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Bollettino dell’Ordine Martinista n. 71 Solstizio d’Inverno 2018 La presente pubblicazione non è in vendita ed è riservata ai soli membri dell’Ordine Martinista Stampato in proprio

Bollettino dell’Ordine Martinista n. 71

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Bollettino dell’Ordine Martinista n. 71 Solstizio d’Inverno 2018

La presente pubblicazione non è in vendita ed è riservata ai soli membri dell’Ordine Martinista

Stampato in proprio

ORDINE MARTINISTAORDINE MARTINISTA

2Redazione

Direttore Responsabile: Renato Salvadeo - via Bacchiglione 20 - 48100 Ravenna

SOMMARIOSOMMARIO

ARTURUS - S:::I:::I::: S:::G:::M::: - QUALCHE SUGGERIMENTO PER CONTINUARE A CAMMINARE - pag.3

JOHANNES - S:::I:::I::: - SEMPLICEMENTE … MARTINISTI - pag.8

HASIDD - S:::I:::I::: - PERCORSO INIZIATICO - pag.9

DIANA - S:::I::: - OPERATIVITÀ SINGOLA E RIUNIONI DI GRUPPO - pag.10

OBEN - S:::I::: - I VELI CADONO LA VERITÀ STA PER APPARIRE- pag.14

MORGON - I:::I::: - GESTIONE DEL PENSIERO - pag.17

AKASHA - I:::I::: - VOLONTÀ SUPREMA - pag.18

ATHANASIUS - I:::I::: - PICCOLE RIFLESSIONI SULLA MEDITAZIONE E LA PREGHIERA - pag.20

BALAAM - A:::I::: - IL MATTO LUNGO IL SENTIERO DI OR - pag.22

CAGLIOSTRO - A:::I::: - IL SOLSTIZIO D’INVERNO - pag.23

Qualche suggerimento

per continuare a camminare

ARTURUS S:::I:::I:::S:::G:::M:::

Più volte, accennando al nostro metodo ed alle

esperienze vissute, ho suggerito di “allenarsi” costan-temente per permettere alla mente di estendersi inmodo da provare ad immergersi nelle profondità dellapropria interiorità spirituale.E’ però necessario tenere presente che di solito, se siprocede con questo intento, si è in uno stato mentaleche potremmo definire al di sopra del pensiero, percui quando accade, allorché ci si riesca, qualsiasivisione di quegli ambiti si limiterà a brevissimi lampiilluminanti; però, il successo non è affatto scontatoper chiunque.Ciò che si percepirà non sarà poi semplice da descri-vere, in quanto la facoltà della mente di tipo com-prensivo, tenderà a raffigurare qualche cosa con deilimiti fisici (unitamente a quelli temporali), mentre lacontemplazione tramite la coscienza intuitiva che èun’altra funzione, si sarà proiettata oltre tali limiti;così quando si proverà a configurare un concetto rias-suntivo anche solo per sé stessi, ecco che tutto diverràin un certo senso nebbioso, indefinibile, pur mante-nendo la consapevolezza di quanto si possa essereriusciti ad intuire. D'altronde, solo se si riuscirà primao poi a comprendere, seppur con tutte queste difficol-tà, almeno il riflesso, l’involucro, di quanto si possaaver intuito, il lampo improvviso potrebbe trasfor-marsi in un minimo di conoscenza.Da un punto di vista Kabbalistico (come sempre, unodei tanti e non sempre concordi tra loro), facendoriferimento alle conseguenze delle interazioni (per lopiù da conquistare) con l’aspetto più elevato dell’ani-ma, si descrive questa sensazione come unasorta di contemplazione di ciò che “si vededietro la testa”. E’ però necessario precisareche si tratta di una opzione non certo alla

portata di chiunque (mi riferisco ad una par-ticolare branca della meditazione ebraicacosì elevata o profonda). Quindi, si trattereb-

be di una sorta di nulla, di vuoto, affatto semplice eper niente frequente da sperimentare, legato a livellispirituali molto lontani dall’ambito più basso ove citroviamo in maggioranza. Al contrario, i collegamentisensoriali, fisici, e le conseguenti elaborazioni auto-matiche di qualsiasi cosa si possa percepire tramiteessi, rappresentano quasi sempre un grande ostacoloper esercitare la funzione intuitiva, tramite la contem-plazione. Non a caso sin dai primi momenti, si suggerisce ad unAssociato di provare a conquistare progressivamente,tramite semplici pratiche quotidiane, anche di brevedurata, una forma di concentrazione che escluda lereazioni emotive, interne ed esterne, derivate da qual-siasi stimolo sensoriale.Senza questa preparazione conseguente agli esercizi,il successivo tentativo di meditare sui quattordiciargomenti strutturati, in funzione del proprio vissutoe non certo in termini fantasiosi, ipotetici, estraneialle proprie esperienze di vita, si svelerebbe abbastan-za blando e superficiale. Inoltre, si avrebbe la tenden-za a recuperare i ricordi emettendo nuovamente deigiudizi inutilmente emotivi e controproducenti. Così,le necessità di ripetere sistematicamente tali esplora-zioni diverrebbe purtroppo oggettivamente ineludibi-le, allungando i tempi in cui ci si dovrebbe formareper passare in modo idoneo, a praticare le forme ope-rative, tipiche dei livelli successivi. Spesso, tutto ciòporta qualsiasi soggetto a vedere affievolirsi il pro-prio desiderio di conoscenza, non avendo la forza divolontà necessaria per cambiare la situazione, e forsetrovandosi anche nell’incapacità, unita ad un pizzicodi vergona, di rapportarsi correttamente con il proprioIniziatore, il quale invece potrebbe essere di aiuto perriportare ogni cosa nella giusta configurazione,secondo il metodo indicato dal nostro Ordine; magariil Maestro potrebbe invitare a frenare efficacemente

l’utilizzazione delle parole, delle letture,delle esplorazioni più o meno compulsive edei ragionamenti che possano ingabbiare le

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possibilità di “andare oltre”. Infatti, la medi-tazione dovrebbe iniziare proprio tentando diportarsi subito al personale livello spiritualepiù alto affinché tutto ciò che si contempla ed intuiscepossa poi essere trasportato al livello più basso, inuna sorta di individuazione e costruzione di un fonda-mento funzionale ad un viaggio interiore dove anchela voce dovrà essere presa in considerazione unita-mente al discorso.Così, ad esempio, un poco alla volta, nel ricordo diuno o più avvenimenti (collegati ad un argomentospecifico di quelli strutturati, previsti) in cui ognunopotrà essere stato condizionato da emotività più omeno intensa (piacevole o spiacevole), si dovràriuscire a separare quell’emozione da tutto il resto,occupando con la stessa tutta la mente e formulandoun quesito ben supportato dalla volontà di scoprirefinalmente, quale possa esserne la vera origine (coltempo, si scoprirà che le prime risposte, le più ovvie,saranno superficiali ed abbastanza inutili; occorrepersistere nell’indagine per svelare le filiere concate-nate che possono condurre all’origine da cui tutto ilproblema è veramente sorto). In alternativa ad un diretto accesso per la contempla-zione dal punto più elevato, manifestandosi per alcunidelle difficoltà a riuscirci, sarà necessario distrarre lamente, portandola a raffigurarsi oggetti o forme tipi-che del livello più basso, occupando l’immaginazionecon queste, sino a caricare spiritualmente poi unaeventuale forma finale, necessaria; ovvero, ciò che sidisporrà come una sorta di personale portale perriuscire a passare oltre.Tutto ciò è stato suggerito più volte, similmente aquanto illustrato anche con la relativa messa in prati-ca esemplificativa, nella fase finale del nostroConvento di Primavera; però in quel caso, per tutti siè trattato di subire una semplice induzione etero-indotta, quindi, con direzione gestionale, esterna. Dasoli, tutto si dovrà svolgere in modo auto-indotto.Non dimentichiamoci che come appartenentiall’Ordine, avendo attivato prima di ogni meditazionequanto teurgicamente previsto, non ci siritroverà mai veramente soli nel fare tutto

quello che sarà opportuno e necessario.Riuscendo a “passare oltre”, l’intelligenzaintuitiva dovrebbe manifestarsi mano a mano

che tutto ciò che era stato visualizzato nelle formericonoscibili comincerà a svanire, offuscandosi. Saràcome se ci si stesse immergendo in acque sempre piùprofonde.Quindi, non di rado, ci si potrebbe ritrovare comeavvolti in una qualche oscurità, sempre più silenzio-sa, calma, fredda, che impedirebbe ogni “distrazione”visiva, fisica, mentale.E’ in questa fase, a seguito del successivo, intelligen-te, ricevimento dell’intuizione fluida, spirituale, chepotrebbe manifestarsi anche il fuoco, la luce accecan-te che riempie la mente e che consente tramite lacomprensione, anche se limitata, di quella brevissimavisione proveniente da oltre i limiti spazio-temporali,un nuovo guizzo di “conoscenza”. Quindi, ecco che,come ho accennato all’inizio, a seguito del lampodiscendente dall’influenza delle forze spirituali piùelevate, si tenterebbe poi di comprendere cosa siaaccaduto, cosa si sia ricevuto, di che si tratti veramen-te, costruendo una risposta intellegibile da trasferire,in modo applicativo, nei livelli più bassi della quoti-dianità. Però, è bene tenerlo presente, non ci si riescequasi mai subito e se non si persiste tenacemente,forse proprio mai.Mi permetto di ricordare ancora una volta che tuttociò si sviluppa da soli, ma che si hanno a disposizionedei Maestri (non solo quello fisico con cui si deveavere un rapporto esclusivo), ma anche “altro”, se losi vuole “correttamente”. A seguito della cerimonia diaccettazione, ognuno di noi si è trovato ad avere unanuova personale possibilità di tentare di superare icondizionamenti fisici e temporali, per accedere a ciòche non è limitato da tutto questo. Ovviamente, non èda dimenticare che, come conseguenza dell’accetta-zione iniziatica, esistono anche i canali onirici. Peròsu questo argomento preferisco non approfondire, inquando si tratta di situazioni assolutamente differentiper ogni soggetto; per cui è bene che ogni Iniziatore

provveda a dissertarne per quanto di suacompetenza e soprattutto solo se ne abbia

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veramente la conoscenza esperienziale neces-saria. Prima di procedere oltre, però, credoche ancora una volta possa risultare “interes-sante” porsi alcuni quesiti su almeno tre argomenti.Proviamo a ragionarci un pochino ed a focalizzaredelle domande a cui ognuno dovrà provare a rispon-dersi inevitabilmente da solo, in coscienza.• L’Egregora Martinista ed in particolare quella delnostro Ordine, per quanto possiamo aver intuito,compreso, e soprattutto riscontrato concretamente, èveramente legata, senza soluzione di continuità, ad

un’Emanazione Luminosa, Tradizionale, che inte-ragisce da sempre con uomini e donne, seppur conforme adattabili ai tempi ed alle differenti genti, perconsentire all’umanità di progredire, rigenerandosispiritualmente, secondo quel progetto ineffabile cheforse solo l’anima riesce veramente ad intuire?Occorre porsi questa domanda, visto cosa è accaduto,cosa esiste, cosa si legge e quanti tentano di appicci-carsi inutili ma anche devianti etichette in qualchemodo riconducibili impropriamente a noi, che lo ripe-to ancora una volta, discendiamo direttamente, trami-te la patente di D. Cancellieri, dalla costituzione diquanto hanno fondato a Parigi nel 1891, Papus e glialtri Fratelli. Quindi quello è l’unico ed orininaleOrdine Martinista, da cui discende solo per tutti i suoiaffiliati l’aggettivo di Martinista. La straordinaria tra-smissone sacrale di quanto operato da Louis Claudede Saint Martin, il quale a sua volta ne aveva ricevutouna parte da Martines da Pasqually, è innegabile, maoggettivamente, come tutti sanno o dovrebbero sape-re, non è unica ed esaustiva. La convergenza di altrelinee come ad esempio, quelle dei Rosacroce con cuisigilliamo i nostri documenti (altrimenti nulli), hamolta importanza nella costituzione egregorica e spi-rituale dell’Ordine.Quindi non dobbiamo, non possiamo, non vogliamoessere confusi in modo equivoco, con quelle struttureche attirano adepti con promesse di “via Martinista”ma che poi malauguratamente fanno ben altro nonconoscendola (oppure nulla, quando va bene), comepure con le sedicenti derivazioni Cohen (mache vogliono comunque confondersi con i

Martinisti) che fanno finta di dimenticarecome dopo la morte di Martines, quella suaesperienza sia stata formalmente e ritualmen-

te auto-assonnata (cosa per altro abbastanza rara nelmondo iniziatico), in modo irreversibile. Così, se ne inventano delle nuove presuntuosamenterisvegliate da sedicenti uomini “di buoni costumi”,approfittando dell’ignoranza e dell’ignavia semprepiù diffuse (Ambelain lo ha purtroppo indicato comepossibile, anche se è indubbiamente sbagliato).• Un Maestro Iniziatore, è divenuto veramente taleperché ha anche costituito, conservato, curato,

ingrandito, come previsto, un gruppo con i suoi

nuovi adepti ? Altrimenti non lo è ancora; quelli ere-ditati da altri, come disposto sin dalla fine dell’otto-cento, non contano per questa condizione che è da

comprendere molto bene in tutti i suoi molteplici

aspetti e funzioni. Costui, seppur con tutti i suoilimiti umani, attingendo comunque dalla spiritualitàegregorica di riferimento, (escludendo quindi com-portamenti gravi e/o contro-iniziatici che, a prescin-dere dalla sua volontà dai suoi desideri, lo porrebberoimmediatamente, per sua colpa, fuori dalla catenaspirituale, oltre che da quella materiale), mantenendouno stato dell’essere abbastanza idoneo al suo incari-co ed una sufficiente cultura funzionale ai propricompiti, trasmette sempre quanto previsto dal-

l’Ordine, senza deviazioni improprie (i nostriRituali/Vademecum sono più o meno gli stessi dal1923 e si ricollegano con ciò che abbiamo recuperatodel 1910, in uso a Roma da parte di Cancellieri, perl’Iniziatore) e poi procede correttamente nell’aiuto

formativo necessario ed efficace per i propri figlio-

letti, sui diversi piani? Inoltre, durante le ciclicheriunioni di gruppo, da organizzare con sistematicaperseveranza e le catene operative, attiva, apre,richiama, veramente (come si dovrebbe sempreriscontrare poi oggettivamente) quanto previsto,nella sola, esclusiva, modalità prescritta

dall’Ordine, per il bene di tutti?

• Un neofita si inserisce nei nostri perimetri in fun-

zione di quale vero desiderio? Se le finali-tà erano e sono “sane” escludendo anche

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una sterile, inutile curiosità, esercita volontà eperseveranza per riuscire a spogliarsi dalleproprie “incrostazioni” spiritualmente errate,per poi riuscire ad alzarsi da una condizione passivaed infine per muoversi attivamente nella giusta dire-zione, superando anche alcuni limiti che la sola con-dizione materiale impone? In merito al suo desiderio,è proprio così chiaro soprattutto per lui stesso, chenon abbia voluto essere accolto nel nostro Ordinemagari sperando di avere particolare accesso ad unsupermarket del paranormale, dei miracoli, e di altro,per soddisfare in modo straordinario, oltre alle pro-prie possibilità umane, eventuali necessità, anchesolo inconsce, di ritorni sociali, economici, amorosi,di salute, di potere, ecc., per sé stesso e per i propricongiunti?• E’ chiaro che il nostro percorso non è una

Religione od un eventuale surrogato? E’ chiaro cherispettiamo tutti i culti che ricercano ed onorano Dio,comunque lo si voglia chiamare ? Quindi è altrettantochiaro che in alcun modo tentiamo di manipolare ilcammino di chiunque, inducendolo ad abbracciareuna fede anziché un’altra? E’ chiaro che non invitia-mo nessuno a gareggiare in dimostrazioni per illustra-re quale religione possa essere più bella, più grande,più santa? Parimenti è anche chiaro che camminandosul nostro percorso, nessuno deve essere forzato econdizionato da alcuna struttura ecclesiastica, perdogmi, abitudini, catechesi, convincimenti ed altro?E’ però altrettanto chiaro che seppur convinti diriuscire ad interagire con i piani sottili, non desideria-mo in alcun modo metterci in relazione competitivacon alcuna forma di Fede, magari supponendo diesserne superiori?• Infine, è chiaro che dobbiamo riservare grande

rispetto, discrezione, prudenza, per le tendenze

mistiche e per le libere scelte di Fede di tutti i

nostri Fratelli e Sorelle? E’ però altrettanto chiaroche il nostro percorso non è affatto adatto per gli ateie/o per i materialisti assoluti? E’ comunque ugual-mente chiaro che non è neppure da prendere in consi-derazione da parte di coloro che sostengono di “sape-re già tutto” e che dichiarano di avere già un

rapporto privilegiato, straordinario, con ladivinità, mutuato da frequentazioni, da prati-che religiose o da altri percorsi?

Ricapitolando, soprattutto se solo una delle prime

tre condizioni (senza escludere l’importanza dellealtre) non fosse correttamente intesa e presente in

modo luminoso, trasparente, appare ovvio ed ine-

ludibile che con noi e per noi si starebbe solo spre-

cando tempo; questo non solo in funzione del nostropunto di vista. Quindi, è opportuno meditarci bene.Sopra ho accennato ad un fluire intuitivo, sottile, fur-tivo, mormorante come di acqua e ad un possibileesplodere sibilante, infuocato, come conseguenza diuna comprensione. L’altalenare tra queste due situa-zioni (tra silenzio e comprensione anche discorsivadella coscienza) e l’auspicabile soffermarsi nel puntodi equilibrio reciproco, magari anche solo in modoaccidentale, fino a quando non se ne prende cosape-volezza, potrebbe consentire un particolare punto diosservazione di tutto ciò che esiste, in modo nuovo,imprevedibile, surreale. Magari si potrebbe stare inquesta posizione, respirando in modo corretto, pro-prio poco prima di pronunciare, “incidere” dal nulla ilNome con cinque lettere, una per una, soppesandolee poi disegnare, dipingere, il simbolo dell’Ordine. Inoltre, si potrebbe contemplare quanto si aveva inanimo di esplorare, lasciando che riempia ogni spaziodella mente, interagendo con la complessità dell’ani-ma ed poi accedere all’ambito previsto per compierequanto voluto, magari immaginando di scomporre,modificare, ricreare, immagini dell’esistenza.Come ho suggerito altre volte, si potrebbe anche sco-prire che si sta pregando. Però in modo nuovo, diffe-rente e con punti di vista decisamente modificatirispetto a quanto si faceva prima di cominciare ilcammino nel nostro ambito.A questo punto, recupero per tutti un altro dei mieisuggerimenti sistematici; ovvero, quello di scriverenel modo congeniale ad ognuno, quanto si è desuntoe compreso attraverso le nostre ben note pratiche e gliinevitabili studi di tutto che possa essere analogico econvergente con le indicazioni fornite soprattutto dai

vademecum di ogni grado.

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In tal modo, si eviterà di perderne memoria,inoltre, si sarà costretti a mettere sempre afuoco in modo efficace, quanto vissuto inte-riormente (la funzione intellettiva di tentare di com-prendere è importante, seppur estremamente soggetti-va); quindi, si potrà sempre rileggere e riviverecoscientemente ciò che è stato contemplato, vissuto,operato. Sarà una sorta di diario intimo da conservarediligentemente, che potrebbe anche divenire addirit-tura la sorgente di ogni cosa si riterrà poi opportunocomunicare prudentemente ad altri, nel caso lo sivoglia veicolare, donare anche attraverso la nostrapiccola rivista oppure in altri modi.Infine, concludendo queste poche righe con l’auguriodi vivere serene festività solstiziali per tutti i Fratelli,le Sorelle e per i loro cari, suggerisco di non scordareche qualsiasi cosa si possa aver meditato, contempla-to, scelto, nella propria interiorità, dovrà trovare sem-pre riscontro concreto, normale e/o straordinario,nella vita di tutti i giorni, lasciando alla coscienza,libera da ostacoli, il compito di essere l’efficace esevero guardiano del contatto con la nostra anima equindi con tutti i livelli influenzati dallo Spirito, men-tre tentiamo di camminare, ognuno con i proprimezzi, verso la Sorgente Luminosa. Chissà, magariquando e se saremo in grado di farlo, non è esclusoche potremo tentare di bussare a quella “Increata”. Infondo, è sempre stato e continua ad essere proprioquesto l’obiettivo più importante. Nel frattempo nondovremo sottovalutare ciò che accade attorno, a livel-lo mondiale. Se l’oscurità spirituale sembra poterdilagare senza freni, è necessario per chi lo vede conmaggiore chiarezza, scegliere di rendersidisponibile ad un’azione contraria, magarisuperando in modo armonico anche le sepa-

razioni, gli steccati umani. Quindi, partecipare alla messa in campo diciò che potrebbe essere necessario per tutta

l’umanità, forse confermerebbe l’importante necessi-tà di ognuno di esistere in questa forma ed in questotempo.

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Semplicemente … Martinisti

JOHANNES S:::I:::I:::

I Fratelli Incogniti giungono al Tempio Martinista

verso sera, non perché vi sia un'ora particolare perriunirsi, ma semplicemente perché gli impegni gior-nalieri verso sera generalmente si interrompono,lasciando il passo a lavori più interiori ed equilibrati.L'espressione degli adepti è serena, lucida, il lorosguardo limpido e vigile: essi semplicemente sanno.Giungono da ogni parte della Terra perché non visono confini che li possono trattenere, ne leggi o pri-gioni che li possano fermare: essi semplicementesono liberi.Il loro passo ora è deciso, ora incerto; a volte persinosostano e possono dare l'impressione di voler tornareindietro, ma poi proseguono con maggior determina-zione: essi semplicemente sono uomini di desiderio.Ognuno di loro è avvolto in un impenetrabile mantel-lo che li difende in ogni istante dalle forze negative edimpedisce agli altri di percepire la loro crescita inte-riore: essi semplicemente sono invincibili.Il loro viso è coperto da una maschera, perché essisemplicemente sono sconosciuti.All'entrata nel Tempio, il loro mantello si apre per unistante, e si scorge un'alba candida (essi sono sempli-cemente puri) su cui rifulge un pentacolo dorato (essisono semplicemente nella Tradizione); la vita è stret-tamente cinta da un cordone il cui colore indica il pro-gresso nella Via e frena gli impulsi inferiori (essi sonosemplicemente umani); infine, ai piedi indossanobianchi calzari di lana (essi sono semplicemente pru-denti).I Fratelli Incogniti giungono portando con sé il pro-prio sferico tempio: semplicemente essisono il proprio tempio.Si aggregano in cerchio perché questo è il

Tempio Martinista: semplicemente un cer-chio, un insieme di forze che misteriosamen-te si realizza anche senza la presenza fisica

degli adepti.Il Tempio-Cerchio personale è diviso in tre ordini dicerchi: uno esterno, essoterico, mondano, profano,nel quale gli adepti conducono il loro corpo fisico;uno mediano, esoterico, segreto, sacro, ove l'Iniziatolavora al suo perfezionamento; uno centrale, divino,sede della scintilla di Vita, ove l'Iniziato diviene ilDio stesso.Nel Tempio Martinista l'Immagine, secondo la regolaaurea che l'alto è uguale al basso, è coerentementesimile al Tempio interiore, ed in esso i Fratelli giun-gono da ogni lato dall'esterno essoterico al cerchiomediano, disponendosi in sedili, sempre in cerchio,intorno ad un'area sacra centrale ove nessuno puòentrare, se non un profano simbolicamente nudo perricevere la Luce dal suo Iniziatore.Nel cerchio mediano si svolgono i lavori, si forma lacatena, si comunica con i Fratelli che si si trovanomischiati senza nessuna distinzione di grado, ma isimboli iniziatici sono sempre presenti, perché ogniadepto permanga incognito, uno sconosciuto tra glisconosciuti, un uomo d'Amore e di desiderio checerca incessantemente la Reintegrazione con Dio,cioè, semplicemente… un Martinista.

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PERCORSO INIZIATICO

HASSID S:::I:::I:::

Tra gli scritti del V:::M::: L.C. di Saint-Martin non

sfugge una sua riflessione sull’iniziazione.Non parla delle varie iniziazioni perché sostiene chesi tratta di iniziazioni virtuali, in quanto conferite dauomini mediante cerimonia o imposizioni delle mani. Saint-Martin sostiene che la vera iniziazione, quellareale, non dipende dalla volontà dell’uomo ma è“Dono Divino”; infatti dice: “il mio desiderio piùgrande è quello di entrare nel cuore di Dio e di farentrare Dio nel mio cuore”. Ci presenta così “la via cardiaca” del Martinismochiarendola meglio nel capitolo “il pensiero e la pre-ghiera”. Perché avvenga la vera iniziazione è necessario esse-re attraversati e penetrati: nel pensiero, nella parola, enell’opera dal Dio sofferente con la sua parola, il suopensiero e la sua opera, prima ancora che ci penetricon il suo Splendore e con la sua Gloria. Solo allorapotrà avvenire in noi la concezione e la nascita del“figlio”.Questo mi ricorda “la pietra cubica o pietra d’angolodella massoneria ottenuta mediante lo sgrossamentodella pietra grezza”: a parer mio la “pietra d’angolo”non è altri che Cristo Gesù o il “Riparatore” come lochiama Saint-Martin. Dunque è il Cristo che vamesso nel cuore come pietra d’angolo per potercostruire il Tempio. Ciò può avvenire a condizioniche si abbia un forte anelito verso l’iniziazio-ne. L’anelito crea l’organo e si sa che ilMaestro appare quando l’allievo è pronto. Ènecessario mettere in conto che: l’iniziazionenon conferisce poteri, non rivela misteri, e

non dà maggiore lustro ma umiltà e grandez-za interiore.Superato il “noviziato” si nasce nell’Aura

Cristica. Va tenuto conto che per molti la spiritualitàdel cristianesimo rimane un “tesoro nascosto” vainoltre ricordato che Saint-Martin fa una netta distin-zione fra Cristianesimo e Cattolicesimo. Calcandopasso, passo la via Cristica, bruciando col fuoco ildiscepolato, ma non ancora sazi, si potrà cercare ilvero. E si è maturi per essere addottorati. Nel percor-so Cristico è contenuto per intero il principio iniziati-co.L’uomo viene liberato per intero dal groviglio dellamateria. In questo principio si nasconde l’assolutaUnità in Cristo e tramite Lui nel Padre.Così l’uomo, figlio dell’Adamo Caduto, si riscatta inquanto assorbito in Cristo e tramite Lui nel Padre.L’uomo torna così all’Unità fuori dal molteplice e daogni complicanza. Il Riparatore Cristo Gesù è la Via,la Verità, la Vita. La Via Maestra, Sentiero comodoper tutti.

HASSID S:::I:::I:::

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Operatività singola

e riunioni di gruppo

DIANA S:::I:::

Mi sono chiesta varie volte perché sia così impor-

tante per me, cercare di essere presente (salvo impre-visti) nelle riunioni collettive. Questi appuntamenti, oltre a quelli quotidiani, intimi,solo con me stessa e con “altro”, non li sento affattocome un peso, un obbligo, una noiosa routine, mabensì una importante motivazione coerente con lamia volontà di partecipare a più modalità per tentaredi conoscere quanto sento di dover svelare. E’ comeun’esigenza ineludibile che proviene dall’interioritàpiù profonda; per altro, i convegni sono proposticiclicamente con una cadenza non frequente.La sensazione che mi pervade è come quando si èconsapevoli che si tratta di un incontro molto impor-tante, così ci si prepara per un’occasione speciale;quindi, cercando di rispettare gli appuntamenti prefis-sati in anticipo nel calendario annuale, come se fosse-ro stati stabiliti, forse ipoteticamente, anche in un'al-tra estensione di tempo e di spazio, magari attraversoun’induzione mediata in ambito spirituale o forse coni maestri del passato.Non mi stancherò di ripetere anche in altre occasionie magari in ambiti differenti da questo, con liturgie,con metodi diversi, che la partecipazione perseveran-te, in questo caso a quanto previsto in modo semplice,sin dai tempi di Papus (ha predisposto luistesso la liturgia riportata nel “ritualino”delle riunioni di gruppo), potrebbe essereinterpretata come una ricerca di prudente,rispettoso, contatto particolare con ambiti

differenti da quelli materiali e quindi di rige-nerazione spirituale, non solo nei momenti dicrisi esistenziali per i quali comunque non è

affatto disdicevole ricercare anche un aiuto per ilquale ci sarà sempre risposta “concreta”, se la richie-sta avverrà in modo corretto.Però, se anche nei periodi bui della nostra esistenza sicontinuasse ad adagiarsi in un atteggiamento di disin-teresse, di abulia, o di bramosia troppo venale, carna-le, ecc. credo che ci si troverebbe a constatare unacerta difficoltà nel riuscire a ricevere una qualcheprotezione misericordiosa.Per tali motivi, non dovrebbero meravigliare le racco-mandazioni di prepararsi a quegli appuntamenti, cer-cando di non appesantirsi con troppo cibo, di pulirsiinteriormente ed esteriormente, di rilassarsi, di nonarrivare troppo stanchi e stressati, magari spostandointelligentemente, per tempo, alcuni impegni troppogravosi o di imprevedibile durata (solo se è possibile,ma come in effetti spesso lo è). Si delineerebbe così una sensazione di rispetto, di for-tuna, di privilegio pienamente in armonia anche conil ringraziamento che si enuncia attraverso la preghie-ra con cui si iniziano e si chiudono i pronunciamentidell’Iniziatore: “….O Dio fatto uomo, o nostra guida,aiuta con le tue vivifiche emanazioni la nostra operadi luce e redenzione ecc….. noi siamo grati perchésiete venuti a presenziare le nostre azioni, la nostragioia orienti l’opera nostra verso la vostra astralitàecc…” che sono in sintonia con quelle che dopo avercompiuto alcuni passi, si usa pronunciare durante lepersonali meditazioni: “…. o luce pura o miacoscienza, fai che per il tuo fuoco radioso, io sia puri-ficato ecc… o forza santa ti prego di non abbando-narmi mai ecc….”.In tali frangenti, se si riuscisse ad esserne veramentesempre più consapevoli, si constaterebbe che si espri-me l’emozione della propria genuina richiesta interio-

re.Ad ogni modo, se si ascoltassero con mag-giore attenzione i segnali della coscienza, èprobabile che si scorgerebbero le nostre

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imperfezioni come esseri umani, la pochezzadella nostra vita di fronte a certi misteri e nonci si meraviglierebbe nel sentirsi spinti nelcercare di rispettare il patto sancito in ambito spiritua-le, conseguente al quesito: “….Vuoi tu conoscere edattendere…”. Quindi, sarebbe naturale andare oltre aisemplici auspici, ma intervenire nella nostra vita conla scelta di voler cambiare e di migliorare sé stessi; intal modo, si manterrebbe sempre vivo anche lo stessoFuoco del desiderio di conoscenza.Con buona pace della mentalità profana, non servescappare da sé stessi, sperare di ritornare nell’ottusitàdell’ignavia, di rimettere la benda sugli occhi, perchéle esigenze di visitazioni interiori mutuabili dalle 14meditazioni strutturate, ovvero dall’implicito impera-tivo: conosci te stesso, continueranno a presentarsiper sempre alla nostra coscienza come conseguenzadell’accettazione in un ambito sacrale particolaredove non esistono solo Maestri materiali. Poi, leesperienze della vita quotidiana ci metterannocomunque di fronte ai comportamenti errati o giustiche siano. Ovviamente a giudicarli sarà solo la nostracoscienza.Non dimentichiamo che “vivere”, seppur con tutti isuoi problemi, dolori, drammi, è comunque un’espe-rienza unica, non di rado anche stupenda, fantastica,un’avventura incredibile, un’opportunità di sceltacontinua.Come più volte accennato (lo ripeto nuovamente), lamateria che ci ospita (il piano orizzontale) è ovvia-mente duale (positivo-negativo). Il male è inevitabil-mente presente nell’essenza della materia stessa; nonesiste armonia senza disarmonia, felicità senza infeli-cità. E’ inutile sperare di avere una vita facile e sem-plice nella materia che ci ospita.La nostra parte animale (il corpo fisico) che ci per-mette di vivere su questo pianeta, segue le leggi natu-rali, feroci, della sopravvivenza, della lotta, dellaguerra per la conquista del cibo, del territorioe della riproduzione. La personale ereditàgenetica con i suoi stimoli inconsci ne è lacontinua testimonianza, che lo si voglia o no.Se proviamo a considerare da un certo punto

di vista la nostra esistenza, possiamo magariosservare che probabilmente non è dettatadal caso e non è solo di tipo fisico. Allora

tutto quello che ci succede potrebbe avere un signifi-cato diverso, anche il fatto di nascere in un certo con-testo (paese, famiglia, lavoro, lotte, fatiche, problemiecc..) e le scelte che si dovranno fare.Credo che la percezione dell’esistenza possa eviden-ziarsi più dolorosa e faticosa, se si resta attaccati,avvinghiati, solo alla vita profana; arrivano prove piùamare, perché si è come sbilanciati, sommersi,sopraffatti, da una prigione fatta di ignoranza, di pesie di catene; la vera libertà potrebbe acquisirsi nellaricerca spirituale.Ad ogni modo è necessario domandarci perché siacosì forte la paura di perdere la propria condizione dicontinuare a vivere solo in funzione delle potenzialitàmateriali (positive e negative)? Perché si potrebbepreferire il rifiuto alla rigenerazione spirituale, l’igna-via, l’oblio suadente, stare spesso male, essere sedottidelle proprie catene, temere un miglioramento, age-volare questa tenace opposizione, il blocco, il sonno,la fuga dai veri sé stessi?Qualcuno suppone che si tratti anche della la paura dinon farcela, di non essere all’altezza delle problema-tiche, delle fatiche conseguenti alle scelte da affronta-re. Giocherebbe un ruolo importante anche la paura diperdere la libertà di fare egoisticamente ciò che sivuole, di fare i furbi immaginando di riuscirci senzapunizioni e immediate conseguenze negative, lapaura delle responsabilità, la paura dell’ignoto chenon si conosce; poi quella di perdere le certezze dellaprigione fisica, che ci ospita e che in fondo si crede diconoscere. Non bisogna neppure dimenticare la pauraper la propria sopravvivenza materiale, l’istintivo,conseguente, compiacimento nella forza cruenta delladifesa, dell’attacco in caso di lotte, la paura di perderei propri piaceri, unitamente ai deliri, ai rancori, agli

eccessi, alla rabbia, ai furori, alle ribellionipassionali ed insensate.Eppure, risulta complicato scoprire che laConoscenza libera, mentre l’ignoranzanella limitatezza percettiva, sensoriale della

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materia densa, plumbea, imprigiona e nellamaggior parte dei casi fa anche stare male.Non vanno neppure dimenticate le situazioniche si presentano per alcuni con problematiche moltopesanti, a volte sin dalla nascita, come se laProvvidenza risultasse assente. Sono poi difficili dacomprendere e da sopportare avvenimenti come unamalattia incurabile, una invalidità bloccante, unapena esagerata che il fisico non riesce ad equilibrare,il sopraggiungere di un disastro economico ecc.. Nonè sempre semplice capire il perché di un certo accani-mento negativo, se è dettato dal caso o come alcunisostengono, già stabilito da un destino prefissatoforse prima di nascere.Come tutti sappiamo, è facile supporre di riuscire amettere in pratica il cosiddetto buon senso, quando siè nel pieno delle nostre energie vitali e non si è colpitida malattie, depressioni o da situazioni caotiche, main effetti forse non ci riusciamo neppure quando tuttosembrerebbe andare bene, tendendo spesso a dimen-ticare un possibile passato difficile.A proposito di memoria “particolare”, mi permetto diaccennare ad alcuni accenni estrapolati da un libro diPapus, sull’anima che beve l’acqua dell’oblio delfiume Lete e la sua discesa nel corpo fisico: “…lo spi-rito perde ogni ricordo del passato per evitare i suicidiche diverrebbero inevitabili per chi prendessecoscienza degli errori che deve espiare ”. Si configurerebbe così, l’ipotesi di un destino pesanteo più leggero, scelto prima di nascere; secondo alcuneteorie, accettando il pagamento di un debito da espia-re nella materia ?Da una frase tratta sempre da un libro di Papus inmerito ad alcune teorie filosofiche riguardanti l’esi-stenza e la libertà di scelta, si può leggere: “….loscopo della vita è che ognuno fabbrichi da sé il pro-prio destino, in quanto l’uomo è libero di agire nelcerchio della fatalità che lo trascina, come il passeg-gero di un battello è libero nella sua cabi-na...”Una libertà molto limitata nella materia,quindi, perché la materia segue il suo corsodi deperimento, di vecchiaia, di malattia, di

morte, verso la fine del viaggio, ma con uncerto libero arbitrio per riuscire a “capire, aconoscere, a scegliere tra il bene e il male

anche nel livello spirituale e conseguentemente cosafare”.Mi è sembrato più volte di poter dedurre che in alcunicasi ci sia una specie di autocensura bloccante, ritenu-ta forse istintivamente giusta per mitigare, abbassareuna certa propensione ad una materialità eccessiva,oppure nei riguardi di una delusione, di una richiestadi aiuto dal cielo, apparentemente inascoltata (più sichiede e più si sta male; perché non c’è risposta?)magari perché in fondo, si pensa non valga più lapena di cambiare, che sia meglio scappare, rinuncia-re, sperando di sfuggire al richiamo interiore, rifu-giandosi nell’ignavia, se non nell’autolesionismodella disperazione, del dolore. Qualcuno si potrebbe addirittura chiedere come meri-tare una specie “di piccolo sconto per quella chepotrebbe sembrare una pena”. Credo però che nonsarebbe male ipotizzare come l’obiettivo da raggiun-gere almeno una delle diverse cose riportate nelnostro Rituale: “…. affinché diventati degni di teecc…” Questo potrebbe portaci a prendere in consi-derazione, mentre si cerca di trasformare in modoaltruistico alcune situazioni, di mettere in campo ilsacrificio ( Sacrificium :, atto sacro di offerta a Dio);ovvero, di accettare la fatica di un determinato conte-sto e periodo, non certo come evento punitivo, mabensì pregare perché non sia troppo distruttiva e bloc-cante in funzione della realizzazione personaleriguardante l’ineffabile progetto divino. Altri ipotiz-zano che magari si potrebbe usare parte delle proprieenergie per aiutare qualcuno senza che l’interessato losappia, oppure eliminare in parte il debito karmico(altra ipotesi) con una qualsiasi situazione attiva,altruistica (una fatica imposta solo dalla nostra volon-tà, quindi non subita, di solito ci fa sentire subito

bene) in cui mettere in pratica questa possi-bilità di rigenerazione-reintegrazioneLasciare aperta la porta che può lenire,ritrovare l’equilibrio tra le due parti in con-trasto, permettendo quel moto che come si

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dice in gergo alchemico, vede “ il corpo salireverso lo spirito, e lo spirito discendere versoil corpo”. La parte materiale si arrende, accet-ta il contatto con la parte spirituale, il peso si allegge-risce, la natura non è più un’antagonista, non ne hapiù timore, anzi diventa un’alleata, un sostegno, unaiuto prezioso; si ha come una boccata di ossigeno,uno spiraglio nel buio . Concludendo, non sarebbe affatto male trovare tutti igiorni un po’ di minuti del proprio tempo per cercaredi ritrovare sé stessi, la gioia della vita, tentare diaccedere al contatto con il mondo sovrasensibile, conla preghiera o la meditazione (ricerca da mettere incampo anche nei Lavori corali che si si aprono e sichiudono con quella preghiera che è pronunciatadall’Iniziatore), affidarsi alle forze della Provvidenzaperché se non ti aiutano loro, chi può mai aiutarti?Non siamo soli, non lo siamo mai stati (chiunquecammina su questo percorso correttamente, può aver-lo constatato). Possiamo colloquiare con la nostracoscienza, intuire le risposte interiori e piano pianocomprenderle, cercare di non scappare da noi stessi esoprattutto di non essere assorbiti e annullati comple-tamente dalla quotidianità, anche in particolare, nellesituazioni più stressanti, disperate o ingiuste, non sen-tirsi puniti dagli eventi, non essere avvelenati da ran-cori. In sintesi, possiamo tentare di camminare veramente,con cosciente intelligenza, sulla nostra via, ascoltan-do i suggerimenti che ci pervengono costantementedalla nostra anima anche con l’aiuto del metodo sug-gerito nei vari gradi del nostro Ordine che lo ribadi-sco: non è una religione, non ci sono dogmi,guru, santoni, a cui rivolgere atti di fede, non

c’è giro di denaro, quindi non si fanno operedi beneficenza, non ci si occupa di politica. Le riunioni di gruppo potrebbero tenersi

addirittura anche in un prato all’aperto.Tutto avvienesempre in piena libertà di ogni singolo soggetto tesoalla conquista di silenzio interiore di capacità di con-centrazione (quindi senza passioni ed emotività) cherisultano indispensabili per tentare di meditare e dicontemplare quanto di luminoso si è dichiarato divoler conoscere.

DIANA S:::I:::

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I veli cadono

la verità sta per apparire

OBEN S:::I:::

Più esperienze possiamo avere sperimentato come

Martinisti, più credo sia difficile cercare di esprimeredette esperienze e intuizioni con le parole; ancora dipiù cercare di consolidarle in scritti.Con l’azione rituale il Martinista cerca, di regola, direalizzare il suo primo scopo associativo che è quellodella ricerca della verità, ricerca che dal mondo fisicopuò anche portare in contatto con mondo metafisico.Le possibili interazioni coscienti con il mondo meta-fisico e le relative esperienze non è scontato che sipossano tradurre adeguatamente in parole, né chepossano essere esattamente comprese da chi non le havissute.Ancora più arduo, se non impossibile, credo sia poicapire (da soli senza la guida dei maestri eggregoricie l'ispirazione della Provvidenza a guidare l'intuizio-ne e la mano) cosa potrebbe essere utile scrivere eporre a disposizione non solo delle sorelle e fratelliMartinisti, ma anche di altri. Quindi, penso sarebbebene cercare di meritare sempre l’alleanza dellaProvvidenza e auspicare che questa possa scenderebenignamente su di noi e su ogni anima veramentedesiderosa di Luce. Nel tempo, ho avuto occasione di notare che (anchein ambito profano) ogni progetto e divulgazione delpensiero in concreto poteva produrre effetti (non solodi comprensione) ben diversi da come nella umanalimitatezza, potevano essere stati inizialmente prefi-gurati. Ognuno peraltro comprende solo quello che hagià in qualche misura visto, vissuto o di cui cercaconferma, e se lo ha vissuto, ma con un’eccessivarisposta emotiva, questo non aiuta nella comprensio-ne. Inoltre quanto anche questi avesse visto o vissutoanaloghe esperienze, ma da un’altra angola-

zione, o sotto un’altra luce, potrebbe nonriconoscerle. Del resto per comprenderequanto questo sia vero, penso che basti osser-

vare le crisi, le scissioni e le lotte interne che interes-sano ed hanno interessato praticamente ogni religioneo ordine che tenda alla ricerca del sacro ed alla spiri-tualità nel mondo. Per contro penso anche che il rischio di non esserecompresi, vada corso, poiché ritengo che anche un’a-zione banale o una piccola intuizione, considerazionee/o esperienza, posta con umiltà a disposizione dialtri, potrebbe divenire un piccolo faro che guida l’a-nima desiderosa verso la sua luce. Del resto, la nostrastessa ritualità ci porta a riflettere sul perché nel crea-to ci si dovrebbe rifiutare di fare partecipare all’in-flusso della verità l’uomo desideroso.Occorre considerare infatti che le leggi che regolanola creazione (progressivamente sempre meno velateper il Martinista) non sono umane, ma divine. I veli cadono, la verità sta per apparire, recitano inostri rituali. Più i veli intorno a noi cadono, più possiamo essere ingrado di conoscere e vedere queste leggi in azione inogni cosa: su di noi e intorno a noi. Generalmente nonè come avevamo da profani immaginato, non è talvol-ta come vorremmo che fosse, ma è ciò che è. Delresto, per cercare di camminare correttamente nellavita e rispettare l’armonia del creato, credo che siaindispensabile conoscere. Se siamo sinceri ed inbuona feda in questa ricerca, credo che si potrà anche,in qualche misura, beneficiare di aiuti straordinari daparte della Provvidenza.Più veli cadono, più possiamo essere in grado di com-prendere le cose con meno influenza personale egoi-ca; è come se la nostra anima si espandesse, sentisse,considerasse anche le ragioni degli altri e di tutte lealtre creature. Ciò comporta che potremo essere(anche se in passato non lo eravamo) capaci di perdo-nare chi ha cercato di nuocerci. Non credo che ciòvoglia dire per il Martinista rinunciare a difendersi,ma bensì che tutte le cose possono essere viste e vis-sute in maniera molto diversa da come le si vedeva eviveva in ambito profano.

Nel cammino quali Martinisti, guidati dalla

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nostra coscienza il cosiddetto maestro interio-re, potremo trovarci spesso a riflettere e ariassestare la nostra iniziale concezione diGiustizia e di Carità sino ad arrivare alla consapevo-lezza che senza Giustizia non vi può essere Carità eche senza Carità non vi può essere vera Giustizia, néDio. Credo di avere notato che in certi casi, anchevolendo, la Provvidenza stessa non ci consente diesercitare la Carità prima che la Giustizia abbia ope-rato. Questo per il Martinista vuole dire essere al Centrodella Croce, avvolto dalla luce, ad armonica disposi-zione di ogni forza di Dio.Del resto, credo che il mondo materiale dove ora citroviamo sia l’unico posto in cui potenzialmente laluce e la tenebra possono toccarsi e coesistere in equi-librio, contribuendo a mantenervi la vita. Più i veli cadono, più ci si può trovare ad interagirecon ciò che non è solo materia. Più interagiamo con-sapevolmente con ciò che non è materia, più puòaumentare il senso del sacro che da sempre nasce nel-l’uomo quando questi percepisce di trovarsi di frontea qualcosa di infinitamente più grande di sé.Inizialmente l’uomo può sviluppare dipendenza dal-l’infinitamente grande, può provare riverenza, rispet-to e timore, sino ad avvertire con il tempo anche unpossibile sentimento di figliolanza. Se ciò accade, ci si potrà sorprendere di trovarsi spes-so inginocchiati da soli con riverenza a pregare, conuna preghiera non meccanica ma spontanea che nascedal nostro cuore che si connette alla sua sorgente. Unasorgente viva che non ci lascia soli. Se ciò accade, sicomprenderà anche perché L.C. de Saint Martin chenon fondò nessun Ordine Martinista, ma che seminòil Martinismo ovunque si recò, dava particolareimportanza alla preghiera. Peraltro, era addiritturaconvinto che si potesse arrivare alla rigenerazione ealla rintegrazione dell’uomo anche soltanto con l’e-saltazione dell’unione con Dio mediante la preghiera.Del resto, per pregare connesso alla sua fonte, l’uomodeve desiderare, cercare e trovare Dio dentro di sé,uscendo dalla trappola del proprio egocentrismo esmettere di sentirsi mortale solo perché dentro di luic’è qualcosa di mortale.

Inizialmente per ogni intuizione o esperienzasi cercano esternamente risposte già codifica-te per la comprensione umana, ma anche se

ci venisse potenzialmente data la possibilità di vederela verità di ogni cosa, le risposte, evitando se possibi-le di ingannarci, credo che dobbiamo e possiamo tro-varle da soli, non fuori, ma nella nostra interiorità. Lenostre credenze religiose e culturali penso che vadanopoi sempre attentamente verificate e considerate poi-ché potranno influenzare ogni possibile codifica dellamente circa le nostre esperienze con ciò che non èsolo materia. Chi si diletta di certe letture avrà sicuramente notatoche molti esoteristi e ricercatori della verità, anche intempi passati, sono entrati in crisi per le risposte chesi aspettavano di trovare o ricevere dai loro maestri eche non trovavano e non avevano. Alcuni hanno rinunciato ad ogni ricerca rifugiandosinella materialità. Troppo sbilanciato appariva loro ilrapporto sforzo-risultato richiesto nei percorsi spiri-tuali. Altri hanno cambiato congregazioni, ordini,continuando solo a girare in tondo o come si dice tal-volta in questi casi, a “pestare l’acqua”. Questi sog-getti che si possano spesso incontrare nella vita, sonodi regola facilmente identificabili; cambiano più voltecollari, paramenti o grembiuli. In genere tentano diattribuire ad altri, ai propri fratelli, ai propri maestri,la colpa dei propri fallimenti nella ricerca della veritàe della loro pietra cubica. Non sono mai umili edhanno generalmente un ego molto sviluppato che nonconsente di vedere la trave nel proprio occhio e diassumersi la responsabilità dei fallimenti delle pro-prie prove lungo i percorsi scelti. Questi di regola non entrano negli Ordini IniziaticiTradizionali, o se entrati se ne vanno e ne divengonotalvolta anche dei nemici implacabili, similmente aCilone, che si narra sollevò il popolo contro i pitago-rici. Fortunatamente, credo ci sia ancora anche chi ringra-zia Dio per ogni esperienza e percorso armonicamen-te e rispettosamente intrapreso nella vita, anche perquelli che sono stati sospesi o interrotti da ulterioriscelte o perché conducevano di fatto a dei musei,

pieni di bei strumenti, ma che erano solo da

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esposizione, non più vivi né vivificabili.Questi soggetti generalmente sopportano gliattacchi con fermezza, rispondono alle provo-cazioni con riflessioni giuste e mostrano di esserepronti a ricominciare la prova anche più di cento volteper ottenere soltanto una briciola di sapienza, inoltrenon incolpano mai altri che sé stessi dei loro fallimen-ti o cadute. Costoro generalmente tendono a valutareogni aspetto delle esperienze fatte, sino a osservare inconcreto nella loro vita di ogni giorno che rispetto alloro punto di partenza, sono sicuramente più umili(avendo ampliato la percezione all’infinitamente piùgrande), sono più forti (poiché più vicini o uniti allaloro sorgente animica), più sereni e più rispettosi diogni creatura (poiché ne comprendono l’essenza).Personalmente nel mio percorso Martinista mi riten-go fortunata (anche se non l’ ho sempre pensata così).Il mio Iniziatore infatti, con rigore e disciplina mi hasempre spronato nel percorso fornendomi importantispunti, occasioni di riflessione e quello che si è rive-lato particolarmente importante per me è che mi hadetto con le parole e dimostrato in concreto con i fatti,che l’acqua dal pozzo dovevo e potevo tirarla fuorisolo io.Quanto sopra è quello che, più o meno bene, sin dal-l’iniziazione, con prudenza, ho sempre cercato di fareper dissetare il mio desiderio di conoscenza, sia purecon i miei umani limiti (limiti che peraltro mi eranocon il passare del tempo, sempre più chiari). Comprendere le proprie debolezze, le proprie catenee le proprie porte, sede di possibili attacchi interni oesterni non adeguatamente sigillate, è doloroso, mapenso sia l’unico modo per capire come funzioniamoe per chiudere i buchi nel nostro Mantello. Questo cipuò portare poi anche a comprendere e riconsiderarei nostri punti di forza ed i possibili margini di miglio-ramento. Possiamo così capire la necessità che abbia-mo di pulire i nostri pensieri, le nostre parole e lenostre azioni e l’importanza delle meditazioni struttu-rate. Questo se vogliamo essere più liberi ed ancheper scoprire in noi possibili potenzialità e carismi. Ho sempre pensato (in ogni cosa) che è meglio cono-scere che non conoscere; infatti se sappiamo possia-mo scegliere i comportamenti più equilibrati

e giusti, considerare le ragioni degli altri etentare di migliorare la situazione, rendendoproficua ed utile ogni esperienza; se non sap-

piamo, possiamo solo essere prigionieri e subire,anche se non ce ne rendiamo immediatamente conto. Per arrivare con tutto il nostro essere ad una migliorecomprensione di quanto vediamo e sperimentiamo innoi ed intorno a noi, credo sia molto importanteseguire quanto suggerito anche in tema di testi ematerie di studio, dai vademecum dell’OrdineMartinista. Vademecum in cui ogni suggerimento esingola parola può anche essere di grande aiuto erivelarsi illuminante nel prosieguo del percorso.Personalmente leggo periodicamente i Vademecumper vedere se noto qualcosa di nuovo che prima miera sfuggito e sinora devo dire che ho sempre rilevatoad ogni rilettura, qualcosa di nuovo; aspetti e materieda approfondire e che ho riconosciuto di non avereadeguatamente compreso o considerato nel passato eche mi sono resa conto essere necessarie per prose-guire e non perdere tempo. Testi suggeriti che inizial-mente non avevo reperito e che poi facilmente hoavuto occasione di trovare. Testi acquistati con l’en-tusiasmo del neofita che non avevo interamente letto.Credo pertanto che ogni cosa, parola, dei nostri ritualivada attentamente meditata, compresa e vivificatanella nostra quotidiana esperienza e chi non lo fa altempo debito, dovrà comunque tentare di farlo sevuole continuare a camminare nel percorso Martini-sta. Percorso in cui i singoli fratelli possono anchetrovarsi a vedere illuminate dai raggi della luce,diverse zone precedentemente in ombra e diversiaspetti del creato che se interiormente compresi, ret-tificati, rispettati, armonizzati e riequilibrati in ogniazione, potrebbero anche contribuire, sia pure nellanostra piccolezza, ad arginare quell’oscurità che stasquilibrando pericolosamente l’armonia della crea-zione.

OBEN S:::I:::

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Gestione del pensiero

MORGON I:::I:::

Controllare il pensiero risulta essere un esercizio

tra i più proficui, ma anche tra i più ostici, una partedella nostra mente resiste, non è abituata ad essereaddomesticata, gestita; spesso e volentieri quellaparte di mente, di tessuto psichico, gestisce anche lepassioni, le emozioni profonde che condizionano pro-fondamente la nostra vita.Concentrarsi su di un pensiero come su di una imma-gine od un suono può permettere, col tempo, di esten-dere il proprio controllo volitivo ad aree sempre piùestese della psiche, ma alcuni nodi emozionalipotrebbero resistere imperterriti e con violenza, quasicome se il loro scioglimento significasse la morte diqualcosa dentro di noi.Credo che per lavorare su questi “nodi” sia necessarial’osservazione, anche spietata e quindi dolorosa; laconcentrazione, anche profonda, su di altro, rischie-rebbe di venirne sempre compromessa.Mi è stato suggerito più volte di utilizzare la tecnicadel “pendolo”, ovvero concentrarsi su qualcosa e poilasciare andare la mente e cercare il silenzio per poitornare a concentrarsi sull’oggetto precedente; questo“oggetto” di concentrazione potrebbe essere proprioun “nodo” emozionale, passionale.Se vi sono elementi interiori che costantemente cispingono alla deconcentrazione perché non provare aconcentrarsi su di essi? Sembra un paradosso, maquesto stesso elemento disturbante non potrebbe piùsviare la mente essendo diventato la “preda”della tecnica stessa del pendolo. Un altro aspetto interessante dell’autocon-trollo mentale è la progressiva presa dicoscienza di chi sta dietro la mente, di chi

decide cosa pensare; se possiamo, anche afatica, dirigere il nostro flusso mentale evi-dentemente non siamo il flusso mentale…ma

potremmo essere la Volontà che risiede dietro ad esso,ma questa Volontà non ha un nome, né profano, néiniziatico e ciò che non ha nome tende a non esserepreso in considerazione, tende ad essere dimenticato;forse anche per questo è così sfuggente. La sofferenza o paura dovuta allo scioglimento di unnodo emozionale potrebbe essere la manifestazionedell’assestamento interiore che le nostre “pareti” psi-chiche attuano quando sorge questo squilibrio dovutoalla trasformazione, al cambiamento; il problema èche sciolto un nodo se ne presenta un altro più pro-fondo e così via; per questo si potrebbe sottolineareuna cosa: solamente l’ancoraggio a quella misteriosaVolontà sovramenzionata potrebbe dare la sensazionedi aver trovato o ritrovato un luogo sicuro, un “altorifugio”, la vetta della montagna, il centro del lago.

MORGON I:::I:::

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Volontà suprema

AKASHA I:::I:::

Chi si muove su un cammino iniziatico probabil-

mente ha compreso l’essenzialità dell’importanza diconoscere profondamente sé stessi. Qualsiasi passofatto, sia nella nostra interiorità, che nel mondo mate-riale e non materiale al di fuori di noi, svela che ognicosa si sviluppa in modo consequenziale a ciò che siè. Risulta palese che in mancanza di questa conoscen-za si è comunque succubi della maggior parte deglieventi che accadono. Certamente, un particolare peso nel nostro lavorodipende dalla qualità del desiderio che ci dirige nelnostro cammino, sia per provare a muoversi su unaipotetica verticale con direzione verso l’alto, che percercare prioritariamente di addentrarsi, come sarebbenecessario, fino nei più intimi aspetti personali. Rimane la domanda: perché allora nonostante unforte e un apparente puro desiderio di muoversi versoil Divino, moltissimi spesso non si muovono, néavanti, né indietro, nel migliore dei casi? Poi, perchénel peggiore di questi, addirittura retrocedono magariin condizioni meno buone di quelle iniziali? Sembrerebbe non esserci un legame tra pensiero,parola e azione; è come se l’essere umano non fossecapace di sviluppare in sé la forza necessaria percoordinare, collegare in modo armonico e coerente,queste tre funzioni. Ovviamente, non si tratta di un problema riscontrabi-le solo oggi. Ad esempio, in Giacomo 2,24 si legge:“Voi vedete che l’uomo è giustificato peropere, e non per Fede soltanto.” E poi, in 2,26: “Infatti, come il corpo senza lo spirito èmorto, così anche la fede senza le opere èmorta.”

La formulazione del desiderio, se si tratta diambire ad un ritorno nei pressi della fontedivina, si poggia sulla Fede e sull’intuizione

in merito all’esistenza della Suprema Entità, per altroineffabile. In funzione di ciò, sembrerebbe facile uncollegamento con passaggio conseguenziale dal pen-siero alla parola; però, anche o soprattutto nellanostra società odierna, vista la sensazione di generaleperdita della spiritualità, di coscienza del Divino e delsacro, si potrebbe dedurre che non lo sia affatto.Inoltre, si può invece osservare chiaramente la man-canza di collegamento del pensiero e della parola, conle opere, le azioni, con la realizzazione coerente di ciòche si potrebbe aver pensato e proclamato anche inbuona fede. Quello che potrebbe caratterizzare un vero uomo didesiderio, forse è semplicemente la Volontà che persua natura non è però né semplice, né banale.Questa, quando si manifesta senza contaminazioniemotive, passionali, ci permette di camminare seria-mente, osservando prima con consapevolezza, ilnostro essere coi suoi lati più oscuri, vergognosi eumilianti, quelli che sono duri da affrontare perché sideve trovare la forza per poterli riconoscere e accet-tare; quelli che comunque fanno parte del proprio sé. Poi, un secondo momento ci permette di proseguire. Il desiderio è la guida in questo compito, mentre lavolontà è la benzina che mette in moto la macchina eche la fa muovere. Se tra l’individuo e il Divino c’è una qualche separa-zione, questa si trova nel proprio essere. Conoscere séstessi con l’intento della risalita, implica anche volercomprendere quali siano questi ostacoli dentro il pro-prio sé. Ad ogni modo, perché non si è capaci di sentire, per-cepire il Divino, i piani alti dell’esistenza spirituale,ciò che si nasconde dietro i veli non solo della mate-ria?

Forse, è possibile solo in un secondomomento, una volta pronti, purificati e pre-parati, ovvero quando ci si ritrova con lavolontà supportata non solo da strumentisensoriali; allora, forse, è possibile adden-

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trarsi in quello che si cela al di là della nostranormale esperienza esistenziale. A questo punto però, potrebbe essere presa inconsiderazione un’altra qualità imprescindibile: ilcoraggio. Ovvero, il fare qualcosa avendo cuore edanimo. Il nostro è stato spesso definito come un percorso car-diaco, la porta per arrivare, oltre ai veli che lo avvol-gono, a ciò che è allocato nel il cuore, il nostro centroche si deve aprire nella parte luminosa per interagirecon la mente senza la quale, è bene precisarlo, non èpossibile esprime la parte più pregiata della nostravolontà; questa unendosi al coraggio dovrebbe per-mettere ad entrambi di camminare uniti, caratteriz-zando soprattutto la qualità delle intenzioni con lequali ci si muove. Non mi riferisco quindi alla volontà istintiva, caricadi emotività, così comune in ogni ambito animale eper altro così devastante quando è conseguente alleesigenze delle cupidità passionali. Intendo quella spiritualmente più elevata; ovvero, unafacoltà luminosa, diretta e purificata dall’influssoDivino, quella che interagendo con la luce del cuore,consente alla mente di scegliere la direzione verso ilDivino. In tali occasioni, quella che in apparenza poteva sem-brare solo la nostra volontà, di fatto si potrebbe sco-prire essere divenuta la Volontà Divina. Leggendo la Bibbia, sia nel nuovo, che nel vecchiotestamento, si ritrovano frequenti accenni riguardantiuna qualche azione che sarebbe stata fatta non attra-verso la propria volontà, ma di fatto, attraverso laVolontà Divina. Ad esempio, possiamo leggere in Tobia 12, 18:“Quando ero con voi, io non stavo con voi per miainiziativa, ma per la volontà di Dio: lui dovete bene-dire sempre, a lui cantate inni.” Nei Salmi questo concetto si ritrova in questo modo:118, 16 “Nella tua volontà è la mia gioia,mai dimenticherò la tua parola.” Anche il Cristo si descrive come volontà diDio, in Giovanni 6, 38: “Perché sono disce-so dal cielo non per fare la mia volontà, ma

la volontà di colui che mi ha mandato.”Diventa evidente come, sia nella ricerca dellaconoscenza di noi stessi, che nella ricerca

della comprensione del Divino (esplorazioni comun-que legate una all’altra), sia necessario prepararsi cor-rettamente al lavoro, purificarsi e trovando nel pro-prio centro quella Volontà che aiuti a trasformare ilnostro desiderio in opere e in fatti concreti. Il corag-gio di camminare anche nel buio più pesto diverrebbeconseguente, perché si procederebbe avendo la Lucecome guida nel nostro centro. Vivendo in armonia con la Volontà Divina si divienerealmente liberi; liberi dalle catene materiali, liberidall’eccessivo condizionamento della carne che èdominata dal destino. Quindi, si potrebbe guardare inmodo nuovo e consapevole l’enunciato riguardanteuno dei nostri simboli più importanti: “La mascherache ti isola dal resto dei tuoi simili, ti mostrerà ilvalore che devi ascrivere alla propria libertà che,per mezzo della volontà, è potentissima di fronte aldestino e alla Provvidenza.” Con la costruzione della nuova personalità ed il ritro-vamento della “Volontà”, i nostri simboli diventanovivi e l’ulteriore lavoro può cominciare; si dà nuovavita al desiderio e lo si fa vibrare dentro di sé. Il mantello, a sua volta, diventa operativo attraversoil lavoro costante con il quale ci siamo messi all’ope-ra; solo allora ci protegge dalle forze dannose e cicela dagli occhi di coloro che ci vogliono deviare odistruggere. Sarà sempre utile rammentare che non basta il sem-plice desiderio, anche se è il più nobile, ma è la vivi-ficazione dello spirito dormiente che riporta alla rein-tegrazione, attraverso le opere, i fatti compiuti, in sin-tonia con la volontà suprema ritrovata, e accesa concoraggio nel nostro centro.

AKASHA I:::I:::

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Piccole riflessioni sulla

MEDITAZIONE

e la PREGHIERA

ATHANASIUS I:::I:::

La meditazione diventa il nostro abito mentale. Nel

tempo, con la pratica, l’astrazione pura diviene unmomento costante laddove ci si rifugia e ci si estra-nea.La quotidianità, gli affanni, le tempeste della vita citravolgono e ci trascinano spesso in stati della perce-zione alterati da negatività e sofferenza. Ma, con iltempo, la meditazione ci porta a guardare tutto conmaggiore distacco.Nella mia esperienza, rilevo che le sensazioni positi-ve, percepite nell’astrazione, amplificano in contestireali e nel vivere quotidiano, l’insofferenza al male,all’egoismo di cui è intriso l’uomo, alle intemperanzea cui cediamo ed ai patimenti che viviamo. E’ un po’ come essere in una stanza dove tutto èrumore e confusione: fin quando anche noi costituia-mo elemento di disturbo e disarmonia non siamo col-piti e feriti dal caos poiché, con il nostro io disallinea-to, partecipiamo alla disarmonia e ne siamo parte.Ma allorquando, seguendo il nostro percorso, riuscia-mo ad astrarci e a guardare tutto con distacco, allorail rumore caotico che ci avvolge nella stanza in cuisiamo chiusi viene percepito come fastidio e respintoattraverso la pratica meditativa.La meditazione è, quindi, duplice sofferenza iniziale:per un verso è fatica entrare in sé stessi in un percorsodiscendente verso il centro e nell’essenza vera delproprio essere e, per altro verso, la consapevolezzadel male in cui è decaduto l’uomo ci addolora, ci col-pisce e ci rende più permeabili rispetto allanegatività.Tuttavia, l’astrazione pura, costruita nella

piena solitudine attraverso la discesa nel pro-prio io più profondo, conduce al recuperodelle proprie capacità interiori distratte e,

spesso, travolte dal fiume impetuoso degli affanniquotidiani. Così riusciamo a recuperare la Luce trasfusa in noidal Creatore.Nel percorso kabbalistico la Luce è, attraverso lameditazione, scambio osmotico tra noi ed il Creatorea cui aspiriamo reintegrarci. Il sistema dei vasi e deifiltri: allorquando riusciamo a fare rifulgere, attraver-so un faticoso percorso di pulizia interiore, la Luceche è in noi, la stessa Luce viene ceduta e scambiatacon la fonte Divina da cui promana ed in questo sitrova la beatitudine.E così ci si libera dall’illusorio, da ciò che è effimeroe fugace e si entra in uno stato di consapevolezzanuovo in cui il nostro essere si rigenera e trova lavera, pura e reale essenza.Così si raggiunge la conoscenza del Divino in sé stes-si mediante la rinascita spirituale libera dalla specula-zione razionale e legata solo ed esclusivamente allaastrazione spirituale.Appare chiaro per chi ha intrapreso il nostro cammi-no, che ogni percorso di ricerca e crescita introspetti-va è focalizzato sul recupero del rapporto con ilDivino. In verità, portiamo il vulnus del “peccato originale”che ha interrotto il fluire del Divino. Nello studio della Kabbalah, le Sephirot della com-prensione e della Saggezza Bhina e Chokhma cherappresentavano la parte spirituale, si sono distaccatedalle Sephirot della parte terrena allorquando Adamoha rinunciato alla sfera della conoscenza pura.Non è, come spesso erroneamente si ritiene, cheAdamo ha acceduto ad una conoscenza che gli erapreclusa, ma, al contrario, con la sua scelta scelleratasulla illusorietà terrena ha rinunciato alla sfera spiri-tuale interrompendo la comunione con il Divino.Elio e Ariel Toaff nell’introduzione che fanno ad unaedizione dello Zohar riconoscono che <<La colpa di

Adamo, interrompendo il naturale flussocreativo di Dio nella natura, ha provocato ilsuo allontanamento dal creato.>>.

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Tuttavia, è solo attraverso la preghiera, lameditazione incessante e la condotta rispetto-sa della Legge che l’uomo decaduto ristabili-sce il fluire dell’essenza Divina tra le sfere sephiroti-che giungendo alla riparazione, al tiqqun ‘olam cab-balistico con cui il mondo celeste entra in contattocon il mondo terreno.In tal modo l’uomo nella preghiera e nella meditazio-ne mistica recupera nella neshamah, vale da dire laparte di Dio, la scintilla divina posta nel primo uomo.

ATHANASIUS I:::I:::

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Il Matto

lungo il Sentiero di Or

BALAAM A:::I:::

“La mia vita è monotona. Io do la caccia alle gal-

line e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galli-ne si assomigliano e tutti gli uomini si assomigliano.E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, lamia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumoredi passi che sarà diverso da tutti gli altri".

Da il Piccolo Principe

Spesso accade, in una era globalizzata e prettamentematerialista, di additare ciò che appare diverso comeMatto, da evitare ovvero screditare. Questione di particolare riflessione risiede nella pos-sibilità che tale espediente può verificarsi in societa-tes le quali per la storia e per i contenuti esoterici cherappresentano vengono o dovrebbero ritenersi sacre;in una metamorfosi del tempo che trasmuta la norma-lità in diversità, la disgregazione di studi esoterici puòapparire negli stessi ambienti prassi, mentre per ilMatto è linfa che serve da alimento energetico peruna effettiva crescita spirituale.In fondo, il Matto cosa potrebbe rappresentare per unAssociato Incognito?Il Matto è un puro ribelle, invece delle mascheresociali indossa le proprie convinzioni. Il Matto nonascolta il vocio del mondo, avanza con stupore versola conoscenza, sapendo con viva consapevolezza chela sua figura suscita lo sbeffeggio del popolo. Egli èl’eterno pellegrino che non è sopraffatto dalle passio-ni, senza legami, indifferente a ciò che lo circonda,distaccato dalle cose terrene e materiali, risoluto adaffrontare il viaggio verso la sua Itaca. Contrassegnata dal numero zero, la lama del Mattopuò essere considerata sia la prima che l'ultima degliArcani Maggiori. Il personaggio è raffigurato indiverse maniere a seconda delle diverse

scuole di raffigurazione, ma impersona sem-pre una situazione di movimento, con il suocagnolino appresso che lo segue in ogni

situazione. Indossa un abito variopinto, con un berret-to a sonagli simile a quello dei buffoni di corte. Unfagotto con le sue cose ed un bastone che lo aiuta nelsuo peregrinare. Lo sguardo perso del Matto indica il distacco dallamatrix illusoria. Il cagnolino che gli morde la gambarappresenta gli istinti materiali che tentano di impri-gionare l’uomo al mondo sensibile: questo cagnolinotenta di trattenere il Pellegrino e di impedirgli di pro-seguire nel suo cammino verso la Verità. Il fagottorappresenta tutto l’insieme delle esperienze passateche gli rendono difficile il cammino verso la veraconoscenza. Il bastone che il Matto tiene nella manodestra ed a cui si sorregge è la croce cosmica.Il Matto è inizio e fine dell’Opera, è anche il saggioche è uscito dagli affanni del mondo e se n'é liberato.Sebbene tale ultime rappresentazioni vengano benindicate da parte della bibliografia esoterica relativaai Tarocchi, in particolare appunto sul Matto, si sentel’esigenza di soffermare l’attenzione su due archetipiche costituiscono l’elemento essenziale di unAssociato Incognito.L’Axis Mundi, rappresenta per l’Associato Incognitoil proprio Iniziatore senza il quale non avrebbe quellastabilità necessaria per dominare l’eccesso chepotrebbe derivare dalla propria bramosia. Altro elemento che spesso sfugge alle rappresentazio-ni simboliche e che merita interesse è il fiore bianco(il Matto di Rider Waite) che viene tenuto nella manosinistra del Matto come a rappresentare che dallaspensieratezza legata alla non aspettativa possa ger-mogliare un incontro con il Metatron. "Nessuno s'inganni. Se qualcuno tra di voi presume di essere un saggio inquesto secolo, diventi pazzo per diventare saggio;perché la sapienza di questo mondo è pazziadinanzi a Dio" . 1Corinzi 3:18:19

BALAAM A:::I:::

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Il Solstizio d'Inverno

(brevi cenni)

CAGLIOSTRO A:::I:::

Il solstizio, dal latino solstitium "sole fermo", è un

fenomeno astronomico che si verifica intorno al 21dicembre e che diventa visibile nei giorni dal 22 al 24dicembre. Durante questo fenomeno, percepibile sol-tanto nell'emisfero boreale quanto più ci si avvicinaall'equatore, il sole sembra fermarsi in quanto rag-giunge la declinazione minima rispetto alla terra e siha la notte più lunga dell'anno dando l'impressione diprecipitare nella più totale oscurità per poi rinasceretornando a risplendere sulle tenebre. Subito dopo ilsolstizio la luce del giorno inizia progressivamente adaumentare e la notte a diminuire, sino al solstizio d'e-state. Il 25 dicembre, giorno successivo il solstizio,sin dall'antichità fu battezzato come festa della nasci-ta, infatti quasi tutte le civiltà, intorno a tale periodo,celebrarono la nascita delle loro divinità. Nell'anticaPersia si festeggiava la nascita di Mitra, nell'anticoEgitto di Horus, figlio di Iside e di Osiride; per iRomani era indicato come "natalis solis invicti", cioèil Natale del sole Invitto. Successivamente, nel 390circa, Papa Giulio I la attribuì alla nascita di GesùCristo. Dal punto di vista esoterico il solstizio è ilsimbolo della rinascita spirituale, il Sole sconfigge letenebre e trionfa la Luce; rappresenta la morte e larinascita proprio come avviene per il recipiendarioche, attraverso il viaggio all'interno della terra nelGabinetto di Riflessione, simbolicamente muore lapropria profanità per rinascere a nuova vitaed intraprende l'incessante percorso di ricer-ca iniziatica. Il solstizio costituisce momentodi grande potenzialità energetica in quanto lalunga durata della notte permette all'energia

di raggiungere il suo culmine, proprio comeavviene nelle fasi lunari con la Luna Nuova.Astrologicamente il solstizio d'inverno costi-

tuisce il momento dell'entrata del Sole nel segno delCapricorno le cui caratteristiche attribuite a questosegno zodiacale sono: l'austerità, l'ambizione, la soli-tudine e la responsabilità; è il custode della seminadel nuovo ciclo di vita, infatti proprio dalle tenebrepiù profonde sorge la Luce. Il periodo solstizialeinvernale corrisponde spesso nel nostro emisfero aduno stato di depressione psichica, momento buiodella nostra anima in quanto l'oscurità invade lanostra esistenza. Pertanto, nel nostro ambito geogra-fico, ogni iniziato consapevole di questa naturale fasetransitoria, deve sfruttare al meglio le potenzialitàtraendone vitalità e liberandosi dalle energie negativeche pervadono la propria anima. Nei Tarocchi ciò chemeglio potrebbe identificare la rinascita della Luce èforse la prima delle 22 lame, il Bagatto, simbolo dellavera essenza dell’uomo la cui missione è conseguirel'unione fra lo spirito e la materia. Il Bagatto rappre-senta colui il quale dispone di tutti gli elementi delpotere materiale che, attraverso il processo alchemi-co, raggiunge il compimento della Grande Opera. Ilnumero 1 della carta indica l'archè, principio genera-tore di tutte le cose; il suo cappello, a forma di ottoallungato, simboleggia il movimento di elevazionespirituale. Con il Solstizio d'Inverno pertanto si escedalla caverna cosmica passando dallo zero all'unità.

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Alla gloria di Grande Architetto dell’Universo

e sotto gli auspici del

Filosofo Incognito nostro Venerato Maestro

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