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COLLANA «PENSIERI FELICI CHE FANNO VOLARE»VOLUMI PUBBLICATI

1. Philip Toshio Sudo, Computer zen 2. Philip Toshio Sudo, Chitarra zen 3. Ronna Kabatznick, Pane e zen 4. Geri Larkin, Lavoro zen 5. Philip Toshio Sudo, Sesso zen 6. Giulietta Bandiera, Dall’arte della guerra all’arte dell’amore 7. Laura Rangoni, Vivere Wicca 8. Roberto La Paglia, Incantesimi di luce. La magia delle candele 9. Paolo G. Bianchi, Ora et labora 10. Daniela Nipoti – Laura Rangoni, Le armi della seduzione 11. Elisabetta Muraca, Nell’abbraccio del tango 12. Liliana Paola Pacifico, La comunicazione non verbale 13. Daniela Nipoti, Le armi della comunicazione 14. Gigi Capriolo, La casa del single 15. Liliana Paola Pacifico, Corpo Emozioni Comunicazione 16. Anna Colombo – Luca Colombo, Manuale del consumatore consapevole 17. Satvat Sergio della Puppa, Manuale di scrittura creativa 18. Massimo Centini, Criminal profiling 19. Domenico Di Lauro, Parole d’amore 20. Davide Giansoldati, Ho Ho Ha Ha Ha

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DAVIDE GIANSOLDATI

Ho HoHa Ha Ha

Vivere meglio conlo Yoga della Risata

X E N I AE D I Z I O N I

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Trova il Tempo

Trova il tempo di riflettere,è la fonte della forza.Trova il tempo di giocare,è il segreto della giovinezza.Trova il tempo di leggere,è la base del sapere.Trova il tempo d’essere gentile,è la strada della felicità.Trova il tempo di sognare,è il sentiero che porta alle stelle.Trova il tempo di amare,è la vera gioia di vivere.Trova il tempo d’essere contento,è la musica dell’anima.(Antica ballata irlandese)

Per contattare l’Autore: [email protected]

Illustrazioni di Gabriella Pezzani

Grafica di copertina: Tamara Broglio

Proprietà letteraria riservata 2012Xenia Edizioni e Servizi S.r.l.Via Guido da Arezzo, 15 – 20145 Milanowww.xenia.it

Stampato in luglio 2012 per Xenia Edizioni e Servizi S.r.l.da Arti Grafiche Battaia, Zibido San Giacomo (MI)

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P r e f a z i o n edi Laura Toffolo

«Si scrive dopo, si mette prima e non si legge quasi mai». Questo è quello che si dice delle prefazioni. Da incorreggibile ottimista spero proprio che queste poche righe, che ho avuto l’occasione di scrivere come un regalo da parte di Davide, siano lette e accolte come i consigli di una vera amica.

Infatti, dopo aver letto questo gradevole libro, posso consigliarlo con entusiasmo, soprattutto per la chiarezza e l’originalità con cui descrive lo Yoga della Risata, un metodo unico e rivoluzionario per «ridere senza motivo», sviluppato da un medico di Mumbai (India): il dottor Madan Kataria.

Così come lo Yoga della Risata fluisce quando si pratica, la lettura del testo scorre briosa, proprio come un gioco fra bambini.

È nel contempo un libro preciso, puntuale e mai tedioso, nonostante le molte citazioni e le descrizioni dettagliate delle tecniche.

Molto si è scritto sullo Yoga della Risata e molto si continuerà a scrive-re, prevedendo uno sviluppo esponenziale dei suoi cultori e dei gruppi in cui si pratica nel mondo: i Club della Risata.

Davide tratta gli argomenti principali, ampliandoli e dando una sua ori-ginale definizione.

Cos’è lo Yoga della Risata: «è l’unione di stretching, esercizi di risate e respirazione».

Cosa fa: «riattiva le energie del corpo che aspettano solo di essere ri-messe in movimento, porta positività nelle nostre vite, dà sicurezza e aiuta a superare inibizioni e convinzioni limitanti, apre alle relazioni e stimola la creatività individuale».

E, a proposito di questa ultima descrizione, Davide si sofferma sul potere terapeutico del ridere e sulla sua capacità di sdrammatizzare tutte le situazioni e dice: «Ridere diventa quindi il nostro scudo protettivo, la nostra protezione, il mantello impermeabile su cui scivolano via le mille manifestazioni della negatività…».

Ho trovato particolarmente efficace la definizione del «mantello», avendolo sperimentato a pieno in quest’ultimo periodo della mia vita. Ho

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scritto parte di questa prefazione fra un ospedale e l’altro, dove da mesi sono ricoverate mia madre e mia zia, e se non avessi avuto indosso il mio mantello di risate, anzi di Yoga della Risata, la tempesta delle negatività mi avrebbe travolto!

La vita è un’esperienza creativa, e ogni azione quotidiana ci richiede uno sforzo creativo.

Ridendo tutto risulta più facile, le soluzioni più a portata di mano. E ha davvero ragione Davide quando evidenzia l’attivazione di creatività prati-cando lo Yoga della Risata.

Come lui stesso cita nel libro, raccontando la sua testimonianza nel ca-pitolo omonimo, è stata proprio un’esperienza CREAtiva a farci conoscere e a far fiorire un’amicizia e una collaborazione che, sono sicura, crescerà e si arricchirà nel tempo. Soprattutto per gli interessi comuni (lo Yoga e il ridere) e per la profonda stima e rispetto reciproci.

La stessa considerazione che mi fa ricambiare i ringraziamenti che più volte nel testo mi rivolge Davide, per averlo «iniziato» allo Yoga della Risata, un riconoscimento sincero e profondo a uno degli oltre duecen-tocinquanta leader che ho formato in Italia. Un «allievo modello» che sta dando grande impulso alla diffusione, in Italia e nel mondo, dello Yoga della Risata, anche con questo bel libro.

E l’ultimo sentito ringraziamento va al nostro guru di risate, il dottor Madan Kataria, che ci invita costantemente a essere semplici e gioiosi come i bambini, lasciandoci fluire alla vita.

A lui dedico quest’ultima frase di Antoine De Saint-Exupéry tratta da Il Piccolo Principe: «Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano».

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1 . P r e s e n t a z i o n e

Quando tu ridi, cambi.Quando tu cambi, il mondo intorno a te cambia.

Madan Kataria

R I D E R E

È una calda giornata di sole, senza vento: il cielo è blu, limpido. Una giornata ideale per andare al parco e rilassarsi. I bambini giocano e ridono, accade ogni volta che li vediamo al parco: che siano soli o in compagnia, giocano e ridono. È un evento talmente normale e consueto che non ci prestiamo troppa attenzione.

Vi siete mai fermati a contare quante volte ridono in un giorno i bam-bini? Fino a quattrocento volte. Si divertono giocando con gli amici, con quelli immaginari, da soli, e ridono, ridono sempre. Ridono cercando di mangiarsi l’alluce; ti guardano e ridono. E noi gli restituiamo il sorriso, accade sempre. A volte succede qualcosa di più, ridiamo anche noi. Ci di-mentichiamo di tutto e di tutti e li fissiamo incantati, e poi ridiamo con loro.

Ridere è contagioso. È irresistibile. Irresistibilmente liberatorio.

Serata pizza & film. Stanchi per una settimana di stress, condita con imprevisti, vogliamo distrarci con un film comico. La scelta cade su Cado dalle Nubi di Checco Zalone. Un film in cui è impossibile restare seri per più di dieci minuti di fila. Le battute serrate del film ci fanno piegare in due dalle risate. Grazie al film ci sentiamo meglio, più rilassati, con la mente svuotata da ogni preoccupazione. Fantastico.

Uscita con gli amici. Se è la serata giusta, le battute e le risate non man-cano: personaggi politici, eventi, situazioni, diventano tutti pretesti per ridere insieme. Situazioni buffe, gaffe o strafalcioni sono gli ingredienti per un cocktail di buon umore con cui sbronzarsi fino a notte tarda, senza i postumi da sbornia: al massimo la mattina dopo avrete gli addominali indolenziti.

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“Men’s Health”, in un recente articolo intitolato The Top 20 Traits Wo-men Want in a Man1, presenta i risultati di una ricerca condotta negli Stati Uniti da Opinion Research Corporation e da BestLifeOnline.com su un campione di mille donne. Al primo posto con ben il 77% delle preferenze c’è la capacità di ridere, qualità fondamentale per sopravvivere ai continui stress quotidiani. Saper divertire e far ridere significa essere in grado di non abbattersi di fronte alle difficoltà della vita.

I bambini ridono. Noi adulti anche. Qual è la differenza? I bambini non hanno bisogno di alcun motivo per ridere: ridono e basta. E se provate a chiedergli perché ridono, sapete come vi rispondono? Con una bellissima risata.

I bambini ridono continuamente, arrivano appunto a ridere fino a quat-trocento volte al giorno. Gli adulti ridono meno di venti volte al giorno e questo dato è in calo: nel secondo dopoguerra gli adulti ridevano infatti fino a sessanta volte al giorno.

George Bernard Shaw, il famoso scrittore autore di Pigmalione, ha det-to: «Noi non smettiamo di giocare perché diventiamo grandi; noi diventia-mo grandi perché smettiamo di giocare».

Come possiamo riconquistare il dono della risata? Come possiamo au-mentare il numero di risate al giorno?

La chiave di svolta2 è proprio questa: ridere senza motivo. Ridere senza motivo è possibile ed è alla portata di tutti.

Per capire il cuore di questa tecnica, dobbiamo fare un passo indietro di qualche anno.

1 I 20 tratti principali che le donne cercano in un uomo:http://bit.ly/menshealthlaugh. 2 Godyn, S., La chiave di svolta, Sperling & Kupfer, Milano, 2010.

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L A S T O R I A D E L L O Y O G A D E L L A R I S A T A

Ci sono date destinate a lasciare un segno nella storia: il 12 ottobre 1492 Cristoforo Colombo scoprì l’America, il 20 luglio 1969 Neil Armstrong raggiunse la luna.

Ci sono date destinate a lasciare un segno ancora più profondo nella vita di tutti noi: per esempio, la nascita di un fratello o di una sorella, la data della laurea o del primo colloquio di lavoro, il giorno del primo bacio o quello del magico: «Sì, lo voglio».

Ci sono date destinate a segnare un cambiamento, ma non lo sanno ancora.

Il 13 marzo 1995 era iniziato come un giorno come un altro, per tutti, quasi tutti. Alle sette di mattina, Madan Kataria, un medico indiano, uscì di casa, diretto verso il parco più vicino nella sua città, Mumbai. Qualche giorno prima aveva scritto per una rivista di medicina un articolo dal tito-lo: Ridere, la migliore medicina e, spinto da un’intuizione folgorante, ave-va deciso di passare dalla teoria alla pratica. Il parco lo accolse a braccia aperte, le persone no. Non fu facile convincere la gente a unirsi a lui per creare un «Club della Risata». Alla fine persuase quattro persone e risero insieme tra gli sguardi attoniti e stupiti di tanti altri. Si diedero appunta-mento il giorno dopo e quello dopo ancora. E ancora. Nel giro di pochi giorni erano una cinquantina di persone. Ridevano tra loro raccontando a turno una barzelletta, una storia buffa o divertente e ridevano, ridevano, ridevano. Ognuno di loro sentiva i benefici di quelle risate per tutto il gior-no. Tutto sembrava andare per il meglio.

Dopo due settimane ci fu una battuta d’arresto: barzellette e storie buffe e divertenti non facevano più ridere, erano già note e straconosciute, ave-vano perso di efficacia. Alcuni allora iniziarono a raccontare barzellette a sfondo sessuale, altri a prendere in giro le persone del gruppo: era il loro modo per continuare a ridere. Altri non gradirono il nuovo approccio e si sentirono offesi e irritati da quel comportamento e dissero che non si poteva andare avanti così: sarebbe stato meglio finirla lì e chiudere il Club della Risata. Madan Kataria chiese a tutti di dargli un’ultima possibilità: «Datemi un giorno, un giorno soltanto. Domani ci ritroveremo e sono si-curo che avrò trovato una soluzione». Il medico trascorse tutta la giornata su libri, dati e ricerche cercando qualcosa che lo potesse aiutare. Era notte

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fonda quando trovò la soluzione: «Il nostro corpo non distingue tra una risata autentica e una finta».

La mattina dopo si presentò alla solita ora e raccontò la soluzione che aveva trovato: «Dobbiamo solo far finta di ridere». Molti erano scettici, altri pensavano che non avrebbe mai funzionato. Provarono per un minuto, un solo minuto e fu sufficiente: iniziarono a provare le stesse sensazioni positive dei giorni precedenti. Ben presto questa risata finta si trasformò in autentica: non riuscivano più a smettere di ridere e andarono avanti per più di dieci minuti. Quell’idea rivoluzionaria segnò la nascita dello Yoga della Risata. Osservando i partecipanti, Madan Kataria si rese conto che era riuscito a risvegliare in loro la giocosità dei bambini. Quella giocosità permetteva loro di esprimersi liberamente, di lasciarsi andare e divertirsi.

Nelle settimane successive si dedicò a trovare nuovi modi per stimo-lare la risata, continuando a incontrare ogni mattina gli altri partecipanti del club per ridere insieme. Erano diventati un centinaio. Un centinaio di persone che ridevano insieme in un parco, senza motivo. La scelta di praticare proprio nel parco fu determinante: chi fa movimento la mattina e corre o passeggia all’aria aperta, ha già deciso di dedicare le prime azioni della giornata a se stesso e al proprio benessere; lo Yoga della Risata fornì a queste persone un modo diverso, efficace e allo stesso tempo divertente per prendersi cura della propria salute.

Il dottor Madan Kataria e sua moglie Madhuri (cofondatrice dello Yoga della Risata) erano entrambi praticanti di Yoga da molti anni e, discutendo insieme dello Yoga della Risata, notarono diverse analogie tra le risate e le tecniche di respirazione pranayama dello Yoga. Decisero quindi di integrare questi aspetti attraverso alcuni esercizi di respirazione profonda.

Cos’è quindi lo Yoga della Risata? È un insieme di tecniche di respira-zione, stretching, movimento ed esercizi per stimolare le risate e coltivare la giocosità.

Erano partiti in cinque: ora ci sono milioni di persone nel mondo che praticano lo Yoga della Risata.

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L A P R I M A G I O R N A T A M O N D I A L E D E L L A R I S A T A

L’ippodromo di Mahalaxmi a Mumbai era gremito di gente: c’erano più di dodicimila persone, arrivavano sia dall’India che da altre nazioni vicine. Non si erano ritrovati per giocare ai cavalli. Anzi di cavalli quel giorno, 11 gennaio 1998, non ce ne erano proprio.

Quelle persone si erano riunite per dare vita alla prima Giornata Mon-diale della Risata3: ridere insieme, condividere gioia e portare un messag-gio di pace nel mondo. Ve le immaginate dodicimila persone che ridono insieme? L’energia era palpabile, loro forse non se ne rendevano conto, ma era in atto un cambiamento.

Jan Thygesen Pulsen, venuto a conoscenza dell’evento in India, decise di organizzarne uno in Europa. Il 9 gennaio del 2000, nella Town Hall Square a Copenhagen, in Danimarca, riuscì a riunire insieme più di dieci-mila persone: l’evento entrò a far parte del Guinness dei Primati. Lo Yoga della Risata aveva ormai preso piede.

C O S ’ È L O Y O G A D E L L A R I S A T A ?

Lo Yoga della Risata (Hasya Yoga) è un metodo unico per ridere senza motivo, proprio come fanno i bambini. È un’attività di gruppo: si svolge in cerchio o semicerchio e giocano un ruolo fondamentale il contatto visivo tra le persone e la libera espressione della propria giocosità. Si chiama Yoga della Risata perché combina esercizi di risate con alcune tecniche di respirazione pranayama dello Yoga.

Respirare è fondamentale: se respiriamo meglio, siamo in grado di por-tare più ossigeno in tutte le cellule del nostro corpo e nel nostro cervello, ci sentiamo in forma e più carichi di energie. «Quando le cellule acquisi-scono abbastanza ossigeno, il cancro non può attecchire»: è questa la tesi cui giunse il dottor Otto Warburg, premio Nobel e presidente dell’Istituto di Fisiologia Cellulare. Che cosa accade invece quando siamo sotto stress o nella morsa di emozioni negative? Il nostro respiro diventa irregola-

3 Per maggiori informazioni: www.yogadellarisata.it e www.worldlaughterday.org.

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re, rapido e ridotto, le nostre difese immunitarie si abbassano, il nostro corpo si irrigidisce e rimane imprigionato in uno stato d’ansia continuo. Quando ridiamo, sia in maniera spontanea che indotta, respiriamo meglio, portando molto più ossigeno ai polmoni; una risata prolungata fa lavorare il diaframma e i muscoli addominali, creando una ginnastica naturale che attiva fegato e intestino. L’importante è ridere: che sia una risata naturale o provocata, non importa.

La nostra mente non è in grado di riconoscere se la risata sia spontanea o indotta e, in entrambi i casi, produce endorfine, i nostri «oppioidi natu-rali» che ci fanno subito stare meglio. Due psicologi dell’Università della California, Berkeley, Paul Ekman4 e Robert Levenson5, in una loro ricerca hanno dimostrato che le espressioni del viso non sono solo una reazione a un stato emotivo, ma sono in grado di indurre nelle persone quello stesso stato. Quindi, se noi sorridiamo, ridiamo e ci comportiamo da persone felici, attiviamo nel nostro corpo l’emozione della felicità e della gioia e il nostro cervello produce endorfine, sostanze che ci fanno star subito me-glio. La loro scoperta si può riassumere in un’unica frase: «semplicemente indossa una faccia felice»6.

Perché lo Yoga della Risata ha questo nome? Anche se lo Yoga della Risata nasce nel 1995, abbraccia la stessa filosofia alla base dello Yoga tradizionale. Yoga, dal sanscrito «yuj», significa «unire», «integrare», «ar-monizzare»: lo Yoga della Risata crea unione attraverso la risata, favo-rendo l’integrazione tra le persone, coinvolgendole, creando legami quasi familiari. Lo Yoga della Risata apre il cuore: siamo pronti a donare e ac-cogliere, senza giudizio.

4 Paul Ekman è considerato uno dei cento psicologi più importanti del ventesi-mo secolo e, secondo il “Time Magazine”, una tra le cento persone più influenti del 2009, pioniere negli studi per il riconoscimento delle emozioni e delle espressioni facciali. La serie televisiva “Lie to Me” si basa sulla vita e le esperienze di Paul Ekman.

5 Robert Levenson, professore universitario e direttore del Berkeley Psycho-physiology Laboratory: gran parte del suo lavoro si concentra sulla natura delle emozioni umane e il ruolo che giocano nelle interazioni interpersonali.

6 Dall’originale inglese: «just put on a happy face»; le fonti di questa frase sono così tante che è stato impossibile risalire all’originale.

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L A R I S A T A

In tempi difficili, di crisi e dolore, noi esseri umani troviamo rifugio nelle commedie, negli spettacoli comici e divertenti: cerchiamo qualcosa che ci faccia divertire, che ci tiri su di morale, che doni attimi di serenità e felici-tà. Ridere ci fa star meglio. Lo mostra Robin Williams, indossando i panni del dottor Hunter (Patch) Adams, nel film di questo medico/clown. Lo racconta Norman Cousins nel suo libro Anatomy of an illness as perceived by the patient7 dove proprio la terapia del riso gli ha permesso di contra-stare la propria malattia al cuore. Ne parla anche il dottor Dale Anderson che, dopo aver praticato la professione del medico per oltre quarant’anni, ha creato il progetto Act Happy (http://www.acthappy.com): «Prescribing happiness is a good medicine» (prescrivere la felicità è una buona medi-cina). Ridere è uno dei pilastri portanti della commedia e della comicità all’italiana. Banfi, Boldi, De Sica, Pieraccioni, Bisio, sanno farci ridere, intrattenerci, distrarre la mente e divertirci. Tutti loro hanno però bisogno di un fattore scatenante per farci ridere: una gag, una battuta, prendere in giro un politico o fare uno scherzo a qualcuno. Tutti loro usano la comicità.

Si può ridere senza comicità? Si può ridere anche se non si ha senso dell’umorismo? La risposta è «sì» ed è una delle chiavi dello Yoga della Risata. C’è uno stretto legame tra mente e corpo. Prendiamo, per esempio, una persona rigida nelle proprie convinzioni e credenze, che riconosce un solo modo per fare le cose, il proprio. Ritroveremo la stessa rigidità anche nel suo corpo: gomiti e ginocchia che fanno più fatica a piegarsi, bacino bloccato. Se proviamo a pensare a una persona triste e depressa, vedrete che anche il suo corpo mostrerà gli stessi segni: movimenti rallen-tati, voce bassa, viso «grigio», testa reclinata verso il basso. Come sarà, invece, il corpo di una persona positiva, felice e attiva? Avrà un viso che ride a trecentosessanta gradi, anche con gli occhi, un corpo aperto, pronto ad abbracciare il mondo e con così tante energie da poter affrontare ogni situazione.

Sia se pensiamo di essere tristi e infelici, sia se invece pensiamo di es-sere felici e positivi, il nostro corpo mostrerà analoghi sentimenti. C’è un

7 Cousins, N., La volontà di guarire: anatomia di una malattia, Armando Edi-tore, Roma, 1982.

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legame bidirezionale tra mente e corpo. Lo psicologo William James, nel 1884, aveva già scoperto questa correlazione: ogni nostro stato mentale si rispecchia «in una espressione o in un comportamento del corpo». Lo san-no benissimo gli attori che sono in grado di rappresentare qualsiasi stato d’animo, calandosi in quella specifica emozione con la mente e lasciando che il corpo la mostri a tutti. Sono gli stessi attori a soffrire anche dell’ef-fetto boomerang: se per lunghi periodi recitano in film thriller, drammatici o horror dove i loro personaggi sono sottoposti a continue tensioni e stati d’ansia, subiscono la stessa influenza nella loro vita privata e nel modo di vedere la vita al di fuori del palcoscenico. «Non fa male, non fa male», diceva l’allenatore al pugile Sylvester Stallone in Rocky e lui lo ripeteva: non erano parole dette a caso, servivano per trasformare la paura in co-raggio.

In maniera analoga c’è anche un legame bidirezionale tra noi e gli altri. Siete mai andati in un ospedale? C’è un costante alone di tristezza, dolore e infelicità. A volte c’è una concentrazione di energie negative così forte che ne restiamo contagiati anche noi. E siete mai stati a un concerto del vostro cantante preferito? La felicità delle persone diventa altrettanto con-tagiosa e coinvolgente.

Se coltiviamo ogni giorno la risata e nutriamo noi stessi, possiamo por-tare questo dono nel mondo. La risata è una luce che fende le nebbie del grigiume in cui a volte siamo costretti a muoverci e agire. La risata è un suono cristallino che crea armonia e scioglie le tensioni. La risata è un caldo abbraccio che avvolge, riscalda e protegge. Protegge, esatto.

Praticando con costanza lo Yoga della Risata, scoprirete che cambierà in meglio il modo con cui reagirete di fronte a imprevisti e situazioni dif-ficili. Praticare lo Yoga della Risata è rilassante e ci fa star meglio: quando siamo sotto stress, il nostro corpo accumula tensioni. Se la situazione di stress continua nel tempo, le tensioni diventano veri e propri irrigidimenti e contrazioni del corpo. Non solo, la tensione alza il livello di cortisolo nel sangue che a sua volta spinge i grassi a depositarsi sull’addome. Il «salva-gente di ciccia» che alcuni di noi hanno intorno all’ombelico potrebbe pro-prio essere una conseguenza dello stress. Per evitare questi effetti dannosi al nostro organismo, è sufficiente rilassare il corpo, stenderlo e lasciare i muscoli morbidi. Nelle sessioni di Yoga della Risata tutto questo accade spontaneamente e con naturalezza.

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Di questo parleremo più in dettaglio nei prossimi capitoli. Prima vale la pena soffermarsi su due parole: felicità e gioia.

L A F E L I C I T à

Andrea è felice: si è laureato con il massimo dei voti in una delle facol-tà di Economia e Commercio più prestigiose in Italia. Festeggia con gli amici fino a notte fonda, tra risate, battute e diversi boccali di birra. Si sveglia nel primo pomeriggio con la mente annebbiata, la vista sfocata e una strana sensazione dentro di sé: non si sente felice. Dà la colpa ai postumi della sbornia: entro un paio di giorni tornerà felice come la sera prima. Le settimane passano, ma la felicità non torna. È quasi mezzogior-no quando suona il cellulare: «Buongiorno Andrea, sono la segretaria del dottor Fink, della AZ Enterprise. L’ufficio risorse umane ha esaminato il suo curriculum e ritiene che possa essere una figura molto interessante per la nostra azienda. Potrebbe venire a fare un colloquio domani?». Andrea si sente nuovamente al settimo cielo: quell’occasione non capita a tutti. Fin da quando aveva iniziato gli studi universitari, aveva sognato un giorno di poter lavorare alla AZ Enterprise. Il giorno dopo, mentre si sistema il nodo alla cravatta, decide che quel posto sarebbe stato suo. E così è stato. Non è passato nemmeno un mese dall’assunzione quando Andrea prova nuova-mente quella sensazione di vuoto e insoddisfazione. Lavora almeno dieci ore al giorno, sei giorni su sette: sta facendo il lavoro che aveva sempre sognato, ma è infelice.

Perché è così difficile essere felici? La felicità è la conseguenza della realizzazione di un fattore esterno. «Mi sono laureato, sono felice». «Ho comprato la nuova casa, sono felice». «Ho cambiato auto, sono felice». «Ho il nuovo cellulare, sono felice». Essere felice significa reagire in modo positivo a un condizionamento esterno. Se una condizione X si ve-rifica, allora mi sento felice. Se non si verifica, sono infelice. Che cosa succede una volta che ho ottenuto questa felicità? Dipendendo da uno o più fattori esterni, non è sotto il nostro controllo, arriva e poi con il primo soffio di vento se ne va. La fame di nuova felicità abbaia al nostro stomaco e la ricerca continua. Il Santo Graal è più facile da trovare della felicità.

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C’è però un’altra emozione che possiamo nutrire e coltivare, ed è in grado di regalarci sensazioni positive profonde, avvolgenti, durature. La nostra ricerca continua.

L A G I O I A

Susanna Tamaro, nel suo libro Va’ dove ti porta il cuore, dice: «La felicità sta alla gioia come una lampada elettrica sta al sole. La felicità ha sempre un oggetto, si è felici di qualcosa, è un sentimento la cui esistenza dipen-de dall’esterno. La gioia invece non ha oggetto. Ti possiede senza alcuna ragione apparente, nel suo essere somiglia al sole, brucia grazie alla com-bustione del suo stesso cuore8».

La gioia è dentro di noi. È un’emozione che ci accompagna dalla na-scita. È così familiare per noi che a volte ce ne dimentichiamo. La gioia è come una pianta: se ci dimentichiamo di nutrirla, avvizzisce. Se invece la «bagniamo» ogni giorno, cresce rigogliosa. Qual è l’acqua della gioia? Per nutrirla abbiamo ben quattro possibilità: cantare, danzare, giocare o ridere. Più in generale, qualsiasi attività che ci porta in uno stato di gioia è perfetta. Io provo questa gioia ogni volta che scrivo un racconto o quando mi apro alla creatività e accetto ogni dono che arriva. C’è un legame tra risate e creatività? Sì, ne parleremo tra qualche pagina.

Perché è così importante la gioia? Quando proviamo questa emozione cambia il modo con cui osserviamo e viviamo il mondo.

Ne parla così la psicologa Silvia Tarsi9: «Gli effetti positivi sono dav-vero tanti: essere allegri e gioiosi ha degli effetti positivi sulle capacità di apprendimento, per cui ci si ricorda maggiormente il materiale studiato specialmente se si è allegri durante la fase di studio del materiale stesso. Si tende a valutare positivamente se stessi, infatti si considerano meno

8 Tamaro, S., Va’ dove ti porta il cuore, Bur Rizzoli, Milano, 2012, pag 57, versione ebook/pdf.

9 La dr.ssa Silvia Tarsi è laureata in Psicologia, indirizzo di Psicologia Clini-ca e di Comunità, all’Università degli Studi di Roma «La Sapienza». Sito web: www.silviatarsi.it - email: [email protected].

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gravi i propri difetti e le proprie difficoltà (alle quali si pensa anche molto meno), si valutano come successi i propri comportamenti passati, gli altri ci sembrano migliori su tutti gli aspetti, ci si sente pieni di energia e si è più disposti ad aiutare gli altri. Le persone di umore positivo riescono a vedere meglio sia le somiglianze che le differenze fra elementi raggiungendo una maggiore flessibilità intellettuale. Si allargano inoltre i propri interessi so-ciali e artistici, si considerano più rilevanti le questioni politiche generali, ci si sente più inclini ad accettare dei compiti nuovi e stimolanti, anche se potrebbero rivelarsi difficili10».

Ho toccato con mano quello che descrive la psicologa. Ho completato il mio training di Yoga della Risata a Interlaken in Svizzera, direttamente con Madan Kataria: c’erano persone da tutte le parti del mondo, la lingua ufficiale era l’inglese. Noi italiani eravamo in nove, con livelli di inglese diverso. L’ultimo giorno del training tutti parlavano un inglese migliore e non avevano più bisogno di traduzioni o interpreti. La gioia di quei giorni aveva stimolato la mente a essere più attiva e ricettiva.

I L B A M B I N O I N T E R I O R E

Una volta un giornalista, intervistando Madan Kataria, gli ha chiesto di raccontargli in poche parole cosa aveva imparato sullo Yoga della Risata. Madan Kataria ha risposto: «Non con poche parole, ma in una sola: gioco-sità. La risata non è l’azione del ridere, ma significa sviluppare la giocosità infantile. Si può imparare ad essere giocosi come bambini, non è necessa-rio fare alcuno sforzo per ridere, accadrà spontaneamente, senza fatica».

Tutti abbiamo un bambino dentro di noi. Jung è stato il primo a parlar-ne agli inizi del ventesimo secolo quando coniò l’espressione «puer ae-ternus», il fanciullo eterno. Il bambino interiore è una parte della nostra personalità rimasta bambina e legata al mondo dell’infanzia. Attenzione a non commettere l’errore di etichettarla come il nostro lato infantile da re-primere e soffocare: il bambino è quella parte di noi che guarda al mondo con stupore, che si emoziona davanti a un tramonto, al colore di un fiore,

10 Articolo tratto da FanoInforma.it: http://bit.ly/emozionegenuinagioia.

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al sapore o al profumo di un dolce o che ascolta estatico una musica che vibra nell’animo. Insieme all’adulto e al genitore, è uno dei tre stati dell’Io che l’Analisi Transazionale11 utilizza per cercare di capire i modelli di comportamento.

È il nostro bambino interiore che dona alla nostra vita curiosità, gioco-sità, creatività, stupore e voglia di esplorare. Quando siamo bambini siamo liberi di esprimerci, di giocare, di divertirci. Una volta cresciuti, il nostro bambino interiore viene rinchiuso in uno stanzino buio dentro di noi e gettiamo via la chiave. È qualcosa che accade giorno dopo giorno perché scegliamo di conformarci ai dettami della società che ci vengono imposti dagli altri: ogni volta che rinunciamo a fare quello che vogliamo veramen-te, rinforziamo la porta blindata della prigione in cui abbiamo rinchiuso il nostro bambino interiore. Il bambino interiore, per fortuna, è in grado di resistere e sopravvivere a tutto questo e aspetta l’occasione giusta.

Quando giochiamo con i nostri figli o con quelli dei nostri amici, in modo del tutto spontaneo e naturale, il nostro bambino interiore oltrepassa le sbarre della prigione come se fossero d’aria ed esprime la propria pro-fonda bellezza. Vi è mai capitato, quando giocate con loro, di sentirvi dire da qualcuno che vi osserva: «Non so chi sia il più bambino?» E come vi sentite in quel momento? Gioia, divertimento e stupore sono dipinti sul vostro viso.

«Stai composto», «stai zitto», «obbedisci», «capirai quando sei gran-de», «non si fa così», «non sei capace», «in castigo», «sei un buono a nul-la», «devi fare», «devi essere», «devi...» sono dei mantra che la società, la scuola, i genitori pronunciano continuamente per obbligarci a uniformarci alla loro mappa mentale di come dovrebbe essere il mondo.

Lo Yoga della Risata risveglia il nostro bambino interiore e gli dà la possibilità di esprimersi, di respirare e di donarci la sua gioia. È una delle magie di ogni sessione di Yoga della Risata: la creazione di un ambiente

11 La teoria dell’Analisi Transazionale è stata ideata da Eric Berne, psicologo canadese, ed è non solo una teoria della personalità, ma anche una teoria dello sviluppo e delle comunicazioni relazionali. Per approfondire l’argomento: Berne, E., A che gioco giochiamo?, Bompiani, Milano, 2000 e Stewart, I. – Joines, V., L’analisi transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani, Garzanti Libri, Milano, 2000.

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protetto, formato dal gruppo di persone che partecipano, forma uno spazio sicuro dove siamo liberi di essere veramente noi stessi senza condiziona-menti o vincoli. Alla fine della sessione una parte del bambino interiore rimane con noi e, più pratichiamo lo Yoga della Risata, più cresce e torna a vivere, fino a diventare una componente sempre presente nella nostra vita. Nutrire il nostro bambino interiore significa nutrire il nostro cuore.

Perché è così importante? Il nostro bambino interiore rappresenta una delle risorse del nostro potenziale: ogni giorno affrontiamo migliaia di scelte. La voce del bambino interiore dentro di noi spesso ci propone un approccio diverso per affrontare una sfida o un problema, privo del giu-dizio della nostra parte giudicante. La voce del bambino rappresenta il coraggio di osare; il no secco con cui annulliamo il suo pensiero può signi-ficare rinunciare a un’opportunità o a un’occasione.

Ci sono volte in cui il nostro bambino interiore esagera ed esce da tutti gli schemi: in questi casi viene in soccorso il nostro giudice che ci aiuta a ritrovare la strada principale. Altre volte invece il bambino ha visto giusto, ma il giudice stronca sul nascere un’idea vincente. La chiave di svolta per riuscire è concedere a entrambi il giusto spazio per esprimersi, cercando un nuovo equilibrio più bilanciato: quando riusciamo a realizzare questo equilibrio, stiamo usando al meglio la nostra creatività.

L A C R E A T I V I T à

La creatività è il risultato di due fasi distinte: una fase immaginativa e una fase valutativa. Nella fase immaginativa, l’immagine è libera di esprimer-si, di fantasticare, di volare lontano senza vincoli, senza paletti o limite alcuno. È il momento della libera espressione della passione, del fuoco interiore che arde dentro di noi. Questa fase si chiama anche divergenza. È la casa del nostro bambino interiore; sulla porta di ingresso c’è scritto «sarebbe bello se...».

Nella fase valutativa, raccogliamo il materiale creato durante la divergen-za, lo esaminiamo da diversi punti di vista, lo miglioriamo per arrivare alla soluzione finale. Questa fase si chiama convergenza. Qui abita il nostro giu-dice interiore; sulla porta di ingresso c’è scritto «di questa idea mi piace...».

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Cercare una soluzione creativa per un problema significa attraversare queste due fasi tenendole ben distinte. Cosa succede se lasciamo che que-ste fasi si compenetrino e coesistano nello stesso momento? Ogni idea del bambino rischierebbe di venir stroncata sul nascere dal giudice interiore.

Bambino interiore: «Perché non facciamo...?».Giudice interiore: «No, non funziona!».B.I.: «E se facessimo...?».G.I.: «No, non si può».B.I.: «E se…?».G.I.: «No».G.I.: «No».G.I.: «No».Potrebbe verificarsi anche la situazione opposta.Giudice interiore: «Di questa idea mi piace...».Bambino interiore: «Uhm... se invece provassimo quest’altra?».G.I.: «Potremmo migliorare questa proposta aggiungendo...».B.I.: «E se andassimo sulla luna?».G.I.: «A questa non ci ho mai pensato prima».B.I.: «Cosa c’è stasera per cena?».Se le due fasi non sono ben distinte, interferiscono l’una con l’altra. Se

invece le separiamo possiamo prendere il meglio di entrambe. Nella fase di divergenza, infatti, possiamo permetterci di esplorare le soluzioni alla sfida da tutti i punti di vista, iniziando da quelle possibili e già conosciute, a quelle impossibili, per poi arrivare a quelle realizzabili mai pensate pri-ma. Si costruiscono nuove idee sulle idee precedenti senza preoccuparsi della loro reale fattibilità. Conclusa la fase di convergenza, si usa l’ap-proccio positivo del giudice interiore per migliorare le proposte raccolte, risolvere i punti deboli e passare quindi al piano d’azione.

Lo Yoga della Risata stimola una visione positiva del mondo che si riflette in un nostro atteggiamento di apertura e ascolto del bambino inte-riore, che trova poi uno stimolo e un confronto nella nostra controparte del giudice interiore propositivo. La giocosità e l’apertura mentale al nuovo e al possibile saranno due naturali talenti che potremo così portare sempre con noi.

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