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ANNO 6 - N. 2 / 2012 real life NETWORK SOCIETÀ FOCUS ON Farmaci antiretrovirali equivalenti: nodi critici Congresso mondiale Aids Washington TRIMESTRALE DI NPS NETWORK PERSONE SIEROPOSITIVE ONLUS donneinrete.net INTERVISTA Antonio Panzeri, L’Europa avanza real life 6 - 2 - 2012 - 2b_Layout 1 26/10/12 10.55 Pagina 1

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ANNO 6 - N. 2 / 2012

reallifeNETWORK

SOCIETÀ

FOCUS ON

Farmaci antiretrovirali equivalenti: nodi critici

Congresso mondiale Aids Washington

TRIMESTRALE DI

NPSNETWORK PERSONE

SIEROPOSITIVE ONLUS

donneinr ete .net

INTERVISTA Antonio Panzeri, L’Europa avanza

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IndiceL

u s c v Il a c n D te re V d s to E n tr n c U a p N p ta to la d L p v la n N n v ta m la L tu d s g p h p c n

3EditorialeRosaria Iardino

4On AirViral HivoEva Massari

6 FarmaciHCV e nuove frontiere terapeuticheRaffaele Bruno

7 IntervistaAntonio Panzeri - L’Europa avanzaSarah Sajetti

10LifeLa vita in altalenaFederica Dato

12 SocietàDonne, cura e complessitàRosanna Di Natale

14 SocietàFarmaci antiretrovirali equivalenti: nodi critici Alessandro Battistella e Dario Cattaneo

16RicercaL’importanza della farmacologia clinica nella terapia dell’Hiv Dario Cattaneo

18Focus onTurning the Tide Together Sarah Sajetti

20Focus onEradicazione di Hiv: quali possibilità nel 2012 Antonella D’Arminio Monforte

22Focus onNuove linee guida IAS: uno sguardo al futuro tra qualche contraddizioneRosaria Iardino

24Focus onIl trattamento come prevenzione Silvia Nozza

25Focus onRicerca pediatrica Vania Giacomet

26Altre malattieIl ParkinsonSarah Sajetti

28Diritti e doveriAmbiziose dichiarazionie colpevoli inefficienzeMatteo Schwarz

30SpotlightLa città della saluteSara Valmaggi

In copertina, il segretario di Stato Hillary Rodham Clinton

alla XIX Conferenza mondiale sull’Aids di Washington

Aids 2012 saluta i partecipanti ai lavori© IAS/Ryan

Rayburn - Commercialimage.net

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L ’art. 32 della Costituzione Italiana sancisce la tutela della salute co-me “diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettivi-tà”: questo comporta che il mantenimento di uno stato di com-pleto benessere psicofisico e sociale sia da considerare non solo

un diritto fondamentale per il singolo cittadino, ma anche un fondamentale interes-se della collettività, con la conseguenza che lo Stato è tenuto ad adottare precisicomportamenti finalizzati alla migliore tutela possibile della salute in termini di indi-vidualità, generalità e globalità.Il Servizio Sanitario Nazionale è stato istituito con la legge n. 833 del 1978, che haavviato per la prima volta nel Paese un processo di completo riordino della sanità,con l’introduzione di un sistema sanitario pubblico, universalistico, solidaristico, fi-nanziato attraverso la fiscalità generale. Dopo i primi passi compiuti con il decreto legislativo n. 112/98 e più compiutamen-te con il decreto legislativo n. 56/2000, recante il nuovo sistema di finanziamentoregionale dei servizi, e con la riforma generale apportata con la revisione del titoloV, parte II, della Costituzione, attuata con la legge n. 3/2001, la regionalizzazionedel Servizio Sanitario Nazionale si è conclusa, aprendo la via a SSR che garanti-scono livelli di assistenza sempre più distanti tra loro, minando alla base il concet-to di diritto alla salute universale, il che è inaccettabile.Ecco perché le associazioni di pazienti sono così decise nel riportare l’attenzio-ne sui Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), unico baluardo, peraltro debole, con-tro la nascita di 20 sistemi sanitari differenti. I LEA sono una linea di non ritor-no, un elemento di civiltà sanitaria che deve essere rinforzato e difeso politi-camente. Un sistema sanitario complesso e disomogeneo come il nostro, sottopostoa tensioni di ogni tipo, ha bisogno di essere difeso e supportato da tutti, inprimo luogo dai pazienti. Nel nostro Paese già nel 1978 la legge 833 ha enunciato il principio dellapartecipazione dei cittadini alle scelte in sanità, ma di fatto non è stata da-ta alcuna applicazione a questo indirizzo teorico. Il medesimo orientamen-to è stato ripreso dal decreto legge 502/92 e dalla legge 419/98, che perla prima volta ha espressamente previsto la partecipazione dei cittadini edegli operatori alla programmazione e alla valutazione dei servizi sanitari.La legge 299 del 1999, infine, all’articolo 12, ha disposto che le Regioniprevedano forme di partecipazione delle organizzazioni dei cittadini e delvolontariato impegnato nella tutela del diritto alla salute, nelle attività re-lative alla programmazione, al controllo e alla valutazione dei servizi sa-nitari a livello regionale, aziendale e distrettuale.Nel nostro Paese, quindi, la partecipazione dei cittadini alle scelte in sa-nità è prevista e normata, ma di fatto sino a oggi si è limitata al coin-volgimento di alcune associazioni di pazienti in consulte nazionali o intavoli di lavoro regionali, mentre nell’ambito della partecipazione ai mo-menti programmatori le esperienze appaiono ancora frammentate e iso-late. La costruzione di una rete tra associazioni, comunità scientifica e isti-tuzioni appare un passaggio essenziale per sviluppare una nuova mo-dalità di relazione che metta il paziente davvero al centro del percor-so di cura, assicurandogli la capacità di partecipare ai momenti di pro-grammazione sanitaria. Questo però comporta per le associazioni dipazienti l’impegno a dismettere le logiche un po’ “sindacalizzate” chehanno caratterizzato la relazione con le istituzioni, a favore di un ap-proccio più tecnico, informato, consapevole e collaborativo, alla ricer-ca non di sterili prove di forza, ma di soluzioni concrete per mante-nere in equilibrio il sistema sanitario.

Rosaria Iardino

Editoriale

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ONAIR

sempre quello di far fronte al pro-gressivo disinteresse nei confrontidel virus.La campagna Viral Hivo per il Net-work Persone Sieropositive è stataideata da Simona Angioni e Fran-cesco Fallisi, direttori creativi del-l’agenzia Grey, e da Silvia Stortini,direttore artistico della Disctodisc,che ha curato anche la produzionevideo e audio. La comunicazione, on air tra giugnoe fine luglio, si è sviluppata attornoal concept “L’Hiv non spaventa più?Invece dovrebbe”. Spot radiofonicidiffusi sui maggiori network nazio-nali e video virali hanno sensibiliz-zato sul progressivo disinteresse neiconfronti dell’Hiv, usando un lin-guaggio leggero e ironico.Il protagonista d’eccezione di que-sta campagna è stato Hivo, un mo-

stro un tempo molto temu-to che ancora si aggira perla città cercando di spa-ventare le persone. Soloche adesso la gente loignora, per nulla intimorita.“Alcuni sono indifferenti,

altri infastiditi, altri ancoralo trattano come una vec-chia gloria in decadenza -spiegano Disctodisc eGrey - La disperazione el’impotenza di Hivo sonquelle di un personaggionegativo e potente, untempo temuto in tutto ilmondo, che oggi non fapiù paura nonostante l’in-variata pericolosità.”

Viral Hivo

A ri-dosso del-

l’estate, NPSItalia Onlus è torna-

ta a occuparsi di Hivattraverso una campa-

gna d’informazione, prevenzione eincentivazione al test basata su unacomunicazione allargata e diffusa:scopo della comunicazione è come

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“L’Hiv non spaventa più? Invece do-vrebbe. Fai il Test. Evita un incubo”è il forte messaggio centrale di que-sta campagna realizzata da NPSItalia Onlus grazie al contributo edu-cazionale di Gilead. “L’estate è unmomento cruciale per parlare di in-formazione e prevenzione. I dati in

questo senso sonochiari - spiega RosariaIardino, presidente ono-rario di NPS Italia Onlus- un sieropositivo sudue non sa di esserlo.L’Hiv è ancora un pro-blema serio e solo conun’adeguata campagnadi incentivazione al teste di protezione potremopensare di affrontarlo”.

Eva Massari

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questi nuovi farmaci ad azione anti-virale diretta. Storicamente, l’entusiasmo rispet-to a un’innovazione scientifica hacausato problemi di sostenibilità.Nel 1922, Frederick Banting eCharles Best con l’insulina e ven-t’anni dopo con la penicillina. Nel2011, quasi un secolo dopo la sco-perta dell’insulina, continuiamo alottare con problemi di scarsità di ri-sorse. Con l’arrivo di questi nuoviantivirali attivi nei confronti del virusHCV, saremo in grado di trattare tut-ti i pazienti che avranno necessitàdi questa terapia? Bisogna considerare farmaci e vac-cini un investimento, che va valuta-to in un’ottica costo/valore/benefi-cio, ovvero tenendo conto, oltre chedelle spese sostenute per garanti-re l’accesso ai farmaci, anche deiloro risultati in termini di migliora-mento delle cura. Un investimentoper la vita e per la crescita econo-mica senza la quale concetti qualibenessere e sostenibilità perdono disignificato. Il nuovo welfare vedrà uncambiamento di approccio: da unoimpositivo di tipo top down a unofondato su una maggiore responsa-bilità di tutti gli attori del sistema (cit-tadini, medici, aziende, istituzioni).

Dall’introduzione dell’interferone pe-gilato e ribavirina quasi 10 anni fa,i tassi di risposta sono stati pocosoddisfacenti, con meno della me-tà dei pazienti trattati capaci di rag-giungere una risposta virologica so-stenuta. Quasi un decennio dopo,ci troviamo all’inizio di una nuova eradella terapia anti-HCV. I dati deglistudi clinici registrativi dei farmaciantivirali diretti (DAA’s) dimostranouna maggiore efficacia rispetto al-l’attuale standard of care.I dati della letteratura mostrano chesi tratta di farmaci efficaci in alcunipazienti ma il cui impiego non appro-priato può comportare l’insorgenzadi effetti collaterali e di resistenza Unamaggiore comprensione della storianaturale dell’HCV e l’individuazionedi fattori di rischio per la progressio-ne della malattia epatica avanzata hapermesso a molti medici di racco-mandare il differimento di cura stan-dard in attesa della disponibilità di

Una responsabilità di tipo intergene-razionale, ovvero verso il presente,ma anche verso il futuro per garan-tire alle giovani generazioni la soste-nibilità del sistema. Pertanto per ot-timizzare l’impiego di questo nuovemolecole sarebbe utile che il lorouso fosse riservato a clinici e centriesperti nella gestione di questeproblematiche, soprattutto nelle fa-si d’apprendimento d’uso, quandoil profilo di efficacia e sicurezza de-ve essere ancora completamentedefinito per evitare di esporre i pa-zienti a insuccessi terapeutici, all’in-sorgenza di resistenze che potreb-bero limitare opzioni terapeutiche fu-ture e a effetti collaterali. Inoltre nel-l’arco di pochi anni saranno dispo-nibili nuove molecole attualmente infase di sperimentazione, che sem-brano essere più efficaci e maggior-mente tollerate. Pertanto l’uso del-le attuali molecole dovrà essere ri-servato ai pazienti in cui non si puòdifferire un trattamento per evitare ilrischio di progressione di malattia.

Prof. Raffaele BrunoDipartimento di Malattie Infettive

Fondazione IRCCS

Policlinico San Matteo-Pavia

Università degli Studi di Pavia6

FARMACI

HCVe nuove frontiere terapeutiche

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cepimento delle direttive europee.Ciò significa che per progettare il fu-turo del nostro paese non si puòprescindere dalla UE.

È previsto il pagamentodi multe per i Paesi che nonrecepiscono le direttive euro-pee in ambiti diversi da quel-lo economico?

Certo, le procedure di infrazione,in caso siano accertate, prevedono

Che valenza hanno lescelte intraprese in sede eu-ropea sulla nostra politica na-zionale e quali sono le impli-cazioni nella progettazionedel futuro del Paese?

Una grande valenza: ormai lastragrande maggioranza delle diret-tive europee, attraverso il percorsodi Recepimento, diventa parte inte-grante della legislazione nazionale.Si pensi che una percentuale eleva-tissima della produzione legislativanazionale consiste appunto nel re-

una sanzione economica, in gene-re molto significativa

Solo per fare un esem-pio, da circa vent’anni l’Italiaignora le risoluzioni del par-lamento europeo relative al-la regolamentazione dei rap-porti tra persone omosessua-li. Come può il parlamentoitaliano evitare di confrontar-si con quelle direttive?

Deve necessariamente confron-tarsi, anche se nel caso specifico ildibattito in Italia è sufficientementesofferto e sconta antichi retaggi. Mac’è da augurarsi che il punto di vi-sta europeo possa venir recepito.

Anche per quanto riguar-da l’ambiente o le norme sul-la sicurezza del lavoro l’Italiasembra riuscire spesso ascavalcare la normativa euro-pea. Esistono strumenti dicontrollo e come agiscono?

Ci sono gli istituti di natura na-zionale e spetta al parlamento vigi-lare affinché le normative vengano

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INTERVISTA di Sarah Sajetti

L’Europa avanza

Pier Antonio Panzeri, nato il 6 giugno del 1955 a Riviera D'Adda, è stato segreta-rio generale della Camera dal Lavoro Metropolitana di Milano dal 1995 al 2003 eresponsabile delle politiche per l'Europa dal 2003 al 2004. Attualmente è mem-bro della direzione nazionale dei Democratici di Sinistra. Nell'ambito di un progetto internazionale per un confronto delle diverse esperien-ze sui temi dello sviluppo economico, dell'immigrazione e del welfare e per l'ela-borazione di un modello comune europeo sui temi cruciali del nostro tempo hacollaborato con le amministrazioni di Milano, Barcellona, Francoforte dal 1996 al2003. Negli ultimi anni è stato autore e realizzatore di un intervento umanitario aBelem, Amazzonia, e promotore e organizzatore di eventi a scopo benefico peraiutare le vittime civili della guerra nella ex Iugoslavia. Ha inoltre partecipato al-l'Assemblea generale delle Nazioni Unite in qualità di osservatore dei problemiisraelo-palestinesi. Europarlamentare votato nelle liste del PD, fa parte del Gruppo dell'Alleanza Pro-gressista di Socialisti e Democratici al parlamento europeo, è presidente dellaDMAG (Delegazione per le relazioni con i paesi del Maghreb e l'Unione del Ma-ghreb arabo) e membro del CPDE (Conferenza dei presidenti di delegazione), del-l’AFET (Commissione per gli affari esteri) e del DMED (Delegazione all'Assembleaparlamentare dell'Unione per il Mediterraneo), oltre che membro sostituto del-l’IMCO (Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori). È inoltre autore diei libri Le Tre Europe dei Diritti - per una corresponsabile inte-grazione europea, Il lavoratore fuori garanzia e La democrazia economica.

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blemi, anche se ultimamente qual-che decisone della UE nel suo com-plesso sta dando qualche risultato.Tuttavia questa sfiducia è compren-sibile ma non giustificata, perché inrealtà saremo in grado di uscire daqueste difficoltà solo se avremo piùEuropa, e non meno.

I cittadini italiani temonoche i tagli imposti dalla spen-

ding review andranno a intac-care il diritto alla salute, nonsolo in termini di accesso al-le cure e alla diagnosi, ma an-che di sostegno alle famigliaper l’assistenza dei malatinon ospedalizzati, dei malaticronici, dei disabili. Pensache il governo saprà modula-re la necessità del pareggio dibilancio, richiesta dall’Europae inserita in costituzione, coni bisogni dei cittadini?

Stabiliamo prima una cosa: l’Eu-ropa ci “obbliga” solo alla stabilità ea una politica di bilancio pubblico“virtuosa”, ma come definire e rag-giungere questi obbiettivi rimanecompito dei governi nazionali. Nelcaso in questione dobbiamo chie-

pienamente osservate, in quanto ledirettive e la loro applicazione sonoobbligatorie. Inoltre ci sono ancheun reticolo di organizzazioni (pensoai sindacati e alle varie Agenzie) chepossono e devono compiere attivi-tà di controllo e segnalazione.

Lo scollamento tra parla-mento europeo e parlamentonazionale, insieme alla seve-rità delle imposizioni econo-miche, crea nei cittadini italia-ni una sfiducia crescente neiconfronti non solo della no-stra classe politica, ma anchedell’Europa. Tale sfiducia ègiustificata?

Innanzitutto non è corretto par-lare di scollamento tra i Parlamen-ti: è più corretto dire che lo scolla-mento, e quindi la sfiducia, è tra icittadini e le Istituzioni. Questa sfi-ducia ha diverse cause, non ultimala crisi economica e finanziaria e lepaure che essa produce, e la diffi-coltà delle Istituzioni e della politica(anche quella europea) di fornire ri-sposte che siano all’altezza dei pro-

dere che le politiche di risparmio erevisione della spesa pubblica nonavvenga tramite indiscriminati taglilineari che rischiano di intaccare i di-ritti dei più deboli, ma invece tagli erisparmi vengano fatti attraverso unapolitica in grado di premiare i luoghivirtuosi e di penalizzare aree e luo-ghi di spreco reale.

Tra le strategie europeein tema di salute c’è quella diimplementare la qualità deiservizi sanitari, agevolare lecure transfrontaliere e la mo-bilità di pazienti e operatorisanitari. Attraverso quali strumenti estrategie si pensa di rag-giungere questo scopo?

L’obiettivo della direttiva del 2011è quello di istituire un quadro gene-rale volto a: 1) chiarire i diritti dei pa-zienti relativamente al loro accessoall’assistenza sanitaria transfronta-liera e ai relativi rimborsi; 2) garan-tire qualità e sicurezza delle presta-zioni fornite in qualsiasi stato dellaUE; 3) promuovere la cooperazio-ne in materia tra gli stati membri.

Non c’è il timore che i cit-tadini di Stati membri in cui lacrisi è più sentita si spostinoin massa verso i Paesi piùricchi? Cosa potrebbe succe-dere in questo caso?

Dal punto di vista delle cure,prendiamo il caso del nostro Pae-se: se ci sono centri sanitari di pri-mordine, la tendenza è naturalmen-te quella di usufruirne, quindi il ri-schio esiste. In realtà a livello euro-peo questo potrebbe ingenerareuna maggior competitività sullaqualità e non l’abbandono dei pre-sidi nei vari territori8

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C’è un nuovo e recente strumen-to, previsto dal Trattato di Lisbona,che è la possibilità data a tutti i cit-tadini di presentare proposte di ri-soluzioni da discutere e votare inparlamento raccogliendo un milio-ne di firme in vari paesi, analoga-mente a quanto avviene in Italia conla legge di iniziativa popolare.

In Italia, malgrado l’esi-stenza di norme relative alrapporto tra decisori politicie pazienti, le richieste di que-sti ultimi sono spesso igno-rate. Quale peso hanno le as-sociazioni di pazienti nel re-sto dell’Europa?

A livello Europeo il peso esiste enon è relativo, in quanto molte as-sociazioni e organizzazioni svolgonouna vera e propria attività di lobby,

Un altrotimore degliitaliani è laprivatizza-zione dellasanità. Ri-tiene che sitratti di unrischio rea-le? Su que-sto temaqual è laposiz ionedel parla-mento eu-ropeo?

Ovviamentenel parlamentoeuropeo nontutti la pensanoallo stesso mo-do, le posizioniin materia sonodiverse. La compresen-za di Pubblico ePrivato nel set-tore sanitarionon è di per sé disdicevole, se in-tegrati correttamente. L’esperienzadimostra peraltro che il settorepubblico è di gran lunga qualitativa-mente più efficace e in grado di ri-spondere alle aspettative e ai biso-gni esistenti.

La Corte di giustizia del-l'Unione europea può interve-nire su richiesta di singoli cit-tadini o di associazioni sui te-mi relativi alla salute?

Sì, alla Corte di Giustizia ci si puòrivolgere anche con singole istanze.

Quali altri strumenti han-no i cittadini per far valere iloro diritti in Italia e in Euro-pa?

normale e regolare al parlamento eu-ropeo, facendo valere prerogative ediritti cercando di condizionare po-sitivamente il processo legislativo.

In ambito sanitario, inquali settori l’Italia è più avan-ti e in quali più indietro rispet-to al resto dell’Europa?

Aldilà delle differenze territoriali,presenti anche in Italia, il nostro si-stema di assistenza sanitaria è si-curamente uno dei migliori in Euro-pa, in termine di assistenza gene-rale alla popolazione. Inoltre abbia-mo aree di eccellenza nella ricerca,anche se gli investimenti in questosettore andrebbero di molto incre-mentati.

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tratta sostanzialmente di un’alter-nanza fra le due condizioni contro-polari dell’attività psichica: l’eccita-mento (ossia la mania) e l’inibizio-ne. Si manifesta dunque con unosquilibrio umorale, dei processiideativi come del comportamento edella motricità. Non ultime restanole manifestazioni di tipo neurovege-tativo, con anomalie dei livelli di

Questa altalena emotiva capace disgretolare l’esistenza di chi ne è af-fetto, come quelle di coloro che glistanno vicino, per decenni fu tutt’al-tro che curata. Dietro le porte ormaichiuse di troppi ospedali psichiatri-ci pazienti bipolari furono costrettia vivere orrori oggi difficili da imma-ginare.I disturbi dello spettro bipolare, untempo indicati semplicemente co-me malattia maniaco-depressiva,interessano la sfera psichiatrica. Si

energia, dell'appetito, della libido,del ritmo sonno-veglia. Soffrire di disturbi bipolari significanon avere certezze, forse più checon altre patologie. Perché ai perio-di asintomatici possono alternarsifasi cronicizzate. A essere più evi-denti sono poi le conseguenzecomportamentali del male, utili peril raggiungimento della diagnosi,mentre i sintomi sono meno visibi-li. Com’è ovvio è poi il decorso del-la malattia, insieme alla connotazio-ne sintomatologica (in particolare al-l’analisi delle fasi intercorrenti), aportare alla classificazione dei sot-totipi clinici dello “Spettro bipolare”,che sono Tipo I, II e Ciclotimia. Compagna di viaggio del bipolare èla depressione, che per il disturbodi Tipo I viene accompagnata da al-meno un “episodio misto”, ossia daun importante episodio depressivo(detto “maggiore”) abbinato a unepisodio maniacale spontaneo. Neldisturbo bipolare di Tipo II all’episo-dio depressivo maggiore si affiancainvece quello ipomaniacale. Il terzosottotipo è poi il peggiore: gli epi-sodi ipomaniacali sono svariati, al-ternati dai sintomi depressivi.La durata dei cicli di malattia e del-le fasi di compenso è variabile, di-pendendo dai casi, dai soggetti. Al-cuni hanno infatti cicli molto ampi,con altrettanto ampie pause di be-nessere, mentre per altri, circa il20% dei bipolari, la croce è la cicli-cità rapida, che coincide con tre opiù episodi l’anno. In altri casi puòanche presentarsi l’assenza di inter-valli, con il disturbo che tende a ri-proporsi tanto da essere conside-rato un continuum ciclico, un’alter-narsi fra episodi e momenti dicompenso.L’età media dell’insorgenza del di-sturbo è quella che va tra i 20 e i30 anni, ma non è escluso che in-sorga in altre età. È una patologiache non guarda al sesso, dal mo-10

LIFE

Alda Merini. Basta digitare ilnome della poetessa checoncede vanto all’Italia perintravedere le luci e le om-bre di un male. Lei che hastretto tra le dita il poteredelle parole, giocandoci damaestra piegata dalla vita, èuna delle figure eccellentischiacciate dal disturbo bi-polare. Una patologia spes-so porta con sé dei volti. Aquello della Merini in questocaso se ne affiancano altri,come quello di Indro Mon-tanelli e Vittorio Gassman.

La vita in altalena

La poetessa Alda Merini, ne

La pazza della porta accanto,

scrisse: “Del resto dico spesso atutti che quella croce senza giustiziache è stato il mio manicomio non ha fatto che rivelarmi la grande potenza della vita”

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te nei soggetti predisposti, che ab-biano familiarità o che abbiano giàsofferto di disturbi dell’umore, sono:le sostanze psicoattive (anfetamine,cocaina, cannabis e alcol); i traumiche variano da quelli cranici ai va-scolari; il periodo post-partum; l’uti-lizzo di anti-depressivi e le malattieendocrine. Da non sottovalutare con un pa-ziente bipolare è il tasso di morta-lità molto elevato. Non solo infatti ilrischio di suicidio è di trenta voltesuperiore a quello della popolazio-ne normale, ma la malattia incidedrammaticamente sulla quotidiani-tà del soggetto: digiuno e disidra-tazione si abbinano alla sottovalu-tazione dei pericoli. A chiudere ilcerchio sono poi le malattie orga-niche, con particolare incidenza diquelle cardiovascolari. Il faccia a faccia col bipolarismo im-pone di toccare con mano le mo-dalità di espressione della malattia.Si passa dalla Ipomania (euforia,umore esaltato, iperattività) alla Ma-

nia acuta (spesso porta al ricoveroforzato, si presenta con labilità, flut-tuazione rapida dell’umore, violen-za ed esplosione di pianto e rabbia.Sovente è scatenata da un eventostressante al punto da ridurre la ca-pacità di recupero), fino agli Stati mi-

sti (che intrecciano i sintomi dellamania a quelli della depressione). LaCiclotimia, infine, induce il sogget-to a considerare lo stato ipertimicocome normalità. Ad oggi non è stata rintracciata unacura definitiva, tuttavia non manca-no le terapie capaci di tenere sotto

mento che non c’è particolare dif-ferenza tra l’uomo e la donna, sal-vo il fatto che spesso quest’ultimamanifesta più episodi depressivi chemaniacali. Il primo episodio può es-sere sia maniacale che depressivoe sovente basta per arrivare a unadiagnosi, oltre a fornire un altro ele-mento: tendenzialmente quando ilprimo episodio è depressivo con ot-time probabilità si tenderà ad ave-re più disturbi depressivi piuttostoche maniacali e viceversa. E l’altalena torna e ri-torna, perchénon solo si passa da uno stato al-l’altro, dalla depressione alla mania,ma persino dal recupero completo.Tra un episodio e l’altro in genere siriesce a recuperare completamen-te, seppure il 10 % dei pazienti ab-bia episodi tanto ravvicinati da da-re l’impressione di cronicità, nonraggiungendo mai il recupero com-pleto delle proprie funzioni. Il ventaglio di possibilità con cui sipuò manifestare il bipolarismo è poiampissimo, poiché i sintomi posso-no variare da un estremo all’altro inbase all’umore, sia per qualità cheper numero che per intensità. Aspet-to, quest’ultimo, che ha indotto gliscienziati a introdurre il sopra descrit-to concetto di “Spettro bipolare”. A scatenare gli episodi, ovviamen-

controllo gli episodi bipolari, permet-tendo ai pazienti di condurre una vi-ta normale. La terapia farmacologi-ca ha un’azione stabilizzante del-l’umore e agisce in entrambe le fa-si del disturbo come nel prevenirnele ricadute. I sali di litio sono poi ilfarmaco consigliato dalle linee gui-da internazionali, capace di preve-nire l’esordio in circa il 70 % dei ca-si. Le vie alternative alla terapia far-macologica, tendenzialmente impre-scindibile anche se da non prolun-gare troppo nel tempo, sono la psi-coterapia e la psicoeducazione. Ladiscussione al riguardo, legata allanatura biologico-ereditaria del distur-bo, prosegue, anche se è diffuso ilparere che le terapie cognitive-comportamentali siano di aiuto. Un’altalena emozionale che torna eri-torna. Ma se la cura definitiva an-cora non c’è, molte menti eccellen-ti testimoniano che le fasi di recu-

pero, il riappropriar-si momentaneo del-la propria vita, perun bipolare, è cosapossibile.

Federica Dato

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I disturbi bipolari tendenzialmente simanifestano tra i 20 e i 30 anni, an-che se nulla esclude si possano ma-nifestare in ogni fase della vita. L'in-cidenza totale dei disturbi arrivaall'1,2% nel sesso maschile eall’1,8% nel sesso femminile. Nellaforma I l'incidenza è pressoché pa-ri fra i due sessi, mentre nella formaII si distingue il maggiore impatto sulsesso femminile, che tende a mani-festare più i disturbi depressivi. Il bipolarismo, che costringe chi neè affetto all’alternanza tra mania edepressione, si divide tra: episodiomaniacale, misto, ipomaniacale e de-pressivo maggiore. I sottotipi clinicivengono classificati attraverso lo“Spettro bipolare”.

Lo psichiatra Emil Kraepelin, che

nel 1921 diede la definizione

medica della sindrome bipolare

L’attore Vittorio Gassman, a lungo

vittima della sindrome bipolare

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SOCIETÀ

da di servizi (che non va elusa) e cherischia altrimenti di essere incontrol-lata e incontrollabile. Per sintetizza-re: è necessario dominare con in-telligenza gli avvenimenti, ovveropadroneggiarli, gestire per quantopossibile gli effetti delle scelte fattesenza esserne sopraffatti.

Le donne: unostrumento per la crisi

Che le donne siano una chiavedi volta delle situazioni “critiche” èdimostrato anche dal peso chehanno le parole “donne e crisi” suGoogle: circa 200.000 pagine.Storicamente, nei periodi di crisi, ilruolo delle donne si è sempre tra-sformato per adeguarsi alle situazio-ni che mutavano e per risolvere iproblemi che la crisi stessa deter-

Nel nostro Paese le scelte obbliga-torie riguardano i tagli alla pubblicaamministrazione e conseguente-mente anche ai servizi che da que-sta derivano. La capacità (o forse lamagia) richiesta è quella di ridurre icosti economici incidendo il menopossibile sui servizi. Ma si tratta, evi-dentemente, di un’operazione nonsemplice in un Paese che gode diuno dei tassi più alti di aspettativadi vita e, come conseguenza, anchedi quello di malati cronici e non au-tosufficienti.Occorre, quindi, mettere in attostrumenti e modalità di azione checonsentano di governare la doman-

minava. Per esempio durante leguerre le donne uscivano di casaper ricoprire ruoli fino a quel mo-mento propri degli uomini, per poitornare al focolare quando gli uomi-ni tornavano dal fronte. Per certi versi la crisi attuale è mol-to simile e, negli USA, ad attestarequesta tendenza sono i dati del Di-partimento del Lavoro e di uno stu-dio del Pew Research Center, se-condo cui da quando la recessio-ne è terminata nel giugno del 2009gli uomini hanno ottenuto l’80 % dei2,6 milioni di posti creati.Eppure, proprio in tempo di crisi, ledonne dovrebbero avere un ruolocentrale nel ridisegnare i servizi so-ciali, assistenziali e sanitari.

Crisi e servizi: il ruolo delle donne

La crisi e i tagli – lineari o meno –dovrebbero condurre a un nuovoassetto dei servizi che tenga contodella necessità di ridurre i costi maanche di quella di rispondere alleaccresciute esigenze e ai continuimutamenti sociali e culturali. Sarebbe opportuno che, soprattut-to in un periodo di tagli alla spesapubblica, che troppo spesso lascia-no le famiglie sole in assenza di al-cuni servizi fondamentali, i servizi so-cio sanitari potessero essere ri-pro-gettati e valutati con un approccio digenere. E questo non per una posi-zione ideologica ma a partire dall’os-servazione del ruolo che fisiologica-

Donne, cura e complessità

Mai come in questi ultimi tempi altermine “crisi” sono state associateinterpretazioni ed analisi etimo-logiche diverse a seconda dell’ap-proccio più o meno pessimistico. Difatto, sia che ci si orienti verso la let-tura più pessimista di declino o ver-so quella vagamente più ottimista dimaggiori chance, si tratta di un ter-mine-momento che implica muta-menti e, soprattutto, scelte.

Una manifestazione per i diritti dei malati di SLA

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per la gestione dellecronicità degli anzia-ni ecc.È importante ricorda-re che i termini chespesso vengono usa-ti dalle donne per de-scrivere un serviziosono: “si fa presto”, “sono accuratie gentili”, “ti fissano loro le visite suc-cessive”. Termini che tengono con-to, oltre che della Cura, del Tempoe della Continuità. E, poiché il tem-po e la continuità sono fondamen-tali nella gestione della cura e, so-prattutto, nella prevenzione, le don-ne, più di chiunque altro, sanno cheprevenire è meno faticoso e menodispendioso che curare.

Donne ecomplessità

Nel 2002 Annalisa Marinelli, nelsuo libro Etica della cura e proget-to, attribuiva il declino delle politichedi welfare alla loro estraneità dal co-siddetto “codice della cura”: dovemaggiore è la distanza tra queste ela cultura di cura, maggiore è il fal-limento delle politiche, dei servizi edella cultura pubblica. La cura, intesa nelle sue moltepliciforme (sociali, sanitarie e affettive) èuna attività dell’occasione: il farma-co, la parola di conforto, un gestodi affetto, vanno dati in quel preci-so momento oppure non solo nonsono più utili, ma possono addirit-tura produrre un danno.Questo approccio comporta unaflessibilità che ha come guide il sen-so di responsabilità; la profonda co-gnizione del contesto e il sapersimettere in relazione con ambiente,materiali, tempi e corpi con i qualisi interagisce; la capacità di gesti-re il “rapporto con l’effimero” poi-

mente le donne da sempre hannonel loro “introdurre e guidare” gli al-tri utenti al Servizio Sanitario e nonsolo. Senza contare la presenza incontinuo aumento delle donne im-piegate nei servizi sanitari e sociali.Appare quindi economicamentenecessario usare la percezione e larazionalità propria di chi usa i ser-vizi per sé e per gli altri per acqui-sire indicazioni attorno alle quali ri-definire servizi, logistica, orari ecc.Le donne sono i soggetti che (a pro-prio beneficio o a beneficio di altri)usano più di altri il SSN e determi-nano il successo delle attività di pre-venzione e screening; è quindi ne-cessario che più di chiunque altrocontribuiscano ai meccanismi dicambiamento.Il termine “cura” non è solo un so-stantivo femminile ma è un temache interessa soprattutto le donnein quanto madri che accudiscono fi-gli, figlie che accudiscono genitorie, spesso, anche mogli che accu-discono mariti. Per questo è fonda-mentale concepire, organizzare ecomunicare obiettivi, orari, organiz-zazione, percorsi dei servizi a par-tire dalle donne.La complessità del SSN, al di là del-la crisi attuale, è messa in discus-sione dalle continue modifiche do-vute alle questioni legate alle risor-se economiche ridotte, alle evolu-zioni epidemiologiche e alle nuoveconoscenze che operatori e citta-dini hanno sul sistema stesso (e chespesso ne incrementano l’uso inprestazioni via via tecnologicamen-te più avanzate). Mutamenti e com-plessità che rendono ancora più ne-cessario che il sistema e la rete deiservizi siano conosciuti in manieraapprofondita (e fatti conoscere inmaniera facilitata) a chi spesso nefa un uso quotidiano per sé, per laprevenzione e la cura dei bambini,

ché, nel lavoro di cura, non si co-struiscono oggetti duraturi, ma re-lazioni, cibo, gesti, linguaggi.Il paradigma della cura (complessi-tà, flessibilità, gestione dell’imprevi-sto, senso di responsabilità, capa-cità di ascolto e di adattamento alcontesto, valorizzazione della rela-zione, autorevolezza, senso dellamisura) è, di fatto, una sorta di “bor-sa degli attrezzi” che nei secoli ledonne si tramandano di madre in fi-glia. Se la crisi può offrire qualchechance di innovare, l’opportunità èofferta da questa forma di sapien-za che può essere capitalizzata perdiventare una competenza spendi-bile anche in ambiti esterni alle clas-siche mura domestiche. Qualunque modifica a un sistemacomporta un aumento della com-plessità che non significa necessa-riamente complicare le cose. Gesti-re la complessità vuol dire daremaggiore attenzione alle relazioniche i singoli “nodi” della rete han-no tra loro perché la rete funzioni enon subisca danni o ritardi per l’as-senza, l’inattività o l’incapacità di unsingolo nodo. E quindi, a maggiorragione, il peso delle donne divie-ne determinante poiché è nei siste-mi complessi che le donne riesco-no a districarsi meglio e a dare uncontributo alla semplificazione deiprocessi per il beneficio di tutti.

Rosanna Di Natale

Un’altra manifestazione, che ha avuto luogo nel 2011

per impedire la chiusura del reparto di Oncologia

dell’Ospedale di Sulmona

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SOCIETÀ

hanno evidenziato un certo timore escetticismo da parte dei pazienti perla prossima commercializzazionedegli antiretrovirali generici. I farmaci equivalenti rappresentanosicuramente uno strumento impor-tante per la razionalizzazione dellaspesa farmaceutica, sia privata, co-sti minori per il cittadino, che per ilServizio Sanitario Nazionale. In Ita-lia il tema dell’introduzione dei ge-nerici nel campo dei farmaci antire-trovirali per il trattamento dell’Hiv/Aids è particolarmente rilevanteper l’importanza degli interessi eco-nomici che ruotano intorno alla te-rapia dell’Hiv.Per consapevole dell’importanzaeconomica e della necessità delpassaggio ai farmaci antiretroviraligenerici, NPS non può ignorare unaserie di domande e di timori espres-si dai pazienti sieropositivi e inten-de sviluppare una maggiore atten-zione al tema e proporre una rifles-sione critica, rimandando agli orga-ni competenti ogni risposta o inter-vento ritenuto necessario.

Il problematerapeutico e virologico

L’introduzione dei farmaci equi-valenti assume una particolare rile-vanza nel caso di patologie croni-

La normativa europea definisceequivalente un farmaco quandocontiene la stessa quantità di prin-cipio attivo e presenta la stessa for-ma farmaceutica del medicinale diriferimento, definito spesso comefarmaco branded. Per garantire lasomiglianza in termini di sicurezzaed efficacia è previsto che il gene-rico debba inoltre essere prodottocon la stessa qualità del prodottobranded e possedere un livello ac-cettabile di bioequivalenza, ossiaessere farmaceuticamente equiva-lente e avere una biodisponibilità,dopo la somministrazione dellastessa dose di farmaco, all'internodi limiti accettabili predefiniti. Nonostante i limiti imposti dalla nor-mativa europea, indagini esplorativeeseguite da società scientifiche e daassociazioni no profit, tra cui NPS,

che e complesse ad etiologia vira-le, come l’infezione da Hiv, rispettoalle quali la letteratura evidenzia unaserie di problemi di tipo terapeuti-co e virologico. Per l'HIV, al contrario di altre pato-logie croniche e non, come iperten-sione, diabete, infiammazione,l’eventuale inefficacia del farmacogenerico non è identificabile attra-verso semplici indagini diagnosti-che e il mancato controllo della re-plicazione virale, anche se parziale,potrebbe non essere immediata-mente scoperta e produrre resisten-za. Questa, come noto, è di per séirreversibile; anche se controllatadall'uso di altri farmaci e associazio-ni, rimane e impedirà nel futuro l'usodi questi e altri farmaci della stessaclasse. Un eventuale sottodosaggionon solo può determinare il fallimen-to della terapia in corso ma, cosaancor più grave, può favorire lo svi-luppo di resistenza crociata per tut-ti i farmaci della stessa classe ridu-cendo drasticamente il numero diopzioni terapeutiche disponibili peril trattamento: un farmaco genericoche fallisce può far fallire anche i far-maci branded della stessa classe,facendo inoltre aumentare notevol-mente il rischio di trasmissione delvirus, con o senza resistenza, ad al-tre persone.

Il problemapsicologico

Il problema psicologico dei pa-zienti nel cambiare la terapia pas-sando ai farmaci equivalenti nonpuò essere sottovalutato: è neces-sario considerare che per alcuni pa-zienti sieropositivi potrebbe essereeffettivamente un problema cambia-re farmaco e che il passaggio al ge-nerico, se non gestito dal punto divista psicologico, potrebbe com-portare in alcuni casi una pericolo-sa minore aderenza alla terapia.

Farmaci antiretroviraliequivalenti: nodi critici

Nei prossimi anni in Italia scadrà ilbrevetto per diversi farmaci antiretro-virali, alcuni dei quali rappresentanoil trattamento d’elezione per la tera-pia dell’Hiv/Aids; a breve avremo,quindi, l’immissione in commercio deiprimi antiretrovirali equivalenti, ogenerici, alcuni dei quali sono già infase di registrazione.

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Per i servizi sanitari regionali la pos-sibilità di passare dai farmaci anti-retrovirali brevettati ai farmaci equi-valenti rappresenta un risparmio dispesa importante, ma non privo dirischi: l’introduzione dei farmaciantiretrovirali equivalenti, se nonadeguatamente regolamentata, po-trebbe modificare il mercato conconseguenze imprevedibili, comeper esempio il passaggio di moltipazienti ad altri farmaci brandizza-ti di più nuova generazione ancorapiù costosi. Per l’agenzia Italiana delFarmaco, si porranno problemi dicontrollo della produzione e di re-golamentazione della commercializ-zazione dei generici, soprattutto inmerito al passaggio da un generi-co all’altro. Le risposte ai quesiti sol-levati dall’introduzione dei farmaciantiretrovirali equivalenti avranno, in-fine, ripercussioni evidenti sulla de-cisione delle aziende che produco-no i prodotti il cui brevetto è in sca-denza in merito alla continuazionedella produzione del loro farmaco.Come si vede l’introduzione degliantiretriovirali generici è un passag-gio importante, in cui tutti gli stake-holder devono anteporre alle legit-time motivazioni di riduzione dei co-sti sanitari la garanzia di efficacia diquesti farmaci nella cura di una pa-tologia che ha caratteristiche mol-to specifiche, di cui sarebbe moltopericoloso non tener conto.

Prof. Alessandro BattistellaResponsabile scientifico

Centro Studi NPS

Dott. Dario CattaneoU.O. Farmacologia Clinica

Az. Ospedaliera – Polo Universitario

Luigi Sacco, Milano

Manifestazione di Medici senza

Frontiere in favore dei farmaci

generici

Un problemacomplesso

L’introduzione dei farmaci antire-trovirali equivalenti comporta proble-mi per tutti i principali stakeholder.I pazienti si pongono principalmen-te il problema dell’effettiva ugua-glianza con il prodotto brevettato dalpunto di vista dell’efficacia, della si-curezza, della possibilità di effetti col-laterali e del regime di controlli mes-so in atto a livello istituzionale. I quesiti posti dagli infettivologi ri-guardano invece le possibili reazio-ni negative all’assunzione del farma-co c.d. generico nel singolo pazien-te sieropositivo, le ripercussioni delpassaggio al farmaco equivalentenella relazione con il paziente la pre-senza di adeguati supporti diagno-stici per verificare l’efficacia del far-maco equivalente, la disponibilità diadeguate informazioni sui dati dibioequivalenza dei medicinali anti-retrovirali generici commercializza-ti, l’iter di passaggio da farmacobranded a farmaco equivalente esoprattutto da un farmaco equiva-lente all’altro (infatti le linee guida at-tuali non prevedono la verifica del-la bioequivalenza tra farmaci gene-rici diversi).

Il problemagestionale

Il passaggio al farmaco antiretro-virale equivalente comporta la so-luzione di una serie di problemi ge-stionali che possono avere impor-tanti ripercussioni sulla vita dei pa-zienti e sui costi per i SSR: il gene-rico potrebbe essere distribuito inmodo diverso da oggi, con proble-mi che potrebbero riguardare le far-macie e i pazienti, oppure potreb-be essere meno curato dal punto divista della distribuzione, con possi-bili problemi per l’aderenza alla te-rapia.Va infine considerato che rispetto aifarmaci antiretrovirali alcuni ele-menti quali la confezione, il nume-ro di somministrazioni, la comoditànel riconoscere la dose giornaliera,possono avere importanti ripercus-sioni sulla qualità della vita dei pa-zienti. Una delle conseguenze prin-cipali dell’introduzione di farmaci an-tiretrovirali equivalenti riguarderà,perlomeno in una fase iniziale, ilpossibile minor ricorso alle co-for-mulazioni, con conseguente au-mento del pill burden, con una con-seguente riduzione potenziale del-l’aderenza alla terapia.

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RICERCA

Le innovazioni tecnologiche e scien-tifiche hanno fornito nuovi strumen-ti diagnostici in grado di controllare(almeno in parte) la variabilità indivi-duale nella risposta al farmaco. Og-gi è infatti possibile misurare le con-centrazioni di moltissimi farmaci nelnostro corpo (disciplina della farma-cologia che prende il nome di farma-cocinetica) e ricercare la presenza dialterazioni nei geni che codificano leproteine coinvolte nel trasporto,metabolismo o nell’attività del farma-co (disciplina che prende il nome difarmacogenetica), mediante unsemplice prelievo di sangue. I test farmacocinetici e farmacoge-netici rappresentano oggi uno stru-mento estremamente utile a cui ilmedico può ricorrere per utilizzarein modo più razionale i farmaci.Questo vale in generale per tutti imedicinali, ma assume carattere dirilevanza per quei farmaci partico-larmente “delicati”, caratterizzati daun profilo ditossicità rilevan-te, che il pa-ziente deve as-sumere croni-camente, comei farmaci antire-trovirali utilizza-ti per la terapiadell’Hiv.La gestione del-la terapia far-

Da tempo è noto che la variabilitàindividuale a una terapia farmaco-logica può essere influenzata da fat-tori legati alla fisiologia (età, sesso,peso corporeo), alla fisiopatologiadel paziente (funzionalità epatica erenale, presenza di patologie con-comitanti) e a fattori ambientali (al-cool, fumo, trattamenti farmacolo-gici accessori). Solo recentementeabbiamo però capito che la varia-bilità nella risposta ai farmaci può di-pendere anche dall’assetto geneti-co - e cioè da come è costituito ilDNA - di ogni individuo.

macologica nel paziente Hiv-posi-tivo rappresenta una procedura si-curamente impegnativa e complica-ta. Esiste, per esempio, una laten-za tra l’inizio della terapia e la com-parsa di una risposta clinica (sia intermini di efficacia che di tollerabi-lità del trattamento). Vi è spessoun’incompleta conoscenza nell’usodi farmaci antiretrovirali nelle popo-lazioni di pazienti cosiddette “atipi-che” (come bambini, anziani, pa-zienti di diversa etnia, donne in gra-vidanza). Inoltre il paziente Hiv positivo vienetrattato con diverse combinazioni difarmaci, sia per il controllo della pa-tologia di base (3-4 farmaci per laterapia dell’Hiv) che per la gestionedi diverse comorbidità legate allapatologia di base o secondarie al-la terapia antiretrovirale (ipertensio-ne, diabete, dislipidemie, patologieneurodegenerative, infezioni op-portunistiche ecc.). Ciò espone il

L’importanza della farmacologiaclinica nella terapia dell’Hiv

È esperienza comune nella praticamedica che lo stesso farmaco som-ministrato alla stessa dose possa es-sere efficace nella maggioranza deisoggetti trattati, ma possa esserescarsamente efficace e/o indurre ef-fetti collaterali, a volte anche gravi,in alcuni pazienti. Di fatto, il notev-ole aumento di risposte imprevedi-bili ai farmaci (e del loro consumo)sta diventando un problema semprepiù rilevante della società attuale, po-nendo le reazioni avverse da farma-ci come una delle prime cause di in-validità nel mondo. Perché rispondi-amo in modo diverso allo stesso far-maco?

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possibile coinvolgimento di organiinterni). Negli scorsi anni è stata evi-denziata una chiara associazione trala presenza di un polimorfismochiamato HLA-B*5701 e la compar-sa di ipersensibilità ad abacavir. Al-la luce di queste evidenze le agen-zie regolatorie del farmaco hannostabilito la necessità di eseguire iltest farmacogenetico per la ricercadella variante allelica HLA-B*5701prima di iniziare una terapia conabacavir. Negli ultimi anni sono entrati nellapratica diagnostica dell’Hiv anchealtri test farmacogenetici, tra cui iltest per la ricerca del polimorfismoUGT1A1*28, importante per preve-nire la comparsa di iperbilirubinemiain pazienti trattati con atazanavir, ei polimorfismi nel gene CYP2B6, im-portanti per prevenire il rischio ditossicità nei pazienti trattati con efa-virenz e/o nevirapina. Attualmentesono inoltre allo studio polimorfismipotenzialmente in grado di preveni-re la comparsa di tossicità renale neipazienti trattati con tenofovir, lo svi-luppo di dislipidemia e lipodistrofiae altre complicanze caratteristichedella terapia antiretrovirale. Se fino a pochi anni fa i farmaci an-tiretrovirali erano prescritti utilizzan-

paziente stesso al rischio di intera-zioni farmacologiche talvolta nonprevedibili. Questo scenario, già di per sé par-ticolarmente complesso, è ulterior-mente complicato dalla notevole va-riabilità osservata nella risposta in-dividuale di ogni paziente Hiv-posi-tivo ai diversi farmaci antiretrovirali:pazienti con caratteristiche similipossono infatti rispondere in mododiverso alla stessa combinazione difarmaci antiretrovirali.La variabilità nella risposta alla tera-pia farmacologica può oggi esseremonitorata attraverso la misura del-le concentrazioni di farmaco nel san-gue, che consente eventualmente divariare la posologia sulla base di talirisultanze: in altre parole, nei pazien-ti che presentano concentrazionielevate di farmaco nel sangue si po-trà ridurre la dose di farmaco o pro-lungare la frequenza di somministra-zione (e viceversa nei pazienti conconcentrazioni basse aumentare ladose o la frequenza di somministra-zione). Tale approccio è tuttavia ap-plicabile solo per quei farmaci in cuisia stata dimostrata un’associazio-ne tra le concentrazioni nel sanguee la risposta clinica, come gli inibi-tori delle proteasi (atazanavir, daru-vir, lopinavir) e gli inibitori non nucleo-sidici della trascrittasi inversa (efavi-renz e nevirapina). Un approccio complementare èrappresentato dai test farmacoge-netici: una delle più importanti cau-se della variabilità nella risposta auna terapia è infatti rappresentatadal nostro assetto genetico. Circail 90% dei geni contiene variazioninel DNA (chiamate polimorfismi) chepossono influenzare la risposta aifarmaci. Un esempio dell’importan-za dell’applicazione dei test farma-cogenetici nell’Hiv è rappresentatoda abacavir, un farmaco che puòdare reazioni di ipersensibilità (rasheritematoso, macopapulare con

do schemi impostati sulla scorta diinformazioni derivate dagli studi disviluppo del farmaco, in cui gli ag-giustamenti posologici erano spes-so attuati in modo empirico, ciò èdipeso in parte dalla mancanza dilaboratori in grado di supportare imedici dal punto di vista diagnosti-co ed interpretativo. Negli ultimi an-ni sono stati però istituiti diversi ser-vizi di farmacologia clinica all’inter-no di strutture ospedaliere pubblicheoperanti sul territorio italiano (comel’Ospedale Amedeo di Savoia di To-rino, l’Azienda Ospedaliera LuigiSacco di Milano, il Policlinico Gemellidi Roma e il Policlinico San Matteodi Pavia solo per citarne alcune) ingrado di eseguire di routine test far-macocinetici e farmacogenetici nelpaziente Hiv-positivo. È auspicabi-le che l’implementazione di tali testnella pratica clinica possa contribui-re a limitare l’insorgenza di ceppi vi-rali multi resistenti favorendo alcontempo una miglior tollerabilitàdella terapia antiretrovirale.

Dott. Dario CattaneoU.O. Farmacologia Clinica

Az. Ospedaliera – Polo Universitario

Luigi Sacco, Milano

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conoscere nuoverealtà, sentirsi par-te di una comuni-tà globale, ascolta-re i risultati di stu-di provenienti datutto il mondo, tro-vare conferme,cercare nuovi sti-moli e nuovi ap-procci, scoprirecasa succede ne-gli ambienti in cui siprendono le deci-sioni, cercare i segni del cambia-mento, trovare nuovi motivi per con-tinuare a sperare in una svolta de-finitiva, trovare nuovi nemici, trova-re “la notizia” da lanciare in primapagina. Questa è la cosa più facile: il fattoche Aids 2012 si sia svolta a Wa-shington è già di per sé un eventostorico, visto che era dal 1990 chela conferenza non si teneva in suo-lo statunitense; è solo da due anniinfatti che le persone con Hiv/Aidsnon sono più bandite dal Paese equesta è già una vittoria. La seconda notizia è che la capi-tale degli States presenta un’inci-denza di Hiv/Aids altissima, con il3,2% di adulti e adolescenti colpitidal virus, pari a quella del Burundi

Washington, XIX conferenza mon-diale sull'Hiv/Aids. Ci sono i padro-ni del mondo e i reietti, i pazienti ei ricercatori, numeri e persone, vit-torie e sconfitte, centinaia di sessio-ni di lavoro, poster, esibizioni, wor-kshop, meeting, proposte e prote-ste. E in mezzo giornalisti, ricerca-tori, attivisti, ognuno con la sua mo-tivazione per essere qui: fare rete,

o del Togo, contro un’incidenza me-dia nazionale dello 0,6%. Questodato sconcertante non fa che con-fermare ciò che è stato detto e di-mostrato più volte e cioè che quel-lo dell'Hiv/Aids non è un problemaesclusivamente sanitario, ma qual-cosa che ha profonde radici socialied economiche e pesanti conse-guenze e implicazioni sociali edeconomiche. È per questo che il direttore esecu-tivo di Unaids Michel Sidibé ha de-scritto il Villaggio Globale come il"vero cuore" del convegno, in quan-to luogo in cui avvengono gli scam-bi tra le persone, cruciali nella lotta

all’Aids quanto la ricerca medica.Quest’anno a Washington il Villag-gio Globale copriva una superficiedi oltre 190.000 metri quadrati, il piùgrande fino a oggi, con 90 Paesipartecipanti, più di 120 stand e unavasta gamma di attività e informa-zioni.È qui che ilsindaco diWashingtonVincent Grayè andato aparlare, salu-tato dagli atti-visti che solle-citavano lamessa a pun-to di una stra-tegia locale18

Turning the Tide Together

FOCUS ON

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Page 19: eal life 6 - 2 - 2012 - 2b La 1 26/10/12 10.55 Pagia 1 ......cesco Fallisi, direttori creativi del-lZagenzia Grey, e da Silvia Stortini, direttore artistico della Disctodisc, che ha

gli studi di coorte e delle reazioni aifarmaci, dell’impatto sociale e del-le ricadute economiche. Un altro èpasseggiare tra gli stand del GlobalVillage e scambiare pareri con i pa-zienti oggetto di quelle ricerche. Unacosa è vedere su un palco Bill Ga-tes parlare della circoncisione ma-schile come dello strumento princi-pe della prevenzione in molti Paesiin via di sviluppo, altro è ascoltarechi si oppone a questa pratica, con-siderata una forma di mutilazionegenitale. Sono state mostrate percentuali perdimostrare che per ogni zona delmondo che accorcia le distanze nel-la lotta contro l'Hiv/Aids, nuoviPaesi sono nell'occhio del ciclone.Altre per illustrare come la non ade-renza alle terapie, fattore tutto uma-no, vanifica l’accresciuta disponibi-lità di farmaci provocando un au-mento della resistenza agli stessi. Siè affrontato il problema della crisieconomica glo-bale che richiedeun adeguamentodella spesa, nuo-ve politiche nellagestione dei fon-di, lo studio dinuove strategie.Sono state pre-sentate ricerchesulla conta dei

contro l’Aids. Ed è qui che si sonoincontrati i giovani, raggruppati invarie associazioni di advocacy intutto il mondo, preoccupati perchél’ultima relazione dell'Unaids sullenuove infezioni di Hiv tra i minori di26 anni parla ancora di numeri al-tissimi, che rendono evidente come,nonostante i progressi scientifici,l'aumento dei finanziamenti e l'intro-duzione di programmi più efficaci,le loro esigenze d’informazione eprevenzione siano ancora sottosti-mate e in gran parte disattese. Esempre qui hanno fatto sentire la lo-ro voce i nativi di tutto il mondo, giàindividuati nel corso degli scorsiconvegni come uno dei gruppi piùcolpiti dall’epidemia ma ancoratroppo spesso ignorati.Gli organizzatori di Aids 2012 han-no voluto sottolineare l'importanzadell’azione congiunta di tutti gli at-tori coinvolti nella battaglia contro ilvirus attraverso lo slogan “Turningthe Tide Together” (traducibile all’in-circa con ‘Far girare il vento insie-me’), eppure nel corso del congres-so non sono riuscita a scrollarmi didosso la sensazione che la distan-za tra persone e numeri rimanga in-colmabile.Un conto è sentir snocciolare, du-rante le sessioni di lavoro, i dati del-le ricerche condotte in questi anninelle università di tutto il mondo, de-

cd4 e i milligrammi di farmaco e imesi di somministrazione. A frequentare solo le sale dellaScienza sembrava normale ragiona-re per numeri, sentir parlare di tas-si d’incidenza e di mortalità comese si trattasse solo delle variabili diun’immensa equazione in cui l’inco-gnita è ancora da scoprire. Per for-tuna parti dell’Aids Memorial Quilt,la coperta dei nomi, esposte nelGlobal Village e nella Sala plenariadel centro congressi, oltre che in al-tre 50 sedi sparse in tutta la città,erano lì a ricor-dare a tutti chel’Hiv/Aids non èsolo un virus,da studiare edebellare, ma ilresponsabi ledella morte dimigliaia di per-sone. Così co-me la folla bru-licante che simuoveva da unluogo all’altro,discuteva, si in-fervorava, di-mostrava, can-tava e ballava.Ma i numeri so-no importanti e le ricerche dietroquei numeri ancora di più: ecco per-ché, nelle prossime pagine, riassu-meremo per voi i temi centrali delcongresso con tutta la scientificitànecessaria.

Sarah Sajetti

Female Condom Fashion Show © IAS/Deborah W. Campos -

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to dal livello di immunosoppressio-ne raggiunta prima dell’inizio dellaHAART, il virus ha ripreso a replica-re in circolo in maniera evidenziabi-le e le conte dei linfociti CD4+ so-no diminuite fino a tornare ai valoripre-HAART.Quello che recentemente è emerso,grazie anche al sempre maggior nu-mero di farmaci antiretrovirali dispo-nibili e alla recente introduzione difarmaci con differente meccani-

Con l’avvento della terapia antiretro-virale potente, il sogno di eradica-re Hiv è quasi diventato una realtàda poter considerare.Di fatto, nel periodo immediatamen-te successivo all’avvento della HA-ART (Highly Active AntiretroviralTherapy) sono stati fatti diversi ten-tativi di sospensione della terapia,dopo periodi più o meno prolunga-ti di assenza del virus dal circolo,evidenziata attraverso i comuni me-todi di rilevazione. Tutti però hannodato esito negativo: dopo un perio-do di tempo variabile, condiziona-

smo d’azione, è che occorre distin-guere tra diverse possibili tipologiedi eradicazione. Una prima tipologia è la “sterilizza-zione”, vale a dire l’eliminazione diHiv da tutti i distretti corporei, la ne-gativizzazione reale di Hiv-RNA cir-colante, l’eliminazione di tutte le cel-lule infette. È questo il noto caso del“paziente di Berlino”, che ha datol’avvio alla rivalutazione di possibiliapprocci di vera e propria cura ederadicazione: il paziente aveva su-bito un trapianto di midollo con cel-lule di donatore con gene CCR5delta32 difettivo, unitamente a unaterapia immunosoppressiva; il tut-to è insperabilmente esitato inun’eliminazione per ora duratura diHiv dall’organismo. Fino ad ora questo è l’unico casoal mondo di paziente che ha stabil-mente eliminato il virus dal proprioorganismo, ma ovviamente una si-mile terapia non è riproducibile, da-ta l’elevata tossicità della stessa cherende non etica una sua applicazio-ne in assenza di altre motivazioni(nel paziente si trattava di una tera-pia per guarire dal linfoma). Un’altra possibile via di eradicazio-ne è l’eradicazione funzionale, sulmodello del cancro, in cui la cura è20

Eradicazione di Hiv: quali possibilità

nel 2012

FOCUS ON

Françoise Barré-Sinoussi, Premio

Nobel per la medicina con Luc

Montagnier per aver scoperto l'Hiv

© IAS/Steve Shapiro -

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L’immunologo Anthony S. Fauci,

direttore del National Institute

of Allergy and Infectious Diseases

© IAS/Steve Shapiro -

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Timothy Brown, il “paziente

di Berlino”

© IAS/Steve Shapiro -

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I principali ostacoli all’eradicazionedi Hiv dall’organismo sono rappre-sentati dalla presenza di un reser-voir di cellule latenti che contengo-no il virus integrato nel proprio DNA,soprattutto cellule di memoria chenon si moltiplicano ma che posso-no iniziare una fase di moltiplicazio-ne a causa di evenienze varie equindi determinare una progressio-ne della malattia; è nota inoltre lapresenza di reservoir tissutali, qualiil sistema nevoso centrale o l’appa-rato uro-genitale, in cui vi è una bar-riera anatomo-funzionale rispetto altorrente circolatorio e in cui ceppi vi-rali differenti possono moltiplicarsi edifferenziarsi; infine, la mancata ri-sposta immune efficace è un ulte-riore elemento di mantenimento delvirus e di mancata eradicazione. Attualmente sono in studio diversimetodi farmacologici di eradicazio-ne, attraverso l’attivazione di cellu-le latenti, o la negativizzazione del-la viremia residua, oppure renden-do le cellule resistenti al virus o an-cora stimolando o al contrario ridu-cendo l’attivazione immunitaria.Per quanto riguarda la sperimenta-zione di schemi terapeutici per in-durre un’attivazione delle cellule la-tenti contenenti il virus, che verreb-bero poi a costituire bersaglio perla ART, un possibile candidato è Vo-rinostat, un farmaco utilizzato per illinfoma cutaneo a cellule T, ogget-to di uno studio pilota in Australiada parte del gruppo di Sharon Le-win. Altri studi sono in corso su Di-sulfiram e anti-PD-1. Una possibilecontroindicazione all’utilizzo di talifarmaci “attivatori” è che potrebbe-ro attivare altri virus latenti nell’orga-nismo, quali altri retrovirus o CV oaltri virus erpetici. L’intensificazione dell’ART con ma-raviroc, raltegravir o inibitori boo-sterati della proteasi non è esitatain una riduzione/negativizzazionedella viremia residua. Un possibile ulteriore approccio è

funzionale e l’esito è la condizionedi buono stato immuno-virologi-co con HIV RNA <50 copie/ml nelsangue, in assenza di ART, sul mo-dello dei cosiddetti “elite control-lers”, situazione che si verificaspontaneamente in un numero esi-guo di casi.Questi soggetti non hanno neces-sità di terapia antiretrovirale in quan-to, pur essendo infetti, hanno bas-sissime copie di virus replicante incircolo e uno stato di immunità cel-lulare del tutto conservato. Talisoggetti sono stati ampiamentestudiati al fine di comprendere le

quello di rendere resistenti le cellu-le all’ingresso di Hiv, cercando di eli-minare il co-recettore CCR5 dallasuperficie cellulare. Ciò è stato pos-sibile nel topo attraverso l’introdu-zione di nucleasi contenenti zinco incellule progenitrici ematopoietiche,che hanno reso le cellule figlie pri-ve di co-recettore CCR5.L’utilizzo di citochine, quali IL-7, daaggiungersi alla ART con lo scopodi attivare il sistema immune, è an-ch’esso oggetto di studio, comepure è in studio la riduzione dell’at-tivazione immunitaria con farmacicitotossici quali metotrexate e altri. Concludendo, possiamo sicura-mente affermare che la ricerca far-macologica per combattere l’infe-zione da Hiv sta andando oltre glischemi attualmente in uso e che sistanno aprendo buone prospettiveper una terapia più risolutiva, di era-dicazione quantomeno funzionalese non definitiva del virus, che au-spichiamo potrà realizzarsi in un fu-turo prossimo.

Prof. Antonella d’Arminio MonforteDirettore Clinica di Malattie

Infettive e Tropicali

Dipartimento di Scienze della Salute

Università di Milano - Azienda

Ospedaliera San Paolo, Milano

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Elly Katabira, presidente

dell’International Aids Society (IAS)

© IAS/Steve Shapiro -

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Sheila Tiou, direttore del Regional

Support Team for Eastern and

Southern Africa dell’UNAIDS ©

IAS/Ryan Rayburn -

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motivazioni immuno-virologiche diuno stato di controllo duraturo del-l’infezione in assenza di terapia esono state identificate alcune pecu-liarità, quali un’attiva e forte rispo-sta immune specifica a livello dellemucose. Poter realizzare lo stato di“cura funzionale” a seguito di tera-pie innovative è una speranza diquesti ultimi anni. Inoltre, data labassissima quantità di virus nell’or-ganismo, tali soggetti sono reputa-ti essere i migliori candidati per te-stare strategie di sterilizzazione edeventuali vaccini.

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concentrati unicamentesulle tradizionali infezioniche definiscono l'Aids.Sappiamo che l’Hiv pro-duce danni al corpo pertutto il tempo in cui non è control-lato’) sono le parole d’aperturadella Thompson durante la sessio-ne di presentazione delle linee gui-da.

In concomitanza con la loro pubbli-cazione su JAMA, lo scorso luglioa Washington sono state presenta-te al congresso mondiale sull’Aidsle nuove linee guida dell’Internatio-nal AIDS Society-USA relative allaterapia antiretrovirale per il tratta-mento di soggetti adulti.Il filo conduttore di tutto il documen-to, secondo quanto dichiarato daMargaret Thompson, primo autoredel lavoro e coordinatrice del paneldi 15 esperti internazionali prove-nienti da 6 nazioni, compresa l’Ita-lia, è stata l’evidenza (non suppor-tata però da studi clinici randomiz-zati ma da studi di patogenesi) chel’infezione da Hiv non trattata nonsolo può causare l’Aids ma anchedeterminare un ampio spettro dicondizioni morbose, incluse malat-tie cardiovascolari e renali, che col-piscono sempre più frequentemen-te i pazienti sieropositivi. Inoltre, da-ti recenti hanno mostrato come lasoppressione della viremia da Hivgrazie al trattamento possa ridurreil rischio di trasmissione del virusstesso. “We are no longer only focused on

traditional Aids-defining infections.

We know that Hiv is doing damage

to the body all the time when it is

not controlled” (‘non siamo più

Conseguenza di questa posizione èche, secondo le linee guida 2012,la terapia antiretrovirale deve esse-re iniziata senza tener conto dei li-velli di CD4 (chiaramente con livellidi forza/evidenza differenti; vedidiapositive sottostanti).

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FOCUS ON

Nuove linee guida IAS:uno sguardo al futuro tra qualche

contraddizione

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so di queste indicazioni in situazio-ni dove l’accesso alle cure non ègarantito a tutti in modo equo. Lediapositive sottostanti rappresenta-no l’attuale situazione negli USA,dove il reale successo della ART ènettamente inferiore a quello osser-vato in altri paesi, tra i quali l’Italia.

Queste raccomandazioni, comesottolineato dalla Thompson, sonouniversali anche se, soprattutto inconsiderazione dei costi, sono prin-cipalmente applicabili in paesi conrisorse economiche adeguate. Qui è doverosa però una prima ri-flessione sulla possibilità di succes-

Com’è possibile vedere, tra i regi-mi consigliati ci sono antiretroviralinon ancora disponibili in Italia.Infine, le linee guida della IAS-USAdedicano un piccolo paragrafo al-la profilassi pre-esposizione. Anchequi ci sembra opportuno rilevareche è quantomeno contradditoriopensare di poter garantire farmaciper prevenire la trasmissione in unasituazione a rischio quando l’offer-ta della terapia antiretrovirale copreuna percentuale così bassa dipersone che ne hanno reale neces-sità.

Rosaria Iardino

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Tornando alle linee guida altra novi-tà importante, relativa al capitolo“con cosa cominciare?”, è stata l’in-dicazione di iniziare la terapia anti-

retrovirale utilizzando precisi regimiterapeutici basati su studi clinici ran-domizzati, come ben evidenziatodalle due diapositive sotto riportate.

Melanie A. Thompson, dell’AIDS Research Consortium

di Atlanta, primo autore del documento

sulle nuove linee guida dell’International Aids Society

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Il trattamento come prevenzione

quali il soggetto Hiv+ fosse tratta-to precocemente (indipendente-mente dal numero di cellule CD4+)o tardivamente. Lo studio ha arruo-lato 1763 coppie e in totale si so-no osservate 39 trasmissioni, 4 nelgruppo trattato precocemente e 35in quello tardivo (p<.0001). Questostudio e studi successivi hanno sot-tolineato come la soppressionedell’HIVRNA con la ARV diminuiscadel 95% la probabilità di trasmissio-ne del virus; proprio per questo mo-tivo le attuali linee guida raccoman-dano l’inizio della terapia antiretro-virale in soggetti con un partner Hiv.

Trattamento deisoggetti Hiv- comeprevenzione

Argomento molto più dibattuto,soprattutto al di fuori degli USA, èinvece l’utilizzo della ARV nei sog-getti Hiv- come profilassi pre-espo-sizione (PrEP). Il farmaco utilizzatonegli studi pubblicati durante l’ulti-mo anno è il Truvada (tenofovir/em-tricitabina).• Nello studio iPrEx sono stati ar-

ruolati 2499 MSM e transgender,randomizzati a ricevere Truvadauna volta al giorno o placebo.L’efficacia della PrEP è del 42%a 48 settimane.

• Nello studio Partners PrEP sonostate arruolate 4758 coppie ete-rosessuali sierodiscordanti in Ke-

Il trattamentoantiretrovirale comeprevenzione

La terapia antiretrovirale (ARV) hadiminuito la mortalità e la morbidi-tà dell’infezione da Hiv, non soltan-to per quanto riguarda le patologiestrettamente correlate, ma ancheper gli eventi non-Aids correlati.Per questo motivo le recenti lineeguida dell’International Antiviral So-ciety (IAS) raccomandano l’iniziodella ARV in tutti i soggetti Hiv-po-sitivi, con forza di raccomandazio-ne diversa a seconda del numero dicellule CD4+. Oltre al beneficio di-retto sulla progressione clinica deipazienti, la terapia antiretrovirale habenefici sulla salute pubblica inquanto diminuisce la trasmissionedell’infezione da Hiv. Durante l’ulti-mo convegno mondiale AIDS 2012alcune sessioni di lavoro hanno cer-cato di riassumere tale argomento.L’azione della ARV sulla trasmissio-ne dell’infezione si può distinguerein due grossi capitoli.

Trattamento dei soggetti Hiv+come prevenzione

Lo studio HPTN052 ha parago-nato l’effetto della trasmissione diHiv in coppie sierodiscordanti nelle

nia e Uganda. I soggetti Hiv- so-no stati randomizzati a ricevereplacebo, tenofovir o tenofovir/em-tricitabina. Il rischio di trasmissio-ne è stato significativamente dimi-nuito dalla PrEP, e specificamen-te del 67% nel gruppo trattato contenofovir e del 75% con Truvada.

Come risultato di questi studi, a lu-glio 2012 l’FDA ha approvato l’in-dicazione del Truvada per la PrEPper ridurre il rischio di trasmissionesessuale di Hiv in adulti ad alto ri-schio, sia MSM che eterosessuali.Allo stesso tempo tale indicazioneè stata approvata nelle coppie ete-rosessuali anche dai CDC.

Quali sono i motivi che dividonola comunità scientificasulla PrEP?

• Il breve follow up: gli studi si ri-feriscono a 48 settimane; non sap-piamo se tali risultati saranno man-tenuti successivamente, soprattut-to in quale misura sarà mantenu-ta l’aderenza al trattamento.

• Gli effetti collaterali: nei soggettiHiv- che hanno assunto Truvadae tenofovir come PrEP si è osser-vata una significativa diminuzionedella densità ossea, in particola-re nelle donne. Quale effetto avràl’assunzione del farmaco a lungotermine in soggetti Hiv-?

• L’insorgenza di resistenze: gli stu-di hanno sottolineato l’acquisizio-ne di un virus resistente in 2 sog-getti su 8 infettati nel gruppoesposto a PrEP, corrispondenti al25% dei casi. Ricordiamoci che ilTruvada è il farmaco attualmenteusato nel 75% delle prime linee ditrattamento.

• I costi: chi pagherà per la PrEP?

Dott. Silvia NozzaDirigente Medico

Ospedale San Raffaele Milano24

FOCUS ON

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Lo studio APV20002 ha visto lasomministrazione di Fosamprenavircon booster di ritonavir (FPV/r) inbambini di età tra 6 mesi e 2 anni(cohort 1) e in bambini di età da 4settimane a 6 mesi (cohort 2) . Il64% nella coorte 1 e il 58% nellacoorte 2 dei bambini hanno rag-giunto alla 48° settimana una vire-mia < 50 cp/ml, l’incremento me-diano dei CD4 alla 48° settimana èstato del 5% in entrambe le coorti.I più comuni effetti collaterali sonostati gastroenterite e infezione allevie respiratorie. Nello studio IMPAACT P11093sono stati arruolati 10 adolescentidi età compresa tra 12 e 18 anni,9 pazienti hanno ricevuto dolutegra-vir (DTG) al dosaggio di 50 mg/kge 1 paziente al dosaggio di 35mg/kg die. HIIV-RNA < 40 cp/ml èstato raggiunto da 7 su 10 pazien-ti dopo 4 settimane di terapia ed èrisultato ben tollerato. PIANO è uno studio di fase II, a 48settimane, atto a valutare la sicurez-za, l’efficacia e la farmacocinetica dietravirina somministrata al dosaggiodi 5,2 mg/kg bid (massima dose die200 mg), in bambini di 6-12 annie adolescenti di 12-18 anni. Allasettimana 48, il 56% dei pazienti haraggiunto una viremia < 50 cp/ml,con un’efficacia sovrapponibile aquella osservata negli adulti nellostudio DUET; la risposta virologica

La 19° edizione della Conferenza In-ternazionale sull’Aids ha visto, nel-la sessione dedicata alla pediatria,importanti risultati sulla sicurezza,tolleranza ed efficacia dei farmaciantiretrovirali.Lo studio Dione è uno studio di fa-se II in cui Darunavir con booster diritonavir (DRV/r) 800/100 mg qd èstato somministrato con ZDV/3TCo ABC/3TC in adolescenti Hiv-infet-ti, naive. Sono stati arruolati 12 pa-zienti, 6 hanno ricevuto il back bo-ne costituito da 3TC/ZDV e 6 da3TC/ABC; di questi, 10 hanno rag-giunto il livello di viremia < 50 cp/ml.DRV/r once a day è risultato quin-di efficace a 48 settimane di tratta-mento.HPTN 057 è uno studio di fase I incui tenofovir (TDF) è stato sommi-nistrato a 33 donne, alla dose di600 mg/dose al momento del par-to o 4 ore prima del TC, e ai loroneonati, alla dose di 6 mg/kg dieper 7 dosi. Il target dello studio erariuscire a mantenere una concentra-zione di TDF > 50 ng/ml nella pri-ma settimana di vita dei neonati. Laconcentrazione media di TDF è ri-sultata> 50 ng/ml nelle donne almomento del parto; nei neonati a24 h dopo la somministrazione diTDF tale concentrazione è stataraggiunta nel 90,3% dei casi, nel96,4% dopo la 4° dose e nel 73,3%dopo la 7° dose.

è stata migliore nei bambini rispet-to agli adolescenti e i primi hannopresentato una migliore aderenza.IMPAACT P1066 è uno studio mul-ticentrico di fase I/II per valutare lafarmacocinetica, la sicurezza, tolle-rabilità ed efficacia di raltegravir (RAL) in diverse formulazioni in gio-vani experienced Hiv+. RAL è sta-to somministrato al dosaggio di 400mg bid in formulazione di compres-se a pazienti di età tra 6 e 18 annie sotto forma di chewing gum inbambini di età 2-12 anni al dosag-gio di 6 mg/kg bid. HIV-RNA < 50cp/ml è stato raggiunto dal 56,7%dei pazienti con un incremento me-dio dei CD4+ 155,7 cellule(ul) . En-trambe le formulazioni sono stateben tollerate.Children: growing up with Hiv, ul-tima sessione pediatrica della con-ferenza, è stata dedicata alle diffi-coltà e alle complicanze, non solocliniche, che un bambino sieropo-sitivo deve affrontare. Molto toccan-ti le esperienze di due ragazzi chehanno raccontato il loro vissuto.Una ragazza tailandese ha scoper-to di essere infetta quando aveva 11anni; nata in una famiglia economi-camente modesta, la sua determi-nazione l’ha portata a raggiungereottimi risultati a scuola fino alla bor-sa di studio che le permetterà di fre-quentare l’Università.Il secondo ragazzo ha parlato del-la sua convivenza con il virus Hivnella prima infanzia, ricordando ladifficoltà nell’assumere numerosepastiglie al giorno, il gusto sgrade-vole degli sciroppi e, una volta ve-nuto a conoscenza della diagnosi,la difficoltà nelle relazioni con gli ami-ci e soprattutto con le ragazze. Nelsuo futuro vede una famiglia, un la-voro e un vaccino per guarire defi-nitivamente dall’infezione.

Dott. Vania GiacometUnità di Infettivologia Pediatrica

Dipartimento di Pediatria

AO Luigi Sacco

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FOCUS ON

Ricercapediatrica

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Anche se già fonti antiche, tra cuiun papiro egiziano, un trattato dimedicina Ayurveda del 5.000 a. C.,la Bibbia e alcuni scritti di Galenoavevano descritto sintomi ricondu-cibili a quelli della malattia di Par-kinson, fu solo nel 1817 che il me-dico inglese James Parkinsonpubblicò un saggio in cui descri-veva sei casi di “paralisi agitante”.Da allora molta strada è stata fat-ta nella conoscenza della malattia,ma ancora oggi non ne sono chia-re le cause, anche se l’alterazio-ne biochimica che ne causa i sin-tomi è stata identificata negli an-ni Sessanta

zione della mobilità autonoma e vo-lontaria senza che ci sia riduzionedella forza muscolare; la rigidità,spesso asimmetrica; il tremore a ri-

poso, a 4-6 cicli per secondo, cheè assente durante il sonno e men-tre si compiono movimenti volonta-ri e che in genere peggiora nelle si-tuazioni di stress emozionale. Il tre-more non è comunque presente intutti i pazienti, soprattutto all’esor-dio della malattia, che ha una pro-gressione tipicamente lenta. In una fase più avanzata si verificainoltre instabilità posturale con per-dita di equilibrio; possono comple-tare il quadro clinico disturbi dellaparola e della scrittura, turbe vege-tative, disturbi del sonno e sintomiansioso-depressivi. Circa un terzodei casi presenta inoltre, nelle fasitardive, deterioramento intellettivo.La diagnosi di malattia di Parkinsonè di competenza del neurologo, cheattraverso la valutazione di sintomi esegni neurologici formula un’ipotesidiagnostica. Poiché diverse caratte-ristiche della malattia all’esordio so-no presenti anche in altre condizio-ni, la percentuale di errore diagno-stico in questa fase è del 20-25%;per raggiungere una diagnosi certaè necessario escludere altre patolo-gie che possono essere, in partico-lare nelle fasi iniziali di malattia, mol-to simili alla malattia di Parkinson, co-me la malattia di Wilson, l’Alzheimer,la malattia di Huntington, i tumori ce-

Di certo si sa solo che la malattia èdovuta alla degenerazione cronicae progressiva delle strutture nervo-se che costituiscono il sistema ex-trapiramidale, vale a dire quell’insie-me di vie e centri nervosi che agi-scono direttamente o indirettamen-te sulla corretta azione motoria,controllando le reazioni istintive eadattandole al movimento volonta-rio, coordinato dal sistema pirami-dale. Tale alterazione è stata mag-giormente osservata in un’area delsistema nervoso centrale detta so-stanza nera o substantia nigra, unnucleo situato a livello del mesen-cefalo in cui viene prodotta la do-pamina, un neurotrasmettitore ingrado di facilitare il movimento. Per dirla in parole povere, il Parkin-son è quindi dovuto alla perdita digruppi cellulari situati nelle aree pro-fonde del cervello in grado di faci-litare il movimento attraverso la se-crezione di dopamina. Gli studi con-dotti negli ultimi anni hanno eviden-ziato alcuni fattori che sembranoconcorrere allo sviluppo della ma-lattia, tra cui alcune mutazioni ge-netiche (circa il 20% dei pazientipresenta una storia familiare posi-tiva per la malattia), esposizione atossine (tra cui alcuni pesticidi eidrocarburi-solventi come la trielina)e a metalli pesanti (ferro, zinco, ra-me), mentre il fumo di sigarettasembra essere un fattore protettivo.La malattia di Parkinson è la più fre-quente tra quelle che appartengo-no al gruppo di patologie definite“Disordini del Movimento”. Tre so-no i sintomi che ne indicano la pre-senza: la bradicinesia, ossia la ridu-26

A L T R EMALATTIE

La malattia di Parkinson è diffusa in tut-to il mondo ed in tutti i gruppi etnici. Col-pisce entrambi i sessi, con una lieve pre-valenza in quello maschile. L’età media di esordio è intorno ai 58-60anni (1-2% della popolazione), ma esisto-no casi di esordio giovanile - circa il 5 %dei casi - che avviene tra i 21 e i 40 an-ni, mentre è rarissima prima dei 20 anni.

James Parkinson, il medico

inglese scopritore della malattia

Il Parkinson

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Oggi la terapiapiù utilizzata èquella con levo-

dopa, grazie alquale l’aspet-tati-va di vita dei pa-zienti è solo dipoco inferiore aquella della po-polazione sana;questo farmacopuò però dareluogo alla cosid-detta “sin-dromeda trattamentocon levodopa”,un insieme dicompl icazioniche possono in-

sorgere nel paziente dopo alcunianni di assunzione del farmaco: lepiù comuni sono il fenomeno delwearing-off (effetto di fine dose) checonsiste nella riduzione della dura-ta dell’effetto terapeutico della sin-gola dose, le “fasi on-off”, ossia l’al-ternanza nella risposta alla terapia,e l’avvento di turbe neuropsichiatri-che, caratterizzate da disturbi delsonno e allucinazioni. Per questo motivo sono in fase disperimentazione farmaci che pos-sano sostituire o essere associati allevodopa, in modo da ritardare l’in-

sorgenza di queste manifestazionicollaterali.Sono poi in sperimentazione tera-pie chirurgiche, che consistono nelposizionamento di un elettrodo nelcervello che indirizza microcorrentielettriche verso quelle aree che go-vernano un certo movimento. Al Po-liclinico di Milano il gruppo di lavo-ro guidato dal professor AlbertoPriori ha ideato uno stimolatore in-telligente, denominato PacemakerCerebrale Adattativo, in grado diadattarsi alle necessità di ogni pa-ziente per ridurre, per esempio, i tre-mori del corpo esattamente nellamisura necessaria.L’utilizzo di cellule staminali embrio-nali appositamente stimolate hannoprodotto in ratti affetti da malattia diParkinson il rallentamento dellaprogressione della malattia fino al-l’arresto, aprendo nuovi orizzonti diricerca che al momento si scontra-no però con forti opposizioni di ti-po etico.È poi in fase di sperimentazione laterapia genica, che finora ha datorisultati promettenti senza effetti col-laterali, e altre ricerche indicano lapossibilità di usare tecniche di inge-gneria genetica.

Sarah Sajetti

rebrali o i disordini da alterato meta-bolismo del calcio. Gli esami stru-mentali, quali la risonanza magneti-ca, la risonanza magnetica funziona-le, la spettroscopia di risonanza ma-gnetica nucleare e la sonografia tran-scranica, servono da supporto alladiagnosi clinica. Il decorso della malattia di Parkin-son è variabile ma si tratta di unapatologia cronica, che progrediscelentamente e coinvolge diverse fun-zioni motorie, vegetative, compor-tamentali e cognitive, con conse-guenze sulla qualità di vita. Una cu-ra per il Parkinson non esiste, maricercatori e clinici sono concordisull’importanza di una diagnosi pre-coce seguita dall’immediato iniziodella terapia farmacologica.

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Sopra gli 85 anni colpisce il 3-5% dellapopolazione.Il periodo di tempo che intercorre tra l’ini-zio della degenerazione neuronale el’esordio dei sintomi motori, ossia la fasepreclinica, è fissata da alcuni studi intor-no a 5 anni, ma non tutti gli studiosi so-no concordi con questo dato.

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EDimostrazione per il mancato

finanziamento del Global Fund dal

parte dell’Italia ©IAS/Marcus

Rose/Worker's Photos

ne, che dovrebbero costituire un’ef-ficace sintesi di iniziative coordina-te sul piano dell’educazione/preven-zione, dell’accesso alle cure e del-la tutela dei diritti, tutte supportateda un adeguato sforzo di investi-mento, nella consapevolezza chestanziare risorse sulla prevenzioneha già nel medio periodo il sicuro ef-fetto di comportare un significativorisparmio di spesa per la sanitàpubblica. Dal nostro osservatorio privilegiatodi organizzazione che mantienecontatti con molte diverse realtà delterritorio, non possiamo che rileva-re la sostanziale indifferenza delleistituzioni rispetto ai chiari segnali,che da anni andiamo denunciando,di un costante e progressivo dete-rioramento dei livelli di tutela dellepersone Hiv+, cui si associano

un’ormai atavica debolezza e as-senza di contenuti qualificati nellepolitiche pubbliche di prevenzione. Tutti presi a far quadrare i conti, sen-za tuttavia mai riuscire a incideresulle reali sacche d’inefficienza e dispreco, politici e amministratori liqui-dano la questione della prevenzio-ne come un problema non priorita-rio, accettando più o meno consa-pevolmente la comoda e rassicu-rante versione che vorrebbel’Hiv/Aids un’emergenza sanitariadel “sud” del mondo, laddove l’Ita-lia apparterrebbe a una fortunataschiera di Paesi avanzati che han-no imparato a gestire il fenomenocontenendolo entro limiti di “accet-tabilità”. Per non parlare di chi, purrivestendo ruoli di elevata respon-sabilità, mostra una drammaticaignoranza della realtà in questione,ritenendola ancora un problema dipochi e ben determinati gruppi di in-dividui che si pongono ai marginidella società. Un’assurda illusione, per tutti colo-ro che come noi assistono, non in-differenti e non senza reagire, aldrammatico deterioramento deipresidi sanitari, dei servizi di preven-zione e informazione sulle IST, del-le politiche di lotta allo stigma.

In questa estate 2012 che havisto lo svolgimento, a Washington,della XIX Conferenza Mondiale sul-l’Hiv/Aids, nel corso della quale siè disegnato un quadro a luci edombre e comunque di notevolecomplessità a livello globale, sareb-be opportuno che anche l’Italia, chenella carta geografica del mondo af-flitto dall’epidemia costituisce, tut-to sommato, un punto non tra i piùnevralgici, si ponesse alcune fonda-mentali domande sul proprio impe-gno e sul proprio contributo alla lot-ta contro il virus. Il Paese deve confrontarsi con gli ef-fetti di un’instabilità economica or-mai cronica, conseguenza di anni disconsiderate politiche economichee sociali, i cui effetti si riflettono ine-sorabilmente anche sul bilanciodelle azioni di contrasto all’infezio-

Ambiziose dichiarazionie colpevoli inefficienze

D I R I T T IE DOVERI

di Matteo Schwarz

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il consenso unanime di tutti, per rea-lizzare azioni tempestive su temi ri-spetto ai quali anche le modalità diintervento potrebbero essere con-cordate facilmente. Ripetiamo: le diversità, anche forti,tra i punti di vista sono quasi sem-pre un elemento di ricchezza del di-battito, se si accompagnano a unanaturale capacità di tutti i dialogan-ti di riconoscere la validità degli ar-gomenti altrui e di identificare l’or-dine delle priorità. In tal modo, dal-la dialettica fra le parti scaturisce unprogramma d’azione che, lungi dalcostituire uno sterile elenco di reci-proche concessioni, disegna una li-nea d’azione costruita in modo stra-tegico e in funzione di obiettivi pre-cisi. Peraltro l’azione delle nostre ONGpotrebbe in molti casi avvalersi an-che delle pregresse esperienze dialtri Paesi, in cui il lavoro congiun-to di ONG, organizzazioni di pazien-ti e autorità sanitarie ha già prodot-to e continua a produrre politiche ef-ficaci e consolidate. Certo, occorre anche tenere in con-siderazione le peculiarità della nostrarealtà italiana, una delle quali è pro-prio la qui denunciata incapacità diguardare oltre gli steccati rappresen-tati dal proprio orizzonte individuale.Ma non possiamo non osservare cheoramai nel mondo occidentale di cuifacciamo parte, la realtà dell’Hiv/Aidssi configura in modo simile in moltiPaesi, con sfumature e diversità chenon dovrebbero incidere in misura ri-levante sul contenuto delle politichepubbliche di contrasto.

Un momento positivo di coe-sione lo abbiamo vissuto, loscorso anno, allorché, alla vi-gilia dell’International AidsConference, tenutasi nel me-se di luglio a Roma, le orga-nizzazioni italiane impegna-te nel contrasto all’infezionee nell’assistenza ai pazien-ti, fiancheggiate da altre

rappresentanze della società civile,hanno dato vita al Forum della So-cietà Civile sull’Hiv/Aids, il cui lavo-ro ha in tempi rapidi portato alla ste-sura della Dichiarazione di Roma,un documento al contempo di de-nuncia delle inefficienze italiane eprogrammatico, contenente unpuntuale e dettagliato decalogo diobiettivi prioritari e di suggerimenticoncreti per lo sviluppo e la gestio-ne di efficaci politiche di contrastoall’infezione. A un anno dalla sottoscrizione e dal-la successiva proclamazione dellaDichiarazione, all’apertura dellaConferenza di Roma, cosa ne è sta-to di questo ambizioso documen-to? In che modo istituzioni e orga-nizzazioni non governative hannodato seguito ai propositi in essocontenuti? Temiamo di dover stilare un bilan-cio non positivo di quest’ultimo an-no. I luoghi preposti alla raccoltadelle proposte contenute nella Di-chiarazione e all’elaborazione diprogrammi di azione concreta perla loro attuazione hanno visto il ra-pido sopirsi della coesione e dellosforzo che avevano prodotto l’am-bizioso documento e si è presto tor-nati alle vecchie contrapposizioni epolemiche, aggravate da una con-giuntura economica che ha dram-maticamente assottigliato le giàesigue risorse con cui finanziare iprogetti. Il virus ringrazia.

Non illudiamoci: complice ilquadro qui sopra delineato,il virus continua a diffonder-si più o meno silenziosa-mente, avvalendosi dicondizioni di particolarefavore, e presto l’emer-genza sanitaria non tar-derà a manifestarsi nel-la sua reale dimensione, costringen-doci a fare i conti con le colpevoliinerzie di questi lunghi anni e presen-tando a coloro che hanno la respon-sabilità di amministrare la spesa sa-nitaria un conto assai salato. E affinché questo scritto non suonicome l’ennesima denuncia delle so-le colpevoli inefficienze ascrivibili al-le istituzioni preposte alla tutela del-la salute pubblica, è bene che final-mente, e in modo chiaro, anche leorganizzazioni della società civileche hanno fatto della lotta all’Aidsl’esclusivo o il principale oggettodelle proprie attività si assumano ledovute responsabilità in merito aquesto quadro desolante. Innanzitutto per la litigiosità e perl’assenza di coordinamento dimo-strate in seno ai tavoli di lavoro e agliorgani consultivi e di proposta co-stituiti presso il ministero della Sa-lute, a cui molti rappresentanti didette organizzazioni siedono daanni. La voce di chi ha la responsa-bilità di rappresentare pazienti e so-cietà civile è costantemente indebo-lita da contrasti interni e da contrap-posizioni sterili che, ben lungi dal for-nire un confronto costruttivo tra pun-ti di vista legittimamente diversi maugualmente animati da un comunedesiderio di sintesi efficace, celanosolo inimicizie e antipatie, talvoltapersonali, conflittualità sui ruoli e sul-la visibilità che da questi deriva, de-siderio di accreditamento presso leistituzioni come interlocutori prefe-renziali rispetto ad altri. Eppure, dato lo stato dell’arte, nonmancherebbero questioni di priori-taria urgenza su cui far convergere

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SPOTLIGHT di Nome Cognome

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mio avviso, almeno a due esigenze,entrambe di carattere strettamentesanitario e sociale.La prima è quella, da tempo eviden-te a tutti, di realizzare una sola se-de che integri impianti, servizi ge-nerali e tecnologia dei due centrid’eccellenza Besta e Istituto dei tu-mori. È questo infatti l’unico modoper ammodernare i due istituti, afronte di risorse economiche ridot-te, e rispondere alle richieste di cu-ra che vanno e andranno sempre dipiù oltre l’ambito  metropolitano e re-gionale. Il 60% dei pazienti infatti  giàoggi non è milanese.L’urgenza di realizzare un’unica se-de di ricerca clinica e preclinica,  cheospiti tutte le attività dei due istituti,nasce anche dalle nuove necessitàgiunte con le continue scoperte re-lative al genoma umano e alla me-dicina molecolare. Tale attività di ri-cerca applicata ai pazienti, infatti, de-ve poter contare su  dimensioni mi-nime per garantire investimenti effi-caci. L’integrazione fra istituto Tumo-

ri e Besta  rafforza, inoltre, quelle si-nergie che sono state sperimenta-te in questi anni, sia nel campo del-la ricerca di base che della neuro-on-cologia pediatrica. Ma non solo.L’unione dei due istituti è anche ilmodo per realizzare un centro di ri-cerca pubblico, che affianchi e bilan-ci le realtà private già esistenti, digrande prestigio, ma che, a ecce-zione del  San Raffaele,  sono tut-te monospecialistiche.La seconda considerazione è di ca-rattere più generale. L’accordo diprogramma, che vede coinvolti laRegione e i Comuni di Milano e diSesto San Giovanni, potrebbe es-sere una delle occasioni per ripen-sare l’offerta sanitaria su scala me-tropolitana. L’intervento non deve li-mitarsi alla Città della salute ma ri-guardare anche altri ospedali estrutture sanitarie. A essere rivistadeve essere l’intera rete. La neces-sità non è quella di costruire nuoviospedali (il numero di posti letto peracuti è tra i più alti del Paese) ma diriqualificare le strutture esistenti in al-cuni casi non più idonee a garanti-re servizi e assistenza di qualità. Peril Nord Millano, in particolare, que-sta può essere l’occasione per rivi-sitare le funzioni dell’ospedale di Se-sto San Giovanni e del Bassini.

Sara ValmaggiVicepresidente del Consiglio

regionale della Lombardia

Partito Democratico

Un nuovo polo sanitario cheunirà l’Istituto neurologico Besta el’istituto dei tumori, raccogliendofunzioni di salute, ricerca, didattica,assistenza e cura. Questo in sinte-si il progetto Città della salute, for-temente sollecitato dai due ospedalie approvato dalla giunta regionaledella Lombardia il 2 luglio scorso. Afinanziare il progetto, che sorgerà aSesto san Giovanni, sulle aree Falck,sarà in gran parte la Regione checontribuirà con 350 milioni di euro su440. Da Roma arriveranno 40 milio-ni, il resto sarà reperito in project fi-

nancing. L’accordo di programma,che sarà redatto da Ministero dellasalute, Regione, Comune di Milanoe di Sesto San Giovanni e dalle dueaziende ospedaliere dovrà essere si-glato entro il 31 marzo 2013. Il nuo-vo polo sanitario dovrà essere ope-rativo entro il 2017, pena la perditadei fondi stanziati.Un progetto ambizioso quello dellaCittà della salute, avviato con ungrande ritardo, la cui responsabili-tà è tutta della Regione, che ha avu-to un percorso di crescita discus-so e travagliato (il primo accordo diprogramma risale al 7 aprile del2009) e che ora per essere realizza-to nei tempi stabiliti richiede l’inter-vento attivo di tutti i soggetti coinvol-ti. Ma un progetto necessario, chedeve essere sostenuto con convin-zione, non per la sua localizzazioneo per considerazioni di carattere ur-banistico, ma perché risponde, a

La città della salute

Secondo il progetto approvato in Regione la Città della Salute e della Ricerca sor-gerà nelle aree ex Falck su una superficie di 129.000 mq, di cui 17.000 per la ri-cerca, 75.000 per le funzioni sanitarie, 38.000 per i servizi di supporto. I posti letto saranno da 630 fino a 705, di cui 482 dell'Istituto Tumori e 223 delBesta. Sono previste 12 sale operatorie (4 ibride), 4 di radiologia interventistica, 5 di en-doscopia interventistica, 3 di endoscopia diagnostica. L'area diagnostica sarà dotata di 20 sale diagnostica per immagini, 6 RMN, 3 TAC,11 bunker e 3 sale simulatore (radioterapia e fisica sanitaria), 10 sale diagnosticadi medicina nucleare. L'area laboratoristica sarà dotata di un laboratorio di anato-mia patologica e di un centro trasfusionale. L'area diurna avrà 80 ambulatori di primo livello e 40 di secondo livello, 5 sale perday surgery e 4 ambulatori chirurgici. La degenza diurna chirurgica disporrà di 30posti letto, la degenza diurna medica di 25 posti letto in oncologia e 15 in neuro-logia.

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REAL LIFE NETWORK 2/2012

Trimestrale d’informazione dei Network Persone Sieropositive OnIusRegistrazione Tribunale di Roma n. 359 dei 27/07/2007

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