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1 “Draft Version” DOSSIER DI APPROFONDIMENTO INTERNATIONAL WORKSHOP ON TRAFFICKING OF HUMAN BEINGS SHARING EXPERIENCES IN THE FIELD OF PREVENTION Seminario di lavoro per lo scambio di buone pratiche Conferenza finale aperta al pubblico ITALIA - PORTOGALLO - ROMANIA Sala delle Carrozze di Villa Niscemi, Palermo 8-9-10 Settembre 2015 Aula Consiliare di Palazzo delle Aquile, Palermo 11 Settembre 2015 Promotore ed organizzatore : CISS Cooperazione Internazionale Sud Sud (Italia) Organizzazioni Partner: UMAR –União de Mulheres Alternativa e Resposta (Portogallo) & Pro Prietania Arad (Romania) BACKGROUND E CONTESTO DI RIFERIMENTO L’evento si è svolto a Palermo nelle giornate dell’8, 9, 10 Settembre 2015; la mattina dell’11 Settembre è stato organizzato un momento pubblico di divulgazione e presentazione dei risultati. Il seminario si proponeva quale occasione di approfondimento del tema della tratta di esseri umani a livello europeo ponendo particolare attenzione su altre tematiche interconnesse: la tutela dei diritti umani di gruppi vulnerabili, lo sfruttamento sessuale, le forme moderne di schiavitù, la prevenzione del crimine organizzato a livello transnazionale, il tema della confisca dei beni al crimine organizzato, il risarcimento delle vittime, le iniziative di sensibilizzazione ed educazione per promuovere una maggiore consapevolezza delle problematiche elencate . Il seminario ha rappresentato un’importante occasione per il territorio di Palermo; l’iniziativa ha dato la possibilità ad una vasta categoria di attori pubblici e privati di entrare in relazione per rafforzare il lavoro di rete per un’azione di lungo periodo di contrasto e prevenzione del fenomeno della tratta. L’iniziativa è una tappa importante del progetto “CONNECT - Rafforzare la cooperazione orizzontale tra Italia, Portogallo e Romania nella lotta alla tratta di esseri umani”, il cui obiettivo è il creare una rete per lo scambio di buone pratiche tra paesi di origine, transito e destinazione delle vittime della tratta di esseri umani. Il progetto ha quindi come finalità la condivisione di strategie, strumenti e approcci tra Italia, Portogallo e Romania, sostenendo la cooperazione internazionale contro la tratta. L’azione si colloca nell’ambito delle iniziative realizzate dai soggetti promotori volte a contribuire a combattere e prevenire la tratta di esseri umani in Europa. Il fenomeno della tratta delle donne, è affrontato nell’ambito del progetto, per le sue interconnessioni e la rilevante dimensione che assume nei tre paesi che partecipano all’iniziativa. Grazie allo scambio di buone pratiche, il progetto contribuirà ad affrontare le lacune identificate nei sistemi di riferimento nazionali, attraverso la messa in rete di soggetti pubblici e privati che intervengono sul tema. Il seminario tenutosi a Palermo è parte integrante dunque di un percorso più ampio, che ha visto il realizzarsi di una prima tappa a Lisbona (Portogallo) nel Luglio 2014. Un primo laboratorio di scambio di buone pratiche ha permesso ai partecipanti di focalizzarsi nelle procedure di identificazione delle vittime e dei sistemi di monitoraggio nel campo della tratta di esseri umani, a partire dalle esperienze recentemente sviluppatesi in

Dossier CONNECT 8-11 Settembre 2015 Palermo

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INTERNATIONAL WORKSHOP ON TRAFFICKING OF HUMAN BEINGS SHARING EXPERIENCES IN THE FIELD OF PREVENTION.Dossier di approfondimento del seminario internazionale sulla tratta ed il traffico di esseri umani che il CISS ha organizzato a Palermo, dall'8 all'11 settembre, insieme a UMAR –União de Mulheres Alternativa e Resposta (Portogallo) e Pro Prietania Arad (Romania).

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“Draft Version”

DOSSIER DI APPROFONDIMENTO

INTERNATIONAL WORKSHOP ON TRAFFICKING OF HUMAN BEINGS

SHARING EXPERIENCES IN THE FIELD OF PREVENTION

Seminario di lavoro per lo scambio di buone pratiche

Conferenza finale aperta al pubblico

ITALIA - PORTOGALLO - ROMANIA

Sala delle Carrozze di Villa Niscemi, Palermo 8-9-10 Settembre 2015 Aula Consiliare di Palazzo delle Aquile, Palermo 11 Settembre 2015

Promotore ed organizzatore : CISS – Cooperazione Internazionale Sud Sud (Italia)

Organizzazioni Partner: UMAR –União de Mulheres Alternativa e Resposta (Portogallo)

& Pro Prietania Arad (Romania)

BACKGROUND E CONTESTO DI RIFERIMENTO

L’evento si è svolto a Palermo nelle giornate dell’8, 9, 10 Settembre 2015; la mattina dell’11 Settembre è stato organizzato un momento pubblico di divulgazione e presentazione dei risultati. Il seminario si proponeva quale occasione di approfondimento del tema della tratta di esseri umani a livello europeo ponendo particolare attenzione su altre tematiche interconnesse: la tutela dei diritti umani di gruppi vulnerabili, lo sfruttamento sessuale, le forme moderne di schiavitù, la prevenzione del crimine organizzato a livello transnazionale, il tema della confisca dei beni al crimine organizzato, il risarcimento delle vittime, le iniziative di sensibilizzazione ed educazione per promuovere una maggiore consapevolezza delle problematiche elencate. Il seminario ha rappresentato un’importante occasione per il territorio di Palermo; l’iniziativa ha dato la possibilità ad una vasta categoria di attori pubblici e privati di entrare in relazione per rafforzare il lavoro di rete per un’azione di lungo periodo di contrasto e prevenzione del fenomeno della tratta.

L’iniziativa è una tappa importante del progetto “CONNECT - Rafforzare la cooperazione orizzontale tra Italia, Portogallo e Romania nella lotta alla tratta di esseri umani”, il cui obiettivo è il creare una rete per lo scambio di buone pratiche tra paesi di origine, transito e destinazione delle vittime della tratta di esseri umani. Il progetto ha quindi come finalità la condivisione di strategie, strumenti e approcci tra Italia, Portogallo e Romania, sostenendo la cooperazione internazionale contro la tratta.

L’azione si colloca nell’ambito delle iniziative realizzate dai soggetti promotori volte a contribuire a combattere e prevenire la tratta di esseri umani in Europa. Il fenomeno della tratta delle donne, è affrontato nell’ambito del progetto, per le sue interconnessioni e la rilevante dimensione che assume nei tre paesi che partecipano all’iniziativa. Grazie allo scambio di buone pratiche, il progetto contribuirà ad affrontare le lacune identificate nei sistemi di riferimento nazionali, attraverso la messa in rete di soggetti pubblici e privati che intervengono sul tema. Il seminario tenutosi a Palermo è parte integrante dunque di un percorso più ampio, che ha visto il realizzarsi di una prima tappa a Lisbona (Portogallo) nel Luglio 2014. Un primo laboratorio di scambio di buone pratiche ha permesso ai partecipanti di focalizzarsi nelle procedure di identificazione delle vittime e dei sistemi di monitoraggio nel campo della tratta di esseri umani, a partire dalle esperienze recentemente sviluppatesi in

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Portogallo. In Portogallo è attivo l’Osservatorio Portoghese Contro la Tratta; attraverso l’Osservatorio i partecipanti è stato offerto un approfondimento del Meccanismo di Riferimento Nazionale del Portogallo, allargando la riflessione agli altri paesi presenti, con particolare attenzione agli strumenti di monitoraggio per la raccolta, trattamento, analisi e condivisione delle informazioni sulle vittime della tratta. Un secondo seminario è stato organizzato nell’importante centro di Timisoara (Romania) lo scorso settembre 2014. L’evento ha offerto un’occasione di scambio di buone pratiche in materia di Repressione del reato di Tratta di esseri umani, a partire dall’esperienza maturata dalle rete inter-istituzionale Rumena; ha inoltre dato la possibilità ai diversi partecipanti di affrontare il tema del lavoro attraverso la costituzione di team multidisciplinari. A Palermo dunque si è tenuto il terzo seminario che conclude il percorso di scambio a livello multidisciplinare ed europeo. Una seconda fase del progetto, sarà dedicata allo scambio di buone pratiche in materia di prevenzione, attraverso la creazione di una piattaforma online e l’organizzazione di web-seminars indirizzati in particolare a educatori e responsabili della comunicazione. Queste attività si concentreranno sullo scambio di strumenti operativi quali: kit didattici, spots audiovisivi, materiali grafici di diffusione. L’obiettivo della piattaforma è quello di lanciare una campagna di sensibilizzazione.

L’iniziativa si inserisce inoltre nell’ambito di una Campagna di informazione e sensibilizzazione più ampia, dal titolo “Io Non Tratto”, avviata nel corso del 2014 e che già ha visto la realizzazione di diverse attività di comunicazione sociale con il coinvolgimento attivo del Comune di Palermo, dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia, di scuole ed associazioni della città. Le diverse iniziative culturali ed informative realizzate nell’ambito della campagna (tavole rotonde, laboratori, campagne pubblicitarie, produzione di materiali audiovisivi, mostre, etc.) hanno in comune l’obiettivo di promuovere una maggiore consapevolezza tra i cittadini dell’importanza di intraprendere un’azione collettiva contro la tratta, per una cittadinanza inclusiva fondata sul rispetto dei diritti umani.

SINTESI DELL’INIZIATIVA SEMINARIALE

Le 3 giornate di lavoro e scambio internazionale sul tema della tratta di esseri umani (International Workshop on Trafficking of Human Beings. Sharing experiences in the field of Prevention. Seminario internazionale per lo scambio di buone pratiche tra Italia, Portogallo e Romania) si sono concluse a Villa Niscemi ieri – 10 settembre - con la partecipazione di più di 60 persone in rappresentanza di un’ampia tipologia di attori che operano nel settore pubblico e nell'ambito del terzo settore a sostegno del contrasto e della prevenzione della tratta di esseri umani. Volontari, professionisti ed esperti impegnati nella città di Palermo nei diversi ambiti d’intervento sociale, giuridico, educativo e culturale, hanno colto l’opportunità di confrontarsi con esperienze, metodologie e normative differenti sperimentate in Portogallo ed in Romania da una vasta rete di soggetti, condividendo le difficoltà legate all’assenza di un quadro di riferimento condiviso e consolidato in materia di protezione delle vittime della tratta e di repressione del sistema di reclutamento, trasferimento e sfruttamento in gioco in un’area di transito per le migrazioni di donne, uomini e minori. Nonostante la tratta di persone nel territorio non possa essere interamente ricondotta e sovrapposta alle rotte che attraversano il Canale di Sicilia, è chiaramente emersa la necessità di rafforzare la capacità di individuare ed assistere le vittime della tratta nei percorsi di prima accoglienza all’arrivo degli sbarchi che da circa due anni drammaticamente si intensificano sulle coste siciliane.

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I lavori sono coordinati dal CISS/Cooperazione Internazionale Sud Sud, ONG che opera a Palermo ed a livello internazionale dal 1986 capofila del progetto CONNECT - denominato “CONNECT- Rafforzare la cooperazione orizzontale tra Italia, Portogallo e Romania nell’ambito della lotta contro la tratta di esseri umani”, progetto biennale svolto grazie al sostegno della Commissione Europea in collaborazione con le associazioni UMAR - União de Mulheres Alternativa e Resposta (Portogallo) e Fundatia Pro Prietania Arad (Romania). Il seminario tecnico di approfondimento ha goduto del gratuito patrocinio e del sostegno del Comune di Palermo, che già da due anni sostiene le diverse iniziative proposte dal CISS nell’ambito della campagna di sensibilizzazione “Io Non Tratto”.

Molti gli spunti di lavoro emersi e tante le questioni su cui istituzioni e operatori saranno sempre più chiamati a interrogarsi: nel caso di Palermo, come prevenire il rischio, pur in presenza di un dignitoso sistema di primissima accoglienza, che donne e minori cadano nelle mani dei trafficanti? E’ possibile applicare l’esperienza maturata in Italia nella confisca dei beni delle organizzazioni mafiose al contrasto delle organizzazioni criminali che gestiscono la tratta e ipotizzare un riuso sociale dei beni confiscati a favore delle vittime? E’ efficace fissare – come prevede la legge italiana – un tetto di € 1500 al risarcimento delle vittime di tratta o è preferibile, come avviene in Portogallo, che questo venga determinato dal giudice caso per caso? Tra tanti interrogativi, anche qualche proposta che getta le basi per il lavoro futuro: l’incontro tra i rappresentanti delle associazioni romene attive nel contrasto della tratta e gli operatori che con il loro lavoro hanno contribuito a fare emergere il fenomeno dello sfruttamento lavorativo e il ricatto sessuale perpetrati sulle braccianti romene nelle serre ragusane. Al seminario ha preso parte una vasta rappresentanza di soggetti appartenenti ad istituzioni pubbliche, organizzazioni nono governative, associazioni di base e mondo del volontariato impegnate contro la tratta in Italia, Portogallo ed in Romania; sono 65 nel complesso i partecipanti che hanno preso parte alle giornate di approfondimento e alle sessioni di lavoro di gruppo. Tra questi hanno preso parte: i rappresentanti di 6 ONG ed associazioni del terzo settore che in Portogallo operano nell’ambito della Rete Nazionale per l’Assistenza e la Protezione delle Vittime nel paese / RAPVT, costituitasi nel giugno del 2013 (OIKOS, UMAR, IAC - Child Support Institute, O Ninho, Saúde em Português, APF - Family Planning Association); per il Portogallo erano inoltre presenti: il Referente Nazionale Anti tratta del Governo Portoghese – Manuel Albano – insediato nel paese presso il CIG (Commissione per l’uguaglianza di Genere), un delegato dell’Osservatorio Nazionale Anti Tratta del Portogallo (OTSH), il Vice Ispettore Capo del SEF – Servizio per gli Stranieri e le Frontiere, un magistrato della Procura Generale del Portogallo. Per la Romania, hanno preso parte soprattutto delegati ed operatori impegnati nel contrasto della tratta a livello regionale, nella regione di transito di Timisoara, e nello specifico: i rappresentanti di 5 ONG/associazioni (ProPrietania, AIDRom, Society fro Children and Parents Timisoara, Save the Children - Romania, Fondazione Filantropica Timisoara), 3 rappresentanti delle forze dell’ordine specializzati nel contrasto del crimine organizzato, 3 rappresentanti della Procura della Romania, un docente dell’Università di Timisoara, il delegato regionale dell’Agenzia Nazionale Anti tratta della Romania. Per l’Italia hanno partecipato all’iniziativa operatori del settore pubblico e del privato sociale impegnati quasi esclusivamente a livello locale nel contrasto e/o nella prevenzione della tratta e/o nel sostegno delle vittime: oltre gli operatori ed i volontari dell’ONG CISS, hanno partecipato gli operatori del Comune di Palermo, i volontari delle due unità di strada che operano sul territorio, i rappresentanti della Questura di Palermo e dell’Arma dei Carabinieri; le associazioni che operano nel campo dell’accoglienza dei migranti e nel supporto di vittime della tratta (Centro Santa Chiara, il Pellegrino della Terra, il Centro Diaconale Valdese – Istituto La Noce), nel sostegno delle donne vittime di violenza (Le Onde), nella tutela dei diritti dei migranti (l’associazione ADDUMA, Altro Diritto), studenti e

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ricercatori dell’Università degli Studi di Palermo, gli operatori ed il personale medico specializzato di presidi sanitari (i rappresentanti di Emergency ed il Dirigente Med. UOC di Malattie infettive e Responsabile scientifico INMP Sicilia ARNAS Ospedale Civico Fate Bene Fratelli), associazioni che operano nel campo dell’antimafia sociale (Libera Sicilia, il Centro di Documentazione Giuseppe Impastato), organi di stampa (il Redattore Sociale), mediatori culturali, i docenti di alcuni istituti scolastici impegnati nell’iniziativa “La Scuola Non Tratta” (l’ITIS Volta ed altri istituti), ASGI attraverso il suo delegato regionale, l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni. Per la Procura di Palermo ha preso parte all’iniziativa il dott. Calogero Ferrara; ha inoltre preso parte ai lavori della terza giornata la cooperativa sociale Proxima che opera nel territorio di Ragusa. Non hanno potuto materialmente prendere parte all’iniziativa ma sono state comunque coinvolte nel percorso di scambio l’ASP di Palermo per la promozione della salute degli immigrati e l’associazione Penelope impegnata nei territori di Catania e Messina.

INTRODUZIONE AI LAVORI

L’intervento degli assessori Agnese Ciulla – Assessore Cittadinanza Sociale – e Giusto Catania - Assessore alla Partecipazione – hanno sottolineato l’importanza di adottare un approccio radicalmente differente al tema delle migrazioni, mettendo al centro la persona ed il suo diritto alla mobilità, aspetti tra l’altro già affermati attraverso la campagna “Io Sono Persona” proposta dal Comune di Palermo. Al centro della campagna vi è la proposta di abolizione del permesso di soggiorno che, come sottolineato da Adam Darawsha - Presidente della Consulta delle Cultur - è uno degli strumenti di ricatto che rendono vulnerabili i migranti. L’intervento introduttivo di Giorgio Bisagna – avvocato esperto di diritto dell’immigrazione, membro del CISS e presidente dell’associazione ADDUMA/ Avvocati dei Diritti Umani - introduce i lavori auspicando che finalità congiunta sia il mettere al centro le vittime della tratta e la necessità di abbattere le frontiere legali ed economiche che sono all’origine delle diverse forme di sfruttamento. Certamente la tratta è un corollario delle questioni migratorie e nel corso degli ultimi 15 anni gli sbarchi giunti in Sicilia dai paesi della sponda sud del Mediterraneo devono interrogarci sul tema della tratta, pur nella consapevolezza che anche all’interno delle nostre città italiane e dell’Europa esistono barriere che generano diverse forme di sfruttamento.

TEMA 1 – I DIRITTI DELLA TRATTA DI ESSERI UMANI IN UNA REGIONE DI TRANSITO NEL MEDITERRANEO

La Sicilia è certamente area di transito ed al contempo di destinazione per le vittime della tratta. Il seminario si realizza in un particolare momento storico che vede il transito di donne, uomini, minori di diverse provenienze giungere in Sicilia ed è necessario chiederci se vi sono – tra questi – vittime o potenziali vittime della tratta. L’intervento della dott.ssa Spatola della Questura di Palermo, ha contribuito a descrivere il mandato ed il ruolo assunto dalla Polizia di Stato nella gestione dei flussi migratori; una fase drammatica che si è intensificata negli ultimi due anni e che ha visto – soltanto nel 2015 – circa 30.000 morti in mare; secondo il vice questore aggiunto, i morti rischiano di essere molti di più perché il mare è grande, e nonostante le operazioni delle forze congiunte di che pattugliano il Canale di Sicilia, non tutti i naufragi riescono ad essere identificati e dunque oggetto di divulgazione attraverso i media; la Polizia di Stato si è dotata di una task force operativa per gli interventi in mare ed in terra. In mare gli interventi sono coordinati con le forze messe a disposizione da altri paesi europei a tutt’oggi. Da tali operazioni emerge l’impiego di diverse tipologie di barconi: gommoni in grado di percorrere poche miglia appena in grado di allontanarsi dalle coste libiche ed imbarcazioni in legno che per rimanere stabili ed imbarcare più persone sono riempite fin dentro la stiva, stiva dalla quale purtroppo non è possibile uscire; dagli interrogatori sembra emergere che coloro che pagano meno sono rinchiusi in stiva, spesso condannati a morte per soffocamento. A terra le procedure per identificare coloro che sono vittime della tratta sono state apprese nel lavoro sul campo, grazie

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al lavoro di sinergie svolto da diversi attori, seguendo un modello di intervento così detto “Lampedusa”, mutuato dall’esperienza nell’isola. Le procedure di gestione degli sbarchi a Palermo sono descritte dalla referente del Comune di Palermo - dott.ssa Puccio – in particolare relativamente alla presa in carico dei minori migranti, un processo complesso e delicato, che ha portato l’amministrazione comunale a svolgere un compito importante rispetto al quale si trovava impreparata. Così, il primo sbarco è stato testimone di difficoltà e di notevole fatica da parte degli assistenti sociali ed in particolare del gruppo operativo dell’Unità Organizzativa Emergenza Sociale, che ha visto nascere e crescere un fenomeno che nel corso del tempo avrebbe assunto delle proporzioni inimmaginabili. Il sistema di accoglienza da parte dell’U.O. Emergenza Sociale nata all’inizio con 4 assistenti sociali, per la vastità del fenomeno si è via via sempre più ampliato con n. 8 assistenti sociali specializzati sul tema dell’accoglienza che svolgono un lavoro capillare e particolareggiato in sintonia con tutti le istituzioni presenti al porto che si occupano di migranti. Il primo sbarco ha visto l’accoglienza di n. 358 migranti di cui 72 msna provenienti dall’eritrea, minori ,che nel corso di una settimana sono aumentati in maniera vertiginosa arrivando a toccare la soglia dei 100 ingressi di msna. Nel 2014 i minori sbarcati al porto sono stati 554 e nel 2015 il numero si è raddoppiato toccando la soglia dei quasi 900 minori per un totale in due anni di circa 1.500 minori. Gli ultimi sbarchi avvenuti il 20 /24 e 27 agosto hanno visto l’ingresso di n. 93 egiziani , il secondo di n.46 msna e il terzo di n.16 msna provenienti dalla africa sub sahariana. Ad oggi la collaborazione con i diversi soggetti componenti la task force per la gestione degli sbarchi è positiva e vede il coinvolgimento dei seguenti attori: la Prefettura, la Questura, l’Ufficio Nomadi e Immigrati del Comune di Palermo, l’ASP, la Caritas, la Protezione Civile a livello comunale e regionale, Save the Children, ACNUR, OIM, i volontari di diverse associazioni come i Laici Comboniani. La dott.ssa Puccio evidenzia alcuni punti di forza e debolezza dell’intervento agli sbarchi; si è stati in grado di fornire assistenza immediata, vitto ed alloggio per tutti i minori; non vi è però stata un’efficace organizzazione, anche la formazione degli operatori dei centri è limitata. Il problema dell’identificazione delle vittime della tratta è certamente complesso. Nel caso dei minori non accompagnati arrivati a Palermo si è riscontrata la tendenza ad esempio di ragazze nigeriane – con molta probabilità minorenni – che dichiarano di essere maggiorenni proprio per seguire i percorsi di tratta. L’esperto Fulvio Vassallo Paleologo (Altro Diritto Sicilia), sottolinea difatti una diversa organizzazione logistica della tratta in particolare delle giovani donne nigeriane, che riguarda sempre di più anche minorenni; a differenza del passato, questa tratta avviene attraverso gli sbarchi anche per via dell’inasprimento delle misure di controllo nei passaggi aeroportuali. Le segnalazioni raccolte dall’esperto per mezzo delle unità di strada, riportano evidenza di un rapido e quasi immediato passaggio di alcune giovani ragazze nigeriane sbarcate a Palermo dai centri alle strade della città dove è presente la prostituzione in strada. Almeno due casi sono stati rilevati ad Agosto del 2014. La stipula di protocolli di lavoro con le Questure e le Prefetture, l’attivazione di un albo di tutori volontari, la formazione degli operatori e l’informazione delle vittime in merito ai loro diritti sono certamente dei punti di debolezza del sistema che devono essere affrontati; nonostante la buona collaborazione attivata a Palermo alla banchina al momento degli sbarchi, è necessario migliorare le pratiche esistenti in altre aree della Sicilia e ridefinire un piano di interventi coordinato che affronti gli intrecci esistenti tra tratta ed asilo, tra tratta e smuggling. Daniele Papa – avvocato dell’associazione sopra citata ADDUMA e delegato regionale dell’ASGI sottolinea invece che nei centri di accoglienza come i CAS – Centri di Accoglienza Straordinaria – è assente un servizio di assistenza legale, necessaria invece anche per garantire l’accesso ai programmi di protezione a sostegno delle vittime della tratta secondo quanto previsto dall’Art.18 del Testo Unico dell’Immigrazione, da applicare con forza senza conferire allo

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strumento un carattere premiale (pratica a tutt’oggi molto diffusa nei diversi territori italiani ed in Sicilia). L’intervento del Procuratore Calogero Ferrara (Procura di Palermo) giunto al termine della giornata di lavoro, ha avuto un compito importante ovvero illustrare l’approccio della Procura di Palermo in materia. La consapevolezza della rilevanza del fenomeno e l’accrescersi del numero di morti che si registrano nel Canale di Sicilia, hanno portato la Procura di Palermo ad istituire un Pool di procuratori specializzati nel contrasto dei reati di tratta di persone e di traffico di migranti che susseguono sul territorio, seguendo l’approccio già sperimentato nel pool antimafia. Il pool ad esempio adotta come strumenti di lavoro l’applicazione di misure di protezione per i testimoni, il vasto ricorso alle intercettazioni telefoniche, gli interrogatori, il coordinamento con il Ministero degli Interni. Ed è proprio la strage del 3 Ottobre 2013 verificatasi a Lampedusa che ha causato la morte di 366 persone di origine in prevalenza somala ed eritrea, che ha portato la Procura di Palermo a concentrare l’attenzione sui reati di trafficking (THB) e smuggling. Dalle indagini relative alla strage del 3 Ottobre, emerge l’esistenza di una rete criminale che obbligava i migranti a pagare 3.500$ (2.600 Euro) per conseguire la propria libertà in Libia ed imbarcarsi per la Sicilia; le testimonianze riportano una situazione drammatica in particolare per le donne, le quali non potendo affrontare il pagamento, venivano aggredite; le testimonianze di alcune delle donne sopravvissute riportano le violenze subite in Libia, in centri descritti come campi di concentramento dove le donne venivano stuprate sia da uomini somali che da uomini libici. Gli eventi successivi hanno d’altronde continuato a sollecitare l’attenzione della Procura. Basti citare i dati registrati nel 2013 che dimostrano che il 90% degli sbarchi nel corso di tale anno si sono registrati in Sicilia, su un totale di 450 sbarchi. Nel primo trimestre del 2014 gli sbarchi in Sicilia rappresentano il 96% dell’ammontare di sbarchi complessivo. Il Guardian ha realizzato una grafica in cui ha elaborato il rapporto tra persone morte nei naufragi e migranti sbarcati. I primi tre mesi del 2015 sono stati il periodo con più morti degli ultimi anni: per ogni mille migranti sbarcati 46,2 sono morti in mare. La cifra per lo stesso periodo del 2014 era dieci volte inferiore: 4,2 morti ogni mille persone sbarcate. Oltre al numeri di morti nella traversata, sono aumentate anche le persone che hanno raggiunto l’Italia attraversando lo Stretto di Sicilia. Nei primi tre mesi del 2015 sono sbarcati 22.979 persone. E’ dal 2010 in particolare che il numero delle vittime degli sbarchi si è notevolmente accresciuto. Il Procuratore Ferrara condivide con i partecipanti i risultati e le difficoltà riscontrate nel corso delle operazioni “Glauco” e “Glauco II”. L’operazione “Glauco” il 2 luglio del 2014 emetteva un mandato di arresto per 9 persone accusate di traffico di migranti e successivo smistamento attraverso la Sicilia ed il Nord Italia, verso il Nord Europa. Il massiccio ricorso a migliaia di intercettazioni resesi disponibili ai procuratori italiani nel corso dell’operazione Glauco ha permesso di identificare in particolare due soggetti aventi a carico le accuse più pesante; ciò è potuto accadere grazie al sistema di roaming in uso che permette di considerare valide le intercettazioni applicate ad utenze estere intercettate dalle forze dell’ordine in Italia. Da queste intercettazioni è stato ad esempio possibile desumere le regole seguite dai trafficanti nel Canale di Sicilia, sintetizzate in quello che è stato definito dal Procuratore Ferrara il “decalogo del trafficante”. I risultati dell’operazione “Glauco” hanno permesso di convalidare l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento della immigrazione clandestina, aggravata dal possesso di armi, dalla transnazionalità della associazione ( i fatti sono stati commessi in Eritrea, Sudan, Libia, Israele ed altre località del continente africano ed in Svezia, Germania, Norvegia, Olanda, Francia, Austria, Australia e Canada) oltre che in Italia (Lampedusa, Agrigento, Roma, Mineo, Caltagirone ed altre località del territorio nazionale); l’accusa riguardava anche l’Introduzione irregolare dei migranti nel territorio nazionale, il trasporto all’interno del territorio nazionale ed all’estero (favorendone l’allontanamento dai centri di accoglienza dietro corrispettivo in denaro ed instradandoli anche verso Svezia, Germania, Olanda, Norvegia, Francia, Austria, Australia e Canada), il favoreggiamento della immigrazione irregolare mediante l’organizzazione, dietro compenso in denaro, di matrimoni di

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comodo con successiva richiesta di ricongiungimento familiare. L’operazione “Glauco II” ha permesso di richiedere la misura cautelare per 26 soggetti. Il Procuratore espone anche le numerose difficoltà affrontate dalla Procura di Palermo nel procedere contro i reati di tratta e traffico di migranti. Un primo aspetto problematico riguarda la possibilità di considerare i migranti accusati di ingresso irregolare nel paese quali testimoni (difatti le prove relative alle testimonianze da loro pervenute seguono un regime probatorio differente); altro aspetto problematico e cruciale è la traduzione ed i servizi di interpretariato disponibili ed il livello di affidabilità; inoltre emergono le difficoltà legate alla perseguibilità dei crimini commessi all’estero secondo la normativa italiana, così come l’ammissibilità delle intercettazioni raccolte all’estero quale materiale probatorio; la presenza dei testimoni ha rivelato la sua importanza nelle operazioni “Glauco” e “Glauco II”, ma ci si chiede come sia possibile rendere tali testimonianze reperibili lungo l’arco temporale delle indagini e del processo senza violare i diritti dei migranti individuati quali testimoni? Ci si chiede quale sia l’efficacia delle misure di protezione per le vittime di tratta (vedi Art. 18 Testo Unico Immigrazione) ed in definitiva come bilanciare l’interesse pubblico con i diritti individuali. Un aspetto positivo riscontrato dal Procuratore è l’affermarsi di un approccio più ampio alla repressione dei reati di tratta e traffico che non si esauriscono più esclusivamente nell’identificazione dello scafista; si sta cercando attualmente di ricostruire i flussi di denaro; la collaborazione tra i procuratori che operano nella DDA – Direzione Distrettuale Antimafia e la Procura generale è difatti finalizzata all’individuazione dell’organizzazione che gestisce tali traffici. Si persegue dunque una visione unitaria del fenomeno che vede l’intervento degli ufficiali della polizia giudiziaria sin dalle prime 48 ore successive allo sbarco. Il 20 Aprile 2015 nel’ambito dell’operazione “Glauco 2” sono stati identificati altri due trafficanti internazionali operanti tra l’Eritrea, il Sudan e la Libia ed individuata una cellula operativa della organizzazione con base in Italia (Catania – Agrigento – Milano). L’approfondimento degli intrecci esistenti tra tratta (trafficking) e smuggling sono stati oggetto di analisi anche da parte del team anti tratta dell’OIM – Organizzazione Internazionale delle Migrazioni; l’intervento di due operatrici dell’OIM proposto nel corso della terza giornata di lavoro, ha d'altronde confermato le problematiche anticipate da altri relatori in materia. Il team anti tratta dell’OIM non a caso conferma il trend di crescita significativa nella presenza di giovani donne nigeriane agli sbarchi già riscontrato nel 2014; per il 2015 si conferma un dato positivo rispetto all’aumento di circa il 300% registrato nel passaggio dal 2013 al 2014 nella presenza agli arrivi. Giungono a Palermo con un contatto telefonico già in mano, che nel giro di un brevissimo arco di tempo può portarle nei luoghi di sfruttamento. Secondo i dati registrati dall’OIM in Sicilia la tratta riguarda prevalentemente le donne - anche minori – di origine nigeriana, solo recentemente anche gli uomini destinati allo sfruttamento sessuale, ed inoltre i minori di origine egiziana. Attraverso il progetto Praesidium e - più recentemente – nell’ambito del progetto “Assistance”, da luglio 2015 il team anti tratta svolge diverse funzioni, tra le quali rientrano l’informativa legale ai migranti relativa al loro ingresso irregolare su territorio italiano, identificazione di gruppi vulnerabili come le vittime di tratta o i minori non accompagnati, malati, anziani, consulenza, aiuto nella riunificazione familiare, supporto nell’individuazione di indicatori. Ad oggi sono operativi due team “anti-tratta” in Sicilia e Puglia. Sulla base degli interventi realizzati dal team anti tratta, emergono alcuni aspetti ricorrenti per ciò che attiene la tratta nigeriana: la rotta è percorsa in modo ripetuto, seguendo le stesse medesime tappe: Benin City –Kano (Nigeria)- Agadez (Niger)- Gatron- Saba –Tripoli (Libia); la maggior parte delle giovani ragazze e donne hanno un’età compresa tra i 15 ed i 24 anni (l’OIM tra l’altro conferma la tendenza a dichiarare la maggiore età da parte di ragazze minorenni al momento dello sbarco, già evidenziata da altri operatori); spesso il livello di istruzione è basso; le spese di viaggio sono pagate dall’organizzazione e non direttamente dalle ragazze; le condizioni di vita in Libia sono difficili (in molte circostanze vengono avviate alla prostituzione già in Libia per potere coprire i costi di vitto e alloggio, a meno ché sia la “Madame” a

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coprire questi costi inviando il denaro come “riscatto”); molte ragazze giungono agli sbarchi con segni evidenti di violenza fisica o psicologica; in alcune circostanze sono accompagnate da donne e uomini che dicono di essere familiari ma effettivamente non lo sono (sorelle, mariti); non vi è una conoscenza effettiva del debito da pagare. Questi aspetti rendono fondamentale garantire adeguata informazione alle potenziali vittime della tratta al momento dello sbarco e nella fase di prima accoglienza, lavoro svolto dal team dell’OIM in Sicilia. Per dare un’idea approssimativa delle dimensioni del fenomeno. Si segnala un’evoluzione nei percorsi della tratta Nigeriana con una recentissima provenienza di uomini inseriti nel campo dello sfruttamento sessuale.

TEMA 2 –BENIN CITY, PALERMO E LISBONA - LUOGHI DELLA TRATTA NIGERIANA

Com’è emerso dall’intervento proposto dall’OIM, il tema della tratta Nigeriana è stato approfondito da più relatori nel corso del seminario, probabilmente per la suo profondo radicamento in Italia e per il suo perdurare nel tempo, anche nel territorio di Palermo. Anche nei lavori di gruppo della seconda giornata le dinamiche della tratta di donne e minori nigeriane sono state approfondite dai rappresentanti e dagli operatori dell’Associazione Il Pellegrino della Terra e da Fra Loris D’Alessandro, volontario dell’Unità di strada della Caritas. Si riportano in particolare le difficoltà nell’intraprendere un percorso con le vittime che – in un primo momento reagiscono con ingenuità ed accolgono l’invito a costruire un contatto con gli operatori ma, molto spesso, in un secondo momento rispondono con il silenzio, consapevoli del rischio che corrono se entrano in contatto con loro. Emerge inoltre la difficoltà di comprendere chi c’è dietro le ragazze; l’esperienza del Pellegrino della Terra – associazione impegnata da anni in prima linea a sostegno delle donne nigeriane che sono vittime di tratta – ha dimostrato come - rispetto al passato – sia difficile conoscere quali trafficanti condizionino le vittime, dato l’intreccio complesso di organizzazioni che operano nella rete di sfruttamento; innanzitutto le vittime siglano un contratto che dovranno rispettare, al quale tra l’altro prestano giuramento consolidato dal ricorso al voodoo o Juju; inoltre - anche quando in passato l’associazione è stata in grado di supportare alcune donne nei percorsi di denuncia, i gruppi organizzati in Nigeria hanno colpito a morte i relativi familiari per ricattare le vittime. Così in passato non è stato possibile ad esempio affrontare una “Madame” con grande potere che risiedeva a Palermo che le derivava dallo sfruttamento di circa 500 giovani donne in diverse parti d’Italia. Fra Loris d’Alessandro riporta una sua testimonianza nel corso della conferenza di giorno 11, sottolineando tra gli altri aspetti, la collaborazione stretta tra la criminalità nigeriana e quella locale. Per quanto riguarda la tratta delle nigeriane la criminalità nigeriana ha il suo quartier generale a Ballarò. La mafia palermitana controlla quartieri interi, spaccio, furti, pizzo dei negozianti. E non si muove nulla senza che essa dia il consenso. Prova ne è il fatto che fa pagare l' “affitto” del marciapiede alle ragazze. Riporta durante la conferenza la testimonianza del suo lavoro di volontariato in strada: “le ragazze in strada sono in continuo aumento, sempre più piccole, nascondono l’età, ma sono bambine di 14-16 anni. Ci raccontano di provenire da Centri di Accoglienza di varie parti della Sicilia. Dopo una prima accoglienza, scappano dai centri diventando vittime dei criminali e avviandosi alla prostituzione”.

La ricercatrice Eva Lo Iacono afferma che la struttura del crimine organizzato nigeriano è di stampo mafioso. Tale struttura si articola su tre differenti livelli. Il 1° livello è la “Casa Madre”, presente in Nigeria; il 2° livello è costituito da gruppi semi autonomi; il 3° livello è composto da cellule criminali nei paesi di destinazione. I diversi livello operano per la massimizzazione del profitto. La Direzione Distrettuale Anti mafia identifica le diverse branche delle cellule nigeriane in una holding criminale networkata, e come tale difficile da aggredire.

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E’ molto interessante la sintesi proposta dalla ricercatrice rispetto ai meccanismi di funzionamento dei diversi livelli di strutturazione nella rete organizzata. La “casa madre” dell’organizzazione criminale è situata nel paese di origine delle vittime (spesso donne e minori); La casa madre si compone pertanto di membri interni all’organizzazione criminale che vivono stabilmente in Nigeria e che si propongono alle vittime come loro sponsor, vale a dire come garanti e finanziatori del loro progetto migratorio. Gli attori che lavorano a questo livello sono responsabili dell’andamento e del successo dell’intero business attraverso la gestione del network criminale e delle relazioni con i trafficanti e le cellule dell’organizzazione localizzate nei paesi europei. Il 2° livello è caratterizzato da gruppi semi-autonomi specializzati nel trasferimento e movimento delle vittime. Gli attori che agiscono in questa fase sono noti come trolleys, italos or drivers e svolgono un ruolo centrale nella definizione delle rotte della tratta. Negli spostamenti via terra, attraverso il deserto ed i molteplici confini africani, i trafficanti individuano i luoghi di sosta adatti all’alloggio delle donne, evitando di incorrere nei controlli delle forze dell’ordine. Si tratta in sostanza di case chiuse e bordelli – noti come African house - dove le donne vengono avviate alla prostituzione; è noto infatti che per aumentare i propri guadagni, il trafficante tenta di prolungare i tempi del viaggio anticipando la fase dello sfruttamento e diventando in sostanza il magnaccio delle donne. Tale comportamento è in evidente contrasto con gli interessi della cellula criminale del paese di destinazione, la quale trarrebbe maggiore profitto da un viaggio rapido e senza sosta, che garantisca alla ‘merce’ il minore maltrattamento possibile. Al di là dei contrasti e degli interessi dei singoli, i trafficanti lavorano di concerto con l’organizzazione criminale, i cui sponsor e madam garantiscono le commissioni di lavoro. I trafficanti, al contrario degli altri componenti dell’organizzazione, spesso non sono originari della Nigeria: si tratta di cittadini dei paesi attraversati dalla rotta migratoria (ad esempio il Niger o il Mali), o anche di nomadi. “La stragrande maggioranza delle donne nigeriane arriva via terra, attraversando il deserto. Solo un ristretto gruppo di donne viaggia in aereo. In ogni caso, il punto di partenza è sempre Benin City (…). Alcune donne nigeriane ci hanno detto che durante il loro viaggio via terra sono state ospitate in una casa, nota come connection house (…). A Tripoli, le donne vengono chiuse in alcune case, chiamate African houses … si tratta essenzialmente di bordelli dove le donne vengono torturate e costrette alla prostituzione ” (Interview no.17). Il 3° livello si compone delle cellule criminali nei paesi di destinazione, responsabili della ricezione in Europa delle vittime. Pur rimanendo in contatto con la ‘casa madre’, le cellule godono generalmente di un alto grado di autonomia, svolgendo tutti i compiti connessi all’inserimento delle donne nei mercati della prostituzione: è in carico alla cellula, infatti, sviluppare ed attuare un modus operandi che consenta di trarre il maggiore profitto possibile dalla fase finale di sfruttamento. Benché questa indipendenza nella gestione delle vittime, la cellula del paese di destinazione necessita comunque di mantenere un legame forte con l’organizzazione in Nigeria; una parte rilevante delle sue attività consiste nella negoziazione con la casa madre (Carchedi et. al 2007) che le garantisce l’afflusso delle ragazze. A capo della gestione della cellula viene spesso collocata la madam, vale a dire una donna nigeriana che supervisiona il lavoro delle sue protette traendone il massimo vantaggio. Nella supervisione delle donne trafficate, la madam è generalmente supportata ed aiutata da alcune figure maschili, tra cui ad esempio il suo stesso partner o anche i fidanzati delle vittime (i c.d. fiancée). Questi ultimi hanno il compito di garantire, tramite azioni di violenza, di intimidazione e di inganno, la sottomissione fisica e psicologica da parte della donna al sistema criminale. Il funzionamento delle reti criminali nigeriane è ripreso da Glynn Rankin, esperto anti tratta indipendente che per 20 anni ha svolto l’incarico di Procuratore presso il Crown Prosecution Service (CPS) del Regno Unito ed ha contribuito alla fondazione dell’UK Human Trafficking Centre (UKHTC). Il suo punto di vista raccoglie le esperienze in qualità di esperto anti tratta per la Commissione Europea, Interpol; insegna o ha insegnato la materia dal punto di vista della giustizia penale nelle università di Coventry, Liverpool e Sheffield Hallam. Nel suo intervento, Glynn Rankin propone una serie di dati e di riflessioni sul livello di organizzazione

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dei gruppi che operano nella tratta in Nigeria e le ragioni dell’affermarsi della stessa in particolare in Italia. Riporta un dato pubblicato da UNDOC (United Nations Office on Drugs and Crime) già nel 2009, secondo il quale erano migliaia le donne trafficate dall’Africa Occidentale in Europea, con la produzione di ingenti somme di denaro comprese tra 152 e 228 milioni di dollari per un mercato che vedeva il coinvolgimento ogni anno di un numero compreso tra 3.800 e 5.7000 donne; la maggior parte delle donne proveniva dalla Nigeria e si stimava che rappresentavano circa il 10% delle donne forzatamente destinate al mercato del sesso nei paesi europei. Mentre donne e minori nigeriani sono stati portati in Nord Africa, Medio Oriente ed Asia Centrale per essere sfruttati sia nel mercato del sesso che nell’ambito lavorativo, in paesi come la Repubblica Ceca e l’Italia lo sfruttamento sessuale ha prevalso in modo significativo. In particolare la maggior parte delle donne sfruttate in Italia provengono da un’area geografica specifica – lo stato di Edo – probabilmente seguendo un percorso migratorio già affermatosi in precedenza legato alle attività di raccolta dei pomodori nel sud Italia, che avevano visto un vasto coinvolgimento di uomini nigeriani provenienti dallo Stato di Edo verso la fine degli anni ’80. Lo stato di Edo tuttavia non è l’unico stato nigeriano di provenienza per le vittime della tratta e soprattutto non è il più povero tra gli stati del paese; vittime della tratta in Nigeria provengono anche dagli stati di Delta, Imo, Enugu, Ogun, Anambra e Akwa-Ibom. Per comprendere il graduale strutturarsi della tratta di donne nigeriane in Italia, secondo Glynn Rankin è necessario comprendere l’evoluzione del crimine organizzato in Nigeria legato intorno al business della tratta. Purtroppo i vertici dei gruppi organizzati – persone molto influenti con contatti forti a livello istituzionale – rimangono per lo più invisibili. Questi gruppi si sono strutturati a seguito della crisi petrolifera – agli inizi degli anni ’80 – quando in assenza di altre fonti di profitto hanno iniziato ad investire nel traffico di stupefacenti, nel riciclaggio e nelle frodi finanziarie. A tutt’oggi i guadagni che derivano dalla tratta consentono ai gruppi criminali di continuare ad investire anche in altri traffici illeciti. Tuttavia, finora sembra emergere che le organizzazioni che operano nella tratta in Nigeria si rileva abbiano dimensioni più ridotte rispetto ai gruppi criminali che operano nel traffico di stupefacenti. Dai dati raccolti da soggetti come ad esempio NAPTIP e UNDOC, non emerge un carattere “organizzato” per le reti che operano nella tratta in Nigeria, sebbene i gruppi criminali organizzati nel paese esistano ed operino in altri comparti illeciti. Alcuni dati riportati dal Glynn Rankin dimostrano ad ogni modo il potere di questa rete organizzata: ci sono circa 10.000 madam e ciascuna di queste controlla in media 2 o 3 donne responsabili della tratta delle donne (e minori) nigeriane in Italia. Glynn riporta come le modalità di strutturazione della tratta di donne nigeriane vigenti in Italia si applicano anche ad altri paesi; recentemente anche il Portogallo è interessato dalla presenza di donne nigeriane sfruttate nel mercato del sesso. L’operazione “NAIRA” condotta dalle squadre del SEF che hanno preso parte al workshop, hanno scoperto nel luglio del 2014 l’implicazione di almeno 7 indagati di origine nigeriana che operavano nella tratta dall’Africa Occidentale verso la Spagna e la Francia. Le circostanze in questo caso erano molto simili a quanto recentemente verificatosi anche in Italia: giovani ragazze nigeriane che provenivano da Benin City e si recavano in portogallo con documenti o prive di documenti per richiedere asilo - dichiarandosi in questo caso minorenni – secondo quanto previsto dalle organizzazioni criminali; la finalità era sparire una volta inserite nei centri di accoglienza. Anche in questo caso il condizionamento delle ragazze proveniva dal debito e dal voodoo. A tal propostito, sono 5 le donne nigeriane assistite dal CAP (Centro de Acolhimento e Proteção) gestito a Lisbona dall’associazione portoghese APF, che ha preso parte al seminario. Numeri estremamente ridotti rispetto all’Italia ma che dimostrano il livello di estensione della rete della tratta di donne nigeriane in Europa.

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TEMA 3 - LE MAFIE E IL CRIMINE ORGANIZZATO TRANSNAZIONALE

I relatori sopra citati – Eva Lo Iacono e Glynn Rankin - affrontano anche il tema della relazione esistente tra i gruppi organizzati nigeriani e la mafia locale, tema oggetto di analisi da parte dell’esperto Umberto Santino del Centro di Documentazione Giuseppe Impastato, che ha condotto una ricerca per il CISS volta ad indagare le possibili interconnessioni tra la mafia locale ed i gruppi organizzati stranieri e transnazionali che operano nella tratta. L’analisi condotta da Santino raccoglie fonti storiografiche – che vedevano il coinvolgimento della mafia locale nelle attività di sfruttamento della prostituzione già verso la fine dell’800 – ed inchieste. Tra le più recenti inchieste analizzata da Santino “ è interessante per le connessioni esistenti tra mafia locale e straniera l’inchiesta coordinata dal procuratore di Caltagirone (Catania) che ha portato all’arresto di otto persone facenti parte di una banda specializzata in furti e nella gestione di un giro di prostituzione di giovani donne romene. Sono imputate di associazione a delinquere, violenza sessuale, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. L’inchiesta ha riguardato anche un gruppo di palermitani che tentavano di operare nella zona, nell’ambito delle estorsioni e del traffico di droga. Il gruppo di Cosa nostra di Niscemi (Caltanissetta) avrebbe dato l’autorizzazione ma l’arresto del referente di Cosa nostra e del suo luogotenente avrebbe posto fine al tentativo dei palermitani. Un romeno è stato ucciso nel gennaio del 2013 per un debito non pagato. Sempre a luglio un servizio del “Corriere della sera” forniva informazioni sui rapporti in Campania tra la camorra di Casal di Principe e la mafia nigeriana per il traffico di esseri umani e la prostituzione. I camorristi lasciano gestire ai nigeriani il mercato della prostituzione. Le donne sono considerate merci con un valore che va dai 10 ai 15 mila euro. Hanno un debito con i magnaccia sui 50 mila euro. Bisogna pagare alla camorra locale un pizzo per l’uso degli spazi pubblici tra 200 e 300 euro al mese. Inoltre i nigeriani pagano una tangente ai camorristi e garantiscono che le donne non stazionino nei luoghi dove abitano i boss. Come si vede, tra sfruttatori nigeriani e clan locali c’è una perfetta convivenza. I clan locali danno in gestione ai nigeriani villette sulla Domiziana, dove vivono gli sfruttatori e nei sottoscala abitano le ragazze. Si parla di “connection house”, per tuguri e case abbandonate, senza servizi, dove si svolge il traffico di droga e si esercita la prostituzione coatta. Si calcola che in case come queste vivano 25 mila persone immigrate. Tra le inchieste più recenti particolare attenzione merita quella della Squadra mobile di Caltanissetta, in collaborazione con le Squadre mobili di Milano, Bergamo, Mantova e Parma, che nel febbraio del 2015 ha portato all’arresto di 20 persone, accusate di associazione di tipo mafioso, estorsione, traffico di stupefacenti, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Gli arrestati sono cittadini italiani e rumeni. L’inchiesta ha preso le mosse dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia. È stata individuata un’associazione mafiosa presente in vari comuni della provincia, che gestiva varie attività, tra cui lo sfruttamento della prostituzione in collaborazione con cittadini rumeni, che sfruttavano ragazze provenienti da quel paese” Umberto Santino ripercorre le tappe che a Palermo hanno affiancato l’adozione del Protocollo omonimo di Palermo, parallelamente al convegno internazionale sul crimine organizzato transnazionale proposto dalle Nazioni Unite, nella città la società civile si riuniva nella manifestazione dal titolo “I crimini della Globalizzazione”; secondo lo studioso alcune delle cause che stanno all’origine della tratta possono essere rintracciate nell’oggetto di discussione di quella iniziativa promossa dal basso e la risposta può essere ritrovata nell’affermarsi di nuove forme di antimafia sociale. La dimensione tragica e violenta della tratta nigeriana e delle presenza di gruppi organizzati di origine nigeriana in Campania, è emersa più volte ed è stata oggetto di approfondimento da parte di Michele Iacoviello, Coordinatore Progetto Cliniche mobili Emergency Programma Italia. Iacovello ha riportato una testimonianza sconcertante rispetto al livello di violenza che colpisce le donne Nigeriane a Castelvolturno, hub per i migranti con circa 10.000 presenze su 23.000 abitanti ed un omicidio in media ogni 15 giorni; Emergency ha scelto di operare nell’area aprendo un ambulatorio. Nell’area Emergency Programma Italia è rivolto alle donne in

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strada attraverso un servizio attivo a partire da aprile 2014 nella provincia di Caserta e Napoli, in particolare nella zona di Castel Volturno. Il progetto nasce in seguito alla riscontrata esigenza di intervenire in un territorio in cui è molto forte il fenomeno della prostituzione. Nell’area si contano almeno 17 “Connection House” per la prostituzione indoor e sono diffusi i segnali nell’utilizzo indiscriminato di cytotec per aborti illegali, alcool, droghe; vi è una diffusa presenza di infezioni HIV per via del mancato ricorso al preservativo (oltre i clienti che in molte circostanze richiedono di non utilizzarlo, anche i connazionali – spesso clienti – non ne fanno ricorso).

TEMA 4 – CONFISCA E COMPENSAZIONE – TRA UTOPIA ED AZIONE

Le connessioni tra mafia (vecchie e nuove mafie) e tratta, sono emerse anche in relazione agli strumenti di prevenzione e cambiamento culturale che si possono adottare, ed in particolare in relazione al tema della confisca. A tal fine, si è chiesto ai rappresentanti dell’associazione Libera in Sicilia di mettere in condivisione la propria esperienza a sostegno del riutilizzo sociale dei beni confiscati alla mafia. L’intervento di Turi Benintende nel corso della prima giornata e la testimonianza di Salvo Gibbino (presidente della Cooperativa Pio La Torre), hanno riportato gli importanti passi avanti raggiunti dal movimento anti mafia nel contrasto materiale e simbolico del crimine organizzato, attraverso la sottrazione del potere derivante dal controllo del territorio. Turi Benintende nel suo intervento in particolare ripone grande speranza nelle potenzialità di processi sociali di innovazione, nei processi creativi e nella costruzione di organizzazioni collaborative che possano fare sistema per portare un cambiamento. Turi Benintende ad esempio ricorda che la legge n. 646, del 13 settembre 1982, nota come legge "Rognoni - La Torre", introdusse per la prima volta nel codice penale la previsione del reato di “associazione di tipo mafioso” (art. 416 bis) e la conseguente previsione di misure patrimoniali applicabili all’accumulazione illecita di capitali. La legge 109 /96 di Petizione popolare promossa da Libera che raccolse più di 1 milioni di firme, inerente’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, ha permesso di spostare l’asse del contrasto alle associazioni criminali, dalla mera repressione ad un insieme di azioni positive a favore della collettività. La Sicilia è la regione d’Italia e del mondo dove vi è una più alta presenza di beni e patrimoni confiscati alla criminalità organizzata di stampo mafioso: sono in tutto 5.515 i beni registrati nel 2015. I processi di riutilizzo sociale di tale ingente patrimonio hanno un grande potenziale da mettere a frutto in funzione del cambiamento sociale. L’intervento di Miguel Carmo - Procuratore di Lisbona – dal titolo evocativo “O Crime não pode compensar”, ripercorre il sistema vigente nel paese in materia di confisca di patrimoni illeciti e la normativa in vigore nel paese in materia di tratta. In generale, il trend di applicazione della confisca in Portogallo è in crescita. Sulla base delle normative (Legge 5/2002 e Legge 45/2011), nel corso del 2012 sono entrati in funzione due uffici: il Gabinete de Recuperação de Ativos (l’ufficio per il recupero dei patrimoni) ed il Gabinete de Administração de Bens (l’ufficio per l’amministrazione dei beni). Grazie a tali strutture, nel 2014 sono stati confiscati o sequestrati 89 vetture, 94 immobili, 459 prodotti bancari per un valore complessivo pari a 18.812 milioni di euro (una cifra non irrilevante considerate le dimensioni del Portogallo); inoltre sono state identificati patrimoni equivalenti a 204.148 milioni di Euro per i quali è possibile avviare ulteriori procedure di sequestro e confisca. Attualmente alcuni procedimenti in corso riguardano reati di tratta di esseri umani. Proprio in materia di tratta, il Procuratore ha sottolineato come la vittima di tratta nell’ordinamento portoghese ha avuto riconosciuto uno status soggettivo; dunque la vittima di tratta non è più un oggetto del procedimento penale, bensì un soggetto che – anche grazie al recepimento della Direttiva 36/2011 - oggi detiene accesso ad una più ampia categoria di diritti. Il Procuratore cita ad esempio il diritto al risarcimento; ora che i Tribunali portoghesi sono in grado di identificare le vittime possono procedere al risarcimento valutato in modo discrezionale dal giudice sulla base del danno subito; un altro aspetto importante che differenzia il sistema

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portoghese dal sistema in Italia oltre alla discrezionalità del giudice nel valutare l’entità del risarcimento - è l’onere fatto per lo Stato di provvedere al risarcimento a prescindere dalla possibilità di aggredire i patrimoni dei soggetti imputati. Il Procuratore Carmo ha inoltre avuto l’occasione di condividere alcuni risultati del suo lavoro in attuazione della Direttiva 36/2011, quale ad esempio l’archiviazione di diversi casi che vedevano procedimenti penali condotti contro imputati che erano anche vittime di tratta, con riferimento all’Art. 8 della Direttiva sopra citata relativo al mancato esercizio dell’azione penale o mancata applicazione di sanzioni penali alle vittime.

L’intervento del Procuratore Miron Codrin che opera presso la Direzione per il Contrasto del Crimine Organizzato e del Terrorismo di Arad (Romania) ha illustrato il funzionamento dell’ordinamento giuridico romeno in materia di tratta fondato sulla Legge n.678/2001 per prevenire e combattere la tratta di persone e le recenti disposizioni integrate nel codice penale, ed in particolare gli articoli n. 210 (tratta di persone), n. 211 (tratta di minori) e n. 182 (sfruttamento delle persone nei servizi del lavoro forzato, della riduzione in schiavitù/servitù, nell’esercizio della prostituzione/pornografia, nell’accattonaggio, nella rimozione di organi). La normativa in Romania prevede alcune misure di protezione speciale nel caso di testimoni particolarmente vulnerabili nei processi, nel caso di minacce all’integrità fisica propria o della propria famiglia, o nel caso di rischio per i propri patrimoni o per la propria sfera di libertà. E’ possibile ricorrere anche a delle misure di protezione per le vittime che hanno subito un trauma quale conseguenza del reato e misure di tutela dell’identità personale nel caso di audizione di testimoni vulnerabili. Il Procuratore opera in una regione soggetta significativamente al transito delle vittime di tratta e dei gruppi criminali organizzati che operano in Romania ed è pienamente consapevole delle difficoltà legate all’applicazione della normativa nel contrasto dei gruppi organizzati. A titolo di esempio, il Procuratore Codrin presenta lo studio di un caso relativo a 4 donne di nazionalità romena vittime di tratta per sfruttamento lavorativo, tratte in inganno perché vulnerabili, con bassi livelli di istruzione, prive di risorse economiche e con dei figli a carico. E’ stato riscontrato che il trafficante ha guadagnato circa 10.000 Euro per ciascuna persona sfruttata, fondi con i quali ha acquisito un bene immobile. Le vittime di tratta in questa circostanza hanno collaborato con le forze dell’ordine per conseguire l’identificazione del trafficante, e sono state inserite nel processo come parte civile ottenendo così un provvedimento di risarcimento di 90.000 euro per i torti subiti. Tuttavia, nonostante la piena collaborazione delle vittime, non è stato possibile conseguire il risarcimento a loro favore non essendo stata conseguita la confisca dei beni dovuta al riciclaggio dei fondi conseguenti la vendita dell’immobile ed inoltre di un veicolo successivamente riacquisiti dal trafficante che li aveva passati ad un prestanome. Le tematiche introdotte nel corso del seminario dagli interventi dei Procuratori di Lisbona e di Timisoara, unitamente all’intervento di Libera, hanno offerto spunti interessanti per le riflessioni proposte per un lavoro di gruppo e di seguito sintetizzate. Rispetto all’Italia, una delle lacune che si riscontrava all’interno del sistema Italiano è legata alla mancanza di vigenti sistemi di risarcimento delle vittime di reati dolosi violenti. Sono state pertanto estese le finalità del Fondo per le misure anti-tratta già costituito con la L. 12/2003 ricomprendendo anche l’indennizzo delle vittime dei reati di tratta. Nell’ordinamento italiano bisogna segnalare che non esiste un sistema generalizzato di indennizzo a favore delle vittime dei reati intenzionali violenti, esistendo invece diversi fondi istituiti a fini risarcitori solo per categorie specifiche legate ad alcune fattispecie di reato (mafia e terrorismo, usura ed estorsione, etc. ). Con il recepimento della Direttiva 36/2011, dovrebbe dunque risultare già operativo in Italia il Fondo anti tratta da alimentare con i proventi derivanti dalla confisca dei beni a seguito di sentenza di condanna penale; il fondo dovrebbe essere disponibile soltanto per coloro che non hanno la possibilità di essere risarcite dai responsabili del reato. Un limite segnalato ripetutamente da diverse associazioni componenti la società civile è

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tuttavia la previsione di un diritto di indennizzo delle vittime di tratta a carico dello Stato e per esso del Fondo per le misure anti-tratta in misura standard (€ 1.500,00) e da richiedere, a pena di decadenza entro cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna che ha riconosciuto il diritto al risarcimento. Le modalità attraverso le quali il risarcimento delle vittime è stato integrato nel nostro ordinamento destano probabilmente le critiche più aspre alle scelte adottate dal legislatore italiano per recepire la direttiva. Ciò nonostante, in Italia esistono almeno due esperienze positive che hanno visto riconoscere un adeguato risarcimento alle vittime della tratta. Si fa riferimento in particolare alla sentenza del 25 maggio 2012 della Corte di Assise d'appello di L'Aquila di condanna nei confronti d 19 imputati a oltre 100 anni di reclusione per il reato di tratta di esseri umani. Con tale sentenza è stato riconosciuto il diritto delle 17 vittime di origine nigeriana di ottenere il risarcimento del danno subito ed è stata stabilita una provvisionale di 50.000 euro per ciascuna vittima. La Corte di Assise è andata oltre accogliendo la richiesta di revoca del sequestro giudiziale a favore dello stato e di conversione in sequestro conservativo a favore delle vittime, formulata in appello dai legali delle organizzazioni umanitarie attive nel contrasto al reato di tratta che si erano costituite parte civile nel processo Associazione On the Road e Coop Be Free). La richiesta formulata in appello era stata motivata facendo riferimento alla clausola di salvezza di cui all'articolo 600 septies del codice penale e norme comunitarie come quelle sancite dal considerando numero 13 e dall'articolo 17 della direttiva 2011/86UE . Tale sentenza rappresenta il primo riconoscimento giurisprudenziale del diritto della vittima di tratta al risarcimento del danno e dell'uso dei proventi della confisca ai fini risarcitori. Un’altra esperienza è stata sostenuta grazie alla collaborazione tra l’associazione Free Woman, le forze dell'ordine di Piacenza e la Dda di Bologna. La sentenza della Corte di assise di Appello di Bologna pronunciatasi il 9 Aprile 2014 sulla sentenza di gennaio 2012 della Corte di Assise di Piacenza, che aveva condannato a 15 e 12 anni di reclusione un italiano e quattro donne nigeriane per i reati di tratta, riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione, distinguendo le varie responsabilità in base al ruolo assunto nelle azioni criminali realizzate, ha assegnato un risarcimento pari a 100.000 Euro ad una donna di origine nigeriana accolta in un programma di protezione sociale e costituitasi parte civile al processo. Una cifra dunque “storica” sotto il profilo del riconoscimento dei diritti alle vittime (ASGI). Considerando alcune peculiarità del sistema normativo italiano, appare infine interessante riflettere sulle eventuali convergenze tra l’azione di contrasto della tratta ed il contrasto della criminalità organizzata di tipo mafioso. Lo stato italiano, vanta difatti una lunga tradizione normativa e operativa in materia di confisca dei beni. Tale lunga tradizione ha portato a una stratificazione di norme generali e speciali e a un continuo aggiornamento di prassi operative che hanno determinato un quadro spesso poco armonico. Ciò nonostante, appare interessante creare un collegamento tra la materia del riutilizzo sociale dei beni confiscati alla mafia e le potenzialità di una stessa misura da applicare ai proventi legati al reato di tratta. Anche a livello europeo, è interessate mettere in relazione quanto previsto dalla Direttiva 36/2011 sopra citata e la Direttiva 42/2014 relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione Europea. Nell’ambito del lavoro di gruppo ci si è chiesti se è possibile mettere in relazione l’esperienza Italiana nel riutilizzo dei beni confiscati alle organizzazioni criminali di tipo mafioso al fenomeno della tratta.

TEMA 5 – LA TRATTA E LO SFRUTTAMENTO DI DONNE ROMENE

Nel corso del workshop è stato possibile – grazie alla partecipazione dei rappresentanti dalla Romania – approfondire il tema della tratta di donne romene, sfruttate in primo luogo nell’ambito sessuale ma anche in campo lavorativo e domestico in Italia ed in Portogallo. Il Direttore di Timisoara dell’Agenzia Anti Tratta Nazionale della Romania – Laurentiu Dinca – ha condiviso con il pubblico i dati elaborati dalle statistiche ufficiali nel paese, raccolti dalla

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medesima agenzia. Adina Swhartz, difensore legale e referente dell’associazione Pro Prietania, in merito a tali statistiche sottolinea nel corso della conferenza finale tenutasi giorno 11 Settembre presso Palazzo delle Aquile, che si registra una diminuzione della vittime della tratta ma che - secondo molti nel paese – non corrisponde ad una reale diminuzione del fenomeno, piuttosto all’incapacità dei diversi attori di non registrarlo. I dati riportati da Laurentiu Dinca confermano l’osservazione riportata dall’avvocato Swhartz: nel 2014 sono state identificate 757 vittime, 139 vittime in meno rispetto all'anno precedente (2013) e 397 in meno rispetto al 2010. Le vittime provengono soprattutto dalle zone rurali; nel 2014 - sul totale delle vittime identificate pari a 757, 440 provengono da zone rurali come villaggi o piccoli centri abitati, 302 sono le vittime che provengono da aree urbanizzate e soltanto cinque provengono dalla capitale Bucarest. Le statistiche rendono possibile evidenziare alcuni fattori all’origine della tratta: livelli di istruzione bassi: soltanto il 32% delle vittime aveva concluso gli studi nelle scuole superiori al momento del reclutamento e dell’inserimento nei percorsi di tratta. Soltanto l’1% delle vittime aveva un livello di istruzione superiore. Oltre la mancanza di istruzione emergono come fattori rilevanti: la mancanza di opportunità lavorative nelle zone rurali, la mancanza di valori sociali, l’esistenza di famiglie frammentate e divise, il desiderio di fuggire da ambienti caratterizzati da violenza o da dinamiche di diverso tipo che di per sé rendono più facile il coinvolgimento in percorsi di tratta. Le potenziali vittime , in tali circostanze, accettano promesse di lavoro all’estero, offerte di viaggio da parte di amici comuni o da parte di persone sconosciute. Si conferma un trend registrato già negli anni precedenti dall’agenzia: la provenienza della maggior parte delle vittime da contesti familiari in cui il padre ha più di una famiglia (547 vittime nel 2014 appartengono a tale contesto familiare); in tali famiglie i rapporti sono tesi e vi è violenza domestica, abuso di alcool, droghe. Con riferimento al genere ed all’età, emerge l’aumento del numero di vittime adulte di sesso femminile nel 2014 rispetto all’anno precedente. Nel 2014, su un totale di 467 vittime adulte, 283 erano donne (61%) rispetto all'anno precedente; nel 2013 il numero di donne identificate era approssimativamente uguale a quella degli uomini vittime di tratta. Estendendo la rilevazione del dato anche alle vittime di minore età, emerge che nel 2014 il 74% delle vittime è di sesso femminile (donne e minori). Si rileva inoltre che la fascia di età più vulnerabile continua ad essere uno tra i 18 ed i 25 anni (279 vittime appartengono a tale fascia di età). Tuttavia, un numero significativo di minori di età compresa tra 14 e 17 anni (251 minori) sono diventate vittime di tratta. Un dato interessante che emerge è che l’89% delle vittime sono state contattate direttamente dal reclutatore, che nel 44% dei casi promette un’assunzione stabile in diversi ambiti lavorativi, per cui le vittime si lasciano conquistare da false promesse. Sono 355 le vittime reclutate da persone già conosciute e 256 le vittime reclutate da persone invece sconosciute. Sono 51 le vittime il cui reclutatore è il proprio partner. Sebbene il reclutamento in forma diretta (di persona) sia la forma predominante, esistono anche altre forme di reclutamento (in 27 casi il web, in 16 casi annunci pubblicitari, in 8 casi agenzie per la ricerca del lavoro, in 7 casi il rapimento, soltanto in 1 caso agenzie matrimoniali). Lo sfruttamento sessuale si conferma sia la forma di sfruttamento prevalente per le vittime di tratta identificate in Romania, sebbene anche in Romania vi sia piena consapevolezza che una forma di sfruttamento non esclude l’altra e che forme di sfruttamento ibride spesso coesistono, a secondo delle esigenze dei trafficanti. E’ certo che si registrano vittime sfruttate anche nell’ambito dell’accattonaggio o in ambito lavorativo. E’ altrettanto certo che lo sfruttamento sessuale, la pornografia minorile su internet sono al primo posto nel 2014 tra le forme di sfruttamento (66%), il lavoro minorile è pari al 25%. Il 7% delle vittime sono state costrette all’accattonaggio o a commettere dei piccoli furti. Approfondendo i dati emersi per le diverse forme di sfruttamento, è interessante analizzare alcune dinamiche; nell’ambito dello sfruttamento sessuale la prevalenza

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dello sfruttamento in appartamenti chiusi piuttosto che in strada (192 vittime sfruttate indoor contro 139 sfruttate in strada) e 77 casi di sfruttamenti in night club. Rispetto allo sfruttamento in ambito lavorativo, il numero delle vittime risulta stranamente in diminuzione (si teme non rispecchi affatto la realtà); ciò probabilmente perché il lavoro nero risulta essere il settore economico prevalente per lo sfruttamento al quale le autorità hanno difficile accesso nel campo dell’agricoltura e dell’edilizia. L’agricoltura è il campo prevalente. Rispetto alle aree di provenienza si conferma la regione della Moldavia Romena (zone di Iasi, Botosani, Bacau, Galati, Bacau ed altre). Molto spesso i distretti di Timisoara ed Arad sono considerati aree di transito per le vittime della tratta e di concentramento per i gruppi organizzati di trafficanti. Sebbene proprio verso queste zone esista anche una forma di tratta interna al paese, nel 2014 la maggior parte delle vittime sono state condotte verso l’estero. Il primo paese in assoluto di destinazione è l’Italia, con 93 vittime registrate in Romania da questo provenienti; segue la Germania, la Spagna, l’Austria, la Repubblica Ceca, l’Irlanda, il Portogallo, la Grecia ed il Regno Unito, quali primi 10 paesi di destinazione delle vittime della tratta della Romania. Il traffico interno però cresce nel 2014 dal 38% al 45%, un dato certamente rilevante. Sebbene i dati forniti dal rappresentante dell’Agenzia nazionale anti tratta della Romania siano rilevanti ed approfonditi, emerge chiaramente una discrepanza tra quanto registrato per mezzo delle statistiche ed i casi di tratta effettivamente identificati e la realtà più vicina a noi. Il workshop ha offerto un’importante occasione di scambio di conoscenze tra i partner della Romania e la Cooperativa Sociale Proxima, che ha preso parte alla terza giornata di lavoro con la partecipazione di una sua delegazione proveniente da Ragusa. La Cooperativa è una delle 4 associazioni che in Sicilia operano nell’ambito del sistema anti tratta nazionale del Governo Italiano (insieme alle associazioni Penelope, Casa dei Giovani ed Acuarinto). La cooperativa realizza programmi di emersione ed assistenza secondo quanto disposto dall’Art. 13 della legge 11 agosto del 2003 rivolti a vittime e potenziali vittime di reti di riduzione in schiavitù e tratta, offrendo attività di prima accoglienza, contatto, collaborazione h 24 con il numero verde nazionale, accoglienza abitativa, alfabetizzazione, assistenza sanitaria e psicologica, assistenza legale e consulenze varie. Un altro progetto della cooperativa mira ad attuare i Programmi di assistenza e integrazione sociale, così come previsti dall’art.18 d.lgs. 286/98 finalizzati ad accompagnare le persone vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento – che abbiano eventualmente già beneficiato di misure di prima assistenza - in un percorso di assistenza di secondo livello. L’intervento di Proxima si svolge in un’area caratterizzata da notevoli contraddizioni e da un contesto di degrado che colpisce la popolazione straniera ed induce a diverse forme di sfruttamento. Nella Provincia di Ragusa esiste una zona agricola denominata “fascia trasformata”, delimitata dalle città di Vittoria, Santa Croce Camerina e Acate. Questo territorio è caratterizzato dalla presenza di colture non stagionali, ma perenni grazie all’installazione delle serre. Di solito i lavoratori abitano nelle stesse aziende agricole, in ex depositi attrezzi o baracche, dove i muri sono senza intonaco, i pavimenti in terra battuta e a volte i servizi sono all’esterno; spesso devono pure pagare l’“affitto” che il datore di lavoro detrae dalla paga giornaliera. Si tratta di piccole imprese agricole territorialmente “staccate” dal contesto urbano, quasi impenetrabili, la cui estensione è spesso delimitata da cancelli, reti con filo spinato e a volte da cani da guardia che non lasciano avvicinare nessun estraneo. Sono zone non servite dal servizio di trasporto pubblico e distanti dai centri urbani anche diversi chilometri. Questo sistema si fonda sull’assoluta necessità di guadagno dei lavoratori, legata spesso alla presenza di familiari in patria che attendono le loro rimesse per poter vivere. La mancanza di alternative percorribili fa si che il lavoratore non abbia altra scelta effettiva ed accettabile se non quella di cedere all’abuso di cui è vittima. Per incentivare i percorsi di emersione delle vittime

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di sfruttamento da tali contesti, si è attivato un servizio di contatto sul campo attraverso un unità mobile per il trasporto delle lavoratrici e dei lavoratori, denominato “Solidal Transfer”. E’ un servizio che, oltre a rispondere all'esigenze delle persone che vivono e lavorano in zone agricole totalmente isolate di raggiungere in autonomia i centri urbani, vuole fungere da volano per costruire relazioni fiducia con le persone che vivono situazioni di disagio legate a storie di sfruttamento. Tale servizio ha permesso agli operatori della cooperativa di raccogliere le storie delle donne di origine romena, rendendosi gradualmente conto delle condizioni di grave sfruttamento ed abuso sessuale e lavorativo che stavano vivendo e che poi sono stati resi noti dal boom mediatico frutto dell’articolo pubblicato dall’espresso il 15 settembre del 2014. Il boom mediatico, se non è servito certamente a contribuire ad individuare una strategia per creare un cambiamento culturale, sociale ed economico nell’area, ha almeno portato ad una maggiore attenzione al fenomeno da parte della prefettura e delle autorità locali, che da due anni non prendevano in adeguata considerazione le denunce che gli operatori di Proxima avevano più volte presentato. E’ stata importante la collaborazione con i sindacati (CIGL) e con i consultori; Proxima si è adoperata per affiancare dei suoi operatori al personale medico dei consultori di Vittoria ed Acata, con’obiettivo di far emergere eventuali situazioni di sfruttamento riconducibili alla propria attività lavorativa e nelle quali si siano palesate vessazioni di natura sessuale. A tal riguardo, per quanto non può essere considerato un indicatore adeguato per misurare la gravità del fenomeno, è interessante citare il dato degli aborti nella Provincia di Ragusa, per il 20% riguardanti donne di nazionalità romena (94 donne su 454 aborti per il 2014). Se si considerano le interruzioni di gravidanza realizzate in Romania (dove è possibile abortire anche successivamente alla dodicesima settimana di gravidanza) e gli aborti praticati clandestinamente, il dato potrebbe essere molto più allarmante. La referente della Cooperativa Sociale Proxima illustra soprattutto ai partecipanti romeni il perché non si sia in grado di affrontare la situazione; in particolare, i partecipanti della Romania si chiedono perché non vi siano controlli nel mercato del lavoro; secondo Proxima i controlli esistono da parte dell’Ispettorato del Lavoro di Ragusa ma spesso si concentrano soltanto sulle imprese più grandi; casi di sfruttamento invece si verificano frequentemente nei tessuti dell’economia informale, difficile da mappare, ad esempio presso le aziende che non sono messe in regola. La frammentarietà ed il livello di isolamento del territorio è elevato; le donne sono dislocate in aree lontane ed abbandonate e questo è un altro fattore da tenere in debita considerazione. Inoltre le donne vittima di sfruttamento sono vulnerabili sia ai ricatti dei datori di lavoro che dicono di vantare amicizie tra le forze dell’ordine, sia da chi le controlla e sfrutta in Romania, minacciando di ritorcersi contro i familiari in patria. Per affrontare il fenomeno, dal mese di dicembre 2014 è stato istituito, presso la Prefettura di Ragusa, un tavolo di lavoro per il coordinamento delle attività di contrasto al fenomeno dello sfruttamento lavorativo e sessuale degli stranieri impiegati nel comparto agricolo, al quale partecipiamo gli enti del privato sociale che realizzano attività in favore della tipologia individuata,le associazioni di categoria,le organizzazioni sindacali. Prendendo a modello altre iniziative già avviate in altre zone del Sud Italia in cui è diffuso lo sfruttamento dei lavoratori migranti in agricoltura, il tavolo si propone di portare avanti iniziative volte a premiare la legalità e a supportare chi conduce le proprie aziende agricole rispettando i diritti umani dei lavoratori e delle lavoratrici.

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TEMA 6 – PREVENZIONE, EDUCARE CONTRO LA TRATTA E LA VIOLENZA DI GENERE, EDUCAZIONE ALLA

SESSUALITÀ E SALUTE SESSUALE

Stella Bertuglia socia del CISS e docente dell’istituto scolastico ITIS Volta presenta il lavoro svolto negli ultimi anni nelle scuole di Palermo attraverso l’iniziativa “La Scuola Non Tratta”, sostenuta anche attraverso le azioni progettuali del CISS. Un dato rilevante per illustrare le nuove schiavitù nel paese è relativo allo sfruttamento in atto nel mercato del sesso, nel mercato dell’accattonaggio e dei lavori domestici, pari a circa il 72% dello sfruttamento complessivo; secondo Stella Bertuglia –esperta sui temi di genere ed insegnante – l’industria del sesso nel mondo muove 32 miliardi di dollari con oltre 12 milioni di persone trafficate; l’80% sono donne e bambine/i. La tratta è un problema di genere anche in Italia: si stima che siano 10 milioni gli italiani che ogni anno si rivolgono al mercato della prostituzione, rivolgendosi ad una delle 40.000 donne sfruttate nel mercato del sesso (Stella Bertuglia cita a tal riguardo il dato fornito da Don Benzi, che sosteneva fossero almeno 100.000). In Italia 1 uomo su 3 consuma sesso a pagamento e la fascia di clienti varia tra i 14 ed i 75 anni, appartenenti ad ogni livello sociale. Stella Bertuglia illustra le importanti iniziative che si sono avviate a Palermo per la sensibilizzazione degli aspetti di genere legati alla tratta, nelle scuole, con i docenti ed i cittadini. La scuola conserva un’importante responsabilità: vi è una carente educazione alla sessualità e la mancanza di applicazione di un linguaggio sessuato. Ciò nonostante è proprio la scuola a detenere un grande potenziale nel campo della prevenzione del fenomeno. Il tema dell’educazione alla sessualità andrebbe affrontato in modo più efficace anche secondo il dott. Prestileo, Tullio Prestileo dell’associazione Anlaids Onlus e Dirigente Med. UOC di Malattie infettive e Responsabile scientifico INMP SICILIA ARNAS OSPEDALE CIVICO Benfratelli Palermo. Il dott. Prestileo affronta il tema della salute delle donne straniere sfruttate sessualmente ripercorrendo le fasi della ricerca condotta dal suo team nel periodo compreso tra ottobre 1999 e dicembre 2008, quando è stato offerto un programma di screening per le principali IST infezioni sessualmente trasmissibili (infezione da HIV, HBV, HCV, LUE) a 275 prostitute straniere a Palermo, mai sottoposte a precedenti controlli clinici e bio-umorali. Di queste, 239 (86,9%) hanno accettato di partecipare allo studio. Le particolari ed insopportabili condizioni di vita cui vengono sottoposte queste giovanissime donne condizionano il loro stato di salute anche attraverso comportamenti a rischio per il contagio di IST. L’età media delle donne coinvolte nello screening è pari a 24 anni (range compreso tra 18 e 36) . Molte giovanissime donne che dichiaravano la maggiore età erano, con ogni probabilità, minorenni. Inoltre presentavano una storia della prostituzione molto recente: nel 60% dei casi la storia di prostituzione riferita era inferiore o uguale a 18 mesi. Per contro, solo il 5,8% delle donne intervistate, riferiva una storia di prostituzione di oltre 8 anni. Complessivamente, la diagnosi di IST è stata posta in 17 donne, pari al 7,1% della popolazione oggetto dello studio. In 14 casi è stata posta diagnosi di infezione isolata: HIV in 5 casi, HBV e LUE in 4 casi, HCV in un solo caso. Nelle rimanenti 3 donne è stata posta diagnosi di co-infezione da HIV/HBV, HIV/HCV, HIV/LUE. Si segnala, una correlazione statisticamente significativa (p < 0,0001) tra l’uso non costante del condom ed una maggiore frequenza di infezione da HIV, HCV e LUE. Tale correlazione non è stata osservata nelle donne con infezione da HBV che riferivano di usare costantemente il preservativo in 3 dei 5 casi di infezione attiva osservati. Dai colloqui telefonici intercorsi, le donne perse al follow-up riferivano di essere state costrette al trasferimento in altre città o di non poter fruire dell’assistenza sanitaria a causa del divieto assoluto dei protettori che impedivano loro qualsiasi tipo di relazione sociale! Gli effetti della perdita dei determinanti di salute nelle sex workers, ben espressi dall’OMS, risultano evidenti dai risultati di questo studio e di altri, recentemente pubblicati in letteratura: le prostitute straniere presentano,

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rispetto alla popolazione generale, una maggiore prevalenza di IST. Il fenomeno, certamente correlato alla loro storia di prostituzione, è da ricondurre anche alla richiesta dei clienti di non usare il preservativo, pratica presente, nella nostra casistica, nel 12,5%. I risultati di questo e di altri studi (Pando M., Panam. Salud. Publica, 2011; Tinajeros F., Int J STD AIDS 2012) ed in accordo con quanto enunciato nel corso dell’ottava sessione plenaria della 61^ Assemblea Generale della Salute dell’OMS, si vuole rappresentare la necessità di avviare al più presto specifici programmi di intervento che possano prevenire le IST e garantire la salute di queste donne e, più estesamente, della collettività, ricordando che il numero di clienti italiani supera, ampiamente, 9 milioni per anno (“Prostituzione in Italia” Gruppo Editoriale L’Espresso, 2012). Il tema della salute sessuale e riproduttiva è affrontato dall’associazione portoghese che opera a livello nazionale APF – Family Planning Association, rappresentata da Sonia Lopes. Scopo dell’associazione è sostenere le persone nelle libera scelta nel campo della salute sessuale e riproduttiva e garantirne l’accesso a servizi di qualità per la tutela della salute. Attraverso il servizio CAP l’associazione offre alloggio protetto a gruppi di donne e minori vulnerabili. Il centro è in grado di ospitare 7 persone contemporaneamente ed è in grado di rispondere ai diversi bisogni dei soggetti ospitati, nelle diverse sfere di intervento sociale, psicologica, economica. Il centro opera attraverso la Segnalazione, dunque l’Identificazione e la Integrazione delle donne. La durata dell’accoglienza può raggiungere massimo un anno, ed in casi eccezionali anche più tempo. Le vittime di tratta identificate dal Centro nel periodo 2008-2015 hanno diverse provenienze: 24 Romene, 5 Portoghesi, 4 Senegalesi, 5 Nigeriane, 2 Brasiliane, 2 Italiane, 1 Mozambico, 2 Bulgare, 1 Capoverdiana; 11 di queste sono minori. Relativamente alle forme di sfruttamento delle vittime identificate, emerge che 26 sono state sfruttate sessualmente, 9 sfruttate lavorativamente, 2 forzate all’accattonaggio, 2 sfruttamento ibrido sessuale e lavorativo, 1 sfruttamento ibrido lavorativo ed accattonaggio, per 5 non è stato possibile raccogliere il dato. Nella maggior parte dei casi le vittime sono state segnalate dalle forze dell’ordine, seguite dalle ONG, dal numero verde, dal Dip. dell’uguaglianza di Genere (CIG).

TEMA 7 – LA TRATTA DI ESSERI UMANI IN PORTOGALLO – LA DIMENSIONE DEL FENOMENO E LE BUONE

PRATICHE – UN PARAGONE CON L’ITALIA

Il funzionamento del sistema anti tratta portoghese, è stato proposto quale interessante elemento di paragone con la situazione in Italia sin dall’inizio del percorso, anche per via della partecipazione al progetto di referenti di istituzioni ed associazioni che operano a livello nazionale del paese e che per tanto hanno una consapevolezza maggiore del funzionamento dei meccanismi di coordinamento nel contrasto della tratta e nell’assistenza delle vittime. L’intervento di Manuel Albano – Referente Nazionale anti tratta del Governo Portoghese in occasione della conferenza tenutasi giorno 11 settembre a Palazzo delle Aquile, ha proposto una sintesi della dimensione del fenomeno e delle modalità di intervento in atto nel paese. In primo luogo bisogna dire che il Portogallo è un paese prevalentemente di destinazione per le vittime della tratta (come per l’Italia), e che la maggior parte delle vittime sono di nazionalità europea, provenienti dalla Romania ma anche dal Portogallo stesso; questo è un elemento molto interessante che differenzia il Portogallo dall’Italia: in Portogallo esistono casi di vittime di nazionalità portoghese identificate come vittime di tratta in altri paesi europei (ad esempio nel campo dello sfruttamento lavorativo nel settore agricolo in Spagna); nel 2014 sono 15 le vittime di tratta Portoghesi segnalate all’ Se associamo tale circostanza ai casi recentemente registrati dai media in Italia rispetto al tema del caporalato che colpisce anche cittadini italiani, ci rendiamo conto di come probabilmente il nostro paese debba assumere maggiore consapevolezza di un fenomeno che già in Portogallo è oggetto di analisi tra i soggetti preposti al contrasto della tratta. I trend dal 2013 al 2014 effettivamente registrano un calo nel numero di vittime identificate; tuttavia il trend

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complessivo nel periodo 2011-2014 registra un aumento nel numero di vittime. Nel 2013 erano 308 le vittime identificate, nel 2014 197. I numeri si collocano su una dimensione notevolmente ridotta rispetto ai dati registrati dal Dipartimento delle Pari Opportunità in Italia. Tale differenza può facilmente portarci alla conclusione che il sistema anti tratta portoghese ed il sistema italiano non siano facilmente oggetto di paragone. Se però rapportiamo la popolazione portoghese alla popolazione Italiana, la differenza si riduce notevolmente (secondo il rapporto GRETA pubblicato nel 2014 per il monitoraggio dell’azione dell’Italia nel campo della tratta, sono 975 le vittime della tratta assistite dai programmi di assistenza ed integrazione nel 2013). Nel 2014 si registra un aumento nel numero delle vittime identificate nel campo dello sfruttamento sessuale, ma secondo il Referente anti tratta Portoghese ciò potrebbe dipendere dalla circostanza dell’operato di un nuovo soggetto a sostegno delle vittime di sfruttamento sessuale in questo campo specifico di intervento; in generale, per quanto riguarda lo sfruttamento lavorativo, il comparto agricolo risulta maggiormente soggetto alla presenza di vittime di tratta, soprattutto nel campo dei lavori agricoli stagionali. Gli esperti del Consiglio d’Europa hanno recentemente richiesto maggiore attenzione al Governo Portoghese negli interventi a sostegno delle vittime sfruttate in ambito lavorativo; a tal fine è stato aperto un nuovo centro di accoglienza per uomini vittime di tratta alla fine del 2013. In generale nel 2014 il Portogallo ha triplicato gli sforzi nell’apertura di centri a sostegno di vittime della tratta. Nel campo della formazione, la rete portoghese sopra citata RAPVT (Network for Assistance and Protection to THB victims) ha tra l’altro condotto 5 corsi di formazione in regionali particolarmente vulnerabili al fenomeno della tratta, ed in particolare nel settore della raccolta delle olive. I training sono stati condotti da un gruppo di operatori locali impegnati nelle forze dell’ordine, in ONG, operatori sociali, operatori sanitari, etc.). Sono state condotte iniziative di sensibilizzazione attraverso i mezzi radio-televisivi, i cartelli pubblicitari, nelle strade o nelle stazioni ferroviarie. Rispondendo alle raccomandazioni segnalate dal gruppo di esperti GRETA del Consiglio d’Europa, il Portogallo nel novembre 2014 ha aggiornato e pubblicato delle linee guida per la prima identificazione della vittime della tratta e dei toolkit per facilitare il processo di identificazione; inoltre ha coinvolto 3 ONG ufficialmente nel gruppo di coordinamento per il monitoraggio della III edizione del Piano Nazionale Anti Tratta Portoghese - relativo al periodo 2014-2017 (si ricorda che in Italia non è ancora mai stata pubblicata la prima edizione del piano, attualmente disponibile soltanto in bozza); è stato prodotto un flyer informativo per le vittime di tratta, concernente i loro diritti, è stata anche diffusa una brochure informativa relativa al diritto al risarcimento per le vittime della tratta; un ulteriore flyer che è stato reso disponibile riguarda l’accesso per le vittime di tratta al diritto d’immigrazione. Inoltre sono stati creati 4 gruppi di coordinamento ed operativi che operano a livello regionale, nelle aree Nord, Centrale, a Lisbona ed a Alentejo.Nel periodo 2012 e 2013 sono diversi i casi di minori potenziali vittime di tratta segnalati in transito negli aeroporti di Lisbona e Porto.

PROPOSTE E CONCLUSIONI

Nella realizzazione del seminario -e più in generale nella proposta ed implementazione del progetto CONNECT – si è voluto favorire la condivisione di esperienze tra rappresentanti di attori istituzionali e non che operano a sostegno del contrasto e della prevenzione della tratta e a supporto delle vittime in diversi paesi europei. Si è voluto inoltre facilitare l’identificazione di strumenti operativi e/o strategie e metodologie di lavoro che hanno prodotto effetti positivi nella messa in rete dei diversi attori preposti formalmente e/o interessati al contrasto ed alla

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prevenzione della tratta che potrebbero essere sperimentati anche in altri territori / contesti d’intervento. Ed è stato affidato soprattutto ad uno dei gruppi di lavoro costituitosi nel corso del seminario il compito di identificare alcune proposte operative volte a sostenere la conoscenza reciproca e la cooperazione tra i diversi soggetti coinvolti nei seminari organizzati nell’ambito del progetto “CONNECT”, al fine di dare seguito al lavoro avviato.

Un primo elemento emerso con chiarezza quale risultato del percorso di scambio, è che il fenomeno della tratta di donne, di minori e uomini vulnerabili a diverse forme di reclutamento provenienti da diversi paesi e sfruttati in diversi ambiti, è riconosciuto da molti essere una problematica complessa e articolata. E’, dunque, ampiamente condiviso che per il contrasto del fenomeno si rende necessario il coinvolgimento di un’ampia tipologia di attori: le autorità di governo, le procure, le forze dell’ordine, i servizi sociali, le reti associative, le unità di strada, i sindacati, il settore privato; i percorsi di prevenzione, repressione e tutela delle vittime d’altronde richiedono una tipologia differenziata di professionalità: difensori legali, psicologi, educatori, mediatori culturali, decisori politici etc. L’esperienza portoghese che raccoglie in modo strutturato diversi stakeholder intorno al paino di azione per il contrasto, la prevenzione, la protezione delle vittime della tratta, probabilmente sintetizza al meglio la tipologia da mettere in campo anche in Italia ed in Romania.

Se guardiamo al contesto europeo, nonostante vi sia una diffusa consapevolezza della complessa architettura del sistema anti-tratta, a tutt’oggi non esistono modelli consolidati di lavoro in rete applicati in modo diffuso nei diversi territori. La Commissione Europea con la Direttiva 36/2011 e in particolare la previsione dell’Art. 19 in materia di “Relatori nazionali o meccanismi equivalenti” a tal fine ha sollecitato gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per istituire relatori nazionali o meccanismi equivalenti cui sia affidato il compito di valutare le tendenze della tratta di esseri umani, misurare i risultati delle azioni anti-tratta, anche raccogliendo statistiche in stretta collaborazione con le pertinenti organizzazioni della società civile attive nel settore, e di presentare relazioni. L’adozione in tutti i paesi europei di piani di azione nazionali per il contrasto e la prevenzione della tratta e il monitoraggio degli stessi sembra essere diventato un punto di riferimento comune e acquisito a livello comunitario. Le diverse generazioni di piani nazionali anti tratta hanno affrontato gli aspetti del Coordinamento e della Cooperazione inter-istituzionale in Portogallo e Romania.

In Italia, l’imminente approvazione del piano nazionale anti tratta si auspica contribuirà ad una maggiore chiarezza nell’attribuzione di compiti e responsabilità; nel frattempo diverse esperienze sono state sostenute grazie al coinvolgimento diretto di vari soggetti sui territori locali, provinciali, regionali e inter-regionali, con risultati più o meno positivi.

Nell’area metropolitana di Palermo e in Sicilia, per quanto esistano molte esperienze positive di lavoro in rete per l’assistenza delle vittime e la prevenzione del fenomeno, possiamo affermare che non esiste un quadro di riferimento di lavoro di rete inter-istituzionale per il contrasto del fenomeno in un’area di transito dei flussi migratori certamente esposta al fenomeno della tratta. ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici dell’Immigrazione) recentemente, ha messo in evidenza alcuni esempi di protocolli d’intesa sviluppati in diverse regioni italiane dove da più tempo si lavora in rete per il contrasto della tratta. A titolo di esempio, nella Regione Piemonte nel febbraio 2014 è stato siglato un Protocollo d’Intesa sul rafforzamento della collaborazione interistituzionale per l’analisi, la prevenzione ed il contrasto al fenomeno della tratta degli esseri umani ai fini dello sfruttamento e intermediazione della manodopera nei luoghi di lavoro in Provincia di Torino. L'obiettivo è la realizzazione di interventi articolati e organici per la tutela delle vittime di sfruttamento lavorativo, attraverso la razionalizzazione delle procedure e delle risorse e tramite la consolidazione delle diverse esperienze e professionalità di quanti operano nel settore. Gli Enti firmatari del protocollo d'intesa sono: Prefettura di Torino, Regione Piemonte, Provincia di Torino, Comune di Torino, Procura della Repubblica, Questura di Torino, Comando Provinciale Carabinieri, Comando Provinciale Guardia di Finanza, Direzione Regionale Agenzia delle Entrate, Direzione Regionale INPS, Direzione

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Territoriale del Lavoro, Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura, CGIL-CISL-UIL, Gruppo Abele, Ufficio Pastorale Migranti, ASGI.

Nel giugno 2011 la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, la Questura e il Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri, le Istituzioni Universitarie, scolastiche e sanitarie, i Servizi Sociali Regionali, provinciali, comunali, i Centri antiviolenza e i Centri di accoglienza della provincia di Caserta hanno siglato un Protocollo d’Intesa per la costituzione di un sistema integrato di protezione delle vittime e di repressione dei reati di maltrattamenti in famiglia, atti persecutori, violenze sessuali, sfruttamento della prostituzione e dell’immigrazione clandestina. I soggetti firmatari del Protocollo si sono impegnati secondo le rispettive competenze, autonomie e nell’ambito dei propri compiti istituzionali per attivare opportune iniziative e sinergie operative al fine di promuovere un’azione coordinata a tutela delle donne, dei minori, dei migranti e di ogni altra categoria socialmente debole o “a rischio” di esclusione, discriminazione, violenza, sfruttamento, marginalizzazione.

Ultimo esempio, il Protocollo d’intesa della Provincia di Firenze, siglato nel 2011 dal titolo Interventi su tratta delle persone, prostituzione ed altri fenomeni di grave sfruttamento nei confronti di cittadini extracomunitari nel territorio della Provincia di Firenze e che prevede la realizzazione di una rete fattiva e stabile di partenariato tra istituzioni, servizi e realtà cittadine che definisca la cornice istituzionale entro cui inserire e costruire un sistema coordinato di analisi, confronto, interventi e servizi rivolti alle persone vittime di tratta e grave sfruttamento, in grado di contrastare il fenomeno, di favorire l'inserimento sociale delle vittime e di operare nella logica della riduzione del danno.

Firmatari del protocollo sono: Prefettura di Firenze (ente di coordinamento), Procura della Repubblica di Firenze, Questura di Firenze, Comando Provinciale Carabinieri, Comando Provinciale Guardia di Finanza, Provincia di Firenze, Comunedi Firenze- Polizia Municipale, Assessore Pari Opportunità Comune di Firenze, Società della Salute SudEst, Società della Salute NordOvest, Società della Salute Mugello, Società della Salute Empolese Valdelsa, Associazione Progetto Arcobaleno, Cooperativa Sociale C.A.T.

Il coordinamento, il lavoro in rete e la cooperazione inter-istituzionale non possono però riguardare esclusivamente i livelli territoriali e nazionali; l’attivazione di misure di collaborazione, ivi anche incluse procedure operative e strategie comuni tra i diversi paesi europei nel campo della prevenzione e del contrasto della tratta, rimangono ancora deboli nonostante grandi passi avanti siano stati compiuti nell’armonizzazione del quadro comune di riferimento europeo.

Su tale versante, il seminario e la conferenza hanno portato gli organizzatori a formulare una proposta, ovvero la costituzione – come avviene già in altre regioni ed in altri territori italiani – di un tavolo interistituzionale per affrontare il tema della tratta.

Rimane aperta, inoltre, un’altra sfida legata alla cooperazione internazionale con altri paesi di origine e transito delle vittime della tratta. La stipula di un Memorandum d’intesa tra l’Unione Europea ed il Governo Nigeriano in materia di agenda migratoria e mobilità avvenuta lo scorso marzo 2015 potrebbe dare spazio a nuove forme di collaborazione, ad esempio per la protezione delle vittime di tratta di origine nigeriana che giungono in Italia e in altri paesi europei. In tal senso si intende proseguire il lavoro di partenariato e rete intrapreso a Palermo.

Alcune proposte a livello pratico operativo – oltre la creazione del tavolo interistituzionale – sono state avanzate nel corso del seminario ed in particolare nel dibattito sviluppato all’interno dei lavori di gruppo.

- La creazione e diffusione di una mailing list rappresentativa dei diversi stakeholder che hanno partecipato al progetto per costruire una base di riferimento che faciliti il contatto diretto tra i diversi attori che operano in materia.

- La priorità da assegnare al tema della formazione, intesa in modo non unilaterale ma piuttosto reciproco, sviluppata in modo congiunto da diverse tipologie di attori (forze dell’ordine, procure, associazioni, etc.).

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- Il rafforzamento delle procedure e degli strumenti di identificazione delle vittime: aspetto carente in tutti i paesi e che porta ad una falsa percezione del fenomeno;

- La tutela dei dati sensibili delle vittime della tratta, soprattutto quando si attivano percorsi di lavoro in rete che vedono il coinvolgimento di diversi soggetti.

- L’attenzione alla disponibilità dei fondi: è importante segnalare ancora una volta che in Romania le associazioni non hanno a disposizione meccanismi pubblici di finanziamento per la protezione delle vittime della tratta in rientro nel paese con una ridotta capacità di azione.

Infine, come emerso negli interventi proposti da Giorgio Bisagna, Don Enzo Volpe (Direttore del Centro Santa Chiara), e Yodit Abraha (psicologa e mediatrice culturale), è fondamentale non categorizzare e non ideologizzare il fenomeno della tratta ed al contempo rendersi conto che – almeno a Palermo ed in Italia – a distanza di almeno dieci anni di interventi e programmi realizzati a supporto delle vittime della tratta –la situazione non è pressoché cambiata ed una seria riflessione sugli approcci e le metodologie di lavoro continua ad essere necessaria.

CONTATTI PER INFORMAZIONI ED APPROFONDIMENTI

Margherita Maniscalco Responsabile di progetto CISS [email protected] [email protected] Tel: +39 091 6262694 Mobile: +39 3204603198 www.cissong.org