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Dialoghi FIGLIO DI HAMAS Hamas_libro.qxp 15-09-2011 11:44 Pagina 1

Figlio di Hamas

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Una storia drammatica di terrore, tradimenti e intrighi politici. Un libro più esplosivo di qualsiasi ordigno

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Dialoghi

FIGLIO DI HAMAS

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Mosab Hassan Yousefin collaborazione con Ron Brackin

FIGLIO di HAMASDall’Intifada ai servizi segreti israeliani

GREMESE

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Titolo originale:Son of Hamas: A Gripping Account of Terror, Betrayal, Political Intrigue,and Unthinkable Choices

Son of Hamas, ItalianCopyright © 2010 by Mosab Hassan YousefItalian edition © 2011 by Ernesto Gremese Editore S.R.L. with permission ofTyndale House Publishers, Inc.All rights reserved.

Son of Hamas, edizione italianaCopyright © 2010 di Mosab Hassan YousefEdizione italiana © 2011 di Ernesto Gremese Editore S.R.L., dietro autorizzazione diTyndale House Publishers, Inc.Tutti i diritti riservati.

Author and cover photo copyright © 2009 by Tyndale House Publishers, Inc.Used by permission. All rights reserved.

Foto dell’autore e di copertina copyright © 2009 di Tyndale House Publishers, Inc.Utilizzate dietro autorizzazione.Tutti i diritti riservati.

Cartina di Israele e dei territori occupati: rielaborazione basata sulla cartinadelle Nazioni Unite n° 3584 rev. 2.

Traduzione dall’inglese:Laura Pacciarella

Stampa:La Moderna – Roma

Copyright edizione italianaGREMESE2011 © E.G.E. s.r.l. – Romawww.gremese.com

Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta,registrata o trasmessa, in qualsiasi modo o con qualsiasi mezzo, senza il preventivoconsenso formale dell’Editore.

ISBN 978-88-8440-693-4

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A mio padre amatissimo e alla mia famiglia feritaAlle vittime del conflitto arabo-israeliano

A ogni vita umana che il mio Dio ha salvato

Mia diletta famiglia, sono molto orgoglioso di te; solo il mio Diosa quanto hai sofferto. Ho coscienza che ciò che ho fatto ti ha

inflitto un’altra profonda ferita che forse non guarirà in questa vitae ti getterà nella vergogna per sempre.

Avrei potuto essere un eroe e rendere il mio popolo fiero di me.Sapevo quale tipo di eroe stavano cercando: un guerriero che con-sacrasse la sua vita e la sua famiglia alla patria. Quand’anche fossirimasto ucciso, la mia storia sarebbe stata raccontata alle genera-zioni future, e avrei meritato la gloria eterna; ma, in realtà, non sa-rei stato un vero eroe.

Invece, sono diventato un traditore agli occhi della mia gente.In passato ero fonte di orgoglio, ora lo sono solo di vergogna. Untempo ero un principe, ora sono uno straniero in un paese lontano,il quale lotta contro altri nemici: la solitudine e le tenebre.

So che mi consideri un traditore; eppure, ti prego di capire chenon sei tu che ho scelto di tradire, ma l’idea di ciò che significa, perte, essere un eroe.

Le nazioni del Medio Oriente – ebrei e arabi, senza distinzione –potranno vivere in pace solo quando inizieranno a capire qualcosadi ciò che io ho capito. E se Cristo è stato condannato per aver sal-vato il mondo dal castigo dell’inferno, non mi rammarico di esserea mia volta condannato.

Non so che cosa ci riserverà il futuro, ma so che non ho paura.E voglio spiegare quale è la ragione che mi ha aiutato a sopravvive-re finora: tutta l’infamia e la vergogna che ho sopportato in questi

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anni non sono state che un piccolo prezzo da pagare, se sono servi-te a salvare anche una sola vita innocente.

Quante persone potranno apprezzare le mie scelte? Non molte.Ma non importa. Ho creduto in ciò che ho fatto e ci credo ancora.Questo è il carburante che mi serve per proseguire il mio viaggio.Ogni goccia di sangue innocente che è stata risparmiata mi dà lasperanza e la forza di arrivare fino all’ultimo giorno.

Io ho pagato, tu hai pagato, eppure i conti tra guerra e pace nonsono ancora sanati. Che Dio ci accompagni e ci dia la forza per sop-portare questo pesante fardello.

Con amore,tuo figlio

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SOMMARIO

Cartina di Israele e dei territori occupati . . . . . . . . . . 9Nota dell’Autore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

CAPITOLO 1: Catturato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15CAPITOLO 2: La scala della fede . . . . . . . . . . . . . . . 18CAPITOLO 3: I Fratelli Musulmani . . . . . . . . . . . . . . 26CAPITOLO 4: I lanciatori di pietre . . . . . . . . . . . . . . 33CAPITOLO 5: Sopravvivere . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41CAPITOLO 6: Il ritorno dell’eroe . . . . . . . . . . . . . . . 48CAPITOLO 7: Gli estremisti . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53CAPITOLO 8: Soffiare sul fuoco . . . . . . . . . . . . . . . . 57CAPITOLO 9: Fucili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68CAPITOLO 10: Il mattatoio . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74CAPITOLO 11: La proposta . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82CAPITOLO 12: Numero 823 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92CAPITOLO 13: Mai fidarsi di nessuno . . . . . . . . . . . . 100CAPITOLO 14: La rivolta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108CAPITOLO 15: Sulla via di Damasco . . . . . . . . . . . . . 116CAPITOLO 16: La Seconda Intifada . . . . . . . . . . . . . . 128CAPITOLO 17: Sotto copertura . . . . . . . . . . . . . . . . 138CAPITOLO 18: Ricercati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149CAPITOLO 19: Scarpe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 157CAPITOLO 20: Scelte difficili . . . . . . . . . . . . . . . . . 166CAPITOLO 21: Il gioco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173CAPITOLO 22: Lo scudo difensivo . . . . . . . . . . . . . . 183

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CAPITOLO 23: Protezione soprannaturale . . . . . . . . . . 191CAPITOLO 24: Custodia protettiva . . . . . . . . . . . . . . 198CAPITOLO 25: Saleh . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 208CAPITOLO 26: Un futuro per Hamas . . . . . . . . . . . . . 219CAPITOLO 27: Arrivederci . . . . . . . . . . . . . . . . . . 227CAPITOLO 28: Il figliol prodigo . . . . . . . . . . . . . . . . 237

Epilogo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 240Postfazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 254I protagonisti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258Glossario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 262Cronologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 266Note . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 268

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NOTA DELL’AUTORE

Il tempo procede in modo lineare: non è che un filo che misura ladistanza tra la nascita e la morte.I fatti della vita, invece, assomigliano più a un tappeto persiano:

sono come migliaia di fili dai colori vivaci intrecciati a formare fi-gure geometriche e immagini. Tentare di organizzare gli eventi inun semplice ordine cronologico è come sciogliere i fili per allinear-li paralleli. Sarebbe più semplice, ma il disegno andrebbe perduto.

Gli avvenimenti narrati in questo libro sono i miei ricordi più ni-tidi, districati da quel groviglio che è stata la mia vita nei territori oc-cupati da Israele e tessuti insieme, così come si presentavano, in mo-do consecutivo o simultaneo.

Per fornirvi dei punti di riferimento e per spiegare i termini ara-bi, ho inserito nelle ultime pagine una sintetica tabella cronologica,un glossario e un elenco dei “personaggi”.

Per ragioni di prudenza ho intenzionalmente omesso molti det-tagli relativi a operazioni riservate condotte dallo Shin Bet, il servi-zio di sicurezza israeliano, e posso confermare che le informazionirivelate in questo libro non compromettono in alcun modo l’attua-le guerra globale contro il terrorismo, in cui Israele esercita un ruo-lo primario.

Infine, Figlio di Hamas – come il Medio Oriente – è una storiain continua evoluzione. Per questo vi invito a mantenere i contatti,visitando il mio blog all’indirizzo http://www.sonofhamas.com, incui troverete i miei commenti sugli avvenimenti più recenti. Sareteaggiornati anche su ciò che Dio deciderà di fare della mia famiglia,del mio libro e di me.

MHY

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PREFAZIONE

La pace in Medio Oriente è come il Santo Graal per diplomati-ci, primi ministri e presidenti, da oltre cinquant’anni. Ogni nuo-

vo personaggio che si affaccia alla ribalta del mondo politico crededi essere l’uomo giusto, che sarà proprio lui quello che riuscirà a ri-solvere il conflitto arabo-israeliano. Ma poi tutti falliscono misera-mente e totalmente, ognuno come i suoi predecessori.

Sono pochi gli occidentali che possono arrivare a capire le com-plesse dinamiche che muovono il Medio Oriente e il suo popolo.Io ho una visione particolare di questa realtà, perché godo di unaprospettiva unica: sono figlio di quella regione e di quel conflitto.Sono anche un figlio dell’Islam e di un uomo accusato di terrori-smo. E sono, altresì, un seguace di Gesù Cristo.

Prima di compiere i ventuno anni, ho visto cose che nessuno do-vrebbe mai vedere: la miseria più aberrante, gli abusi di potere, letorture, gli omicidi. Ho partecipato con i massimi leader medio-rientali a trattative internazionali segrete, inseguite dai principaliquotidiani del mondo. Ho ricoperto ruoli di alto livello in Hamas eho preso parte all’Intifada. Sono stato prigioniero negli abissi dellepiù temute carceri israeliane. E, come vedrete, le mie scelte mi han-no reso un traditore agli occhi delle persone che più amo.

Il mio improbabile viaggio mi ha portato in luoghi oscuri e mi hadato accesso a incredibili segreti.

Nelle pagine di questo libro rivelo finalmente quei segreti chesono rimasti fin troppo a lungo nascosti. Racconto fatti e circostanzefinora a conoscenza di pochissime persone, così poche che si pos-sono contare sulle dita di una mano.

La diffusione di queste verità provocherà notevoli ripercussioniin alcune zone mediorientali, ma mi auguro che porti anche conso-lazione e pacificazione alle famiglie delle numerose vittime di que-sto interminabile conflitto.

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Oggi vivo negli Stati Uniti e ho notato che gli americani pongo-no moltissime domande riguardo al Medio Oriente, ma pochissimicapiscono le risposte perché, generalmente, sono disinformati. Micapitano domande come queste:

«Perché in Medio Oriente i popoli non riescono ad andare d’ac-cordo?».

«Chi ha ragione? Gli israeliani o i palestinesi?».«A chi appartiene veramente il paese? Perché i palestinesi non se

ne vanno in altri territori arabi?».«Perché Israele non restituisce i territori e le proprietà che ha

conquistato nel 1967 con la Guerra dei sei giorni?».«Perché sono così numerosi i palestinesi che vivono ancora nei

campi profughi? Perché non hanno una loro nazione?».«Perché i palestinesi odiano tanto Israele?».«In che modo Israele può proteggersi dagli attacchi suicidi e dal-

le numerose offensive missilistiche?».

Sono tutte ottime domande, ma nessuna compenetra il vero pro-blema, il nocciolo della questione. Il conflitto attuale affonda le sueradici lontano nel tempo, nell’animosità tra Sara e Agar, descritta nelprimo libro della Bibbia. Per capire la situazione politica e cultura-le, tuttavia, basta riferirsi al periodo immediatamente successivo al-la Prima guerra mondiale.

Quando la guerra finì, i territori che erano da secoli «focolarenazionale» del popolo palestinese caddero sotto il Mandato bri-tannico. E il governo del Regno Unito aveva una nozione quanto-meno approssimativa di quell’area, come si evince dalla Dichiara-zione di Balfour del 1917: «Il governo di Sua Maestà vede con fa-vore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il po-polo ebraico».

Centinaia di migliaia di immigrati ebrei, provenienti in granparte dall’Europa dell’Est, si riversarono sui territori palestinesi. Neconseguirono inevitabili conflitti tra arabi ed ebrei.

Israele divenne uno Stato nel 1948. I territori palestinesi resta-

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rono, invece, così com’erano, dei territori senza sovranità. Dove nonesiste una costituzione che mantenga una parvenza di ordine, la re-ligione diventa la massima autorità. E quando ciascuno è libero diinterpretare e applicare la legge secondo il proprio giudizio, la con-seguenza è una situazione di caos incontrollato. Agli occhi del mon-do, il conflitto mediorientale non è che un braccio di ferro per unapiccola striscia di terra. Ma il vero problema è che nessuno ha ca-pito qual è il problema. Di conseguenza, innumerevoli negoziatori,da Camp David a Oslo, continuano fiduciosamente a ingessarebraccia e gambe a un paziente cardiopatico.

Vorrei chiarire che non ho scritto questo libro perché mi sentopiù intelligente o più saggio dei grandi pensatori del nostro tempo.Anzi, sicuramente non lo sono. Ma credo che Dio mi abbia dato unpunto di osservazione davvero unico, spostandomi in diverse zonedi un conflitto apparentemente insanabile. La mia vita è stata fattaa pezzi come quella piccola, incredibile, lingua di terra sul Medi-terraneo, conosciuta come Israele da alcuni, Palestina da altri, e Ter-ritori occupati da altri ancora.

Il mio scopo nello scrivere questo libro è stato quello di darvi unresoconto veritiero di alcuni eventi fondamentali, di svelarvi dei se-greti e, nella migliore delle ipotesi, di offrirvi la speranza di vedererealizzato l’impossibile.

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Capitolo 1CCAATTTTUURRAATTOO

1996

Al volante della mia piccola Subaru bianca, superai una bruttacurva di una delle anguste stradine che portano alla via princi-

pale, fuori della città di Ramallah, in Cisgiordania. Premendo leg-germente il freno, mi avvicinai lentamente a uno dei numerosi po-sti di blocco distribuiti lungo le strade da e per Gerusalemme.

«Spegni il motore! Ferma la macchina!», gridò qualcuno in unarabo stentato.

Inaspettatamente, sei soldati israeliani saltarono fuori dai ce-spugli e circondarono la mia automobile, brandendo ciascuno unmitra e mirando direttamente alla mia testa.

Mi sentii soffocare da un improvviso attacco di panico. Fermaila macchina e gettai le chiavi dal finestrino aperto.

«Fuori! Fuori!».Senza perdere tempo, uno degli uomini spalancò la portiera e

mi scaraventò sul terreno polveroso. Cercai di proteggermi la fac-cia, ma gli stivali dei soldati trovarono subito altri bersagli: costole,reni, schiena, collo, nuca.

Due uomini mi trascinarono fino alla postazione, dove fui ob-bligato a inginocchiarmi di fronte a una barricata in cemento. Mi le-garono le mani dietro la schiena con una stringa di plastica molto,troppo stretta. Qualcuno mi bendò gli occhi e mi catapultò in unajeep facendomi sdraiare sul pianale inferiore. Avvertivo una sensa-zione di paura mista a rabbia. Non sapevo dove mi stavano portan-do e quando mi avrebbero liberato. Avevo appena diciotto anni, emancavano poche settimane agli esami di maturità. Che cosa mi sta-va succedendo?

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Dopo un breve tragitto, la jeep si fermò. Un soldato mi tirò fuo-ri e mi tolse la benda dagli occhi. Rimasi abbagliato dalla luce del so-le. Realizzai che eravamo a Ofer, alla base della difesa israeliana.Ofer era uno dei più grandi e sicuri insediamenti militari in Cis -giordania.

Mentre ci dirigevamo verso l’edificio principale, passammo ac-canto a diversi carri armati coperti con teli cerati. Quei voluminosimostri mi avevano sempre incuriosito, ogni volta che li avevo vistidall’esterno, fuori dai cancelli. Assomigliavano a rocce dalle di-mensioni enormi.

Una volta entrati nell’edificio, fummo accolti da un medico chemi diede una rapida occhiata, apparentemente per assicurarsi chefossi in grado di sopportare un interrogatorio. Evidentemente su-perai l’esame, perché pochi minuti dopo mi rimisero la benda sugliocchi, i lacci ai polsi e mi ritrovai di nuovo sdraiato sul pianale del-la jeep.

Mentre mi contorcevo per cercare di adattarmi a quello spazioangusto, generalmente destinato ai piedi dei passeggeri, un soldatodalla corporatura massiccia mi spinse uno stivale sul fianco e mi af-fondò nel torace la bocca del suo fucile d’assalto M16. Il gas di sca-rico che saturava il pianale del veicolo mi si bloccava in gola. Ognivolta che cercavo di migliorare la mia scomoda posizione, il solda-to mi spingeva più a fondo nel petto la canna del fucile.

Improvvisamente, avvertii un dolore lancinante, per tutto il cor-po, dalla fronte agli alluci. Era come se mi fosse esploso un razzo nelcranio. Era arrivato dal sedile anteriore: uno dei soldati doveva averusato il calcio del fucile per assestarmi un sonoro colpo alla testa.Prima che avessi il tempo di ripararmi, mi colpì di nuovo, questavolta più forte e in un occhio. Cercai di acquattarmi, ma il soldatoche mi aveva usato come poggiapiedi mi sollevò.

«Non muoverti o ti sparo!», urlò.Ma non potevo farne a meno. Ogni volta che il suo compagno mi

colpiva, istintivamente tendevo a ritrarmi.Sotto la benda, il mio occhio cominciava a gonfiarsi e a chiuder-

si, e sentivo il volto come intorpidito. Non mi circolava più il san-

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gue nelle gambe e respiravo a stento, affannosamente. Non ero maistato così male. Ma la cosa peggiore era l’orrore di essere alla mer-cé di qualcosa di primitivo, di qualcuno spietato e disumano. Lamente vacillava e non arrivavo a capire che cosa volessero i mieiaguzzini. Potevo accettare che si combatte e si uccide per odio, ran-core, vendetta o anche per necessità. Ma io non avevo fatto nientea quei soldati. Non avevo opposto resistenza. Ero legato, bendato,inerme. Quale risentimento interiore nutrivano per provare tantopiacere nel farmi del male? Anche l’ultimo degli animali uccide peruna ragione, non per divertimento.

Pensai a mia madre, a quello che avrebbe provato una volta sa-puto che ero stato arrestato. Con mio padre già detenuto in un car-cere israeliano, ero io l’uomo di casa. Mi avrebbero tenuto in pri-gione per mesi o anni come stavano facendo con lui? E come se lasarebbe cavata mia madre senza di me? Cominciai a capire comepoteva sentirsi mio padre, preoccupato per la sua famiglia e addo-lorato al pensiero che eravamo tutti in pena per lui. Mi venne dapiangere immaginando il volto di mia madre.

Mi chiesi se i miei anni di studio alla scuola superiore sarebberoandati in fumo. Se mi avessero portato veramente in un carcereisraeliano, non sarei riuscito a presentarmi agli esami il mese suc-cessivo. Una tempesta di pensieri e di domande infuriava nella miamente mentre i colpi continuavano a raggiungermi: Perché mi statefacendo questo? Che cosa ho fatto? Non sono un terrorista! Sono so-lo un ragazzo. Perché mi state picchiando in questo modo?

Sono sicuro di essere svenuto più di una volta; ma, non appenarinvenivo, i soldati erano ancora lì a picchiarmi. Non potevo schi-vare i colpi. Riuscivo solo a gridare. A un certo punto sentii la bilesalire in gola e mi vomitai addosso.

Provai un senso di tristezza prima di perdere conoscenza. Era lafine? Stavo per perdere la vita ancor prima di viverla?

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