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97 CONSOLIDAMENTI PUNTUALI DI DISCONTINUITA’ E LESIONI MURARIE IN COSTRUZIONI STORICHE F. Doglioni,* G. Mirabella Roberti,* F. Trovò** *Dip. di Storia dell’Architettura, Università IUAV di Venezia, S. Polo 2468 –30125 Venezia ** Dottorato di Conservazione dei Beni Architettonici del Politecnico di Milano Abstract This study elaborates an intervention approach to some forms of discontinuity that can be found on existing masonry walls. An estimate of the related form of vulnerability is proposed, setting the wall continuity gauge as term of reference. This gauge is, above all, constituted by an appropriate mesh measure of masonry ashlars. Once general objectives of the intervention are defined, the study proposes some executive sequences, in selected sample cases, as operating record to contrast vulnerability forms caused in the system by different discontinuities, in order to make the impacts of the intervention techniques fitting the proposed aims of the conservation project. Premessa: continuità costruttiva e “regola d’arte” Anche se la costruzione muraria costituisce un sistema di per sè eterogeneo, per essa si fa frequentemente riferimento ad una “regola d’arte” in base alla quale essa deve essere continua, omogenea ed efficacemente costruita, pur con le articolazioni e le specializzazioni proprie delle diverse tecniche edificatorie. Il concetto di “regola d’arte” è inevitabilmente astratto, e può essere messo a fuoco da un lato in modo relativo a ciascuna delle culture costruttive presenti in una data area nel tempo, ad esempio riconoscendo e caratterizzando l’esecuzione che rappresenta senza scadimenti e con efficacia la tecnica costruttiva con cui è condotta; si tratta perciò di “regole d’arte” da ricercare e assumere con strumenti analitici in ciascun ambito storico-culturale e geografico (1) [1], e che non può essere assunta di per sè come valutazione di efficienza. Sul versante della valutazione odierna della qualità ed efficacia costruttiva, l’applicazione del concetto di “regola d’arte” rischia di prefigurare una sorta di super-muratura ideale, che raramente trova riscontro in esemplari costruiti. Il tema si deve spostare perciò verso la ricerca di dati caratterizzanti che al tempo stesso siano rappresentativi dei modi costruttivi e si prestino a costituire, se non una misura tout-court, un insieme di caratteri parametrabili la cui combinazione sia funzionale alla valutazione graduata dell’efficienza costruttiva attuale. In questo ambito di ricerca, nel corso di una collaborazione con l’Istituto Centrale per il Restauro [2] è stata messa a punto e sperimentata su un campione di edifici di Nocera Umbra una procedura di stima speditiva delle vulnerabilità murarie, che può essere intesa come una scala inversa rispetto all’efficienza muraria. Un primo gruppo di parametri è basato su osservazioni visive o misure geometriche ricondotte a definite scale, una seconda parte ai risultati di prove fisiche o fisico-chimiche a nullo o basso impatto distruttivo. Tra i primi parametri messi a punto e sperimentati in tema di definizione e misura della continuità muraria si segnala per la sua relativa semplicità ed efficacia, l’indicatore numerico dell’ingranamento dei supporti sul piano esterno del paramento, in funzione del numero e

CONSOLIDAMENTI PUNTUALI DI DISCONTINUITA’ E LESIONI ...rice.iuav.it/108/1/Miur2004_1.pdf · Restauro [2] è stata messa a punto e sperimentata su un campione di edifici di Nocera

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CONSOLIDAMENTI PUNTUALI DI DISCONTINUITA’ E LESIONI MURARIE IN COSTRUZIONI STORICHE

F. Doglioni,* G. Mirabella Roberti,* F. Trovò**

*Dip. di Storia dell’Architettura, Università IUAV di Venezia, S. Polo 2468 –30125 Venezia

** Dottorato di Conservazione dei Beni Architettonici del Politecnico di Milano Abstract This study elaborates an intervention approach to some forms of discontinuity that can be found on existing masonry walls. An estimate of the related form of vulnerability is proposed, setting the wall continuity gauge as term of reference. This gauge is, above all, constituted by an appropriate mesh measure of masonry ashlars. Once general objectives of the intervention are defined, the study proposes some executive sequences, in selected sample cases, as operating record to contrast vulnerability forms caused in the system by different discontinuities, in order to make the impacts of the intervention techniques fitting the proposed aims of the conservation project. Premessa: continuità costruttiva e “regola d’arte” Anche se la costruzione muraria costituisce un sistema di per sè eterogeneo, per essa si fa frequentemente riferimento ad una “regola d’arte” in base alla quale essa deve essere continua, omogenea ed efficacemente costruita, pur con le articolazioni e le specializzazioni proprie delle diverse tecniche edificatorie. Il concetto di “regola d’arte” è inevitabilmente astratto, e può essere messo a fuoco da un lato in modo relativo a ciascuna delle culture costruttive presenti in una data area nel tempo, ad esempio riconoscendo e caratterizzando l’esecuzione che rappresenta senza scadimenti e con efficacia la tecnica costruttiva con cui è condotta; si tratta perciò di “regole d’arte” da ricercare e assumere con strumenti analitici in ciascun ambito storico-culturale e geografico (1) [1], e che non può essere assunta di per sè come valutazione di efficienza. Sul versante della valutazione odierna della qualità ed efficacia costruttiva, l’applicazione del concetto di “regola d’arte” rischia di prefigurare una sorta di super-muratura ideale, che raramente trova riscontro in esemplari costruiti. Il tema si deve spostare perciò verso la ricerca di dati caratterizzanti che al tempo stesso siano rappresentativi dei modi costruttivi e si prestino a costituire, se non una misura tout-court, un insieme di caratteri parametrabili la cui combinazione sia funzionale alla valutazione graduata dell’efficienza costruttiva attuale. In questo ambito di ricerca, nel corso di una collaborazione con l’Istituto Centrale per il Restauro [2] è stata messa a punto e sperimentata su un campione di edifici di Nocera Umbra una procedura di stima speditiva delle vulnerabilità murarie, che può essere intesa come una scala inversa rispetto all’efficienza muraria. Un primo gruppo di parametri è basato su osservazioni visive o misure geometriche ricondotte a definite scale, una seconda parte ai risultati di prove fisiche o fisico-chimiche a nullo o basso impatto distruttivo. Tra i primi parametri messi a punto e sperimentati in tema di definizione e misura della continuità muraria si segnala per la sua relativa semplicità ed efficacia, l’indicatore numerico dell’ingranamento dei supporti sul piano esterno del paramento, in funzione del numero e

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della lunghezza dei tracciati entro i giunti orizzontali, inclinati o verticali che, in un campione di 1x1 m., uniscono il bordo superiore e inferiore della muratura senza attraversare i supporti e senza toccarsi o intersecarsi. (2). Tale indicatore, definito LMT (Linea Minima Tracciato) è rappresentato dal numero di tracciati riscontrati, in genere variabile da 2 a 5, utile a valutare la

Misura dell’indicatore L.M.T. (lunghezza minimo tracciato – valore medio ) di ingranamento murario sul paramento esterno di due edifici a Nocera Umbra.

snellezza dei pilastrini in cui si può discretizzare la muratura, e dal rapporto tra la misura in altezza del campione di paramento (100 cm.) e la lunghezza media dei tracciati, che nei casi esaminati varia da 1,09 (bassissimo ingranamento) a 1,70-1,80 (elevato ingranamento). Una proposta affine, più difficilmente applicabile per le difficoltà operative, è stata avanzata anche per valutare la connessione tra paramenti murari opposti nella muratura a più paramenti (3). La caratterizzazione delle discontinuità murarie e la valutazione delle vulnerabilità conseguenti Un campo di ricerca simmetrico e complementare è rappresentato dallo studio delle forme di eterogeneità e discontinuità costruttiva, che costituiscono un allontanamento più o meno rilevante dalla regola d’arte, comunque la si voglia intendere. Osserviamo in ogni caso come siano relativamente rari gli edifici nella cui tecnica costruttiva possiamo riconoscere una elevata continuità e omogeneità. Se poi consideriamo l’intero arco di esistenza di un manufatto, dal suo incipit formativo ad oggi, attraverso lo sviluppo del cantiere, la vita in esercizio con le forme di usura, degrado e

Campione n.15 località Boschetto Lunghezza Minimo Tracciato (L.M.T.) –valore medio cm 132,4 4 tracciati verticali / m²

Campione n.10 chiesa di s. Chiara Lunghezza Minimo Tracciato (L.M.T.) – valore medio cm 164,5 2 tracciati verticali / m²

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dissesto, i cicli di manutenzione e di trasformazione, gli eventi a volte traumatici, potremmo descriverla come un progressivo e spesso radicale allontanamento dalla condizione di pur relativa continuità e regolarità iniziale. La complessità che la storia e il tempo sedimentano sulla fabbrica, si traduce in una quantità crescente di discontinuità ed eterogeneità più o meno marcate nel tessuto murario. Ogni sospensione di posa o giunto di attesa nel corso del cantiere iniziale introduce variazioni. Ogni effetto di dissesto discretizza la muratura, ossia produce una discontinuità che usulmente gli interventi di riparazione o ricostruzione non riescono a sanare del tutto, sovente introducendo essi stessi forme di eterogeneità. Ogni intervento di trasformazione, accrescimento, riduzione o sostituzione si traduce in soluzioni di continuità e separazioni tra parti. Rispetto alle considerazioni svolte in precedenza –la ricerca del grado di ingranamento murario- il puro tamponamento non ammorsato di un’apertura introduce nella muratura due tracciati verticali ad indice 1, ossia ad ingranamento nullo. Discontinuità ed eterogeneità sono quindi una condizione costitutiva della costruzione stratificata; condizione che tuttavia non può nè deve essere combattuta di per sè e va in larga misura accettata, mirando semmai a contrastarne i soli effetti negativi sul comportamento strutturale, ossia a neutralizzare le forme di vulnerabilità che essa introduce nel sistema. Il tema si sposta quindi sulla valutazione e previsione delle conseguenze strutturali, legate alle azioni meccanico-statiche, dirette o indirette, e alle azioni meccanico-dinamiche, (4) queste ultime di natura prevalentemente sismica, delle diverse forme di discontinuità/eterogeneità introdotte dai processi di trasformazione. A meno di macroscopiche violazioni di principi elementari, quali la costruzione di murature in falso, la riduzione di sezioni già molto sollecitate, l’eccesso di sopraelevazione o il taglio di elementi resistenti a trazione quali tiranti su archi, è relativamente raro che gli usuali processi di trasformazione indeboliscano fino al collasso le costruzioni nelle normali condizioni di esercizio. Se quindi gli effetti in fase meccanico-statica, generalmente di compressione assiale verticale, sono limitati, ben più rilevanti sono gli effetti in fase meccanico-dinamica. Mentre le forme di vulnerabilità sismica di una costruzione ad elevato grado di continuità sono rappresentate da meccanismi unitari di danno legati alla sua geometria di insieme o delle parti, definite macroelementi, le discontinuità ed eterogeneità di un manufatto stratificato formano linee di indebolimento che spesso favoriscono comportamenti ancora più segmentati e discordi. Le vulnerabilità di insieme sono state denominate vulnerabilità tipiche, in quanto legate alla configurazione, e alla posizione rispetto alla fabbrica, fattori ai quali l’analisi del danno avvenuto associa dati meccanismi di dissesto in una costruzione tendenzialmente omogenea e continua, gli indebolimenti e le vulnerabilità locali sono state definite vulnerabilità specifiche, in quanto proprie ed esclusive di un dato manufatto, di cui segmentano e influenzano ulteriormente il comportamento rispetto a quello proprio delle vulnerabilità tipiche, inducendolo ad assumere tracciati e forme del tutto peculiari [3]. L’azione di contrasto del possibile danno, e la simmetrica riduzione delle vulnerabilità, deve interessarsi in modo mirato ad entrambe le forme. Anche valendosi dell’esperienza maturata nel campo della stratigrafia costruttiva, ossia del rilevamento e analisi interpretativa delle evidenze costruttive prodotte dai processi di trasformazione [4], si è cercato di ricondurre ad un numero ridotto di situazioni-tipo, inevitabilmente schematizzate, la grande varietà di forme di discontinuità che tali processi determinano. Il campione di studio principale è costitituito da alcuni edifici in fase di restauro, al cui interno è stato possibile esaminare ed interpretare le discontinuità presenti, e da casistiche formate in precedenza. In via generale, i processi sono riconducibili a tre tipi di effetto:

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• affiancamento non solidarizzato; • riduzione a taglio o a strappo di sezioni murarie; • misto, ossia formato da azioni di riduzione a strappo della muratura e da successivo

affiancamento murario non solidarizzato al lembo di rottura. Nell’ambito di questa prima distinzione, che traduce l’impostazione stratigrafica basata su azioni positive (di apporto) e negative (di sottrazione-demolizione), un primo gruppo di effetti-tipo è rappresentato dalle grandi discontinuità, in buona parte conseguenti a quella che L. Binda ha di recente definito “stratificazione volumetrica”. Si tratta di discontinuità che interessano almeno un intero piano della costruzione, e che conseguono ad ampliamenti in addossamento di corpi di fabbrica e alla realizzazione di nuovi setti murari. Grandi discontinuità sono determinate anche dalla costruzione in breccia di canne fumarie o di scarichi, e da lesioni evolute prodotte su interi macroelementi dallo sviluppo avanzato di meccanismi unitari di danno, che discretizzano completamente le murature attraversate. Un secondo gruppo è rappresentato dalle discontinuità locali, ossia dagli esiti di azioni di più limitata ampiezza quali l’apertura in breccia di un nuovo foro, la chiusura non ammorsata di un foro esistente o di una canna fumaria, ecc. Anch’esse sono state suddivise in azioni di apporto, di sottrazione, o miste (sottrazione-apporto). Un caso particolare di discontinuità locale è costituito dalle discontinuità multiple, in cui in un contesto ravvicinato si susseguono più tipi di discontinuità locale, riducendo la dimensione delle parti murarie omogenee entro una fitta rete di bordi ed interfacce negative. E’ stata formata una casistica esemplificativa di diversi tipi di discontinuità o forme di indebolimento presenti in un campione di edifici in fase di restauro (5), che è stato possibile osservare compiutamente, o di recente restaurati. Ne è stata tratta una classificazione articolata in base alla natura ed entità della discontinuità: Grandi discontinuità: 1.1- discontinuità verticale tra fabbricati contigui per addossamento di corpo di fabbrica;

accostamento di muratura non ammorsata ad angolata preesistente; 1.2- idem, in presenza di apertura che forma spalla esile sul muro accostato; 2.1- discontinuità verticale in nodo a T tra muri di fabbricati diversi o dello stesso edificio, per

addossamento di testa a muro rettilineo preesistente (nodo di muri tra loro ortogonali); 2.2- idem, in presenza di apertura che forma spalla esile sul muro accostato; 3.1- apertura in rottura di canna fumaria o grande condotto (in genere, grande discontinuità

verticale dovuta a demolizione e ricostruzione sulla superficie di interfaccia); 4.1- grande lesione conseguente all’attivazione di meccanismo di danno su macroelemento. Discontinuità locali di apporto: 5.1- chiusura non ammorsata di porte, finestre, nicchie, camini, ecc.; discontinuità locali di

erosione: 6.1- riduzione di setti, aperture a taglio mirato; 6.2- rimozione di bordi specializzati di confinamento (spalle in pietra o tessute, angolate, con

o senza ripresa muraria;

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Discontinuità locali miste: 7.1- spostamento parziale di foro con formazione di nuova spalla non ammorsata e snella,

altra spalla in rottura con apporto non ammorsato; 7.2- apertura in breccia di nuovi fori e formazione di nuove spalle a limitato ammorsamento; 8.1- discontinuità verticali multiple e ravvicinate. Per ciascuna delle forme di discontinuità è stato elaborato uno schema grafico, descritte le forme di vulnerabilità conseguenti in rapporto a comportamenti e danni riscontrati in situazioni affini a seguito di eventi sismici, descritti dalle casistiche di danno successive al sisma del Friuli ’76 e Umbria-Marche ‘97. Le conseguenze in ordine alle forme di vulnerabilità introdotte nel sistema, in particolare delle singole discontinuità locali, sono fortemente legate alla combinazione tra loro e con le grandi discontinuità, alla posizione nel contesto, al tipo di sollecitazione cui può essere sottoposta la parte muraria. Una valutazione di ordine qualitativo/analogico può essere desunta dall’osservazione del comportamento che si è constatato in occasione di sismi in manufatti che hanno subito trasformazioni affini.

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Le conseguenze in ordine alle forme di vulnerabilità introdotte nel sistema possono essere valutate sotto il profilo quantitativo formando un modello a elementi murari discreti in cui forma, dimensione, vincoli e caratteristiche meccaniche di ciascuno rispecchiano le diverse discontinuità-eterogeneità constatate, e paragonando il risultato che si otterrebbe modellando

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una muratura omogenea e continua con la stessa configurazione volumetrica di insieme, soggetta alle stesse sollecitazioni. La valutazione qualitativa, come quella proposta, si basa invece su analogie con i comportamenti patologici delle diverse forme di discontinuità osservati in occasione di terremoti, tenendo presente la loro posizione nella fabbrica e le sollecitazioni cui sono sottoposte. Mentre il comportamento delle grandi discontinuità è relativamente prevedibile e ben documentato nella casistica di danno, il ruolo delle singole discontinuità locali è fortemente legato alla combinazione tra loro e con le grandi discontinuità, alla posizione nel contesto, al tipo di sollecitazione cui può essere sottoposta la parte muraria. Ad esempio, la mera chiusura di porte esistenti in un muro di spina, senza la realizzazione di nuove aperture, anche se l’effetto di rafforzamento è da considerare limitato, non introduce elementi di indebolimento. Se invece si accompagna all’apertura in breccia di nuove aperture e alla formazione non ammorsata di nuove spalle, l’effetto di indebolimento risulta più marcato, perchè somma ai vuoti tamponati in modo inefficace i nuovi vuoti il cui contorno non è adeguatamente specializzato. Se poi si ripete più volte sullo stesso pannello murario, in base al fenomeno della “migrazione delle aperture” nel tempo che si osserva di frequente, allora la frammentazione costruttiva può avere gravi conseguenze, soprattutto a fronte di sollecitazioni meccanico-dinamiche. Dobbiamo poi tenere presente che oltre alle discontinuità in sè, i processi di trasformazione introducono nel sistema significative disomogeneità, ossia accostano parti murarie con caratteristiche meccaniche e comportamento tra loro diverso. Definizione degli obiettivi di intervento L’obiettivo del progetto di consolidamento è di neutralizzare le forme di vulnerabilità e di indebolimento introdotte dai processi di trasformazione nella fabbrica. Questo non si deve tradurre di per sè in un impulso alla cancellazione delle tracce e degli elementi di trasformazione, cosa peraltro raramente possibile senza modifiche radicali dell’intera fabbrica, ma nell’introduzione mirata di interventi e accorgimenti articolati e progettati in rapporto sia alla valutazione delle effettive forme di vulnerabilità prodotte dalle discontinuità, sia al complesso di condizioni al contorno, di vincoli operativi e di opportunità conservative. In via generale, dobbiamo tenere presente che il miglioramento sismico sistematico (6) va operato su due distinti livelli, di cui il primo è appunto la riconduzione della fabbrica a relativa continuità ed efficienza costruttiva, risarcendo e riparando gli effetti di degrado, dissesto, manomissioni e aggiunte; il secondo è il miglioramento sismico propriamente detto, ossia l’introduzione mirata di accorgimenti ed elementi resistenti a contrasto dei meccanismi di danno propri della costruzione. E’ opportuno mettere a fuoco separatamente e non confondere tra loro i due piani, anche se in concreto alcune opere possono essere funzionali ad entrambe gli obiettivi. In sostanza, il raggiungimento di una sufficiente continuità ed efficienza costruttiva è una pre-condizione necessaria, non sufficiente, dell’opera di miglioramento. In primo luogo va operata una valutazione della necessità/utilità di intervento, in rapporto alla natura, entità e forma delle discontinuità introdotte nel sistema, alla loro effettiva pericolosità in termini di vulnerabilità, agli impatti sotto il profilo conservativo che si renderebbero necessari. Ad esempio, per le grandi discontinuità è necessario distinguere: 1) le situazioni in cui la discontinuità è intenzionalmente introdotta in origine per indirizzare il comportamento; è il caso, ad esempio, dei muri di spina che nelle costruzioni veneziane sono

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sovente privi di ammorsamento alla facciata per consentirne la traslazione verticale indipendente, senza aderenze e danneggiamenti reciproci tra i due muri accostati; 2) le situazioni in cui la presenza della discontinuità riduce la vulnerabilità del sistema; è il caso di torri campanarie accostate alla chiesa, il cui diverso periodo di oscillazione in fase sismica causa martellamenti distruttivi; i singoli corpi vanno perciò mantenuti liberi di oscillare separatamente, fruendo della pur parziale funzione di giunto svolta dalla discontinuità; 3) le situazioni in cui la presenza della discontinuità è localmente ininfluente rispetto al comportamento del sistema; è il caso di innalzamenti murari con appoggio in piano soggetti a soli sforzi compressivi, o di nodi murari in cui il muro accostato è soggetto sia in fase statica che dinamica a sole azioni compressive, come un muro ortogonale esterno ad una facciata sollecitata all’interno da archi o volte; 4) le situazioni in cui la vulnerabilità è legata a meccanismi che possono svilupparsi come allontanamento reciproco solo in date direzioni, escludendo le altre; l’intervento può quindi mirare ad un confinamento degli spostamenti lungo questi assi. E’ il caso degli interventi di consolidamento tradizionalmente diffusi a Venezia, e tuttora praticati, per contrastare la rotazione verso l’esterno delle angolate in pietra, apponendo uno o più tiranti locali esterni, con funzione di biella tesa. 5) le situazioni in cui lo spostamento è possibile in più direzioni, e la solidarizzazione/ingranamento deve essere efficace; è opportuno l’inserimento anche discontinuo di conci resistenti a trazione, posti a cavallo della discontinuità nel numero e con la dimensione tale da formare un ingranamento artificiale. 6) le situazioni di riduzione della sezione resistente , soprattutto quando si accompagnano al sezionamento verticale dei setti resistenti; è il caso della formazione di canne fumarie o di sostituzione di setti con architravi su ampie aperture con spalle esili, in cui va operato il risarcimento murario opportunamente ingranato, a ricostituire sia la sezione che la forma resistente perduta, o va cercata una soluzione equivalente. La ricostituzione di continuità, ove necessaria, deve mirare ad un indice di ingranamento tra le parti discontinue che sia pari a quello caratteristico della muratura in cui si sono verificate le lesioni o i processi di trasformazione, o di poco superiore se si ritiene opportuno introdurre una forma di specializzazione della parte. Allontanarsi per difetto o per eccesso da questo indice porterebbe come conseguenza l’introduzione di una nuova disomogeneità locale, che influirebbe sul comportamento della costruzione. L’indice di ingranamento murario prima proposto può quindi costituire un riferimento anche per gli interventi di riparazione-consolidamento, da effettuare in corrispondenza di discontinuità o di grandi lesioni. La scelta degli interventi a contrasto delle diverse discontinuità deve tenere conto del complesso di condizioni al contorno. Tra queste, in primo luogo, le volontà conservative legate alle superfici presenti nel contesto delle discontinuità, quali gli intonaci dipinti o di intrinseco interesse, le murature accuratamente rifinite con giunti stilati o comunque di interesse costruttivo/testimoniale. Anche le tracce in sè dei processi di trasformazione sono oggetto di interesse conservativo, in quanto testimoniano i diversi assetti nel tempo della costruzione e la genesi formativa dell’edificio; i lesionamenti subiti testimoniano i meccanismi di danneggiamento manifestati nel tempo dall’edificio e, dato il carattere recidivante e progressivo del danno, costituiscono un elemento fondamentale per l’anamnesi dei trascorsi e per la previsione in funzione diagnostica del comportamento futuro. Emerge la necessità che l’intervento sulla discontinuità non causi impatti tali da cancellarla del tutto come traccia ed elemento testimoniale, ma semmai la incida puntualmente,

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scegliendo tra le le diverse tecniche disponibili quella che nel contesto interessato produce il più favorevole bilancio tra conservazione e distruzione. Pertanto, sotto l’aspetto della compatibilità conservativa, va tenuto presente l’obiettivo generale di contrastare le forme di vulnerabilità introdotte dalla discontinuità e al tempo stesso di conservare elementi sufficienti alla leggibilità della traccia di trasformazione o della lesione. L’analisi stratigrafico-costruttiva, così come la lettura degli effetti di dissesto, porta a constatare come non sia necessaria la completezza fisica della traccia per consentire la lettura del dato. Un contatto stratigrafico nitido, anche se di limitata ampiezza, o un tratto di lesione di cui siano ben riconoscibili i cigli, sono sufficienti a comprendere localmente la sequenza costruttiva o la natura del dissesto. Per questo motivo, se la traccia non riveste di per sè anche un valore storico-formale, è possibile inciderla puntualmente in modo discontinuo, e conservare al tempo stesso la leggibilità del dato sulla materia della costruzione. Il tema si sposta perciò alla scelta delle tecniche operative con cui contrastare le discontinuità. Proposta di protocolli operativi e progetto locale di intervento in ambito conservativo. L’impostazione proposta è sostenibile solo con il superamento della dicotomia concettuale tra tecniche tradizionali e tecniche moderne, abbandonando ogni esclusione a priori in favore di un esame obiettivo della loro efficacia strutturale commisurata alla entità e natura dell’impatto provocato. Questo richiede anche l’attibuzione di un significato più ampio alla compatibilità che si richiede per gli inserti nelle costruzioni antiche. Ad esempio, le azioni di apporto necessarie a risarcire erosioni compiute (canne fumarie, varchi nelle murature, ecc.) utilizzano usualmente muratura in laterizi pieni e malta bastarda, che in contesti di muratura in pietra a malta di calce introducono una inevitabile disomogeneità. Ma se questo aspetto può essere tollerato, raramente praticabile risulta un efficace ingranamento, per la diversa altezza dei corsi e la cura esecutiva richiesta. Per ovviare a questo, alcuni casi (vedi foto) è stato realizzato un ingranamento con barre cementate sul bordo della muratura esistente e inserite nell’allettamento della muratura di apporto. La necessità di sostituire il tradizionale cuci-e-scuci, che risulta impattivo sulla traccia e nel contesto interessato e non sempre può essere realizzato con efficacia, emerge da alcune situazioni con speciali vincoli al contorno. In una muratura affrescata percorsa da una ampia lesione da meccanismo (vedi foto), la sequenza operativa adottata è stata la seguente: -pulitura e fissatura dei bordi dell’intonaco dipinto, operata da restauratore; -rimozione delle occlusioni interne alla lesione (malta di calce, frammenti di laterizio), e pulitura dalla polvere con aspiratori; -formazione di coppie di barre cementate a resina epossidica con fori inclinati praticati sui fianchi della lesione, e successivamente saldate a formare ponte di connessione tra le due murature discretizzate; -riempimento della lesione con malte adesive ed elementi di laterizio, mantenute sottosquadro; -risarcimente esterno del tracciato di lesione a malta di calce lievemente sottosquadro rispetto ai bordi dell’intonaco affrescato.

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Sopra: realizzazione di connessioni in corrispondenza di discontinuità di tipo 1.1, con vincolo operativo di intonaci antichi da non rimuovere. A sinistra: connessione realizzata con taglio a disco, inserimento di lama inox legata a resina epossidica; a destra, inserimento di concio in laterizio armato e iniezione nel tracciato di discontinuità. Sotto: realizzazione di connessioni in corrispondenza di discontinuità tipo 1.2. A sinistra, con vincolo operativo determinato dalla volontà di conservare in parte gli intonaci antichi, connessioni a mezzo di perforazioni armate legate a resina, rifacimenti parziali, iniezioni nelle discontinuità. A destra, con rimozione degli intonaci, inserimento di conci in laterizio armato, anche a sostituzione di architravi in legno degradati, e parziale cuci e scuci a mattoni.

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Schema di intervento (sezione orizzontale) A fianco e sopra: risarcimento in mattoni di discontinuità tipo 3.1 (canna fumaria), e realizzazione di connessioni fra i lembi opposti con cuciture armate (vedi schema). A fianco e sotto: realizzazione di connessioni in corrispondenza di discontinuità tipo 4.1 (grande lesione da meccanismo) con vincolo operativo costituito dalla necessità di conservare le superfici di intonaco dipinto . Vengono realizzate coppie di cuciture armate sui fianchi della lesione, saldate tra loro le barre; con iniezione sul cavo della lesione (vedi schema).

Schema di intervento (sezione orizzontale)

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Progetto locale di intervento per il confinamento di un foro aperto in rottura con formazione di nuove spalle non ammorsate (discontinuità tipo 7.2), in presenza di lesioni e in posizione angolare. Viene realizzato un telaio metallico ancorato con cuciture armate saldate, che svolge anche il ruolo di sostegno dell’architrave in pietra lesionato.

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In una grande discontinuità dovuta all’addossamento di una facciata all’angolata di un fronte preesistente, in presenza di un intonaco non decorato nella parte interessata, ma di antica costruzione e omogeneamente presente sul fronte, la discontinuità è stata localmente contrastata con queste modalità: -esecuzione di tagli orizzontali a disco della profondità di circa 7-8 cm., alti 1 cm e lunghi 40-50 cm., a cavallo della discontinuità, posti ad interasse di circa 30-40 cm.; -pulitura ad aria compressa; -inserimento di barre in acciaio inox da 50x5 mm. della lunghezza necessaria, e fissaggio a resina epossidica, lievemente ribassato; -sigillatura esterna ad intonaco di calce. In tale modo le superfici vengono incise puntualmente e la traccia dell’addossamento è conservata e mantenuta visibile. Ai livelli di piano la solidarizzazione interna è più marcata, con bulbi di innesto dei cordoli-tirante metallici. Anche quanto vi sono minori vincoli conservativi sulle superfici, perchè già oggetto di trasformazioni o reputate non significative nel contesto, sono spesso presenti limitazioni operative che impediscono il tradizionale intervento a cuci-e-scuci, e richiedono soluzioni mirate. E’ il caso di un muro addossato di testa senza ammorsamento ad un muro di facciata o di spina, in cui le demolizioni richieste per formare la sede degli elementi di ingranamento risulterebbero forzatamente estese e operabili con difficoltà, causando esse stesse nuove discontinuità. A seconda del contesto e dell’associazione con altre discontinuità, una soluzione possibile è rappresentata da elementi di connessione metallica formati, sul muro addossato, da piastre laterali di ancoraggio alle quali sono fissate barre cementate con fori passanti al muro cui ci si deve ancorare. Vi sono quindi situazioni ricorrenti, relativamente semplici, per le quali è possibile proporre la formazione di un numero limitato di protocolli operativi di riferimento. Dato un certo tipo di discontinuità e di condizioni al contorno, è possibile ipotizzare un ristretto spettro di soluzioni, ciascuna delle quali usualmente non consiste in un unico intervento, ma in una sequenza di operazioni correlate. Un tema particolare è costituito dalle discontinuità multiple ravvicinate, in cui non è possibile ingranare tra loro porzioni limitate ed eterogenee di muratura senza operarne di fatto la completa sostituzione. In questi casi possono essere utilizzati rinforzi lineari entro una traccia di limitata altezza posta trasversalmente alle discontinuità, come ad esempio elementi prefabbricati in laterizio con armatura interna entro getto di calcestruzzo, usualmente impiegati per architravi di porte e finestre. Questi rinforzi possono svolgere una funzione di connessione-ripartizione, riducendo la snellezza dei pilastrini liberi. Nelle situazioni più complesse, ove non è sufficiente il riferimento ad un protocollo operativo, è opportuno un progetto locale di intervento. Per progetto locale di intervento intendiamo non tanto o solo un particolare costruttivo adattato alla peculiarità della situazione, quanto il completo intreccio di procedimenti conservativi e di interventi a contrasto delle vulnerabilità, compatibili con i vincoli operativi dell’area.

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(1) “Peraltro le analisi finora condotte sulle fonti documentarie e sul campo hanno segnalato la varietà di tipi e di forme ed i relativi problemi di datazione, consigliando di disegnare areali costruttivi piuttosto ristretti. In definitiva, molto resta da fare per poter disporre di atlanti regionali di tecniche costruttive tradizionali, ai fini di un qualificato esercizio della tutela e dell’attività di conservazione”. G. FIENGO, Le finalità della ricerca, in Atlante delle tecniche costruttive tradizionali, a cura di G. FIENGO, L. GUERRIERO, [1], pag. 11. (2) Sotto il profilo operativo, la procedura adottata è la seguente. Si individua il campione murario da 100x100 cm, avendo cura di verificarne l’omogeneità costruttiva e l’assenza di riprese, e lo si fotografa ortogonalmente entro un riquadro graduato. Si elabora la foto riportandola in scala, e, con programma AutoCad si segnano i tracciati che rispondono alle caratteristiche indicate, effettuandone poi la misura in automatico. (3) Altri parametri analizzati, oltre alla misura dell’ingranamento trasversale tra paramenti opposti, dalla qualità, costituzione e consistenza della malta di allettamento, dalle modalità di fessurazione, da altri fattori di riduzione dell’efficienza. Tra i parametri del secondo gruppo, sono compresi i risultati di prove penetrometriche sui giunti di malta, l’esecuzione di prove soniche per trasparenza, l’esecuzione di analisi di laboratorio su campioni di malte prelevate (porosità, granulometria, ecc.). Sono stati analizzati 21 campioni murari, e riscontrate alcune correlazioni significative. E’ stata anche proposta una scala da 1 a 5 per la valutazione dei risultati in termini di vulnerabilità/efficienza costruttiva. (4) Le definizioni e distinzioni sono contenute nel documento ICOMOS- International Scientific Committee for Analysis and Restauration of Structures of Architectural Heritage, Recommendations for the Analysis and Structural Restoration of Architectural Heritage, Paris 2001, con integrazioni nel 2003. (5) Gli edifici specificamente esaminati sono il palazzo Bizzarrini a Feltre (BL), dei secoli XVI-XVII-XIX, formato dalla rifusione di due precedenti unità a schiera; il palazzetto Fornezzi a Feltre (sec. XVI); la chiesa di S. Marcello ad Umin di Feltre, dei secoli XIII-XV-XVII; il palazzo Ca’ Zusto a Venezia, dei sec. XIV-XVI. Le casistiche più generali sono state formate sia per l’osservazione delle forme di vulnerabilità specifica, sia per lo studio della stratigrafia costruttiva. Vedi i testi relativi già citati. (5) La proposta di miglioramento sistematico è contenuta in: F. DOGLIONI, Il miglioramento possibile nel restauro. Riflessioni e casi, atti del Convegno “Terremoto e restauro”, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza Regionale dell’Aquila, L’Aquila, 15-16 dicembre 2003, in corso di stampa. BIBLIOGRAFIA [1] G. FIENGO, L. GUERRIERO (a cura di), Atlante delle tecniche costruttive tradizionali. Lo stato

dell’arte, i protocolli della ricerca, l’indagine documentaria. Atti del I e II seminario Nazionale, Arte Tipografica Editrice, Napoli, 2003

[2] F. DOGLIONI, G. MIRABELLA ROBERTI, Prove sperimentali speditive e valutazioni di vulnerabilità delle murature, in Monumenti & Terremoti- Nuove esperienze di analisi di vulnerabilità-pericolosità sismica, Ministero per i Beni e le Attività Culturali- Istituto Centrale per il Restauro, Roma, 2003, pp. 93-106

[3] F. DOGLIONI, A. MORETTI, V. PETRINI, (a cura di), Le chiese e il terremoto - Dalla vulnerabilità constatata nel terremoto del Friuli al miglioramento antisismico nel restauro, verso una politica di prevenzione, Ed. LINT, Trieste, 1994, pp. 320

[4] F. DOGLIONI, Stratigrafia e Restauro- Tra conoscenza e conservazione dell'architettura, Ed. LINT, Trieste, 1997, pp. 312