocatalizzatore per facilitare il processo redox.L’utilizzo di elettrodi 3D consente di avere

un'ampia superficie sulla quale poter fare avvenire le reazioni di trasferimento elettronico per cui sirealizza un'elevata quantità di corrente e quindi una più elevata quantità di potenza a parità dipotenziale. Questi contatti tripli non sono solo essenziali in quanto consentono un elevato numerodi siti attivi superficiali, ma rivestono anche elevata importanza in quanto permettono di far

giungere e asportare dall'elettrodo le specie elettroattive (combustibile e comburente) e i prodottidi reazione (acqua). In effetti l’intensità di corrente che un elettrodo può realizzare dipendecertamente dalla sua superficie reale (per cui un elettrodo poroso ha un’alta superficie reale, aparità di dimensioni geometriche, rispetto ad un elettrodo piano), ma anche dalla densità dicorrente, il cui valore è generalmente limitato dalla diffusione. Per poter aumentare la densità dicorrente limite è necessario ridurre il più possibile lo spessore dello strato diffusivo adiacente lasuperficie elettrodica, il che avviene normalmente con una adeguata agitazione (che richiede peròconsumo di energia e può far scendere lo strato diffusivo al massimo a 10 −2-10−3  cm). Seconsideriamo invece la superficie trifase che si realizza con un elettrodo a diffusione di gas, siarriva ad avere strati diffusivi di spessore anche di 10−6 cm, con una maggiore corrente limite.Il materiale a conducibilità elettronica deve possedere bassa resistenza elettrica e ottime

caratteristiche elettrocatalitiche. Tale proprietà diventa essenziale per i dispositivi che operano allepiù basse temperature, dove le velocità di reazione sono relativamente basse. Analogamente aglialtri dispositivi energetici elettrochimici, per ottenere sorgenti di apprezzabile potenza anche le

elettrodo (conduttore elettronico)

soluzione

gas

elettrolitica

zona ad alta

densità di corrente

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singole celle a combustibile devono essere combinate in serie o parallelo. Esse sono quindiassemblate tra loro tramite connettori che assicurano il contatto elettrico tra le singole celle e chespesso servono anche da separatori dei reagenti gassosi (piastre bipolari).Le tipiche reazioni che avvengono nelle diverse celle a combustibile sono di seguito riassunte:

Tipo di cella Reazione anodica Reazione catodica

SOFCH2 + O2-  H2O + 2e− 

CO + O2-  CO2 + 2e− 

CH4 + 4O2-  2H2O + CO2 + 8e− 

½O2 + 2e−  O2− 

PEFC H2  2H+ + 2e−  ½O2 + 2H+ + 2e−  H2O

DMFC CH3OH + H2O CO2 + 6H+ + 6e−  3 /2O2 + 6H+ + 6e−  3H2O

 AFC H2 + 2OH−  2H2O + 2e−  ½O2 + H2O + 2e−  2OH− 

PAFC H2  2H+ + 2e−  ½O2 + 2H+ + 2e−  H2O

MCFCH2 + CO3

2−  H2O + CO2 + 2e− 

CO + CO32-  2CO2 + 2e−  ½O2 + CO2 + 2e-  CO3

2− 

7.3 EFFICIENZA DI UNA CELLA A COMBUSTIBILE 

Non tutta l’energia fornita dal combustibile è completamente convertita in energia elettrica;l’energia elettrica prodotta (We), infatti, è:

We = ηT WC  (7.1)

dove ηT è l’efficienza totale del sistema considerato e WC l’energia chimica fornita.L’efficienza totale ηT è data da tre fattori: l’efficienza di utilizzo del combustibile (ηc), l’efficienza diGibbs (ηG) e l’efficienza elettrica o di tensione (η V). 

L’efficienza globale (ηT) di una cella è, pertanto, il prodotto dei tre termini di efficienza:ηT = ηC•ηG•η V (7.2)

L’efficienza totale di una cella può essere anche definita come il rapporto tra l’energia elettrica(We) prodotta e l’energia chimica fornita (WC):

ηT = We /WC  (7.3)

e quindi l’energia elettrica fornita è:

We = WC•ηc•ηG•η V  (7.4)

Per efficienza di utilizzo del combustibile s’intende la quantità

che è effettivamente consumata, in altre parole la differenzatra la quantità di combustibile uscente ed entrante nella cella.Questa grandezza dipende essenzialmente dalla cinetica delprocesso di combustione e quindi da tutti quei parametri chela possono influenzare (temperatura di esercizio, attivitàcatalitica dei materiali che costituiscono gli elettrodi,geometria della cella, velocità di flusso dei gas nei comparti,ecc.).Per efficienza di Gibbs:

ηG = ∆rG  /∆rH  = (∆rH  − T ∆rS )/∆rH  = 1 − (T ∆rS  /∆rH ) (7.5)

s’intende il rapporto tra l’energia libera di Gibbs ∆rG   el’entalpia ∆rH  (Fig. VII.3.1) della reazione chimica coinvoltaFigura VII.3.1. ∆G  o e ∆H  o per la rea- nel processo di generazione. zione di ossidazione di H2 (a) e di CO (b).

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Ricordiamo che 

pr

p

oro

r

p

or

  C 

 H S 

G∆=

 

 

 

 

∆∂∆−=

 

 

 

 

∆∂  (7.6) 

per cui le pendenze delle rette del ∆rG  dipendono dal ∆rS , che è il parametro dal quale dipende ilminor rendimento (poiché rappresenta la parte di energia chimica che viene dissipata comecalore).Il ∆rH , come si vede il Fig. VII.3.1, dipende moltopoco da T , poiché il ∆rC p è sempre molto piccolo(in prima approssimazione ∆rC p ≈ 0).L’ efficienza di Gibbs è legata al fatto che l’energiachimica sviluppata da una reazione è il ∆rH  (se lareazione avviene per via chimica produceeffettivamente una quantità di calore pari a −∆rH ).Però di questa energia, solo la parte quantificatadal ∆rG   può essere trasformata in lavoro utile(cedibile all’ambiente, cioè all’utilizzatore). Purecon questa limitazione, la conversioneelettrochimica dell’energia chimica è la piùefficiente, dato che non ha, ad esempio, lalimitazione di Carnot per la conversionedell’energia termica in lavoro. L’efficienza di Gibbsè funzione della temperatura di esercizio della cella Figura VII.3.2. Efficienza termodinamica per la e del tipo di combustibile utilizzato, dato che reazione di ossidazione di H2 (a) e CO (b).

dipende dal rapporto (T ∆rS  /∆rH ) (Fig. VII.3.2).

Reazione di cella −∆rG o kJmol−1 

−∆rH o kJmol−1 

∆E rev  V

ηG × 100%

H2 + ½O2  →  H2O 237.2 285.85 1.229 83CH4 + 2O2  → CO2 + 2H2O 817.98 890.36 1.060 92C3H8 + 5O2  → 3CO2 + 4H2O 2108.3 2220.10 1.093 95CH3OH + 3 /2 O2  → CO2 + 2H2O 706.89 764.04 1.222 93C + ½O2  →  CO 137.28 110.54 0.712 124CO + ½O2  →  CO2  257.1 282.96 1.333 91

Dal valore dell’energia libera di Gibbs è possibile inoltre

calcolare il valore della forza elettromotrice (∆E rev) dellacella elettrochimica, che dipenderà da T   (Fig. VII.3.3),secondo la ben nota relazione:

∆E rev = − ∆rG  /nF   (7.7)

dove n è il numero di elettroni coinvolti nella reazioneelementare di cella e F   la costante di Faraday.Naturalmente, come abbiamo già spiegato nel capitoloprecedente, questo valore si ha solo a circuito aperto, cioèquando il sistema non lavora.Quando a una cella a combustibile si connette un carico,

nel sistema elettrochimico incomincia a fluire correnteelettrica e si ha un'ulteriore riduzione di efficienza dovutaalla presenza di resistenze elettriche interne. Alcune di Figura VII.3.3. Forza elettromotrice della FC

queste resistenze interne sono indipendenti dal flusso di alimentata con H2 (a) e con CO (b).

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corrente (resistenza ohmica del materiale elettrolitico e dei materiali elettrodici), mentre altre nesono dipendenti (polarizzazione, trasferimento elettronico, ecc.). La resistenza interna totale(R tot) di una cella a combustibile può essere immaginata come la somma di due termini:

R tot = R 0 + R ( j ) (7.8)

dove R 0 e R ( j ) rappresentano, rispettivamente, il termine indipendente e quello dipendente dallacorrente elettrica (cioè dalla densità di corrente j ).Si definisce efficienza elettrica, o efficienza di tensione, (η V) il rapporto tra il valore effettivo dellatensione (V), calcolabile come (∆E rev − R totI 

 ), e quello termodinamico teorico (∆E rev):

η V = V/∆E rev  (7.9)

Qualora il valore di R ( j ) sia trascurabile rispetto a quello di R 0 - condizione a volte soddisfatta nellenormali condizioni operative - l’analisi delle prestazioni di una cella può essere linearizzata,assumendo che il valore di R tot  sia indipendente dalla corrente e coincida con R 0. In questo caso ilvalore di tensione effettiva è:

 V = ∆E rev − R 0I   (7.10)

ossia quello termodinamico diminuito del termine di caduta ohmica. L’efficienza elettrica puòessere scritta:

η V = V/∆E rev = (∆E rev − R 0I )/ ∆E rev = 1 − (R 0I  /∆E rev) (7.11)

Quanto precedentemente esposto mette in evidenza che a parità di combustibile e di temperaturadi lavoro, per ogni tipo di cella a combustibile, il rendimento è determinato dal valore della suaresistenza interna totale. Qualora, poi, la resistenza globale di cella possa essere identificata con ilsolo termine indipendente dalla corrente elettrica (materiale elettrolitico e quello degli elettrodi),l’analisi delle prestazioni di una cella - che permette di calcolare i rendimenti di conversione dienergia chimica in quella elettrica - diventa una procedura abbastanza agevole e di conseguenza

risulta semplice la valutazione delle condizioni di lavoro più opportune.In realtà la resistenza interna R ( j ) non è sempre trascurabile emolta attenzione viene dedicata alla possibilità di minimizzare ilsuo valore. Il contributo più rilevante è dovuto allasovratensione di attivazione, cioè alla lentezza dei processielettrochimici che avvengono nella cella.Questa sovratensione è descrivibile in generale attraversol’equazione di Tafel:

η = a  + b  ln   j   (7.12)

o anche0

 j 

 j 

ln b =η   (7.13)

dalla quale si vede che il valore di η, che contribuisce adabbassare l’efficienza di tensione η V, dipende dal coefficiente b  

e da  j 0. Il coefficiente b   rappresenta la pendenza del tratto lineare della curva di Tafel ed èevidente che, quanto maggiore è il suo valore, tanto più rapidamente η cresce all’aumentare di j .Ricordando che b  = RT  /αnF , il suo valore dipende fondamentalmente da α (oltre che da T  ), che èlegato al meccanismo del processo elettrochimico (che può cambiare sensibilmente a seconda delmateriale elettrodico, in particolare del catalizzatore, che viene utilizzato).D’altra parte η dipende da j 0, il che rimanda ancora al materiale elettrodico e alla sua capacità difacilitare il trasferimento elettronico, per cui grande attenzione viene posta alla scelta dei materiali

elettrodici, ovviamente in relazione al processo elettrodico che avviene in cella. Ad esempio, per l’ossidazione dell’H2, si hanno i dati riportati nella tabella seguente, dai quali sinota la notevole diversità dei valori di  j 0. In effetti i valori reali sono maggiori (fino a 1000 volte)

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grazie alla rugosità degli elettrodi, per cui la superficie reale èmolto maggiore di quella geometrica (alla quale viene riferito ilvalore di j  0). Il problema più rilevante è posto però dal processodi riduzione di O2, che presenta una  j  0  di alcuni ordini digrandezza (anche 5) inferiore rispetto a quella del processo

anodico, sullo stesso materiale elettrodico. Si capisce perché laricerca di materiali elettrodici, o meglio, di catalizzatori perfavorire la riduzione di O2 sia uno degli aspetti più caldi di questosettore. Allo stato attuale il Pt rimane il migliore catalizzatore,

anche se il processo è ancora lento. Lo schema di reazione per la riduzione di O2  su Pt è ilseguente:

O2 + Pt →  Pt-O2 (7.14)

Pt-O2 + H+ + e- → Pt-HO2 (7.15)

Pt-HO2 + Pt →  Pt-OH +Pt-O (7.16)

Pt- OH + Pt-O + 3 H++ 3e- →Pt + Pt+ 2 H2O (7.17)

dove il rate determining step è lo stadio che coinvolge due siti di platino (7.16).

7.4 CELLA A COMBUSTIBILE A ELETTROLITA POLIMERICO (PEFC o SPEFC o PEMFC)  

Il processo che avviene in queste FC è la classica combustione di H2:

H2 + ½O2  →  H2O (7.18)

 All’anodo si ha l’ossidazione di H2 

H2  2H+ + 2e−  (a)

mentre al catodo si ha la riduzione di O2 

½O2 + 2H+ + 2e−  H2O (c)

La membrana consente il trasferimentodegli ioni H+ dal compartimento anodicoa quello catodico (dove si pone anche ilproblema dello smaltimento di H2O che èil prodotto del processo di combustione).

In queste celle a combustibile l'elettrolitaè costituito da una membrana polimericaperfluoro-solfonica (Nafion®), dellospessore di un centinaio di µm, aconduzione protonica. Su entrambi i latidella membrana polimerica è accostatoun elettrodo poroso con catalizzatoredisperso.Questa cella (detta MEA: membraneelectrode assembly) viene collegata inserie in un numero anche molto elevato

utilizzando, per il collegamento tra unMEA e l’altro, una piastra bipolare dimateriale conduttore (spesso si tratta di

metallo  j  0 (Acm−2)Pb 2.5×10−13 Zn 3×10−11 

 Ag 4×10−7 Ni 6

×10−6 

Pt 5×10−4 Pd 4×10−3 

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grafite, anche per la facilità di lavorazione)con apposite scanalature per rifornire i dueelettrodi dei rispettivi gas. In questo modo ilgas (H2  da una parte e O2  dall’altra) arriva,attraverso le scanalature, alle spalle del

rispettivo elettrodo poroso, attraverso il qualearriva a contatto con l’elettrolita dove puòavvenire il processo elettrochimico.

La piastra bipolare inoltre viene utilizzataanche per il raffreddamento della FC, dato cheuna parte dell’energia chimica viene dissipata

come calore. Per questo motivo ci sono deicanali attraverso i quali si fa fluire un fluido diraffreddamento (che può essere aria o acqua,anche se quest’ultima pone problemi per la

corrosione degli elettrodi). Il fluido riscaldato viene riutilizzatoper il processo di reforming  per produrre di H2.La temperatura di lavoro è inferiore 100 °C e pertanto ènecessaria la presenza di materiali elettrocatalitici (Pt) al finedi favorire la cinetica delle reazioni elettrochimiche. Glielettrodi a struttura porosa sono ottenuti depositando ilmateriale elettrocatalitico, finemente disperso, su uno strato di

polvere di grafite (legata con un polimero, spesso teflon, PTFEpolitetrafluoroetilene) supportato su una fibra di carboniografitizzata. Esistono anche altre tecnologie per la deposizionedi Pt sugli elettrodi (ad esempio è possibile depositare il Ptdirettamente sulle due facce della membrana di elettrolita,sulle quali poi si appoggiano i due elettrodi, che possonoessere costituiti da grafite).

L’alimentazione di queste Fuel Cells richiede la disponibilità di H2. Uno dei modi più opportuni diproduzione dello stesso è il reforming   a vapore, che prevede cioè la reazione di H2O con un

idrocarburo (molto spesso CH4)CH4  + H2O →   CO + 3H2  (∆rH  = 206 kJmol−1) (7.19)

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CnH2n+2  + nH2O →   nCO + (2n+1)H2  (7.20)

Si tratta di reazioni endotermiche che richiedono quindi il rifornimento di calore, in parterecuperando quello prodotto dalla stessa FC (nel caso di queste SPEFC, che lavorano a bassetemperature, il calore recuperato non è sufficiente per cui è necessario riscaldare ulteriormente il

fluido di raffreddamento della FC). Come si vede il processo di reforming produce quantità anchenotevoli di CO, ma per evitare l'avvelenamento del catalizzatore si deve utilizzare comecombustibile idrogeno puro (la quantità di CO contenuta deve essere inferiore al centinaio di ppm);pertanto si devono prevedere stadi di abbattimento di CO nella sezione di trattamento delcombustibile. Per diminuire la concentrazione di CO si può promuovere la cosiddetta reazione shift  (water-gas shift):

CO + H2O →   CO2  + H2  (∆rH  = −41 kJmol−1) (7.21)

Queste reazioni vengono condotte a temperature >500 °C, su catalizzatore a base di Ni, ottenendouna miscela di gas. Attualmente si è in grado di ottenere densità di potenza di 1 kW L−1. Queste celle a combustibile

sono estremamente versatili e possono essere utilizzate sia come batterie in dispositivi elettroniciportatili sia per l'impiego di produzione elettrica; inoltre data l'elevata densità di potenzapotrebbero essere tranquillamente utilizzate nel settore dell'autotrazione. Infatti in questi ultimianni le maggiori case produttrici di autoveicoli hanno messo in atto programmi di ricerca volti allosviluppo di mezzi di trasporto elettrici nei quali l'energia elettrica è prevista essere generata dacelle di questo tipo alle quali sono associati piccoli reattori, istallati a bordo degli autoveicoli, ingrado di convertire, per reforming , benzine o metanolo in idrogeno. La commercializzazione diquesto tipo di vetture è prevista entro questo decennio.

7.5 CELLA A COMBUSTIBILE AD ACIDO FOSFORICO (PAFC)

Le celle ad acido fosforico (H3PO4) hanno un funzionamento ed una struttura molto simile alleSPEFC, salvo che in questo caso l'elettrolita è costituito da acido fosforico al 100% ad unatemperatura abbastanza elevata per garantire lo stato liquido (la temperatura di fusione è 42 °C,ma con una bassa tensione di vapore): normalmente 180-200 °C. L’acido liquido è contenuto inuna matrice solida di carburo di silicio (SiC) grazie al riempimento dei micropori per capillarità. Glielettrodi sono anche in questo caso a diffusione di gas, costituiti da polvere di carbone nella qualesono disperse piccole particelle di Pt. La polvere di carbone viene impastata con Teflon in modo dacostituire una struttura porosa, ma abbastanza robusta; l’impasto viene depositato su un foglio dicarta carbone porosa, che serve da supporto, ma anche da collettore di corrente. Il depositocontenente il Pt viene affacciato all’elettrolita realizzando così un ottimo sistema a tre fasi (gas, Pt-

C, elettrolita) ove avviene il processo elettrochimico. Gli elettrodi sono assemblati in unsistema stack come nelle SPEFC,utilizzando delle lastre bipolari per ilcontatto elettrico tra una cella e l’altrae, grazie alla doppia scanalatura, peralimentare i due elettrodi in contattocon i rispettivi gas.Questo tipo di celle non è adattoall’impiego per autotrazione, ma per laproduzione di energia elettrica datal'elevata temperatura di lavoro el'utilizzo di elettrolita liquido. Questisistemi sono generalmente alimentaticon combustibile ottenuto

H2

anodo

2H2  →  4H+ + 4e

utilizzatore

H+ attraversa l’elettrolita

catodo

O2 + 4e−

 + 4H+  →  2H2O

 O2

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direttamente da reforming del metano in quanto non richiedono gas di alimentazioneestremamente puri (è accettata una concentrazione massima di CO intorno all'1%), grazieall'elevata temperatura di esercizio. Il livello d'inquinamento è fortemente inferiore (da 10 a 100volte) a quello dei sistemi convenzionali a motori diesel e turbine a gas. Sono stati realizzatinumerosi impianti dimostrativi di questo tipo con potenze che vanno da 50 kW a 11 MW.

7.6 CELLA A COMBUSTIBILE A METANOLO DIRETTO (DMFC)

Come abbiamo accennato, il metanolo ha cominciato a trovare impiego nelle Fuel Cells a elettrolitaprotonico come reagente per la produzione di idrogeno, attraverso il processo di reforming :

CH3OH + H2O →   CO2  + 3H2  (∆rH  = 49.7 kJmol−1) (7.22)

che è molto meno endotermica delle altre reazioni di reforming   di idrocarburi, per cui richiedeminore riscaldamento e temperature relativamente più modeste (250 °C) con catalizzatori diattività più modeste, come ad esempio Cu su ZnO. D’altra parte il fatto che si produca CO 2 (almeno come prodotto principale, anche se si ha sempre una certa quantità di CO, per cui c’èsempre bisogno della reazione shift), rende questo processo di reforming  particolarmente adattoper le PEMFC, prevenendo l’avvelenamento del catalizzatore (Pt).Nelle celle a metanolo diretto però il CH3OH viene utilizzato direttamente come combustibile alposto di H2, con il quale si alimenta l’anodo. Il problema che pongono le DMFC è che l’ossidazionedel metanolo procede più lentamente di quella di H2, dato che si tratta di un processo piùcomplesso (che coinvolge 6 elettroni per molecola). Ciò comporta una minore potenza specifica. Ilsecondo problema che si ha con queste celle è la possibilità di crossover  del metanolo: attraversola membrana protonica è possibile che il metanolo, grazie alla sua solubilità in acqua (che èsempre presente nella membrana) riesca a raggiungere il catodo. Ciò comporta una diminuzionedell’ Open Circuit Voltage , ma anche ulteriori complicazioni.

Il metanolo presenta alcuni importanti vantaggi: ha una discreta reattività elettrochimica; si ossidaabbastanza facilmente a CO2  (pur passando attraverso composti intermedi); esiste in grandedisponibilità (come prodotto di fermentazione di prodotti agricoli e di rifiuti); ha quindi un bassocosto; basso impatto ambientale (il combustibile è costituito da una soluzione acquosa al 3%,anche se una certa tossicità il CH3OH ce l’ha, soprattutto i vapori); può essere facilmentetrasportato e maneggiato (per cui si può pensare di convertire, almeno parzialmente, la rete didistributori di carburanti petroliferi); può essere prodotto da sorgenti rinnovabili.La reazione di ossidazione del metanolo è la seguente:

CH3OH + 3 /2O2  →   CO2  + 2H2O (∆rG  ≈ −690 kJmol−1) (7.23)

cui corrisponde un ∆E rev ≈ 1.2 V. In realtà la tensione erogata è molto più bassa (da 0.6 a 0.3 V),per i motivi già detti, ma che in questo caso sono legati ad un’efficienza più bassa delle PEMFC.In effetti, i processi anodico e catodico dipendono dal tipo di elettrolita. Il metanolo può infattiessere utilizzato come combustibile sia in FC ad elettrolita alcalino che nelle PEMFC. Tuttavia, nelleFC ad elettrolita alcalino, il prodotto del processo anodico

CH3OH + 6OH−  →   CO2  + 5H2O + 6e−  (7.24)

reagirebbe con l’elettrolita alcalino, consumandolo

CO2  + 2OH−  →   CO32−  + H2O (7.25)

Per tale motivo si utilizza un elettrolita acido, per cui i processi sono:

CH3OH + H2O CO2 + 6H+ + 6e−  (7.26)

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3 /2O2 + 6H+ + 6e−  3H2O (7.27)

Il processo anodico, in ogni caso, non è un processo semplice, ma implica il passaggio attraversouna serie di stadi successivi, schematizzabili come indicato nella tabella che segue, dove i passaggida sinistra a destra corrispondono alla formale rimozione di un atomo di idrogeno (cioè uno stadiodi ossidazione monoelettronica, con formazione di H+  ed e−), mentre ogni passaggio dall’alto albasso corrisponde ancora alla rimozione di un atomo di idrogeno, ma con il coinvolgimento di ungruppo OH−. In linea di principio qualsiasi percorso da CH3OH a CO2  è possibile, anche se ilmeccanismo preferito prevede il passaggio attraverso i vari composti ossidati:

CH3OH →  CH2O →   HCOOH →   CO2 

Metanolo – metanale – acido metanoico – biossido di carbonio Alcol metilico – aldeide formica – acido formico – anidride carbonica

CH3OH →   CH2OH →   CHOH →   COH

↓ 

↓ 

↓ 

CH2O →   CHO →   CO

↓   ↓  

HCOOH →   COOH

↓  

CO2 

La reazione anodica richiede in ogni caso l’intervento dell’acqua come reagente, per cui è chiaro

che il combustibile, non può essere costituito da metanolo puro, ma deve essere una soluzioneacquosa. D’altra parte, se non si vuol diminuire troppo l’energia specifica del sistema, è benealimentarlo con metanolo puro, fornendo quindi l’acqua direttamente alla cella.Si recupera quindi l’acqua che viene prodotta al catodo (per condensazione, dato che vienestrippata via dalla corrente d’aria che alimenta il catodo) pompandola in una riserva dalla quale si

invia versol’anodo dove simescola con ilmetanolo primadi entrare incella.In effetti, ilcompartimento

anodico vienealimentato conuna soluzionediluita (3%) dimetanolo, ilche aiuta aprevenire ilcrossover   daparte dellostesso; inoltre il

contatto con lamembrana

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60 nm

Nafion

micelles

Carbon supported

 catalysts

(PEM), la mantiene costantemente idratata, il che contribuisce a garantire un migliorfunzionamento della stessa.Il MEA per DMFC è del tutto simile a quello di una PEMFC (riportato nella figura a pag. 116, doveabbiamo a sinistra il carbon paper  impastato con teflon per avere i canali idrofobici che facilitino ilmovimento del gas; in mezzo la membrana con il catalizzatore). Purtroppo i vari stadi del processo

di ossidazione del metanolo sono tutti lenti, per cui si ha una notevole sovratensione di reazione,che è la causa principale della bassa efficienza di queste celle.Naturalmente si sta prestando molta attenzione allo sviluppo diidonei catalizzatori per tale processo anodico. Allo stato attuale,alcuni catalizzatori bimetallici, in particolare Pt/Ru 50/50, appaionoabbastanza efficienti. Anche in questo caso è necessario che lamembrana contenga le particelle di catalizzatore a livellonanometrico, in modo che il contatto trifasico: combustibile (inquesto caso liquido), membrana (cioè gli ionomeri che devonoaccogliere i protoni prodotti dal processo anodico) e catalizzatore,sia il più intimo possibile. Il catalizzatore è prodotto con unadispersione di nanoparticelle di Pt (o, meglio, della lega Pt/Ru) incarbone, in modo da aumentare la dispersione, grazie alla elevataporosità del carbone. D’altra parte il carbone funge anche daconduttore elettronico, garantendo il contatto con il collettore dicorrente. Come si vede nella figura accanto, il contatto tra lenanoparticelle di carbonio supportante il catalizzatore e le micelledella membrana di nafion è molto intimo e, grazie alla porosità delcarbone, il combustibile può agevolmente toccare entrambi. Di fattosi utilizzano materiali che hanno oramai più di quarant’anni, ma la realizzazione di nanocompositiconsente una riduzione della quantità di catalizzatore di un ordine di grandezza e,contemporaneamente, l’efficienza è aumentata di un ordine di grandezza.

7.7 CELLA A COMBUSTIBILE A CARBONATI FUSI (MCFC) 

In questa cella a combustibile l'elettrolita è costituito, in generale, da una miscela di carbonati dilitio e di potassio (o sodio), contenuta in una matrice ceramica porosa, chimicamente inerte, diγ -LiAlO2. Essa opera alla temperatura di 6-700 °C, alla quale la miscela di carbonati è fusa,costituendo un buon conduttore ionico, con un elevato numero di trasporto per lo ione CO3

2− checontribuisce in modo prevalente alla conducibilità dell’elettrolita.

Può essere alimentata sia con H2  che conCO (in questo caso la reazione anodica è:

CO + CO3

2−

 → 2CO2 + 2e

 Come si vede nello schema accanto, ilprocesso comporta il consumo di CO2  alcatodo, che deve essere quindi rifornitoassieme a O2. Peraltro è possibile pensare ditrasferire il CO2  prodotto all’anodo adalimentare il catodo, il che può apparire unacomplicazione, ma in realtà può costituireuna opportunità: il gas in uscita dall’anodoviene mandato ad un bruciatore che brucial’H2 residuo producendo calore ed eventuale

ulteriore CO2 se ci sono altre sostanze da bruciare, dopo di che viene mescolato con aria fresca eva ad alimentare il catodo. L'anodo è costituito da una struttura porosa di una lega Ni-Cr (2-10%)e il catodo da una struttura porosa di NiO drogato con 1-2% di litio.

H2 

anodo

2H2 + 2CO3

2− → 2H2O + 2CO2 + 4e

 

utilizzatore

CO3

2− attraversa l’elettrolita

catodo

O2 + 2CO2  + 4e−

  →  2CO3

2− 

O2 

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Se da una parte l'elevata temperatura di lavoro crea alcuni problemi di stabilità strutturaledall'altra è sorgente di numerosi vantaggi; infatti è possibile utilizzare come catalizzatori metallimeno costosi (del platino), realizzare il reforming  del combustibile all'interno della cella stessa percui il sistema si presta ad essere alimentato con gas naturale o distillati leggeri, dato che l’altatemperatura di esercizio consente di ottenere, attraverso il reforming , il combustibile per

alimentare il processo di cella.Questa tecnologia presenta problemi di vita media: l'elevata corrosività dell'elettrolita, le altetemperature di esercizio, la dissoluzione dell'ossido di nichel del catodo, con conseguentegenerazione di cortocircuiti interni alla cella sono i principali fattori che limitano la durata di questecelle nel tempo.

7.8 CELLA A COMBUSTIBILE A OSSIDI SOLIDI (SOFC)

Queste celle sono completamente a stato solido; in particolare l’elettrolita è un ossido conduttoreionico, per cui si lavora con solo due fasi: solida e gassosa. Per quanto riguarda questo tipo di cellesono state sviluppate tre differenti configurazioni:

•  Tubolare•  Monolitica•  Planare

tuttavia i componenti in tutte le versioni sono gli stessi, eccetto i materiali per le connessionielettriche tra cella e cella. In particolare, il materiale elettrolitico è costituito da ossido di zirconiodrogato con 8-10 molare % di ossido di ittrio Y 2O3 (yttria stabilized zirconia , YSZ), gli anodi sonocostituiti da cermet Ni/YSZ (volume di Ni 50% e porosità 40%), i catodi (porosità circa 35%)dall'ossido misto (manganito) La1-xSrxMnO3 (x = 0.16) e le interconnessioni che collegano il catododi una cella all’anodo dell’altra, sono costituite da LaCrO3 drogato con Mg o Sr o da superleghe

metalliche.

7.8.1 Configurazione tubolare

Questa configurazione, sviluppata dalla Westinghouse, fu utilizzata per la realizzazione delle primeSOFC verso la fine degli anni settanta. Attualmente ogni singola cella è realizzata partendo da un tubo poroso (di lunghezza compresa trai 30 e i 150 cm), a fondo chiuso, come un grande provettone di spessore 1-2 mm, realizzato inossido di zirconio stabilizzato ad ossido di calcio e sinterizzato a 1650 °C, in aria. La superficie diquesto tubo è successivamente ricoperta con uno strato poroso di manganito di lantanio, drogatostronzio (La1-xSrxMnO3), dello spessore di circa 1 mm, che costituisce il catodo della cella. Su

questo strato catodico è depositato un film di YSZ impermeabile ai gas, dello spessore di circa 40µm. L'elettrolita è depositato in modo da lasciare scoperta una striscia di materiale catodico, dellalarghezza di 9 mm e di lunghezza uguale a quella dello stesso tubo di supporto, che èsuccessivamente ricoperta con il materiale d'interconnessione (LaCrO3  drogato Mg). Tutta lasuperficie elettrolitica è, in fine, ricoperta con il materiale anodico (cermet poroso Ni-YSZ).

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Figura VII.8.1. Rappresentazione schematica di una cella a combustibile a configurazione tubolare.

Nella più recente realizzazione il tubo poroso è stato completamente eliminato e si è realizzato unostrato catodico più spesso con caratteristiche meccaniche tali da operare come supporto; in questaversione sono possibili picchi di densità di potenza di circa 0.250 W cm−3 a 1000 °C (Fig. VII.8.2).

Figura VII.8.2. Potenza verso corrente per una cella tubolare (50 cm).

Per realizzare il dispositivo di potenza, le singole celle sono connesse tra loro utilizzando feltri dinichel, che sono in permanente contatto con l'atmosfera riducente (combustibile, H2) (Fig. 7.8.3).

Figura VII.8.3. Sezione, perpendicolare all'asse, di una multicella assemblata con configurazione tubolare.

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L'alimentazione del comburente (aria) avviene all'interno dei tubi. Con questa configurazione ilcombustibile non utilizzato si aggira tra il 10 e il 50%; parte di questo flusso di gas è mescolatoall'idrogeno e riciclato in cella e parte è bruciato per preriscaldare i gas d'alimentazione. Conquesta tecnologia sono stati realizzati impianti con potenza di 25 kW, costituiti da due moduli, cheoperano in modo indipendente, ognuno dei quali contiene 576 singole celle aventi ognuna 50 cm

di zona attiva. Come combustibile è utilizzato gas naturale.L'elevato costo di ogni singola cella impedisce, al momento, la diffusione su larga scala di questidispositivi.

7.8.2 Configurazione monolitica 

In questo caso, la cella è costituita dauna matrice con struttura ad alvearenella quale vi è un elevato numero dicanali entro i quali fluisconocombustibile e comburente.Sono stati studiati sistemi sia concanali con uguale direzione, sia concanali aventi direzioni perpendicolari(Fig. VII.8.4). I canali entro i qualifluiscono i gas sono ottenuti constrati anodici e catodici corrugati.Questi strati corrugati sono separatida multistrati piani in modo dagenerare alternativamente lesequenze: catodo/elettrolita/anodo

Figura VII.8.4. Cella a combustibile a configurazione monolitica e anodo/interconnessione/anodo.con flusso incrociato.

Le prestazioni di queste celle sonosicuramente più interessanti di quelletubolari (Fig. VII.8.5); è stata infattiottenuta una densità di corrente di 1 Acm-2  a 0.6 V. I risultati ottenuti susistemi multicelle purtroppo sono inferioria quelli che ci si aspettava dallecaratteristiche mostrate da celle singole;ciò è dovuto essenzialmente

all'interazione tra i differenti materialidurante il processo di sinterizzazione ealla bassa densità del materialed'interconnessione negli strati planari. Ilprossimo obiettivo è quello di sviluppareun'opportuna tecnologia in grado diprevenire questi inconvenienti nellarealizzazione di dispositivi multicelle.

Figura VII.8.5. Curva tensione/corrente peruna singola cella monolitica.

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7.8.3 Configurazione planare 

La cella è un sistema a flussi incrociati in cui laseparazione, a tenuta, dei gas è ottenuta conpiastrelle metalliche o di materiale ceramico aventi

canali per l'alimentazione del combustibile ecomburente agli opportuni elettrodi (Fig. VII.8.6).La cella elettrochimica è costituita da un catodo eun anodo porosi, tra i quali è interposto un sottile edenso strato elettrolitico. Con questa tecnologiasingole celle di dimensioni 3x5 cm2 hanno mostratola possibilità di erogare 0.4 W cm-3 a un voltaggio di0.7 V (Fig. VII.8.7); la temperatura di lavoro è di1000 °C e l'alimentazione utilizza idrogeno puro.Sicuramente questa configurazione presenta lemigliori caratteristiche elettriche e le più semplicisoluzioni realizzative, tuttavia ancora molto lavorodeve essere fatto per giungere ad una versionecommerciale. Problemi concernenti sia i materialid'interconnessione sia i materiali elettrolitici sonoancora aperti e la loro soluzione non sembra ancoraa portata di mano.

Figura VII.8.7. Curva tensione/corrente di una singolacella a configurazione planare (5X5 cm2).

Figura VII.8.6. Piatto bipolare di una cella aconfigurazione planare.