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INDICE Introduzione 1 Parte Prima Capitolo 1. La neoangiogenesi 1.1 Introduzione 3 1.1.1 Vasculogenesi 3 1.1.2 Angiogenesi 4 1.1.3 Angiogenesi e neoplasie 5 1.2 Meccanism i angiogenetici 6 1.2.1 Degradazione enzimatica della membrana basale 8 1.2.2 Migrazione e proliferazione delle cellule endoteliali: fattori angiogenici 9 1.2.3 Adesione cellulare ed interazione con la matrice extracellulare: le molecole d’adesione 13 Capitolo 2 Vasular Endothelial Growth Factor (VEGF) 2.1 Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF) …….16 2.1.1 Effetti Biologici del VEGF 17 2.1.2 Gene e struttura proteica del VEGF 19 2.1.3 Regolazione dell’espressione genica del VEGF 20 2.1.4 Isoforme del VEGF …….23 2.1.5 Proteine VEGF correlate ……26 2.2 Recettori del VEGF …….27 2.2.1 VEGFR-1 ……28 2.2.2 VEGFR-2 .30 2.2.3 NEUROPILINE-1 …….32 2.2.4 Eparina e Protoglicano Eparan-solfato …….33 2.3 VEGF canino …….34

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    INDICE

    Introduzione 1

    Parte Prima

    Capitolo 1.

    La neoangiogenesi1.1 Introduzione 3

    1.1.1 Vasculogenesi 3

    1.1.2 Angiogenesi 41.1.3 Angiogenesi e neoplasie 51.2 Meccanismi angiogenetici 6

    1.2.1 Degradazione enzimatica della membrana basale 81.2.2 Migrazione e proliferazione delle cellule endoteliali:

    fattori angiogenici 91.2.3 Adesione cellulare ed interazione con la matriceextracellulare: le molecole dadesione 13

    Capitolo 2Vasular Endothelial Growth Factor (VEGF)

    2.1 Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF) .162.1.1 Effetti Biologici del VEGF 172.1.2 Gene e struttura proteica del VEGF 192.1.3 Regolazione dellespressione genica del VEGF 202.1.4 Isoforme del VEGF .232.1.5 Proteine VEGF correlate 26

    2.2 Recettori del VEGF .27

    2.2.1 VEGFR-1 282.2.2 VEGFR-2 .302.2.3 NEUROPILINE-1 .32

    2.2.4 Eparina e Protoglicano Eparan-solfato .33

    2.3 VEGF canino .34

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    Capitolo 3

    Le Metalloproteinasi

    3.1 Metalloproteinasi di matrice 363.1.1 La superfamiglia delle Metzincine 373.1.2 Regolazione dellattivit delle MMPs ....413.1.2.1 Regolazione dellespressione delle MMPs. 413.1.3 Attivazione delle MMPs latenti 42

    3.2 Inibitori Endogeni delle MMPs ........433.3 I substrati delle MMPs 44

    Capitolo 4.Neoangiogenesi e clinica oncologica

    4.1 Introduzione 454.2 Neoangiogenesi e tumori solidi 46

    4.2.1 Considerazioni retrospettive relative al ruolo diagnosticoe prognostico del VEGF nei tumori solidi 46

    4.2.2 Considerazioni retrospettive relative al ruolo diagnosticoe prognostico delle Gelatinasi nei tumori solidi 50

    4.3 Neoangiogenesi e neoplasie emoproliferative 524.3.1 Le neoplasie emoproliferative 524.3.2 Considerazioni retrospettive relative al ruolo diagnostico

    e prognostico del VEGF e delle gelatinasi nelleneoplasie emopoietiche 53

    4.3.2.1 VEGF 534.3.2.2 Gelatinasi (MMP -2, -9) 56

    Capitolo 5

    .Campionamento e misurazione del VEGF circolante

    5.1 Introduzione 585.2 Raccolta del campione 58

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    Capitolo 6.

    CRP ed LDH: stato dellarte nella clinica oncologicaveterinaria

    6.1 Introduzione 626.2 Proteina C Reattiva e Linfoma Canino 646.3 Lattato Deidrogenasi (LDH) e Linfoma canino 65

    Parte Seconda: Sperimentazione

    Capitolo 7.

    Materiali e metodi

    7.1 Introduzione 687.2 Contributo casistica, descrizione del campione 697.3 Principali Metodiche utilizzate 637.4 Analisi statistica 78

    Capitolo 8.

    Risultati

    8.1 Introduzione 808.2 Distribuzione della concentrazione di VEGF nella popolazionestudiata 808.3 Distribuzione dellattivit gelatinolitica nella popolazione studiata 818.4 Distribuzione della concentrazione di emoglobina nella popolazionestudiata 848.5 Distribuzione della concentrazione di proteina C reattiva nellapopolazione in esame 848.6 Distribuzione della concentrazione di LDH nella popolazione inesame 858.7 Correlazione fra i parametri valutati e sottostadio clinico dellapatologia 878.8 Correlazione fra parametri valutati e intervallo libero da malattia(DFI) 92

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    Capitolo 9

    Discussione e conclusioni 989.1 Premessa 989.2 VEGF 999.3 MMP-2 e 9 1019.4 CRP 1029.5 LDH e Emoglobina 1039.6 Conclusioni 104

    Bibliografia

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    INTRODUZIONE

    La neoangiogenesi costituisce un evento fondamentale nellosviluppo e nella diffusione di una neoplasia. Fra i molteplici fattoriimplicati e nonostante la crescente importanza acquisita negli ultimi annida altre molecole pro-angiogeniche, il Vascular Endothelium GrowthFactore le Gelatinasi (Metallo Proteinasi di Matrice 2 e 9, MMP2 e 9)sembrano costituire ancora il punto critico e limitante del processoangiogenico, presentando una notevole importanza quali fattorediagnostici, prognostici e quali target terapeutici in molte patologie

    neoplastiche.Mentre tutto ci risulta ampiamente documentato e chiarito per quel cheriguarda i tumori solidi, sono ancora molte le ipotesi sulleffettivo ruolodei fattori neoangiogenici nel contesto delle neoplasie emo-linfoproliferative. In Medicina Veterinaria, allo stato dellarte, sonoancora frammentarie le acquisizioni riguardanti limportanza di questifattori di crescita in corso di neoplasie linfoproliferative e numerosi sonoi dubbi sulla loro importanza diagnostica e prognostica. Poich il linfoma

    rappresenta la neoplasia dei tessuti ematopoietici pi frequente neimammiferi domestici, ed in particolare nella specie canina, scopo diquesta sperimentazione stato valutare leventuale corrispondenza fra leconcentrazioni sieriche di VEGF e MMP2 e 9, unitamente ad altripossibili indici predittivi in uso nella classificazione del pazienteneoplastico, al fine di individuare il valore prognostico di tali fattori.Concentrazione sierica di VEGF, attivit plasmatica di MMP 2 e 9,concentrazione emoglobinica ematica ed ancora, concentrazione sierica

    di proteina c reattiva e lattato deidrogenasi, sono state valutateallammissione, in un campione di cani affetti da linfoma non Hodgkin ecomparate con lintervallo libero da malattia al fine di indagare il lororuolo prognostico. Il presente lavoro stato suddiviso in due parti. Laprima ha preso in considerazione i meccanismi implicati nella

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    regolazione del processo angiogenico (con particolare riferimento alruolo del VEGF e delle MMPs) e le acquisizioni della clinica oncologicariguardo tale argomento. La seconda parte, comprende la valutazione del

    contributo casistico e delle metodiche sperimentali utilizzate. Infine, irisultati cos ottenuti sono stati confrontati con i dati riportati nella pirecente bibliografia inerente allargomento trattato.

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    CAPITOLO UNO

    LANEOANGIOGENESI

    1.1INTRODUZIONELa genesi di un vaso sanguigno un processo biologico

    complesso, caratterizzato dall interazione di molteplici vie metaboliche.

    opportuno innanzitutto sottolineare la distinzione fra vasculogenesiedangiogenesi. Questi termini, pur etimologicamente identici, esprimonoda un punto di vista biologico due processi completamente differenti.

    1.1.1 VASCULOGENESILa vasculogenesi un processo tipico dello sviluppo embrionale e

    fetale. Con questo termine sintende esclusivamente la formazione exnovodi vasi sanguigni dal mesoderma (Drake, 2003).

    Indispensabile ad ogni vita organizzata, lapparecchio circolatoriocompare molto precocemente nel periodo pre-embrionale della vita. Essoderiva totalmente dal mesoderma, nel quale i primi abbozzi sonocostituiti da piccoli ammassi cellulari solidi, le isole sanguigne.Sviluppatesi inizialmente alla periferia dellarea embrionale, le isole siallungano rapidamente in cordoni, mentre le loro cellule si differenziano.

    Le cellule superficiali si appiattiscono e si distendono per formarelendotelio, abbozzo della parete vascolare; le altre si dissociano,fluttuano in un liquido (plasma primitivo), e costituiscono i precursoridelle cellule sanguigne. Questi microvasi embrionali si anastomizzano inuna rete capillare primitiva che gradualmente si estende. Questo sistema

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    vascolare primordiale in grado di adattarsi a tutte le necessit, dapprimadellembrione, poi del feto, ed infine dellorganismo in sviluppo edelladulto (Baron, 1993).

    1.1.2ANGIOGENESIIl termine angiogenesifu introdotto per la prima volta da Herting

    nel 1935 per descrivere il processo di vascolarizzazione che avviene alivello placentare. Per angiogenesi sintende la formazione di nuovi vasisanguigni attraverso cellule endoteliali in partenza da un letto vascolare

    pre-esistente (Josco, 2000).Langiogenesi un fenomeno complesso, caratterizzato da una

    cascata di eventi strettamente regolati da fattori pro- ed anti-angiogenici.Importante elemento di molti processi fisiologici e patologici, la neo-angiogenesi si realizza in concomitanza alla vasculogenesi durante losviluppo embrionale e fetale. Nelladulto sano un fenomeno cheavviene tipicamente a livello dellapparato riproduttivo femminile, nelprocesso di rigenerazione della mucosa uterina durante il ciclo mestruale,

    nello sviluppo placentare e nella formazione dell'osso endocondrale,mentre come meccanismo parafisiologico si pu osservare durante lariparazione dei tessuti e la guarigione delle ferite (Salven, 2001; Ferrara,2001).In queste circostanze il meccanismo angiogenico strettamentecontrollato e permane attivo per periodi piuttosto brevi; esistono tuttaviacondizioni in cui il delicato equilibrio fra fattori pro- ed anti-angiogenicirisulta compromesso, ed in cui si realizza una persistente ed incontrollata

    crescita vasale. Queste condizioni includono comunemente patologiecardiovascolari (arteriosclerosi), stati infiammatori cronici (artritereumatoide, malattia infiammatoria intestinale), diabete (retinopatiadiabetica), patologie infiammatorie ed iperproliferative della cute quali lapsoriasi, endometriosi e neoplasie (Salven, 2001).

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    1.1.3ANGIOGENESI E NEOPLASIELo studio della capacit di un tessuto neoplastico di indurre la

    formazione di una nuova rete vasale stato uno dei principali obiettividella ricerca scientifica nellultimo decennio. La comprensione di questomeccanismo ha permesso in medicina umana di affiancare allachemioterapia standard nuove terapie, finalizzate allinibizione dellacrescita tumorale ed al trattamento sia della neoplasia primaria, sia delleventuale diffusione metastatica. Langiogenesi tumorale un processodi formazione di un network vasale allinterno di un tessuto

    neoplastico ed in partenza dallo stesso. I tumori solidi sono

    strettamente dipendenti dalla formazione di nuovi vasi: un tessutoneoplastico senza un letto vascolare non pu crescere oltre il diametro di1-2 mm (Folkman 1990).

    Nella fase pre-vascolare il tessuto neoplastico raramente supera i 2mm di dimensione (es.: carcinoma in situ); in questo stadio le cellulepossono ottenere lossigeno ed i nutrienti necessari alla sopravvivenza edalla crescita, ed eliminare i cataboliti prodotti attraverso un processo disemplice diffusione passiva (Gupta, 2003).

    Oltre questa estensione, tale meccanismo trofico non sufficiente agarantire la crescita tumorale, inoltre, lo stato di ipossia che si instaura,conduce tramite attivazione della p53, allapoptosi (Cotran, Kumar eCollins, 1999). In questa fase invece, una neoplasia pu mantenersiquiescente a lungo, raggiungendo un equilibrio fra il numero di celluleche replicano e quelle che muoiono, fino a quando in alcune cellule nonsi realizza lacquisizione di un fenotipo angiogenico(List, 2001).

    Lo switch angiogenico un fenomeno causato da un

    rimaneggiamento dellespressione genica, responsabile dellalterazionedellequilibrio fra i fattori stimolanti ed inibenti langiogenesi.Lacquisizione di tale fenotipo da parte di alcune cellule tumoraliconsente la formazione di un adeguata trama vascolare e la crescitaesponenziale della neoplasia.

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    Oltre ad essere un processo essenziale per la crescita della massaprimitiva, langiogenesi ha una speciale importanza nel permettere ladiffusione metastatica. I nuovi vasi, infatti, presentando una parete sottile

    con scarso sviluppo della membrana basale, risultano facilmenteattraversabili dalle cellule neoplastiche e, perci, rappresentano unavantaggiosa via daccesso al circolo (Galeotti, 1997).

    Ulteriore effetto dellangiogenesi nellambito neoplastico rappresentato dalla stimolazione, da parte delle nuove cellule endoteliali,della crescita di cellule tumorali contigue. Questa si realizza attraverso laproduzione locale di alcuni polipeptidi quali: Insulin-like Growth Factor(IGF-1), Platelet Derived Growth Factor (PDGF), Interleuchina-1 (IL-1),

    e Granulocyte-Monocyte-Colony Stimulating Factor (GM-CSF) (Cotran,Kumar e Collins, 1999).Non bisogna dimenticare, infine, che lattivit di angiogenesi espletatadalle cellule tumorali potenziata dalla produzione e dallattivazione difattori angiogenici presenti in cellule non neoplastiche dello stromatumorale (mastzellen, macrofagi attivati, linfociti T) (Galeotti, 1997).

    1.2 MECCANISMI ANGIOGENICILa neoangiogenesi si realizza attraverso una complessa interazione

    fra cellule endoteliali, fattori solubili, e componenti della matriceextracellulare (Gupta, 2003).Recentemente stata inoltre evidenziata limportanza nei meccanismiangiogenici, di precursori delle cellule endoteliali e di celluleematopoietiche di provenienza midollare, la cui liberazione sembra

    secondaria a stimoli ischemico-tissutali e citochinici (Beerepoot, 2004).In risposta ai fattori angiogenici espressi dalle cellule neoplastiche, lecellule endoteliali subiscono modificazioni morfologiche rappresentateessenzialmente da un aumento quantitativo di alcuni componenticitoplasmatici quali il reticolo endoplasmatico, lapparato del Golgi ed i

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    mitocondri. La membrana basale dei capillari e la matrice extracellularesono degradate ad opera di enzimi proteolitici e, contemporaneamente, siosserva la replicazione di nuove cellule endoteliali e la loro migrazione.

    Questi fenomeni conducono alla formazione di spazi inter- ed extra-cellulari, attorno ai quali le cellule endoteliali si dispongono in strutturetubulari. Infine, i vasi cos formatisi sono stabilizzati da molecoledadesione e sostenuti grazie al reclutamento di periciti, cellule muscolarilisce e fibroblasti (Josko, 2000).

    Figura 1. Meccanismi dellangiogenesi fisiologica (adattata da Papetti edHerman, 2002).

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    1.2.1 DEGRADAZIONE ENZIMATICA DELLA MEMBRANA BASALE:ENZIMI PROTEOLITICI

    Tutti i tessuti sono organizzati in compartimenti separati unodallaltro dalla matrice extracellulare (ECM). Dal punto di vistastrutturale, tale matrice costituita da tessuto connettivo lassointerstiziale in continuit con le membrane basali. Mentre questeultime sono formate da un fine intreccio di collagene di tipo IV e V e daspecifiche glicoproteine (es.: laminina e proteoglicano eparan-solfato),nel connettivo lasso interstiziale, prevalgono vari tipi di collagenecosiddetto fibrillare (tipo I, II e III), proteoglicani e glicoproteine come la

    fibronectina (Galeotti, 1997).Come precedentemente riportato, lattiva degradazione enzimatica dellamembrana basale sottostante, rappresenta il primo passo che le celluleendoteliali devono compiere per dare il via alla formazione di una nuovarete di capillari. Questo processo si avvale essenzialmente di duemeccanismi: lattivazione dellemetalloproteinasidi matrice (MMPs) e quelladel sistema attivatore del plasminogeno(tPA).

    Le metalloproteinasi costituiscono una vasta famiglia di enzimi

    proteolitici e rappresentano i modulatori chiave di diversi processibiologici, sia parafisiologici che patologici (processi degenerativi,infiammatori e neoplastici). Nelluomo sono state identificate circa 22MMPs in grado di degradare diverse componenti della ECM, ma ancherecettori cellulari e citochine.In particolare, le gelatinasi (MMP-2 e 9), grazie alla loro specifica attivitproteolitica nei confronti del collagene di tipo IV, rivestono un ruolofondamentale nei meccanismi angiogenici e come tali verranno trattate

    dettagliatamente nei prossimi capitoli.Il tissue-type Plasminogen Activator (tPA) e lurokinase-typePlasminogen Activator(uPA) sono due serinproteasi responsabili dellaconversione del plasminogeno in plasmina. Nello specifico, mentrelattivazione del plasminogeno a livello ematico avviene per opera del

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    tPA, nei tessuti lattivit fibrinolitica essenzialmente regolata dalluPA.Linterazione di uPA con il proprio recettore (uPAR), una proteinatransmembrana presente su diversi tipi cellulari, stimola la trasduzione

    del segnale allinterno delle cellule con conseguente degradazione dimolteplici substrati: fibrina, fibronectina, laminina ed alterazione del coreproteico dei proteoglicani. Inoltre, la plasmina, cos attivata, ritenuta ingrado di innescare alcune MMPs quali MMP-1, MMP-3, MMP-9, conconseguente amplificazione delleffetto proteolitico.In sintesi, nellambito dellangiogenesi, la regolazione della degradazionedella matrice extracellulare sembra avvenire attraverso tre meccanismicomplementari (Liekens et al., 2001):

    sovra-espressione di pro-enzimi ad opera di fattori di crescitaangiogenica e citochine;

    attivazione proteolitica di pro-MMPs e pro-uPA; contemporanea secrezione di inibitori: Tissue Inhibitor of

    MetalloProteinase (TIMP), e Plasminogen Activator Inhibitor(PAI).

    1.2.2MIGRAZIONE E PROLIFERAZIONE DELLE CELLULEENDOTELIALI: I FATTORI ANGIOGENICI

    Grazie alla degradazione della membrana basale sottostante ed alraggiungimento di un certo grado di permeabilit vasale, le celluleendoteliali iniziano la loro migrazione. Come riportato in precedenza, ilmantenimento dellomeostasi vasale reso possibile dalla continua

    interazione di fattori stimolanti ed inibenti langiogenesi in equilibrio fraloro (Josko, 2000). In condizioni normali, le cellule endotelialipresentano un turnover di circa 1000 giorni, ma, in particolari situazioni(sia parafisiologiche che patologiche), possono andare incontro ad unarapida replicazione con un turnover anche di soli 5 giorni. In queste

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    condizioni si verifica una temporanea alterazione dellequilibrio fra ifattori di controllo, caratterizzata dal prevalere delle molecole pro-angiogeniche (Folkman e Shing, 1992). Queste molecole costituiscono

    un gruppo numeroso ed eterogeneo ma possono essere suddivisefondamentalmente in tre classi (Liekens et al., 2001):

    fattori che agiscono specificamente sulle cellule endoteliali (es.:famiglia del VEGFo Angiopoietine);

    molecole che operano con un meccanismo diretto prevalentementesu altre popolazioni cellulari (citochine, chemiochine ed enzimiangiogenici);

    sostanze che agiscono indirettamente mediando il rilascio di altrifattori proangiogenici da macrofagi, cellule endoteliali, celluleinfiammatorie o neoplastiche (es.: TNF e TGF).

    Oltre ai fattori pro-angiogeneci propriamente secreti dalle cellule, nonbisognerebbe tralasciare le numerose proteine di membrana ed imeccanismi biomeccanici, che, agendo sullendotelio, contribuiscono aiprocessi di rimodellamento caratteristici dellangiogenesi (Papetti ed

    Herman, 2001).Con leccezione del Vascular Endothelil Growth Factor, che sarapprofondito nel capitolo seguente, i fattori pro-angiogenici e le lorocaratteristiche sono sinteticamente descritti nella tabella seguente.

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    FATTORI AZIONE BIOLOGICA

    Mediatori solubili

    VEGFAumento della permeabilit delle ECsStimolazione della proliferazione delle ECsAmplificazione della migrazione delle ECsStimolazione della proliferazione delle ECsStimolazione della produzione di uPA/uPAI-1 nelle ECsStimolazione dellangiogenesi in vivo

    ANG1Stimolazione della gemmazione di ECs in vitroAumento della stabilit e della circonferenza dellendotelio

    ANG2Antagonizzazione del segnale mediato dallANG1/destabilizzazione endotelio

    aFGF, bFGFStimolazione della proliferazione delle ECsAmplificazione della migrazione delle ECsStimolazione della produzione di PA/collagenasi nelle ECsStimolazione della formazione della struttura vasaleStimolazione dellangiogenesi in vivo

    PDGFStimolazione della sintesi del DNA nelle ECsStimolazione delle ECs a costituire strutture cordoniformi in vitroStimolazione della proliferazione di cell.muscolari lisce e di pericitiInduzione dellespressione di VEGF e VEGFR-2 nelle ECs cardiacheAumento della stabilit della parete dei capillari

    TGF-Sostegno della crescita dei fibroblastiInibizione proliferazione/migrazione delle EcsStimolazione/Inibizione formazione delle strutture vasali tubulari invitro

    Modulazione dellespressione di uPA/PAI-1Inibizione della produzione di altre proteasi/Stimolazione dellaproduzione di inibitori delle proteasiSegnale chemiotattico per monociti e fibroblastiStimolazione dellangiogenesi in vivo in presenza di una rispostainfiammatoriaAumento della stabilit della parete vasale

    TNF-Stimolazione dellangiogenesi in vivoStimolazione della formazione delle strutture vasali tubulari in vitroInibizione proliferazione delle Ecs

    EGF,TGF-Stimolazione dellangiogenesi in vivoStimolazione della proliferazione delle ECs

    G-CSF, GM-CSFStimolazione della proliferazione e della migrazione delle ECs

    AngiogeninaStimolazione dellangiogenesi in vivoSostegno delladesione fra ECs e della loro gemmazione.

    AngiotropinaStimolazione della migrazione casuale delle ECsStimolazione della formazione di strutture tubulariStimolazione dellangiogenesi in vivo

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    FattoreTissutaleStimolazione della maturazione della trama vasale del sacco vitellino

    Fattore VStimolazione della maturazione della trama vasale del sacco vitellino

    Prostaglandina

    Stimolazione dellangiogenesi in vivo

    NicotinamideStimolazione dellangiogenesi in vivo

    MonobutirinaStimolazione dellangiogenesi in vivoStimolazione della migrazione delle ECs in vitro

    Proteine di membrana

    v3 - IntegrineAltamente espresse sulla superficie delle ECs attivateMediatrici delladesione, gemmazione e migrazione delle ECsRichieste per i meccanismi angiogenici mediati da FGFInibizione del segnale apoptotici nelle ECs

    v5 -IntegrineNecessarie nei meccanismi angiogenici VEGF-mediati

    51 IntegrineNecessarie nei meccanismi angiogenici non VEGF-mediati

    VE-caderinePossibile mediazione della permeabilit endotelialeRichieste per lespletamento dellangiogenesi in vivoPrevenzione del segnale apoptotici nelle ECs

    Eph-4b,Ephrin-B2Colonizzazione dellinterfaccia arteria/venanellambito dello sviluppo embrionaleRichieste nei meccanismi angiogenici di testa e sacco vitellino

    Ephrin-A1Necessario per langiogenesi indotta dal TNF-IN VIVOAzione chemiotattica sulle ECs in vivo

    Eph-2Necessaria per la formazione della struttura tubulare in vitro

    Fattori Biomeccanici

    Flusso ematico,

    Stress da taglio

    (se laminare) Aumento della formazione delle fibre(se turbolento) Promozione della divisione cellulareStimolazione della trascrizione dei geni di b-FGF e di TGF-

    Tabella 1. Sintesi dei fattori implicati nellangiogenesi fisiologica e delle loro attivitbiologiche (tratta da Papetti ed Herman, 2002).

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    1.2.3ADESIONE CELLULARE ED INTERAZIONE CON LA MATRICEEXTRACELLULARE: LE MOLECOLE DADESIONE

    Durante e dopo la fase di replicazione e migrazione, le celluleendoteliali non necessitano solo dellazione dei fattori di crescita e deiloro recettori, ma dipendono strettamente dalla presenza di cosiddettemolecole dadesione (Liekens et al., 2001).I meccanismi dadesione fra cellule possono essere giunzionali o nongiunzionali. Le giunzioni sono strutture di specializzazione dellamembrana plasmatica e sono suddivisibili in tre categorie:

    desmosomi e giunzioni aderenti; giunzioni strette (attraverso le quali impedito il passaggio di

    molecole extracellulari); giunzioni discontinue e sinapsi chimiche (implicate nella

    comunicazione intercellulare).

    Ladesione non giunzionale invece caratterizzata da modificazioni dello

    strato esterno della membrana (rimozione di cariche negative odigestione parziale del glicocalice) o ancora dallintervento di molecoledadesione che ancorano le membrane cellulari contigue. Negli ultimianni sono stati identificati numerosi recettori glicoproteici ditransmembrana. Riconosciamo molecole dadesione cellulare (CellularAdhesion Molecules o CAMs) e molecole dadesione di substrato(Substrate Adhesion Molecules o SAMs) le quali, complessivamente,sono indicate con il nome di molecole dadesione di superficie o

    citoadesine(Marcato, 1997).Le principali famiglie in cui si raggruppano le molecole dadesione sonoquattro:

    selectine (la famiglia delle selectine consiste in tre glicoproteine:E endoteliali, P piastriniche ed L leucocitarie);

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    caderine; superfamiglia delle immunoglobuline; integrine.

    I Membri di ognuna di queste famiglie prendono parte al processo dineovascolarizzazione (Liekens et al., 2001).

    Le integrine sono molecole proteiche costituite da eterodimeriformati da catene e legate tramite legame non covalente. La maggiorparte delle integrine conosciute funziona come recettore per le proteinedella matrice extracellulare. Unaltra importante funzione di questemolecole rappresentata dalla loro partecipazione alla trasduzione di

    segnale che trasporta allinterno della cellula linformazione sullastruttura della matrice. In particolare, riveste importanza nella biologiadella neoangiogenesi e nei processi neoplastici, la regolazione, mediatada integrine, degli enzimi cellulari che degradano il connettivointerstiziale e i componenti della membrana basale. Da qui limportanzadi questa classe di molecole dadesione, non solo durante la faseterminale del processo neoangiogenico (formazione vera e propria dellastruttura vasale), ma anche nella fase di moltiplicazione e migrazione

    delle cellule endoteliali. Le cellule endoteliali sono in grado di esprimeremolteplici combinazioni eterodimeriche delle subunit e e questecombinazioni determinano la specificit delladesione con i componentidella matrice extracellulare. Ruolo predominante nellangiogenesisembra quello dellintegrina v3. Questa molecola dadesione (nonrilevata nellendotelio quiescente, ma abbondantemente espressa inseguito alla liberazione di citochine e nellambito della neoangiogenesi diorigine tumorale) costituisce un recettore in grado di legare numerose

    proteine tra le quali possiamo includere: fibronectina, vitronectina,fibrinogeno, laminina ed anche il fattore di von Willebrand (molecoleesponenti la specifica sequenza aminoacidica Arg-Gly-Asp). Inoltre,questa integrina sembrerebbe capace di legare ed attivare la MMP-2 e di

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    reprimere lattivit della p53, con conseguenti effetti proteolitici ed anti-apoptotici (Marcato, 1997; Liekens et al., 2001).

    Un ulteriore recettore coinvolto in questo processo rappresentato

    dallintegrina v5. Recenti ricerche hanno dimostrato che lutilizzo di unanticorpo diretto contro questa molecola in grado di inibire lazioneangiogenica del VEGF, mentre anticorpi diretti contro la v3 possonospecificatamente inibire langiogenesi indotta da FGF-2 o TNF-.Ci permette di dedurre come, distinte citochine possano stimolare laneoangiogenesi attraverso differenti vie di trasduzione del segnale,mediate a loro volta da integrine specifiche (Liekens et al., 2001).

    Oltre alle integrine devono essere ricordate altre molecole

    dadesione. Le caderinedellendotelio vascolare (VE-caderine) regolanole interazioni intercellulari calcio-mediate e una loro deficienza si renderesponsabile di letalit embrionale (Liekens et al., 2001).Molecole dadesione intercellulare-1 (ICAM-1), e molecoledadesione delle cellule vascolari-1 (VCAM-1), appartenenti allasuperfamiglia delle immunoglobuline, sono normalmente espressedallendotelio quiescente, ma risultano notevolmente aumentate inseguito a stimolazione di TNF, IL-1, IFN-. Infine, molecole quali la P-

    selectinae la E-selectina, normalmente espresse dalle cellule endotelialie fondamentali nel reclutamento dei leucociti circolanti, sono staterecentemente rivalutate proprio in merito ad una loro possibile attivitneoangiogenica (Marcato, 1997; Liekens et al., 2001).

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    CAPITOLO DUE

    VASCULAR ENDOTHELIAL GROWTH FACTOR

    (VEGF)

    2.1 VASCULAR ENDOTHELIAL GROWTH FACTOR (VEGF)

    Fra tutti i fattori che regolano la genesi di un nuovo vaso, ilVascular Endothelial Growth Factor (VEGF) rappresenta quello adoggi pi studiato e maggiormente caratterizzato (Papetti ed Herman, 2002).

    Risalgono a pi di un secolo fa le prime pubblicazioni che evidenziavanouna correlazione fra crescita tumorale e proliferazione vasale, ed al 1930le ipotesi relative alla presenza di specifici fattori in grado di stimolarelangiogenesi. Bisogna per attendere sino al 1968 per avere ladimostrazione diretta dellesistenza di mediatori neoangiogenicidiffusibili. In quellanno, due studi evidenziarono la capacit di celluleneoplastiche trapiantate di indurre una proliferazione vasale nei tessutivicini, anche attraverso un filtro che le separava dalle cellule dellospite.

    Dopo questa scoperta (spiegabile solo con la produzione da parte deltessuto neoplastico di sostanze capaci di diffondere attraverso i tessuti edi stimolarne il processo angiogenico), i numerosi tentativi fatti peridentificare questi fattori portarono allevidenziazione del VPF (VascularPermeability Factor), del VEGF e della Vasculotropina. In seguito astudi molecolari approfonditi, nel 1990 queste tre sostanze sidimostrarono coincidenti e presero il nome di VEGF-A(Ferrara, 2002).

    Nonostante la crescente importanza acquisita negli ultimi anni da

    altre molecole pro-angiogeniche, lattivazione del VEGF sembra, atuttoggi, costituire ancora il punto critico, limitativo del processoangiogenico sia fisiologico che patologico. Anche alla luce dellemolteplici variabili che ne influenzano la regolazione, questo fattorepresenta attualmente una notevole importanza quale marker diagnostico,

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    prognostico e come target terapeutico in molte patologie (Ferrara,1997;Ferrara et al., 2003).

    2.1.1EFFETTI BIOLOGICI DEL VEGFIl Vascular Endothelium Growth Factor-A una molecola la cui

    attivit mitogena si esplica quasi esclusivamente a livello delle celluleendoteliali di arterie, vene e di vasi linfatici, essendo i suoi recettoriprerogativa di queste popolazioni cellulari. Nonostante ci, recentemente, stata riscontrata unazione proliferativa VEGF-mediata (sia in vivo, che

    in vitro) anche a carico di altre cellule quali cellule dei dotti pancreatici,linfociti, cellule di Schwann, cellule neuronali, cellule pigmentatedellepitelio retinico, epatociti e cellule endoteliali sinusoidali (Ferrara,2001; Robinson e Stringer, 2001; Ferrara et al., 2003; Lammert et al.,2003).Oltre alla caratteristica capacit di indurre proliferazione, migrazione edifferenziazione delle cellule endoteliali con una azione di tipo diretto, ilVEGF-A appare implicato in altre importanti funzioni pro-angiogeniche:

    aumento della permeabilit vasale: conosciuto anche comeVascular Permeability Factor (VPF), il VEGF in grado diindurre un importante aumento dellessudazione vasale. Mediandoil passaggio nella ECM di proteine plasmatiche (in particolarefibrinogeno) il VEGF facilita la formazione di un substratoextracellulare ottimale per lattecchimento e la proliferazioneendoteliale (Gupta e Qin, 2003). Inoltre, in correlazione a questa

    propriet, recenti studi hanno dimostrato: 1) la formazione, VEGF-indotta, di fenestrature a livello di endoteli di piccole venule ecapillari (Esser, 1998); 2) laumento della conduttivit idraulica deisingoli vasi, attraverso un aumento del flusso del calcio (Ferrara etal., 2003);

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    inibizione dei fenomeni apoptotici ed aumento dellemivita dellecellule endoteliali: lattivit antiapoptotica del VEGF si realizzatramite lespressione di specifiche proteine a livello endoteliale,

    Bcl-2 e A1, e tramite la via di trasduzione del segnale che,attraverso la fosfatidilinositolo-3-kinasi (PI-3K), attiva leserina/treonina kinasi-proteina kinasi B (PKB/Akt) e la proteinkinasi C (PKC). Grazie a questa capacit di contrastare la morteprogrammata delle cellule endoteliali, il VEGF limita laregressione delle strutture neoformate e stabilizza il tessutovascolare sia nellambito di processi fisiologici, sia in processipatologici quali quelli neoplastici;

    induzione dell espressione, da parte delle cellule endoteliali, diproteasi quali uPA, uPAR, tPA, e metalloproteinasi-collagenasiinterstiziale; lespressione di queste molecole comporta ladegradazione ed il rimodellamento della membrana basalevascolare e della matrice extracellulare, permettendo la migrazionee la gemmazione delle cellule endoteliali;

    mantenimento dellequilibrio del processo proteolitico attraverso lacontemporanea induzione dellespressione del PAI-1 (Ferrara e

    Davis-Smyth, 1997); aumento nelle cellule endoteliali della capacit di trasporto

    dellesoso, in sintonia con le maggiori esigenze nutrizionali dellecellule in rapida proliferazione;

    induzione dellespressione di molecole di adesione, VCAM-1e ICAM-1 alivello endoteliale;

    amplificazione dei meccanismi di adesione delle cellule naturalkiller allendotelio, proprio attraverso il legame VCAM-1

    endoteliali/CD18 e VLA4 linfocitarie (Ferrara e Davis-Smyth, 1997).

    Come evidenziato in precedenza, effetti VEGF-indotti si realizzano, inoltre, alivello di cellule non endoteliali:

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    cellule della linea ematopoietica: promozione della chemiotassimonocitaria ed induzione della formazione di colonie di celluleprogenitrici di macrofagi e neutrofili (Ferrara et al., 2003);

    cellule presentanti antigene (per esempio le cellule dendritiche)chevengono selettivamente inibitese si trovano in uno stadio diimmaturit, inducendo un calo della risposta immunitaria (Ferrarae Davis-Smyth, 1997);

    cellule neuronali: studi recenti hanno evidenziato unattivitneurotrofica del VEGF che, tramite interazione con i recettoritirosin chinasici e neuropiline a livello di sistema nervoso periferico,si rende responsabile della stimolazione della crescita assonale

    grazie ai suoi effetti proliferativi ed antiapoptotici (Sondell, 1999).

    2.1.2 GENE E STRUTTURA PROTEICA DEL VEGF

    Il gene del VEGF appartiene ad una famiglia di geni (PDGF/VEGFgrowth factor family) che codifica altri importanti fattori di crescita:Placental Growth Factor (PlGF), VEGFB, VEGFC, VEGFD, ed il

    recente EG-VEGF (un fattore angiogenico organo-specifico isolato nel2001, con azione esclusiva sullendotelio delle ghiandole endocrine).Il gene del VEGF umano assegnato al cromosoma 6p21.3. Ogni gene costituito da otto esoni, separati fra loro da sette introni. Nel gene delVEGF umano la regione codificante misura approssimativamente 14 Kb.Il gene del VEGF, come la maggior parte del corredo genetico deglieucarioti superiori, un gene cosiddetto interrotto. Questi geni, oltrealle normali sequenze codificanti (esoni), presentano delle sequenze

    addizionali (introni) che, essendo interne alla regione codificante,interrompono la sequenza. Attraverso lo splicing nucleare, a partire dalsingolo gene del VEGF, sono generate diverse isoforme. Nella grandemaggioranza dei casi, i geni interrotti sono trascritti in un RNA che dorigine, in seguito a splicing, ad un singolo tipo di mRNA. Gli RNA di

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    alcuni geni, fra cui il gene del VEGF, seguono invece schemi di splicingalternativo. In tal caso un solo gene d origine a pi di una sequenza dimRNA e, conseguentemente, a diverse sequenze proteiche (Lewin,

    2001).Tramite cristallografia ai raggi X di un suo frammento, stato

    possibile valutare la struttura e classificare il VEGF fra le proteineappartenenti alla superfamiglia dei fattori di crescita cisteinici. Questafamiglia comprende molecole le cui strutture terziarie appaionostabilizzate dal gruppo tiolico del residuo di cisteina, il cosiddetto nodocisteinico". La superfamiglia ulteriormente suddivisa in sottogruppi edil VEGF sembra fare parte della famiglia del PDGF. Dal punto di vista

    strutturale, il VEGF una molecola omodimerica, con peso molecolarevariabile tra i 34 ed i 46 kDa. I monomeri da cui costituita sono legatida un ponte disolfuro che si stabilisce fra due residui cisteinici. Lamutagenesi sito-specifica identifica 3 residui acidi sul terzo esone e 3basici sul quarto, fondamentali per il legame del VEGF con il VEGFR-1ed il VEGFR-2, rispettivamente. Tre anse molto flessibili si sviluppanoattorno ad ogni polo della molecola sullinterfaccia del dimero. Laseconda ansa, sulla quale si trova il determinante per il legame con il

    VEGFR-1, si trova in stretto contatto con la terza ansa del monomeroopposto e su questa, a sua volta, localizzato il determinante per ilVEGFR-2. Tale particolare conformazione facilita la dimerizzazione delrecettore, essenziale per la trans-fosforilazione e la trasmissione delsegnale (Robinson e Stringer, 2001).

    2.1.3 REGOLAZIONE DELLESPRESSIONE GENICA DEL VEGF

    Numerosi meccanismi si rendono responsabili della regolazionegenica del VEGF. Molteplici colture cellulari rispondono ad un calo dellatensione dossigeno proprio con un aumento dellespressione dellRNAmcodificante per il VEGF. Studi sul miocardio canino hanno evidenziato

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    un aumento sostanziale dellespressione del VEGF nelle 24 oresuccessive allinstaurarsi di uno stato di ipossia.In vivo, nel glioblastomamultiforme, ed in altre neoplasie caratterizzate da intensa necrosi

    tissutale, lRNAm del VEGF risulta ampiamente espresso soprattuttodalle cellule tumorali pi vicine alle aree di necrosi. Tutti questi eventitestimoniano limportanza della carenza dossigeno nella regolazionegenica del VEGF sia in vitro, che in vivo, rendendo quindi il VEGF-Alunico mediatore angiogenico ipossia-dipendente (Josko, 2000;Robinson e Stringer, 2001; Ferrara et al., 2003). Lipossia inducelespressione del VEGF con un meccanismo molto simile a quelloattraverso cui si rende responsabile della regolazione delleritropoietina.

    In entrambi i casi la correlazione fra tensione dossigeno ed espressionegenica da ricondurre allattivazione di uno specifico HipoxiaResponse Element (HRE) che si comporta da enhancer. LHRE unasequenza genica di 28 basi, localizzata nella regione 5 del promotore delVEGF umano e murino, in cui si attiva la trascrizione proprio in seguitoad un calo della tensione dossigeno. Questa sequenza presentaunelevata omologia strutturale e funzionale con la regione del genedelleritropoietina che si lega allHipoxia-Inducible Factor (HIF-1),

    fattore chiave anche nella regolazione ossigeno-dipendente del VEGF.E stato, inoltre, dimostrato che laccumulo di adenosina che si

    verifica in condizioni dipossia, attivando i recettori A2, esiti in unaumento della concentrazione di cAMP.e questo, a sua volta, attraversola protein chinasi-A, amplifichi lespressione del VEGF (Levy, 1995;Robinson e Stringer, 2001).Oltre ad aumentare la trascrizione del VEGF, lo stato di ipossia anchein grado di indurne una maggior stabilizzazione del RNAm , agendo

    quindi con un meccanismo post-trascrizionale. In assenza di fenomeniipossici, la stabilizzazione dell RNAm del VEGF avviene tramiteinattivazione del fattore di soppressione proteica tumorale di von HippelLindau a cui si associa sempre un aumento dellattivazione dellHIF(Levy et al., 1996; Ferrara, 1999; Ferrara, 2002).

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    Nonostante il ruolo fondamentale dellipossia, a cui si pu associareleffetto simile dimostrato dalla carenza cellulare di glucosio, (Shweiki etal., 1994), non si deve dimenticare che anche numerosi fra i pi

    importanti fattori di crescita determinano una up-regulation dellRNAmdel VEGF o, in alternativa, ne inducono il rilascio. Oltre allazione delTGF-, TGF-, Keratinocyte Growth Factor, IGF-1, FGF e PDGF,bisogna ricordare quella di IL-1 e IL-6. Queste citochine sembranoindurre, negli stati infiammatori, lespressione del VEGF in svariatepopolazioni cellulari, per esempio nei fibroblasti sinoviali, in accordo conlipotesi che il VEGF abbia un ruolo fondamentale anche nellamediazione dei fenomeni flogistici (Ferrara e Davis-Smyth, 1997). Sono

    implicate nella regolazione del VEGF anche alcune vie ormonali: TSH,ACTH e gonadotropine quali FSH ed LH, estrogeni e progesteronesvolgono unattivit di facilitazione nei confronti dellespressione diquesta proteina (Wong et al., 2001). Shoji e collaboratori sostengonolimportanza del fattore tissutale (TF) nellamplificazionedellespressione del VEGF, ed il suo ruolo chiave nella patogenesi dellaformazione della fibrina e nella promozione del processo angiogenico innumerosi tumori (Shoji et al., 1998).

    Infine, fra i meccanismi regolatori devono essere ricordati alcuniimportanti eventi di trasformazione cellulare: mutazioni a carico dioncogeni, amplificazione dellespressione di RAS e, comeprecedentemente accennato, la mancata espressione della proteina di vonHippel Lindau (vHL) (Robinson e Stringer, 2001). Nella sindrome di vonHippel Lindau, infatti, in seguito allinattivazione del gene di questaproteina, frequentemente si sviluppa un emangioblastoma a livello diretina o di cervelletto, o in alcuni casi un carcinoma delle cellule renali

    (clear-cell renal carcinoma). Anticorpi monoclonali per il VEGFrallentano lattivit proliferativa di tutte le cellule portatrici dellamutazione del gene della VHL, poich la principale funzione di questofattore proprio quella di inibire la regolazione dei fattori pro-angiogenici, e, nello specifico, del VEGF (Ferrara e Davis-Smyth, 1997).

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    Fra i fattori in grado di inibire la secrezione del VEGF devono esserericordati, inoltre, actinomicina-D, monossido di carbonio ed ossidonitrico (Josko, 2000). Il loro ruolo nel processo neoangiogenico sar

    descritto in seguito.

    2.1.4ISOFORME DEL VEGFE stato precedentemente accennato come, da un solo gene,

    attraverso un meccanismo di splicing alternativo, siano prodotte piisoforme della stessa proteina. Inizialmente furono descritte quattro

    diverse isoforme di VEGF umano: VEGF121, VEGF165, VEGF189 eVEGF206. Le stesse furono poi individuate anche nel topo e nel ratto, conlunica particolarit di presentare un aminoacido in meno rispetto allecorrispondenti umane. Recentemente sono state scoperte due nuoveisoforme, espresse meno frequentemente, VEGF145 e VEGF183. Inparticolare, VEGF145 e VEGF206 sembrano specifiche delle cellule diorigine placentare, mentre le altre sono comunque prodotte dalla maggiorparte delle cellule che esprimono il fattore di crescita vasale. Tutte queste

    isoforme differiscono fra loro per la presenza o lassenza di alcunesequenze aminoacidiche codificate dal 6 o dal 7 esone (Ferrara et al., 2003).Il VEGF nativo una glicoproteina omodimerica di 45 kDa, le cuipropriet corrispondono a quelle del VEGF165, lisoforma principale.Questultima presenta caratteristiche basiche, si trova solo per il 40%libera, mentre la restante parte legata, o alla membrana cellulare, o allamatrice extracellulare attraverso proteoglicano eparan-solfato (HSPG). IlVEGF165presenta una moderata capacit di legame con leparina, grazie alla

    presenza di 15 aminoacidi basici nei 44 residui codificati dal settimo esone.Il VEGF121, mancante proprio di questa regione, una proteinadebolmente acida, non legante leparina, ed rilasciato dalle celluleproduttrici sottoforma di fattore solubile.

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    Le isoforme 189e 206,contengono delle sequenze addizionali codificate dalsesto esone, sono in grado di legarsi pi strettamente alleparina rispettoallisoforma165, ma si trovano quasi totalmente sequestrate allinterno

    della matrice extracellulare.Il VEGF145, infine, possiede una sequenza aminoacidica codificata dalsesto esone, che gli conferisce unaffinit per leparina simile a quellache, nellisoforma 165, codificata dal settimo esone. Questa sequenzapermette al VEGF145 di legarsi allECM anche attraverso meccanismiindipendenti da eparina ed eparan-solfato, formando un complesso chepresenta attivit mitogena a carico dellendotelio (Robinson e Stringer,2001).

    Le isoforme pi lunghe, sequestrate dalla matrice extracellulare, nonpresentano unefficace attivit mitogena, anche a causa di impedimentisterici, ma costituiscono unimportante riserva di fattore di crescita. IVEGF 183/189/206 possono essere rilasciati in forma solubile graziealleparina, alleparan-solfato ed alleparinasi poich il loro sito dilegame rappresentato da proteoglicani contenenti molecole eparino-simili. Queste isoforme possono essere anche mobilizzate rapidamente daspecifici enzimi proteolitici, plasmina o uPA, i quali, tramite clivaggio

    del terminale ossidrilico, inducono la formazione di un frammentobioattivo, il VEGF110, con massa molecolare di circa 34 kDa.

    Tutto questo suggerisce che il Vascular Endothelial Growth Factorsia in grado di interagire con le cellule endoteliali per mezzo di duemeccanismi principali: sottoforma di fattore solubile (VEGF121 eVEGF165) o tramite attivazione proteasica e clivaggio delle isoforme pilunghe (VEGF183, VEGF189 e VEGF206). Occorre tuttavia ricordareche la perdita del dominio legante leparina risulta in una sostanziale

    diminuzione dellefficacia del VEGF come agente mitogeno e questo puin parte spiegare limportanza assunta nellangiogenesi dallisoforma 165,lunica che lo mantiene (Ferrara, 2001).

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    Il legame fra NRP1 e VEGF165, ma non VEGF121o VEGF110, portaad una amplificazione del segnale di trasduzione del VEGFR-2

    Cellula endoteliale

    NRP1/NRP2

    Clivaggio dellaplasmina

    e degradazioneECM

    ECM-legantiVEGF189

    Ipossia eattivazione RAS Cellule tumorali

    Figura 2:Le isoforme del VEGF e le loro interazione con i recettori (da Ferrara et al., 2003)

    Le isoforme considerate, oltre a distinguersi per struttura, recettori(di cui si parler in seguito) e modalit dattivazione, giocano un ruolodifferente nellambito del meccanismo neoangiogenico. In particolare,studi condotti sulla vasculogenesi tumorale in corso di neoplasieencefaliche hanno dimostrato che la sovra-espressione di VEGF165 e diVEGF121 induce un aumento significativo delle emorragie cerebrali,mentre ci non accade per il VEGF189. Ancora, in alcune tipologie ditumore mammario lisoforma pi breve (121) risultata essere quella

    maggiormente espressa, mentre in studi sulladenocarcinoma polmonaresi osservata la prevalenza del VEGF 189sulle altre isoforme (Guo et al.,2001). Tutto ci suggerisce la presenza di una eterogeneit biologica nonsottovalutabile fra le diverse isoforme del VEGF (Ferrara, 2001).

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    ISOFORME VEGF121 VEGF165 VEGF189

    Affinit con leparina + ++ ++++

    Potenza biologica ++ ++++ ?

    Diffusibilit ++++ +++ +

    Legame con NRP1 Assente Presente Dubbio

    Tabella 2. Propriet delle principali isoforme del VEGF (modificato da Ferrara, 2001).

    2.1.5PROTEINE VEGF-CORRELATE

    Il VEGF appartiene ad una famiglia di fattori di crescita i cuimembri hanno in comune una significativa omologia aminoacidica.Il PDGF(da cui il VEGF origina) condivide con il VEGF fra il 24 ed il18% della totale sequenza aminoacidica ed otto residui cisteinici.Nonostante la comune presenza di questi residui cisteinici le duemolecole si legano a recettori differenti (Robinson e Stringer, 2001;Papetti ed Herman, 2002). Il Placenta Growth Factor (PlGF), condividecon la regione PDGF-simile del VEGF il 53% della sequenzaaminoacidica ed in grado di legarsi a due dei recettori tipici di questofattore di crescita (VEGFR-1 e neuropilin-1). Il PlGF, espressonormalmente solo a livello placentare, pu agire in sinergismo con ilVEGF tramite la costituzione del complesso VEGF/PlGF (Papetti edHerman, 2002).Il VEGF-B, risulta sovrapponibile per il 43% al VEGF164e per il 30% alPlGF. Questa proteina, sintetizzata prevalentemente da cellule muscolaried in minor misura da cellule encefaliche, polmonari e renali, si pulegare al VEGFR-1 ed al neuropilin-1, pu sviluppare un effettomitogeno a carico delle cellule endoteliali e, come gi visto per il PlGF,pu legare il VEGF amplificandone lazione (Papetti ed Herman, 2002).

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    Il VEGF-C ed il VEGF-D sono due molecole strutturalmente moltosimili che costituiscono una sottofamiglia a parte. Queste proteine tramiteil legame con il VEGFR-2 inducono un lieve effetto mitogeno a carico

    delle cellule endoteliali, mentre legandosi con il VEGFR-3 attivano eregolano il processo linfangiogenico. La linfangiogenesi, cos comeaccade per langiogenesi, si realizza in numerose condizioni, siafisiologiche che patologiche ed assume unimportanza particolarenellambito della crescita tumorale e dei processi metastatici linfonodali(Stacker, 2002).Infine, fra i fattori di crescita VEGF-correlati, sono gi stati ricordati ilVEGF-E, codificato da un Orf-virus, ed il EG-VEGF, specifico per le

    cellule endoteliali delle ghiandole endocrine (Robinson e Stringer, 2001).

    VEGFR-1(FLT-1) VEGFR-2(FLK-1) VEGFR-3(FLT-4)

    VEGF-A SI SI NO

    VEGF-B SI NO NO

    VEGF-C NO SI SI

    VEGF-D NO SI SI

    VEGF-E NO SI NO

    PlGF SI NO NO

    Tabella 3. Legame fra le principali proteine VEGF-correlate ed i recettori tyrosin-chinasici (modificato da Ferrara, 2001).

    2.2

    RECETTORI DEL VEGF

    I primi siti recettoriali per il VEGF furono individuati sullasuperficie di cellule endoteliali in vitroed in vivo; in seguito si scopr laloro presenza in popolazioni cellulari di origine midollare (lineaematopoietica e linfopoietica). Il VEGF si lega a due specifici recettori

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    SHC

    Ras

    MAPK

    Espressione del gene perproliferazione cellulare

    FAK

    Paxillina

    Rimodellamento citoscheletromigrazione cellulare

    PKB

    PI3K

    Resistenzacellulare

    PLC

    DAG IP3

    Ca++PKC NOS

    NOProliferazione cellularePermeabilit vascolare

    ANGIOGENESI

    P

    EGFInterazione SH2

    P

    P

    tirosin chinasici (RTKs), VEGFR-1 e VEGFR-2. Entrambi sonocostituiti da sette dominii extracellulari immunoglobulino-simili, da unaregione transmembranaria e da un dominio intracellulare tirosin-

    chinasico interrotto da un dominio chinasico. Il VEGFR-3 (fms-like-tyrosin kinase, flt-4) appartiene alla stessa famiglia di RTK, ma non silega con il VEGF-A, rappresentando un sito recettoriale specifico perVEGF-C e VEGF-D. La sua espressione avviene solo sulla superficiedelle cellule endoteliali dei vasi linfatici, nelladulto.Oltre a questi recettori il VEGF in grado di interagire con una famigliadi co-recettori: le neuropiline (Ferrara et al., 2003).

    Figura 3. Attivazione di un recettore con attivit tirosin chinasica ed interazioninecessarie alla trasduzione di un segnale (modificato da Giles, 2001).

    2.2.1 VEGFR-1 (fms-like tyrosine kinase receptor/Flt-1)

    Nonostante sia stato il primo ad essere scoperto, questo recettore delVEGF a tuttoggi quello meno conosciuto. Ci sembra riconducibilealle diverse propriet che questa proteina acquisisce, al variare del grado

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    di sviluppo e della tipologia delle cellule su cui si localizza. I ligandi delVEGFR-1 sono rappresentati, oltre che dal VEGF-A, dal VEGF-B e dalPlGF. Questo recettore viene espresso, tramite splicingalternativo, in due

    isoforme: una solubile (sFlt-1) e una di membrana, localizzata sullasuperficie di cellule endoteliali, di cellule muscolari lisce e di monociti. IlVEGFR-1 presenta la maggior affinit di legame con il VEGF; tuttavia lasua attivazione conduce solo ad una debole autofosforilazione.Lassenza, nelle cellule endoteliali, di segni di proliferazione omigrazione correlabili alla attivazione del VEGFR-1, ha permesso disupporre che questa proteina non sia principalmente implicata nelprocesso pro-angiogenico, ma, piuttosto, costituisca un recettore decoy

    (trappola). Il VEGFR-1 sembra modulare in senso negativo lattivit delVEGF sulle cellule endoteliali, prevenendo o limitando il legame diquestultimo al VEGFR-2(Ferrara et al., 2003).

    Attraverso questipotesi possibile spiegare lazione di sinergismosvolta da PlGF e VEGF-B, i quali, occupando competitivamente ilVEGFR-1, aumentano la quota di VEGF-A libera di legarsi al VEGFR-2.Sempre in accordo con questipotesi, studi recenti hanno rilevato comecavie, mancanti di entrambi gli alleli codificanti per il VEGFR-1, non

    superino lottavo/nono giorno di vita embrionale. In questi soggetti lecellule endoteliali si sviluppano normalmente, ma non sono in grado diorganizzarsi in una struttura vascolare a causa di uneccessivaproliferazione angioblastica. Infine, individui in cui il recettore presente, possiede un normale sito di legame per il VEGF, ma risultamancante del dominio tirosin-chinasico, non sembrano presentare alcunaanomalia di sviluppo vascolare (Ferrara, 2001).

    Il VEGFR-1, oltre a controllare ed inibire la moltiplicazione delle

    cellule endoteliali, presenta numerose attivit pro-angiogeniche.Aumenta lespressione sulla superficie delle cellule endoteliali del TF,delluPA e del PAI-1, stimola la chemiotassi monocitaria e responsabiledellespressione delle metalloproteinasi di matrice nelle cellule muscolariperivasali. Legandosi al PlGF, infine, il VEGFR-1 riattiva lematopoiesi

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    attraverso il reclutamento di cellule staminali (Ferrara, 2001; Robinson eStringer, 2001; Ferrara et al., 2003;).

    2.2.2 VEGFR-2 ( KDR/Kinase domain region, o Flk-1/ Fetal

    liver Kinase)

    Il VEGFR-2 possiede un ruolo chiave nello sviluppo angiogenico edematopoietico. La mancanza di questa proteina negli embrioni di cavia,non permette loro di sopravvivere oltre lottavo o il nono giorno digestazione. Il VEGFR-2 ampiamente espresso da numerosi precursori

    cellulari, sia endoteliali, che ematopoietici, ma non dalle cellule vasaliquiescenti, in cui si realizza una down-regulation. Lattivazione di questorecettore (ad opera di VEGF-A, -C, -D) si rende responsabile dellaproliferazione, migrazione e dellaumento della permeabilit delle celluleendoteliali. Tale attivazione inoltre necessaria perch si realizzileffetto antiapoptotico del VEGF. La regolazione dellespressione diquesto recettore, cos come quella del VEGFR-1, si realizza attraversodiversi meccanismi. Lipossia rappresenta il principale induttore, ma,

    mentre il Flt-1 cos come il VEGF presenta una sequenza di consenso perlHIF-1 a livello del suo promotore, il Flk-1 non la possiede e la suatrascrizione solo debolmente regolata dallipossia. Brogi e collaboratorituttavia, sostengono che i tessuti ischemici sono in grado di liberare unfattore, non ancora ben identificato, capace di amplificare i livelli post-transcrizionali del VEGFR-2 (Robinson e Stringer, 2001).

    Inoltre, numerosi fattori di crescita fra cui il VEGF stesso, ma ancheil TNF- ed il TGF-, regolano lespressione dei recettori tirosin

    chinasici. Allazione di queste proteine va aggiunta linterazione fra lecellule endoteliali o fra cellule e matrice extracellulare (Ferrara, 2001;Robinson e Stringer, 2001; Ferrara et al., 2003).

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    Figura 4.Ruolo dei recettori tirosin-chinasici nelle diverse popolazioni cellulari(modificato da Ferrara et al., 2003)

    cellula tumorale

    VEGFR-1solubile

    monocita

    Migrazione

    cellulaendoteliale

    effetto Decoy sul segnaleVEGF. Induzione di uPA,

    tPA, MMP9; Rilasciospecifico di fattori di

    crescita da parte del lettovascolare

    proliferazione,migrazione,resistenza,

    angiogenesi

    proliferazione,migrazione,resistenza,

    angiogenesi,soprattuttolinfatici ECs

    cellulaematopoietica o leucemica

    migrazioneresistenza

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    2.2.3 NEUROPILINE-1 e altre molecole leganti il VEGF

    Oltre ai recettori tirosin chinasici, stata recentemente dimostratalesistenza di un ulteriore sito recettoriale per il VEGF. Questo recettore,capace di riconoscere il dominio del VEGF codificato dal settimo esone(e quindi capace di legarsi all'isoforma165 , ma non alla 121), coincide conla neuroplilina-1 umana (NRP-1) (Soker et al, 1998). Le NRP sonodelle glicoproteine conosciute per la loro attivit recettoriale neuronale eper la loro capacit dinterazione con membri della famiglia dellecollapsine/semaforine. In particolare, la NRP-1, implicata durante la vita

    embrionale nel controllo della crescita dellassone, possiede unampiadistribuzione tissutale, incluse alcune cellule di natura neoplastica ecellule endoteliali. Ad oggi, non essendo stati evidenziati segnali ditrasduzione correlabili al solo legame VEGF/NRP, si ipotizzato che ilruolo di NRP nel processo angiogenico sia quello di presentarelisoforma 165al VEGFR-2, in modo da amplificare lefficacia del segnaledi trasduzione da esso mediato. Questo fatto spiegherebbe, almeno inparte, la maggior efficacia dimostrata dallisoforma 165 rispetto alla 121

    (Robinson e Stringer, 2001; Ferrara et al., 2003). Oltre a questisoformadel VEGF-A, altre molecole VEGF-correlate presentano affinit per laneuropilina. PlGF-2 e VEGF-B167si legano a questo recettore, nonostanteleffetto biologico di tale legame non sia ancora stato chiarito.Oltre alla NRP-1 sono stati recentemente identificati altri recettoriVEGF165-specifici (per esempio la NRP-2), tuttavia il loro significatobiologico non ancora stato chiarito (Robinson e Stringer, 2001).

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    Figura 5.Attivit recettoriale della neuropilina.

    2.2.4 EPARINA E PROTO GLICANO EPARAN-SOLFATO.

    Leparina un glicosaminoglicano acido ad azione anticoagulante

    ed antilipemica. Chimicamente un polisaccaride complesso ricco disolfati, rilasciato dai mastociti. Leparansolfato una molecola che sitrova sulla superficie cellulare e nella matrice extracellulare comecomponente dei proteoglicani eparansolfati (HSPGs). Proteine specifichesono in grado di riconoscere e legare i diversi gruppi solfati espressi daquesti polisaccaridi (eparina e HSPGs). Il legame cos formato ha loscopo di proteggere ed immobilizzare il ligando e, in alcuni casi, ingrado di influenzarne lattivit biologica. Gli effetti regolatori

    delleparina e delleparansolfato sul VEGF e sulla capacit di interazionedi quest ultimo e VEGFR-1, VEGFR-2 e NRP-1, dipendono sia dal tipodi recettore coinvolto, sia dallisoforma del VEGF-A considerata. Tesslere collaboratori sostengono che, basse concentrazioni di eparina,potenziano la capacit di legame del VEGF165 al VEGFR-2, mentre alte

    angiogenesicrescita neuronale

    Neuropilina-1, -2Plexina A VEGFR-2/KDR

    Semaforineclasse 3 (A-F)

    VEGF165

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    concentrazioni possiedono un effetto inibitorio (Robinson e Stringer,2001).

    I proteoglicani eparan-solfati possono influenzare la biodisponibilit

    del VEGF attraverso il suo sequestro a livello di matrice extracellulare edi superficie cellulare. Questo legame protegge il fattore di crescita dalladegradazione enzimatica e dai processi di inibizione che sirealizzerebbero attraverso il legame del VEGF con proteine quali 2macroglobuline o platelet factor 4 (PF-4). Rappresenta uneccezionelinterazione fra HSPG e VEGF189, che non sembra impedire lazioneproteolitica di plasmina ed uPA. Infine, nei tessuti infiammati e neiprocessi di cicatrizzazione delle ferite, agenti ossidanti e radicali liberi

    possono inattivare varie proteine. Leparina pare essere coinvolta nelripristino della funzionalit del VEGF165 in seguito al suodanneggiamento (Robinson e Stringer, 2001).

    2.3 VEGF CANINO

    Nel cane sono state identificate le stesse isoforme VEGF presenti

    nelluomo dalle quali tuttavia si differenziano per la mancanza di unresiduo a livello della regione N-terminale. Nel cane, come nella maggiorparte dei mammiferi, opportuno quindi utilizzare la seguenteterminologia: VEGF164 e VEGF120, (isoforme solubili) e VEGF205,VEGF144 e VEGF188 (isoforme insolubili, legate alla matriceextracellulare). Fra uomo e cane esiste una completa omologia dellasequenza aminoacidica coinvolta nella formazione del legamerecettoriale. Questa corrispondenza non solo implica che le due proteine

    (umana e canina) presentino le stesse propriet di legame, ma spiega lacapacit del VEGF164canino di attivare le cellule endoteliali umane nellastessa misura del VEGF165.

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    Anche le isoforme del VEGFR-1 canino corrispondono a quelle umane ela sovraespressione di questo recettore, unitamente a quella del VEGF, stata evidenziata in numerose neoplasie canine (Scheidegger et al., 1999).

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    CAPITOLO TRE

    LE METALLOPROTEINASI

    3.1 METALLOPROTEINASI DI MATRICE

    Le metalloproteinasi di matrice (MMPs) costituiscono unafamiglia di enzimi zinco- e calcio-dipendenti prodotti da numerosi tessutie coinvolti nella degradazione dei componenti della matriceextracellulare (ECM) e della membrana basale (MB).Questi enzimi proteolitici, suddivisibili in sotto-famiglie a seconda dellaloro specificit di substrato, sono attivi in tutti i processi dirimodellamento tissutale, durante lembriogenesi, la riparazione delleferite e langiogenesi fisiologica (Matrisian, 1990). Le MMPs sono

    coinvolte in meccanismi patologici quali artrite reumatoide, sclerosimultipla e diffusione neoplastica (Lindberg et al, 2001). Ad oggi, grazie aricerche che hanno evidenziato ed in parte chiarito, il legame fra MMPs ediversi substrati quali, fattori di crescita, chemiochine, molecoledadesione e recettori di membrana, il ruolo delle MMPs sembradestinato ad unimportante rivalutazione.Alla luce del loro complesso ruolo le MMPs non potranno infatti essereconsiderate ancora a lungo come semplici degradatori della membrana

    extracellulare, ma dovranno essere riconosciute come parte fondamentaledellelegante sistema di comunicazionecon il quale cellule epiteliali eneoplastiche interagiscono con lo stroma (Hamacher et al 2004).

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    3.1.1 LA SUPERFAMIGLIA DELLE METZINCINE

    Le MMPs sono proteasi incluse nel MB clan delle metallopeptidasi,

    enzimi endopeptidasici caratterizati dal motivo HEXXHXXGXXH e daun sito attivo legante lo zinco. I membri del MB clan sonogeneralmente indicati come Metzincine in quanto tutti loro possiedonoun motivo contenente tre istidine che legano un atomo di zinco al sitocatalitico e sono accomunati dal Met Turn: un residuo di metionina chesi trova al di sotto del sito attivo dello zinco.

    Le metzincine contengono diverse famiglie. Le MMPs fanno partedella famiglia 10 e sono conosciute anche con il nome di matricine.

    Attualmente sono state individuate 25 MMPs nei vertebrati e 22omologhe umane, oltre a diverse MMPs negli invertebrati (Remacle etal., 2005).Ogni MMP possiede una propria specificit di substrato (talvoltaparzialmente sovrapposta ad altre MMPs) e, virtualmente, linsieme delleMMPs dei vertebrati in grado di degradare tutte le proteine dellamatrice extracellulare. Le metalloproteinasi sono generalmente indicate ocon nomi propri, o nei vertebrati, secondo una specifica nomenclatura

    numerico sequenziale (Tabella 4) (Sternlincht e Werb, 2001).

    MMPS NOME CLASSESTRUTTURALE

    MMP-1 COLLAGENASI-1 DOMINIO EMOPEXINA

    SEMPLICE

    MMP-2 GELATINASI-A GELATIN-BINDING

    MMP-3 STROMOLISINA-1 DOMINIO EMOPEXINA

    SEMPLICE

    MMP-7 MATRILISINA MINIMAL DOMAIN

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    MMP-8 COLLAGENASI-2DOMINIO EMOPEXINA

    SEMPLICE

    MMP-9 GELATINASI-B GELATIN-BINDING

    MMP-10 STROMOLISINA-2 DOMINIO EMOPEXINASEMPLICE

    MMP-11 STROMOLISINA-3FURINA ACTIVATED

    SECRETED

    MMP-12 MACROFAGO-METALLOELASTASI

    DOMINIO EMOPEXINASEMPLICE

    MMP-13 COLLAGENASI-3DOMINIO EMOPEXINA

    SEMPLICE

    MMP-14 MT1-MMP TRANSMEMBRANA

    MMP-15 MT2-MMP TRANSMEMBRANA

    MMP-16 MT3-MMP TRANSMEMBRANA

    MMP-17 MT4-MMP GPI-LINKED

    MMP-18 COLLAGENASI-4DOMINIO EMOPEXINA

    SEMPLICE

    MMP-19 RASI-1DOMINIO EMOPEXINASEMPLICE

    MMP-20 ENAMELISINA

    DOMINIO EMOPEXINA

    SEMPLICEMMP-21 XMMP INSERTO VITRONECTINA-

    LIKE

    MMP-22 CMMP

    MMP-23 TYPE 2 TRANSMEMBRANA

    MMP24 MT5-MMP TRANSMEMBRANA

    MMP25 MT6-MMP GPI-LINKED

    MMP-26 MATRILISINA-2 MINIMAL DOMAIN

    MMP-28 EPILISINAFURINA ACTIVATED

    SECRETED

    Tabella n 4: nomenclatura numerico sequenziale delle MMPs dei vertebrati

    (Sternlincht e Werb, 2001)

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    Come altri enzimi proteolitici, le MMPs sono inizialmente sintetizzate informa di zimogeni inattivi con una sequenza di segnale ed un pro-peptideche deve essere rimosso durante lattivazione (Nagase e Woessner,

    1999). Tutte le MMPs presentano una sequenza N-terminale (pre-domain) che viene rimossa dopo aver diretto la sintesi delle MMPs alreticolo endoplasmatico. Questo dominio pre- seguito da un dominiopropeptidico pro-, che ha la funzione di mantenere la latenzadellenzima. La latenza delle MMPs mantenuta attraverso un grupposulfidrile di cisteina posto allestremit C-terminale del dominio pro-peptidico. Il gruppo sulfidrile agisce come un quarto ligando per lo ionezinco del sito attivo. Lattivazione avviene attraverso la rimozione

    proteolitica del dominio del pro-peptide. Il gruppo tiolo rimosso rimpiazzato da una molecola dacqua che a sua volta potr attaccare ilegami peptidici dei target delle MMPs (Sternlicht e Werb, 2001).Un eccezione rappresentata dalla MMP-23 che manca del gruppocisteina e possiede un dominio pro-peptide diverso. La sequenzaPRCGVP attorno alla cisteina chiamata cysteine switch. Ai duedomini (pre- e pro-) segue un dominio catalitico a livello del quale silegher lo zinco e nel quale sono presenti ioni calcio, fondamentali per la

    stabilit e lattivazione enzimatica (Nagase e Woesnner, 1999). Conleccezione della MMP-7, MMP-26 e della MMP-23, tutte le MMPspossiedono un dominio emopexina/vitronectina like , connesso aldominio catalitico tramite una regione perno (hinge) o di legame (linker).Quando presente, il dominio emopexina/vitronectina like influenza illegame con il TIMP, il legame con altri substrati, lattivazione dimembrana ed alcune attivit proteolitiche. La regione perno, infine,variando in lunghezza e composizione a seconda dei casi, influenza la

    specificit di substrato.Le gelatinasi A e B (rispettivamente MMP-2 e MMP-9) sono

    MMPs caratterizzate dallinserzione di tre ripetizioni cysteine-rich testa-coda allinterno del loro dominio catalitico.

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    Queste inserzioni assomigliano alle ripetizioni di fibronectina di tipo II esono necessarie per legare e scindere collagene ed elastina (Sternlicht eWerb, 2001). La MMP-9, dopo la regione perno, presenta, infine,

    uninserzione collagen-like tipo IV la cui funzione non stata ancoratotalmente chiarita, ma sembrerebbe essere utile nellampliamento dellegame di substrato della MMP.La struttura di dominio delle MMPs schematizzata nella Figura 6.

    Figura 6: Struttura di dominio delle MMPs

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    3.1.2 REGOLAZIONE DELLATTIVITA DELLEMMPs

    La regolazione dellattivit metalloproteasica un meccanismocomplesso, controllato sia a livello trascrizionale che post-trascrizionale.Le MMPs, sono inoltre regolate a livello proteico da diversi attivatori edinibitori (citochine, per esempio) e la loro attivit strettamente correlataalla localizzazione che possiedono sulla superficie cellulare (Sternlicht eWerb, 2001).

    3.1.2.1REGOLAZIONE DELLESPRESSIONE DELLE MMPs

    Dal momento che le specificit di substrato tendono a sovrapporsi,la funzione biologica delle singole MMPs ampiamente dettata dai loropattern differenziali despressione. Spesso il ruolo caratteristico di unaMMP indicato da differenze temporali, spaziali e di inducibilit. Lamaggior parte delle MMPs strettamente regolata a livello trascrizionale,

    con la rilevante eccezione della MMP-2, controllata ed espressaessenzialmente attraverso un unico meccanismo di attivazione enzimaticae da alcuni gradi di stabilizzazione post-trascrizionali dellmRNA(Sternlicht e Werb, 2001).Lespressione genica delle MMPs controllata da diversi fattoristimolatori e soppressori. Essa pu subire up- o down- regulation adopera degli esteri del forbolo, di proteine dellECM, secondariamente astress cellulari, a variazioni della forma cellulare ed alle interazioni

    cellula-matrice e cellula-cellula. Lespressione delle MMPs inoltreregolata da numerose citochine e fattori di crescita fra cui interleuchine(IL), interferoni, Fattore di Crescita Epiteliale (EGF - Epithelil GrowthFactor), VEGF, TNF- e - (Tumor Necrosis Factor- e -), Induttore

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    Extracellulare delle MMPs (Extracellular Matrix MetalloproteinaseInducer) e TGF-(Trasforming growth factor-).

    A livello post-trascrizionale le MMPs possono essere regolate da

    vari meccanismi. Le copie di mRNA che codificano per le MMPs 1 e 3sono stabilizzate dallEGF, mentre le copie della MMPs-13 sonostabilizzate dal PDGF e dai glicocorticoidi e destabilizzate dal TGF-.

    Le MMPs sono inoltre controllate anche a livello secretorio: MMP-8 e MMP-9 sono sintetizzate nel midollo dai granulociti, immagazzinatenei granuli dei neutrofili circolanti ed infine rilasciate secondariamenteallattivazione di queste cellule da parte dei mediatoridellinfiammazione (Sternlicht e Werb, 2001).

    3.1.3 ATTIVAZIONE DELLE MMPs LATENTI

    Lattivazione in vivo delle Pro-MMPs (attuata attraverso la rotturadelle interazioni Cys-Zn2:cystein switch) resa possibile da proteinasitissutali, plasmatiche o batteriche. Il sistema uPA/plasmina, per esempio,possiede un importante ruolo nellattivazione di diverse pro-MMPs e

    nello specifico nellattivazione della gelatinasi B.Lattivazione extracellulare della maggior parte delle pro-MMPs avvienead opera di altre MMPs o di serina-proteasi che possono scindere ilegami peptidici allinterno dei pro-dominii metalloproteinasici.Diversamente, lattivazione delle MT-MMPs avviene durante il trasportoverso la superficie della cellula o direttamente sulla superficie dellamembrana cellulare, attraverso variazioni conformazionali nonproteolitiche o grazie a molecole quali serina proteasi furina-like (a

    livello intracellulare) o plasmina (a livello di superficie cellulare)(Sternlicht e Werb, 2001).

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    3.2 INIBITORI ENDOGENI DELLE MMPs

    I TIMPs (Tissue Inhibitors MetalloProteinase) sono i pi importantiregolatori endogeni delle metalloproteinasi (Nagase e Woessner, 1999).Essi rappresentano una famiglia di almeno quattro proteine dai 20 ai 29kDa (TIMP-1,-2,-3 E -4) in grado di inibire reversibilmente le MMPs inun rapporto stechiometrico di 1:1, attraverso linterazione del lorodominio N-terminale con il sito catalitico della MMP. I TIMPs operanocon specifici meccanismi inibitori, contro specifiche MMPs. Inoltre I 4TIMPs sono espressi in tessuti differenti, secondo linflusso temporaneo

    delle MMPs. Il TIMP-3 localizzato nellECM, mentre il TIMP-4 sitrova essenzialmente a livello delle cellule endoteliali.Indipendentemente dalle loro propriet inibitorie, i TIMPs esercitanoinoltre molte e controverse attivit quali la promozione della crescitacellulare o linduzione dei meccanismi apoptotici, o, ancora, lasoppressione dei segnali mitogeni. Infine, in alcuni casi, in relazione allaloro concentrazione, questi inibitori sono in grado di promuovere anchelattivazione delle stesse MMPs (TIMP-2 e gelatinasi A) (Sternlicht e

    Werb, 2001).Oltre ai TIMPs, che agiscono localmente a livello tissutale, esistono altriimportanti inibitori endogeni delle MMPs.

    La 2-macroglobulina, abbondantemente presente nel plasma,rappresenta il pi importante inibitore endogeno circolante delle MMPs.Diversamente dai TIMPs, inoltre, essendo i complessi 2-macroglobulina/MMPs rimossi tramite endocitosi, questo inibitorepossiede un ruolo fondamentale nella clearence irreversibile delle

    MMPs.Recentemente, inoltre, il RECK, una proteina cystein-rich

    normalmente ancorata alla membrana cellulare, stato studiato qualeinibitore endogeno delle MMps e la sua down regulation correlata allaprogressione tumorale (Takagi et al, 2005).

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    3.3 I SUBSTRATI DELLE MMPs

    Metalloproteinasi diverse possono presentare una certa

    sovrapponibilit di substrato. Per quel che riguarda le Gelatinasi A e Bper esempio, entrambe sono responsabili della degradazione delcollagene della membrana basale e della gelatina, con una maggiorspecificit della Gelatinasi A per fibronectina e laminina ed una maggiorattivit della Gelatinasi B nei confronti di collagene di tipo IV(componente chiave della membrana basale dellendotelio) e V.(Sternlicht e Werb, 2001)

    Oltre a degradare le componenti della MB e della ECM, le MMPs

    esercitano unazione proteolitica nei confronti di proteine pericellulari, disuperficie e circolanti. Agendo sulla matrice extracellulare le MMPspossono indurre la liberazione, lattivazione o linattivazione di molecolebioattive normalmente depositate allinterno dellECM, o favorirne imeccanismi di segnalazione (cell-signalling)responsabili dellomeostasidellambiente extracellulare (Overall et Kleifeld, 2006).Importanti sono le funzioni emostatiche di questi enzimi: le MMPsdegradano serina-proteinasi, (come il plasminogeno e luPA), inibitori

    della serina proteasi, l1-antichimotripsina, lantitrombina e il PAI-2.Virtualmente tutte le MMPs hanno un azione fibrinolitica e le MMPs 12,13 e 14 sono in grado di inattivare il fattore XII (fattore di Hagemann)(Sternlicht e Werb, 2001).Alcune MMPs infine, sono coinvolte nei meccanismi di attivazionepiastrinica e nella aggregazione di queste ultime a cellule metastatiche.Questo meccanismo MMPs-mediato rappresenta uno degli importantiespedienti attraverso i quali le cellule neoplastiche eludono la

    sorveglianza del sistema immunitario dellospite e vincono le forze delflusso ematico che fisiologicamente impedirebbero loro di aderire allaparete vasale una volta allontanatesi dal tumore primario (Sang-OhYoon, 2003).

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    CAPITOLO QUATTRO

    NEOANGIOGENESI E CLINICA ONCOLOGICA

    4.1. INTRODUZIONE

    Un processo neoplastico si realizza attraverso la proliferazione dicellule trasformate che sfuggono ai normali meccanismi di controllodella crescita e della differenziazione cellulare dellospite (Nicolson,1979).

    Nonostante le cellule neoplastiche presentino caratteristicheproprie, per molti aspetti sono simili alle loro controparti normali. Una diqueste analogie rappresentata dalla necessit di un adeguato apporto diossigeno e nutrienti e dal bisogno di allontanare i cataboliti prodotti. Lecellule ed i tessuti sani possono soddisfare i loro bisogni metabolicigrazie ad un sistema vasale che si sviluppa tramite vasculogenesi edangiogenesi. I tessuti neoplastici, come precedentemente accennato,possono crescere attorno a vasi pre-esistenti o sviluppare un proprio

    network vasale attraverso un processo che mima langiogenesifisiologica. Sebbene la loro funzionalit sia mantenuta, i vasi che sisviluppano attraverso questi meccanismi sono strutturalmente anormali ecaratterizzati da forme tortuose, fenestrature e pareti sottili costituite daun mosaico di cellule endoteliali e neoplastiche e scarsa presenza dipericiti (Papetti ed Herman, 2002).

    Tali peculiarit rendono il sistema vasale neoplastico unimportante ed innovativo target terapeutico. Le cellule endoteliali sono

    maggiormente aggredibili dai farmaci rispetto al tessuto neoplastico edun singolo agente anti-angiogenico pu essere utilizzato per molteplicitipologie di tumori. Allinterno del tessuto tumorale infatti, le celluleendoteliali, sebbene stimolate da meccanismi di crescita aberranti, non

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    sono trasformate in senso neoplastico e questo rende meno probabile losviluppo di variazioni fenotipiche e di farmaco-resistenza.

    Il processo di angiogenesi neoplastica notoriamente il risultato

    della rottura dellequilibrio fisiologico fra fattori pro- ed anti-angiogenici.Lo stimolo pro-angiogenico pu derivare dalle cellule

    neoplastiche, da cellule infiammatorie, dalla matrice extracellulare odalle stesse cellule endoteliali. Tutte queste componenti interagiscono fraloro attraverso complessi e ridondanti meccanismi ad oggi noti solo inparte.

    Sulla base delle conoscenze attuali, il VEGF e le gelatinasi A e Bcostituiscono tre dei pi potenti fattori coinvolti nellangiogenesi

    neoplastica (Laack et al, 2005) e come tali sono considerati importantitarget terapeutici.

    Ad oggi, numerose sono le sperimentazioni in corso con il fine diindividuare unefficace terapia antiangiogenica da utilizzare a sostegnodelle classiche radio- e chemio-terapia. Tutto questo si sta realizzando,$non solo nel contesto dei tumori solidi, ma anche in quello, sinora pioscuro, delle neoplasie ematopoietiche (Giles, 2001) con particolareriguardo alla medicina veterinaria ed ai modelli neoplastici animali.

    4.2NEOANGIOGENESI E TUMORI SOLIDI

    4.2.1.CONSIDERAZIONI RETROSPETTIVE RELATIVE AL

    RUOLO DIAGNOSTICO E PROGNOSTICO DEL VEGF

    NEI TUMORI SOLIDI

    Langiogenesi tumorale, cos come quella fisiologica, appare

    strettamente regolata e dipendente da complessi fattori in equilibrio fraloro. Il VEGF rappresenta uno dei pi potenti e specifici fattori pro-angiogenici attualmente riconosciuti. Studi dibridazione in situ hannoevidenziato up-regulation dellRNAm del VEGF in numerose neoplasieumane: carcinomi polmonari, mammari, gastrointestinali, renali,

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    vescicali ed ovarici, neoplasie intracraniche, glioblastomi edemangioblastomi (Papetti ed Herman, 2002).Takahashi e collaboratori hanno dimostrato che in corso di carcinoma del

    colon nelluomo, si realizza una sovraespressione di VEGF e di VEGFR-2 sia a carico delle cellule neoplastiche, sia delle cellule endotelialicontigue (Takahashi et al., 1995). Questi autori inoltre, hanno individuatouna correlazione fra crescita del letto vasale tumorale ed aumentodellespressione di VEGF.

    Diverse ricerche sostengono lesistenza di una stretta associazionefra densit vasale intratumorale ed esito infausto in pazienti con cancro alseno (Papetti ed Herman, 2002).

    Il nesso fra aumentata espressione del VEGF e sua rilevanzaprognostica in corso di neoplasie stato descritto in diverse patologie eda numerosi autori, ricordiamo lavori sul carcinoma polmonare (Volm etal., 1996), carcinoma polmonare a piccole cellule (Laack et al, 2005),carcinoma dello stomaco (Maeda et al., 1996), carcinoma renale (Brownet al., 1993), carcinoma uterino (Guidi et al., 1996).

    Oltre allinteresse suscitato dal VEGF nellambito dei tumori deltessuto epiteliale, il ruolo di questo fattore di crescita stato analizzato

    anche nelle neoplasie mesenchimali. A questo proposito rilevanzaparticolare hanno ottenuto gli studi sul sarcoma di Kaposi (Brown et al.,1996; Cornali et al., 1996), sullemangiopericitoma (Hatva et al., 1996),sul glioma maligno (Takano et al., 1996). In un gruppo di cento pazientiaffetti da sarcoma, Linder e collaboratori (1998), hanno dimostrato lapresenza di livelli di VEGF circolante significativamente alti rispetto algruppo di controllo (Kuhnen, 2000). Chevalier e collaboratori sostengonoche in corso di neoplasia prostatica il VEGF possieda un duplice ruolo:

    promozione dellangiogenesi e (vista lelevata concentrazione di VEGFnelle cellule neuroendocrine prostatiche, e laumento di queste ultime inassociazione alle forme pi avanzate di neoplasia) stimolazione dellecellule tumorali stesse. (Chevalier, 2002). L espressione del VEGF stata inoltre ampiamente correlata alla presenza di metastasi. VEGF e

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    VEGF-C sono stati utilizzati come marker di coinvolgimento linfonodalein corso di Non-Small Cell Lung Cancer (Tamura et al., 2004).

    Nel cane, Graham e colleghi, hanno dimostrato che la densit vasale

    mammaria maggiore nei soggetti con neoplasia mammaria e metastasi,rispetto a quelli presentanti solo il tumore primario ed ai soggetti dicontrollo (Graham et al., 1999).

    Ancora, limportanza del VEGF nellangiogenesi tumorale statadimostrata attraverso lutilizzo, in vitro ed in vivo, di molecole ad azioneinibitoria. La somministrazione inta-peritoneale di anticorpi anti-VEGFin topi portatori di sarcoma o glioblastoma, ha condotto ad unasignificativa diminuzione della densit vasale e della crescita tumorale.

    Nelle cavie, le cellule staminali embrionali private del gene del VEGFperdono, rispetto a cellule staminali controllo, parte della loro capacit disviluppare teratocarcinoma (Papetti ed Herman, 2002).In modelli biologici sul topo, la terapia con DC101 (Anticorpo antiVEGFR-2) ha indotto linibizione della crescita delle metastasi epatichein corso di carcinoma colon-rettale. Bruns e collaboratori hannodimostrato che lutilizzo di questanticorpo, oltre ad inibire ilmeccanismo angiogenico, si rende responsabile della morte delle cellule

    endoteliali presenti nella lesione tumorale. Questo risultato testimonia lacapacit del VEGF di promuovere, attraverso lattivazione del VEGFR-2,sia lo sviluppo, sia la sopravvivenza delle cellule endoteliali nellemetastasi epatiche del carcinoma del colon (Bruns et al, 2000).

    Considerazioni particolari meritano infine le neoplasie vascolari.Ad oggi numerosi studi hanno cercato di chiarire se, ed in che misura,lespressione e lattivit biologica del VEGF possano essere coinvoltenelleziologia delle neoplasie vascolari. Brown e collaboratori hanno

    dimostrato un aumento dellespressione di RNAm del VEGF e delVEGFR-2, nelle neoplasie vascolari in vivo (Kuhnem, 2000). Zietz ecollaboratori hanno cercato di chiarire il ruolo del proto-oncogne MDM-2 e del gene oncosoppressore P53 nellambito dellangiosarcoma umano.Il loro studio ha evidenziato la presenza di mutazioni a carico di almeno

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    uno dei due geni nella maggior parte delle neoplasie valutate ed unapossibile correlazione fra queste mutazioni e laumento dellespressionedel VEGF osservato in circa l80% dei casi (Zietz et al., 2000). Oltre a

    P53 e MDM-2, anche i geni Ras sembrano essere coinvolti nello sviluppodelle neoplasie vascolari. Arbiser e collaboratori hanno studiato il ruolodi H-Ras e quello del VEGF nellinduzione del fenotipo malignodellangiosarcoma in un modello in vitro di colture cellulari endoteliali.A conferma del potere oncogenico del VEGF, le cellule endoteliali cheesprimono VEGF trapiantate nei topi si sono comportate comeangiosarcomi a crescita lenta (Arbiser et al., 2000). Le cellulegeneticamente modificate con H-Ras invece, hanno indotto nei topi

    lesioni angiosarcomatose ad accrescimento rapido. Inoltre il trattamentocon molecole in grado di inibire la fosforilazione di PI3K (molecolanormalmente indotta dallattivazione del recettore tirosin-chinasico delVEGF) disattiva solo parzialmente il fenotipo maligno e permettedipotizzare che Ras possieda diverse vie per indurre la trasformazionemaligna delle cellule endoteliali (Arbiser et al., 1997).

    Nel cane, Clifford e collaboratori, confrontando le concentrazioniplasmatiche del VEGF di diciassette soggetti sani con quelle di sedici

    cani affetti da emangiosarcoma, hanno rilevato una significativadifferenza fra le concentrazioni plasmatiche di VEGF nelle duepopolazioni. Nei cani affetti da emangiosarcoma non stato tuttaviapossibile individuare una correlazione fra concentrazione e progressionedella neoplasia. Occorre infine rilevare che, nello stesso studio, leconcentrazioni plasmatiche di VEGF sono risultate molto pi basserispetto a quelle riscontrate in altre neoplasie umane (Clifford et al.,2001).

    Ancora Clifford ha valutato lefficacia della terapiaantiangiogenica in corso di emangiosarcoma canino in uno studioretrospettivo. Nel suo lavoro lautore ha sottolineato che sostanze inibentii meccanismi angiogenici, quali la talidomide, linterferone e gli inibitori

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    delle MMPs, sembrano rappresentare uninnovativa e vantaggiosaopzione terapeutica per i cani affetti da questa patologia (Clifford, 2000).

    4.2.2. CONSIDERAZIONI RETROSPETTIVE RELATIVE AL

    RUOLO DIAGNOSTICO E PROGNOSTICO DELLE GELATINASI

    (METALLOPROTEINASI-2 e -9) NEI TUMORI SOLIDI

    La capacit di invadere i tessuti dellospite per stabilire dei focidistanti dalla lesione primaria la caratteristica predominante dellecellule metastatiche. Il rilascio di cellule neoplastiche in partenza da un

    tumore il risultato di una profonda degradazione dellarchitetturatessutale (Munsi, Stach, 2006). Questa degradazione si realizza attraversoalterazioni del contatto che normalmente esiste fra cellule contigue e fracellula e matrice extracellulare (ECM), attraverso riarrangiamento delcitoscheletro ed amplificazione dei meccanismi proteolitici cellulari.Questi fenomeni e molti altri, sono regolati da un ampio spettro diproteinasi extracellulari, ed in particolare MMPs, prodotte da celluleneoplastiche, da cellule infiammatorie e da fibroblasti presenti nel tessuto

    peri-tumorale (Nagase et al., 2006).Per quel che concerne la clinica oncologica sarebbe tuttavia limitativoconsiderare le MMPs, e fra loro le Gelatinasi, esclusivamente legate afenomeni di degradazione e rimodellamento tessutale (Hamacher et al2004), anche se questo stato a lungo considerato il loro ruolo principalenei meccanismi evolutivi dei tumori solidi.

    Nellambito neoplastico, in medicina umana, lelevata espressionedelle gelatinasi stata infatti inizialmente correlata alla capacit di

    diverse neoplasie epiteliali di invadere i tessuti circostanti. Si possonocitare a questo riguardo il lavoro di Ohashi e collaboratori (2000)inerente lincremento di MMP-9 in corso di carcinoma esofageo, illavoro di Kuraharae e colleghi (1999) che ha correlato positivamentecarcinoma a cellule squamose della bocca e sovra-espressione di

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    entrambe le gelatinasi e lo studio sul carcinoma della vescica e MMP-2di Kanayama e collaboratori (1998). Ancora, fra le neoplasie epiteliali siricorda il carcinoma papillare della tiroide, nel quale alte concentrazioni

    di MMP-2 e MMP-9 sono state significativamente correlate alla capacitdel tumore di metastatizzare a livello linfonodale (Sang-Oh Yoon, 2003).Pi recentemente, Gress e collaboratori hanno evidenziato incrementodelle concentrazioni di MMPs in corso di neoplasia pancreatica ed Iwatae collaboratori hanno sottolineato la significativa presenza di questeproteinasi e dei loro inibitori in corso di carcinoma del seno (Laack et al,2005) .In ambito neurologico infine, elevate concentrazioni di gelatinasi sono

    state evidenziate nel liquido cefalorachidiano in corso di astrocitomamaligno, metastasi cerebrali e meningiti carcinomatose (Friedberg et al.,1998).

    Come precedentemente accennato, nuovi studi hanno evidenziatola capacit delle MMPs di promuovere la crescita tumoral