Bultmann - Storia Ed Escatologia-Queriniana (1989)

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Bultmann - Storia Ed Escatologia-Queriniana (1989)

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  • II. La comprensione della storia

    nell'et precristiana 1

    l. Le pi antiche narrazioni dei popoli non sono ancora storia, ma I loro temi non sono azioni e vicende umane, ma teogonie e cosmogonie, cio in realt la natu-ra, i cui fenomeni e poteri vengono personificati in di, come accade per esempio nel poema babilonese della crea-zione del mondo 2 Questi miti sono spesso in rapporto con il culto o con riti, la cui istituzione viene fondata dalla narrazione mitologica. Questo tipo di mitologia pro-viene dall'et preistorica dei popoli, ed ancor oggi viva in gruppi primitivi senza storia. La loro immaginazione incatenata soltanto dalla natura, dall'ordine e dalla rego-larit che vi si manifestano o dal carattere prodigioso e temibile dei suoi fenomeni.

    Soltanto allorch un popolo diventa nazione per lo svol-gersi della sua storia, nasce anche la storiografia: infatti, in concomitanza con la storia vissuta si forma anche una coscienza storica, che trova la sua espressione nella narra-zione della storia3 La cosa avviene in un primo momen-

    1 Per questo capitolo devo molto alle opere di ERNST HowALD, Vom Geist antiker Geschichtsschreibung, 1944; R.G. CoLLINGWOOD, The Idea o/ P.istory, 1949 (parte I) [trad. it. cit.]; GusT. H6LSCHER, Geschichtsschreibung in J:rael, 1952. Cf. anche B. SNEU., Die Entdeckung des Geistes, 1955, 203-217 [=cl: it., La cultura greca e le origini del pensiero europeo, Einaudi, Torino 1963. 210225].

    2 Citato in R.G. COLLINGWOOD, op. cit., 15s. [trad. it. cit., 4&;.]. n testo completo si trova in H. GRESSl'viANN, Altoriental. Texte zum AT, 1926, 109-129.

    J Cf. FR. K. ScHUMANN, Gesta/t und Geschichte, 1941, 32, nata 3.

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  • to in forma primitiva: in forma poetica o in prosa. Il ri-cordo di grandi avvenimenti, di grandi personaggi e delle loro azioni viene conservato in saghe come, per esempio, nell'Iliade di Omero e nel poema tedesco dei Nibelunghi; poi in novelle, che narrano singoli avvenimenti degni di attenzione e che sono gi in fase di transizione verso il racconto storico. Erodoto utilizzava ancora di queste no-velle come materiale per la propria esposizione storica 4 Nelle saghe operano ancora gli di, e lo stesso avviene spesso nelle relazioni cronachistiche, in cui le gesta dei si-gnori vengono narrate come gesta delle divinit. Nelle corti dei re e nei grandi templi, ma anche nelle amministrazioni delle citt, si compilavano queste relazioni storiche, o an-nali, che raccontano le gesta dei signori ~- parlano delle costruzioni e degli avvenimenti pi significativi, come guer-re, terremoti e altre catastrofi. Un esempio pi tardivo sono le famose Res gestae Divi Augusti. Un ricco materiale offrono le iscrizioni egiziane, babilonesi e di altri paesi orientali. Cito qui un esempio semplice dal racconto del re assiro Tiglat-pileser I (intorno al 1100).

    Percorsi il Libano, tagliai i cedri per il tempio dei grandi di Anu e Adad, miei signori, e ve li feci portare. Proseguii nel paese di Am,.!rru. Conquistai il paese di Amurru in tutta la sua estensione. Ricevetti il tributo da Byblos, Sidone e Arvad. Su navi della_ citt di Arvad percorsi un tratto di tre ore doppie dalla citt di Arvad, lungo la riva del mare, fino alla citt di Zamurri nel paese di Amurru. In mezzo al mare uccisi un nahiru (capodoglio o foca?) che chiamano cavallo marino 5

    4 Cf K. RElNHARDT, Herodots Persergeschichten, in Von Werken und For-men, 1948. Cf anche W. ScHMID.- O. STAHLIN, Geschichte der griechischen Literatur I (Handb. d. Altertums,;,iss. VII, 1,1), 1929, 661s.

    5 Altorientalische Texte zum Alten Testament, a cura di H. GI!.F.S$IANN, 1926, 339.

    22 l La comprensione della storia nell'et precristiana

  • Come secondo esempio pu servire un'iscrizione d~l re assiro Sennacherib, che racconta la sua campagna contro Gerusalemme:

    (Ecco ci che acc:adde a) Hazaqiau ( = Ezechia) di Giuda, che non si era sottomesso al mio giogo: io assediai quaranta-sei delle sue citt salde, fortificate, e innumerevoli piccole citt nei loro dintorni, e le assaltai con macchine d'assedio che si muovevano su tavolati, e con l'attacco della fanteria ... e le conquistai. Feci prigioniere 200.150 persone, grandi e piccole, uomini e donne, nonch cavalli, muli, asini, cammel-li, mucche e bestiame minuto senza numero, e considerai (tutto ci) come bottino. Quanto a lui (Ezechia), lo chiusi a Geru-salemme, sua residenza, come un uccello in gabbia 6 ll vero racconto storico nasce quando un popolo rivive

    gli avvenimenti storici che ne hanno fatto una nazione o uno stato 7 Per esempio, in Israele nato dopo la vitto-ria sui filistei, o in Grecia dopo le lotte per l'indipendenza contro i persiani. Allora viene abbandonato lo stadio della cronaca e della novella, il corso della storia viene per la prima volta presentato come un'unit, e lo storico si inter-roga sulle cause e sulla connessione degli eventi e medita sulle forze che stanno dietro gli avvenimenti.

    ' 2. La storiografia greca divenne un ramo della scienza

    e venne derivata dai princpi che corrispondono all'aspira-zione tipicamente greca: comprendere il regno della storia non meno di quello della natura. caratteristico il fatto che agli inizi della storiografia greca, nei cosiddetti logo-graphoi, si intrecciano interessi storici e interessi geografici.

    6 Op. cit., )53. 7 Cf G. HoLScHER, Die An/iinge der hebriiischen Geschich::r:schreibung (Sit-

    zungsber. d. Heidelb. Akad.d.Wiss., phil.-hist.Kl. 9141/42,3 Aba.. 1942), 101ss. - Inoltre, ERic VOEGELIN, Onier and History I, Israel and R.evelaz:on, 1956, 176ss.

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  • Lo stesso si pu rilevare anche in Erodoto. Ma sintomati-co del suo approccio il modo in cui egli giustifica l'impresa di scrivere la storia del mondo quale la conosceva. Egli dice di voler stendere il suo ragguaglio storico affinch le azioni degli uomini non sco111paiono nel corso del tem-po, e perch le opere grandi e degne di ammirazione, che i greci e anche i barbari hanno compiuto, non restino sen-za fama; ma in maniera tutta particolare, per capire per quale ragione essi si siano fatti guerra reciprocamente. vero che, da una parte, Erodoto trova la causa di quanto accaduto nel dominio degli di, che puniscono il torto e il crimine, umiliano l'orgoglio umano e annientano il suc-cesso eccessivo. Ma, d'altra parte, egli scorge anche le mo-tivazioni personali dell'agire di individui e popoli.

    Tucidide abbandona l'idea di un governo divino nel cor-so della storia e non interessato a porre un criterio mora-le che regga l'agire e l'accadere, quasi che esistesse una legge immanente alla storia, secondo la quale all'ingiustizia segue la punizione. Influenzato della sofistica, considera le vicende umane come fenomeni della natura e, in quanto storico, egli , per cos dire, uno scienziato della natura. Egli cerca di evidenziare le vere e proprie forze che spin-gono sia gli individui che le masse e che mettono in movi-mento il processo storico. La molla pi importante della storia , per Tucidide, l'aspirazione al potere. Se si pu dire che, secondo Erodoto, c' un senso nella storia in quanto all'ingiustizia segue il castigo, per Tucidide un senso del genere non esiste pi. Lo studio della storia ha senso sol-tanto perch la storia offre un insegnamento utile per il futuro, mostra cio come vanno le cose nella vita dell'uo-mo. Infatti il futuro sar della stessa natura del passato.

    ~a comprensione della storia in Tucidide tipica della

    24 l La comprensione della storia nell'et precristiana

  • comprensione che i greci hanno della storia in . generale. I fatti storici vengono compresi nello stesso modo dei fe-nomeni cosmici: costituiscono un movimento in cui, ad ogni mutazione, accade sempre la stessa cosa in nuove costella-zioni. Di conseguenza, la storia non viene vista come una sfera speciale di esistenza, distinta dalla natura. Lo sto-rico greco pu naturalmente dare consigli per il futuro, dal momento che possibile trarre determinate regole dall'os-servazione della storia come da quella della natura. Ma il suo interesse pi proprio rivolto alla conoscenza del passato. Lo storico non riflette sulle possibilit future n intende il presente come tempo di decisione in cui l'uomo deve assumersi la responsabilit del futuro. Lo storico gre-co non si pone il problema del senso della storia; perci_ logico che in Grecia non sia nata una filosofia della storia8

    La storiografia di Polibio si muove nel solco di quella di Tucidide, dal momento che anch'egli intende la storia in analogia con la natura. Egli cerca le cause del processo storico, ma non si pone il problema del suo senso. Si pu forse dire che in lui la comprensione della storia alla stre-gua delle scienze della natura si approfondisce ulteriormente, poich egli vede la storia come un organismo unitario e

    8 Cf K. Li:iwrrH, Meaning in History, 1949, 4-9 [tr-ad. ir. cir., 28-34]. - molto significativo il fatto che soltanto l'incontro con il cristianesimo abbia dato a un pensatore greco l'impulso a riflettere sul senso della star.:!: il caso di Celso, contro cui polemizza Origene. Nel suo libro, Logos :md ;\amos (1955}, Cari Andresen ha mostrato come Celso contrapponesse alla teologia cristiana della storia una filosofia della storia, che non poteva essere deri\ara dalla tradi-zione greca e neppure, in particolare, dalla filosofia del tempo. Cf. ;oprattutto, pp. 306s., 346s., 395, 397. Sulla storiografia greca, cf. O. REGE....,""BCGE..'I, in Die Antike 6, 1930, 202-248; ERIC VoEGELIN, World Empire and the L'iiry of Man-kind, in International A/fairs vol. 38, n. 2.

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  • perci punta a disegnare una storia unitaria del mondo. In tal modo prepara, in un certo senso, la successiva storia universale cristiana. Il punto di orientamento, che coman-da la storia fino al suo tempo, l'impero romano. Egli chiama pragmatica la sua storiografia, poich la storia per lui essenzialmente storia politica. L'utilit della storia e quindi la necessit della storiografia consiste in questo: la storia maestra del politico. L'esperienza che proviene dalla storiografia pragmatica la migliore educazione per la vita reale (I 35,9).

    Anche per Livio la storiografia ha come fine l'educazio-ne, oltre al motivo di conservare nella memoria dei posteri le azioni nobili. Nella prefazione egli scrive: Dalla storia possiamo trarre esempi di vita per noi stessi e per il nostro paese, ma possiamo anche, in misura non inferiore, impara-re quali cose si debbano evitare perch sono riprovevoli: sia sul nascere che quando hanno successo. Livio scrive con sguardo critico sulla decadenza morale del suo tempo, e vuole portare un contributo alla sua salvezza. Perci cer-ca di evidenziare che nella storia opera una legge morale; egli pone alla storia un criterio morale e presenta come modelli le grandi personalit romane 9

    Anche Tacito sottolinea la rilevanza morale della storiografia 10 Egli afferma che il 'praecipuum munus', l'im-pegno principale, della sua esposizione che le virtu

    9 In maniera analoga, pi tardi Plutarco concepisce la storia come un manua-le etico, e da questo punto di vista scrive le sue biografie di grandi uomini. Le scrive, come egli stesso dice (Vita Aemilii Pauli l).,perch considero la storia come uno specchio e cerco di costruire e di plasmare la mia vita secondo le virt di quegli uomini.

    10 Cf E. HowALD, op. cit., 203. Vedi anche Vctor Poschl nel quaderno an-nuale 1957/58 dei Sitzungsberichte der Heidelherger Akad. d. Wiss.

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  • non debbano restare pi a lungo mute e che si abbia paura di essere svergognati di fronte al futuro da parole e azioni malvagie (Ann. m, 65). Di qui il suo interesse psicologico per le persone da lui descritte. La sua descrizione coman-data da simpatia e antipatia, ed egli soprattutto attento a rilevare i vizi delle persone. Il vizio principale, che avve-lena lo stato, il bisogno di affermazione, che si esprime in ambizione, gelosia, invidia e boria u.

    In questa sede non dobbiamo occuparci del metodo del-la storiografia greco-romana. Il nostro intento era unica-mente di indicare l'atteggiamento generale della storiogra-fia antica. In sintesi, possiamo dire che il compito della storiografia stato inteso alla stregua del compito della scien-za della natura. E a questo si collega, come s' gi detto, il fatto che la storia non stata considerata come lo spazio della responsabilit umana per il futuro e, aggiungiamo ora, il processo storico non stato inteso come un processo in cui sia individui che popoli e nazioni conquistano, con le loro esperienze e le loro azioni, il proprio essere autenti-co. Gli storici non hanno neppure lontanamente l'idea di una evoluzione, quale che sia. Collingwood chiama questo fenomeno il 'sostanzialismo' degli storici greco-romani. Il che significa: la persona che opera nella storia viene com-presa come una sostanza immutabile, le cui azioni sono soltanto accidenti. Poich l'agente da cui scaturiscono le singole azioni una sostanza, in quanto persona egli eterno e immutabile, e perci sta al di fuori della storia :.z. In al-tre parole, l'uomo noq stato capito nella sua storicit. Ma di questo problema torneremo a parlare nella settima lezione.

    Il Cf E. ilowALD, op. cii., 219. u Op. cit., 43 [trad. it. cit., 73].

  • 3. Nell'antiCo Israele il modo di intendere la storia e, dunque, il carattere della storiografia, del tutto diverso 13 . Anzitutto, non troviamo qui desqizioni che il-lustrino paesi e popoli, come amavano fare i greci, popolo di navigatori e di commercianti. Inoltre, centro della sto-ria non la politica: l'interesse cade sulle vicende e le azioni degli uomini cio, del popolo d'Israele, che non vie-ne visto come uno stato - nel senso greco del termine - ma come una comunit umana; dove ognuno il pros-simo- dell'altro. Ma .il punto principale che le esperienze vengono lette come decreti divini, come benedizione o ca-stigo di Dio, e le azioni umane vengono intese come obbe-dienza o disobbedienza ai comandamenti di Dio. Perci la storiografia di Israele non scienza nel senso greco del termine. Non si interessa alle forze immanenti che opera-no nella storia, ma vuole conoscere l'intenzione e il dise-gno di Dio che, in quanto creatore, anche colui che gui-da la storia e la conduce a una mta. in questo contesto che nata l'idea di un disegno -generale della storia. La storia intera viene vista come divisa in periodi o in epo-che, che hanno un loro significato per la struttura globale della storia stessa. n senso della storia consiste nell'educa-zione da parte di Dio, o nella guida verso una mta. Se si ritrova qui un interesse conoscitivo, l'interesse per la conoscenza di s stessi, e lo storico chiama il popolo a riflettere su di s, ricordando le azioni di Dio nel passa-

    13 Vedi, in particolare, ERIC VOEGELIN, Order and History I, Israel and Reve-lation, 1956. E poi, G. VON RAD, Theologische Geschichtsschreibung im Alten Testamet~t, in Theol. Zeitsch. 4 (1948) 161ss.; Theologie des Alten Testaments I, 1957, 332 ss. [trad. it., Teologia dell'.-!.xtico Testamento I, Paideia, Brescia 1972, 360s.]. - H. GESE, Geschichdic..~s Denken im Alten Orient und im Alten Testament, in Zeitschr. f Theol. :1. Kirche (1958) 127ss.

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  • to e la condotta del popolo stesso. Questo appello chiama al tempo stesso alla responsabilit per il futuro, che porta salvezza o perdizione, la benedizione di Dio o la sua puni-zione. Perci la storiografia non un mezzo di educazione politica, ma una predicazione rivolta al popolo. La retro-spettiva sUI passato significa esame critico del passato e ammonimento per il presente 14

    Questo modo di intendere la storia si evolve nel corso della storia di Israele. I primi documenti storici, il cosid-detto ]ahvista e l' Elohista, sono simili a Erodoto nel modo di raccontare la storia: non ancora superato lo stadio della narrazione novellistica. Ma si riconosce gi il tentati-vo di comprendere la storia come un tutto, e il corso degli eventi come cammino verso una mta. "

    L'idea che comanda la storia dello ]ahvista la prospet-tiva nazionale dell'unit del popolo sotto l'egemonia di Giu-da. Questa unit trova la sua espressione nel fatto che inizio e fine sono legati tra di loro dalla promessa divina. Lo J ahvista, vero, termina la sua presentazione con la decadenza della casa di Davide e il dissolversi dell'unit delle dodici trib. Ma rimane aperta la speranza nel futu-ro, che ricostituir l'unit di Israele sotto l'ege!!lonia di Giuda e dei suoi re.

    14 Cf il mio articolo, History and Eschatology in the New T::stament, in New Testament Studies vol. I (1954) 5ss. [trad. it., Storia escatologiCi nel Nuovo Testamento, in Credere e comprendere, Queriniana, Brescia 1977, '7~9ss.]. Vedi anche ERic VoEGELIN, op. cit., 428s. e specialmente p. 128 sulla genesi della storia attraverso l'interpretazione retrospettiva. Quando l'ordine .iell'anima e della societ orientato alla volont di Dio e, di conseguenza, le azioni della societ e dei suoi membri sono percepite come realizzazione o .iefezione, si crea il presente storico che irradia la sua forma su un pas5ato c!:e non ebbe coscienza storica del proprio presente. Cf anche GEllii. EBELING. in Zeitschr. f Theol. u. Kirche 55 (1958) 77s. [trad. it., Ges e fede, in P"70la e fede, Bompiani, Milano 1974, 77-126, 87s.].

  • In maniera analoga, anche nella tradizione elohista la storia di Israele viene compresa come unit dotata di senso. Il corso della storia sotto il segno della promessa divina, e il suo fine la sovranit di Davide su Israele. I princpi della storiografia dell'Elohista hanno origine dalla predica-zione dei grandi profeti dell'ottavo e del settimo secolo. La storia mostra l'avvicendarsi di grazia divina e peccato del popolo, di giudizio divino, penitenza da parte del po-polo e perdono da parte di Dio. Il racconto presenta una certa analogia con Erodoto, dal momento che anche qui il corso della storia comandato dalla legge del rapporto tra ingiustizia umana e castigo divino. Ma chiara la dif-ferenza l-.ei due casi. Anzitutto, secondo l'Elohista l'ingiu-stizia non soltanto una trasgressione morale ma soprat-tutto il peccato contro Dio, che consiste nella defezione dal retto culto ordinato da Dio. In secondo luogo, la legge della retribuzione opera per Erodoto nel corso della storia sempre uguale a se stesso, mentre secondo l'Elohista il corso della storia conduce a un fine, e quindi il castigo divino ha il senso di portare il popolo pi vicino a questo fine. L'Elohista conclude il suo racconto con la catastrofe della distruzione di Gerusalemme e con la fine di Giuda. La catastrofe viene letta come castigo divino, ma insieme dischiude la speranza per il futuro, perch la dinastia da-vidica non estinta.

    Anche la redazione deuteronomista della storia di Israele influenzata dai profeti. Tutta la storia manifesta la si-gnoria di Dio, che ha scelto Israele a suo popolo. La medi-tazione sul passato mostra il ciclo continuo di caduta nel-l'idolatria e di punizione divina attraverso sconfitte. e do-minazione straniera, di conversione a Dio e di liberazione. Cosl la narrazione un resoconto critico del passato e

    30 l La comprensione della storia nell'et precristiana

  • un'esortazione rivolta al presente. All'esortazione legata la promessa: promessa di un futuro di salvezza per un po-polo punito, se questo ora si decider ad essere obbedien-te alla volont di Dio.

    In maniera analoga, nello scritto sacerdotale viene pre-sentata la signoria di Dio nella storia del passato e viene annunciata la sua promessa per il futuro. Tuttavia l'inte-resse principale di questo scritto non la critica al passa-to, bens quello di mostrare in esso la rivelazione divina. n passato diviso in epoche della rivelazione che si va dispiegando a tappe. Le prime tre epoche vengono inaugu-rate rispettivamente con Adamo, No e Abramo; ad esse segue la rivelazione fatta a Mos 1'. La legislazione sacer- dotale viene retrodatata al tempo di Mos. n fine di que-sta storia il ritorno del popolo dall'esilio, e con esso la ricostituzione di Israele come comunit cultuale sotto la legge.

    In tutte queste concezioni della storia essa viene intesa come unit dotata di senso. n suo cammino si snoda secon-do il disegno di Dio. Egli guider il suo popolo a un futu-ro di salvezza, e sta portando a compimento il suo disegno malgrado la durezza e la resistenza del popolo. Anche do-po la catastrofe nazionale, la promessa divina rimane im-mutata. La meditazione sul passato conferma la promessa divina, poich quella meditazione riconosce come motivo del suo mancato adempimento il peccato del popolo. Per-ci con la promessa si salda sempre un ammonimento, un appello al presente ad assumersi la responsabilit per il futuro. Perch Dio adempir la sua promessa soltanto per un popolb obbediente.

    15 Sulla divisione speculativa della storia di Israele in quattro epoche, cf ERIC VOEGELIN, op. cit., 172s.

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  • In sintesi si pu dire che nell'Antico Testamento la sto-ria viene compresa come unit ma, diversamente dalla na-tura, non comandata da leggi immanenti che possano essere scoperte dall'indagine filosofica; l'unit della storia data invece dal suo senso: la guida o l'educazione di Dio. li suo disegno d al corso della storia un orientamen-to, in lotta costante con gli uomini. La realt di questa lotta suscita un problema: se dipende dall'obbedienza del-l'uomo la realizzazione del fine della storia, sorge l'inter-rogativo sul modo in cui pu essere adempiuta la promes-sa divina 16 Questo interrogativo non pu trovare rispo-sta, poich la salvezza futura viene pensata nell'Antico Te~ stamento come salvezza intramondana. Soltanto l'escato-logia dell'apocalittica giudaica pu dare, pi tardi, una ri-sposta che nell'Antico Testamento affiora soltanto in po-chissimi passi (Is 24-27; Daniele). Questa situazione col-legata al fatto che l'oggetto vero e proprio della storia il popolo, la nazione: gli individui lo sono soltanto in quanto membri del popolo. Quando la promessa si realiz-za, il futuro apporter la salvezza del popolo e dunque, naturalmente, anche degli individui come membri del po-polo; ma soltanto per coloro che saranno sopravvissuti. Che accade degli altri, di coloro che sono gi morti? An-che a questo interrogativo dar una risposta l'escatologia apocalittica.

    16 Su questa problematica, vedi specialmente ERic VoEGELIN, op. cit., 452ss., 460ss.

    32 l La comprensione della storia nell'et precristiana

  • III.

    La comprensione della storia sotto l'influsso dell'escatologia

    l. L'escatologia la dottrina delle 'cose ultime' o, pi esattamente, degli avvenimenti con cui avr fine il mondo da noi conosciuto. L' esl.atologia dunque la dottrina sulla fine del mondo, sulla sua conclusione.

    Miti sulla fine del mondo erano diffusi in molti popoli: miti del mondo travolto da acqua o fuoco o da qualsiasi altra catastrofe. Possiamo lasciare aperto il problema se i miti di questo genere abbiano tutti origine nello stesso tipo di idee, e se le catastrofi naturali abbiano suscitato nei popoli primitivi l'impressione di una fine del mondo. Quell'escatologia, che ha avuto un'importanza decisiva per la storia dell'Occidente, derivata dall'idea della periodici-t della vicenda cosmica. Questa idea e'C'identemente il trasferimento della periodicit del ciclo annuale sul corso del mondo: come nel corso dell'anno si susseguono i perio-di di primavera, estate, autunno, inverno, cos si susse-guono i periodi corrispettivi nel corso della vicenda del mondo: l" anno del mondo' o il 'grande anno cosmico'. probabile che la ragione di questo trasferimento vada cercata nei calcoli astronomici, cio nell'osservazione che il luogo in cui sorge il sole si sposta di anno in anno fin-ch, dopo aver fatto un intero giro ellittico, ritorna al pun-to di partenza. Quando l'ellisse completa, si raggiunta

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  • la fine dell'anno del mondo. Ma, come nell'alternarsi delle stagioni un nuovo anno naturale segue all'antico, cos un nuovo anno del mondo segue all'antico, e tutti gli eventi dell'anno antico ritorneranno nel nuovo. Il corso del tem-po non un progredire continuo ma un ciclo 1

    L'idea del ritorno di tutte le cose, che deriva dall'astro-nomia orientale, stata ulteriormente sviluppata nella fi-solofia greca, soprattutto da parte degli Stoici nella loro dottrina sull'incendio universale (ekpyrosis) che riporta il mondo in Zeus, dal quale esso torna a irradiare come mondo nuovo. Crisippo scrive: Socrate e Platone rivivranno, e ognuno con i suoi amici e concittadini torner a patire e a fare le stesse cose. Ogni citt, ogni villaggio e campo ricomparir. E questo ritorno non avverr una sola volta, ma le stesse cose torneranno indefinitamente2 A propo-sito dei filosofi stoici, Agostino dice: Secondo la dottrina di questi filosofi, epoche ed eventi ritornano continuamente: come, per esempio, il filosofo Platone, che ha insegnato nella scuola di Atene, la cosiddetta Accademia, cos lo stesso Platone e la stessa scuola e gli stessi discepoli sono gi esistiti precedentemente innumerevoli volte a intervalli di tempo lunghi ma precisi, e torneranno nelle innumerevoli et future (De Civitate Dei XII, 14) 3

    1 Cf. W. BoussET - H. GRESSl\.lANN, Die Religion des ]udentums im spiithel-lenistischen Zeitalter 1926, 502 ss.; w. STAERK, Die ErlOsererwartung in den ost-lichen Religionen, 1938, 158-180. Sul mito della fine del mondo, cf. R. REITZEN STEIN, Weltuntergangs-Vorstellungen, in Kirko-Histori.k Arrskrift, Uppsala 1924; M. ELIADE, Der Mythos der ewigen Wiederkehr, 1953 [trad. it., Il mito dell'etemo ritomo, Boria, Torino 1968].

    2 Stoicorum veterum fragmento, a cura di H. v. Arnim, II, 190, 16ss. - Cf. E. FRANK, Philosophical Un.dmtanding and Religious Truth, 67ss. e 82 ss.; K. LOWITII, Meaning in History, 248 nota 15 [trad. it. cit., 252 nota 15].

    3 Citato in E. FRANK, op. cit., 83.

    34 l La comprensione della storia e l'escatologia

  • La mitologia cosmica stata razionalizzata nella scienza greca. La dottina stoica dell'incendio universale ha alla ba-se la teoria sulla natura degli elementi di cui composto il mondo (fuoco, ari!l, acqua, terra) e sulla loro azione re-ciproca nel processo degli avvenimenti cosmici. Ma men-tre la Stoa si attiene, su questo punto, alla concezione mitologica tradizionale delle et del mondo, Eraclito sem-bra aver portato una razionalizzazione molto pi radicale: egli non divide il processo della vita del mondo in periodi che si dissolvono sulla coordinata del tempo, ma lo inten-de come un ritmo di nascita e morte che si compie con costante regolarit, cio sostanzialmente come una conti-nua mutazione ad ogni istante 4

    Ma la mitologia cosmologica della periodicit delle :vi-cende del mondo stata anche storicizzata, e in pi di un modo.

    a) Il processo degli avvenimenti nell'anno del mondo stato inteso originariamente come semplice processo na-turale, in cui i periodi si avvicendano secondo le stesse leggi delle stagioni. Pi tardi i periodi vengono distinti in base al carattere delle generazioni umane che vivono in essi. Alla decadenza e alla morte di ogni crescita naturale subentra allora la degenerazione, il continuo peggioramen-to dell'umanit. Cos, nella dottrina delle et di Esiodo, si succedono l'et dell'oro, dell'argento, del bronzo e del ferro'. n fatto che le et vengano contrassegnate dai me-talli deriva dalla tradizione babilonese, secondo la quale

    4 Cf K. REINHAR.o:r, Heraklits Lehre vom Feuer, in Hermes Yt'L 77 (1942) 127.

    5 Esxono, Op. 109ss. Esiodo ha inserito tra la terza e la qul!.r.a et quella eroica. - Sulla teoria della depravazione, molto presente nella ta.-da. antichit, cf, per esempio, CARL ANDRESEN, Logos und Nomos, 1955, 165, 248ss .

    .35

  • ogni et si svolge sotto il governo eli una divinit astrale, che a sua volta legata ad un metallo. In sintonia con questa rappresentazione pure l'allegoria degli imperi del-la terra che si succedono nella statua che N abucodonosor vede in sogno (Dan 2): la testa d'oro, il tronco e le braccia d'argento, il ventre e le cosce di bronzo, le gambe eli ferro, i piedi di ferro e di creta. La storicizzazione qui ancor pi radicale, poich i periodi ora non vengono retroproiettati in un passato mitico, ma diventano regni presenti nella storia: Babilonia, medi, persiani e greci (Ales-sandro e i Diadochi). Ancor pi capillare la storicizza-zione del mito nella rappresentazione simbolica degli im-peri della terra in quattro animali (Dan 7): qui non com-paiono in-forma di impero soltanto quello babilonese, me-dio, persiano e greco, ma presentato in particolare l'ulti-mo, il regno dei Seleucidi, con i suoi re da Alessandro fino a Seleuco IV o Antioco. Invece, nell'area iranica, la storicizzazione ancora al livello di Esiodo: Ahuramazda mostra a Zaratustra (nell'Avesta) la radice eli un albero che porta quattro rami: d'oro, d'argento, d'acciaio e di acciaio misto a ferro; egli li riferisce ai quattro periodi sempre pi cupi del prossimo millennio.

    b) Molto pi importante una seconda trasformazione del mito, che pu essere anch'essa designata come sua sto-ricizzazione: quella che mantiene l'idea della periodicit dell'anno del mondo ma lascia cadere la convinzione della ripetizione degli anni del mondo, dell'eterno ritorno. n nuo-vo inizio,' che succede alla fine dell'antico corso del mon-do, viene allora inteso come l'inizio diun tempo di salvez-za che non avr pi fine. L'anno cosmico del mondo quindi ridotto alla storia del nostro mondo. Un sintomo di questa trasformazione il termine apokatastasis. Questo

    36 l La comprensione della storia e l'escatologia

  • termine designa nella letteratura astrologica il ritorno pe-riodico di una stella al punto di origine del suo corso, e di conseguenza, nella Stoa, la restaurazione del cosmo alla fine di un anno del mondo che lo riporta allo stato originario dove ha inizio un nuovo anno. In At 3,21, e poi a partire da Origene, la parola diventata un termine escatologico 6

    Questa riduzione storicizzante gi presente nell'area iranica; qui era penetrata da Babilonia la dottrina dei pe-riodi contrassegnata dalla mitologia astrale, in cui si trova-no alcuni tratti dell'equivalenza: tempo della fine = tem-po degli inizi, ma era caduta l'idea del ciclo delle et del mondo. Dopo il decorrere dei periodi della terra spunta il tempo della salvezza definitiva. Soltanto qui si pu par-lare di escatologia in senso proprio; perch qui, con la fine del mondo presente e l'insorgere del nuovo, si impo-ne la realt ultima 7

    Mentre in Esiodo non si parla di un'escatologia, pro-prio questa che viene annunciata nella quarta egloga di Virgilio: l'ultima et dell'antico corso del mondo, quella della signoria di Apollo, ormai presente. li cambio del-l'et del mondo ormai alle porte, il ritorno dell'et del-l' oro - et di pace e di felicit - sta per spuntare con la nascita del bambino con cui inizia il nuovo genere umano.

    Cos pure in Daniele: la pietra che, secondo Dan 2, fran-tuma la statua, l"uomo' - il cui regno, secondo Dan 7, succeder a quello dei quattro animali - 'il regno dei santi dell'Altissimo', il popolo d'Israele del tempo di sal-

    . 6 Cf ERMETE TRISMEGISTO, Opere, a cura di A.D. Nock e A.J. Festugire, VIII, 4; XI, 2, e le rispettive note 17 di p. 90, e 6 di pp. 155-157.

    7 GEO WmENGREN, Iranisch-semitische Kulturbegegnung .-in partiischer Zeit, 1960.

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  • vezza che viene. Nei confronti del tempo di salvezza, l'in-tero tempo del mondo trascorso appare ora, malgrado i suoi periodi, come un'unit; anzi, in opposizione al tempo di salvezza, esso appare come tempo di rovina, e i due grandi tempi del mondo si affrontano come i due eoni. Questa visione dualistica del mondo e questa escatologia si sono sviluppate, a partire da Daniele, nell'apocalittica giudaica.

    Se si prescinde da Daniele, l'Antico Testamento, e in particolar modo la sua profezia, non conoscono ancora questa escatologia. Si soliti parlare (soprattutto a partire da Gun-kel e Gressmann) anche di escatologia veterotestamenta-ria, ma in realt l'Antico Testamento non contiene ancora un'escatologia vera e propria, cio una dottrina sulla fine del mondo e su un tempo di salvezza che la segue; se non altro perch questa concezione non corrisponderebbe all'idea di Dio dell'Antico Testamento; e questo, per due ragioni in apparenza contraddittorie: anzitutto, il duali-smo della visione degli eoni in contrasto con l'idea di Dio come creatore, e poi perch, nell'Antico Testamento, Dio non pensato come il Dio del mondo, ma come il signore della storia. E la storia qui intesa non la storia universale, ma quella del popolo d'Israele.

    La profezia contiene, vero, predizioni di salvezza e di rovina. Ma esse si riferiscono a Israele o ai suoi nemici. La profezia parla anche del giudizio di Dio, ma questo non un giudizio universale come in Dan 7, e si compie irivece all'interno della storia. Resta vero che questo avve-nimento, che parla del giudizio. e dell~ svQlta della storia di Israele, spesso disegnato con tratti mitologici, con catastrofi cosmiche come terremoti, eclissi, incendi e simi-li. possibile che questi tratti provengano dalla cosmolo-

    38 l La comprensione della storia e l'escatologia

  • gia dell'antico Oriente e dalla sua vlSlone del declino e del rinnovamento del mondo. Ma si tratta di elementi pu-ramente ornamentali, che testimoniano solo la storicizza-zione della cosmologia. Il fatto che Israele non abbia ac-colto l'idea dell'avvicendarsi dei tempi del mondo e del loro ritorno ha la propria ragione nell'idea di Dio come creatore, che ha formato il mondo all'inizio. Solo tratti particolari dell'interpretazione cosmologica del procedere del mondo potevano essere assimilati: si pensi, per esem-pio, alla descrizione delle tribolazioni che precedono la svol-ta del destino d'Israele e che pi tardi ricompaiono nell'a-pocalittica come le tribolazioni degli ultimi tempi, come le 'doglie del Messia'. Anche ammettendo che si tratti della descrizione dell'ultimo periodo dell'anno del mondo, que-sta concezione stata storicizzata, perch .il tempo della rovina, da una parte, appare come il tempo delle guerre cui Israele va incontro e, dall'altra, come il castigo del popolo peccatore.

    Dalla visione cosmologica del ritorno dell'et dell'oro, del tempo paradisiaco, possono venire descrizioni del tem-po di salvezza come quella della pace tra mondo animale e mondo umano (Is 11,6ss.), della trasformazione del de-ser~o in paradiso, di nuovi cieli e di terra nuova. Ma an-che queste rappresentazioni vengono storicizzate, dal mo-mento che descrivono la felicit di Israele nel tempo della salvezza 8

    8 M. Nom, Das Geschichtsverstiindnis der Alttestamentlichen .~okalyptik, 1954; ora in Studien zum Alten Testamnt 1957, 248 ss. - D. RisiLER, Gesetz und Geschichte im Spiit;udentum (diss.), Heidelberg 1957; W. PANNE.uERG, Heils-geschehen und Geschichte, in Kerygma und Dogma 1959, 223 ss. [trad. it., Avvenimento di salvezza e storia, in Questioni fondamentali di teologia sistemati-ca, Queriniana, Bres-::!a 1975, 30-93, 37ss.]. - Vedi anche Run. ~-lEYER, Die biblische Vorste!lungen vom Weltenbrand, 1956; importante, su ql->esto punto, P. WINTER, in Orienta!. Literatur-Zeitung (1961) 48-50.

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  • In particolare la speranza messianica pu aver avuto ori-gine nella mitologia cosmologica, secondo la quale ogni pe-riodo del mondo sotto il dominio di un nuovo signore, cio sotto una nuova stella. Ma anche questa speranza stata storicizzata: come signore del tempo di salvezza -se di qualcosa del genere si pu parlare - viene atteso un re della casa di Davide.

    Come la profezia, cosl anche la poesia.salmica ha assun-to motivi della cosmologia e li ha ugualmente storicizzati. Qui va forse ricordata in particolare la festa dell'anno nuo-vo, .testimoniata nei salmi come festa dell'intronizzazione di Jahve. Ma questa era stata storicizzata gi a Bcbilonia, poich la festa dell'anno nuovo, che era originariamente la festa del rinnovamento della creazione all'inizio di ogni nuovo periodo del mondo, vi veniva celebrata come ascesa al trono del re.

    2. Nell'apocalittica giudaica la cosmologia stata stori-cizzata nel senso che al destino del mondo subentrato il destino dell'umanit. La fine dell'antico tempo del mon-do si compie nel giudizio che Dio esercita. Con la conce-zione dei due eoni, il nuovo inizio ciclico del mondo viene sostituito da una vera escatologia; ma, d'altra parte, ora la storia viene interpretata alla luce dell'escatologia, e in tal modo si verifica un cambiamento decisivo rispetto alla vi-sione della storia nell'Antico Testamento.

    Il giudizio di Dio, che mette fine all'eone antico, non si svolge pi all'interno della storia del popolo e dei popo-li, ma un. evento soprannaturale, accompagnato da una catastrofe cosmica. E in questo contesto i motivi cosmolo-gici, che nella profezia dell'Antico Testamento erano es-senzialmente soltanto un fatto ornamentale, si fanno di

    40 l La comprensione della storia e l'escatologia

  • nuovo sentire e acquistano un valore autonomo. Tutti i fenomeni di degenerazione, che un tempo caratterizzava-no l'ultimo periodo prima della svolta ciclica del mondo, diventano ora il segno premonitore della fine. La lettera-tura apocalittica attende questi segni premonitori e indivi-dua queste mar.ifestazioni che annunciano la fine in feno-meni naturali.che incutono terrore: guerre, carestia e pe-ste. Torna qui in primo piano il carattere originario degli eventi della fine come eventi naturali, e la descrizione del-la natura decaduta dal suo ordine accompagnata da quel-la della degenerazione morale dell'umanit (cf -!- Esdra 5,4-12):

    Se l'Altissimo prolungher la tua vita, tu vedrai dopo il terzo tempo un grande sconvolgimento: il sole risplender improv-viso durante la notte e la luna durante il giorno. Dagli alberi goccer sangue, e le pietre emetteranno voci, i popoli saran-no sommassi e l'atmosfera sconvolta. Allora regner colui che gli abitanti della terra non aspettano. Gli uccelli e::J..igreran-no; il mare di Sodoma vomiter i pesci e di notte si lever da esso un clamore che la moltitudine non comprez:der ma che tutti udranno... Si apriranno voragini ovunque e spesso da .esse si lever del fuoco. Gli animali del deserto !asceran-no le loro tane e le donne daranno alla luce dei r::ostri. Le acque dolci diverranno salate. Gli amici si comb:meranno l'un I' altro. La ragione si nasconder e l'intelligenza si rifu-gier nella sua dimora. Molti la cercheranno senza trovarla; l'iniquit e la fornicazione si moltiplicheranno sulla :erra. Un paese interrogher il suo vicino in questi termini: r:on pas-sata presso di te la giustizia, che segue il diritto? E la rispo-sta sar no. In quei tempi si sperer senza nulla ottenere, ci si affaticher senza riuscire (cf 4 Esdra 6,20-.::4)-9

    9 Le traduzioni dei 'resti apocalittici sono prese da La Bibbia apo,-rifa, a cura di P. Bonsirven, Massimo, Milano 1962.

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  • il tempo delle 'doglie del Messia', che culminano secondo un'idea ampiamente diffusa - con la comparsa dell'Anticristo. Costui, inizialmente una figura mitologica, cio il drago, in cui personificato il caos anteriore alla creazione, viene ora storicizzato come pseudoprofeta o pseu-domessia, come dominatore politico, cos Antioco in Da-niele, e pi tardi, nella tradizione cristiana, l'imperatore romano.

    La svolta si verifica quando Dio compare per compiere il giudizio, oppure compare il suo rappresentante, giudice del mondo e portatore di salvezza, che viene sulle nuvole del cielo. Infatti anche il salvatore ora una figura mito-logica, che subentra al successore di Davide o si confonde con lui.

    Avviene allora la risurrezione dei morti, e si svolge il giu-dizio, un atto forense al di l della storia, che ha ormai rag-giunto il suo termine. Il giudizio riguarda tutto il mondo: ogni uomo chiamato a rispondervi (cf 4 Esdra 7,32-38):

    La terra restituir coloro che riposano dentro di lei e i ricet-tacoli restituiranno le anime che furon loro affidate. Allora l'Altissimo ~pparir sul trono del giudizio; . e verr la fine. La misericordia se ne va, la pazienza dispare; resta, solo, il giudizio. La verit rimane e la fede trionfa.

    Poi seguiranno le opere, apparir la mercede, le opere di giustizia si sveglieranno, ma le opere ingiuste non dormiran-no pi. Allora apparir la fossa dei supplizi di fronte a quella che sar il luogo del riposo; si vedr la fornace della Gehen-na e di fronte il paradiso delle delizie.

    Allora l'Altissimo dir alle nazioni risuscitate: guardate e conoscete colui che avete rinnegato, che non avete servito, di cui avete disprezzato i comandamenti. Guardate qui e l: qui delizie e riposo, l fuoco e supplizi. Ecco ci che dir nel giorno del giudizio.

    42 l La comprensione della storia e l'escatologia

  • In questa escatologia giudaica si annodano la prospetti-va cosmologica e la prospettiva storica. La prevalenza del-la prospettiva cosmologica sul mondo si evidenzia nel fat-to che la fine realmente una fine del mondo e della sua storia, e che questa fine della storia non pu essere considerata propriamente il fine della storia, a cui il movi-mento storico tende e che viene realizzato gradualmente, cos che la fine possa essere intesa come il compimento di tutto ci che nel corso della storia stessa cercava di giungere a maturazione (come, per Polibio, l'impero roma-no era il fine della storia antica).

    Qui invece la storia si spezza. La sua fine , in un'ottica cosmologica, la morte delle et. La creazione ormai in-vecchiata e ha perso il vigore della giovinezza> ( 4 Esdra 5, 55).

    Perch la giovinezza del mondo passata e il '.-igore della creazione gi inaridito; la venuta dei tempi ?tossima e quasi compiuta: la secchia vicina al pozzo e la nave al por-to e la carovana alla citt e la vita alla conclusione (Sir. Ba-ruch 85,10).

    La misura del passato enormemente pi grande della misura di ci che ancora deve venire; il passato si rove-sciato come uno scroscio possente di pioggia, e non sono rimaste che poche avare gocce (4 Esdra 4,48-50).

    Al vecchio mondo subentra una nuova creazione, un nuo-vo cielo e una nuova terra, e tra i due eoni c' una totale soluzione di continuit. Di quanto un tempo s'Lato scom-parir perfino il ricordo:..lo dice gi Is 65,17. T uno quan-to stato verr. annientato, e sar come se non fosse mai stato (Sir. Baruch 31 ,5). Ma con il ricordo storico cessa la storia stessa, e non vi sar pi tempo storico. Con

    . --,)

  • il nuovo eone cadr la stessa caducit (4 Esdra 7,31): tem-pi e anni verranno annientati, e non vi saranno pi n mesi n giorni n ore (Henoch Etiope 65, 7ss.). Poich la fine del mondo la fine dell'eone vecchio e malvagio nel giudizio di Dio, la storia cessa. La sua fine le viene imposta da Dio, e non la conclusione organica, il compi-mento di una evoluzione.

    Dio ha pesato i secoli sulla bilancia, ha misurato i tem-pi e numerato le epoche; e non si muover n si alze r prima che queste misure non siano compiute (4 Esdra 4,36 ss.).

    Dunque, l'avvento della fine non legato a una condi-zione cui gli uomini debbano soddisfare, come nell'Antico Testamento. Secondo la speranza profetica dell'Antico Te-stamento, la fine della storia di sofferenze del popolo ver-r s causata dall'intervento divino, ma Dio far spuntare il tempo della salvezza soltanto quando il popolo avr rea-lizzato la condizione dell'obbedienza. Questa idea si man-tiene anche nel rabbinismo giudaico, dove leggiamo che Dio porter la salvezza se Israele osserva rigorosamente il sabato anche solo due volte. Invece, secondo la speranza apocalittica, la fine viene necessariamente al tempo fissato da Dio. Cos, si pu certo dire che la fine del mondo il fine della storia, ma non il fine immanente al corso storico perch viene imposto alla storia da fuori, da una decisione divina.

    Questa destoricizzazione della storia, operata dall' apo-calittica, porta con s un secondo elemento. La fine della storia nella speranza dell'Antico Testamento la salvezza del popolo, e poich l'avvento della salvezza legato al-l' obbedienza del popolo, la responsabilit del singolo coinci-

    44 l La cot11[Jrensione della storia e l'escatologia

  • de con quella del popolo. Nella speranza apocalittica l'in-dividuo responsab~e soltanto di se stesso. La fine, il cui tempo non dipende dalla condotta_del popolo e dell'in-dividuo ma viene fissato da Dio, porter insieme salvezza e giudizio, e il futuro dell'individuo sar determinato dalle sue opere. Il giudizio abbraccer il mondo intero. La sal-vezza del futuro sar certamente anche la salvezza del po-polo di Dio, ma il popolo di Dio la comunit degli eletti e dei santi, quindi non una comunit etnica o una nazio-ne, ma una comunit di individui. D'altra pane questa concezione non stata sempre mantenuta in maniera con-sequenziale. A volte si scontrano oppure si fondono l'una nell'altra, in maniera singolare; escatologia e storia, comu-nit etnica e comunit dei santi. Un esempio di questa forma di compenetrazione di due immagini del futuro so-no i cosiddetti Salmi di Salomone.

    3. Nel Nuovo Testamento non del tutto scomparsa la comprensione della storia che caratterizza l'Antico, ma vi diventata dominante l'escatologia apocalittica. C' oggi unanimit sul fatto che la predicazione del regno di Dio da parte di Ges stata un messaggio escatologico, e l'uni-co punto controverso se egli abbia predicato il regno di Dio come realt ormai imminente, che anzi gi spunta nelle cacciate di demoni che egli compie, o come gi pre-sente nella sua stessa persona; in relazione a questo, si discute su quale significato egli abbia attribuito alla pro-pria persona. Per l'economia del nostro discorso possiamo omettere questo secondo aspetto del problema. Quanto al primo, non vi pu essere dubbio che Ges ha considerato il tempo della sua apparizione pubblica come il tempo del-la decisione, e ha visto la posizione presa nei confronti della sua persona e della sua predicazione come il punto

  • in base a cui si decide il futuro del singolo. ormai venuto il tempo in cui trovano compimento

    le speranze e le promesse dei tempi antichi:

    Beati gli occhi che vedono ci che voi vedete. Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ci che voi vede-te, ma non lo videro, e udire ci che voi udite~ ma non l'udirono (Le 10,23s.).

    La stessa cosa dite il rimprovero rivolto a coloro che non riescono a capire i segni dei tempi (Le 12,54-56). La cacciata dei demoni testimonia che il regno di Satana sta crollando e che il regno di Dio viene (Mc 3,27; Le 11,20 e Mt 12,28). Ora la salvezza risuona per i poveri, gli affa-mati, gli afflitti (Le 6,20s.); ora i ciechi vedono e gli zoppi camminano, ora i lebbrosi sono mondati e i sordi odono; ora i morti risorgono e per i poveri risuona l'annuncio della salvezza (Mt 11,5 par.); ora viene proclamato beato colui che non si scandalizza di Ges (Mt 11,6 par.). Infat-ti chi riconosce lui (e le sue parle) sar riconosciuto an-che dal 'Figlio dell'uomo' quando verr nella sua gloria (Mt 10,32s.; Le 12,8s. e Mc 8,38).

    Ges indica la venuta imminente ciel Figlio dell'uomo (Mc 8,38; 13,26s.; 14,62; M: 24,27.37.39.44 par.), dun-que di un salvatore non storico ma soprannaturale che, secondo Mt 25,31-46, eseguir il giudizio. Molte parole di Ges annunciano il giudizio futuro. Cos, per esempio, le maledizioni sulle citt di Galilea (Le 10,13ss.) o il detto sul carattere improvviso della parusia e della separazione di persone care (Le 17,34s.; Mt 24,37-41), l'allarme di fronte a colui che pu uccidere corpo e anima (Mt 10,28; Le 12,4s.), l'immagine del fico (Mc 13,28), la parabola delle dieci vergini (M t 25, 1-13).

    46 l La comprensione della storia e l'escatologia

  • A differenza dell'Antico Testamento, Ges non guarda pi alla storia del popolo, nelle cui sorti traspare la giusti-zia di Dio che castiga e ricompensa. Egli si rifiuta anche di vedere in calamit particolari dei castighi per particolari peccati (Le 13, 1-5: i galilei che Pilato ha ucciso; le diciot-to persone che la torre di Siloe, cadendo, ha colpito). Se non fate penitenza, perirete tutti allo stesso modo. Il giu-dizio interamente concentrato sul giudizio finale, davan-ti al quale ognuno dovr rispondere come singolo. Lo sguar-do non si rivolge pi al popolo di Israele; la salvezza non soltanto per lui, ma anche i pagani vi prenderanno parte (Mt 8,11s.; Le 13,28ss.). La predicazione di Ges non apre prospettive sul futuro del popolo e, a differenza di Isaia o del beuteroisaia, non contiene alcuna promessa di un futuro glorioso per Israele o della ricostituzione della casa di Davide, come invece invoca la preghiera giudaica delle diciotto benedizioni.

    Ges si distingue dall'apocalittica soltanto su un punto: egli non descrive il futuro di salvezza, e presenta la salvez-za solo per immagine, come pasto conviviale (},Jt 8, lls. par.). Egli dice soltanto che la salvezza vita (Mc 9,43.45, ecc.) e che a questa vita saranno risuscitati i morti (Mc 12,18-27). Questa vita non avr pi il carattere di quella storica e terrena: per i risorti non vi sar pi matrimonio, ma saranno come gli angeli in cielo (Mc 12,25 par.).

    Questa predicazione escatologica di Ges stata ripresa e prolungata dalla sua comunit, dove stata arricchita dalla assunzione di motivi dell'apocalittica giudaica. Cos, per esempio, si ha tutta l'impressione che in .Hc 13 sia stata rielaborata e redatta in chiave cristiana u11a piccola apocalisse giudaica. Nella conclusione \rileggiamo: In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurer e la luna non dar pi il suo splendore e gli astri si metteranno

  • a cadere dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Ed egli mander gli an-geli e riunir i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremit della terra fino all'estremit del cielo (Mc 13,24-27). I morti saranno risuscitati e si svolger il. giudizio; i giusti entreranno nella vita e i malvagi verranno consegnati al tormento eterno.

    quanto insegna anche Paolo: Il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discender dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti in-sieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signo-re nell'aria, e cos saremo sempre con il Signore (1 Ts 4,16s.).

    Ecco io vi annunzio un mistero: non tutti, certo, mori-remo, ma tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d'occhio, al suono della tromba; suoner infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo tra-sformati (1 Cor 15,51s.).

    Tutti infatti dobbiamo comparire dinanzi al trib'unale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finch era nel corpo, sia in bene che in male (2 Cor 5,10).

    E cos pure l'autore degli Atti degli Apostoli presenta Paolo che conclude il discorso all'Areopago con queste pa-role: Dopo essere passato sopra ai tempi dell'ignoranza, ora Dio ordina a tutti gli uomini di tutti i luoghi di ravve-dersi, poich egli ha stabilito un giorno nel quale dovr giudicare la terra con giustizia per . mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a rutti prova sicura col risusci-tarlo dai morti (A t 17 ,30ss.).

    48 l La comprensione della storia e l'escatologia

  • n messaggio della fine del mondo che viene, della risur-rezione dei morti e del giudizio, attraversa dunque tutto il Nuovo Testamento, eccetto il vangelo di Giovanni. E anche l'attesa di una fine imminente stata in un primo momento conservata e difesa contro i dubbi che andavano lentamente affiorando. Come Paolo scrive ai Romani: La notte inoltrata, il giorno vicino (Rm 13, 12), cos leg-giamo in l Pt 4, 7: La fine di tutte le cose vicina o in Ap 1,3 e 22,10: Il tempo vicino. Lo stesso in Eh 10,25; Gc 5,8.

    Sull'escatologia apocalittica si saldano senza dubbio mo-tivi della visione della storia propria dell'Antico Testamento, dal momento che la comunit cristiana accoglie dal giudai-smo l'Antico Testamento e si considera il vero Israele, !"Israele di Dio' (Gal 6,16), la 'stirpe eletta' e il 'popolo che Dio si acquistato' (l Pt 2, 9), il popolo delle 'dodici trib nella diaspora' (Gc 1,1). Abramo il padre dei cre-denti (Rm 4,1-12, ma anche Gc 2,21; l Clem 31,2; Barn 13,7; ecc.). Cos la comunit cristiana si considera la fine e il compimento della storia di salvezza, e da questa posi-zione si volge spesso a guardare all'indietro, alla storia di Israele che ora ha raggiunto il suo fine. Cos il discorso di Stefano (At 7,2-53) presenta una panor

  • nell'Antico Testamento come modelli della fede cristiana in Eb 11. L'unit con la storia dell'Antico Testamento trova la sua espressione pi caratteristica nell'idea della nuova alleanza. La profezia di Ger 31,30ss. sulla nuova alleanza della fine dei tempi ora adempiuta: la nuova alleanza stipulata attraverso la morte di Ges, che ne il sacrificio fondatore (1 Cor 11,25; 2 Cor 3,6ss.; Gal 4,24; Eb 8,8 ss.; ecc.).

    Non bisogna per lasciarsi fuorviare da affermazioni di questo genere pensando che il cristianesimo primitivo si sia compreso come un autentico fenomeno storico e abbia concepito il suo rapporto di appartenenza al popolo d'I-sraele come continuit storica. Una relazione genealogica del nuovo popolo di Dio con l'antico non sussiste o, nella misura in cui sussiste, sostanzialmente indifferente. Abra-mo il padre di tutti i credenti, sia pagani che ebrei. La continuit non data da un nesso storico organico, ma creata dall'azione di Dio. Egli ha chiamato a s un nuovo popolo di sua propriet, per il quale si realizzano tutte le promesse dell'Antico Testamento, per il quale an-zi erano originariamente intese quelle promesse. Infatti l'An-tico Testamento non viene letto prima di tutto come docu-mento di storia, ma come libro di rivelazione, come libro della profezia ora realizzata. Soltanto ora si pu conoscere il senso contenuto nella storia di Israele e nelle parole del-l' Antico Testamento, perch soltanto ora stato reso ma-nifesto il disegno divino di salvezza. Ci che ora viene svelato era un mystrion. Il suo contenuto non la condu-zione divina della storia di Israele, come la intendeva la storiografia deuteronomista, cos che con una r.etro~pettiva su questa storia si possa leggere la presenza operante della giustizia divina. Il contenuto del mistero piuttosto l'evento escatologico, che ora iniziato con l'incarnazione

    50 l La comprensione della storia e l'escatologia

  • di Cristo, la sua crocifissione, risurrezione e glorificazio-ne, e che si prolunga nella conversione dei pagani e nella costituzione della chiesa come corpo di Cristo, per conclu-dersi nell'avvenimento escatologico della fine.

    La 'nuova alleanza' non , a differenza dell'antica, l'e-vento fondatore di una storia nazionale, bens un evento escatologico; la morte di Ges, che l'ha fondata, non un avvenimento storico a cui si possa guardare come alla storia di Mos, ecc. 10 Il nuovo popolo di Dio, la chiesa, non ha storia: essa la comunit della fine dei tempi, un fenomeno escatologico. Come potrebbe avere una sto-ria, se il tempo del mondo ormai trascorso e la fine imminente! La coscienza di essere la comunit escatolo-gica al tempo stesso coscienza di non far pi parte del mondo che ancora sussiste~ Questo mondo "la sfera del-l'impurit e del peccato; esso esilio per i credenti, la cui cittadinanza si trova nei cieli (Fil 3 ,20). Perci la co-munit cristiana e il singolo credente non sono responsabi-li del mondo che ancora sussiste e dei suoi ordinamenti, dei compiti della societ e dello stato. Ai credenti si ri-chiede invece di mantenersi puri dal mondo, irreprensibi-li e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una gene-razione perversa e degenere, splendenti come astri nel mond (Fil 2,15). Nessun programma sociale pu essere qui svolto, ma soltanto un'etica negativa della santifica-zione nei confronti del mondo, cio essenzialmente un'eti-ca di astinenza. In questo senso, i comandamenti etici del-l' Antico Testamento restano in vigore, ma vengono as-

    1 Cf R. BULTMANN, Theologie des ~T, 19542, 467 [trad. it., Teologia del Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia 1985, 441-442], e il mio articolo, Histo ry and Eschatology i.n the New Testament, in New Testament Studies vol. 1 (1954) 5-16 [trad. it., Storia escarologica nel Nuovo Testamento, in Credere e comprendere, Queriniana, Brescia 1977, 749-764].

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  • similate anche esigenze dell'etica stoica riguardanti la con-dotta dell'individuo. Anche l'istanza specificamente cristiana dell'amore negativa in quanto esige il disinteresse di s, -ma non indica obiettivi concreti dell'azione, non delinea alcun programma di formazione della vita comunitaria. Si capisce allora come ben presto si faccia strada qua e l l'ideale .dell'ascesi.

    Tutto questo significa che nel cristianesimo primitivo la storia stata inghiottita dall'escatologia. La comunit cri-stiana primitiva non si comprende come fenomeno stori-co, ma come fenomeno escatologico. Gi da ora essa non appartiene pi a questo mondo, ma all'eone futuro senza storia, che sta spuntando. Il problema fin quando pote-va durare questa coscienza, fin quando poteva mantenersi senza scosse l'attesa della fine incombente del mondo?

    Ben presto si impone la costatazione che l'attesa parusia del Figlio dell'uomo si fa desiderare, e ben presto serpeg-giano delusione e dubbio. Da qui il moltiplicarsi delle esor-tazioni a non stancarsi, ad attendere pazientemente ( Gc 5,7ss.; Eh 10,36ss.; ecc.), da qui la lotta contro il dubbio esplicito quale si annuncia in 2 Pt 3,4: Dov' la promessa della sua venuta? Dal giorno in cui i nostri padri chiu.sero gli occhi tutto rimane come al principio dell creazione. La risposta data in questo contesto che Dio ha misure del tempo diverse da quelle degli uomini: dinanzi a lui mille anni sono come un giorno; inoltre non bisogna di-menticare che Dio paziente e attende la conversione de-gli uomini (cf l Clem 23,3-5; 2 Clem 11 e 12). Altrove si rimanda semplicemente alla nascosta decisione di Dio: nessuno onosce il giorno e l'ora, neppure gli angeli in cielo, neppure il Figlio, ma soltanto il Padre (Mc 13,32; cf At 1,7; 2 Clem 12). Ma alla lunga il problema non poteva essere risolto con risposte del genere.

    52 l La comprensione della storia e l'escatologia

  • IV. TI problema dell'escatologia (A)

    Storicizzazione e neutralizzazione dell'escatologia nel cristianesimo primitivo

    l. Il problema dell'escatologia si impose per il fatto che l'attesa fine del mondo non arriv, che il Figlio dell'uomo non apparve sulle nubi del cielo, che la storia continu il suo corso e che quindi neppure la comunit escatologica pot sottrarsi .al fatto di diventare una realt storica, che la fede cristiana si present nel mondo come una nuova religione.

    Tutto. questo pu essere evidenziato in base a due fatti: a) la storiografia dell'autore del vangelo di Luca e degli Atti degli Apostoli; b) l'importanza acquistata dalla tradi-zione nella comunit cristiana.

    a) Mentre Marco e Matteo scrivono non come storici ma come predicatori e maestri, Luca nel suo vangelo vuole esporre come storico la vita di Ges. Nel proemio al suo vangelo egli ci garantisce personalmente di aver cercato, come storico coscienzioso, fonti attendibili; e nella sua espo-sizione non solo ci offre una concatezione dei fatti miglio-re di quanto l'avesse trovata in Marco, ma inquadra anche il suo racconto nel contesto della storia profana, per esem-pio, datando la nascita di Ges (2,1-3) e il ministero del Battista (3,1ss.). Inoltre, alla storia di Ges egli fa segui-

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  • re, negli Atti degli Apostoli, una storia della comunit pri-mitiva, degli inizi della missione e dei viaggi missionari di Paolo fino alla prigionia romana. La pi antica comuni-t, nella sua coscienza escatologica, non avrebbe avuto in-teresse alcuno a un'esposizione del genere. Qui basti ri-chiamare come Luca negli Atti degli Apostoli abbia seguito il modello degli storici dell'antichit mettendo in bocca a Pietro e a Paolo, nei punti culminanti del racconto, di-scorsi che esprimono il senso degli avvenimenti 1

    b) Quanto all'importanza assunta dalla tradizione nella comunit cristiana con la scomparsa dei testimoni oculari della storia di Ges e della prima generazione, ne un indice gi in Paolo l'uso delle espressioni, paradid6nai e paralambdnein, e ne sono testimonianza soprattutto le let-tere pastorali che, per esprimere la tradizione della dottri-na, adottano il termine parathk, depositum (l Tm 6,20; 2 Tm 1,12~14; cf 2,2). Le lettere pastorali dimostrano il pi grande interesse per l'attendibilit dei capi della co-munit che tramandano questa tradizione, cos come la nascita e l'evoluzione del ministero ecclesiastico sono fon-date, in misura essenziale, sulla necessit di salvaguardare la sicurezza della tradizione2

    Il fatto che la comunit costituita non in base a moti-vi etnici o sociali, ma dalla Parola che chiama gli individui alla comunit, impone che la tradizione abbia in primo luogo un carattere dottrinale. la dottrina a dire qual il contenuto della fede. Cos la dottrina pu essere pre-sentata, per esempio, come la parola tramandata dall'ini-zio (Policarpo, Filippesi 7 ,2), o come la fede trasmessa una

    I Cf. H.-~..-.;s CONZELMANN, Die Mitte der Zeit. Stud. z. Theol. des Lukas, 1954; MARTIN DIBELIUS, Aufs. z. Apostelgeschichte, 1953.

    2 Cf. R. BL"'.Th!ANN, Theol. d. NT, 451, 453s. [trad. it. cit., Teologia del Nuovo Testumento, 427, 429s.].

    54 ' Il problema dell'escatologia (A)

  • volta per tutte ai santi (Giuda 3); o ancora, come il santo comandamento tramandato, il che fa pensare anche alla trasmissione di comandamenti etici, quale troviamo rac-colta in Didach 1-5 o in Barnaba 19. Vi si aggiunge poi la tradizione di formule e usi liturgici (Did 7 -15), che si identifica in parte con la tradizione dottrinale, dal mo-mento che le formule liturgiche sono dei compendi di que-st'ultima. La letteratura postpaolina spesso sottesa da questo patrimonio tradizionale (Col, E/, lettere pastorali, l Clem, Ignazio, ecc.), a cui si richiama a volte gi Paolo stesso.

    Ora, come si ritrova la chiesa, diventata una grandezza della storia universale, con l'escatologia e con il problema della mancata parusia? Questa domanda equivale all'altra: in che modo la chiesa intende la storia e il rapporto tra storia ed escatologia? La soluzione del problema si trova in una nuova comprensione dell'escatologia, che compare la prima volta in Paolo e viene pensata radicalmente da Giovanni.

    2. Anche in Paolo la visione della storia comandata interamente dall'escatologia. Egli guarda alla storia di Israele non come alla storia di un popolo con il suo succedersi di grazia divina e riluttanza del popolo, di peccato e casti-go, penitenza e perdono. La storia di Israele per lui in-vece unificata dall'essere storia unitaria di peccato. Il pec-cato venuto nel mondo attraverso Adamo ed stato por-tato al suo svolgimento pieno attraverso la legge di Mos (Gal 3,19; Rm 5,20) .. La storia a cui Paolo guarda retro-spettivamente non la stori~ di-Israele, cio la storia di un popolo, ma la storia dell'umanit. Perch giudei e pa-gani sono peccatori, sono caduti sotto la collera di Dio,

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  • e tutto il mondo non pu che presentarsi colpevole agli occhi di Dio (Rm 3,19). La fine di questa storia non pu naturalmente essere il risultato della sua evoluzione stori-ca, ma pu essere soltanto la frattura, la fine posta da Dio. Ma sub specie Dei questa fine pure il fine della storia, perch secondo Paolo la grazia di Dio a metter fine alla storia, e perch la grazia deve e pu diventare operante proprio l dove ha operato il peccato (Rm 5,15ss., specialmente 20ss.; cf Gal 3,19-22). Paolo conosce dun-que un senso della storia, che per non le appartiene, non immanente alla storia considerata in se stessa, non con-siste nei significati di atti e di vicende storiche e non pu essere rilevato da una prospettiva di filosofia della storia, ma che le viene dato da Dio, poich in maniera paradossa-le Dio d alla storia dell'umanit peccatrice il senso di essere preparazione adeguata alla sua grazia. evidente che Paolo non ha desunta la sua visione della storia dalla storia di Israele quale narrata dall'Antico Testamento. La sua invece la visione della storia dell'apocalittica: se-condo Paolo la storia passata la storia dell'umanit ed una storia comandata dal peccato, alla quale Dio mette fine. n passato l'eone vecchio, sottomesso al demonio come a suo dio (2 Cor 4,4), l'eone che avr ancora una breve durata fino al giorno della parusia di Cristo, della risurrezione dei morti, del giudizio e della inaugurazione definitiva del regno di Dio (1 Cor 15,25-28).

    Ma l'immagine apocalittica della storia subisce in Paolo una modificazione decisiva: il passato ha per lui un signifi-cato positivo per il fu~uro, la storia dell'umanit sotto il peccato e la legge , sub specie Dei-, una storia dotata di senso. In altre parole, Paolo ha interpretato la visione della storia propria dell'apocalittica alla luce della propria antro-

    56 l Il problema dell'escatologia (A)

  • pologia: il fatto c::he l'uomo pu vivere soltanto della gra-zia di Dio, che la grazia come grazia pu essere ricevuta soltanto dall'uomo che si annientato davanti a Dio, e che il peccato nel quale l'uomo perduto il presupposto per accogliere la grazia, tutto ci trova espressione nella visione della storia che propria di Paolo. La legge so-pravvenuta tra Adamo e Cristo deve portare il peccato alla sua misura piena, perch possa regnare la grazia (Rm 5,20s.). In questo modo il p~ccato ha un significato positi-vo. Un sintomo del fatto che l'immagine della storia disegnata a partire dall'antropologia, che la storia dell'u-manit per Paolo propriamente la storia dell'uomo, che Paolo pu descrivere il corso della storia da Adamo a Cristo attraverso Mos nella forma dell"io' (Rm 7, 7-25a).

    inevitabile che, con questa .visione della storia, Paolo si trovi in difficolt di fronte al problema del compimento delle promesse date al popolo di Israele; difficolt che egli affronta nei capitoli 9-11 della lettera ai Romani. Ma que-sto problema pu soltanto essere qui accennato. Per il no-stro interesse invece importante osservare come Paolo, non meno della visione della storia propria dell' apocalitti-ca, modifichi anche, in maniera decisiva, l'escatologia apoca-littica. Naturalmente, egli non pu intendere la pienezza escatologica come realizzazione piena della storia naziona-le, neppure in quell'allargamento che gi presente nel Deuteroisaia e in molte rappresentazioni della speranza tar-dogiudaica, e cio che la salvezza di Israele al tempo stesso la salvezza di tutti i popoli che sono in qualche

    _modo uniti a Israele. Piuttosto, anche l'idea della salvezza escatologica comandata, in Paolo, dalla sua antropologia.

    Certo, egli non butta a mare l'immagine apocalittica del futuro: risurrezione dei morti, giudizio, gloria con cui i

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  • credenti e giustificati saranno un giorno premiati. Ma la salvezza vera e propria la giustizia e, con essa, la libert. n regno di Dio giustizia e salvezza e gioia nello Spirito Santo (Rm 14,17). Il che significa che l'idea di salvezza impostata sull'individuo. Inoltre, questa salvezza gi pre-sente. Il credente, che ha ricevuto il battesimo, 'in Cri-sto', e di lui si pu dire: Se uno in Cristo, urta nuova creatura (2 Cor 5,17); di lui vale: Le cose antiche sono passate; ecco: nasce la nuova realt (ibid.). Il nuovo eone gi diventato realt, perch quando venne la pienezza del tempo, Dio mand il suo Figlio (Gal 4,4). n tempo della salvezza, che Isaia aveva predetto, ormai realt pre-sente: Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza (2 Cor 6,2). Il dono escatologico dello- Spi-rito, oggetto dell'aspirazione e della speranza giudaica, stato ormai donato ai credenti, cos che essi sono gi ora figli di Dio, da schiavi che erano sono diventati liberi (Gal 4,6s.).

    vero, il dono dello Spirito primizia (Rm 8,23), pe-gno (2 Cor 1,22; 5,5), e la fede una realt provvisoria perch dalla vita nella fede siamo destinati a passare alla vita nella visione. Al vedere come in uno specchio, in fi-gura enigmatica, subentrer un vedere faccia a faccia (2 Cor 5,7; l Cor 13,12). Ma, anzitutto, anche questa spe-ranza tutta impostata sull'individuo, e lo sguardo non pi rivolto alla storia nazionale e alla storia universale, non punta pi su una storia nuova; la storia ha infatti raggiunto il suo traguardo perch Cristo la fine della legge (Rm 10,4). E poi, per il credente, che 'in Cristo', il fatto decisivo gi accaduto. N vita n morte n tutti i poteri ostili possono separarci dall'amore ai Dio in Cri-sto (Rm 8,35-39), perch sia in vita che in morte apparte-

    58 l Il problema dell'escatologia (A)

  • niamo al Signore (Rm 14,7-9). Gi al presente il credente libero e signore di ogni destino:

    Perch tutto vostro ... il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro, tutto vostro, ma voi siete di Cristo, e Cristo di Dio (1 Cor 3,21-23).

    Dal momento che Paolo interpreta storia ed escatologia a partire dall'uomo, la storia del popolo d'Israele e la sto-ria del mondo escono dalla sua prospettiva, e alloro posto emerge qualcos'altro: la storicit dell'essere umano, cio la storia che ogni uomo vive o pu vivere, e nella quale sol-tanto egli realizza il proprio essere.

    La storia dell'uomo si svolge attraverso gli incontri che egli fa: incontri del destino e incontri di persone; e attra-verso le decisioni che egli prende a loro riguardo. sol-tanto in queste decisioni che l'uomo diventa se stesso, men-tre la vita dell'animale non passa attraverso decisioni, ma rimane sempre ci che in partenza in forza della sua natura. L'animale soltanto un esemplare della sua specie, mentre l'uomo individuo, persona, o pu e deve esserlo. La vita dell'uomo dunque sempre dinanzi a lui, ed nelle sue decisioni che essa si realizza autenticamente o fallisce. Nelle sue decisioni l'uomo fondamentalmente non sceglie questa o quella cosa, ma se stesso, nell'alternativa di essere ci che deve e vuole essere, o di mancare il senso autentico della vita. Paolo vede la vita dell'uomo come una vita dinanzi a Dio. La vita autentica, pienamente riu-scita, la vita che Dio approva; la vira fallita quella che Dio respinge. - .

    Dal punto di vista puramente formale, l'uomo libero nelle sue decisioni. Ogni incontro lo pone in una nuova

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  • situazione, il cui appello si rivolge a lui come persona libe-ra. n proble.ma se l'uomo colga questo appello, se possa udire questa chiamata ad essere se stesso. Infatti appartie-ne alla storicit dell'uomo il fatto di creare il proprio esse-re attraverso le proprie decisioni; ma questo vuoi dire an-che che egli perviene a ogni nuova situazione come uomo vecchio, quale egli si fatto con le sue decisioni passate, cos che le sue decisioni future sono sempre gi determi-nate da quelle precedenti.

    Dunque, per essere realmente libero egli deve essere li-bero anche dal proprio passato. Per Paolo, che vede que-sto stato di cose sub specie Dei, ci significa che l'appello, che giunge all'uomo da ogni singola situazione, l'appello di Dio. E Paolo convirJ.tO che l'uomo non pu liberarsi del suo passato, anzi egli non vuole esserlo, e vuole invece restare quello che . E proprio questa l'essenza del peccato.

    Questa convinzione di Paolo trova espressione nella sua lotta contro la legge come cammino di salvezza, contro l'o-pinione che l'uomo possa conquistare la propria vita au-tentica mediante il compimento delle opere prescritte dal-la legge. Infatti questo legalismo giudaico sbarra la porta proprio al carattere di decisione della vita e misconosce che l'uomo deve diventare continuamente ci che egli pu e deve essere. n pio osservante della legge ritiene sostan-zialmente di essere gi ci che deve essere, poich ha anti-cipato tutte le decisioni con l'unica decisione: essere obbe-diente alla legge, i cui comandamenti lo esonerano dalle singole decisioni che la situazione puntuale gli chiede. Perci egli non s'avvede che in ogni nuova situazione sempre messo in questione nella sua identit, che ci che si esige da lui non questa o quella cosa ma lui stesso. Non

    60 l Il problema dell'escatologia (A)

  • s'avvede che la sua obbedienza verso Dio autentica sem-pre e soltanto come obbedienza nuova, che passa attraver-so la decisione. Egli crede di essere gi nell'obbedienza autentica, crede di dimostrarla con l'osservanza dei singoli comandamenti della legge, che non esigono una decisione, e in tal modo di potersi gloriare dinanzi a Dio. evidente che Paolo ha presente l'atteggiamento tipico giudaico, sen-za riflettere sul fatto che vi possono essere eccezioni o modificazioni. La sua immagine del giudeo , per cos di-re, l'immagine di se stesso prima della conversione (cf Fil 3,4ss.).

    Ma l'ottica, che sottende la polemica paolina contro la legge come cammino di salvezza, emerge ancor pi chiara-mente nel modo in cui Paolo descrive l'esistenza cristiana. Questa un vivere in quella libert per la quale l'uomo liberato attraverso la grazia apparsa in Cristo. Egli liberato dal suo passato, dal suo peccato, da se stesso co-me uomo vecchio (cf Rm 6,6); liberato all'autentica vita storica, cio alla decisione puntuale, e capace di responsa-bilit autonoma, all'interno degli incontri che la vita crea.

    Tutto ci si delinea anzitutto nel fatto che le esigenze di Dio si compendiano nel comandamento dell'amore (Rm 13,8-10; Gal 5,14), cio in un comandamento che non contiene affermazioni determinate e quindi propriamente pu essere descritto solo al negativo (1 Cor 13,4-7). E quan-do Paolo descrive l'amore: L'amore paziente, clemen-te ... sopporta tutto ... , appare chiaro che le esigenze del-l'amore si profilano sempre dentro le situazioni dell'incon-tr:o con gli altri, e che la possibilit di coglierle si inscrive di volta in volta nella decisione del momento.

    Coloro che sono liberati dalla legge vengono esortati~ Trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter di~

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  • scernere la volont di Dio, ci che buono, a lui gradito e perfetto (Rm 12,2). Paolo prega per i Filippesi: Che il vostro amore si arricchisca sempre pi in conoscenza e in ogni genere di discernimento, perch possiate distin-guere sempre il meglio (Fil 1,9s.). La vita cristiana non normata da prescrizioni gi fissate, ma ogni situazione porta in s la propria esigenza, che deve essere colta nella decisione. quanto mostra, da una parte, Fil 4,12s.: Ho imparato ad essere povero e ho imparato a essere ricco; sono iniziato a tutto, in ogni maniera: alla saziet e alla fame, all'abbondanza e all'indigenza; dall'altra, l Cor 9,20-22: Mi sono fatto giudeo con i giudei ... , con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che sotto la legge ... Con coloro che non hanno legge sono di-ventato come uno che senza legge, pur non essendo sen-za la legge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo ... Mi sono fatto debole con i deboli ... , mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. La stessa li-bert della decisione responsabile traspare nella frase: Tutto mi lecito, ma non tutto giova; tutto mi lecito, ma non mi lascer dominare da nulla (l Cor 6,12), come pu-re dal modo in cui viene affrontato il problema delle carni immolate agli idoli (l Cor 8,1-13; 10,23-31). legato solo alla decisione dire di volta in volta come vada soddisfatta l'esortazione: Fate tutto per la gloria di Dio (l C or l O ,31).

    Ma la storicit autentica della vita cristiana si evidenzia anche dalla sua condizione di permanente itinerario tra il 'non pi' e il 'non ancora'. Paolo, afferrato da Cristo, aspira alla mta che egli deve afferrare (Fil 3, 12-14). L'e-sistenza cristiana non dunque statica ma dinamica,. U.ll superamento sempre nuovo del legame con la carne nella forza dello Spirito (Gal 5,17; Rm 8,12ss.). L'indicativo dell'essere cristiano fonda appunto l'imperativo, sotto il

    62 l Il problema dell'escatologia (A)

  • quale si muove la vita del credente. Questa dialettica di indicativo e imperativo descritta, oltre che dal breve motto di l Cor 6,12, anche dall'esortazione di Rm 6,12-23. Il fatto che il credente non pi sotto la legge, ma sotto la grazia fonda l'esortazione: Offrite voi stessi a Dio, co-me vivi tornati dai morti; o Gal 5,25: Se pertanto vivia-mo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.

    Non affronto qui il problema di determinare in che mi-sura Paolo, con questa sua concezione della storicit della vita del credente, con questa sua dialettica dell'essere cri-stiano, abbia dato espressione esplicita a idee che erano implicitamente contenute nella predicazione di Ges. In ogni caso, egli le ha sviluppate e le ha portate a piena chiarezza, offrendo cos la soluzione al problema di .storia ed escatologia cos come si era imposto a causa del manca-to avvento dell' schaton.

    3. La comprensione dell'escatologia come evento pre-sente stata elaborata, in forma ancor pi radicale che in Paolo, da Giovanni, con la sua rinuncia all'escatologia apocalittica del futuro, che Paolo invece manteneva ancora.

    Per Giovanni, la risurrezione dei morti e il giudizio finale sono diventati realt presenti con la venuta di Ges. Egli formula chiaramente questa tesi, in antitesi all'escatologia apocalittica tradizionale, quando dice espressamente:

    n giudizio questo: la luce venuta nel mondo, ma gli uo-mini hanno preferito le tenebre alla luc_e (Gv 3,19).

    Egli interpreta la crisis o il crima giocando con il doppio senso. delle parole, eio intendendo la crisis come la discri-minazione che si compie nell'ascolto delle parole di Ges, e che in quanto tale il giudizio:

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  • Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perch coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi (Gv 9,39).

    Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedr la vita, ma l'ira di Dio incombe su di lui (Gv 3,36).

    Il credente gi passato attraverso il giudizio, il non credente gi giudicato (Gv 3,18). Il credente gi risorto:

    Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato ha la vita eterna e non va incontro al giudizio ma passato dalla morte alla vita ... venuto il momento, ed questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l'avranno ascoltata vivranno (Gv 5,24s.)3.

    Il modo in cui si muove l'evangelista traspare con partico-lare evidenza da 11,23-26, dove nel dialogo tra Ges e Mar-ta viene espressamente corretta l'idea tradizionale di risur-rezione. Ges rassicura Marta, addolorata per la morte del fratello: Tuo fratello risorger. Essa lo intende nel senso tradizionale: So che risorger alla risurrezione dell'ultimo giorno. Le parole di Ges apportano la correzione:

    Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me, anche se muore, vivr, chiunque vive e crede in me non morr in eterno.

    J vero che subito dopo leggiamo: Verr l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udraimo.la sua voc' e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna (5 ,28s.). Ma si tratta palesemente di una successi>a modifica da parte della redazione ecclesiastica del vangelo, che vuole reintrourre l'escatologia tradizio-nale, malgrado l'autore l'abbia espressamente corretta in 3,19; 5,24.

    64 l Il problema dell'escatologia (A)

  • Come per Paolo, anche per Giovanni l'essere del creden-te, che passato dalla morte alla vita, non una condizio-ne statica, ma il movimento dell'esistenza storica nella dia-lettica di indicativo e imperativo. n credente deve diven-tare quello che ; e quello che deve diventare, egli lo gi nella libert alla quale chiamato mediante la fede, una libert che si attesta nell'obbedienza. Cos il discorso sulla vite e i tralci dice che il portar frutto, da parte del tralcio, la condizione per restare nella vite, ma altrettan-to il restare nella vite la condizione per portare frutto (i5,2-4). Questa dialettica di indicativo e imperativo vie-ne presentata da Giovanni soprattutto nel rapporto tra fede e amore. La fede accoglie il servizio di Ges, e nell'amore viene trasmesso il servizio ricevuto (13,4-20; cf cap. 15). Carissimi, se Dio d ha amato, anche noi dobbiamo amar-ci gli uni gli altri ... Noi amiamo, perch egli ci ha amati per primo (1 Gv 4,11-19). Noi sappiamo che siamo pas-sati dalla morte alla vita, perch amiamo i fratelli (1 Gv 3,14).

    C' un problema particolare in cui Giovanni ha portato a espressione la dialettica della vita cristiana, un problema che Paolo non aveva ancora presente. la dialettica di libert dal peccato e necessit della continua confessione del peccato cio del continuo perdono. Da una parte, si dice che ognuno di quelli che sono generati da Dio - cio il credente - non pecca (1 Gv 3,9); dall'altra, Giovanni afferma: Se diciamo che siamo senza peccato, ingannia-mo noi stessi e la verit non in noi. Se riconosciamo i nostri -peccati, egli che fedele e giusto ci perdoner i peccati (1 Gv 1,8 e 9).

    Anche Giovanni vede un compimento futuro della vita presente della fede, non per, come Paolo, sulla linea della escatologia apocalittica, in una catastrofe cosmica, nella

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  • risurrezione dei morti e nel giudizio universale.- Come il credente gi passato attraverso il giudizio e chi non cre-de e gi giudicato, cos leggiamo in Gv 12,31: Ora il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mon-do sar gettato fuori. E, secondo 16, 11, lo Spirito con-durr i credenti alla conoscenza del senso vero del giudi-zio, cio che il principe di questo mondo giudicato. La prospettiva del compimento finale si riferisce piuttosto, in Giovanni, al futuro del singolo credente dopo la fine della sua vita terrena; e Giovanni parla qui con le catego-rie dell'escatologia gnostica. Abbiamo qui una riconversio-ne del modo tradizionale di presentare la parusia; Ges promette ai sqoi che egli verr a prenderli per portarli con s in una delle numerose abitazioni celesti (Gv 14,2s.). Nella cosiddetta preghiera sacerdotale, egli chiede che i suoi discepoli siano con lui nella gloria celeste alla quale egli sar innalzato, e possano contemplare la sua gloria (17,24).

    Dunque, per Paolo e per Giovanni, il tempo attuale, di quaggi, un tempo intermedio tra la venuta (o la risur-rezione o l'esaltazione) di Cristo e il compimento, che , per Paolo, la fine del mondo, e per Giovanni - che non parla della fine del mondo - la fine della vita terrena dei credenti. Ma per entrambi essenziale il fatto che questo tempo intermedio non si limita ad essere solo una determinazione cronologica, ma caratterizza l'essere dei cre-denti nella sua realt, secondo la sua essenza, cio come l'essere dialettico del 'non pi' e 'non ancora'. I credenti sono gi sottratti al mondo, e il loro essere un essere escatologico, e tuttavia essi vivono ancora nel mondo, _e non ancora rivelato ci che saremo (1 Gv 3,2).

    Si tratta ora di chiedersi se questo modo di intendere il tempo intermedio sia stato mantenuto, se cio sia stato

    66 l Il problema dell'escatologia (A}

  • possibile conservare il rapporto paolina e giovanneo tra storia ed escatologia. Non stato cosl. Certo, se ne ha ancora l'eco nella letteratura deutero-paolina, specialmen-te nella lettera ai Colossesi, e in quella agli E/esini, come pura nella 1 lettera di Pietro e, successivamente, in manie-ra diversa, anche in Ignazio. Ma, mediamente, il tempo intermedio viene sempre pi inteso in senso cronologico. Il battesimo, cio, viene visto come perdono dei peccati non pi nel senso paolina, secondo cui l'uomo vecchio vi viene dato alla morte e viene cos liberato dal suo passato come dal potere del peccato che lo soggioga, ma come remissio-ne dei singoli peccati commessi prima del battesimo, come assoluzione dalla colpa contratta in passato. Il credente deve guardarsi dal peccare ancora, perch verr sottoposto al giudizio, che si baser sulle opere. Il credente vive sotto l'imperativo; ma questo non pi in rapporto dialettico con l'indicativo, cos che vivere sotto l'imperativo signifi-chi al tempo stesso vivere sotto la grazia. L'obbedienza non il frutto spontaneo della salvezza donata, della giu-stificazione e della libert, ma una prestazione che deve garantire la salvezza futura. Certo, si continua a parlare ancora della presenza della salvezza portata da Cristo; ma la concezione della salvezza riduttiva. In sostanza, essa consiste in questo: con il perdono dei peccati passati, dato nel battesimo, viene donato un nuovo inizio, una nuova opportunit; l'uomo ha ora la possibilit di soddisfare, con l'obbedienza ai comandamenti, alla condizione per acqui-stare la salvezza futura e realizzare le opere buone da cui dipende l'assoluzione del cristiano nel giudizio. Nel fondo delle cose, l'uomo di nuovo-rimesso-alla propria forza; diventano cos elementi di pressione il perfezionismo e l'i-deale della santit come qualit personale, e dunque l'a-scesi e - dall'altra parte - un moralismo legalistico.

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  • sintomatico che l'antitesi paolina di fede e opere si vada lentamente perdendo, che il concetto di fede perda la pro-pria forza, e che il concetto di libert finisca con lo scom-parire.

    4. In questa situazione, come viene risolto il problema del rapporto tra escatologia e storia? come si deve inten-dere il fatto che la chiesa in formazione riuscita a supe-rare la delusione per la mancata parusia?

    Bisogna anzitutto rispondere che le delusione non sta-ta un fatto improvviso e impostasi dappertutto contempo-raneamente. Anzi, il tempo intermedio non venne mai cal-colato come numero determinato di mesi o di anni, come avveniva un tempo nell'apocalittica giudaica e, pi tardi, a volte nella storia della chiesa; alla parusia non venne mai fissata una data precisa, cos che, al trascorrere di questa data, dilagasse una delusione generale. Si era certi che Dio nella pienezza del suo potere aveva fissato il gior-no che nessuno conosce (Mc 13,32; At 1,7), e si potevano cos tacitare delusione e dubbio che qua e l sorgevano. Di fatto ci si abitu all'attesa; e se in situazioni di oppres-sione o di persecuzione divampavano vivacemente l'attesa e la speranza della vicina fine del mondo (Apocalisse di Giovanni, 1 lettera di Pietro), le lettere pastorali mostrano comunque che i cristiani si assestarono a poco a poco in uno stile normale di vita civile; e lo dimostrano in modo indiretto proprio le esortazioni alla attesa paziente e alla vigilanza, che risuonano di quando in quando, soprattutto le esortazioni di Erma rivolte alla comunit di Roma nella prima met del secondo secolo.

    Eppure non si arriv mai a rinU:nciare all'escatologia; ci si limit a differire in un tempo indeterminato l'attesa fine del mondo, l'adempimento della speranza, la pienezza

    68 l Il problema dell'escatologia (A)

  • escatologica. E ben si capisce: se si fosse rinunciato all'e-scatologia, si sarebbe liquidata l'intera tradizione cristiana primitiva. La predicazione di Ges, la predicazione di Pa-lo erano stati in verit un messaggio escatologico. Inoltre la comunit aveva fatto proprio l'Antico Testamento, e insieme con l'escatologia avrebbe dovuto buttare anche questo.

    significativo che l dove si rinunci davvero all'esca-tologia tradizionale, cio nella gnosi cristiana, si rinunci anche all'Antico Testamento, e si dovette allora reinter-pretare la stessa predicazione di Ges. Anzi, anche in Gio-vanni, dove l'escatologia tradizionale viene appunto rein-terpretata, il richiamo all'Antico Testamento molto ri-dotto, e anche qui viene reinterpretata la predicazione esca-tologica di Ges. La chiesa non ha percorso questa strada, e ha recepito il vangelo di Giovanni, pericoloso per la sua prospettiva, solo a patto di interventi redazionali, che in-terpolarono formule dell'escatologia tradizionale.

    Ma la ragione per cui la delusione della mancata parusia non fu sconvolgente e non ebbe altra conseguenza che quella di differire in una lontananza indeterminata il tempo della fine del mondo, non fu soltanto l'essersi lentamente abi-tuati all'attesa. Un motivo pi profondo vi si aggiunge: l'escatologia tradizionale perse di interesse in seguito al sacramentalismo che si and sviluppando. Esso comporta due cose: l. l'interesse dei credenti si rivolge molto meno all'escatologia universale, al desrino del mondo, che alla salvezza individuale dell'anima, l'immortalit, che viene ga-rantita dal sacr