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4/12/2015 Globalist.it | Il digitale parla al femminile
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Il digitale parla al femminile
I dati preoccupanti sulla cultura digitale in Italia con unpesante ritardo nei digital soft skills. Ma le manager donnesono le più propositive.
Il digitale parla al femminile
Vincenzo Vita
Nel convegno di "Quadrifor" (istituto bilaterale per lo sviluppo dellaformazione dei quadri del terziario), tenutosi qualche giorno fa aRoma, sono emersi dati preoccupanti sulle culture digitali. Ilrapporto sull'Italia dell'eLeadership Scoreboard segnala un ritardopesante nei riguardi dei cosiddetti digital soft skills, vale a dire nellearee di informazione e comunicazione, di creazione di contenuti, disicurezza e di risoluzione di problemi. E su 12 delle 16 competenze proposte ai "valutatori" dei manager ledonne sono state considerate in maniera più positiva dei colleghi.Tutto ciò non stupisce. Se al termine digitale si toglie quel tanto diimmaginifico che spesso lo circonda, se ne possono cogliere leopportunità. Siano queste ultime tecnologiche o, più ancora, sociali eorganizzative. L'era analogica si è basata su un sistema complesso digerarchie, facile preda delle logiche maschili, mentre la stagionedigitale rompe con un passato bloccato ed ingombrante. Sidischiudono maggiori possibilità per l'universo femminile, colto e dimaggiore versatilità. Tuttavia, attenzione ai rischi, ben descritti daMarie Bénilde su Le Monde diplomatique di novembre. La "Gioiosa colonizzazione digitale" porta con sé enormi rischi diintrusione nella vita privata delle persone oggi al massimo per ildramma del terrorismo fondamentalista e di vittoria della versionetecnoliberista del capitalismo contemporaneo. Antidoti non ne
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La tv va alla guerra esi scopre impreparata
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VINCENZO VITA
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giovedì 3 dicembre 2015 13:18
4/12/2015 Globalist.it | Il digitale parla al femminile
http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=82113&typeb=0 2/3
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del giorno della settimana del mese
mancano, come la sentenza pronunciata il 6 ottobre dalla corte digiustizia dell'Unione europea in merito al trasferimento dei datisvolto dai grandi aggregatori come Google. Ma è una questionepolitica, come dice il noto brano di Antonello Venditti. E sì, perché latransizione tra i due mondi si colora ben diversamente a secondadelle strategie di chi governa. Gli Osservatori Digital Innovation delPolitecnico di Milano hanno sentenziato: "Agenda digitale: niente piùalibi". Il 2016 dovrebbe essere l'anno del decollo. Però. Gli obiettivi dellacompagine di Renzi assomigliano pericolosamente alla piattaformacon cui si presentò l'esecutivo italiano alla conferenza sula societàdella conoscenza di Lisbona nel 2000: anagrafe unica, fascicolosanitario elettronico, e così via. Insomma, persi quindici anni, conl'eventualità non remota di farsene scappare pure altri. Se è vero chefinora l'Agenzia per l'Italia digitale ha passato il tempo soprattutto inun lungo atto di nascita, e che sulla banda larga e ultralarga è incorso un "Risiko". A suggello e sintesi dello stato delle cose è arrivato nel nobile scenario della Reggia di Veneria sabato 21 novembre ilmeeting "Italian digital day". Una sorta di prima della Scala sulversante tecnologico. Purtroppo, secondo la grande parte degliosservatori, sotto il maquillage si è visto ben poco. Il digitalenell'epoca berlusconiana fu ridotto ad un aggettivo di televisione.Sotto il segno dell'attuale presidente del consiglio è una retoricanuovista buona a strappare qualche applauso, mentre nella legge distabilità si tagliano gli investimenti per l'informatica. Persino la Rai,per bocca del direttore generale, avrà una direzione digitale. Comese fosse un'aggiunta e non una rivoluzione possibile del serviziopubblico. Mentre l'arretratezza si coglie immediatamente dai risultatidelle inchieste sull'utilizzo non gratificante di Internet: scuole,aziende, pubblica amministrazione. Con i Digital Champions, cantoridi qualcosa che non c'é. "We are not the champions", per parafrasareil compianto Freddy Mercury.
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