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1 Normativa per le costruzioni in zona sismica. Intervento su edifici esistenti. Alberto Castellani Premesse Una categoria di interventi edilizi può essere classificata restauro di edificio esistente o, in alternativa, costruzione di nuovo edificio. L’argomento è regolamentato dal D.P.R. n. 380, Testo unico per l’edilizia [1], e da una giurisprudenza consolidata. In zona sismica sono pertinenti anche norme di carattere strutturale, [3 e 4], emesse a seguito della Legge n° 64, del 1974. La distinzione tra costruzione di nuovo edificio ed intervento su esistente è di molto peso: esistono vincoli ai quali è soggetta la costruzione di un nuovo edificio, e non è soggetta la ristrutturazione di uno esistente. Tipicamente: - altezza massima degli edifici, [DM 1 1996, articolo C2]; - la altezza massima in funzione della larghezza della sede stradale, [DM 1996, articolo C3]; - la distanza tra edifici contigui ma strutturalmente indipendenti, [DM 1996, articolo C4]; - la distanza tra pareti finestrate di nuovi fabbricati e le pareti di edifici antistanti, [D.M. 1968, art. 9] - la distanza tra costruzioni su fondi finitimi, [articolo 873 del Codice civile]. Inoltre, i regolamenti locali possono applicare limiti più stringenti a questi stessi vincoli, o applicare altri vincoli ancora. Una circostanza ricorrente è l’intervento su un edificio in un centro storico, che contempli la conservazione della facciata o di parte dei muri perimetrali, e comporti il rifacimento dell’intera struttura interna. Se l’intervento si configura come nuova costruzione, si applicano tutti i vincoli sopra menzionati, anche se la costruzione precedente ne derogava. I vincoli invece non si applicano se l’intervento, conservando l'organismo edilizio, volumetria e sagoma, rientra nella definizione di attività su edificio esistente. La distinzione tra i due tipi di attività è regolamentata dal Decreto Unico per l’edilizia DPR 380, che lascia al progettista la facoltà di scegliere tra quali delle due discipline collocare l’intervento, articolo 3 di [1]. Peraltro l’intervento deve essere in genere un adeguamento, e comportare quindi un rinforzo dell’edificio al fine di rispettare le norme strutturali vigenti. Non può essere un intervento di semplice miglioramento, come invece è consentito in gran parte dei casi dal DM 96. E’ in particolare adeguamento in tutti i casi nei quali il proprietario deve richiedere il certificato di agibilità, articolo 24 di [1]. I primi tre vincoli menzionati sono riportati nel DM 1996, una norma di carattere strutturale, ed hanno infatti valenza in tema di sicurezza. Ricorrenti sono quindi i quesiti al Consiglio Superiore dei Lavori pubblici sulla effettiva liceità di derogare da tali articoli classificando appunto l’intervento come “ristrutturazione di edificio esistente”. L’importanza dell’argomento è legata alla nuova classificazione delle zone sismiche, che estende all’intero territorio nazionale il rispetto delle norme sismiche. È un’occasione per visitare le norme di prossima applicazione, Eurocodici o Decreto ministeriale del 25 settembre 2005. Si può osservare come alcuni vincoli, come quelli riportati dal C3 del DM 1996, sono decaduti. In genere però si richiede che l’intervento porti all’adeguamento dell’edificio, come è già stato detto. Nel testo si 1 Il Decreto Ministeriale “Norme tecniche relative alle costruzioni in zone sismiche”, è citato con la sigla DM 1996.

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Normativa per le costruzioni in zona sismica. Intervento su edifici esistenti.

Alberto Castellani

Premesse

Una categoria di interventi edilizi può essere classificata restauro di edificio esistente o, in alternativa, costruzione di nuovo edificio. L’argomento è regolamentato dal D.P.R. n. 380, Testo unico per l’edilizia [1], e da una giurisprudenza consolidata. In zona sismica sono pertinenti anche norme di carattere strutturale, [3 e 4], emesse a seguito della Legge n° 64, del 1974.

La distinzione tra costruzione di nuovo edificio ed intervento su esistente è di molto peso: esistono vincoli ai quali è soggetta la costruzione di un nuovo edificio, e non è soggetta la ristrutturazione di uno esistente. Tipicamente: - altezza massima degli edifici, [DM1 1996, articolo C2]; - la altezza massima in funzione della larghezza della sede stradale, [DM 1996, articolo C3]; - la distanza tra edifici contigui ma strutturalmente indipendenti, [DM 1996, articolo C4]; - la distanza tra pareti finestrate di nuovi fabbricati e le pareti di edifici antistanti, [D.M. 1968, art. 9] - la distanza tra costruzioni su fondi finitimi, [articolo 873 del Codice civile]. Inoltre, i regolamenti locali possono applicare limiti più stringenti a questi stessi vincoli, o applicare altri vincoli ancora.

Una circostanza ricorrente è l’intervento su un edificio in un centro storico, che contempli la conservazione della facciata o di parte dei muri perimetrali, e comporti il rifacimento dell’intera struttura interna. Se l’intervento si configura come nuova costruzione, si applicano tutti i vincoli sopra menzionati, anche se la costruzione precedente ne derogava. I vincoli invece non si applicano se l’intervento, conservando l'organismo edilizio, volumetria e sagoma, rientra nella definizione di attività su edificio esistente. La distinzione tra i due tipi di attività è regolamentata dal Decreto Unico per l’edilizia DPR 380, che lascia al progettista la facoltà di scegliere tra quali delle due discipline collocare l’intervento, articolo 3 di [1]. Peraltro l’intervento deve essere in genere un adeguamento, e comportare quindi un rinforzo dell’edificio al fine di rispettare le norme strutturali vigenti. Non può essere un intervento di semplice miglioramento, come invece è consentito in gran parte dei casi dal DM 96. E’ in particolare adeguamento in tutti i casi nei quali il proprietario deve richiedere il certificato di agibilità, articolo 24 di [1].

I primi tre vincoli menzionati sono riportati nel DM 1996, una norma di carattere strutturale, ed hanno infatti valenza in tema di sicurezza. Ricorrenti sono quindi i quesiti al Consiglio Superiore dei Lavori pubblici sulla effettiva liceità di derogare da tali articoli classificando appunto l’intervento come “ristrutturazione di edificio esistente”.

L’importanza dell’argomento è legata alla nuova classificazione delle zone sismiche, che estende all’intero territorio nazionale il rispetto delle norme sismiche. È un’occasione per visitare le norme di prossima applicazione, Eurocodici o Decreto ministeriale del 25 settembre 2005. Si può osservare come alcuni vincoli, come quelli riportati dal C3 del DM 1996, sono decaduti. In genere però si richiede che l’intervento porti all’adeguamento dell’edificio, come è già stato detto. Nel testo si

1 Il Decreto Ministeriale “Norme tecniche relative alle costruzioni in zone sismiche”, è citato con la sigla DM 1996.

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richiama una regola importante per adeguare le facciate, applicabile in osservanza dell’Eurocodice 8 o del Decreto ministeriale del 25 settembre 2005.

Per quanto riguarda la distanza tra edifici contigui ma strutturalmente indipendenti, regolamentata dal C4, è ora richiesto che la distanza tenga conto del movimento dei due edifici, quale risulta da un calcolo analitico.

Alla luce di queste considerazioni si discutono gli adempimenti connessi ad alcuni tipi di intervento.

In materia il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici aveva dato fino a qualche anno fa un parere prudenziale, richiedendo il rispetto delle regole C2, C3 e C4 del DM 1996. (Peraltro in più occasioni era stato contraddetto dai TAR pertinenti). In tempi recenti, in vista delle nuove norme tecniche, ha espresso parere positivo sulla deroga dalle regole citate, per gli interventi classificabili come attività sull’esistente.

In base nuove norme tecniche, le regole di carattere generale C2, C3 e C4 del DM 1996 sono superate, e l’aspetto più qualificante dell’intervento risiede nell’impegno a realizzare un adeguamento strutturale. Essendo questo generalmente non semplice, gli estensori della nota richiamano che più ristretti sono gli spazi nei quali è circoscritto l’intervento, maggiore è la criticità del dettaglio strutturale. Il dettato formale delle Norme quindi presuppone una coscienziosità del progettista ed una meticolosità di realizzazione, che andrebbero soppesate allo standard corrente.

Classificazione delle zone sismiche

La Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n° 3274 del 20 marzo 2003, “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica.” (GU n. 105 del 8-5-2003- Suppl. Ordinario n.72) stabilisce: ….. Art. 1. ….ferme restando le competenze delle regioni e degli enti locali …. sono approvati i "Criteri per l'individuazione delle zone sismiche individuazione, formazione e aggiornamento degli elenchi nelle medesime zone" di cui all'allegato 1…. Art. 2. Le regioni provvedono, ai sensi dell'articolo 94, comma 2, lettera a), del decreto legislativo n. 112 del 1998, e sulla base dei criteri generali di cui all'allegato 1, all'individuazione, formazione ed aggiornamento dell'elenco delle zone sismiche. In zona 4 e' lasciata facolta' alle singole regioni di introdurre o meno l'obbligo della progettazione antisismica.

Alcune Giunte regionali, tra le quali a titolo di esempio la Lombardia, hanno provveduto ad emettere un decreto nel quale è approvata la classificazione riportata nell’Allegato 1 citato, senza imporre l’obbligo del rispetto delle norme sismiche per gli edifici ordinari siti in zona 4. Altre regioni hanno operato con criteri identici, o solo marginalmente differenti. Ad esempio la Regione Emilia Romagna ha approvato la classificazione riportata nell’Allegato 1, ad eccezione di quanto riguarda la zona 4. Essendoci solo 18 comuni in tale zona, ha assimilato questi ai comuni in zona 3, a tutti gli effetti.

Nella classificazione la zonazione è caratterizzata dalla grandezza ag , definita come accelerazione massima “efficace”, ovvero la grandezza da utilizzare come ordinata dello spettro di risposta elastico in corrispondenza a T = 0, cioè

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ag = S(T) T=0

ed è precisato che tale spettro è stabilito in vista di una verifica della sicurezza con il criterio dello stato limite ultimo. Questa definizione è coerente con la applicazione delle specifiche tecniche contenute negli Eurocodici, o nell’Ordinanza.

Come è noto, gli allegati 2, 3, 4 della Ordinanza, che stabiliscono i criteri di progettazione di edifici, ponti e fondazioni non sono entrati in vigore. In attesa della entrata in vigore degli Eurocodici o del D.M. 25/09/ 2005, per la progettazione di edifici alla data attuale vige quanto è stabilito in applicazione della Legge n° 64 del 1974, ovvero i decreti ministeriali del 1996. Per la applicazione del DM 1996 congiuntamente alla classificazione dell’Allegato 1, sono necessarie alcune considerazioni. Sono tratte da una delibera del Consiglio Superiore dei LLPP del 2005, in merito ad un quesito posto dal Comune di Tignale, in provincia di Brescia.

Il DM 1996 suddivide il territorio in comuni di prima, seconda e terza categoria sismica. Per i comuni non classificati non c’è obbligo del rispetto delle Norme sismiche. L’Allegato dell’Ordinanza suddivide il territorio in zona 1, 2, 3 e 4. La maggior parte dei comuni classificati in prima categoria sismica in applicazione del DM 1996, sono classificati in zona sismica 1 nell’Ordinanza, e così pure per le categorie seguenti. Possiamo pertanto stabilire una corrispondenza tra le due classificazioni. Ciò consente di applicare il DM 1996, con la classificazione dell’Ordinanza per i comuni classificati nelle prime tre categorie.

Come è noto l’Allegato dell’Ordinanza stabilisce una accelerazione massima anche per le zone sismiche IV, quindi in teoria estende a tutto il territorio nazionale il rispetto della norma sismica. Sorge quindi la necessità di definire come si applica il DM 1996 nei comuni in zona sismica 4, posto che la Regione abbia deliberato il rispetto delle Norme sismiche per tali comuni. L’interesse esiste comunque, in quanto il rispetto delle Norme sismiche in zona 4 è stabilito per le costruzioni strategiche. Con tali premesse, il CSLLPP, al quesito posto dal comune di Tignale ha risposto quanto segue. Il valore del grado di sismicità S, e del coefficiente di intensità sismica C, definiti al punto B.4, (ed utilizzato come ordinata all’origine dello spettro di risposta menzionato al punto B.7, e B.8 del DM 1996), valgono:

Zona sismica S C 1 12 0.1 2 9 0.07 3 6 0.04 4 4 0.02

Richiamiamo che secondo il DM 1996 le verifiche di resistenza possono essere effettuate con il

metodo delle tensioni ammissibili, oppure con quello degli stati limite. Lo spettro di risposta è definito al punto B. 6 con riferimento al metodo di verifica di resistenza alle tensioni ammissibili. Lo spettro di risposta da utilizzare per la verifica con il criterio degli stati limite è deducibile moltiplicando tutte le ordinate del coefficiente sismico per 1.5.

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Norme strutturali

Tra tutte le regole stabilite dal DM 1996, per gli interventi sull’esistente è pertinente al problema la norma che regolamenta la altezza massima degli edifici, in funzione della larghezza stradale. Le due figure 1 e 2 seguenti illustrano il problema, per l’evento del 1976 nel centro storico di Gemona, e per una via di San Francisco, in occasione del sisma di Loma Prieta, 1988. E’ un evento che si ripete invariabilmente ad ogni scuotimento importante, sia che avvenga in centri storici, caratterizzati da edifici in muratura, di data imprecisata, sia in città moderne come San Francisco. La sede stradale è interrotta dalla caduta di pareti, cornicioni, balconi, pensiline, portici o altro ancora. (In Internet è ampia documentazione di eventi similari anche per sismi recenti del Giappone e della California).

Commentano la norma sulla distanza tra edifici contigui ma strutturalmente indipendenti, le figure 3 e 4. Se non è presente un giunto tecnico di dimensioni opportune, come è indicato nell’articolo C4 del DM 1996, tali edifici sono destinati a martellare tra loro durante un sisma. La figura 4 mostra due edifici in muratura, aventi solette a quote differenti. A questo caso sono dovuti i danni più gravi.

In edifici in muratura a schiera, in più occasioni non si sono verificati danni per martellamento. La grande rigidezza della muratura li fa muovere solidalmente al terreno, obbligandoli quindi ad un moto sincrono, nel quale il martellamento non ha modo di verificarsi, o se avviene, ha comunque effetti limitati. Una ristrutturazione che mantenga gli edifici in aderenza, ma affidi le azioni orizzontali ad una nuova struttura in acciaio od in c.a., dotata quindi di una certa deformabilità, rende gli edifici vulnerabili al martellamento, contro il pensiero del legislatore che ha introdotto allo scopo il paragrafo C4 menzionato.

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Figura 1: Gemona 1976.

Figura 2: San Francisco 1989.

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Figura 4: Vera Cruz, California, 1989.

Figura 3: Turchia 1999. Martellamento tra edifici adiacenti, separati strutturalmente.

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Decreto 14 settembre 2005, Eurocodici ed Ordinanza

Il DM 14 settembre 2005, cap. 5.7 Particolari prescrizioni per la progettazione in presenza di azioni sismiche, afferma:

Il Committente ed il Progettista di concerto, nel rispetto dei livelli di sicurezza stabiliti dalla presente norma, possono fare riferimento a specifiche indicazioni contenute in codici internazionali, nella letteratura tecnica consolidata, negli allegati 2 e 3 della Ordinanza 20 marzo 2003, N° 3274. Il termine codici internazionali, comprende come riferimento per eccellenza lo Eurocodice 8. Pertanto, per quanto attiene le Norme di applicazione, nel prossimo futuro potremo fare riferimento all’Eurocodice 8, o all’Ordinanza che costituisce una versione semplificata, ma in teoria coincidente, con lo Eurocodice 8. Alla luce dei due testi riportiamo una importante prescrizione, riguardante i pannelli di facciata.

Pannelli di facciata, cornicioni ed in genere elementi non strutturali Figura 5: Pannelli prefabbricati, in muratura con eventuali strutturazioni in c.a., inserite nel pannello.

L

H

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8

La regola prevede di calcolare la azione di taglio alla base del pannello, in base alla quota z di imposta del pannello, secondo la formula:

Fa = Sa Wa γa /qa ove:

Sa = ag.S.[3(1 + z/Hb) / (1 + (1 – Ta/T1)2 –0.5 )]

con : γa è il fattore di importanza, pari ad 1 nel caso di un semplice pannello di facciata, qa è il fattore di comportamento, pari a 2, ag è la accelerazione di progetto, in unità ‘g, Wa è il peso del pannello, S è il fattore di suolo, z è la quota di imposta del pannello, Hb è la altezza dell’edificio. Per ulteriori dettagli è opportuno fare riferimento al testo stesso dello Eurocodice. Il calcolo richiede la valutazione di Ta e T1. È indicativa allo scopo la figura 8. Si può notare che per luci ed altezze correnti, il periodo proprio del pannello può essere prossimo a quello dell’edificio. In questo caso le azioni sismiche sul pannello raggiungono valori molto superiori a S ag Wa .

Wa

z

Hb

Figura 6. Ta è il periodo del primo modo di vibrare del pannello

T1 è il periodo del primo modo di vibrare dell’edificio

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Figura 7: azione Fa risultante sul panello.

Figura 7: rappresentazione grafica della equazione che definisce Fa.

Figura 8: periodo proprio di un pannello in mattoni pieni, per deformazioni perpendicolari al piano del pannello. La lunghezza L varia da 4 a 9 metri. Lo spessore è assunto fisso, pari a 24 cm.

6

2

z/ Hb = 1.

Fa / (S ag Wa)

z/ Hb = 0.

12

Ta / T1 1

pannello t = 24 cm

0

0.5

1

1.5

2

0 1 2 3 4 5 6 7 8

altezza H -m-

perio

do -

s-

L = 4

L = 9

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Circostanze ricorrenti

Ristrutturazione edilizia

Tra gli interventi più frequenti, sono quelli classificati come ristrutturazione edilizia, che conservano la volumetria e la sagoma degli edifici, compresi quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica. L’intervento prevede di ricostruire l’intero edificio, adeguandolo alle norme vigenti, e quindi rispettando la distanza dagli edifici esistenti, mediante la creazione di giunti tecnici o di opportuni dissipatori. Come intervento di ristrutturazione può non rispettare il vincolo sulla altezza massima, né quello sulla altezza massima in funzione della larghezza della sede stradale. Contrariamente alla attesa, non comporta richiesta di permesso di costruire, [1, articolo 10], ma solo denuncia di inizio attività, [1, articolo 22]. Appare peraltro necessario richiedere il certificato di idoneità, [1, articolo 22].

Sopralzo di edifici Gli interventi di sopralzo dell’edificio, comportano richiesta di permesso di costruire, e richiesta

di certificato di agibilità. Quest’ultimo obbliga implicitamente all’adeguamento strutturale. Siccome il permesso di costruire è rilasciato in conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, l’intervento deve rispettare i vincoli

Figura 9: Turchia 1999. Caduta dei pannelli di facciata.

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posti dal C3 del DM 1996, quelli posti dal D.M. 1968, art. 9, e quelli eventualmente posti dagli strumenti urbanistici locali.

Tra gli interventi ricorrenti, sono quelli denominati recupero dei sottotetti, che comportano bensì un sopralzo, ma condizionato all'abitabilità degli ambienti. In tal caso è ammissibile una variazione di altezza, senza il rispetto delle norme di cui ai punti C.2. e C.3., sempre che resti immutato il numero dei piani.

Intervento su una attrezzatura meccanica

Si consideri l’intervento illustrato nella figura 10, nella quale la colonna metallica sia classificata come una attrezzatura industriale, costruita prima del 1996, quando le azioni eoliche prescritte dalla Norma erano sensibilmente inferiori a quelle attuali. La fondazione è ovviamente classificata costruzione civile. Nell’esempio si suppone che la fondazione, ricalcolata alla luce delle attuali norme sul vento, non soddisfi le verifiche di sicurezza, ovvero non sia adeguata. Si pone il problema se, dal punto di vista formale, il proprietario debba procedere all’adeguamento.

L’intervento rientra nella categoria “interventi di restauro e di risanamento conservativo”.

Secondo l’articolo 10, un tale intervento non è subordinato al permesso di costruire. In assenza di questo, la necessità o meno di adeguare la struttura alle norme vigenti è regolamentata dall’articolo 24, che tratta del certificato di agibilità... il certificato di agibilità attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, ...valutate secondo quanto dispone la normativa vigente. Il certificato di agibilità viene rilasciato dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale con riferimento ai seguenti interventi:

a) nuove costruzioni;

b) ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali;

c) interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di sicurezza.

Figura 10: intervento di restauro della attrezzatura industriale, che non comporta aumento del carico in fondazione.

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Senza possibilità di dubbio, l’intervento non rientra né tra quelli classificati in a), né tra quelli

classificati in b). Potrebbe rientrare tra quelli classificati in c). Nella fattispecie, l’intervento (messa in opera di un fasciame di rinforzo), non influisce sulle condizioni di sicurezza, o influisce positivamente. La non adeguatezza della struttura è dovuta al cambiamento delle norme sul vento. Non rientra quindi tra gli interventi classificati in c). L’intervento quindi non rientra tra quelli per i quali è d’obbligo richiedere il certificato di idoneità, e non vi è obbligo di adeguare la fondazione.

In genere, il soggetto titolare del permesso di costruire o il soggetto che ha presentato la denuncia di inizio attività è tenuto a chiedere il rilascio del certificato di agibilità. Nel caso in esame tuttavia, il soggetto non è tenuto a chiedere il rilascio del certificato di idoneità. Qualora invece richieda il certificato, di sua iniziativa, il proprietario deve produrre un documento che attesti la adeguatezza alle norme vigenti. Riferimenti

1. D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.

2. DECRETO 14 settembre 2005 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, “Norme tecniche

per le costruzioni”. 3. Decreto Ministeriale 20/11/1987 - "Norme tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo

degli edifici in muratura e per il loro consolidamento". 4. Decreto Ministeriale 16/1/1996, “Norme tecniche relative alle costruzioni in zone sismiche”. 5. D.M. Lavori Pubblici 2.4.1968 n. 1444 "Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di

distanza tra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti ai sensi dell'art.17 Legge 6.8.1967 n. 765".

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Appendice 1 Estratto dal Testo Unico per l’edilizia

Articolo 2 (L)

Competenze delle regioni e degli enti locali.

1. Le regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei princìpi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico.

……

4. I comuni, nell'àmbito della propria autonomia statutaria e normativa di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, disciplinano l'attività edilizia.

Articolo 3 (L)

Definizioni degli interventi edilizi.

(legge 5 agosto 1978, n. 457, art. 31).

1. Ai fini del presente testo unico si intendono per:

a) “interventi di manutenzione ordinaria”, gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti;

b) “interventi di manutenzione straordinaria”, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso;

c) “interventi di restauro e di risanamento conservativo”, gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;

d) “interventi di ristrutturazione edilizia”, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'àmbito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica;

e) “interventi di nuova costruzione”, quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali:

Articolo 6 (L)

Attività edilizia libera.

I seguenti interventi possono essere eseguiti senza titolo abilitativo:

a) interventi di manutenzione ordinaria;

b) interventi [...] volti all'eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell'edificio;

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c) opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico o siano eseguite in aree esterne al centro edificato.

Articolo 9 (L)

Attività edilizia in assenza di pianificazione urbanistica.

Nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici sono consentiti:

a) gli interventi previsti dalle lettere a), b) e c) del primo comma dell'articolo 3;

b) fuori dal perimetro dei centri abitati, gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a destinazione produttiva, la superficie coperta non può comunque superare un decimo dell'area di proprietà.

2. Nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l'edificazione, oltre agli interventi indicati al comma 1, lettera a), sono consentiti gli interventi di cui alla lettera d) del primo comma dell'articolo 3 del presente testo unico che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse. Tali ultimi interventi sono consentiti anche se riguardino globalmente uno o più edifici e modifichino fino al 25 per cento delle destinazioni preesistenti, purché il titolare del permesso si impegni, con atto trascritto a favore del comune e a cura e spese dell'interessato, a praticare, limitatamente alla percentuale mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione concordati con il comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione di cui alla sezione II del capo II del presente titolo.

Capo II - Permesso di costruire

Sezione I - Nozione e caratteristiche

Articolo 10 (L)

Interventi subordinati a permesso di costruire.

1. Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire:

a) gli interventi di nuova costruzione;

b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica;

c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso.

2. Le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività.

3. Le regioni possono altresì individuare con legge ulteriori interventi che, in relazione all'incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, sono sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire. La violazione delle disposizioni regionali emanate ai sensi del presente comma non comporta l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 44.

Articolo 12 (L)

Presupposti per il rilascio del permesso di costruire.

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1. Il permesso di costruire è rilasciato in conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente.

2. Il permesso di costruire è comunque subordinato alla esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte del comune dell'attuazione delle stesse nel successivo triennio, ovvero all'impegno degli interessati di procedere all'attuazione delle medesime contemporaneamente alla realizzazione dell'intervento oggetto del permesso.

3. In caso di contrasto dell'intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le previsioni di strumenti urbanistici adottati, è sospesa ogni determinazione in ordine alla domanda. La misura di salvaguardia non ha efficacia decorsi tre anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico, ovvero cinque anni nell'ipotesi in cui lo strumento urbanistico sia stato sottoposto all'amministrazione competente all'approvazione entro un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione.

4. A richiesta del sindaco, e per lo stesso periodo, il presidente della giunta regionale, con provvedimento motivato da notificare all'interessato, può ordinare la sospensione di interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio che siano tali da compromettere o rendere più onerosa l'attuazione degli strumenti urbanistici.

Articolo 13 (L)

Competenza al rilascio del permesso di costruire.

Il permesso di costruire è rilasciato dal dirigente o responsabile del competente ufficio comunale nel rispetto delle leggi, dei regolamenti e degli strumenti urbanistici.

2. La regione disciplina l'esercizio dei poteri sostitutivi di cui all'articolo 21, comma 2, per il caso di mancato rilascio del permesso di costruire entro i termini stabiliti.

Articolo 20 (R)

Procedimento per il rilascio del permesso di costruire.

. La domanda per il rilascio del permesso di costruire, sottoscritta da uno dei soggetti legittimati ai sensi dell'articolo 11, va presentata allo sportello unico corredata da un'attestazione concernente il titolo di legittimazione, dagli elaborati progettuali richiesti dal regolamento edilizio, e quando ne ricorrano i presupposti, dagli altri documenti previsti dalla parte II, nonché da un'autocertificazione circa la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nel caso in cui il progetto riguardi interventi di edilizia residenziale ovvero la verifica in ordine a tale conformità non comporti valutazioni tecnico-discrezionali.

Capo III - Denuncia di inizio attività

Articolo 22 (L)

Interventi subordinati a denuncia di inizio attività.

1. Sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività gli interventi non riconducibili all'elenco di cui all'articolo 10 e all'articolo 6, che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente.

2. Sono, altresì, realizzabili mediante denuncia di inizio attività le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire. Ai fini dell'attività di vigilanza urbanistica ed edilizia, nonché ai fini del rilascio del certificato di agibilità, tali denunce di inizio attività

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costituiscono parte integrante del procedimento relativo al permesso di costruzione dell'intervento principale e possono essere presentate prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori.

3. In alternativa al permesso di costruire, possono essere realizzati mediante denuncia di inizio attività:

a) gli interventi di ristrutturazione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c);

b) gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti; qualora i piani attuativi risultino approvati anteriormente all'entrata in vigore della legge 21 dicembre 2001, n. 443, il relativo atto di ricognizione deve avvenire entro trenta giorni dalla richiesta degli interessati; in mancanza si prescinde dall'atto di ricognizione, purché il progetto di costruzione venga accompagnato da apposita relazione tecnica nella quale venga asseverata l'esistenza di piani attuativi con le caratteristiche sopra menzionate;

c) gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche.

4. Le regioni a statuto ordinario con legge possono ampliare o ridurre l'àmbito applicativo delle disposizioni di cui ai commi precedenti. Restano, comunque, ferme le sanzioni penali previste all'articolo 44.

5. Gli interventi di cui al comma 3 sono soggetti al contributo di costruzione ai sensi dell'articolo 16. Le regioni possono individuare con legge gli altri interventi soggetti a denuncia di inizio attività, diversi da quelli di cui al comma 3, assoggettati al contributo di costruzione definendo criteri e parametri per la relativa determinazione.

Articolo 23 (R)

Disciplina della denuncia di inizio attività.

1. Il proprietario dell'immobile o chi abbia titolo per presentare la denuncia di inizio attività, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenta allo sportello unico la denuncia, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie.

2. La denuncia di inizio attività è corredata dall'indicazione dell'impresa cui si intende affidare i lavori ed è sottoposta al termine massimo di efficacia pari a tre anni. La realizzazione della parte non ultimata dell'intervento è subordinata a nuova denuncia. L'interessato è comunque tenuto a comunicare allo sportello unico la data di ultimazione dei lavori.

……

5. La sussistenza del titolo è provata con la copia della denuncia di inizio attività da cui risulti la data di ricevimento della denuncia, l'elenco di quanto presentato a corredo del progetto, l'attestazione del professionista abilitato, nonché gli atti di assenso eventualmente necessari.

6. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove entro il termine indicato al comma 1 sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l'autorità giudiziaria e il consiglio dell'ordine di appartenenza. È comunque salva la facoltà di ripresentare la denuncia di inizio attività, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia.

7. Ultimato l'intervento, il progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, che va presentato allo sportello unico, con il quale si attesta la conformità dell'opera al progetto presentato con la denuncia di inizio attività. Contestualmente presenta ricevuta dell'avvenuta presentazione della variazione catastale conseguente alle opere realizzate ovvero dichiarazione che le stesse non hanno comportato modificazioni del classamento.

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Capo I - Certificato di agibilità

Articolo 24 (L)

Certificato di agibilità.

1. Il certificato di agibilità attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente.

2. Il certificato di agibilità viene rilasciato dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale con riferimento ai seguenti interventi:

a) nuove costruzioni;

b) ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali;

c) interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di cui al comma 1.

3. Con riferimento agli interventi di cui al comma 2, il soggetto titolare del permesso di costruire o il soggetto che ha presentato la denuncia di inizio attività, o i loro successori o aventi causa, sono tenuti a chiedere il rilascio del certificato di agibilità. La mancata presentazione della domanda comporta l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 77 a 464 euro.

4. Alla domanda per il rilascio del certificato di agibilità deve essere allegata copia della dichiarazione presentata per la iscrizione in catasto, redatta in conformità alle disposizioni dell'articolo 6 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, e successive modificazioni e integrazioni.

Appendice 2: estratto dal D.M. Lavori Pubblici 2.4.1968 n. 1444 "Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti ai sensi dell'art.17 Legge 6.8.1967 n. 765". ……. " art.9. Limiti di distanza tra i fabbricati Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: 1) Zone A: per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tenere conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale; 2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m l0 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti; 3) Zone C: è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari ali 'altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggiano per uno sviluppo superiore a m 12. Le distanze minime tra fabbricati - tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) - debbano corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di: m 5 per lato, per strade di larghezza inferiore a m 7; m 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra m 7 e m l5; m l0 per lato, per strade di larghezza superiore a m l5. Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori alla altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa.

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Appendice 3: estratto dal DM 16 gennaio 1996. C. 9. Interventi sugli edifici esistenti. C.9.1. Definizioni. C. 9. Intervento di adeguamento.

Si definisce intervento di adegua mento I' esecuzione di un complesso di opere sufficienti per rendere l’edificio atto a resistere alle azioni sismiche definite ai punti C.9.5.3., C.9.6.3. e C.9.7.3.

È fatto obbligo di procedere all'adeguamento a chiunque intenda: a) sopraelevare o ampliare l’edificio. Si intende per ampliamento la sopraelevazione di parti dell'edificio di altezza inferiore a quella massima

dell'edificio stesso. In tal caso non sussiste obbligo del rispetto delle prescrizioni di cui al punto C.3.; b) apportare variazioni di destinazione che comportino, nelle strutture interessate dall'intervento, incrementi

dei carichi originari (permanenti e accidentali) superiori al 20%. c) effettuare interventi strutturali rivolti a trasformare I' edificio mediante un insieme sistematico di opere che portino ad un organismo edilizio diverso dal precedente; d) effettuare interventi strutturali rivolti ad eseguire opere e modifiche per innovare e sostituire parti strutturali dell’edificio, allorché detti interventi implichino sostanziali alterazioni del comportamento globale dell'edificio stesso.

Le sopraelevazioni, nonché gli interventi che comportano un aumento del numero dei piani, sono ammissibili esclusivamente ove siano compatibili con le larghezze delle strade su cui prospettano; è altresì ammissibile una variazione di altezza, senza il rispetto delle norme di cui ai punti C.2. e C.3. qualora sia necessaria per l'abitabilità degli ambienti, a norma dei regolamenti edilizi, sempre che resti immutato il numero dei piani. C.9 . 1 .2. Intervento di miglioramento.

Si definisce intervento di miglioramento l'esecuzione di una o più opere riguardanti i singoli elementi strutturali dell'edificio con lo scopo di conseguire un maggior grado di sicurezza senza, peraltro, modificarne in maniera sostanziale il comportamento globale.

È fatto obbligo di eseguire interventi di miglioramento a chiunque intenda effettuare interventi locali volti a rinnovare o sostituire elementi strutturali dell'edificio.

Tale tipologia d'intervento si applica, in particolare, al caso degli edifici di carattere monumentale, di cui all'articolo 16 della legge 2 febbraio 1974, n. 64, in quanto compatibile con le esigenze di tutela e di conservazione del bene culturale.

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